Rachele Riccetto's Blog, page 15
March 5, 2024
GLI INVISIBILI – PAJTIM STATOVCI

Voto: 8/10
Edito: Sellerio
Arsim e Milos si incontrano per caso, seduti al tavolino di un bar.
E con un’occhiata si innamorano.
Ma il mondo è contro di loro: Arsim è albanese e Milos è serbo, vivono in Kosovo, e la guerra è ormai alle porte. A metà degli anni ’90 l’aria era tesa e carica di una violenza mal repressa, pronta ad esplodere in un conflitto terribile e sanguinario, che distruggerà un numero incalcolabile di vite.
Arsim e Milos si amano, passano mesi di gioia nascosta nel piccolo appartamento del serbo, celati agli occhi del mondo.
Arsim è sposato con una donna dalla quale ha anche avuto un figlio, ma sa che quella non è la vita per lui. Sogna di diventare uno scrittore e frequenta l’università, come Milos, che però vuole diventare un cardiochirurgo.
Si amano sotto le lenzuola che sono il loro nido sicuro, lontano da un mondo ostile.
Finché Arsim non è costretto ad abbandonare il Paese con la famiglia e Milos si arruola come medico, e le loro vite cadranno a pezzi.
Pajtim, fratello mio. Quanta sofferenza in un cuore così giovane.
Anche in questo romanzo, il dolore ci accompagna dalla prima all’ultima pagina, prende varie forme e nomi diversi, si mostra con violenza o si nasconde nell’ombra, ma percepiamo sempre la sua presenza costante, soffocante, straziante.
Quella che nasce come una storia d’amore, presto deve fare i conti con la realtà: negli anni ’90 due uomini non potevano amarsi liberamente, soprattutto se uno dei due era sposato, soprattutto in un Paese molto religioso ed omofobo, soprattutto con una guerra alle porte.
Il mondo esterno si scaglia contro i due giovani innamorati, così come le piccole cose della vita.
La storia ci viene narrata dal punto di vista di entrambi: Arsim ce la racconta dall’inizio, dal 1995, e Milos ci fa luce sugli orrori della guerra attraverso una serie di pagine di diario o di lettere a partire dal 2000, ricordando le gioie e i dolori della vita che non vivrà più.
E così, con la guerra del Kosovo come sfondo costante, ma mai protagonista, osserviamo la vita che distrugge due ragazzi dai grandi sogni, trasformandoli in qualcosa di diverso.
Arsim diventa un marito e un padre violento, e si ritrova a cercare quel contatto umano di cui aveva bisogno nei modi e nei luoghi più sbagliati; Milos assisterà ad orrori indicibili, che lo spezzeranno, facendolo sprofondare nel buio più tetro. Due esseri invisibili, due spettri. Due stranieri.
Una storia di amore e guerra, di dolcezza e rabbia, dal tocco violento e delicato.
La prima metà del romanzo mi è piaciuta di più, forse per un senso più malinconico e lontano, mentre nella seconda metà la storia sembra farsi più soppressa e repressa, imbottigliata e pronta ad esplodere.
La scrittura di Statovci nasconde piccole perle di ineguagliabile candore in un mare di vetri rotti e schegge taglienti, ma credo che mi avesse colpito di più in “Le transizioni”.
Seguiamo la storia dei due protagonisti principali che sbagliano e cadono e non chiedono scusa, che prendono e spezzano e mentono, e sappiamo sin dall’inizio che non c’è alcuna luce alla fine del tunnel, che nessuna speranza è abbastanza forte per contrastare questo destino nero.
Un romanzo crudo e affilato, sporco e crudele, che non ci prende per mano in questo viaggio, ma ci spinge in un baratro dal quale è impossibile risalire.
Pajtim, fratello mio, vedo il tuo dolore, comprendo il tuo dolore, condivido il tuo dolore, e sarò sempre alla fine dei tuoi libri.
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March 2, 2024
DUNE. PART TWO – DENIS VILLENEUVE

Voto: 9/10
Siamo tornati su Arrakis, nel momento esatto in cui l’avevamo lasciato: gli Harkonnen hanno attaccato Arrakeen, hanno sterminato gli Atreides ed ucciso il Duca Leto, ma non sanno che Paul e Jessica sono riusciti a sopravvivere.
I due si credevano soli nel deserto, ma si sono imbattuti in alcuni Fremen, guidati da Stilgar, il quale li ha condotti nel loro sietch.
Ed è così che ricomincia la storia: da una parte abbiamo il Barone Harkonnen e i suoi nipoti, Rabban e Fyed-Rautha, che tentano di riconquistare Arrakis e tornare ad estrarre quantità esorbitanti di spezia; dall’altra Paul e Jessica, che si adattano alla loro nuova vita nel deserto, imparano la lingua dei Fremen e le loro usanze, e combattono al loro fianco.
