Fabrizio Ulivieri's Blog, page 133

October 10, 2017

da "Rugìle" - Entanglement


Foto via: https://it.pinterest.com/artmuse10/antanas-sutkus/


La sentii aprire la porta d’ingresso del palazzo perché vi era collegato un allarme che emetteva un bip nell’appartamento.
Udii i suoi passi per le scale e finalmente la porta si aprì.
Quando rientrò aveva smesso di piovere e la temperatura si era fatta mite in quella parte di Vilnius. Era quasi mezzanotte.
Aveva fatto il pompino e rientrava per baciarmi e farmi sentire il sapore del cazzo che aveva succhiato. Si eccitava troppo a quell’idea. Voleva condividere con me il vigore di quell’adrenalina.

I suoi occhi risero quando videro i miei.
Sempre ridevano quando vedevano i miei.

Non erano più gli occhi tristi di cui non andava fiera nella vita quotidiana quando io non ero con lei.

- Non è vero che sono triste…lui insiste sempre a dire che sono triste. Io non sono triste. Dovrebbe vedere i miei occhi quando incontro te e allora capirebbe che non sono triste. Mi fa quasi arrabbiare…”Non devi essere triste! Sorridi!” mi ripete sempre ma io non sono triste. E’ che lui non vuole fare mai grammatica, solo conversazione. Io ho bisogno di grammatica e per questo che mi vede con la faccia scura. Prima mi piacevano le lezioni di italiano con Marco ma ora un po’ no…non vuole fare mai grammatica

Essere considerata triste era il suo cruccio. Non voleva essere considerata triste, nemmeno dal suo insegnante di italiano.
Aveva sofferto di depressione nel passato e non voleva più essere considerata triste.

- Sono stata triste nel passato. Anche troppo. Ora non lo sono più. Ora sono guarita. Basta soffrire. Ora ho te. Sono felice con te mano dalelė[1]

Era vero. I suoi occhi erano come il sole nel cielo lituano quando vedeva me. Ridevano, akys pilnos šviesos[2]

Anche quella sera di falso autunno in piena notte i suoi occhi rientrarono nell’appartamento e si accesero alla vista della mia presenza.

- Tu man suteiki šią šviesą[3] - mi diceva in lituano quando io mi meravigliavo di quella luce intensa che usciva dai suoi occhi, così intensa che avevo la sensazione illuminasse la sua pelle anche
- Tikra tiesa[4] – le rispondevo con quel poco di lituano che sapevo
- Mes įsipainiojome[5] - mi ripeteva dopo che le ebbi spiegato la teoria dell’entanglement e della superposition

Il sesso volgare permeava il nostro essere. Nel sesso si manifesta l’ordine esplicito di qualcosa di più profondo, e implicito.
Rugíle aveva la capacità, a causa della forza del suo sentire, di manifestare bene la decoerenza di quella forma sottostante in modo che la connessione fra implicito ed esplicito non potesse non essere più manifesta e chiara.

Ed io ero la sua particella connessa. 
Ciò che era la notte, Rugíle non lo era più il giorno.
Il giorno talora aveva pause e silenzi. Era malinconica. Soprattutto quando si avvicinavano le mestruazioni. In lei si scatenava una tempesta di ormoni che la disorientavano e la annichilivano, come quando era gelosa. In entrambi i casi l’espressione della sua faccia cambiava e anche il tono della voce mutava, in quel momento sembrava che fra me e lei si operasse un disentanglement.
Sembrava che una materia oscura si frapponesse al nostro entanglement e lo interrompesse.
Così fu la mattina dopo la notte porca.

- Davvero tutto bene
- Mi sembra che tu abbia qualcosa?
- Come ho qualcosa?
- Mi sembra che pensi a qualcosa
- Il sesso è complicato, anche per me. Sono porca, porchissima ma ho anche bisogno di dolcezza. Non so come fare. Forse dovrei tacere e non dirti nulla. Stare un po’ in silenzio e aspettare che mi passi questo momento

La mattina, al risveglio, infatti era cambiata.

- Sei cambiata. Alla fine anche tu sei una donna, mutevole come tutte le donne
- Scusami. A volte una parte di me è più forte dell’altra. Dovrei imparare a tacere e aspettare che l’altra parte riprenda il sopravvento. Mi passerà
- Non so se fai bene. Meglio parlarne
- Vuoi che dico sempre tutto?
- Sì
- Non essere freddo allora, io credo che yra todel[6] …ho bisogno di sentire che mi ami. Ti prego aiutami anche io ho bisogno di cose dolci. Mi sento molto male quando sei freddo
- Non sono freddo…è che non mi aspettavo questo cambiamento repentino. Dammi tempo e mi passerà anche a me
- Amore io sono porca ma anche ugualmente dolce
- Io ti voglio come sei. Non voglio farmi troppi problemi
- Sai che dentro di me ci sono due Rugíle
- Va bene se sei porca e va bene se non sei porca. Un uomo credo non debba mai cercare di capire una donna ma solo accettarla o non accettarla
- Sì anche per me a volte è difficile capire
- Per questo non cerco di capire. Diventerei pazzo
- Sei molto intelligente…quando voglio dolcezza dimmi solo che mi ami e tutto sarà bene
- Ti dirò che ti amo
- Sì, poi ritornerò porca
- Qualche volta mi disturba quando sei troppo porca. Mi piace e mi disturba al tempo stesso
- Perché?
- Ti vorrei dolce
- Siamo uguali alla fine
- Sì
- Forse non voglio essere sempre porca perché penso che tu ami solo per quello
- No, Rugíle ti amo per come sei: mano dalele[7]
- Esame prijungtos[8]
- Esame[9]

Rugíle apparteneva a tanti mondi (universi), chiusi da membrane esterne che li mantenevano intatti e la materia di cui erano costituiti era in fondo la stessa materia che costituiva Rugíle, e per quello poteva stare ora in un mondo ora in un altro e quando era nell’uno non poteva essere nell’altro.
Non si davano mai due opzioni contemporaneamente: o A o B.

Come il famoso gatto di Schrӧdinger nella fisica quantistica. Non può esserci un gatto vivo e morto allo stesso tempo. O è vivo o è morto.

Sunto:Invece di operare in un sistema strettamente binario come “on” o “off” il cervello umano opera secondo calcoli che sono in una sovrapposizione di differenti stati quantici allo stesso tempo (“il gatto è morto/non è morto” contemporaneamente), per cui ogni possibilità di sovrapposizione evolve formando un suo proprio universo (“il gatto è morto” o “il gatto non è morto”), risultando un’infinita moltitudine di universi paralleli coesistenti. Il flusso della coscienza si divide, per cui vi è una coscienza di ciascun universo separata e indipendente dall’altro e non direttamente consapevole degli altri universi.


