Rachele Riccetto's Blog, page 16
February 24, 2024
UOMINI DI POCA FEDE – NICKOLAS BUTLER

Voto: 9/10
Edito: Marsilio
Una storia che potrebbe benissimo essere ambientata al giorno d’oggi, cinque anni fa, dieci o venti.
Siamo in Wisconsin, nella piccola cittadina di Redford, in mezzo alla natura, alla quiete, immersi fino al collo in un’aria tiepida e frizzante.
Lyle Hovde ha ormai sessantacinque anni, è in pensione, e vive felicemente con sua moglie Peg.
Lavora saltuariamente nel frutteto di Otis e Mabel, e ogni tanto lascia che suo nipote Isaac lo accompagni. Lyle adora suo nipote, quel piccolo bambino di cinque anni, pieno di vita e di luce negli occhi. Sua figlia Shiloh, adottata in un momento buio e tremendo della vita della coppia, ha ritrovato un nuovo fervore religioso, che sembra allargare ancora di più il divario che si è creato fra lei e i suoi genitori.
Ma Lyle la ama con tutto il cuore, proprio come il piccolo Isaac, sua moglie Peg, il suo migliore amico Hoot, il pastore Charlie.
La vita di Lyle sembra aver raggiunto un precario equilibrio di pace e amore, che purtroppo non può durare a lungo.
Con il passare delle stagioni, osserviamo la vita che ritrova sempre la forza per andare avanti.
Un romanzo meraviglioso, un quadro mozzafiato, una storia incredibile.
Non conoscevo Butler, e per fortuna ho rimediato a questo errore.
Il romanzo inizia con una premessa relativamente normale: un uomo e suo nipote, una chiesa, un vecchio amico ammalato.
Sono questi gli elementi principali intorno ai quali gira la storia, eppure non possono neanche lontanamente racchiudere l’immensità di questo romanzo.
Attraverso una serie di eventi più o meno assurdi, più o meno comuni, Butler affronta in maniera dolce e pulita, profonda e sentita, degli argomenti spesso abusati: la fede, il lutto, l’amicizia, l’affetto di un genitore per un figlio, l’amore per la vita e per la natura.
Importantissimo il tema della fede, che qui viene analizzato sotto vari aspetti: c’è Lyle, che sente di aver quasi perso la fede dopo la perdita del suo bambino e c’è Shiloh che ha trovato la sua nuova chiesa e ha deciso di seguire il suo nuovo pastore e dedicargli tutta la sua vita, raggiungendo situazioni estreme.
La fede cristiana risalta con forza da ogni pagina del libro, senza mai strafare.
Dio è nel cambio delle stagioni, nella pioggia torrenziale e nel caldo torrido, nella bottiglia di vino de “l’ultima cena del condannato” e nella mela un po’ ammaccata, nell’esaltazione del fanatismo e nel silenzio del dubbio.
Altro tema fondamentale è quello dell’amicizia, come quella che unisce Lyle e Hoot, perché ogni tanto è bello sedersi di fianco ad una persona a cui si vuole bene, in silenzio, e lasciare che il tempo scorra via; o l’amicizia con Charlie, che li unisce nonostante le loro vite completamente diverse.
E ovviamente la famiglia: Lyle è un uomo innamorato di sua moglie, che ama sua figlia e adora suo nipote.
E non c’è niente al mondo che non farebbe per proteggerli, anche nelle situazioni più impensabili e terribili. E quando il fanatismo e l’incoscienza mettono in pericolo ciò che ha di più caro, Lyle è inarrestabile.
La caratterizzazione dei personaggi è davvero meravigliosa, ma Lyle è l’apice di tutto: non esiste al mondo un uomo migliore di Lyle Hovde, senza esagerazioni.
Ho letto questo romanzo con un costante senso di calore nel petto e sì, la scrittura è pulita e precisa, malinconica e scorrevole, ma non era per quello; la storia, ispirata da una vicenda realmente accaduta, è tremenda e toccante, ti spezza il cuore e ti fa dubitare della coscienza di certe persone, ma non era per quello; Lyle è un uomo buono, è un uomo che ha sofferto, ha amato, ha pianto, ha riso, ha lavorato, ed è rimasto una persona buona.
Una persona che aiuta il prossimo, che cerca costantemente un modo per aiutare le persone che lo circondano, che tenta di annegare il proprio dolore con l’amore per gli altri.
Lyle è un personaggio incredibilmente umano, come tanti altri, eppure completamente diverso.
Una lettura dolce e straziante, malinconica e commovente, che fa riflettere e che consiglio, semplicemente, a tutti.
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February 21, 2024
IL TEATRO FANTASMA – MAT OSMAN

Voto: 6/10
Edito: Blu Atlantide
Londra elisabettiana, corse a perdifiato sui tetti delle case.
Shay, giovane ragazza che lavora consegnando messaggi in giro per la città vestita da ragazzo, e fa parte della comunità degli Aviscultan, il culto degli uccelli, incontra per caso Nonesuch, giovane attore della compagnia dei Blackfrias Boys, e da quel momento la sua vita cambia.
