Fabrizio Ulivieri's Blog, page 141
July 21, 2017
"Amore šaltibarščiai e pomodori rossi" è su Amazon in formato ebook

Un amore totale.
Ma cos'è l'amore? si interroga l'autore in questo libro...(vai a Amazon)
Published on July 21, 2017 13:31
July 18, 2017
Isole di felicità (Laimes salos ) - seconda parte

Continuiamo la pubblicazione di "Isole di felicità" (Laimės Salos). Storia di una piccola famiglia nella Lituania moderna che vive nel presente pur condizionata dalla storia del movimento di liberazione (Lietuvos Persitvarkymo Sąjūdis).Buona lettura!
Per la prima volta in vita sua era sola. Da dopo che si era lasciata dal marito non aveva più avuto un uomo. Ne sentiva la mancanza di un uomo, soprattutto le mancava il contatto fisico.
I giorni del dopo separazione erano tuttavia passati veloci. Il marito ancora innamorato di lei e ferito per aver dovuto accettare una separazione che non avrebbe voluto si rifiutava sistematicamente di aiutarla con le figlie. Ritardava nei pagamenti degli assegni familiari. La ostacolava in tutto.
Prendeva con sé le figlie una volta a settimana. Se stavano male nemmeno le accompagnava alla clinica. Non era che non volesse bene alle figlie, era stato ferito nell’orgoglio e non distingueva adeguatamente fra ciò che era giusto fare e non fare.
Questo aveva costretto Rūta a passare giorni intensi spesi nel lavoro, nell’assistere le figlie quando erano malate, nel portarle alle visite mediche, nell’occuparsi dei loro problemi scolastici, nel trovare loro delle attività sportive, nel portare Rebeka dallo psicologo perché sembrava che lei fosse quella che della separazione avesse più sofferto, e infine Goda…che aveva cominciato a rubare…ma almeno questo fatto estremo aveva risvegliato il padre e lo aveva riportato alla realtà di essere un padre e di avere due figlie. E si era riavvicinato alle figlie…
In tutto questo periodo Rūta non aveva avuto molto tempo per pensare agli uomini anche se fisicamente, sì, ne sentiva la mancanza.
Ma ora tutto era meglio. Le figlie erano cresciute. Il padre faceva il padre. Ora aveva più tempo per pensare. E quando ricevette su Facebook un messaggio di un ex compagno di scuola che l’aveva rintracciata e la ricontattava dopo così tanti anni sì sentì felice. Non poteva nascondere a se stessa quella felicità.
Finalmente un uomo si interessava a lei, come donna. Finalmente un uomo le faceva la corte.
Si ricordava di lui al ginnasio…Konstantin…era bello, era intelligente, era il primo della classe ed era innamorato cotto di lei ma lei era innamorata persa di Marijonas e aveva resistito a tutte le avances di Konstantin. In verità non le era costato fatica resistere alla sua corte, era così innamorata di Marijonas.
Fu quando frequentava l’ultima classe al 1-oji vidurinė Mokykla di Utena, che ora si chiamava “Saulės” gimnazija, diviso in due edifici, di cui Il primo risaliva al XIX secolo ed era appartenuto ad un certo grafas Balsevičius, conte Balsevičius. Un liceo in cui avevano studiato giovani che spesso si erano poi distinti anche nella vita pubblica e non solo in Lituania.
Pure Rūta vi si era distinta. Era sempre stata la prima della classe. Sempre ottimi voti, studiosa e di ottima condotta.
Un po’ ora si doleva però di essere stata una studentessa modello. Col senno di poi si rendeva conto che avrebbe fatto meglio a vivere di più la vita di giovane ragazza e studiare meno.
Ma il ricordo di Konstantin, di come lo ricordava a scuola, la faceva sorridere mentre da sola lavava i piatti la sera o in filobus guardava fuori dal finestrino la pioggia che rigava i vetri e riempiva le strade di balos, pozzanghere, le macchine vi passavano sopra a grande velocità e sollevavano onde che andavano a infrangersi contro il vetro del finestrino su cui teneva appoggiata la guancia con gli occhi persi in quello spettacolo che il pensiero di Konstantin rendeva bello.
- Ciao, come stai? Ti ricordi di me? Konstantin? Andavamo alla stessa scuola a Utena...
All’inizio le aveva detto che in realtà l’aveva contattata perché voleva venderle dei prodotti dell’Italia. Voleva fare dell’import di prodotti alimentari dall’Italia. Aveva comprato dell’olio di oliva italiano e cercava di rivenderlo in Lituania. Per questo usava Facebook, cercava tutti i contatti ad personam per far decollare il suo prodotto.
- Ho dell’ottimo olio italiano. Vuoi comprarlo? Ti farò un prezzo speciale
Rūta aveva sorriso. Ma come dopo tanti anni mi ricontatta per vendermi olio di oliva? Aveva sperato in qualcosa di più. Sinceramente era rimasta un po’ delusa.
- Posso anche comprarlo…ma dove lo compro?
- Vengo a portartelo io
- A Vilnius?
- Certo! Che problema c’è? In macchina in un’ora arrivo
- Davvero me lo porteresti?