[1] Mia particella
[2] Occhi pieni di luce
[3] Tu mi dai questa luce
[4] E’ verità
[5] We are entangled
[6] …è per il fatto che…
[7] Mia particella
[8] Siamo uniti
[9] Lo siamo


COMPRA su Amazon:
Rugìle
Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 10, 2017 07:16

October 9, 2017

Da "Rugìle" - Molecole speciali

Molecole speciali


Vi è un piccolo gruppo di molecole speciali che con pieni poteri governano tutto l’organismo. Questo è il centro direzionale di tutte le cellule del corpo. Questo centro costituisce il fulcro della libertà di azione a quel centro sempre sottoposta
-       Ma tu sei avvocatessa! Un’avvocatessa che lavora per il M*** e che fa la puttana…mi sembra un film. Una donna con una doppia vita… – le avevo detto
- Non so…e se ti dicessi che è come una…vocazione? Che io non ho deciso niente….? Sento che devo farlo e bastaLa osservavo. E lei non capiva a che stessi pensando.
Non sapevo che dire, poteva darsi che avesse ragione. Ma “vocazione” per quell’attività mi pareva una parola grossa.
A tutto c’è una base ma non trovavo una base per questa “vocazione”. Rugíle mi aveva parlato della relazione difficile fra lei e la madre. Mai una carezza. Mai un gesto d’affetto e d’amore da parte della madre.
Poteva essere quella la base?
In effetti Rugíle non sapeva parlare d’amore. Amava sì, ma in modo forte, primitivo e grossolano. Non aveva una cultura dell’amore. Non sapeva esprimere con parole appropriate l’interiorità. O per lo meno le esprimeva con la maniera di una cultura che ancora non avevo compreso a fondo, permeata da una realtà post-sovietica che non era terminata ma continuava nelle menti lituane, e forse io confondevo quella forma mentale con l’incapacità di esprimersi adeguatamente.
Ma in lei come in Medea (di Euripide) amare era soffrire.
Come Medea aveva offerto se stessa all’uomo di turno che aveva amato e ne era stata tradita, abbandonata, offesa.
Il suo risentimento verso l’amore si era per questo gonfiato, e aveva raggiunto apici da cui era difficile ritornare.
Il suo vocabolario sull’amore era finalmente rimasto basico, elementare: “Ti amo”, “Sono pazza di te”, “Mi manchi”. Ti amo tantissimo” “Non posso vivere senza te” …ma non sapeva fare elaborazioni complesse sull’amore. Non aveva narrativa. Il suo amore era fondato solo sulla passione forte, compulsiva, uterina. Violenta, al pari di quella di Medea. Come Medea, per amore, avrebbe potuto compiere i delitti più atroci.

Non aveva contenuti narrativi, substrati culturali che le permettessero di esprimere in modo meno archetipico e violento il concetto di amore.
Si esprimeva in modo semplice, per quanti[1]di frasi, per qualia[2] di emozioni, modalità che lasciavano discernere la forma non elaborata ma intensa del suo amore.
Pensavo che avrei dovuto insegnarle l’amore, il vocabolario dell’amore, la capacità di introspezione, di esame interno e la capacità di esternare le emozioni per non rimanere intrappolata in una chiusura che mai avrebbe prodotto una forma superiore di amore, che sua madre non le aveva insegnato.

Pensavo che in fondo se era finita a succhiare cazzi la causa non poteva che essere sua madre.

Mi aveva detto che sua madre era una donna conservativa, che pensava solo a quello che gli altri avrebbero potuto pensare e agiva secondo il senso della giustizia degli altri e non secondo il suo. Per cui mai aveva concesso autonomia di pensiero e di sentimento a Rugíle.
Era una trasgressione, una ribellione matricida, volere fare la puttana?
Se a una figlia mai dici una parola d’amore, mai porgi una carezza, quella figlia sarà sempre in balìa della forza cieca della vita e mai ammansita dalla narrazione dell'amore (l’amore tiene insieme gli universi; fu la più importante delle mie ultime scoperte)

- Ogni giorno mi accusa. Mi dice che dovevo proteggere il mio matrimonio. Per lei non è importante che, ora che ho divorziato, sia felice con te. Questo lei non vuole sentire. Tutta la vita mia madre ha detto solo che ho fatto male e mai una volta bene

Ma il giorno del suo compleanno, il 26 maggio, ci fu un miracolo.

Era a Firenze da me il giorno del compleanno, quando ricevette un sms da sua madre.
Un miracolo d’amore.
“Rugíle, la tua vita è un dono di Dio. Quello che tu hai deciso di fare con la tua vita è un dono di Dio. Vorrei che tu usassi bene questo regalo in questo giorno del tuo compleanno”

Per la prima volta nella sua vita la madre aveva usato parole che mai aveva usato. La vita di Rugíle era stata indissolubilmente legata a quella della madre. Aveva avuto bisogno dell’approvazione della madre per ogni sua decisione che immancabilmente era cozzata contro il perbenismo e conformismo della madre.
Ma questa volta almeno concedeva a Rugíle autonomia di arbitrio, di usare al meglio ciò che la vita le aveva concesso.
Rugíle poteva prendere nelle mani la sua vita e finalmente decidere cosa farne.
E questo mai finora era accaduto.

Ma quel compleanno, a Firenze, in quel maggio pieno di sole, in Italia, lontana per la prima volta nel suo giorno di nascita dalla casa e dalla sua terra aveva forse commosso anche il cuore della madre.
Rugíle era cambiata in quei giorni a Firenze con me. Era innamorata. Era divenuta dolce. Non era più la Rugíle che era arrivata.

- Amore senza te io non esisto, esi mano šviesa ir mano kryptis[3] – mi aveva mormorato abbracciandomi. Da ora in poi tutto quello che io farò sarà per te. Tu sei il mio obiettivo. Cambierò il mio lavoro per stare di più con te. Voglio solo te dalla vita. Non ho altro desiderio che te. Voglio essere la tua donna che può spesso baciarti, toccarti, scoparti, cucinare per te, mangiare insieme, camminare, andare al cinema insieme, dormire insieme e svegliarsi insieme…

Nel medesimo tempo che Rugíle iniziava ad elaborare una narrazione dell’amore apriva se stessa alla sua vera sessualità finora repressa. 
- Una volta ho letto di una donna che era stata violentata da cinque uomini. Mi sono eccitata e masturbata. Molte volte dopo quel giorno mi sono masturbata pensando a questo. Ogni volta mi chiedevo se fossi normale. “Sarò normale?” mi chiedevo. Non mi sembrava normale eccitarmi per una cosa simile. Mi sembrava assurdo. Eppure mi eccitavo e mi masturbavo…Mi piace quando mi inculi e mi sbatti la testa contro il muro…Mi piace che mi picchi mentre facciamo sesso…

Amava essere violentata, presa con forza, picchiata, sbattuta con la testa contro la parete…e veniva a ripetizione. Orgasmi multipli. In cinque notti che dormì con me venne circa settanta volte.
Mi disse che era la prima volta che aveva orgasmi multipli. Mi disse che aveva scoperto questa parte della sua sessualità con me e l’adorava.
La scopavo in culo forte e veloce come lei voleva e le sbattevo la testa contro la parete del letto.
Lei non diceva nulla. Mugolava di piacere e veniva. Un orgasmo dopo l’altro.

- Non riesco a fermarmi. Oddio fermami non riesco…muoio! Sto venendo. Non riesco a fermarmi! Fermami ti prego!!! Amore fermami!

Le diedi uno schiaffo forte. E poi un altro, e un altro ancora. La colpii infine con un pugno lasciandole un segno evidente sulla guancia. Continuò a contorcersi ancora per un po’. Sussultò. Ansimò. Poi emise un sospiro profondo e lungo. Infine si rilassò allungandosi nel letto e rilasciando la posizione fetale che aveva assunto quando, incapace di fermarsi, veniva.

Sunto:Si indaga ancora il problema del libero arbitrio non più però a livello della meccanica quantistica ma a livello di meccanica classica (newtoniana): le cellule del corpo, la corporeità, la coscienza in sé, linguaggio.La meccanica classica indaga l’aspetto che sta sulla superficie del mondo implicito (che è invece indagato dalla meccanica quantistica).Si osserva dunque il libero arbitrio ad un livello più superficiale e meno deterministico.




