Fabrizio Ulivieri's Blog, page 135

September 26, 2017

Isole di felicità (Laimes salos) - quindicesima parte


Foto Živile Abrutytė

Quando Inga si sedette disse:

- Io non potrei vivere senza questo cielo sopra di me

Rūta si sentí perplessa. che voleva significare Inga? Inga dové capire, perché aggiunse: 
- Non potrei vivere senza la mia libertà. Quando fotografo sono fuori all'aperto. Sotto questo cielo che mi accompagna ogni giorno...come potrei vivere senza questo cielo? Quando fotografo i rally sopratutto. Allora ho la polvere, il fango, l'acqua,, il rombo dei motori, l'odore di olio ....e il cielo sopra di me

Rūta davanti alla bellezza dell'apparizione di Inga e la forza delle sue parole provò dolore al cuore.
Le venne di abbassare la testa in segno di sottomissione.
Sí sentiva cosí insignificante davanti alla grandezza di vivere di Inga.
Inga notò un senso di imbarazzo nel volto di Rūta e Inga non era un cuore duro. Era solo piena della sua vita appagante ma era compassionevole.

- Che ti succede Rūta?
- E' il lavoro...mi piaceva tanto all'inizio, ma ora non so dove sbaglio...qualsiasi cosa faccio sbaglio. Mi piaceva vendere. Mi piaceva stare a contatto con i clienti. Ma i direttori non vogliono che faccia questo. Vogliono solo che mi occupi di amministrazione e contabilità. Mi accusano di sbagliare tutto con i clienti. Ma a me non sembra di sbagliare. Forse il mio problema è che sono troppo onesta e diretta. Dico sempre quello che penso. E questo mi ha allontanato dai colleghi..soprattutto con i colleghi di Kaunas ho avuto problemi. Loro sono distanti dalla mia mentalità. Sembra che ancora vivano nella burocrazia sovietica. Hanno un passo lento..lavorare con loro mi ricorda quando lavoravo al ministero. Uguale. Più lavorano e più si dolgono del lavoro. E la direttrice accetta questo, non sembra avere il potere di cambiare le cose
- E' uno strano paese Rūta, questo...la ragione per cui io ho voluto lavorare in proprio è stata la libertà. Tu non sei libera Rūta, lo vedo dai tuoi occhi che sono così tristi. Tu hai talento Rūta. Investi nella fotografia. Compra una nuova macchina...
- Volevo ma era non era vero - interruppe Rūta
- Non ti preoccupare ne troveremo un'altra. Compra un nuovo computer, quello che hai è troppo vecchio e lento. Tu hai talento, riesci a fare ora cose che io ho cominciato a fare dopo un anno...investi, credici e ti libererai di questa schiavitù. Anche tu hai bisogno del cielo sopra di te Rūta non di morire in un ufficio...potevi morire al ministero se non volevi cambiare. Ma hai voluto cambiare e non morire

Rūta capì quello che le diceva Inga e il giogo che portava sul collo divenne leggero. Quasi inesistente.
Guardò il cielo oltre la vetrina della Boulangerie e sentì di appartenergli. Sentì che Inga la proteggeva. Era Inga la madre che non aveva finora avuto?
Era un pensiero che la rassicurava, la calmava. Le piaceva pensarlo.
Ma forse si sbagliava...

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Published on September 26, 2017 07:55

Isole di felicità (Laimes salos) - quattordicesima parte




Com'era cominciata quella distanza? Da piccola sicuramente. Dall'assenza di un padre. Dalla presenza di una madre senza amore. O almeno assenza di un amore visibile che si traducesse in gesti, sguardi, abbracci, carezze, coccole...esattamente quello che la madre mai le aveva dato.