- Sì, mi farebbe anche piacere rivederti dopo così tanti anni
A quelle parole si sentì meno delusa.Si incontrarono al Grande centro commerciale Ozas. Passeggiarono per il centro commerciale. Presero un caffè. Andarono al cinema e per l’ora di cena scesero a” Bonocosì” a mangiare una pizza Italiana a metri. Ne presero cinquanta centimetri e l’accompagnarono con del vino bianco. Un pinot grigio: Livio Felluga del Friuli.
Quando la riportò a casa la baciò. La strinse forte a sé. E le mise la bottiglia dell’olio in mano.
- Vorrei rivederti Rūta
- …anche io
- Ti chiamo. Ci vediamo per il fine settimana
- Ah! Ma quanto ti devo per l’olio?
- Nulla Rūta…è stato così bello rivederti
Digitò il codice per aprire la porta e le sue mani volavano sulla tastiera. Salì le scale correndo felice come una bambina. E stringeva l’olio al suo petto.
Il sogno di Konstantin come di tutti i Lituani era di andare a vivere all’estero. Rūta non avrebbe potuto seguirlo a causa delle due figlie. Sarebbe stata un po’ pericolosa la relazione con lui, se se ne fosse innamorata. Avrebbe di nuovo sofferto.
In tutti quegli anni che non si erano più sentiti le loro vite avevano forse corso parallelamente, con obiettivi diversi, con modi diversi, guidate secondo diversi algoritmi, ma alla fine la volontà dell’uno aveva provocato che le due linee parallele si incrociassero e diventassero una retta.
Forse qualche volta erano stati vicini a incontrarsi ma non si erano alla fine incontrati.
Lei in verità non lo aveva più pensato ma lui evidentemente sì, perché con la scusa dell’olio l’aveva ricontattata.
Ogni essere umano ha come una cattedrale in sé e in quello spazio celebra il rito del proprio destino, diceva Antanas Sutkus il più grande fotografo lituano.
In lei si affollavano tante Rūte, che nemmeno lei sapeva più a quale appartenesse: la Rūta che lavorava, la Rūta mamyte, la Rūta donna, la Rūta puttana, a letto qualche volta.
- Mamyte, a noi il padre sembra virtuale
- Perché principesse?
- Non lo vediamo mai. Dov’è ora? Perché non ci viene a prendere?
- E’ in America
- In America? Lontano?
- Abbastanza principesse
- Quante notti ci vogliono mamyte per andare in America – chiese Rebeka, la più piccola
- In aereo una notte
- Allora non è lontana l’America mamyte
- E’ lontana mano mano Zuiki[1]
Tuttavia si ritrovava a fare strani ragionamenti fra sé e sé.
- Potrei vivere con lui. La sua famiglia sta abbastanza bene. A Utena hanno una casa grande. Forse questo import adesso non gli frutta molto ma lui è intelligente ce la farà…ma accetterà le mie figlie? Forse potrei dare una figlia a Marijonas. Lui terrebbe Goda e io Rebeka…forse così sarebbe più facile per Konstantin accettarmi. Potrei anche andare all’estero con lui se un giorno deciderà di lasciare la Lituania…
Poi però si pentì di quei ragionamenti. Sì senti in colpa per aver pensato di abbandonare Goda nelle mani del padre, che forse nemmeno l’avrebbe voluta. Si sentì una madre cattiva ma si sentì anche in trappola…se cadeva quella possibilità cadeva ogni via di fuga con Konstantin…
Che fare?
- Sarà come sarà – disse come diceva sempre ogni volta che non trovava un’alternativa.
Ma il suo sogno, se proprio doveva andarsene dalla Lituana, era andare in Italia. In alternativa avrebbe accettato anche l’Inghilterra.
La Germania no, il tedesco una lingua troppo difficile.
Anni prima, prima di sposare Marijonas aveva fatto tutte le pratiche per andare a vivere a Londra. Vi aveva anche trovato un lavoro come baby-sitter. Ma poi l’amore…lei sempre aveva seguito il cuore…le aveva impedito di lasciare Marijonas…Ne era innamorata follemente allora. Forse oraera pentita mche senso aveva rimpiangere una scelta sbagliata. Solo ora in fondo capiva che era sbagliata
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Coniglietto mio
Published on July 18, 2017 23:54
Isole di felicità Laimes salos ) - seconda parte

Continuiamo la pubblicazione di "Isole di felicità" (Laimės Salos). Storia di una piccola famiglia nella Lituania moderna che vive nel presente pur condizionata dalla storia del movimento di liberazione (Lietuvos Persitvarkymo Sąjūdis).Buona lettura!
Per la prima volta in vita sua era sola. Da dopo che si era lasciata dal marito non aveva più avuto un uomo. Ne sentiva la mancanza di un uomo, soprattutto le mancava il contatto fisico.
I giorni del dopo separazione erano tuttavia passati veloci. Il marito ancora innamorato di lei e ferito per aver dovuto accettare una separazione che non avrebbe voluto si rifiutava sistematicamente di aiutarla con le figlie. Ritardava nei pagamenti degli assegni familiari. La ostacolava in tutto.
Prendeva con sé le figlie una volta a settimana. Se stavano male nemmeno le accompagnava alla clinica. Non era che non volesse bene alle figlie, era stato ferito nell’orgoglio e non distingueva adeguatamente fra ciò che era giusto fare e non fare.
