Rachele Riccetto's Blog, page 16

January 30, 2024

DEMON COPPERHEAD – BARBARA KINGSOLVER

Voto: 7/10

Edito: Neri Pozza

La vita di Damon Fields ha avuto un inizio turbolento: suo padre è morto ancora prima che nascesse, sua madre è rimasta incinta ancora adolescente e lo ha partorito sul pavimento del bagno di casa, ed è cresciuto in un angolo di mondo povero e spesso discriminato.
Ma la sua infanzia non è stata troppo male, almeno per i primi 10 anni: praticamente adottato dai Peggot, passava tutto il suo tempo giocando con Matthew (detto Maggot) a giocare nel fango o in casa, a pescare con Mr. Peggot o a cena da Mrs. Peggot.
Quando sua madre però decide di sposarsi con Stoner, le cose prendono una brutta piega.
Dopo anni di sobrietà, sua madre ha una ricaduta e Damon, in lotta costante con il patrigno, comincia a passare da una famiglia affidataria all’altra, vivendo in situazioni sempre più difficili.

Mettiamo subito in chiaro le cose: questo non è un brutto libro, ma questo non è neanche un libro spettacolare.
Barbara avrebbe potuto tranquillamente tagliare 200 pagine, ma questa è un’altra storia.

Questo non è un brutto libro, non è scritto male, non racconta una brutta storia.

Ma.

Non è un libro che è riuscito a suscitare in me grandi emozioni, a sconvolgermi o a coinvolgermi del tutto.

Damon, conosciuto da tutti con il soprannome di Demon Copperhead, è un ragazzo molto sfortunato.
Ma davvero molto sfortunato.
Rimasto orfano ad appena undici anni, passa da una situazione terribile all’altra, in una serie di clichés senza forza: il vecchio che sfrutta i bambini per farli lavorare nella sua fattoria; la famiglia che prende un ragazzino in affido e lo costringe a lavorare per pagarsi le spese in casa; la fuga rocambolesca per raggiungere gli ultimi parenti che gli restano e il coach di football che decide di ospitarlo e oh, guarda un po’! Demon ha proprio il fisico perfetto per diventare un campione di football, e in un anno tutta la scuola intona il suo nome in coro dalle gradinate (che proprio Sandra Bullock spostati! The Blind Side cosa?), almeno fino a quel terribile incidente al ginocchio che interrompe di netto la sua grande ascesa e lo fa precipitare su un terreno scivoloso, fino al baratro più nero.

Tutto già sentito, insomma.

Ma Demon non è un brutto personaggio: la storia ci viene raccontata da lui, è la sua voce che, col senno di poi, ricorda quel periodo buio della sua vita, riscrive su un diario tutto ciò che ha attraversato e a cui è riuscito a sopravvivere, per tentare di elaborare la valanga infinita di traumi che ha dovuto affrontare.

Sì, perché non ce ne siamo fatti mancare neanche uno: da varie morti e perdite, ad abusi domestici e sessuali (una ragazza di ventuno anni che fa sesso telefonico con un ragazzino di quattordici anni può essere definito solo come tale), a dipendenze da droghe e consumi smodati di alcol, povertà estrema, abbandono, sfruttamento, e chi più ne più ne metta.

Questo lo rende un narratore non completamente affidabile, perché lui tenta di spiegarci le cose per come le capiva nel dato momento in cui accadevano, rendendo così la narrazione più coinvolgente.

Il fatto che sia lui a narrare la storia, però, ci fa capire che tutto andrà a finire per il meglio, che Demon sopravviverà, e toglie molta della tensione dai punti più duri.
Resta comunque un personaggio sfaccettato e interessante, forse un po’ “studiato”.

Ma Demon non è soltanto estremamente sfortunato, al tempo stesso è anche il ragazzo-Re Mida: tutto quello che tocca diventa oro.
Prende un pallone da football? Star della scuola.
Prende una matita in mano? Prodigio del disegno.
Si innamora a prima vista di una ragazza? In due secondi si mettono insieme.
Alto, bello e dal cuore tenero.

Non ci sono zone grigie nella sua vita: o le cose vanno bene o le cose vanno male, senza un attimo di tregua.

Povero Demon, che stanchezza.

Kingsolver tenta anche di parlare di diversi argomenti socio-politici, primo fra tutti: il razzismo nei confronti degli “hillbilly”, i campagnoli, i montanari, gli abitanti della regione della Appalachia, così spesso discriminati dal resto degli Stati Uniti.
Anche questo è un discorso che mi è piaciuto abbastanza, con Demon e il suo amore per la natura e lo sdegno nei confronti delle città, però troppo spesso i discorsi erano farciti di stereotipi ed esagerazioni.