Improvvisamente Shay si ritrova prima dietro le quinte del teatro, a suggerire le battute agli attori sul palco, e poi lei stessa in scena, ad attirare folle enormi con le sue profezie.
La regina Elisabetta stessa viene a conoscenza dei loro nomi, segnando i loro destini.
E così, mentre Shay e Nonesuch si muovono per la città in compagnia dei loro amici, mettendo in scena gli spettacoli itineranti del Teatro Fantasma e accrescendo sempre di più la loro fama, per poi spostarsi in giro per l’Inghilterra, i nemici si fanno sempre più vicini e pericolosi, o forse sono sempre stati nascosti dietro a sorrisi amichevoli.
Avrei tanto, tanto, tanto voluto amare questo libro.
E invece è stata una lettura lenta, e vuota, abbastanza noiosa e scontata, che si è protratta per più di due mesi ed ho terminato a fatica, soltanto perché non mi piace lasciare i libri a metà.
La Londra nella quale si svolge la storia non ha niente di eccezionale: da una parte la povertà più assoluta, e dall’altra la ricchezza più lasciva; da una parte chi può permettersi di comprare dei giovani per soddisfare i propri piaceri, e dall’altra i giovani che vengono comprati.
Nebbia, sporcizia, paglia sporca e legno marcio, ma niente che resti davvero nel cuore.
La storia principale è parecchio vuota, parecchio noiosa, e abbastanza prevedibile.
Shay e Nonesuch si innamorano velocemente e senza cuore, prima li inseguiamo sui tetti della città e un attimo dopo ci rotoliamo nella cuccetta chiusa da una tenda, e non c’è niente di davvero emozionante.
Soprattutto perché Nonesuch dovrebbe essere un personaggio affascinante e irriverente, il ragazzo bellissimo e talentuoso, che ha vissuto una vita difficile ma ha conservato il suo cuore d’oro, e invece risulta soltanto spocchioso, una macchietta già vista mille volte, il cui sviluppo alla fine prende una piega che dovrebbe essere inaspettata, per giungere al colpo di scena, e invece è semplicemente insensata.
Cioè, io un po’ me l’aspettavo, onestamente, perché il personaggio è scritto esattamente in quella maniera che utilizzano gli autori per “confondere”, ammaliare e tagliare, ma secondo me non funziona.
Shay è il personaggio più interessante, sì, ma in un mare di niente non è così difficile.
Anche di lei sappiamo poco niente, così come del culto degli Aviscultan.
“Gli uccelli sono dèi, e gli dèi sono uccelli.” Sì ma, quindi? Non ci viene spiegato niente, né come è nato questo culto, né su cosa si basa, né come funzionano i riti, fatta eccezione per la murmuration, durante la quale la sacerdotessa (in questo caso Shay) ha delle visioni sul futuro. Sì ma, perché? Che poi Shay è inutile anche in questo compito, perché all’inizio non sa come avere le visioni, poi scopre che quando si esibisce a teatro ed inizia a cantare entra in una specie di trance e canta le sue profezie, ma noi non assistiamo mai davvero a nessuna di queste, perché Shay perde i sensi e non sa cosa succede.
In pratica la magia non esiste in questo romanzo che mi era stata furbescamente venduto come “fantastico” e “magico”, perché avere vaghe premonizioni non è sintomo di poteri magici, soprattutto se il lettore non può neanche assistervi.
La maggior parte della storia si concentra nell’ultima porzione del romanzo che quindi risulta più concentrata e movimentata, ma anche più confusa.
Perdiamo completamente di vista tutti i personaggi principali tranne Shay e un altro ragazzo, che tra l’altro non era neanche lontanamente uno dei più interessanti fino a quel momento, quindi restano la protagonista e quest’ombra senza forza e senza nome, che non ispira nessun sentimento.
Mi sono piaciute alcune immagini utilizzate da Osman per descrivere la città, ma in generale anche il suo stile risulta forzato e non riesce a trasmettere il livello di poesia che cercava di raggiungere.
Davvero un peccato, perché le premesse erano buone, ma purtroppo si è rivelata una delusione quasi completa.
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February 17, 2024
MONTANA 1948 – LARRY WATSON

Voto: 8/10
Edito: Mattioli 1885
Siamo in Montana, durante l’estate del 1948.
Nella piccola cittadina di Bentrock la vita è tranquilla e un vento continuo spazza le vie.
David ha dodici anni e vorrebbe passare tutto il suo tempo in campagna, a cavalcare, a vivere libero. Suo padre, però, seguendo la tradizione di famiglia, è lo sceriffo della città, e sua madre la segretaria del tribunale, e così devono vivere in città.
Quell’estate però, la sua vita cambierà per sempre.