Questo aveva costretto Rūta a passare giorni intensi spesi nel lavoro, nell’assistere le figlie quando erano malate, nel portarle alle visite mediche, nell’occuparsi dei loro problemi scolastici, nel trovare loro delle attività sportive, nel portare Rebeka dallo psicologo perché sembrava che lei fosse quella che della separazione avesse più sofferto, e infine Goda…che aveva cominciato a rubare…ma almeno questo fatto estremo aveva risvegliato il padre e lo aveva riportato alla realtà di essere un padre e di avere due figlie. E si era riavvicinato alle figlie…
In tutto questo periodo Rūta non aveva avuto molto tempo per pensare agli uomini anche se fisicamente, sì, ne sentiva la mancanza.
Ma ora tutto era meglio. Le figlie erano cresciute. Il padre faceva il padre. Ora aveva più tempo per pensare. E quando ricevette su Facebook un messaggio di un ex compagno di scuola che l’aveva rintracciata e la ricontattava dopo così tanti anni sì sentì felice. Non poteva nascondere a se stessa quella felicità.
Finalmente un uomo si interessava a lei, come donna. Finalmente un uomo le faceva la corte.
Si ricordava di lui al ginnasio…Konstantin…era bello, era intelligente, era il primo della classe ed era innamorato cotto di lei ma lei era innamorata persa di Marijonas e aveva resistito a tutte le avances di Konstantin. In verità non le era costato fatica resistere alla sua corte, era così innamorata di Marijonas.
Fu quando frequentava l’ultima classe al 1-oji vidurinė Mokykla di Utena, che ora si chiamava “Saulės” gimnazija, diviso in due edifici, di cui Il primo risaliva al XIX secolo ed era appartenuto ad un certo grafas Balsevičius, conte Balsevičius. Un liceo in cui avevano studiato giovani che spesso si erano poi distinti anche nella vita pubblica e non solo in Lituania.
Pure Rūta vi si era distinta. Era sempre stata la prima della classe. Sempre ottimi voti, studiosa e di ottima condotta.
Un po’ ora si doleva però di essere stata una studentessa modello. Col senno di poi si rendeva conto che avrebbe fatto meglio a vivere di più la vita di giovane ragazza e studiare meno.
Ma il ricordo di Konstantin, di come lo ricordava a scuola, la faceva sorridere mentre da sola lavava i piatti la sera o in filobus guardava fuori dal finestrino la pioggia che rigava i vetri e riempiva le strade di balos, pozzanghere, le macchine vi passavano sopra a grande velocità e sollevavano onde che andavano a infrangersi contro il vetro del finestrino su cui teneva appoggiata la guancia con gli occhi persi in quello spettacolo che il pensiero di Konstantin rendeva bello.
- Ciao, come stai? Ti ricordi di me? Konstantin? Andavamo alla stessa scuola a Utena...
All’inizio le aveva detto che in realtà l’aveva contattata perché voleva venderle dei prodotti dell’Italia. Voleva fare dell’import di prodotti alimentari dall’Italia. Aveva comprato dell’olio di oliva italiano e cercava di rivenderlo in Lituania. Per questo usava Facebook, cercava tutti i contatti ad personam per far decollare il suo prodotto.
- Ho dell’ottimo olio italiano. Vuoi comprarlo? Ti farò un prezzo speciale
Rūta aveva sorriso. Ma come dopo tanti anni mi ricontatta per vendermi olio di oliva? Aveva sperato in qualcosa di più. Sinceramente era rimasta un po’ delusa.
- Posso anche comprarlo…ma dove lo compro?
- Vengo a portartelo io
- A Vilnius?
- Certo! Che problema c’è? In macchina in un’ora arrivo
- Davvero me lo porteresti?
- Sì, mi farebbe anche piacere rivederti dopo così tanti anni
A quelle parole si sentì meno delusa.Si incontrarono al Grande centro commerciale Ozas. Passeggiarono per il centro commerciale. Presero un caffè. Andarono al cinema e per l’ora di cena scesero a” Bonocosì” a mangiare una pizza Italiana a metri. Ne presero cinquanta centimetri e l’accompagnarono con del vino bianco. Un pinot grigio: Livio Felluga del Friuli.
Quando la riportò a casa la baciò. La strinse forte a sé. E le mise la bottiglia dell’olio in mano.
- Vorrei rivederti Rūta
- …anche io
- Ti chiamo. Ci vediamo per il fine settimana
- Ah! Ma quanto ti devo per l’olio?
- Nulla Rūta…è stato così bello rivederti
Digitò il codice per aprire la porta e le sue mani volavano sulla tastiera. Salì le scale correndo felice come una bambina. E stringeva l’olio al suo petto.
Il sogno di Konstantin come di tutti i Lituani era di andare a vivere all’estero. Rūta non avrebbe potuto seguirlo a causa delle due figlie. Sarebbe stata un po’ pericolosa la relazione con lui, se se ne fosse innamorata. Avrebbe di nuovo sofferto.
In tutti quegli anni che non si erano più sentiti le loro vite avevano forse corso parallelamente, con obiettivi diversi, con modi diversi, guidate secondo diversi algoritmi, ma alla fine la volontà dell’uno aveva provocato che le due linee parallele si incrociassero e diventassero una retta.