Poi la crisi americana degli oppioidi, e di come medici e compagnie farmaceutiche abbiano fatto una vera e propria strage, specialmente fra i giovani, per i loro guadagni.

Ovviamente la critica al completo stato di abbandono in cui vivono i bambini che entrano nel circuito degli affidamenti; e di come lo Stato abbia distrutto le vite dei minatori, sfruttandoli fisicamente e forzandoli in lavori terribili, limitando le loro opzioni.

Il libro mi ha ricordato molto “Il cardellino” di Donna Tartt, libro che non ho amato, e questo forse ha influenzato un po’ il mio giudizio; per la maggior parte del romanzo osserviamo il mondo attraverso la lente distorta che è la percezione del mondo da parte di Demon con un uso smodato di droghe, proprio come succedeva con Theodore.

Lo stile di Kingsolver è arguto senza mai strafare, perché a parlare è comunque un ragazzo dalle origini umili e che ha attraversato molte difficoltà.

La prima parte del romanzo è quella che mi è piaciuta di più, la voce di Demon è più forte e Kingsolver riesce a dargli questo tono ironico e al tempo stesso ingenuo che funziona benissimo; poi un po’ si perde, e Demon si lascia trascinare dagli eventi e dalle persone per la maggior parte del romanzo, senza mai essere l’eroe che risorge dalle macerie.

Kingsolver ha creato un’opera che tenta con tutta sé stessa di proporsi come il “grande romanzo americano” e si sente, pesantemente, e purtroppo finisce per appesantire una lettura già intensa e non troppo scorrevole.

Questo era il mio primo approccio all’autrice, e credo proprio che recupererò qualche opera passata, sperando che riesca a trasmettermi qualcosa in più.

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Demon Copperhead

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Published on January 30, 2024 01:47

January 27, 2024

29 VIRGOLA 9 PERIODICO – SARA POLLINI

Edito: Porto Seguro

Un ringraziamento speciale a Sara per avermi inviato una copia del suo romanzo!

Giovanni Cordellini ha 29 anni ed è assolutamente insoddisfatto della sua vita: non ha un lavoro e vive con i genitori e la sorella minore, passa le sue giornate chiuso in casa ad ascoltare musica e leggere i libri degli esponenti della beat generation, e frequenta sempre il solito pub irlandese di quartiere con il suo migliore amico e la sua ragazza.

Giovanni ha tentato di tutto, ma non è riuscito a sfondare in nessun ambito artistico, e così decide di fare un ultimo tentativo e scrivere un romanzo “on the road”, come il suo mito Kerouak.

Ma per farlo ha bisogno di immergersi nella sua cultura, respirare la sua stessa aria, frequentare i suoi stessi bar e bere i suoi stessi drink: Giovanni compra un biglietto aereo per San Francisco e parte per la più grande avventura della sua vita.

Un romanzo davvero interessante, questo di Sara Pollini.

Giovanni, il protagonista, è un ottimo personaggio, che riesce a coinvolgere il lettore e a trascinarlo con sé nelle sue peregrinazioni (mentali e non).
E questa è un fatto importante, soprattutto considerando che Giovanni è un personaggio molto passivo, che si lascia trascinare dagli eventi e dalle situazioni, che raramente prende di petto le cose.
Eppure, pagina dopo pagina, abbiamo voglia di seguirlo per le strade di San Francisco e vedere come andrà a finire la sua storia.

Non posso definirlo un personaggio particolarmente “piacevole”, anzi: tra commenti sessisti e di body shaming, la quasi completa “mancanza di spina dorsale” che lo porta a seguire la corrente e a tentare di distinguersi dalla massa fingendosi interessato a cosa soltanto perché “strane” e “sconosciute ai più”, non è assolutamente il tipo di personaggio che solitamente riesce a coinvolgermi.
Ma Pollini è stata molto brava a dargli una voce forte, a creare un ragazzo che almeno in parte, almeno a volte, siamo stati tutti.

La storia è molto interessante, è un viaggio alla ricerca di sé stessi, della felicità, di qualcosa di più grande.

Giovanni si ritrova invischiato in situazioni più o meno assurde, sempre alla ricerca dell’ispirazione che possa dare il via alla sua vita da scrittore.

Lo stile di Pollini è sicuramente il punto forte: nonostante questo sia il suo primo romanzo, la sua penna è già sicura e scorrevole, sa precisamente dove vuole arrivare e non si perde (come può capitare spesso agli autori emergenti).