COMPRA su Amazon:
Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 09, 2017 03:03

October 8, 2017

ITALŲ RAŠYTOJO FABRIZIO ULIVIERI KNYGOS „RUGILĖ“ PRISTATYMAS



Romanas „Rugilė“ nepalieka abejingų ir sukelia diskusijas, vienus jis jaudina, kitus trikdo ir šokiruoja.Tai itališkas intriguojantis romanas, kurį rašytojas rašė šešerius metus, įkvėptas asmeninės patirties. Siužeto veiksmas rutuliojasi nuo Florencijos iki Vilniaus.
Visi kviečiami, kas domisi itališka kultūra ir supranta italų kalbą, į jaukų susitikimą su knygos autoriumi...SKAITYTI VISĄ


APSIPIRK Amazon:

Rugìle Il sorriso della meretrice
Amore šaltibarščiai e pomodori rossi: biografia di un amore dall'interno
Cecilia

Rasite mane Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 08, 2017 09:05

Amore šaltibarščiai e pomodori rossi: biografia di un amore dall'interno - La menzogna


Foto Živile Abrutytė





Un livre est le produit d'un autre moi que celuique nous manifestons dans nos habitudes, dans la société, dans nos vices(Proust)
La Menzogna
E’ quasi uno stato naturale che l’amore provochi un cambiamento di vita, e nessuno lo questiona.Ciò che è meno naturale invece è che una città o una terra possano cambiarti la vita. Mi riferisco a una città e a una terra che neppure ami troppo, o troppo ne sei invaghito. Vi finisci spinto dagli eventi della vita e scopri un altro universo distinto da quello dove avevi finora vissuto.Nel contesto della città va collocato un amore, senza un amore che si fosse preventivamente situato all’interno della città non avrei provato l’attrazione che mi ha fatto muovere a Vilnius.Non sarei stato pronto a cercare di capire questa città, a volerne conoscere la cultura, il suo passato e la sua lingua.
      - Non sarei mai venuto a Vilnius se non avessi conosciuto te – le dissi
Il mio amore mi guardò. Ed era sicura che fosse vero.Lei non amava la sua terra. Diceva che in Lituania si viveva male. Si guadagnava poco. Nessuno sorrideva. Lo Stato non aiutava la gente. La popolazione era diminuita e scesa sotto i tre milioni.Tutti emigravano.Anche lei voleva emigrare.
Perché? Mi chiesi.Perché non amava la sua terra?
In quei giorni mi era capitato di leggere La congiura lituana, di Galina Sapozhnikova, una giornalista russa.Avevo fatto quella lettura nei giorni che stavo ricercando materiale per scrivere un libro sull’unificazione d’Italia e venivo da un periodo di letture sulla meccanica quantistica.In virtù di questo percorso parallelo mi ero reso conto che per gli Stati dovesse esserci come una funzione d’onda all’interno della quale erano contenute tutte le possibilità di fondazione, in cui il fine seguiva un infinito numero di direzioni per muoversi da un punto A verso un punto B senza necessariamente seguire una linea retta, con accelerazioni e frenate improvvise.Nella presa di atto di questa funzione d’onda vi era una costante che pareva ripetersi, ed era la menzogna.  Una menzogna poteva essere sola o essere accompagnata da altre menzogne.La menzogna era probabilisticamente dovunque ed in nessun luogo identificabile.
Il libro della Sapozhnikova indagava la posizione della menzogna nella fondazione dello stato lituano.Riprendeva una tesi che subito affiorò nel 1991 alla torre di Vilnius, dove furono uccise 14 persone.Si disse, come fosse naturale (ma non lo era), che a sparare e a uccidere fossero stati i soldati sovietici del gruppo Alpha.In realtà alle spalle stava una macchinazione, una preparazione, un’organizzazione di quella giornata che partiva da Mosca per finire a Vilnius.A sparare sulla folla, secondo la Sapozhnikova, non furono quelli del gruppo Alpha ma dei (para)militari lituani che spararono su lituani.“Saviškiai šaudė ᶖ savus” (I nostri spararono sui nostri) come avrebbe sostenuto Algirdas Paleckis molto più tardi.Eppure tutta la macchina organizzativa guidata in primis da Vytautas Landsbergis (sempre secondo la Sapozhnikova) riuscì a dare una versione dei fatti, già preparata a tavolino, per cui si fu abili ad occultare, da allora, quella che sembrava essere la verità proposta.
Senza voler scendere nel merito della questione (verità/non verità) mi intrigava la tesi della Sapozhnikova dal momento che mi trovavo a cospetto con la menzogna.
Avevo trovato dunque un cuneo fin dall’inizio che si inseriva perfettamente fra il periodo della Lituania sovietica e quello post sovietico.Lo spirito di un popolo è fatto dallo spirito della storia (dai fatti che hanno segnato la storia).Trovai conferma dello spirito lituano nelle parole di una filosofa lituana, Nerija Putinaitė.Sosteneva infatti che nella realtà sovietica (occupazione sovietica) benché il furto fosse ufficialmente vietato era una pratica quotidiana perché la realtà sovietica indirettamente incoraggiava a farlo, a causa di un numero altissimo di restrizioni tali che impedivano ad una persona di vivere una vita normale. L’istinto a tale pratica prese ad evolversi in generale in strategie relative al su come aggirare la legge, come parlarsi l'un l'altro, come pensare e sentire l’uno rispetto all’altro.La principale conseguenza di queste strategie portò ad una duplicità della persona lituana che penetrò così in profondità da valere come un secondo capo abbigliamento (espressione di Nerija Putinaitė).Il non adeguarsi ai costumi e alle regole morali e legali russe fu una specie di anticonformismo (neprisitaikymas) che ha alla fine permeato il modo di distaccarsi dalla realtà sovietica e di ricercare in questo anticonformismo l’essenza stessa della indipendenza lituana.La gente intese questo come una forma di indipendenza lituana (già nel “mentre” dell’occupazione sovietica). Questo è qualcosa di molto significativo parlando in termini di resistenza (Nerija Putinaitė)
Ero felice per quelle parole che leggevo. Mi aprivano a una nuova realtà che mi era ignota. Le leggevo con difficoltà da una lingua che conoscevo poco. Era un mondo che si apriva e mi dava la gioia di una nuova conoscenza. Mi parlava di strategie che soppiantavano il dolore di chi aveva sulla pelle esperimentato quella realtà e mi estraniavano dall’infelicità dell’aver vissuto in un paese segnato fin dalla sua nascita dal doppiogiochismo e dal voltagabbanismo (Italia).L’idea della resistenza al regime sovietico mi generò una serie di riflessioni sulle popolazioni (il volgo) del sud Italia che avevano fatto invece una resistenza a viso aperto (brigantaggio) all’arroganza e crudeltà sabauda.Quella lituana al regime sovietico, di cui parlava la Putinaitė, si basava invece sulla non partecipazione alle regole o alla loro non osservanza. Una resistenza silenziosa la seconda, una resistenza a viso aperto la prima.Nel libro di Carlo Alianello, L’eredità della priora (1963), una specie di Bibbia del cosiddetto revisionismo storico sull' Unificazione d'Italia vi è un episodio significativo.Una famiglia meridionale ospita per una notte il generale piemontese Ferdinando Pinelli. Gli offre il pranzo e la cena. Il generale mangia e beve e fa pure il galante con una delle figlie. Al generale viene data la camera migliore.La notte il generale si alza e si mette a rovistare nei cassetti della camera finché non trova dimenticati in fondo a uno di quelli il ritratto del re borbonico e della regina Sofia.Non dice niente. Ritorna a letto e dorme tutta la notte sul letto con gli stivali e gli speroni.La mattina si alza fa convocare la famiglia e li accusa di essere dei traditori.Il capofamiglia a viso aperto risponde: "E perché…re Francisco sta a Gaeta ca cummatte angora…li ammasciatori di tutta l’Europa stanne cu’ isso e no co’ Vittorio. Finché isso è lu re legittime, chi è traditore?”Il generale Pinelli fece fucilare l’intera famiglia.
La resistenza lituana (almeno quella della vita quotidiana analizzata dalla Putinaitė) si affidava al non dire e al non fare ciò che si chiedeva di fare pur mantenendo una propria integrità.Credo che in molte famiglie si attuasse la resistenza, quando per esempio, i padri dicevano che rubare, mentire, dire una cosa e pensarne un’altra era male, e contribuivano a diffondere che era meglio non dire che dire bugie. Credo che tali forme di resistenza in Lituania fossero piuttosto diffuse” (Nerija Putinaitė)
Mentre scrivevo queste riflessioni mi chiedevo se avessero delle proprietà terapeutiche sullo sconforto che era in me a causa dell'aver vissuto la realtà italiana. Una realtà impossibile da afferrare nella sua improprietà logica. Queste riflessioni divenivano allora una specie di letteratura di intrattenimento al mio cospetto.
Come quando si transita da un amore ad un altro, da una relazione ad un’altra, si tende a misurare il presente/futuro attraverso il passato, ovvero ad analizzare ciò che ci sta accadendo attraverso un occhio che prende a prestito misure che provengono dalle memorie del passato, io andavo vedendo la mia nuova terra (Lituania) con l’occhio e l’esperienza della vecchia terra (Italia).
Come quando vivevo in Italia anche in Lituania andavo cercando punti fermi nei miei campi di interesse. In Italia, vista la povertà del panorama letterario contemporaneo, mi ero convinto che la troppa libertà di espressione nocesse e che nella letteratura i valori forti crescessero solo dove mancava la libertà di espressione. Mi portai dunque per disposizione naturale – quasi - questa idea fondante con me in Lituania e mi misi alla ricerca di scrittori forti, fra quelli che erano vissuti e sopravvissuti all’occupazione sovietica.Ne individuai uno in Ricardas Gavelis, uno dei migliori scrittori di quella Lituana del mio cuneo immaginario, che si interrogava sui sistemi totalitari che a livello globale, indicandoli con il deittico “loro”, monitoravano costantemente la vita della gente, ne disturbavano la capacità di pensare e li riducevano in schiavitù.Mi resi conto che non molto era cambiato a tutt’oggi. I sistemi globali avevano sostituito quelli totalitari e continuavano ad interferire non tanto attraverso un controllo delle coscienze ma attraverso l’offerta di versioni mainstream che arrivavano a occultare la verità attraverso proposizioni di largo consumo fatte passare come autentiche.Chi è dunque cambiato sono gli scrittori che non hanno più la funzione di think tank della messa in dubbio.Lo scrittore oggi davanti alla globalità ha abdicato e si limita a ripetere schemi (memes). Non questiona più, ripete.
Chi crea i memes sono gli elaboratori (initiators) della narrativa del mainstream. Caratteristica dei memes è la trasmissibilità, da un medium ad un altro, da un cluster ad un altro, da una bocca ad un’altra…i memes replicano, e qui è la forza della falsificazione globale. Si evolvono senza questionare.