Dal momento in cui la sua governante, la nativa Sioux Marie Piccolo Soldato, si ammalerà di polmonite, il suo mondo inizierà a sgretolarsi, portando a galla verità terribili e costringendolo a guardare il mondo intero in generale, e la sua famiglia in particolare, con occhi diversi.
Questo scritto da Watson, è un breve romanzo molto intenso e molto suggestivo, che sin dalle prime pagine cattura l’attenzione del lettore con forza e, magistralmente, si dipana di fronte ai nostri occhi come un meraviglioso film western dalle tinte fosche.
La sua penna, così chiara e netta, precisa e brillante, ci trasporta proprio lì, in quelle lande spazzate dal vento, su quella terra dura che rende la vita ancora più difficile, e ci costringe ad affrontare verità troppo spesso ignorate.
Gli eventi principali della storia ruotano intorno allo zio di David, Frank, un uomo rispettato, il dottore della città, un eroe di guerra e grande atleta, e le accuse che ricadono improvvisamente su di lui.
Partendo da questo punto, Watson indaga alla perfezione nella mente dei suoi personaggi: c’è Wes, il padre di David, che inizialmente tenta di opporsi alle accuse, vorrebbe con tutto sé stesso poter non credere ad ogni dito puntato contro suo fratello, ma la cui rettitudine e senso di giustizia lo costringeranno ad affrontare di petto la realtà; c’è Gail, la madre di David, che conosce fin troppo bene il mondo e sa da che parte sta la verità; ci sono i genitori di Frank e Wes, pronti a giustificare il loro figlio preferito e a tentare di tutto per proteggerlo; e c’è David, che ad appena dodici anni scopre cosa nasconde il mondo sotto ad un leggero strato di perbenismo e menzogne, e malcelato razzismo.
Una storia che in appena 140 pagine riesce a farci appassionare e tremare di rabbia, emozionare e riflettere.
Un David ormai cresciuto ci racconta la storia che ha cambiato per sempre la sua infanzia, e la sua vita: questo libro è un romanzo di formazione con qualche tratto del racconto famigliare e un po’ del dramma psicologico.
Tutta la sua forza sta nell’eleganza asciutta e poetica della scrittura di Watson e nella forza dei suoi messaggi, che ci portano a ragionare sulla verità (celata o meno), sui legami di famiglia, sugli abusi di potere e il razzismo, su quanto sia difficile a volte fare ciò che è giusto.
Una lettura davvero incantevole, potente, coinvolgente, che scorre davanti ai nostri occhi come un film che vorremmo continuare a guardare per ore, e si lascia dietro una scia di segreti, spazzata via dal vento.
Credo sia giunta l’ora di recuperare qualche altra opera di Watson.
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February 14, 2024
ANIME IN CAOS – DENNY RUBINO

Ringrazio tantissimo Denny per avermi inviato una copia del suo libro!
Torino è una città viva, piena di persone, avvenimenti, sentimenti.
E in questo romanzo ci troviamo a seguire alcuni dei suoi abitanti: c’è Michele, innamorato di Alessandra e con un passato complicato alle spalle; c’è Alessandra, che sogna di partire per la Spagna e di vivere una vita piena di avventure; c’è Claudio, direttore di un’agenzia pubblicitaria di successo, che non sa come affrontare i problemi che vengono a galla nel suo matrimonio per paura di perdere i suoi figli; c’è Mattia, famoso e rinomato designer che non vuole legarsi troppo a nessun posto; Omar, in procinto di laurearsi in psicologia e desideroso di trovare il grande amore; Vanessa, con una vita di successo e un matrimonio alle porte che pur non sembrano in grado di donarle la felicità che cerca.
Intorno a loro si muovono moltissime altre voci, genitori e amici, fratelli e sorelle, fidanzati e amanti, per creare un quadro variopinto e vivace, vibrante, caloroso.
Un romanzo relativamente semplice, questo di Rubino, che ci fa viaggiare fin nelle parti più profonde degli animi dei protagonisti.
Torino non è soltanto l’ambientazione principale, ma è un po’ spettatrice e un po’ protagonista essa stessa, con i suoi vicoli e i suoi parchi, le sue strade trafficate e le piazze, e ci sembra quasi di trovarci proprio lì.
I personaggi vivono vite piuttosto normali, ma è il loro mondo interiore che esploriamo.
Purtroppo le voci tendono un po’ a mischiarsi, a risultare simili fra loro, tutte ugualmente profonde e amorevoli e molto sagge, indifferentemente da età e situazioni, facendo perdere un po’ di spessore ai protagonisti.
Il linguaggio di Rubino è ricercato e si sente il desiderio di esprimersi quasi in maniera raffinata, una scelta che purtroppo va a pesare sulla scorrevolezza del testo e sulla scioltezza dei dialoghi, e il tutto risulta un po’ macchinoso e a tratti forzatamente solenne.
Questo è un romanzo di narrativa che fa leva principalmente sull’aspetto romance delle storie narrate (con tutti i personaggi in cerca del grande amore e una quantità, per i miei gusti, esagerata di scene di sesso in luogo pubblico), e quindi non rientra precisamente fra i miei generi preferiti.