E poi da un segreto. Un segreto a nessuno mai confessato.
Un anno dopo che Marijonas se n'era andato Rūta si trovò a fronteggiare una situazione inattesa: la mancanza di sesso. Mai aveva avuto un'astinenza cosí prolungata. Rūta aveva fin da giovane avuto un istinto sessuale forte, difficile da controllare.
Doveva pensare alle figlie al lavoro, ai tanti problemi economici, dopo la separazione. Tutto ciò la distraeva da "quei" pensieri durante il giorno ma l'istinto era forte, quasi impossibile da sopprimere, la notte. Passava molte notti insonni. A masturbarsi esitava. Voleva, ma la camera era vicina a quella delle figlie. La notte le sentiva respirare e un senso di pudore piú forte del desiderio sessuale la bloccava e impediva quello sfogo che le avrebbe dato una piccola tregua.
Una sera mentre usciva dal lavoro, un norvegese la fermò per strada. Parlava un po' di lituano. Era uno di quei norvegesi che vengono a Vilnius per commerciare.
Le chiese se ci fosse lí vicino un bar dove bere qualcosa.
Rūta gli indicò il Brodvėjus in Vokiečių gatvė che non era molto distante da Rotušes Aikštė dove l'aveva incontrato.
Al Brodvėjus non era mai stata ma ne aveva sentito parlare. Era bar, pub e discoteca. Molti agenti di commercio stranieri vi andavano in cerca di ragazze lituane. Si sarebbe sicuramente divertito.
Ar galiu pakviesti tave vyno taurei? (1) - disse il norvegese in un lituano perfetto.
- Aš??? (2)
- Taip (3)
Rūta senti il sangue nelle guance. Una vampata di calore mista a vergogna la fece diventare paonazza. Forse il norvegese se ne accorse. Forse no. Era già buio.
Per alcuni secondi non riuscí a rispondere. Poi pensò che quella sera era sola. Le bambine avrebbero dormito da Marijonas. A casa la aspettava una sera triste e solitaria.
Perché no?
Il norvegese era bello. Sembrava simpatico.
Perché no, dunque?
- Gerai (4) - risposeQuasi non ci credeva. Un uomo la invitava a uscire.

Quella notte poi successe. Maledí piú tardi la sua natura, il fuoco eccessivo che si portava dentro, l'esuberanza dei suoi ormoni che non le davano pace la notte.
Con il norvegese bevve troppo. Era quasi ubriaca e incapace di controllare, avere padronanza di quegli ormoni. Finí in preda a un'ossessione nella toilette del Brodvėjus e scopò come un animale con il norvegese, priva di ogni inibizione.Un mese dopo si accorse di essere incinta. 
Di quella mattina che abortí ricordava solo la lunga attesa su un lettino. La grande luce di una lampada e la voce di un medico. Poi la sete. Una sete orribile dopo l'aborto. Il viaggio disperato in taxi fino a casa. E il sangue. Tanto sangue che perdeva e non smetteva mai.
Quando si era svegliata era sul letto. Tutto intorno le girava. Scoppiò a piangere.
Marco.
Le venne in mente quel nome. Dove l'aveva sentito?
Forse a Roma?
Marco il suo piccolino!
Le diede un nome per ricordarlo. Le diede il nome di Marco.
Si rese conto di che cosa orribile aveva fatto la mattina.
Prima voleva solo liberarsi di quell'ingombro. Ora capiva che era suo figlio. Aveva ucciso suo figlio. Che errore aveva fatto. Mai avrebbe potuto perdonarsi. C'era stato un momento che era sul lettino in attesa che voleva alzarsi e fuggire.Perché non l'aveva fatto?
(1) Posso invitarti a bere un bicchiere di vino?(2) Io???(3) Sì(4) Va bene


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Published on September 26, 2017 02:48