Fra una citazione di Kerouak e una di Bukowski, un brano jazz e un tumbler di whiskey, le pagine scorrono velocemente e ci trasportano in questo viaggio dai mille colori e le tante emozioni.

Il finale, poi, ci colpisce con forza, frena la storia e ci lascia una nota dolce-amara, come un risveglio improvviso da un lunghissimo sogno.

Un buon libro per chi si sta cercando, chi non ha trovato la propria strada, e chi ha pensato almeno una volta di fuggire da ciò che lo circonda.

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29 virgola 9 periodico

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Published on January 27, 2024 01:50

January 24, 2024

ANNO BISESTILE – PETER CAMERON

Voto: 7/10

Edito: Adelphi

New York, 1988.
David e Loren hanno divorziato, e principalmente a tenerli uniti è rimasta Kate, la figlia di 4 anni di cui condividono la custodia.
Ma è davvero finita fra loro? Entrambi sono andati avanti, Loren ha una nuova relazione con Gregory, e David sente di essersi innamorato di Heath, l’aspirante artista ventiseienne con cui esce da diversi mesi, eppure qualcosa continua ad attirarli uno verso l’altra.
La loro amica Lillian, che desidera ardentemente diventare madre prima che sia troppo tardi, si rivolge ad una banca del seme mentre Judith e Leonard, i genitori di Loren, sposati da più di 30 anni, decidono di passare un anno separati.
E così, fra rapimenti e tentati omicidi, nuovi incontri e vecchie fiamme, traslochi da una parte all’altra degli Stati Uniti o da un quartiere all’altro di New York, le vite dei protagonisti si intrecciano fra loro e, un po’ con dolore e un po’ a forza, vanno avanti.

La prima impressione che ho avuto leggendo questo romanzo è stata: sembra la classica commedia americana anni ’90, un po’ romantica e un po’ assurda, che fa ridere e un po’ fa commuovere.

Il secondo pensiero è stato: questa è la stessa persona che ha scritto “Cose che succedono la notte”?
Ok, allora devo assolutamente ricalibrare la mia valutazione di quel romanzo.
Perché se quella è una storia “normale” scritta in maniera “strana”, quasi onirica, questa è una storia “assurda” scritta in maniera normalissima.

E quindi Cameron è anche meglio di quanto immaginassi.

Questo romanzo non è “geniale”: una storia divertente, ironica, a tratti dolce, con alcuni risvolti che puntano a colpire il lettore, più per la loro assurdità che per altro, scritto in maniera pulita e scorrevole, che si legge in una giornata o poco più.

Frasi brevi e molti discorsi diretti (frammentati qua e là da qualche frase bella e toccante) che danno un ritmo veloce e fluido a tutta la narrazione.

Succedono tante cose, e questo aiuta sicuramente la storia ad avanzare con passo agile, senza mai incagliarsi.

Il tono è principalmente ironico e leggero, ma ci sono diversi passaggi un po’ più amari che ci portano a ragionare sulla vita e le sue mille casualità.

L’anno bisestile è un anno particolare, “strano”, e infatti la storia narrata nel romanzo sfiora il surreale, anche se il tono asciutto e ironico ci spinge ad osservare il tutto con serietà.

I personaggi sono persone vere, umane, con i loro difetti e gli errori, i pregi e le conquiste, e riescono a mettere bene in luce le complessità che si annidano nell’essere umano.

Pur essendo ambientato nel 1988, ed essendo ben riconoscibile un tono tipico dell’America anni ’90, c’è un qualcosa di moderno e contemporaneo che risuona comunque dalle pagine: anche solo la semplicità con cui viene mostrata la relazione fra David e Heath, cosa che ancora oggi in Italia farebbe storcere il naso a molti, ma che Cameron, 35 anni fa, sapeva già mostrare con verità e semplicità, con calore e dolcezza.

Molti dei temi trattati sono “normali” eppure affrontati in maniera arguta e toccante: il desiderio di maternità, la scelta di continuare a stare insieme a qualcuno dopo tanto tempo, tutte le varie sfaccettature dell’amore, i rapporti complicati fra genitori e figli; Cameron, con la sua prosa quasi distaccata ma piena di grazia, ci racconta una vita che, in un modo o nell’altro, conosciamo tutti.

Oh Peter, che occhio perfetto per parlare d’amore, di coraggio, di vita.

In generale non posso dire che sia un romanzo fantastico, probabilmente dimenticherò presto la maggior parte degli avvenimenti che si susseguono nella storia, ma un lato estremamente positivo per me l’ha avuto: mi ha permesso di osservare meglio “Cose che succedono la notte” e più in generale sulla penna dell’autore, di riflettere sui suoi contenuti e sul suo stile con una luce nuova ad illuminarlo, e ad apprezzarlo di più.