Sono felice, comunque, di averlo letto, perché oltre al modo interessante in cui Rubino ha sviluppato le storie, intrecciandole in maniera leggera, mi è piaciuto molto il finale, che non punta dritto al lieto fine, ma prende una piega più variegata, più reale, più umana.
Una lettura piacevole, soprattutto per le persone dall’animo romantico, che lascia nel lettore un messaggio di rivincita e rinascita, di infinite possibilità e del coraggio necessario per affrontare la vita.
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February 10, 2024
LA CAMERA AZZURRA – GEORGES SIMENON

Voto: 9/10
Edito: Adelphi
Un uomo e una donna, nudi, in una camera dalle pareti azzurre inondata di luce.
Si scambiano parole all’apparenza innocenti, o almeno è quello che pensa lui.
La donna è Andrée, sposata con Nicolas, e innamorata da sempre dell’uomo nella camera azzurra, Toni, che però è sposato con Gisele.
Si sono persi di vista dai tempi della scuola, ma Andrée non l’ha mai dimenticato.
E per quasi un anno portano avanti una relazione segreta, incontrandosi di nascosto nell’albergo del fratello di Toni, nella camera azzurra che li libera e li unisce.
Ma Andrée vuole di più, e Toni capirà troppo tardi cosa sta succedendo.
Che romanzo meraviglioso!
Conosco ancora poco Simenon, ma credo che per ora questo sia il mio preferito.
Simenon è sempre una penna superba, asciutta e tagliente, quasi scarna eppure mai carente; vorresti averne sempre di più, nonostante quello che ti dona sia immenso.
La storia ci viene raccontata da Toni, e il racconto non inizia proprio in medias res, quanto più verso la fine: tutti i fatti principali sono già accaduti, Toni è stato arrestato, assistiamo ai suoi interrogatori e riviviamo gli eventi passati attraverso tanti flashback.
La storia, dunque, si dipana di fronte a noi attraverso lo sguardo di Toni, risultando così sempre leggermente fuori asse, mai completamente centrata ed oggettiva, come se osservassimo un quadro da sopra la spalla di qualcuno, leggermente di sbieco.
Scopriamo così cos’è successo, o almeno secondo Toni.
E ci viene abbastanza naturale credergli, fidarci delle sue parole, provare il suo sgomento, cadere nel suo panico e tremare per la sua rabbia, ma non ci dimentichiamo mai che questo è il suo racconto, il suo punto di vista.
Anche leggendo altre recensioni, sembra che la maggior parte delle persone veda Toni come un uomo che è “caduto” nella trappola di Andrée, una femme fatale ossessionata da questa enorme passione.
Eppure per me non è tutto così chiaro e lineare, soprattutto a causa di una mezza frase pronunciata da Andrée durante un interrogatorio congiunto dei due.
Insomma, come sempre Simenon va interpretato, e credo sia semplicemente fantastico.
Toni è un uomo qualunque, con una moglie e una figlia a cui vuole bene, che non disdegna l’occasionale storiella e finisce per fare un passo falso.
Come sempre, Simenon scava nel suo personaggio e riesce ad estrarne un mondo intero, di paure e sogni e rimorsi e gioie e dolori, tutto in meno di 200 pagine.
La storia è densa, i pochi personaggi si muovono in pochi spazi ristretti e sembrano saltare fuori dalle pagine.
Fuori da quella camera azzurra, che conteneva tanti segreti e tanta passione.
Una storia che a tratti si fa carnale, la passione ossessiva è un fulcro portante della storia.
Ed è Andrée ad incarnare quella passione, quel desiderio totale e letale, o almeno è così che impariamo a conoscerla attraverso gli occhi di Toni.
Un romanzo coinvolgente e pieno di suspense, quella vera, che ti tiene col fiato sospeso, che ti rivela i fatti un poco alla volta, senza mai mostrare completamente la propria mano, ma giocando sempre come un vero e proprio maestro.
Simenon, ogni libro è una vera opera d’arte.
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February 6, 2024
THE OLEANDER SWORD – TASHA SURI

Voto: 7/10
Edito: Orbit
È passato un anno ormai da quando Malini, a seguito della profezia del dio Senzanome, si è proclamata imperatrice e Priya è diventata una sacerdotessa del tempio, dopo aver attraversato tre volte le acque immortali ed essere sopravvissuta.
Un anno intero in cui le due hanno combattuto per portare a termine i propri progetti: sconfiggere Chandra e conquistare definitivamente il trono, per Malini; aiutare Ayrania e tutto il suo popolo a raggiungere la stabilità e liberare definitivamente la sua nazione dal morbo, per Priya.
Ma quando Malini si ritrova bloccata con il suo esercito alle porte di Saketa, tenendo sotto assedio una città all’apparenza inespugnabile, dovrà chiedere aiuto a Priya e sperare che i suoi poteri possano aiutarla a vincere.