September 25, 2017

Isole di felicità (Laimes salos) - tredicesima parte


Foto Živile Abrutytė





In quei giorni chiuse il supermercato Maxima che era vicino casa. Doveva rinnovare i locali. Avrebbe riaperto all'inizio di gennaio.
Per Rūta sarebbe stata una complicazione ulteriore.
Maxima rappresentava la soluzione ottimale. Di ritorno dal lavoro con il filobus scendeva alla fermata di Lūžiai attraversava la strada ed era subito a Maxima.
Di lí a casa era una passeggiata di una decina di minuti.
Certo con le borse da portare dopo una giornata di lavoro anche dieci minuti diventavano trenta.
Aveva provato a fare spesa online. Poteva controllare meglio i prezzi e conoscere in tempo reale i costi ma la consegna avveniva troppo tardi. Verso le ventuno di sera. La cena sarebbe stata pronta non prima delle ventidue.
No, la spesa online non andava bene. Non avrebbe più fatto spesa online.
Volentieri sarebbe andata all'altro Maxima: a Viršuliškėse. Avrebbe camminato di più. Avrebbe forse faticato di più. Ma online no, non più.
Si rese conto che era ancora di della generazione lituana post sovietica, quella degli anni Novanta, che poteva camminare, andare in filobus e portare la borsa della spesa.
Si sentí orgogliosa di quella sua determinazione. Fu felice di appartenere a quell'epoca un po' polverosa e sbiadita come una foto color seppia.

La macchina fotografica non arrivò. Quello di Kaunas commerciava in macchine fotografiche rubate in Inghilterra. E come la macchina era improvvisamente comparsa improvvisamente era scomparsa.
Tuttavia mantenne l'appuntamento con Inga.
Quando Inga entrò nella Boulangerie i pensieri su Maxima si dileguarono e fecero posto a un nuovo ordine di riflessioni.
Inga era entrata sicura. Con gli occhi di chi vive la propria vita. Un bel sorriso stampato in faccia. Senz'altro una donna attraente.
Provò invidia. Un giorno avrebbe voluto essere come lei. Uscire da quella foto color seppia a cui pochi attimi prima, mentre aspettava Inga e beveva un cappuccino, si era sentita orgogliosa di appartenere, un mondo lontano di cui Inga gli aveva fatto percepire la distanza.

La distanza del suo mondo da quello che la circondava era il problema. Il suo vero problema.
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Published on September 25, 2017 23:37

September 24, 2017

Isole di felicità (Laimes salos) - tredicesima parte


Foto Živile Abrutytė
In quei giorni chiuse il supermercato Maxima che era vicino casa. Doveva rinnovare i locali. Avrebbe riaperto all'inizio di gennaio.
Per Rūta sarebbe stata una complicazione ulteriore.
Maxima rappresentava la soluzione ottimale. Di ritorno dal lavoro con il filobus scendeva alla fermata di Lūžiai attraversava la strada ed era subito a Maxima.
Di lí a casa era una passeggiata di una decina di minuti.
Certo con le borse da portare dopo una giornata di lavoro anche dieci minuti diventavano trenta.
Aveva provato a fare spesa online. Poteva controllare meglio i prezzi e conoscere in tempo reale i costi ma la consegna avveniva troppo tardi. Verso le ventuno di sera. La cena sarebbe stata pronta non prima delle ventidue.
No, la spesa online non andava bene. Non avrebbe più fatto spesa online.
Volentieri sarebbe andata all'altro Maxima: a Viršuliškėse. Avrebbe camminato di più. Avrebbe forse faticato di più. Ma online no, non più.
Si rese conto che era ancora di della generazione lituana post sovietica, quella degli anni Novanta, che poteva camminare, andare in filobus e portare la borsa della spesa.
Si sentí orgogliosa di quella sua determinazione. Fu felice di appartenere a quell'epoca un po'polverosa e sbiadita come una foto color seppia.


La macchina fotografica non arrivò. Quello di Kaunas commerciava in macchine fotografiche rubate in Inghilterra. E come la macchina era improvvisamente comparsa improvvisamente era scomparsa.
Tuttavia mantenne l'appuntamento con Inga.
Quando Inga entrò nella Boulangerie i pensieri su Maxima si dileguarono e fecero posto a un nuovo ordine di riflessioni.
Inga era entrata sicura. Con gli occhi di chi vive la propria vita. Un bel sorriso stampato in faccia. Senz'altro una donna attraente.
Provò invidia. Un giorno avrebbe voluto essere come lei. Uscire da quella foto color seppia a cui pochi attimi prima, mentre aspettava Inga e beveva un cappuccino, si era sentita orgogliosa di appartenere, un mondo lontano di cui Inga gli aveva fatto percepire la distanza.
La distanza del suo mondo da quello che la circondava era il problema. Il suo vero
problema.