Forse qualche volta erano stati vicini a incontrarsi ma non si erano alla fine incontrati.
Lei in verità non lo aveva più pensato ma lui evidentemente sì, perché con la scusa dell’olio l’aveva ricontattata.
Ogni essere umano ha come una cattedrale in sé e in quello spazio celebra il rito del proprio destino, diceva Antanas Sutkus il più grande fotografo lituano.
In lei si affollavano tante Rūte, che nemmeno lei sapeva più a quale appartenesse: la Rūta che lavorava, la Rūta mamyte, la Rūta donna, la Rūta puttana, a letto qualche volta.
- Mamyte, a noi il padre sembra virtuale
- Perché principesse?
- Non lo vediamo mai. Dov’è ora? Perché non ci viene a prendere?
- E’ in America
- In America? Lontano?
- Abbastanza principesse
- Quante notti ci vogliono mamyte per andare in America – chiese Rebeka, la più piccola
- In aereo una notte
- Allora non è lontana l’America mamyte
- E’ lontana mano mano Zuiki[1]
Tuttavia si ritrovava a fare strani ragionamenti fra sé e sé.
- Potrei vivere con lui. La sua famiglia sta abbastanza bene. A Utena hanno una casa grande. Forse questo import adesso non gli frutta molto ma lui è intelligente ce la farà…ma accetterà le mie figlie? Forse potrei dare una figlia a Marijonas. Lui terrebbe Goda e io Rebeka…forse così sarebbe più facile per Konstantin accettarmi. Potrei anche andare all’estero con lui se un giorno deciderà di lasciare la Lituania…
Poi però si pentì di quei ragionamenti. Sì senti in colpa per aver pensato di abbandonare Goda nelle mani del padre, che forse nemmeno l’avrebbe voluta. Si sentì una madre cattiva ma si sentì anche in trappola…se cadeva quella possibilità cadeva ogni via di fuga con Konstantin…
Che fare?
- Sarà come sarà – disse come diceva sempre ogni volta che non trovava un’alternativa.
Ma il suo sogno, se proprio doveva andarsene dalla Lituana, era andare in Italia. In alternativa avrebbe accettato anche l’Inghilterra.
La Germania no, il tedesco una lingua troppo difficile.
Anni prima, prima di sposare Marijonas aveva fatto tutte le pratiche per andare a vivere a Londra. Vi aveva anche trovato un lavoro come baby-sitter. Ma poi l’amore…lei sempre aveva seguito il cuore…le aveva impedito di lasciare Marijonas…Ne era innamorata follemente allora. Forse oraera pentita mche senso aveva rimpiangere una scelta sbagliata. Solo ora in fondo capiva che era sbagliata
Coniglietto mio
Published on July 18, 2017 23:54
July 16, 2017
Amore šaltibarščiai e pomodori rossi (I puntata)
Da oggi inizio a pubblicare a brevi puntate il mio romanzo finora inedito, Amore šaltibarščiai e pomodori rossi. I motivi per cui resti inedito sono misteriosi come misterioso e incomprensibile è il mondo dell'editoria più vicina per la sua struttura al mondo dei derivati e swaps bancari e delle bolle immobiliari che a quello della letteratura.
Voglio comunque che i miei "venticinque lettori" di manzoniana memoria non siano privati di questo romanzo corto ma profondo e leggero allo stesso tempo. Delicato è profondo come l'animo di Austėja l'eroina del romanzo.La foto che ci accompagnerà in questo viaggio è di Antanas Sutksus, il più grande fotografo lituano. In questa foto la modella, Marija Stankutė, ci mostra una bellezza lituana, profonda e penetrante, come quella di Austėja. Foto di recente produzione per la collezione primavera/esteate di Aleksandras Pogrebnojus.
Buona lettura.

Un livre est le produit d'un autre moi que celui
que nous manifestons dans nos habitudes, dans la société, dans nos vices
(Proust)
La Menzogna
E’ quasi uno stato naturale che l’amore provochi un cambiamento di vita, e nessuno lo questiona.
Ciò che è meno naturale invece è che una città o una terra possano cambiarti la vita. Mi riferisco a una città e a una terra che neppure ami troppo, o troppo ne sei invaghito. Vi finisci spinto dagli eventi della vita e scopri un altro universo distinto da quello dove avevi finora vissuto.
Certo nel contesto della città va collocato un amore, senza un amore che si fosse preventivamente situato all’interno della città non avrei provato l’attrazione che mi ha fatto muovere a Vilnius.
Non sarei stato pronto a cercare di capire questa città, a volerne conoscere la cultura, il suo passato e la sua lingua.
- Non sarei mai venuto a Vilnius se non avessi conosciuto te – le dissi
Il mio amore mi guardò. Ed era sicura che fosse vero.
Lei non amava la sua terra. Diceva che in Lituania si viveva male. Si guadagnava poco. Nessuno sorrideva. Lo Stato non aiutava la gente. La popolazione era diminuita e scesa sotto i tre milioni.
Tutti emigravano.
Anche lei voleva emigrare.
Perché? Mi chiesi.
Perché non amava la sua terra?
In quei giorni mi era capitato di leggere La congiura lituana, di Galina Sapozhnikova, una giornalista russa.
Avevo fatto quella lettura nei giorni che stavo ricercando materiale per scrivere un libro sull’unificazione d’Italia e venivo da un periodo di letture sulla meccanica quantistica.