Mi era mancato davvero tanto camminare nel Parijatdvipa.
A differenza del primo volume, questa volta ci troviamo al centro della guerra, sul campo di battaglia, a studiare mappe e progettare invasioni, a combattere fianco a fianco con arcieri, fanti e cavalieri.
Così come nel primo la scrittura di Suri riusciva a trasmettere l’oscurità che si nascondeva nella natura, questa volta riesce bene a mostrarci la violenza degli scontri, e ci sembra quasi di poter sentire l’odore di sangue e ferro che permea l’aria.
Le battaglie sono forse un po’ troppo facili, ma Suri ha tentato di concentrarsi sugli aspetti politici nelle tende ai bordi dei campi di battaglia, quindi non mi lamenterò troppo.
La scrittura di Suri è sempre uno dei punti forte dei suoi libri, così poetica e musicale, floreale e barocca (anche se più piatta del primo libro, con alcune immagini ripetute spesso e volentieri).
Suri cerca sempre immagini delicate per descrivere le scene cruente che sembrano uscire direttamente dai miei incubi (ho problemi con immagini tipo “fiori che escono dagli occhi”, “le persone scavate e svuotate dal morbo”, “le piante che crescono dentro il corpo”. Mi vengono i brividi di disgusto solo ad immaginarli) ed io la amo/odio per questo.
Uno dei personaggi che ho apprezzato di più in questo secondo capitolo è Bhumika, così impegnata come madre sia del suo popolo che di sua figlia, come sorella di Priya, come guida spirituale, e che SPOILER decide di sacrificarsi per tutti…ho pianto, lo ammetto FINE SPOILER.
Il ritorno degli yaksa è un’altra cosa che non mi aspettavo minimamente, ed ho apprezzato moltissimo. Queste figure così oscure e di puro potere, da una parte sono stati i personaggi più interessanti da seguire, dall’altra hanno fatto sorgere un grande dubbio in me: “ma se gli yaksa sono davvero così, violenti e potenti e brutali, perché sono tanti venerati in Ayrania? Semplicemente perché è passato troppo tempo dalla Guerra dei Fiori e nessuno ricorda più com’erano in realtà? Mi sembra una spiegazione troppo semplicistica”.
Mi è piaciuto molto anche seguire il punto di vista di Chandra: sappiamo che è il cattivo ed è spietato e tutto il resto, ma mi è piaciuto osservare il modo in cui trova una spiegazione logica per le sue azioni, le giustificazioni religiose e politiche che lo spingono a proseguire lungo la sua strada.
Non mi sono piaciute per niente Malini e Priya, invece.
Cioè, io ho aspettato un anno prima di leggere questo libro, me lo pregustavo ben bene…per questo??
Malini è tormentata costantemente dal pensiero che gli uomini intorno a lei non la rispettino quanto avrebbero rispettato i suoi fratelli e dall’autodefinirsi “un mostro”, “spietata”, tutte quelle cose che diceva già sul primo libro e…ma dove? Non c’è assolutamente niente di moralmente grigio in lei, ed odio che venga costantemente dipinta in quella maniera, quando non ci sono ambiguità in lei: vuole il potere e basta.
Così come il fatto che venga definita così intelligente e astuta e ambiziosa, ma risulta principalmente debole e piatta, tutto il suo carisma fa leva sulla profezia di Rao.
Priya, invece, è semplicemente inutile: o segue Malini come un cucciolo in cerca d’affetto o usa troppo potere e sviene.
E poi, ho capito che la storia tra Malini e Priya non è il punto centrale della storia, però però però…350 PAGINE PER UN BACIO??? Tasha ti odio.
Il finale mi è piaciuto abbastanza, ma non mi ha convinto del tutto (SPOILER Priya deve uccidere Malini o gli yaksa uccideranno tutti quelli che ama, e lei che fa? La pugnala in “maniera non mortale” e dice “vabè, dovrà bastare”. Ma no, ma se gli yaksa ti sterminano la nazione hanno ragione, mica puoi fare come ti pare! FINE SPOILER).
Credo che le cose prenderanno una piega molto interessante nel terzo capitolo, che leggerò sicuramente. Questo purtroppo, nel totale, è stato un po’ una delusione, ma non abbastanza da allontanarmi dalla serie.
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February 1, 2024
IL PRIMO ROMANZO DI DENNY RUBINO
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il primo romanzo di Denny Rubino, che mi è stato gentilmente inviato dall’autore, e pubblicato ad agosto del 2023.

«Quella notte non si era portata via solo il giorno, ma anche il loro amore, tramontato insieme al sole di giugno.»
Vanessa vive una vita di successo apparente, ma sotto la superficie, è intrappolata in una monotonia soffocante. La sua routine viene sconvolta quando incontra Omar, un uomo che porta con sé una scintilla di passione e coraggio.