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Published on September 24, 2017 13:36

Isole di felicità (Laimes salos) - dodicesima parte


Foto Živile Abrutytė
Il tempo a Vilnius è variabile. Nel giro di un'ora tutto può sovvertirsi.
La mattina Rūta guardò fuori dalla finestra. Pioveva. Il telefono le diceva che fuori erano undici gradi. Sospirò. Ancora era con la testa a Roma. Al bel sole che l'aveva accolta quel novembre che vi aveva studiato.
Oggi sarebbe stato un giorno importante tuttavia. Da Kaunas le avrebbero portato una macchina fotografica. Quella che usava cominciava ad avere problemi. Problemi di messa a fuoco. Problemi di settaggio con la luminosità.
Inga l'aveva chiamata verso le venti e trenta della sera precedente.

- Rūta ho la macchina per te. C'è uno di Kaunas che la vende. Mio figlio ha visto la macchina fotografica. È in ottimo stato. Ha detto che è un buon affare
- Quanto costa?
- Mille euro. Ma tieni presente che una macchina fotografica così può valere anche duemila cinquecento da nuova
- Posso darti una risposta domattina?
- Va bene ma non più tardi delle undici
- D'accordo

Mille euro Rūta non li aveva. Avrebbe potuto comprarla solo a condizione che sua cugina Egle l'avesse aiutata.
Egle era emigrata a Londra dieci anni prima quando aveva conosciuto suo marito e insieme avevano deciso di andare a Londra.
Lavorava da Harrods e guadagnava bene.
Nel passato, agli inizi della loro vita a Londra, Rūta aveva aiutato Egle e suo marito ora Egle avrebbe aiutato lei.
Guardò fuori dalla finestra.
Fra le nuvole si faceva forte con prepotenza il sole. Le balos, le pozzanghere, scintillavano di luce. Cercò di guardarne una ma la luce la ferí.
Guardò di nuovo il telefono, annunciava che oggi sarebbero stati 23 gradi. Una cosa insolita per ottobre.

Chiamò Inga.

- Va bene Inga, la prendo. Dove ci troviamo?
- Vicino a casa mia. Alla Boulangerie di Gėlių gatvė. La conosci, no?
- Sí, certo, lavoro lí vicino. Come non potrei conoscerla? A che ora?
- Alle tredici. Ti va bene? Tu fai la pausa pranzo a quell' ora. Giusto?
- Giusto. A dopo
- A dopo
Sì diresse verso la camera delle figlie. Le avrebbe svegliate. Avrebbe preparato i panini mentre loro si vestivano. Le avrebbe salutate sulla porta per rivederle la sera quando sarebbe tornata di nuovo.

- Ate. Iki[1]
- Ate. Iki mamyte

Quel saluto l'avrebbe accompagnata per tutto il giorno. Per tutto il giorno sarebbe rimasto l'ultimo contatto con Goda e Rebeka.
Ora doveva vestirsi, truccarsi e uscire fuori al sole, al cielo di Vilnius.

In quei giorni un libro sconvolgeva la pacata vita lituana sotto quel cielo piagato dai continui mutamenti: Mūsiškiai, la nostra gente.

- C'è un cambiamento di direzione oggi. Finalmente si comincia a dire la verità su tante cose - aveva dichiarato qualche giornale - un cambiamento come mai c'è stato

Una giornalista lituana, Rūta Vanagaitė, aveva scritto un libro di interviste riguardanti l'Olocausto con i testimoni delle atrocità perpetrate dai lituani che avevano collaborato con i nazisti contro la grande comunità ebrea lituana durante la Seconda Guerra Mondiale

- Il coinvolgimento lituano nell'Olocausto è un tabù tale da essere un ebreo o una spia russa come uniche spiegazioni per voler parlare di esso - aveva dichiarato la Vanagaitė

Rūta aveva smesso di bere il caffè che si era preparato con la moka comprata a Roma e aveva ascoltato l'intervista della Vanagaitė a Labas Rytas, la trasmissione del mattino della TV lituana.