Jessica diventerà Reverenda Madre, riuscendo a sopravvivere al veleno dell’Acqua della Vita e Paul, assumendo il nome Fremen Muad’Dib, guiderà il popolo del deserto contro gli invasori, vestendo una carica sempre più mistica e profetica.
Che spettacolo di film.
Posso dire che Denis non delude mai? Io lo dico, perché è una cosa che penso da oltre un decennio.
Proprio come con il primo film, che narrava la prima metà del primo romanzo della serie di Herbert, anche questa volta è stato fatto un lavoro eccezionale per trasportare sul grande schermo una storia molto complessa, e assolutamente meravigliosa.
Visivamente il film è spettacolare, dal giallo caldo del deserto al nero gelido degli Harkonnen, dalle enormi distese di sabbia alle stanze fredde e spigolose, dagli angoli ruvidi dei seitch ai maestosi vermi della sabbia. Fraser è un vero maestro della fotografia.
I costumi sono curatissimi e belli da vedere, ognuno con il proprio significato particolare, ad indicare una certa fazione o casta, a sottolineare i rapporti di potere.
Le musiche, anche questa volta curate da Zimmer, sono eccezionali e ci vibrano dentro, riempiendo con la giusta intensità e con i giusti silenzi ogni parte della storia.
Mi è piaciuto molto anche il fatto che moltissimi dialoghi si svolgono nella lingua Fremen, una versione più estesa del Chakobsa, sviluppata appositamente per questo film, e che permette agli spettatori di immergersi ancora di più nel mondo rappresentato sullo schermo.
Gli attori sono tutti ottimi nei loro ruoli: da Dave Bautista nei panni di Rabban ad Austin Butler e il suo particolarmente psicopatico Feyd-Rautha; Javier Bardem è un ottimo Stilgar così come Rebecca Fergus (sempre meravigliosa) è fantastica nei panni di Jessica.
C’è anche Christopher Walken ad interpretare l’imperatore Padiscià Shaddam IV che, diciamo, è stata una scelta.
E poi, ovviamente, Timothée e Zendaya, che lavorano davvero bene insieme, e sanno dare voce e corpo a Paul e Chani.
Ovviamente la parte più importante del film è Paul, il suo percorso, la sua lotta contro una storia già segnata, il suo accettare definitivamente i panni di Messia, e per quanto anche qui le cose differiscono dal libro, devo dire che funzionano alla grande.
La riluttanza iniziale, la paura di una guerra religiosa, l’impossibilità di negare ciò che il popolo vede. Ottimo lavoro, non c’è molto altro da dire. Chalamet si comporta ottimamente nei panni di Muad’Dib, mostrandoci un Paul più adulto, più combattuto, più sofferente e vero.
Per quanto riguarda la storia, probabilmente ho commesso un piccolo errore: ho terminato la rilettura del libro poco più di 24 ore prima di recarmi al cinema, quindi la storia del romanzo era ancora fresca nella mia mente e si mescolava con quella che mi scorreva di fronte agli occhi.
Con questo non voglio dire che il film non mi sia piaciuto, ma che non me lo sono goduto come avrei dovuto (e potuto), perché continuavo a fare paragoni fra i due.
Ma quindi, quante differenze ci sono fra film e libro?
Bè, alcune ci sono ovviamente, ma direi che la storia centrale è stata rispettata ed onorata egregiamente.
Ovviamente alcune parti sono state tagliate o almeno accorciate (il ruolo delle Bene Gesserit nella pianificazione delle linee genetiche o la Gilda spaziale), così come alcuni personaggi sono stati cambiati (Chani ha un ruolo primario in questo film, e da non credente rifiuta di riconoscere Paul come il Lisan al-Gaib, il Messia, dando voce al messaggio che Herbert tentava di trasmettere con il suo libro in maniera chiara e vocale, criticando questa figura messianica e carismatica in grado di controllare le masse; Jessica incarna il ruolo delle Bene Gesserit che l’hanno preceduta, che con il dominio religioso controlla le masse e diffonde il verbo del Mahdi che condurrà i Fremen al Paradiso. Entrambi gli aspetti sono giusti, nel contesto generale della storia, nonostante cambino i personaggi originali; ma dopo averci riflettuto un po’, capisco la scelta fatta per trasmettere la profondità del pensiero in maniera breve e precisa, per adattarlo nel migliore dei modi al mezzo cinematografico e soprattutto per far giungere il suo messaggio a quanti più spettatori possibili.).
Ci sono grandi battaglie, scontri memorabili, una mirabile sequenza in bianco e nero, effetti speciali davvero spettacolari e, in generale, parecchia azione, dato che il film comincia in medias res e il ritmo non è rallentato da introduzioni avvenute nel capitolo precedente.
Alla fine, è un film all’altezza del libro?
Secondo la mia umilissima opinione, forse nulla lo sarà mai (Franky sempre nel cuore).
Ma almeno è all’altezza del capitolo precedente? No, è meglio.
Se non avete voglia di leggere tutto il libro, o se lo avete già letto e amato, andate al cinema, fatevi del bene.