In virtù di questo percorso parallelo mi ero reso conto che per gli Stati dovesse esserci come una funzione d’onda all’interno della quale erano contenute tutte le possibilità di fondazione, in cui il fine seguiva un infinito numero di direzioni per muoversi da un punto A verso un punto B senza necessariamente seguire una linea retta, con accelerazioni e frenate improvvise.
Nella presa di atto di questa funzione d’onda vi era una costante che pareva ripetersi, ed era la menzogna. Una menzogna poteva essere sola o essere accompagnata da altre menzogne.
La menzogna era probabilisticamente dovunque ed in nessun luogo identificabile.
Il libro della Sapozhnikova indagava la posizione della menzogna nella fondazione dello stato lituano.
Riprendeva una tesi che subito affiorò nel 1991 alla torre di Vilnius, dove furono uccise 14 persone.
Si disse, come fosse naturale (ma non lo era), che a sparare e a uccidere fossero stati i soldati sovietici del gruppo Alpha.
In realtà alle spalle stava una macchinazione, una preparazione, un’organizzazione di quella giornata che partiva da Mosca per finire a Vilnius.
A sparare sulla folla, secondo la Sapozhnikova, non furono quelli del gruppo Alpha ma dei (para)militari lituani che spararono su lituani.
“Saviškiai šaudė ᶖ savus” (I nostri spararono sui nostri) come avrebbe sostenuto Algirdas Paleckis molto più tardi.
Eppure tutta la macchina organizzativa guidata in primis da Vytautas Landsbergis (sempre secondo la Sapozhnikova) riuscì a dare una versione dei fatti, già preparata a tavolino, per cui si fu abili ad occultare, da allora, quella che sembrava essere la verità proposta.
Senza voler scendere nel merito della questione (verità/non verità) mi intrigava la tesi della Sapozhnikova dal momento che mi trovavo a cospetto con la menzogna (il mio tema preferito)...
Published on July 16, 2017 02:06
July 14, 2017
Isole di felicità (Laimės Salos)

When doors are closed, you climb through the window, if the window is closed – you break it, if there is no window – you climb in through the chimney. There is always a way
Scattò la foto in autobus mentre tornavano da Akropolis.
Erano state al cinema. Avevano visto Ponas Kūdikis, Boss baby. Durante il film aveva dormito.
Era tutta infreddolita. Al cinema l’aria condizionata era troppo forte. Aveva avuto freddo, ma aveva dormito.
Sorridevano nella foto Rebeka e Goda. Erano felici. Anche lei era felice. Le avvolgeva una bella giornata di sole che dilagava del vetro del finestrino a cui voltavano di lato i volti.
Giovedì era stato il compleanno di Rebeka.
Non aveva fatto una festa ma aveva promesso che le avrebbe portate tutt’e due al cinema la domenica.
Era finalmente caldo a Vilnius, dopo un interminabile inverno.
Neve anche a maggio. Una primavera incredibile. Neve, pioggia, pioggia, neve…e freddo.
Ma ora era caldo, ventisei gradi. In autobus faceva ancora più caldo. Forse facevano trenta gradi.
Erano belle le sue figlie, sorridevano all’obbiettivo. Rebeka un po’ ruffiana, Goda con la sua aria ingenua.
Spesso litigava con loro, ma non quel giorno. Quel giorno il sole le aveva riempite di felicità. Madre e figlie quel giorno erano protette di felicità.
La vita procede per algoritmi. Una continua sequenza di operazioni, anche elementari, che conducono a un determinato risultato in un tempo finito.
Quello che aveva fatto oggi, era il risultato di un algoritmo. Si era sintonizzata sui desideri delle figlie e aveva intuito il desiderio finale: uscire di casa (passavano molte ore chiuse in casa) e andare al cinema.
Era intuitiva Rūta, come un algoritmo sapeva elaborare proposizioni semplici, chiare e non ambigue. Lei era “bianco “ o era “nero”.
I suoi pensieri intuitivi si scomponevano in
° elementari e non ulteriormente scomponibili
° avevano un’interpretazione diretta e univoca
° erano composti da un numero finito di passi e da una quantità finita di dati analizzati
° il giudizio avveniva entro una quantità minima di tempo di esecuzione
° l’esecuzione portava a un risultato univoco
Si era accorta che anche Goda aveva il dono di direzionalità e univocità di pensiero.
- Devi mettere lo smalto blu sulle unghie
- Ma perché?
- Hai tutti vestiti scuri e le unghie sempre rosse. Ti ho preso questo smalto perché devi cambiare
- Pensi davvero così?
- Si, mamyte
Sua figlia le ricordava sua nonna che era andata a New York nel 1936 seguendo il marito, che era divenuto ambasciatore della Lituania indipendente prima che l’Unione Sovietica la occupasse. Anche la sua nonna era dotata di questa singolare unidirezionalità di pensieri.
La sua unidirezionalità di pensieri era consistita di ricordi. Ricordi della Lituania, che a New York le mancava e da cui non sapeva distaccarsi. Tutte le notti piangeva per la Lituania. Non amava l’America. Era lituanocentrica, e lo era stata per tutta la vita.