- Germania, Austria, persino l'Ungheria e la Polonia hanno affrontato questo problema un decennio fa, ma c'è una forte resistenza nella società lituana a confrontarsi con questa macchia della nostra storia. Se non lo faremo significherà che saremo marchiati come un'intera nazione di assassini, e giustamente, perché rifiutiamo di riconoscere e condannare una frangia assassina che ha macchiato l’onore della nostra gente - aveva Concluso la Vanagaite

Ma perché? Perché dopo tanti anni non dimenticare? Va bene la verità ma perché tanta rabbia, tanto odio ancora? C'è un tempo per l'odio ma c'è un tempo per dimenticare anche.

Rūta posò il caffè e spense la TV.
Era ora di andare al lavoro.

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A dopo
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Published on September 24, 2017 02:21

September 23, 2017

Isole di felicità (Laimes salos) - undicesima parte

Foto Živile Abrutytė

Sì ricordò di Roma. Sì ricordò di quell'uomo che lavorava nella scuola dove aveva studiato.
Che bell'uomo! aveva pensato entrando nella scuola e vedendolo seduto al computer che lavorava. Passava ore davanti a quel computer. La sua postazione non era distante dalla porta d'ingresso da dove ogni mattina entrava. E lo vedeva.
Onestamente lei non aveva mai capito che facesse. Forse marketing ma non ne era sicura.
Che fine avrà fatto? si chiese. Dove sarà ora?Aveva un'aria riservata e un po' severa. Le aveva qualche volta gettato delle occhiate. Quando passava ne sentiva gli occhi incollati al suo culo. Forse era solo una sensazione. Non poteva esserne sicura ma era una sensazione forte.
Avrà avuto cinquanta o cinquanta cinque anni. Era difficile dire. Aveva un corpo asciutto e atletico. Lo aveva visto passare davanti alla classe qualche volta. Probabilmente faceva palestra per mantenere un corpo simile alla sua età.
Aveva pensato che quello era l'uomo che cercava, compagno marito e padre.
Perché non si erano mai parlati? Era certa di piacergli. Quelle occhiate che lui le aveva lanciato la mangiavano. Si vedeva bene che lui la mangiava viva con gli occhi.
Le ritornò il desiderio di quell'uomo senza sorriso. Lei era invece convinta che avesse un sorriso dentro che aspettava solo di uscire uscire fuori al momento opportuno.
Erano state le parole di Rebeka e Goda a riportarla con il pensiero a Roma alla scuola di italiano a quell'uomo.
Avrebbe potuto essere l'uomo che cercava? Avrebbe potuto essere l'amore che da sempre voleva?
Ormai era troppo tardi. Un peccato. Peccato che non si fossero mai parlati.

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Published on September 23, 2017 13:07

September 22, 2017

Isole di felicità (Laimes salos) - decima parte


Foto Živile Abrutytė

Quando ritornò a casa tutte le emozioni si dileguarono. Goda suonava il flauto e Rebeka disegnava sul tavolo di cucina. La musica incerta e un poco maldestra del flauto di Goda creava una piacevole quanto dolce atmosfera. Si sentí rilassata e i pensieri opprimenti del giorno la abbandonarono finalmente e un ampio senso di pace si fece luogo nel suo essere.

- Respiro - si disse a voce alta
- Perché mamyte? Stavi male? - ribatté dal tavolo di cucina Rebeka con la sua voce un po' birichina senza alzare la testa e staccare gli occhi dal disegno che stava facendo
- Un po'
- Stasera avrai pace mamyte. Noi siamo brave stasera. Quanto dovremo essere brave mamyte perché tu ci porti in Italia?
- Almeno un anno Rebeka
- Ma se saremo brave un anno ci porterai in Italia?