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February 27, 2024
L’ODORE DELLA PAURA – MANUELA FANTI

Edito: Bertoni
Ringrazio infinitamente Manuela per avermi inviato una copia del suo libro!
Nel 2018, un crimine sconvolge la piccola comunità di Ezzano.
Siamo in un paese di montagna apparentemente tranquillo, e nessuno è pronto per ciò che sta per accadere: dietro la piccola chiesa di don Fausto, all’interno di una busta di plastica agganciata ad un ramo di un albero, vengono ritrovati i resti di un cadavere.
Il commissario Mizio Serra viene incaricato di risolvere il caso, con l’aiuto dell’agente Anita Longo. Si ritrovano così sulle tracce di un uomo che uccide ragazze giovani, le fa a pezzi e lascia che i lupi le sbranino.
Le indagini li condurranno a casa Sarti, e qui conosciamo la diciassettenne Alice, che vive un rapporto molto difficile con la madre Sonia, alcolizzata e incapace di gestire il rapporto con il marito assente e il figlio malato.
Segreti verranno svelati, si farà luce su un passato nascosto e oscuro, e la verità riuscirà a farsi strada fuori da quel bosco tenebroso.
Un indagine che tiene il lettore in sospeso, dall’inizio alla fine.
Passando velocemente da un punto di vista all’altro, seguiamo due storie che finiscono per incontrarsi in un punto: da una parte Serra e Longo, impegnati nell’indagine, e dall’altra Alice e Sonia, impegnate a cercare di mantenere insieme la loro famiglia.
Le due storie corrono parallele senza mai sfiorarsi per metà romanzo, quindi iniziano a convergere l’una verso l’altra, inesorabilmente.
Non posso dire che viaggino verso una risoluzione del mistero completamente inaspettata, ma che comunque funziona abbastanza bene.
I personaggi sono umani e fallaci, commettono errori e vanno in mille pezzi, aggiungendo un’altra dimensione alla storia.
Il commissario Serra è quello più sfaccettato, che ci mostra più lati di sé, dal poliziotto esperto al marito pentito, dal padre con un enorme buco al centro del petto in cui riversa tutto l’amore per il figlio scomparso all’uomo sarcastico e amichevole.
Gli altri sono un pochino più piatti, ognuno con un aspetto caratteriale a contraddistinguerli (Sonia e la sua autocommiserazione, Alice e il suo odio per sua madre), che tende a soverchiare ogni altra cosa e al tempo stesso non tocca il lettore nel profondo, perché non assistiamo al loro passato e al percorso che li ha portati fino a questo punto, ma soltanto al risultato finale.
Alla stessa maniera la rivelazione del colpevole non è un vero colpo di scena, e non restiamo sconvolti dalla notizia perché è un personaggio che non abbiamo fatto in tempo a conoscere, ma che abbiamo visto solo di sfuggita.
La storia però in generale funziona bene, con l’indagine che prosegue con qualche colpo di fortuna e qualche buona intuizione, avvolgendoci nelle sua spire oscure.
Mi è piaciuto molto che l’assassino, per una volta, non è il solito cattivo che spreca tempo in chiacchiere, a spiegare le proprie motivazioni alla sua vittima, ma passa direttamente ai fatti (cosa un po’ meno piacevole per l’agente sotto la sua lama, ma questi sono dettagli).
Lo stile di Fanti è molto semplice e diretto, punta dritto al lettore e trasmette un senso di realismo, soprattutto nei dialoghi.
Le descrizioni dei monti e dei casolari isolati ci trasportano in quelle zone tenebrose e spaventose, e ci sembra di sentire i rami degli alberi, lunghi e appuntiti, che ci artigliano e tentano di trattenerci.
Una storia di vendetta e di odio, di dolori lontani e mai dimenticati, di errori ed orrori, brutali e angoscianti.
Una storia di persone che cercano pace e pietà, che cercano il perdono, dagli altri e da sé stessi. Ma un segreto oscuro torna a farsi sentire, a reclamare vendetta.
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February 24, 2024
UOMINI DI POCA FEDE – NICKOLAS BUTLER

Voto: 9/10
Edito: Marsilio
Una storia che potrebbe benissimo essere ambientata al giorno d’oggi, cinque anni fa, dieci o venti.
Siamo in Wisconsin, nella piccola cittadina di Redford, in mezzo alla natura, alla quiete, immersi fino al collo in un’aria tiepida e frizzante.
Lyle Hovde ha ormai sessantacinque anni, è in pensione, e vive felicemente con sua moglie Peg.
Lavora saltuariamente nel frutteto di Otis e Mabel, e ogni tanto lascia che suo nipote Isaac lo accompagni. Lyle adora suo nipote, quel piccolo bambino di cinque anni, pieno di vita e di luce negli occhi. Sua figlia Shiloh, adottata in un momento buio e tremendo della vita della coppia, ha ritrovato un nuovo fervore religioso, che sembra allargare ancora di più il divario che si è creato fra lei e i suoi genitori.