Aveva insegnato piano a Kaunas e quando seguì il marito a New York dovette rinunciare ai sogni della sua vita: la musica, il piano, insegnare.
Suo nonno era divenuto Console Generale di uno stato che aveva cessato di esistere quarantasei anni prima.
Per quasi cinquanta anni, per quasi tutta la Guerra Fredda, aveva ostinatamente mantenuto aperto a New York un consolato lituano che non aveva più diritto all’esistenza, in un angusto appartamento nell’Upper West Side di Manhattan. Ogni giorno si recava al Consolato per il suo tarnyba, servizio, in treno e in metropolitana.
In tutti quegli anni aveva spesso presenziato a The voice of America and Radio Free Europe, manifestando il suo feroce dissenso antisovietico.
Suo nonno cresciuto nel villaggio di Židikai vicino al confine con la Lettonia, non aveva amato, anche lui, New York.
- Le strade di Kaunas sono più pulite di quelle di New York che sono intasate di sporcizia
Aveva una foto color seppia di loro due. Una foto delle loro nozze. Suo nonno indossa un tuxedo con una papillon bianco su camicia bianca. Aveva i capelli impomatati e pettinati all’indietro com’era nella moda di quegli anni.
Sua nonna sorrideva con sorriso innocente. Aveva i capelli ricci coperti dal velo da sposa. In mano un bouquet di fiori bianchi, così grande che occupava tre quarti della foto. I suoi occhi brillavano.
Quella foto la incantava. Le faceva sognare quegli anni. La estraniava dal presente, dal fatto che Goda fosse affetta dal vizio di rubare nei negozi, che in quei giorni era il suo più grosso cruccio. Mentre era al lavoro l’avevano chiamata da un negozio dove la sorveglianza aveva sorpreso Goda mentre rubava. Era dovuta andare al negozio e vedere la registrazione. Vedere sua figlia mentre rubava. Era rimasta senza parole nel vedere con quanta calma aveva fatto tutto. E nemmeno si era turbata quando la guardia l’aveva avvicinata e fermata.
Né aveva pianto né aveva avuto paura. Nel video si vedeva bene, pareva quasi un fatto naturale essere fermata da una guardia della vigilanza e interrogata.
Ma perché lo faceva?
Perché rubava?
- Perché rubi? Che ti manca?
- Non lo so – era stata la sua risposta
E forse era vero. Forse veramente nemmeno lo sapeva. Ma perché era così? La separazione? Il fatto che lei lavorasse troppo, fino alle otto di sera e arrivasse a casa alle ventuno? Che doveva preparare la cena, era stanca e non ce la faceva a giocare con loro?
- Vorrei di più te, mamyte
- Ma come faremo, se io non lavoro? Se lavoro posso fare tante cose per voi. Comprarvi i vestiti, le scarpe, il cibo, mandarvi a scuola, alle gite…
Ma quel giorno su quell’autobus tutto era perfetto. Tutto era bello. Era un’isola di felicità.
La sua nonostante tutto, e nel bene o nel male, era una famiglia.
Era separata, ma era una famiglia. Aveva due figlie. Una madre e due figlie non fanno una famiglia? Era felice con loro, aveva scelto loro.
In certi momenti era difficile. Pochi soldi, le figlie non ubbidivano, Goda rubava…eppure non sarebbe mai voluta ritornare indietro.
Una volta in Lituania era male vivere senza un marito e le figlie senza un padre, ma i tempi erano cambiati ora.
Forse solo nelle piccole città di provincia era viva questa mentalità, non a Vilnius però.
Aveva messo al mondo loro, che sarebbero sopravvissute a lei. Erano la sua opera d’arte, il suo capolavoro. La testimonianza viva della sua esistenza, quando lei non ci sarebbe stata più in questo mondo, in questa Lituania che l’aveva partorita e era finora stato il suo unico universo.
Non era una terra di grandi cambiamenti il suo paese, da dopo l’indipendenza poco era accaduto. La gente emigrava, certo per i soldi, ma forse anche perché tutti emigrano e non si cercano soluzioni alternative per rimanere?
Grandi cambiamenti nel suo paese non ne vedeva e se vi erano stati non se n’era accorta.
Solo quella domenica le pareva il più grande cambiamento della sua vita: aveva scoperto che esistono isole di felicità in un paese dove nessuno sorride, o pochi sorridono.
Andrius Mamontovas diceva che è un piacere cantare le canzoni che la gente già conosce perché non vi è lo stress che provi quando ne testi di nuove.
Forse era così che in Lituania vi è più piacere nel non cambiare che nel cambiare. Nessuno vuole stress. C’è anche la paura di sbagliare, in Lituania non appena sbagli subito sei condannato senza appello.
Ma si condannano solo le persone semplici, non quelle importanti che guidano il paese e nonostante un passato ambiguo stanno ai vertici.
Dalia Grybauskaite, la presidente della Lituania, si vociferava da tempo che avesse lavorato per il KGB, che avesse frequentato dei corsi del Kgb a Leningrado. Ed erano voci insistenti e forse fondate. Eppure nonostante si concesso l’apertura di file sul passato comunista di altri politici mai si era risposto alle domande sul passato comunista della Presidente.
Published on July 14, 2017 00:49
July 11, 2017
On my next book: Parasites

When we think of parasites we think of bacteria or unicellular animals, or worms or other small-sized bodies that inhabit a body and exploit their resources to live or reproduce themselves.