COMPRA su Amazon:

Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 08, 2017 01:25

October 7, 2017

Isole di felicità (Laimes salos) - venticinquesima parte





Foto Živile Abrutytė

La giornata fu frenetica. Dalle nove di mattina alle sedici del pomeriggio lavorò.
Non andò a pranzo come di solito ma si comprò un panino, rischiando di sottoalimentarsi e di avere mal di testa.
Lei era frequentemente soggetta al mal di testa. In genere il mal di testa le era causato dalla mancanza di una adeguata alimentazione, soprattutto la mattina, se saltava la colazione. Anche il pranzo doveva stare attenta a non saltarlo.
Altre volte la causa potevano essere i pesticidi o gli anticrittogamici presenti nell'insalata che lei mangiava spesso. Non avrebbe dovuto mangiarla ma ne era ghiotta.
Se le veniva il mal di testa era condannata a soffrire tutto il giorno. Aveva una medicina per il mal di testa che il piú delle volte non funzionava. Ma in ogni caso la prendeva perché si ostinata a credere che l'avrebbe aiutata.

Mentre si provava dei vestiti a Mango in Gedemino Prospektas si ricordò di quella assurda giornata, che aveva dimenticato per un po'entrando nel negozio catturata dai colori, fatta solo per correre e essere stressata.
Si era provata vari abiti ma l'unico che veramente faceva risaltare il colore della sua carne, degli occhi azzurri e dei suoi capelli biondi fu un pullover rosso. Lo avrebbe preso se non fosse stata di carattere schivo.
Non posso uscire con questo colore, avrei tanti occhi puntati addosso.
Poco prima di andare a Mango era passata dal commercialista a lasciare la fatturazione mensile.
Aveva l' ufficio in una strada vicino a Gedemino Prospektas, per quello era finita da Mango, che era lí a due passi.

Mango era il suo negozio preferito. Ogni volta che doveva comprare un vestito andava da Mango.
Non comprò il pullover. Non solo perché si sarebbe sentita al centro dell'attenzione ma anche perché era nervosa e aveva poco tempo. Non le piaceva fare acquisti pressata dalla fretta.

Quando arrivò al Lietuvos vaikų ir jaunimo Centras era stanca morta. Nonostante la giornata intensa e stressante aveva deciso di portare Rebeka alla scuola di danza folkloristica.
Se quel mercoledì non l'avesse portata al Centras avrebbe avuto piú tempo per preparare le valigie per le figlie che il giorno dopo, finita la scuola, sarebbero state prelevate dalla madre che le avrebbe portate a Utena. Avrebbe avuto piú tempo per preparare le valigie per sé per andare in Finlandia per una visita alla fabbrica che produceva il legno che loro compravano e vendevano a Vilnius per i parquet. Una specie di corso di aggiornamento.
La ditta per cui lavorava aveva organizzato un viaggio perchè i dipendenti avessero esperienza diretta dell'intero processo produttivo. Quando vendi devi sapere bene che vendi. Questo era il motto della ditta.

Ora però capiva tutto lo stress inutile che si era generata. Rebeka avrebbe potuto saltare una lezione e la madre avrebbe potuto preparare le valigie al posto suo.
Perché aveva voluto fare tutto lei? Perché voleva andare con gli altri in Finlandia? Perché non aveva detto di essere malata? Sentiva che questo viaggio non era per lei. Sarebbe finita in un villaggio circondato da una foresta: lei non amava la vita di campagna né quella della foresta. Lei amava la città.