Ma Lyle la ama con tutto il cuore, proprio come il piccolo Isaac, sua moglie Peg, il suo migliore amico Hoot, il pastore Charlie.
La vita di Lyle sembra aver raggiunto un precario equilibrio di pace e amore, che purtroppo non può durare a lungo.
Con il passare delle stagioni, osserviamo la vita che ritrova sempre la forza per andare avanti.
Un romanzo meraviglioso, un quadro mozzafiato, una storia incredibile.
Non conoscevo Butler, e per fortuna ho rimediato a questo errore.
Il romanzo inizia con una premessa relativamente normale: un uomo e suo nipote, una chiesa, un vecchio amico ammalato.
Sono questi gli elementi principali intorno ai quali gira la storia, eppure non possono neanche lontanamente racchiudere l’immensità di questo romanzo.
Attraverso una serie di eventi più o meno assurdi, più o meno comuni, Butler affronta in maniera dolce e pulita, profonda e sentita, degli argomenti spesso abusati: la fede, il lutto, l’amicizia, l’affetto di un genitore per un figlio, l’amore per la vita e per la natura.
Importantissimo il tema della fede, che qui viene analizzato sotto vari aspetti: c’è Lyle, che sente di aver quasi perso la fede dopo la perdita del suo bambino e c’è Shiloh che ha trovato la sua nuova chiesa e ha deciso di seguire il suo nuovo pastore e dedicargli tutta la sua vita, raggiungendo situazioni estreme.
La fede cristiana risalta con forza da ogni pagina del libro, senza mai strafare.
Dio è nel cambio delle stagioni, nella pioggia torrenziale e nel caldo torrido, nella bottiglia di vino de “l’ultima cena del condannato” e nella mela un po’ ammaccata, nell’esaltazione del fanatismo e nel silenzio del dubbio.
Altro tema fondamentale è quello dell’amicizia, come quella che unisce Lyle e Hoot, perché ogni tanto è bello sedersi di fianco ad una persona a cui si vuole bene, in silenzio, e lasciare che il tempo scorra via; o l’amicizia con Charlie, che li unisce nonostante le loro vite completamente diverse.
E ovviamente la famiglia: Lyle è un uomo innamorato di sua moglie, che ama sua figlia e adora suo nipote.
E non c’è niente al mondo che non farebbe per proteggerli, anche nelle situazioni più impensabili e terribili. E quando il fanatismo e l’incoscienza mettono in pericolo ciò che ha di più caro, Lyle è inarrestabile.
La caratterizzazione dei personaggi è davvero meravigliosa, ma Lyle è l’apice di tutto: non esiste al mondo un uomo migliore di Lyle Hovde, senza esagerazioni.
Ho letto questo romanzo con un costante senso di calore nel petto e sì, la scrittura è pulita e precisa, malinconica e scorrevole, ma non era per quello; la storia, ispirata da una vicenda realmente accaduta, è tremenda e toccante, ti spezza il cuore e ti fa dubitare della coscienza di certe persone, ma non era per quello; Lyle è un uomo buono, è un uomo che ha sofferto, ha amato, ha pianto, ha riso, ha lavorato, ed è rimasto una persona buona.
Una persona che aiuta il prossimo, che cerca costantemente un modo per aiutare le persone che lo circondano, che tenta di annegare il proprio dolore con l’amore per gli altri.
Lyle è un personaggio incredibilmente umano, come tanti altri, eppure completamente diverso.
Una lettura dolce e straziante, malinconica e commovente, che fa riflettere e che consiglio, semplicemente, a tutti.
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February 21, 2024
IL TEATRO FANTASMA – MAT OSMAN

Voto: 6/10
Edito: Blu Atlantide
Londra elisabettiana, corse a perdifiato sui tetti delle case.
Shay, giovane ragazza che lavora consegnando messaggi in giro per la città vestita da ragazzo, e fa parte della comunità degli Aviscultan, il culto degli uccelli, incontra per caso Nonesuch, giovane attore della compagnia dei Blackfrias Boys, e da quel momento la sua vita cambia.
Improvvisamente Shay si ritrova prima dietro le quinte del teatro, a suggerire le battute agli attori sul palco, e poi lei stessa in scena, ad attirare folle enormi con le sue profezie.
La regina Elisabetta stessa viene a conoscenza dei loro nomi, segnando i loro destini.
E così, mentre Shay e Nonesuch si muovono per la città in compagnia dei loro amici, mettendo in scena gli spettacoli itineranti del Teatro Fantasma e accrescendo sempre di più la loro fama, per poi spostarsi in giro per l’Inghilterra, i nemici si fanno sempre più vicini e pericolosi, o forse sono sempre stati nascosti dietro a sorrisi amichevoli.
Avrei tanto, tanto, tanto voluto amare questo libro.
E invece è stata una lettura lenta, e vuota, abbastanza noiosa e scontata, che si è protratta per più di due mesi ed ho terminato a fatica, soltanto perché non mi piace lasciare i libri a metà.