Parasites are also this but not only this they are beliefs too, ideas, memes...that obstruct the proper functioning of a free mind, since they are by-products that evolve and spread, like viruses, using humans to propagate themselves for their own benefit and to the detriment of the people they inflict that push them in one direction instead of than in another.
How does globalization affect individuals? What choices do they have to make? Can individuals be simultaneously affected by real parasites (bacteria) and and mind-viruses? And what are consequences of this double imposition?
Published on July 11, 2017 02:54
July 9, 2017
Parassiti - l'africano

Firenze, abitazione privata ore 7,30 del mattino
Si alzò fece qualche passo. Andò in bagno. Aveva dolore all'intestino. Ma quello era ormai normale da qualche tempo.
Si sedé sulla tazza. Cercò di defecare per liberarsi del male.
Sembrava una mattina come tante altre. Una delle tante mattine che si era seduto sul water cercando di liberarsi del male.
Ma non lo era.
Si sentiva come abitato.
Sorrise a questo pensiero.
Abitato da chi? Da che?
Eppure quella era la sensazione.Che strano andare a letto in un modo e alzarsi e sentirsi mutato.
Mutato, era quella la parola corretta?
- Non lo so - si trovò a dire a voce alta - ma mi sembra
Che poteva essergli accaduto in una notte. Forse doveva ripensare al giorno precedente, a quello che aveva bevuto, mangiato.
Forse in quell'analisi avrebbe potuto trovare una spiegazione a quello che gli pareva ora un mutamento.
Forse era stato quell'africano.
Bergamo aeroporto di Orio al Serio
- Si avvicini per favore. Documenti per favore
L’africano si avvicinò ed estrasse il passaporto.Il finanziere prese il passaporto e cominciò a osservarlo. Con la coda dell’occhio guardò il capitano dei carabinieri che gli stava di fronte.
Il capitano capì. E si allontano verso la stanza dei controlli.
Il finanziere fece cenno ad un collega di prendere il suo posto e si diresse verso il capitano.
- Capitano per me questo ce l’ha
- Che te lo fa pensare? – domandò il capitano ma già il fatto che i colleghi dell’FBI avessero comunicato che aveva comprato un biglietto all’ultimo minuto e pagato in contanti lo aveva reso sospettoso. Era un soggetto probabile.
E poi il suo abbigliamento. Indossava un cappellino rosso e una cravatta rossa e faceva finta di leggere una bibbia che ostentava in modo troppo evidente. Segnali per qualcuno che lo aspettava fuori, agli arrivi e che doveva riconoscerlo per accompagnarlo da qualche parte
- Per me è un ovulatore capitano – i cani non avevano rilevato nulla ma il passaporto dell’africano era troppo strano. Tanti visti da paesi considerati a rischio. E questo volo partito da Laos, via Istanbul, poi Atene per Orio al Serio. Un volo strano
Il capitano e il finanziere ritornarono dall’uomo sorvegliato a vista dal collega.
- Per favore può aprire la valigia? – chiese il finanziere
L’africano non rispose. Si limitò a porgere la chiave.
Il finanziere l’aprì e iniziò l’ispezione.L’ispezione non diede nessun risultato.
- Dove ha comprato questa bottiglia di Whiskey?
- A Atene – rispose l’africano
- Ci segua
Il finanziere guardò il capitano dei carabinieri.
- Proceda – disse il capitano
Il finanziere aprì la bottiglia, mise del liquore in una provetta. Negativo. Non c’era cocaina sciolta nel liquore.
- Capitano questo è un ovulatore, mandiamolo a visita.
- Ci segua – profferì il capitano all’africano – la portaimo alla visita
Il finanziere sui avvicinò all’uomo per accompagnarlo ma l’africano si divincolò e tentò la fuga
Il capitano lo placcò ma il negro lo morse ad una guancia. Il capitano tuttavia non mollò la presa nonostante il dolore.
Firenze abitazione privata ore 8
Davanti allo specchio si osserva il volto. Non notava alcunché di scomposto, di alterato o mutato.
Non avrebbe dovuto preoccuparsi se non che lui non era lui. Era solo una sensazione. Nulla di più. Una sensazione leggera, impercettibile, eppure presente ma che sicuramente sarebbe presto passata dal momento che non riscontrava nulla che non fosse quello di sempre in sé stesso.
Published on July 09, 2017 23:10
July 5, 2017
The art of writing two books at the same time

One of the most common mantra of writers is that when you work on a text you can not deal with another text.Partially it is true. Partially not.To bring to completion a text obviously you must work almost exclusively on it but during its writing you can put it aside and work on another novel/tale that the text you decided to leave for a while inspired you to develop.This exercise leads you to broaden the horizons of your writing and story, takes you to improve your style reciprocally. Finally you will write two different books but with many points in common.This happened to me when I was writing "Rugile" that I interrupted several times to write "The smile of the Harlot".The two books are therefore connected, and as I have already said they are a saga of love with two different depths: bacterial love in "The smile of the Harlot" quantum love in "Rugile"
Published on July 05, 2017 00:32
June 30, 2017
Da "Il sorriso della meretrice" a "Rugìle" la mia saga sull'amore

Con "Il sorriso della Meretrice" e "Rugìle" ho messo a punto una saga sul sesso e l'amore, sulla corporeità e sulla forza di condizionamento di ciò che va oltre la superficie epidermica dei corpi su cui si riversano gli accadimenti dell'amore.