La domenica sera verso mezzanotte ritornò a casa, a Vilnius, da Helsinki. Dopo un'ora e venti circa di volo da Helsinki avevano fatto scalo a Riga e da Riga un altro volo di circa quaranta minuti fino a Vilnius.
Entrò in casa e si sentì distrutta.
Il viaggio era stato un disastro umano per molti versi. Lo aveva saputo prima di partire che sarebbe stato un viaggio che non avrebbe dovuto fare ma aveva fatto.
La colpa era il carattere che la costringeva a fare soprattutto quello che non voleva fare.  Sentiva una chiamata al dover fare che sopraffaceva il non voler fare.
Il giovedì dopo un viaggio di quasi sei ore con un piccolo bus da Helsinki erano finiti in mezzo alla foresta a Haapaniementie, in un agriturismo perso nel bosco vicino alla città di Iisalmi.
- Per me se uno compra cinquanta metri quadrati di legno è offensivo
Ruta guardò Tomas. era ubriaco, o parlava sul serio? Forse veramente aveva bevuto troppa birra per accompagnare la cena.
- Ma ascolta, Tomas...tu vorresti completare il tuo terrazzo con un legno diverso?- No- E allora? Se dopo aver comprato duecentocinquanta metri uno si accorge che gliene manca cinquanta che doveva fare?- Doveva comprarlo- Bene, allora non capisco che di che parli- Non so, forse non ci siamo capiti...ti chiedo scusa- Qualche volta sono intimorita a vendere, mi avete messo in una situazione che ho paura a vendere, ho paura di sbagliare
Era stato quello uno dei momenti più vivaci di quel viaggio. In fondo la visita agli uffici della segheria, e la visita in loco per vedere come tagliavano e segavano gli alberi era durata un giorno e mezzo. Avevano visitato gli uffici il giovedì pomeriggio dopo l'arrivo a Haapaniementie, e la foresta il venerdì mattina.E' tutto? si era chiesta. Era stato interessante ma sperava in qualcosa di più. Fare un viaggio così per quasi una visita turistica e tenere gli uffici di Vilnius e Kaunas chiusi due giorni le era parso un suicidio economico.Non sono io il capo. Facciano quello che vuole, se per loro va bene così...A cena quella sera tutti avevano litigato. Quelli di Kaunas fra di loro e lei era finita a litigare con Tomas. Jurgita, la sua capo, stranamente si era mantenuta in silenzio e in disparte, da tempo diceva che voleva aprire un ufficio per lavorare sola. Forse a Klaipeda.Negli ultimi tempi aveva dato segni di peggioramento. Era sempre più nervosa, irascibile e invecchiata. Forse pensava troppo al denaro. Forse era troppa la responsabilità mandare avanti tutta l'azienda.
Il giorno più lungo e noioso era stato il sabato. La mattina l'aveva trascorsa nel parco naturale camminando e facendo foto.
- Ti sei fatta male?- No tutto bene, solo il culo mi fa un po' male
Tutti erano stati gentili. Quando era scivolata sulla pietra e si era distesa all'indietro battendo solo il culo, per fortuna, subito erano accorsi. L'avevano aiutata a rialzarsi. Avevano usato buone parole.
Per la prima volta si era sentita bene con loro. E la sera sul lago mentre loro pescavano si era sentita in pace con quel tramonto dai colori diversi dal cielo di Vilnius.Si era seduta acconto a loro aveva aperto un libro. Aveva finto di leggere e guardato quel cielo diverso.Una brezza che proveniva dal lago l'aveva fatta rabbrividire.

COMPRA su Amazon:

Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 07, 2017 08:45

October 6, 2017

Vilniaus miesto savivaldybės centrinė biblioteka - Vilnius Municipal Central Library - Presentazione del libro "Rugìle" di Fabrizio Ulivieri


Vilniaus miesto savivaldybės centrinė biblioteka -
Žirmūnų g. 6, Vilnius 09231, Lituania

Venerdì 27 ottobre, 2017, ore 18,30
Penktadienį, 2017 spalio 27 d. 18.30 val

Presentazione di "Rugìle" L' erudita editore, Roma, 2017di Fabrizio Ulivieri


Il romanzo è stato definito come la sfida italiana a "Cinquanta sfumature di grigio" di E. L. James (pseudonimo della scrittrice Erika Leonard).
Una presentazione sicuramente da non perdere.
"Rugìle" si legge tutto d'un fiato. La storia è veloce e concentrata sui rapporti tra un italiano di mezza età, che vive a Firenze, e diverse donne straniere. Una di queste amanti è quella che darà il titolo al libro per la forza tragica con cui affronta la vita e il sesso: Rugile.
Molto singolarmente il personaggio maschile, che non è mai nominato in tutto il romanzo, è fortemente attratto da donne giovanissime e odia le rughe e le donne della sua età, come se rifiutandole lo facesse rimanere giovane per sempre. La sua vita è scandita da donne asiatiche, americane e lituane che gli insegnano l'arte del sesso e dell'amore. C'è un capitolo molto toccante, quello su Ipazia, che racconta la storia d'amore con una bella ragazza coreana, di Seoul, che lavorerà come prostituta a Firenze per superare un complesso edipico con il padre. Nel libro ci sono spesso dialoghi in inglese tra il protagonista e le sue amanti, che sono tradotti in italiano alla fine dei capitoli, trasformando il libro in una eccellente combinazione di italiano e inglese.
"Rugìle" è sicuramente la risposta italiana a "Cinquanta sfumature di grigio" di Erika Leonard.


"Rugìle" è stato recentemente recensito in inglese su "Il Marco Polo" giornale della comunità italiana in Canada, da Anna Ciampolini Foschi, scrittrice e giornalista italo canadese:  https://ilmarcopolo.com/2017/09/05/rugile-di-fabrizio-ulivieri/
Uscirà presto una recensione anche in Costa Rica in lingua italiana.

"Rugìle" il libro che ha sorpreso la comunità italo canadese.


Romane „Rugilė“  pasakojama vyro florencijiečio gyvenimo istorija, girdint tik jo balsą, ir išgyventas įsimylėjimo akimirkas, meilės pinkles, kančias, aistringą seksą be tabu, išgijimą iš sunkios ligos be medikų pagalbos, gyvenimo etapą, kai nebėra ką prarasti. Autorius įvardina, kad pagrindinis knygos herojus yra instinktas, kurio visi mes esame valdomi. Kūrinyje ištisinė žmogaus, ypač vyro, vidinė analizė per egzistencinę prizmę. Keliami klausimai: Kodėl esame taip stipriai valdomi aistros ir primityvaus sekso instinkto? Kur šis instinktas glūdi ir kokia jo kilmės priežastis? Kaip skirtingai gali mylėti moteris italė, japonė, amerikietė, lietuvė? Kokios šių moterų vertybės, meilės išraiškos, aistra, manieros bei mąstymo būdai?  Kodėl turime kasdienines kaukes, su kuriomis išeiname į gatvę, į viešumą? Kokius ženklus palieka gyvenimas ant mūsų kūnų ir sielų? Kokia gyvenimo ir mirties akistata?
    Galiausiai, knygos autorius atsakymus į kamuojančius egzistencinius klausimus randa kvantinės fizikos teorijos išaiškinimuose. Išmintingai išdėstyta knygos struktūra, knygą leidžia skaityti dvejopai: galima tiesiog mėgautis tik įtraukiančiu romanu, siužeto vingriais,  meilės istorijomis, vizualiai aprašytomis sekso scenomis, o galima žvelgti į viską giliau ir kiekvieno skyriaus gale su herojumi analizuoti gyvenimo pramės klausimus su minėtąja kvantine fizika. Ši knyga nepalieka abejingų ir sukelia diskusijas, vienus ji jaudina, kitus trikdo ir šokiruoja.

COMPRA su Amazon: Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 06, 2017 01:41

Da "Rugìle" - Morte di Ipazia (seconda parte)






Mi strinse forte le mani. Poi si aggrappò al collo e mi baciò le labbra.
Il suo alito era aspro e cattivo, come non l’avevo mai sentito. Colpa della malattia che la divorava, pensai. La divorava da dentro.
Cercai di vincere il senso di disturbo che mi aveva provocato e la baciai con passione. Compassione? Non lo so. Onestamente non lo so. Lo feci d’istinto. Nell’istinto è assente ogni ragione, c’è solo l’impulso di qualcosa che non ti appartiene eppure ti guida.
Lei si staccò da me. Mi guardò sorpresa. Si ributtò giù sul letto

- Grazie – mormorò – ora posso morire in pace. Grazie…grazie…grazie… - ripeteva ad intervalli fissando il vuoto
- Ipazia…ti prego…

Yasuko mi aveva mentito. Non mi aveva detto la verità. Avevo dovuto chiederla ai dottori la verità. Yasuko mi aveva detto che era AIDS. Che Ipazia si era infettata perché aveva ripreso a fare la puttana. Ed invece non era vero. I dottori mi avevano detto che si trattava di un cancro all’intestino, che avevano cercato di operarla ma era troppo avanzato e non c’era modo di fare niente.