La Londra nella quale si svolge la storia non ha niente di eccezionale: da una parte la povertà più assoluta, e dall’altra la ricchezza più lasciva; da una parte chi può permettersi di comprare dei giovani per soddisfare i propri piaceri, e dall’altra i giovani che vengono comprati.
Nebbia, sporcizia, paglia sporca e legno marcio, ma niente che resti davvero nel cuore.
La storia principale è parecchio vuota, parecchio noiosa, e abbastanza prevedibile.
Shay e Nonesuch si innamorano velocemente e senza cuore, prima li inseguiamo sui tetti della città e un attimo dopo ci rotoliamo nella cuccetta chiusa da una tenda, e non c’è niente di davvero emozionante.
Soprattutto perché Nonesuch dovrebbe essere un personaggio affascinante e irriverente, il ragazzo bellissimo e talentuoso, che ha vissuto una vita difficile ma ha conservato il suo cuore d’oro, e invece risulta soltanto spocchioso, una macchietta già vista mille volte, il cui sviluppo alla fine prende una piega che dovrebbe essere inaspettata, per giungere al colpo di scena, e invece è semplicemente insensata.
Cioè, io un po’ me l’aspettavo, onestamente, perché il personaggio è scritto esattamente in quella maniera che utilizzano gli autori per “confondere”, ammaliare e tagliare, ma secondo me non funziona.
Shay è il personaggio più interessante, sì, ma in un mare di niente non è così difficile.
Anche di lei sappiamo poco niente, così come del culto degli Aviscultan.
“Gli uccelli sono dèi, e gli dèi sono uccelli.” Sì ma, quindi? Non ci viene spiegato niente, né come è nato questo culto, né su cosa si basa, né come funzionano i riti, fatta eccezione per la murmuration, durante la quale la sacerdotessa (in questo caso Shay) ha delle visioni sul futuro. Sì ma, perché? Che poi Shay è inutile anche in questo compito, perché all’inizio non sa come avere le visioni, poi scopre che quando si esibisce a teatro ed inizia a cantare entra in una specie di trance e canta le sue profezie, ma noi non assistiamo mai davvero a nessuna di queste, perché Shay perde i sensi e non sa cosa succede.
In pratica la magia non esiste in questo romanzo che mi era stata furbescamente venduto come “fantastico” e “magico”, perché avere vaghe premonizioni non è sintomo di poteri magici, soprattutto se il lettore non può neanche assistervi.
La maggior parte della storia si concentra nell’ultima porzione del romanzo che quindi risulta più concentrata e movimentata, ma anche più confusa.
Perdiamo completamente di vista tutti i personaggi principali tranne Shay e un altro ragazzo, che tra l’altro non era neanche lontanamente uno dei più interessanti fino a quel momento, quindi restano la protagonista e quest’ombra senza forza e senza nome, che non ispira nessun sentimento.
Mi sono piaciute alcune immagini utilizzate da Osman per descrivere la città, ma in generale anche il suo stile risulta forzato e non riesce a trasmettere il livello di poesia che cercava di raggiungere.
Davvero un peccato, perché le premesse erano buone, ma purtroppo si è rivelata una delusione quasi completa.
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February 17, 2024
MONTANA 1948 – LARRY WATSON

Voto: 8/10
Edito: Mattioli 1885
Siamo in Montana, durante l’estate del 1948.
Nella piccola cittadina di Bentrock la vita è tranquilla e un vento continuo spazza le vie.
David ha dodici anni e vorrebbe passare tutto il suo tempo in campagna, a cavalcare, a vivere libero. Suo padre, però, seguendo la tradizione di famiglia, è lo sceriffo della città, e sua madre la segretaria del tribunale, e così devono vivere in città.
Quell’estate però, la sua vita cambierà per sempre.
Dal momento in cui la sua governante, la nativa Sioux Marie Piccolo Soldato, si ammalerà di polmonite, il suo mondo inizierà a sgretolarsi, portando a galla verità terribili e costringendolo a guardare il mondo intero in generale, e la sua famiglia in particolare, con occhi diversi.
Questo scritto da Watson, è un breve romanzo molto intenso e molto suggestivo, che sin dalle prime pagine cattura l’attenzione del lettore con forza e, magistralmente, si dipana di fronte ai nostri occhi come un meraviglioso film western dalle tinte fosche.
La sua penna, così chiara e netta, precisa e brillante, ci trasporta proprio lì, in quelle lande spazzate dal vento, su quella terra dura che rende la vita ancora più difficile, e ci costringe ad affrontare verità troppo spesso ignorate.
Gli eventi principali della storia ruotano intorno allo zio di David, Frank, un uomo rispettato, il dottore della città, un eroe di guerra e grande atleta, e le accuse che ricadono improvvisamente su di lui.