Ne "Il sorriso della meretrice" (microracconti ma che alla fine formano il racconto, il romanzo di una storia di amore che avviene per puzzles) arrivavo fino ai visceri e ai batteri che preparavano le reazioni della vita e la capacità di percepire l'amore. I batteri sottraevano in un certo senso la capacità di libero arbitrio al soggetto interessato dalla vita e dall'amore. Amori però in questo testo negativi e malamente illuminati da una piccola luce di speranza.
D'altronde la Speranza di cambiare il mondo e la vita apparteneva agli anni Settanta. Ora vi è solo la disposizione a subire la globalità, che in primo luogo va a colpire i visceri i batteri e la produzione dei succhi gastrici che predisporranno poi le reazioni agli eventi esterni.

In "Rugìle" scendo ancora più in profondità, l'amore viene visto alla luce dei sistemi semplici: i protoni, i neutroni, i fotoni...le particelle elementari.
Il soggetto più che in preda alla globalità che attacca i sistemi dell'intestino e le reazioni dei batteri interni ai visceri è parte di un programma universale e l'amore ne fa parte in forma di simmetria.
L'amore e il sesso fanno parte di questo programma. E si differenziano in quanto l'amore è una forma simmetrica che tende alla bellezza, il sesso invece fa parte di una funzione di onda entro cui è racchiuso un istinto che nel momento che viene percepito è già difficile da frenare perché già in atto.
Sono due testi ma una saga. La saga dell'amore per donne impossibili, per una vita che si svolge su piani diversi, in mondi diversi. Ogni amore è designato da uno stadio diverso: in "Il sorriso della meretrice" è l'amore batterico, in "Rugìle" è l'amore quantico.
Che il mondo batterico sia il punto di incontro fra quello quantico (realtà invisibile) e quello dei sistemi complessi (realtà visibile)?
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RugìleIl sorriso della meretrice
Published on June 30, 2017 05:55
June 27, 2017
Sono reali i personaggi di "Rugìle"?

Alle presentazioni del mio romanzo "Rugìle" la domanda più frequente è se i personaggi siano veri, realmente esistiti.
Come dice Proust un livre est le produit d'un autre moi que celui que nous manifestons dans nos habitudes, dans la société, dans nos vices, e con questa citazione potrei aver liquidato la verità sui personaggi di "Rugìle".
Ma non è così.
Credo che nessuno scriva senza essere ispirato da personaggi reali o fatti reali. Nemmeno i filosofi.
La filosofia Kant in un certo senso vive di "progettualità apriori" interiore, non essendosi Kant mai mosso da Königsberg per tutta la sua vita doveva proiettarsi in qualche modo nel mondo esterno già possedendolo interiormente per cui venisse a mancare in lui il desiderio di percorlo in lungo e largo, essendo il filosofo un sedentario.
In Heidegger d'altronde è difficile separare la sua filosofia dalla visione di fondo nazista che la domina a cui Heidegger aderì più o meno palesamente.
A maggior ragione gli scrittori di romanzi non possono esimersi da questo assioma.In "Rugìle" i personaggi importanti sono Ipazia, Camilla e Rugìle.
Ipazia non è mai esistita. Si nutre parzialmente di un personaggio reale che aveva anche ispirato "Il sorriso della meretrice" pubblicato precedentemente con David e Matthaus, per il resto è un patchwork di finzione e vari personaggi reali incontrati. Per certi aspetti si avvicina a Rugìle ma se ne differenzia per la mancanza di volontà radicale che domina la drammaticità di Rugìle.
Camilla è invece un personaggio al 90 percento reale. Solo ne sono state estremizzati gli atteggiamenti e esasperati i toni del vivere soprattutto muscolarmente e fisicamente, che già erano intensi nel personaggio vero.
Rugìle è reale al 15 percento. Il restante 85 percento è stato creato ad arte. Al tempo che scrivevo avevo in mente il dramma della Medea di Euripide e volevo creare perciò una Medea moderna. Il gioco del sesso come esemplificazione della forza quantica dell'istinto mi offriva questa possibilità e allora ho forzato i termini della radicalità che forse era già latente nel personaggio reale. Ho inoltre esasperato gli insegnamenti ricevuti in amore dal personaggio reale e li ho portati ad una distanza quasi irreale da quel personaggio.
Dovevo in qualche modo ringraziare il personaggio reale per tutto quello che mi aveva dato. E l'ho fatto con un'iperbole.
Questi personaggi sono stati creati secondo un detto abbastanza tipico di chi scrive: arrivi a un punto in cui il personaggio ti sfugge di mano, non lo controlli più, va oltre le tue intenzioni, segue una vita propria rispetto all'imput che gli hai inferto inizialmente...poi acquisterà una vita autonoma e indipendente e ti obbligherà ad assecondarlo perché ti indicherà la direzione della strada da seguire per lo sviluppo della storia a cui lavori.Ed è stato in effetti così. Anche questo è un assioma difficile da confutare.
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RugìleIl sorriso della meretrice
Published on June 27, 2017 02:45