Rūta amava fin da piccola l'Italia. Amava la musica italiana la pasta il vino italiano i formaggi, la mortadella sopratutto...e i fichi d'india della Sicilia la facevano morire da quanto la deliziavano. Li comprava in un mercato vicino alla stazione centrale di Vilnius. Ora che era quasi ottobre cominciava a disperarsi perché fra poco i fichi d'india sarebbero scomparsi dai banchi della frutta e avrebbe dovuto aspettare fino alla prossima fine di agosto dell'anno venturo quando sarebbero riapparsi sulle bancarelle dei venditori di frutta.
Spesso cucinava la pasta, makaronai, e le figlie si erano innamorate di questo piatto.
Rebeka mangiava da mesi solo pasta.
- Sei una piccola italiana - le diceva soddisfatta a vedere come le figlie assimilavano la cultura che lei amava
Spesso raccontava loro di Roma dove era stata a studiare italiano. Aveva ottenuto una borsa di studio dall'Istituto Culturale Italiano di Vilnius e per quattro settimane aveva vissuto a Roma. L'esperienza, finora, più bella della sua vita.
Così in loro era nato il desiderio di andare a Roma e vedere il Colosseo. 
- Vi ci porterò - aveva detto una sera - ma solo se sarete brave
E Rebeka non aveva dimenticato. Rebeka registrava tutto. Niente le passava inosservato a differenza di Goda.
Goda era quella che si può definire una personalità artistica. Meno introversa di Rebeka. Più portata a credere agli altri, creativa, facile a dimenticare, caotica e sempre con la testa fra le nuvole mentre al contrario Rebeka era malfidata, aveva bisogno di tempo prima di dare la sua fiducia. Introversa, portata per natura al dramma. Passionale ma analizzatrice, che tutto notava e registrava.

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Published on September 22, 2017 03:51

September 21, 2017

Rugìle di Fabrizio Ulivieri (L'Erudita Editore) - La forza dell'istinto nel sesso!