E moriva, moriva sola come un cane. Della sua famiglia nessuno era venuto a trovarla a causa di suo padre.

Suo padre era stato apparentemente un professore di greco e latino ma in realtà negli anni Ottanta fu avvicinato da spie nordcoreane perché collaborasse con loro. Dal 1985 in poi aveva costantemente cooperato con gli agenti nordcoreani che usavano vecchi pescherecci arrugginiti e dall’aria innocua per arrivare direttamente alle coste, oppure sottomarini approdati al largo dell’isola di Jeju, e di lì raggiungevano Seoul. Arrivavano per il kidnapping, rapire persone per usarle spesso come insegnanti di giapponese, o rapire donne per capriccio della dirigenza di Pyongyang, o costruirsi una nuova vita nella capitale assumendo (con l’aiuto di persone come il padre di Ipazia) una nuova identità per poter spiare direttamente la vita del paese che i nord coreani propagandavano come povero e corrotto. E spiavano. Spiavano tutto, dal modo di vita, alla musica, alle donne, alle canzoni, alla politica…
Le operazioni di intelligence nord coreana necessitavano di collaboratori in loco e naturalmente ciò avveniva in cambio di denaro.
Ma perché suo padre aveva tradito il proprio paese? Perché si era prestato ad aiutare le spie nord coreane? Vi era una risposta plausibile?

- Era forse come una pecora che in un gregge cerca la propria posizione. Anche se nessuno gliel’ha mai detto esplicitamente sa tuttavia qual è la sua posizione. Avrebbe voluto salire nel sistema della società sudcoreana ma non ci riusciva. Un professore di greco e latino a Seoul non gode di molta stima. E così ha tradito quel sistema che non lo riconosceva adeguatamente – furono le parole della sorella di Ipazia che cercò di spiegarmi le ragioni del tradimento di suo padre

La ricerca di una posizione sociale determinò la vita di quel padre inquieto. Il denaro avrebbe potuto dargli delle possibilità che non aveva, ma soprattutto fu il piacere di colpire alle spalle un paese che frontalmente non gli riconosceva meriti.
Ma non era solo quello. Si era fatto una visione della Corea del Nord come il paese dell’ordine. Dove il rispetto per il Grande Leader formava il rispetto di tutti.

- Ma tu sai che in Corea del Nord gli studenti marciano in gruppo verso la scuola e cantano le gesta del loro Leader? – aveva una volta detto a Min-young (la sorella di Ipazia)


Chi è il partigiano le cui gesta sono insuperate?
Chi è il patriota le cui gesta saranno per sempre? Così caro ai nostri cuori è il glorioso nome del Generale Il nostro amato Kim Il-sung di fama imperitura


I servizi di controspionaggio sud coreani individuarono la rete di cui faceva parte il padre di Ipazia e arrestarono lui e buona parte dei collaboratori della rete. Suo padre fu catturato proprio nel momento in cui Ipazia venne ricoverata.

Sua madre collassò. Le due notizie in contemporanea, l’aver vissuto tanti anni con un uomo che non aveva in realtà mai conosciuto e una figlia malata terminale, le azzerarono la voglia di vita. Cadde in una depressione fulminante e perse la mente nel giro di una settimana. Fu ricoverata di urgenza in un reparto psichiatrico sotto stretta osservazione. Cercò più volte di suicidarsi.

Ipazia aveva vissuto con un padre simile nel momento in cui si formava, in cui la sua identità si formava, quando ancora era una ragazzina e credeva nel mondo. La presenza di un padre traditore aveva plasmato il suo carattere di donna traditrice, pronta a vendersi come il padre.

Ipazia aveva una sensibilità tale che poteva penetrare l’apparenza fino ad assimilarne la profondità e muoversi in parallelo.

Questa storia al limite del giallo poliziesco me l’aveva già anticipata Yasuko quandò la incontrai e dopo avermi detto del ricovero di Ipazia, prima che arrivasse la sorella di Ipazia che mi avrebbe aiutato a capire meglio quello che era successo fra Ipazia e suo padre.
Non sapevo se crederle. Yasuko non mi era mai piaciuta. Mi era sempre sembrata falsa, bugiarda. Superficiale e poco intelligente.
Mi aveva mentito anche sulla malattia. Perché? Che motivo aveva di mentirmi sulla malattia?
Voleva screditare Ipazia ai miei occhi perché sapeva quanto l’avevo amata anche se era stata una persona negativa e traditrice?
Yasuko non era stata una buona compagna. Aveva la coscienza sporca e lo sapeva. E allora infamava Ipazia.
Fra lei ed Ipazia preferivo cento volte Ipazia. Yasuko forse non era negativa come Ipazia ma era una persona insulsa senza un minimo di personalità. Ipazia probabilmente era stata attratta dalla leggerezza di Yasuko.



Ipazia si addormentò tenendo la mia mano. Io la guardavo. Non riuscivo ad andarmene. Starle vicino mi faceva sentire utile a qualcosa. Finalmente avevo la sensazione di fare qualcosa di bello per qualcuno.
Vibrò il cellulare nella mia tasca. Era Y***. Decisi di non rispondere. Ipazia giaceva nel letto. Avrebbero potuto essere le sue ultime ore su questa terra.
Decisi che mi sarei dedicato solo a lei per quelle ultime ore.

Capii che ancora l’amavo. Non era l’Ipazia che avevo amato il giorno che avevo incontrato in libreria ma l’amavo ancora di un unconditional love che mai finisce perché non è singolare e divisibile e perciò non ci appartiene.

Sunto:
L’amore è una parte enorme dei multiversi. E’ un collante che tiene insieme i multiversi e come un buco nero collega i multiversi .Un buco nero è apparentemente la fine di tutta la informazione. In realtà non la distrugge, la conserva e la comunica (la fa passare) da un universo all’altro.The unconditional love è l’informazione riguardante uno stato che la ritiene (universo) e passa poi ad un altro stato (universo) e ai successivi stati (universi). “The person one loves at first is not the person one loves at last, but love has not an end”




COMPRA su Amazon:


Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 06, 2017 00:03

October 5, 2017

Da "Rugìle" - Morte di Ipazia (prima parte)



Quando visitai Ipazia era distesa sul letto.Teneva le mani appoggiate sul petto che erano ridotte quasi a zampe di gallina.
Per resistere al dolore i dottori le davano morfina. La sua faccia si era fatta incava e smunta.
Le sue labbra si erano ritratte, i suoi occhi rimpiccioliti, i capelli qua e là ingrigiti.
La sua bellezza era sfiorita e ormai solo un ricordo.

- Ipazia

Mi abbozzò un sorriso.
- Come stai?

Mi guardò senza rispondere. Lacrime presero a scorrerle lungo le guance.

- Perdonami

Non le avevo chiesto niente in tutto il tempo che era passato. Neppure una volta ci eravamo visti. Né mai l’avevo cercata. Ma lei riprendeva un pensiero interrotto, che doveva averle covato dentro per tutto il tempo.