Michele e Alessandra, con l’innocenza dei loro diciotto anni, la voglia di scappare dalle proprie famiglie e da se stessi, si scontreranno con le proprie debolezze prima di diventare adulti.
Mattia e Claudio non sono solo grandi amici, ma anche confidenti e colleghi. Entrambi annegano in relazioni ferme quando forse è arrivato il momento di dare una svolta radicale alle loro esistenze. Ci riusciranno?
Anime in Caos esplora come le scelte di vita possano intrecciarsi e scontrarsi, sotto lo sguardo di una città che sembra osservarli da vicino.
Questo romanzo appassionante ti farà immergere in storie ricche di coraggio e paure, dove ognuno cercherà di raggiungere il proprio destino in un mondo in rapido cambiamento.

BIO: Denny Rubino è nato a Moncalieri il 10 luglio del 1987, dopo gli studi entra nel mondo dell’editoria dove sviluppa la sua passione per i libri nata anche grazie all’attività decennale svolta dalla propria famiglia nel settore.
Collabora in prima persona alla realizzazione finale di progetti editoriali fino a quando decide di dedicarsi completamente alla scrittura.
Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.
Presto la recensione!
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January 30, 2024
DEMON COPPERHEAD – BARBARA KINGSOLVER

Voto: 7/10
Edito: Neri Pozza
La vita di Damon Fields ha avuto un inizio turbolento: suo padre è morto ancora prima che nascesse, sua madre è rimasta incinta ancora adolescente e lo ha partorito sul pavimento del bagno di casa, ed è cresciuto in un angolo di mondo povero e spesso discriminato.
Ma la sua infanzia non è stata troppo male, almeno per i primi 10 anni: praticamente adottato dai Peggot, passava tutto il suo tempo giocando con Matthew (detto Maggot) a giocare nel fango o in casa, a pescare con Mr. Peggot o a cena da Mrs. Peggot.
Quando sua madre però decide di sposarsi con Stoner, le cose prendono una brutta piega.
Dopo anni di sobrietà, sua madre ha una ricaduta e Damon, in lotta costante con il patrigno, comincia a passare da una famiglia affidataria all’altra, vivendo in situazioni sempre più difficili.
Mettiamo subito in chiaro le cose: questo non è un brutto libro, ma questo non è neanche un libro spettacolare.
Barbara avrebbe potuto tranquillamente tagliare 200 pagine, ma questa è un’altra storia.
Questo non è un brutto libro, non è scritto male, non racconta una brutta storia.
Ma.
Non è un libro che è riuscito a suscitare in me grandi emozioni, a sconvolgermi o a coinvolgermi del tutto.
Damon, conosciuto da tutti con il soprannome di Demon Copperhead, è un ragazzo molto sfortunato.
Ma davvero molto sfortunato.
Rimasto orfano ad appena undici anni, passa da una situazione terribile all’altra, in una serie di clichés senza forza: il vecchio che sfrutta i bambini per farli lavorare nella sua fattoria; la famiglia che prende un ragazzino in affido e lo costringe a lavorare per pagarsi le spese in casa; la fuga rocambolesca per raggiungere gli ultimi parenti che gli restano e il coach di football che decide di ospitarlo e oh, guarda un po’! Demon ha proprio il fisico perfetto per diventare un campione di football, e in un anno tutta la scuola intona il suo nome in coro dalle gradinate (che proprio Sandra Bullock spostati! The Blind Side cosa?), almeno fino a quel terribile incidente al ginocchio che interrompe di netto la sua grande ascesa e lo fa precipitare su un terreno scivoloso, fino al baratro più nero.
Tutto già sentito, insomma.
Ma Demon non è un brutto personaggio: la storia ci viene raccontata da lui, è la sua voce che, col senno di poi, ricorda quel periodo buio della sua vita, riscrive su un diario tutto ciò che ha attraversato e a cui è riuscito a sopravvivere, per tentare di elaborare la valanga infinita di traumi che ha dovuto affrontare.
Sì, perché non ce ne siamo fatti mancare neanche uno: da varie morti e perdite, ad abusi domestici e sessuali (una ragazza di ventuno anni che fa sesso telefonico con un ragazzino di quattordici anni può essere definito solo come tale), a dipendenze da droghe e consumi smodati di alcol, povertà estrema, abbandono, sfruttamento, e chi più ne più ne metta.
Questo lo rende un narratore non completamente affidabile, perché lui tenta di spiegarci le cose per come le capiva nel dato momento in cui accadevano, rendendo così la narrazione più coinvolgente.
Il fatto che sia lui a narrare la storia, però, ci fa capire che tutto andrà a finire per il meglio, che Demon sopravviverà, e toglie molta della tensione dai punti più duri.
Resta comunque un personaggio sfaccettato e interessante, forse un po’ “studiato”.
Ma Demon non è soltanto estremamente sfortunato, al tempo stesso è anche il ragazzo-Re Mida: tutto quello che tocca diventa oro.
Prende un pallone da football? Star della scuola.