Partendo da questo punto, Watson indaga alla perfezione nella mente dei suoi personaggi: c’è Wes, il padre di David, che inizialmente tenta di opporsi alle accuse, vorrebbe con tutto sé stesso poter non credere ad ogni dito puntato contro suo fratello, ma la cui rettitudine e senso di giustizia lo costringeranno ad affrontare di petto la realtà; c’è Gail, la madre di David, che conosce fin troppo bene il mondo e sa da che parte sta la verità; ci sono i genitori di Frank e Wes, pronti a giustificare il loro figlio preferito e a tentare di tutto per proteggerlo; e c’è David, che ad appena dodici anni scopre cosa nasconde il mondo sotto ad un leggero strato di perbenismo e menzogne, e malcelato razzismo.
Una storia che in appena 140 pagine riesce a farci appassionare e tremare di rabbia, emozionare e riflettere.
Un David ormai cresciuto ci racconta la storia che ha cambiato per sempre la sua infanzia, e la sua vita: questo libro è un romanzo di formazione con qualche tratto del racconto famigliare e un po’ del dramma psicologico.
Tutta la sua forza sta nell’eleganza asciutta e poetica della scrittura di Watson e nella forza dei suoi messaggi, che ci portano a ragionare sulla verità (celata o meno), sui legami di famiglia, sugli abusi di potere e il razzismo, su quanto sia difficile a volte fare ciò che è giusto.
Una lettura davvero incantevole, potente, coinvolgente, che scorre davanti ai nostri occhi come un film che vorremmo continuare a guardare per ore, e si lascia dietro una scia di segreti, spazzata via dal vento.
Credo sia giunta l’ora di recuperare qualche altra opera di Watson.
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February 14, 2024
ANIME IN CAOS – DENNY RUBINO

Ringrazio tantissimo Denny per avermi inviato una copia del suo libro!
Torino è una città viva, piena di persone, avvenimenti, sentimenti.
E in questo romanzo ci troviamo a seguire alcuni dei suoi abitanti: c’è Michele, innamorato di Alessandra e con un passato complicato alle spalle; c’è Alessandra, che sogna di partire per la Spagna e di vivere una vita piena di avventure; c’è Claudio, direttore di un’agenzia pubblicitaria di successo, che non sa come affrontare i problemi che vengono a galla nel suo matrimonio per paura di perdere i suoi figli; c’è Mattia, famoso e rinomato designer che non vuole legarsi troppo a nessun posto; Omar, in procinto di laurearsi in psicologia e desideroso di trovare il grande amore; Vanessa, con una vita di successo e un matrimonio alle porte che pur non sembrano in grado di donarle la felicità che cerca.
Intorno a loro si muovono moltissime altre voci, genitori e amici, fratelli e sorelle, fidanzati e amanti, per creare un quadro variopinto e vivace, vibrante, caloroso.
Un romanzo relativamente semplice, questo di Rubino, che ci fa viaggiare fin nelle parti più profonde degli animi dei protagonisti.
Torino non è soltanto l’ambientazione principale, ma è un po’ spettatrice e un po’ protagonista essa stessa, con i suoi vicoli e i suoi parchi, le sue strade trafficate e le piazze, e ci sembra quasi di trovarci proprio lì.
I personaggi vivono vite piuttosto normali, ma è il loro mondo interiore che esploriamo.
Purtroppo le voci tendono un po’ a mischiarsi, a risultare simili fra loro, tutte ugualmente profonde e amorevoli e molto sagge, indifferentemente da età e situazioni, facendo perdere un po’ di spessore ai protagonisti.
Il linguaggio di Rubino è ricercato e si sente il desiderio di esprimersi quasi in maniera raffinata, una scelta che purtroppo va a pesare sulla scorrevolezza del testo e sulla scioltezza dei dialoghi, e il tutto risulta un po’ macchinoso e a tratti forzatamente solenne.
Questo è un romanzo di narrativa che fa leva principalmente sull’aspetto romance delle storie narrate (con tutti i personaggi in cerca del grande amore e una quantità, per i miei gusti, esagerata di scene di sesso in luogo pubblico), e quindi non rientra precisamente fra i miei generi preferiti.
Sono felice, comunque, di averlo letto, perché oltre al modo interessante in cui Rubino ha sviluppato le storie, intrecciandole in maniera leggera, mi è piaciuto molto il finale, che non punta dritto al lieto fine, ma prende una piega più variegata, più reale, più umana.
Una lettura piacevole, soprattutto per le persone dall’animo romantico, che lascia nel lettore un messaggio di rivincita e rinascita, di infinite possibilità e del coraggio necessario per affrontare la vita.
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February 10, 2024
LA CAMERA AZZURRA – GEORGES SIMENON

Voto: 9/10
Edito: Adelphi
Un uomo e una donna, nudi, in una camera dalle pareti azzurre inondata di luce.
Si scambiano parole all’apparenza innocenti, o almeno è quello che pensa lui.
La donna è Andrée, sposata con Nicolas, e innamorata da sempre dell’uomo nella camera azzurra, Toni, che però è sposato con Gisele.