- Lascia perdere…è tutto passato, finito…non ci siamo capiti…solo questo…
- No, perdonami, è stata colpa mia…tu mi amavi. Ora l’ho capito. Ma quando si è giovani si è arroganti. Io sono arrogante

Le presi una mano la cui pelle era divenuta giallognola. La baciai e me la strinsi al petto. Ero emozionato. E vederla così ridotta mi faceva male.
- Perdonami se solo ora sono venuto a trovarti. Ma solo ieri per caso ho trovato Yasuko che mi ha detto che eri all’ospedale…non lo sapevo. Non sapevo più nulla di te

- Mi volevi dimenticare, lo so…
Sì, in tutto quel tempo non avevo fatto altro che cercare di dimenticarla il prima possibile. E tuttavia non vi ero riuscito. O almeno non completamente riuscito.

- Sì, è vero. Quando mi hai lasciato ho solo pensato a dimenticarti. A evitarti. Evitare i luoghi dove immaginavo ti avrei potuto incontrare…e se non fosse stato perché mi sono casualmente imbattuto in Yasuko non l’avrei mai saputo
- Io ci avevo sperato in Yasuko. Avevo sperato che amare una donna fosse più semplice che amare un uomo e mi sono sbagliata invece…Yasuko mi ha tradito più di quello che potesse un uomo.
- Mi dispiace
- Non dovevo lasciarti. Non avrei dovuto lasciarti. Ho fatto un grande errore. E poi con una del tuo stesso sesso non cresci, non ti conosci, non capisci la parte avversa di te…con te forse avrei litigato ma mi sarei conosciuta meglio. Più in profondità. Le unioni dello stesso sesso sono una cosa sbagliata. Ma lo capisco solo ora… Se fossi rimasta con te forse non mi sarei neppure ammalata…
- Non ci pensare Ipazia. Sei sempre rimasta nel mio cuore. Non sei una persona qualunque. Non sei una persona che si dimentica facilmente
- Non lo so…so che ora son finita qui...e tu?...come stai?
- Bene. Sto bene

Ipazia mi guardò con distanza. Si stava allontanando. Lo vedevo. Tutto quello che avrei detto in nessun modo le sarebbe appartenuto. Non era più di questo mondo.

- Stai con qualcuna? – tuttavia mi chiese
- Sì
- Chi è?
- E’ una cantante lirica
- Davvero?
- Sì
- E’ di Firenze?
- No, di Milano
- E vai spesso a Milano a trovarla?
- Il fine settimana in genere. Qualche volta viene lei
- E’ italiana? No. Vero?
- Mi conosci bene…
- Sì, ti conosco bene… - sorrise e finalmente la sua faccia si illuminò un po’e mi ricordò quel giorno in libreria quando l’avevo incontrata – a te le italiane non piacciono lo so. E’ Giapponese?
- Sì
- Come si chiama?
- Y***
- Bel nome. Quanti anni ha?
- Trenta
- L’età giusta per sposarsi
- No, non credo. Non voglio sposarmi…neppure credo lo voglia lei. Non ha tempo corre…è sempre di corsa. Non si ferma mai
- Io non correrò più…

La vita è davvero bastarda. Come tutto sembrava andare bene quei giorni che ci incontravamo alla Melbook…Sembrava che ci sorridesse un futuro luminoso insieme e invece le nostre strade appena si erano incrociate che quasi subito si erano divise. E in quell’ospedale, troppo tardi oramai, si ricongiungevano.
Stavo quasi per urlarle – Ipazia ti amo ancora! – ma mi bloccai. Ero davvero ancora innamorato di lei? O era solo pietà quella che provavo?
Probabilmente era la seconda ma non ne ero completamente sicuro.

- Ti faccio pietà, vero?
Mi disturbò.
- Ipazia tu hai sempre avuto la dannata capacità di saper leggere il pensiero. Non lo so. Forse sì, è pietà, o forse…
- Forse?
- Forse ti amo ancora. Contenta? – lo dissi con le lacrime agli occhi....


COMPRA su Amazon:

Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 05, 2017 01:42

October 4, 2017

Austėja e il sesso - da "Amore šaltibarščiai e pomodori rossi: biografia di un amore dall'interno"




Di una cosa inizialmente non volevo parlare in questo libro. Del sesso.Non perché con Austėja il sesso non fosse buono, era buonissimo in verità. Non per pudore.
Solo che ero di stanco di parlare di sesso, tutti ne parlano.
Alla fine però ho deciso di parlarne ma non in termini diretti, crudi, ne parlerò solo in modo teorico, letterario e forse filosofico.
Devo dire innanzitutto che mai andavo a letto o mai mi addormentavo con quella sensazione di frustrazione che spesso accompagna le coppie che hanno una cattiva relazione sessuale. Mai mi svegliavo la notte con la voglia di sesso e che fossi rifiutato. Ero sempre il benvenuto. Lei mi accoglieva dentro di sé nel modo che volessi, preferissi o fantasticassi.
In Austėja il sesso era un atto libero senza nessuna prevenzione o tabù imposto dall’educazione cattolica che per secoli ha represso un atto naturale e ne ha fatto un demone della natura umana.
Il sesso con Austėja era sesso, istintivo, naturale non gentile, ruvido, egoista.
Austėja in un certo senso seguiva un detto del Kamasutra “Una persona che non fa nulla godrà di nessuna gioia”.

Nel sesso Austėja voleva tutte le gioie e mai si rifiutava.

Se dovessi definire la sua natura, nel sesso Austėja era egoista, pretendeva sesso, voleva sesso. Voleva il mio amore fuori dal letto e il sesso ruvido e senza romanticismo nel letto.
Talora si è detto che il sesso sia causa di tanti problemi, se non esistesse il sesso forse si vivrebbe meglio. In realtà con Austėja vivevo meglio perché esisteva il sesso. Senza sesso probabilmente non avrei colto l’intima natura di Austėja.

- Nutrūksta mano ryšys su pasauliu[1]

In effetti era questo per lei fare sesso, dimenticare il mondo, scordarsi di esistere, dimenticare di essere chi era, uscire fuori da un mondo per entrarne in un altro.

A coloro che sostengono che il sesso causa infiniti problemi e che sarebbe perciò meglio la vita senza praticarlo io obietto che in realtà privarsi di questa parte corrisponderebbe a negarsi la conoscenza di un universo ignoto in cui, penetrando, possiamo scoprirne le alternative e le dimensioni che non abbiamo nell’universo in cui di solito viviamo.
Costoro non sanno, nella loro ignoranza, che sbottonare un paio di pantaloni o sollevare una gonna su un sofà o in auto equivale alla conoscenza di universo, di un mondo di cui vorrebbero privarsi.
Questo universo di Austėja era tuttavia molto privato, così privato che pure lei qualche volta dubitava le fosse proprio e quando ne usciva si meravigliava che vi fosse entrata.
Ma in quell’universo non vi era nessuna delle vergogne che vi era in quello da cui era uscita. In quel nuovo universo tutto era bello e naturale e tutto era lecito.
Nella Cappella Brancacci della chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze vi è un affresco famoso di Masaccio, La cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso, in cui si vede i due che pieni di vergogna lasciano il Paradiso dove probabilmente avevano conosciute le “gioie” del sesso per entrare in un mondo in cui il sesso era la dannazione e la proibizione della natura umana.
Questo dipinto illustra bene per converso il passaggio che Austėja compiva allorchè passava da un universo all’altro: dalla dannazione alla felicità.

Non so come, e vorrei spiegarmelo però, come mai Austėja fosse immune da ogni pregiudizio e tabù cristiano. In lei era vivo un paganesimo che la cristianità ha coperto, costretto all’obliterazione, ha falsificato in virtù di una religione di oppressione come tutte le religioni.
Quel paganesimo era la testimonianza di una verità: esiste il corpo. Il corpo ha le sue leggi che non appartengono allo spirito né alla mente.
Cosa c’è di più sincero e onesto, incapace di menzogna di un membro duro e pieno e di una vagina completamente bagnata?
La mente può mentire, un corpo no.
Questa era la religione in cui credeva Austėja. Una religione semplice e autentica. Un credo fatto di evidenza e non di atti di fede.