Prende una matita in mano? Prodigio del disegno.
Si innamora a prima vista di una ragazza? In due secondi si mettono insieme.
Alto, bello e dal cuore tenero.
Non ci sono zone grigie nella sua vita: o le cose vanno bene o le cose vanno male, senza un attimo di tregua.
Povero Demon, che stanchezza.
Kingsolver tenta anche di parlare di diversi argomenti socio-politici, primo fra tutti: il razzismo nei confronti degli “hillbilly”, i campagnoli, i montanari, gli abitanti della regione della Appalachia, così spesso discriminati dal resto degli Stati Uniti.
Anche questo è un discorso che mi è piaciuto abbastanza, con Demon e il suo amore per la natura e lo sdegno nei confronti delle città, però troppo spesso i discorsi erano farciti di stereotipi ed esagerazioni.
Poi la crisi americana degli oppioidi, e di come medici e compagnie farmaceutiche abbiano fatto una vera e propria strage, specialmente fra i giovani, per i loro guadagni.
Ovviamente la critica al completo stato di abbandono in cui vivono i bambini che entrano nel circuito degli affidamenti; e di come lo Stato abbia distrutto le vite dei minatori, sfruttandoli fisicamente e forzandoli in lavori terribili, limitando le loro opzioni.
Il libro mi ha ricordato molto “Il cardellino” di Donna Tartt, libro che non ho amato, e questo forse ha influenzato un po’ il mio giudizio; per la maggior parte del romanzo osserviamo il mondo attraverso la lente distorta che è la percezione del mondo da parte di Demon con un uso smodato di droghe, proprio come succedeva con Theodore.
Lo stile di Kingsolver è arguto senza mai strafare, perché a parlare è comunque un ragazzo dalle origini umili e che ha attraversato molte difficoltà.
La prima parte del romanzo è quella che mi è piaciuta di più, la voce di Demon è più forte e Kingsolver riesce a dargli questo tono ironico e al tempo stesso ingenuo che funziona benissimo; poi un po’ si perde, e Demon si lascia trascinare dagli eventi e dalle persone per la maggior parte del romanzo, senza mai essere l’eroe che risorge dalle macerie.
Kingsolver ha creato un’opera che tenta con tutta sé stessa di proporsi come il “grande romanzo americano” e si sente, pesantemente, e purtroppo finisce per appesantire una lettura già intensa e non troppo scorrevole.
Questo era il mio primo approccio all’autrice, e credo proprio che recupererò qualche opera passata, sperando che riesca a trasmettermi qualcosa in più.
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January 27, 2024
29 VIRGOLA 9 PERIODICO – SARA POLLINI

Edito: Porto Seguro
Un ringraziamento speciale a Sara per avermi inviato una copia del suo romanzo!
Giovanni Cordellini ha 29 anni ed è assolutamente insoddisfatto della sua vita: non ha un lavoro e vive con i genitori e la sorella minore, passa le sue giornate chiuso in casa ad ascoltare musica e leggere i libri degli esponenti della beat generation, e frequenta sempre il solito pub irlandese di quartiere con il suo migliore amico e la sua ragazza.
Giovanni ha tentato di tutto, ma non è riuscito a sfondare in nessun ambito artistico, e così decide di fare un ultimo tentativo e scrivere un romanzo “on the road”, come il suo mito Kerouak.
Ma per farlo ha bisogno di immergersi nella sua cultura, respirare la sua stessa aria, frequentare i suoi stessi bar e bere i suoi stessi drink: Giovanni compra un biglietto aereo per San Francisco e parte per la più grande avventura della sua vita.
Un romanzo davvero interessante, questo di Sara Pollini.
Giovanni, il protagonista, è un ottimo personaggio, che riesce a coinvolgere il lettore e a trascinarlo con sé nelle sue peregrinazioni (mentali e non).
E questa è un fatto importante, soprattutto considerando che Giovanni è un personaggio molto passivo, che si lascia trascinare dagli eventi e dalle situazioni, che raramente prende di petto le cose.
Eppure, pagina dopo pagina, abbiamo voglia di seguirlo per le strade di San Francisco e vedere come andrà a finire la sua storia.
Non posso definirlo un personaggio particolarmente “piacevole”, anzi: tra commenti sessisti e di body shaming, la quasi completa “mancanza di spina dorsale” che lo porta a seguire la corrente e a tentare di distinguersi dalla massa fingendosi interessato a cosa soltanto perché “strane” e “sconosciute ai più”, non è assolutamente il tipo di personaggio che solitamente riesce a coinvolgermi.
Ma Pollini è stata molto brava a dargli una voce forte, a creare un ragazzo che almeno in parte, almeno a volte, siamo stati tutti.
La storia è molto interessante, è un viaggio alla ricerca di sé stessi, della felicità, di qualcosa di più grande.
Giovanni si ritrova invischiato in situazioni più o meno assurde, sempre alla ricerca dell’ispirazione che possa dare il via alla sua vita da scrittore.