Si sono persi di vista dai tempi della scuola, ma Andrée non l’ha mai dimenticato.
E per quasi un anno portano avanti una relazione segreta, incontrandosi di nascosto nell’albergo del fratello di Toni, nella camera azzurra che li libera e li unisce.
Ma Andrée vuole di più, e Toni capirà troppo tardi cosa sta succedendo.
Che romanzo meraviglioso!
Conosco ancora poco Simenon, ma credo che per ora questo sia il mio preferito.
Simenon è sempre una penna superba, asciutta e tagliente, quasi scarna eppure mai carente; vorresti averne sempre di più, nonostante quello che ti dona sia immenso.
La storia ci viene raccontata da Toni, e il racconto non inizia proprio in medias res, quanto più verso la fine: tutti i fatti principali sono già accaduti, Toni è stato arrestato, assistiamo ai suoi interrogatori e riviviamo gli eventi passati attraverso tanti flashback.
La storia, dunque, si dipana di fronte a noi attraverso lo sguardo di Toni, risultando così sempre leggermente fuori asse, mai completamente centrata ed oggettiva, come se osservassimo un quadro da sopra la spalla di qualcuno, leggermente di sbieco.
Scopriamo così cos’è successo, o almeno secondo Toni.
E ci viene abbastanza naturale credergli, fidarci delle sue parole, provare il suo sgomento, cadere nel suo panico e tremare per la sua rabbia, ma non ci dimentichiamo mai che questo è il suo racconto, il suo punto di vista.
Anche leggendo altre recensioni, sembra che la maggior parte delle persone veda Toni come un uomo che è “caduto” nella trappola di Andrée, una femme fatale ossessionata da questa enorme passione.
Eppure per me non è tutto così chiaro e lineare, soprattutto a causa di una mezza frase pronunciata da Andrée durante un interrogatorio congiunto dei due.
Insomma, come sempre Simenon va interpretato, e credo sia semplicemente fantastico.
Toni è un uomo qualunque, con una moglie e una figlia a cui vuole bene, che non disdegna l’occasionale storiella e finisce per fare un passo falso.
Come sempre, Simenon scava nel suo personaggio e riesce ad estrarne un mondo intero, di paure e sogni e rimorsi e gioie e dolori, tutto in meno di 200 pagine.
La storia è densa, i pochi personaggi si muovono in pochi spazi ristretti e sembrano saltare fuori dalle pagine.
Fuori da quella camera azzurra, che conteneva tanti segreti e tanta passione.
Una storia che a tratti si fa carnale, la passione ossessiva è un fulcro portante della storia.
Ed è Andrée ad incarnare quella passione, quel desiderio totale e letale, o almeno è così che impariamo a conoscerla attraverso gli occhi di Toni.
Un romanzo coinvolgente e pieno di suspense, quella vera, che ti tiene col fiato sospeso, che ti rivela i fatti un poco alla volta, senza mai mostrare completamente la propria mano, ma giocando sempre come un vero e proprio maestro.
Simenon, ogni libro è una vera opera d’arte.
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February 6, 2024
THE OLEANDER SWORD – TASHA SURI

Voto: 7/10
Edito: Orbit
È passato un anno ormai da quando Malini, a seguito della profezia del dio Senzanome, si è proclamata imperatrice e Priya è diventata una sacerdotessa del tempio, dopo aver attraversato tre volte le acque immortali ed essere sopravvissuta.
Un anno intero in cui le due hanno combattuto per portare a termine i propri progetti: sconfiggere Chandra e conquistare definitivamente il trono, per Malini; aiutare Ayrania e tutto il suo popolo a raggiungere la stabilità e liberare definitivamente la sua nazione dal morbo, per Priya.
Ma quando Malini si ritrova bloccata con il suo esercito alle porte di Saketa, tenendo sotto assedio una città all’apparenza inespugnabile, dovrà chiedere aiuto a Priya e sperare che i suoi poteri possano aiutarla a vincere.
Mi era mancato davvero tanto camminare nel Parijatdvipa.
A differenza del primo volume, questa volta ci troviamo al centro della guerra, sul campo di battaglia, a studiare mappe e progettare invasioni, a combattere fianco a fianco con arcieri, fanti e cavalieri.
Così come nel primo la scrittura di Suri riusciva a trasmettere l’oscurità che si nascondeva nella natura, questa volta riesce bene a mostrarci la violenza degli scontri, e ci sembra quasi di poter sentire l’odore di sangue e ferro che permea l’aria.
Le battaglie sono forse un po’ troppo facili, ma Suri ha tentato di concentrarsi sugli aspetti politici nelle tende ai bordi dei campi di battaglia, quindi non mi lamenterò troppo.
La scrittura di Suri è sempre uno dei punti forte dei suoi libri, così poetica e musicale, floreale e barocca (anche se più piatta del primo libro, con alcune immagini ripetute spesso e volentieri).