Recensione di Anna Ciampolini Foschi
Un intellettuale sulla sessantina, ancora sofferente per gli strascichi di una misteriosa e debilitante malattia, cerca conforto in una serie di incontri erotici con ragazze molto più giovani. In parole semplici, questo non è un tema nuovo per un romanzo, ma l’ autore Fabrizio Ulivieri riesce a decostruire il concetto tradizionale di amore e sessualità e ad aggiungere livelli di profondità psicologica e emotiva al tormentato protagonista e alle donne che incontra. Nonostante le descrizioni esplicite di rapporti sessuali spesso di natura estrema abbiano già attirato molta attenzione su Rugíle, che è il più recente romanzo di Ulivieri, sono piuttosto le oscure, primordiali inquietudini che esprime ad emergere come il tema più profondo della narrazione.
Rugíle è davvero una odissea dei sensi, un tentativo di trascendere i confini della normalità, ma soprattutto è una dolente, cerebrale elegia, un esorcismo contro la impermanenza, l’ inquietudine, il declino dell’ invecchiamento, la morte. Il protagonista, il cui nome non viene mai rivelato, e le sue amanti sono tutte esistenze condannate. Lui è un uomo italiano, maturo, colto, con una buona posizione sociale, che insegue incontri con amanti giovani ed esotiche con un’ansia quasi vampiresca, in parte per recuperare la giovinezza perduta e in parte perché affascinato dalla diversità. Non ama le donne italiane, che considera volgari e sboccate. Trova repellenti le donne mature perché nelle loro rughe avverte il disfacimento della carne nella morte. Invece, cerca di abbeverarsi al vigore della gioventù. Le sue donne vengono dall’ Asia, dall’ America, dall’ Europa dell’ Est. Ognuna nasconde un passato tragico, una storia famigliare tormentata o una dipendenza da ossessioni sessuali inconfessabili. Ognuna, però, offre una prospettiva su altre culture e altri stili di vita che lo attraggono. Esse rappresentano dei possibili portali su altri possibili universi multipli e sono in fondo l’ ultima possibilità rimastagli di provare un sentimento di amore. Il protagonista, che all’ inizio del romanzo afferma di aver perduto ogni rispetto per le donne, si coinvolge in una serie di incontri sessuali che lo portano a sperimentare “cinquanta sfumature di sentimento” e lo conducono anche attraverso varie sfumature di tragedia: tre amanti muoiono tragicamente. Ipazia, una ninfomane bi-sessuale con la quale egli vive una intensa relazione, concepisce con lui un figlio e lo perde a causa di un aborto spontaneo. Infine, muore consumata da un cancro inesorabile. Un’ amica incontrata su Skype, l’ inquieta Ingrid, muore suicida.  Un incidente d’auto spezza la vita di lui e quella della donna che forse avrebbe potuto amare veramente. Rugíle, al cui nome si ispira il titolo del romanzo, vien dalla Lituania. È ossessionata dal sesso orale al punto di offrire i propri servizi dietro compenso a uomini sconosciuti, in incontri frettolosi in macchina o nei gabinetti di luoghi pubblici. Rugíle avvia il protagonista verso un insolito percorso che comprende una complessa esplorazione di co-dipendenza, entanglement, somme trasgressioni, accettazione, complicità e il tentativo di ridefinire il concetto stesso di amore.
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Due città, Firenze, dove il protagonista vive, e Vilnius in Lituania, costituiscono lo sfondo dove avvengono gli incontri del protagonista. Mentre la geografia di Firenze viene rappresentata soprattutto attraverso la descrizione dei vari locali alla moda come librerie, caffè letterari e ristoranti esclusivi dove il protagonista incontra le sue amanti, i segmenti della narrazione che si svolgono a Vilnius mettono in risalto la vitalità e la bellezza struggente della città e  offrono anche una prospettiva su una società post-totalitaria e post-moderna che cerca di ricostruire la propria nuova identità e riappropriarsene.
Altre culture e paesi che svolgono un ruolo importante nelle vite dei personaggi, come la Corea, il Giappone, gli Stati Uniti e, in misura minore, Milano, sono elementi di rilievo nella tormentata esistenza dei personaggi del romanzo. Kami, una ragazza giapponese, si sente prigioniera delle rigide regole della società nipponica. Ipazia, coreana, si porta dietro una tremenda eredità famigliare legata alle divisioni politiche e territoriali della sua patria. L’ americana Camille vive in una dualità, in bilico fra la sua cultura di origine basata sull’ ossessione per l’ efficienza, il consumismo e la sessualità senza coinvolgimento emotivo e lo stile di vita che in Italia le appare molto più rilassato.
Ulivieri scrive con scorrevolezza, con una narrazione fluida. Il libro inizia con una scena esplicita di masturbazione, che viene descritta, come del resto tutte le altre scene di sesso, in maniera distaccata e quasi asettica. Dato che non viene lasciato spazio all’immaginazione del lettore e ciò neutralizza la carica erotica della narrazione, sembra giusto supporre che Ulivieri abbia scelto questo genre narrativo per ricordarci che il romanzo si basa più su una ricerca incessante della conoscenza e dell’ immortalità e che il sesso è soltanto uno dei tanti percorsi che si possono tentare. La tragica conclusione del romanzo rappresenta anche la liberazione, lo spalancarsi dell’ingresso verso la dimensione cosmica che il protagonista ha tanto a lungo cercato di comprendere.

Al termine di ogni capitolo, un sommario guida il lettore ad addentrarsi nei collegamenti e le conseguenze delle nostre azioni e su come esse si riflettono su una scala più ampia, a livello cosmico. Cita inoltre le leggi della fisica dei Quanti e altre teorie scientifiche. Non tutti i lettori sono competenti nella fisica dei Quanti o nella teoria delle stringhe. Alcuni lettori potrebbero pensare che l’uso di questa tecnica letteraria rallenta un poco la narrazione e può apparire un pò didattico.
Ulivieri afferma che Rugíle sta incontrando un grande successo fra i giovani e i Millennials. È infatti un romanzo contemporaneo, nel quale convergono moltissimi echi della realtà odierna: intimità virtuale, social media,migrazioni di massa, guerre per procura, stagnazione, incertezza e il malessere generalizzato che permea la nostra esistenza, l’ impermanenza, appunto, sulla quale si basa la vita dei suoi personaggi.
Fabrizio Ulivieri vive a Firenze. È professore di lingua e letteratura italiana presso l’ Istituto Europeo. Ha pubblicato numerosi romanzi, fra i quali:Il ritorno che non volevo, L’ eterno ritorno, Il sorriso della meretrice (2013), Cecilia,storia di un’aliena a Firenze (2014),  Amore Šaltibarščiai e pomodori rossi: Biografia di un amore dall'interno, e Rugíle. È inoltre l’ autore dei saggi, Il Culo e la riduzione fenomenologica, e Albert Richter: un’aquila fra le svastiche. Il ciclismo tedesco fra nazismo e esoterismo, 1919-1939, pubblicato nel 2007.
(Traduzione dall’inglese di Anna Ciampolini Foschi)