Lo stile di Pollini è sicuramente il punto forte: nonostante questo sia il suo primo romanzo, la sua penna è già sicura e scorrevole, sa precisamente dove vuole arrivare e non si perde (come può capitare spesso agli autori emergenti).
Fra una citazione di Kerouak e una di Bukowski, un brano jazz e un tumbler di whiskey, le pagine scorrono velocemente e ci trasportano in questo viaggio dai mille colori e le tante emozioni.
Il finale, poi, ci colpisce con forza, frena la storia e ci lascia una nota dolce-amara, come un risveglio improvviso da un lunghissimo sogno.
Un buon libro per chi si sta cercando, chi non ha trovato la propria strada, e chi ha pensato almeno una volta di fuggire da ciò che lo circonda.
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January 24, 2024
ANNO BISESTILE – PETER CAMERON

Voto: 7/10
Edito: Adelphi
New York, 1988.
David e Loren hanno divorziato, e principalmente a tenerli uniti è rimasta Kate, la figlia di 4 anni di cui condividono la custodia.
Ma è davvero finita fra loro? Entrambi sono andati avanti, Loren ha una nuova relazione con Gregory, e David sente di essersi innamorato di Heath, l’aspirante artista ventiseienne con cui esce da diversi mesi, eppure qualcosa continua ad attirarli uno verso l’altra.
La loro amica Lillian, che desidera ardentemente diventare madre prima che sia troppo tardi, si rivolge ad una banca del seme mentre Judith e Leonard, i genitori di Loren, sposati da più di 30 anni, decidono di passare un anno separati.
E così, fra rapimenti e tentati omicidi, nuovi incontri e vecchie fiamme, traslochi da una parte all’altra degli Stati Uniti o da un quartiere all’altro di New York, le vite dei protagonisti si intrecciano fra loro e, un po’ con dolore e un po’ a forza, vanno avanti.
La prima impressione che ho avuto leggendo questo romanzo è stata: sembra la classica commedia americana anni ’90, un po’ romantica e un po’ assurda, che fa ridere e un po’ fa commuovere.
Il secondo pensiero è stato: questa è la stessa persona che ha scritto “Cose che succedono la notte”?
Ok, allora devo assolutamente ricalibrare la mia valutazione di quel romanzo.
Perché se quella è una storia “normale” scritta in maniera “strana”, quasi onirica, questa è una storia “assurda” scritta in maniera normalissima.
E quindi Cameron è anche meglio di quanto immaginassi.
Questo romanzo non è “geniale”: una storia divertente, ironica, a tratti dolce, con alcuni risvolti che puntano a colpire il lettore, più per la loro assurdità che per altro, scritto in maniera pulita e scorrevole, che si legge in una giornata o poco più.
Frasi brevi e molti discorsi diretti (frammentati qua e là da qualche frase bella e toccante) che danno un ritmo veloce e fluido a tutta la narrazione.
Succedono tante cose, e questo aiuta sicuramente la storia ad avanzare con passo agile, senza mai incagliarsi.
Il tono è principalmente ironico e leggero, ma ci sono diversi passaggi un po’ più amari che ci portano a ragionare sulla vita e le sue mille casualità.
L’anno bisestile è un anno particolare, “strano”, e infatti la storia narrata nel romanzo sfiora il surreale, anche se il tono asciutto e ironico ci spinge ad osservare il tutto con serietà.
I personaggi sono persone vere, umane, con i loro difetti e gli errori, i pregi e le conquiste, e riescono a mettere bene in luce le complessità che si annidano nell’essere umano.
Pur essendo ambientato nel 1988, ed essendo ben riconoscibile un tono tipico dell’America anni ’90, c’è un qualcosa di moderno e contemporaneo che risuona comunque dalle pagine: anche solo la semplicità con cui viene mostrata la relazione fra David e Heath, cosa che ancora oggi in Italia farebbe storcere il naso a molti, ma che Cameron, 35 anni fa, sapeva già mostrare con verità e semplicità, con calore e dolcezza.
Molti dei temi trattati sono “normali” eppure affrontati in maniera arguta e toccante: il desiderio di maternità, la scelta di continuare a stare insieme a qualcuno dopo tanto tempo, tutte le varie sfaccettature dell’amore, i rapporti complicati fra genitori e figli; Cameron, con la sua prosa quasi distaccata ma piena di grazia, ci racconta una vita che, in un modo o nell’altro, conosciamo tutti.
Oh Peter, che occhio perfetto per parlare d’amore, di coraggio, di vita.
In generale non posso dire che sia un romanzo fantastico, probabilmente dimenticherò presto la maggior parte degli avvenimenti che si susseguono nella storia, ma un lato estremamente positivo per me l’ha avuto: mi ha permesso di osservare meglio “Cose che succedono la notte” e più in generale sulla penna dell’autore, di riflettere sui suoi contenuti e sul suo stile con una luce nuova ad illuminarlo, e ad apprezzarlo di più.
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