Suri cerca sempre immagini delicate per descrivere le scene cruente che sembrano uscire direttamente dai miei incubi (ho problemi con immagini tipo “fiori che escono dagli occhi”, “le persone scavate e svuotate dal morbo”, “le piante che crescono dentro il corpo”. Mi vengono i brividi di disgusto solo ad immaginarli) ed io la amo/odio per questo.
Uno dei personaggi che ho apprezzato di più in questo secondo capitolo è Bhumika, così impegnata come madre sia del suo popolo che di sua figlia, come sorella di Priya, come guida spirituale, e che SPOILER decide di sacrificarsi per tutti…ho pianto, lo ammetto FINE SPOILER.
Il ritorno degli yaksa è un’altra cosa che non mi aspettavo minimamente, ed ho apprezzato moltissimo. Queste figure così oscure e di puro potere, da una parte sono stati i personaggi più interessanti da seguire, dall’altra hanno fatto sorgere un grande dubbio in me: “ma se gli yaksa sono davvero così, violenti e potenti e brutali, perché sono tanti venerati in Ayrania? Semplicemente perché è passato troppo tempo dalla Guerra dei Fiori e nessuno ricorda più com’erano in realtà? Mi sembra una spiegazione troppo semplicistica”.
Mi è piaciuto molto anche seguire il punto di vista di Chandra: sappiamo che è il cattivo ed è spietato e tutto il resto, ma mi è piaciuto osservare il modo in cui trova una spiegazione logica per le sue azioni, le giustificazioni religiose e politiche che lo spingono a proseguire lungo la sua strada.
Non mi sono piaciute per niente Malini e Priya, invece.
Cioè, io ho aspettato un anno prima di leggere questo libro, me lo pregustavo ben bene…per questo??
Malini è tormentata costantemente dal pensiero che gli uomini intorno a lei non la rispettino quanto avrebbero rispettato i suoi fratelli e dall’autodefinirsi “un mostro”, “spietata”, tutte quelle cose che diceva già sul primo libro e…ma dove? Non c’è assolutamente niente di moralmente grigio in lei, ed odio che venga costantemente dipinta in quella maniera, quando non ci sono ambiguità in lei: vuole il potere e basta.
Così come il fatto che venga definita così intelligente e astuta e ambiziosa, ma risulta principalmente debole e piatta, tutto il suo carisma fa leva sulla profezia di Rao.
Priya, invece, è semplicemente inutile: o segue Malini come un cucciolo in cerca d’affetto o usa troppo potere e sviene.
E poi, ho capito che la storia tra Malini e Priya non è il punto centrale della storia, però però però…350 PAGINE PER UN BACIO??? Tasha ti odio.
Il finale mi è piaciuto abbastanza, ma non mi ha convinto del tutto (SPOILER Priya deve uccidere Malini o gli yaksa uccideranno tutti quelli che ama, e lei che fa? La pugnala in “maniera non mortale” e dice “vabè, dovrà bastare”. Ma no, ma se gli yaksa ti sterminano la nazione hanno ragione, mica puoi fare come ti pare! FINE SPOILER).
Credo che le cose prenderanno una piega molto interessante nel terzo capitolo, che leggerò sicuramente. Questo purtroppo, nel totale, è stato un po’ una delusione, ma non abbastanza da allontanarmi dalla serie.
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February 1, 2024
IL PRIMO ROMANZO DI DENNY RUBINO
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il primo romanzo di Denny Rubino, che mi è stato gentilmente inviato dall’autore, e pubblicato ad agosto del 2023.

«Quella notte non si era portata via solo il giorno, ma anche il loro amore, tramontato insieme al sole di giugno.»
Vanessa vive una vita di successo apparente, ma sotto la superficie, è intrappolata in una monotonia soffocante. La sua routine viene sconvolta quando incontra Omar, un uomo che porta con sé una scintilla di passione e coraggio.
Michele e Alessandra, con l’innocenza dei loro diciotto anni, la voglia di scappare dalle proprie famiglie e da se stessi, si scontreranno con le proprie debolezze prima di diventare adulti.
Mattia e Claudio non sono solo grandi amici, ma anche confidenti e colleghi. Entrambi annegano in relazioni ferme quando forse è arrivato il momento di dare una svolta radicale alle loro esistenze. Ci riusciranno?
Anime in Caos esplora come le scelte di vita possano intrecciarsi e scontrarsi, sotto lo sguardo di una città che sembra osservarli da vicino.
Questo romanzo appassionante ti farà immergere in storie ricche di coraggio e paure, dove ognuno cercherà di raggiungere il proprio destino in un mondo in rapido cambiamento.

BIO: Denny Rubino è nato a Moncalieri il 10 luglio del 1987, dopo gli studi entra nel mondo dell’editoria dove sviluppa la sua passione per i libri nata anche grazie all’attività decennale svolta dalla propria famiglia nel settore.
Collabora in prima persona alla realizzazione finale di progetti editoriali fino a quando decide di dedicarsi completamente alla scrittura.
Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.
Presto la recensione!
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