Uno degli inconvenienti maggiori e più comuni sono i comportamenti post-coito.
Il mio tipico atteggiamento era di addormentarmi o di alzarmi e andare in cucina a fare un caffè.
Il ritorno da un universo all’altro era brusco e avrebbe potuto essere anche violento se non fosse stato che Austėja perdurava a rimanere nei limiti del nuovo universo senza esserne cacciata a causa della mia brusca uscita.

- Una cosa che mi è sempre piaciuta degli uomini è come dopo il sesso cambiano. Si alzano e se ne vanno dal letto. Questo mi piace, mi eccita…vorrei essere come un uomo…siete più liberi e naturali di noi donne - diceva.

Era sexy Austėja?

La risposta è sì, se…se riuscivi a scoprire come veramente era.
Austėja amava nascondersi. Non voleva mai mostrarsi. Sì nascondeva. Non voleva apparire.
Essere sexy è essenzialmente apparire, mostrare. In virtù di ciò che si mostra si appare sexy.
Scoprivi la sua attrazione sessuale solo nel momento in cui la mettevi a nudo in tutti i sensi, le toglievi gli abiti e la disinibivi.
Austėja non aveva una filosofia dell’apparire ma del nascondersi. Sapeva occultarsi bene e difficilmente lasciava trapelare ciò che aveva dentro. Aveva una rigida filosofia del privato che osservava strettamente.
Poteva avere sesso con facilità ma raramente mostrava chi fosse veramente a chicchessia.
Per questa sua natura era stata molte volte rifiutata. Giudicata fredda, frigida e trattata di conseguenza. E' vero che non era stata difficile nell’andare a letto con qualcuno ma aveva imparato a scegliere a chi aprire non solo il corpo ma anche la mente e lo spirito.
Andare a letto non è molto diverso dal prendere decisioni che pensiamo di prendere noi stessi in sé e per sé quando invece sono già in gran parte state predeterminate.
Così finire a letto con qualcuno invece che con un altro, perché l’altro non ci ha voluti o rifiutati è sintomo di un determinismo degli incontri che in virtù di come siamo costituiti ci porta a fare alcune scelte a vantaggio o scapito di altre.

La sera giacevamo sul letto, lei tentava di leggere un libro e con ogni probabilità si sarebbe addormentata di lì a poco.
Io guardavo un programma sul channel.nationalgegraphic.com: Mars.
Mischiava fiction e reality. Austėja dimenticava di leggere, dimenticava il sonno e mi guardava.
Aveva da poco fatto la doccia e sapeva di bagnoschiuma e di fresco, di pulizia ed era tremendamente attrattiva. La sua vera attrazione, quella esplicita, consisteva di un vigore di luce che le derivava dalla gioia del sesso.
Di lì a poco tutto poteva cambiare. Bastava una frase, un’immagine, un pensiero e la parte implicita quella che le avrebbe poi conferito bellezza, finito l’atto sessuale, prendeva forza, si impadroniva di noi due e ci trasformava in animali, nudi e senza compassione l’uno dell’altro. Scompariva l’amore e si faceva avanti il desiderio, fino a che, appagato il desiderio sarebbe ricomparso l’amore e magari lei sarebbe ritornata al suo libro in attesa di addormentarsi e io al programma su Marte.

Avevamo varcato il confine di esseri sessuali per ritornare esseri umani semplicemente.

Il sesso è uno stimolo a uscire da noi stessi, dal nostro universo proprio a incontrare altri universi che altrimenti non conosceremmo. Come ogni uscita-da-se-stessi può essere traumatica ma può essere rigenerante allorché si ritorna al proprio mondo arricchito dall’esperienza di essere stati in un altro.

Noi varcavamo con facilità i due mondi e facilmente vi ritornavamo.

Il passaggio da un universo all’altro presuppone la scoperta di un mondo nuovo ma anche la fine di un mondo vecchio, il suo abbandono che diverrà definitivo. Presuppone l‘inizio ma anche la fine di una storia. La fine di una storia comincia da molto lontano, già dall’inizio quando inizia.

[1] Interrompe la mia connessione con il mondo


COMPRA 
su Amazon:

Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 04, 2017 02:21

October 3, 2017

Isole di felicità (Laimes salos) - ventiquattresima parte



Foto Živile Abrutytė


Vedendola danzare il suo cuore finalmente brillò di felicità.
Aveva scelto per lei, per Rebeka, e aveva funzionato. Aveva seguito l'andamento del suo algoritmo interiore che aveva elaborato bene la scelta.
Vedere Rebeka danzare nel costume tradizionale le faceva venire le lacrime agli occhi.
Non aveva mai visto così felice Rebeka, da tanto. E finalmente la vedeva.
Aveva pensato che la danza popolare lituana sarebbe piaciuta a Rebeka. E aveva indovinato.
Ruta era così, un misto di modernità e tradizione. Pensava di odiare la Lituania ma alla fine si sentiva carne e sangue di quella terra. Scegliere la danza tradizionale per Rebeka era un atto di riconoscimento alla sua terra. Un voler trasmettere alla propria figlia un valore che sapeva appartenere alla sua terra.
Ma era conscia di questo Ruta?

Probabilmente lo era. Ma agiva forse più rispetto a come si organizzava il suo algoritmo interiore che seguendo una volontà deliberata di scegliere.
Non è la stessa cosa "scegliere" e "seguire un istinto". E Ruta tendeva più a seguire gli istinti che a scegliere.

Sono felice, si diceva Ruta. Sono felice per te piccolina. La guardava danzare e le lacrime erano agli occhi. Dentro era piena di orgoglio. Un tratto del carattere di Ruta era l'orgoglio. Forte e difficile da sopprimere.
Sì sentì orgogliosa di essere la madre di Rebeka.

Il Lietuvos Vaikų ir Jaunimo Centras dove si insegna danza tradizionale è situato sulla
Konstitucijos prospektas, vicino all'Europos aikštė dove si trova la torre d' Europa, sede del comune di Vilnius. La parte architettonicamente più nuova e moderna di Vilnius.Da casa era raggiungibile abbastanza velocemente con il bus 43. Per questo aveva scelto il Centras. Pensava che presto Rebeka avrebbe potuto prendere da sola l'autobus e lei non avrebbe dovuto lasciare il lavoro e trovare facce scontente l'indomani in ufficio per aver personalizzato il suo orario di lavoro.

L'idea le era venuta vedendola ballare davanti alla TV.

- Ti piace ballare Rebeka? - le aveva chiesto

Sì era voltata verso Ruta. Aveva gli occhi un po' spiritati e il fiatone.

- Sì, mamyte. Tanto

In quel momento le fu chiaro, sebbene nemmeno lei sapesse perché. Avrebbe iscritto Rebeka a un corso di tuatiniai šokiai, di danza popolare.E lo aveva fatto.Ora guardava la sua maža ozka (la sua capretta) Rebeka imparare con facilità i movimenti e muoversi al centro del gruppo.

La musica riempiva la sala, le comprimeva le orecchie fino a rimbombarle nel cervello. Era stordita. Sentì il sangue arrossarle il volto, soffocata di un sentimento nuovo.Provò un attimo di grande felicità. Autentico. Nuovo. Un' isola, un' isola in mezzo al mare.


COMPRA su Amazon:

Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook



 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 03, 2017 06:54