Anna Ciampolini Foschi vive a Vancouver, British Columbia, Canada. Scrittrice bilingue di racconti, curatrice di antologie, traduttrice  e giornalista, pubblica in Canada, Stati Uniti, Italia e Costa Rica. Membro fondatore della Association of Italian Canadian Writers, co-fondatrice e co-presidente del F.G. Bressani Literary Prize, sponsorizzato dal Centro Culturale Italiano di Vancouver. Ha detto di Rugíle: “ Il genre del romanzo era piuttosto nuovo per me. Scrivere una recensione dal mio punto di vista è stata una esperienza interessante.”



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Published on September 21, 2017 08:19

Isole di felicità (Laimes salos) - nona parte


Foto Živile Abrutytė

Quando Inga la chiamò lei era abbastanza delusa

- Non mi ha detto nulla. Solo "Grazie" su Facebook
- Beh...che ti aspettavi?
- Non so, forse qualcosa di più...ma onestamente le foto non sono belle
- Ma che dici? Quattro o cinque sono di altissimo livello. Le altre di buona qualità. Solo una, quella       che ti ho detto, secondo me era da togliere- L' ho tolta
- Hai fatto bene, ma a parte quella le altre foto erano belle
- Non lo so....mi sarei aspettata di piú, non un secco "Grazie". Penso che le foto non le siano piaciute.   La macchina non è buona. Le foto sono venute troppo scure. Non avevo mai fatto foto di   balli...certo è più facile che fare foto di macchine come quelle che ho fatto al rally. Il ballo non mi   ispirava- Per me stai esagerando. Secondo me sei un'ottima fotografa. ..dovresti solo avere maggior fiducia in   te
Quando Gabriele le aveva proposto di fare le foto dell'evento danzante nel centro di Vilnius aveva titubato. Non si sentiva sicura. Ma poi Inga, a cui aveva chiesto consiglio, aveva insistito che doveva accettare quel lavoro perché era sicura che Rūta avrebbe fatto bene. Rūta si era lasciata convincere ma dentro di sé non voleva fare quel servizio fotografico. Lo aveva fatto e il risultato non le era piaciuto. E l'acido "Grazie" di Gabriele aveva aperto la strada a quella insoddisfazione che fino ad allora aveva a stento controllata.Quando lavorava al ministero e l'astrologa le aveva predetto un successo in campo artistico si era messa a ridere.
- Io ho studiato legge e economia e da undici anni lavoro al ministero degli interni...come potrò avere successo in campo artistico? Non ho nessun talento per l'arte...
- Non so Rūta, non so che dirti...ma questo è quello che dicono le carte. Non lo invento io
Tredici anni dopo in un momento di sconforto davanti al chaos che regnava nella camera di Goda e Rebeka e alla mancanza di direzione della sua vita aveva scoperto d'intuito che voleva fare la fotografa. Aveva cominciato a studiare fotografia con Inga, una fotografa professionista di Vilnius che aveva conosciuto in Instagram, e in poco tempo le era venuto fuori un talento che mai aveva sospettato di possedere, di cui anche Inga si era meravigliata. Che fosse inscritto nel suo codice genetico? Altrimenti non sapeva spiegarsi quella capacità apparentemente venuta dal nulla.

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Published on September 21, 2017 06:28