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Anno bisestile

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Published on January 24, 2024 02:04

January 20, 2024

ZOMBIE – JOYCE CAROL OATES

Voto: 7/10

Edito: Il Saggiatore

Quentin non è un uomo come tutti gli altri: ha superato i trent’anni, sta scontando due anni di libertà vigilata dopo essersi dichiarato colpevole di molestie su minore, frequenta dei corsi di ingegneria all’università mentre lavora come custode nella grande villa che appartiene ai genitori e le cui stanze vengono affittate da studenti stranieri, ed ha un’ossessione martellante in testa.

Il pensiero fisso che lo tormenta è quello di creare il proprio zombie, una specie di schiavo, che possa soddisfarlo emotivamente e sessualmente per tutta la vita.

E così comincia a studiare, a cercare il modo migliore per rendere docile la sua creazione, e si imbatte in uno studio riguardante la lobotomia.

Quentin è pronto a iniziare i suoi esperimenti.

Che libro agghiacciante.

Avevo sentito parlare di Oates, e di come alcune sue opere siano considerate controverse, e mi è capitato un po’ per caso questo titolo fra le mani. E ora capisco.

A quanto pare il personaggio di Quentin è ispirato al vero serial killer Jeffrey Dahmer, ed effettivamente leggendo il libro ho avuto proprio l’impressione che si parlasse di lui, tanto che in alcune scene mi aspettavo soltanto di vederlo estrarre coltello e forchetta.

Ma Quentin è leggermente diverso, come serial killer: Quentin ha un grande piano in mente, e nessun briciolo di empatia per chiunque gli stia intorno.
Probabilmente questo è uno degli aspetti che più rende difficile questa lettura, il modo in cui ogni cosa venga descritta con una leggerezza atroce, le cose più morbose si mescolano ai pensieri più comuni, creando un miscuglio nero e putrido.

Questo non è un bel libro, per vari motivi: la crudezza di ciò che viene raccontato e del modo in cui ci viene presentato, la prosa così semplice e ripetitiva non innalza l’opera ma ci fa precipitare nella mente ossessiva del protagonista, la storia narrata in prima e terza persona con frasi brevi da una parte spezza un po’ il ritmo e dall’altro ci spinge inesorabilmente verso il baratro, il finale che accende una fiammella di speranza per appena una manciata di righe prima di strapparci via anche quella.
Questo non è un bel libro nel senso classico della definizione, ma è un libro che funziona molto bene.

Colpisce il lettore con la sua violenza e la sua mostruosità, mostrando in maniera credibile e realistica come ci si potrebbe sentire all’interno della mente di un serial killer.

Sì, non è tutta invenzione della mente di Oates perché principalmente è Jeffrey, ma Quentin riesce comunque a trasmetterci qualcosa di suo.
Nonostante sia un personaggio chiuso, che trasmette incomunicabilità, che non riesce a parlare di sé con nessuno, che nessuno conosce davvero, mostrandoci sia l’indifferenza del sistema giudiziario nei riguardi di certe persone sia i pericoli causati dai tentativi della classe medio alta di nascondere tutto ciò che potrebbe causare problemi o scandali sotto al tappeto, nonostante il completo distacco di Quentin da tutti quelli che lo circondano, noi riusciamo a sentire la sua voce.

Ed è spaventoso.

Grazie Joyce, che angoscia.

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Zombie

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Published on January 20, 2024 02:15

January 16, 2024

IL PRIMO ROMANZO DI SARA POLLINI

Salve a tutti!

Oggi ho il piacere di presentarvi il primo romanzo di Sara Pollini, edito Porto Seguro, che mi è stato gentilmente inviato dall’autrice, e pubblicato a gennaio del 2023.

29 virgola 9 periodico è un racconto sulla ricerca della felicità. Peccato che Giovanni, ossessionato dall’idea di compiere il suo trentesimo compleanno senza aver ancora combinato niente di grandioso, la cerchi puntualmente nei posti peggiori. E la sua segreta passione per la vita sregolata, così come per tutto quel che suona maledetto, come le correnti letterarie underground degli anni ’50, non lo aiutano. Finché, una domenica mattina, proprio mentre è costretto ad affrontare l’ennesima noiosa giornata passata in famiglia, trova un grande progetto in cui credere: come Bukowski, anche lui scriverà il suo “On the Road”. E imitando i mitici ribelli uno dopo l’altro, aiutato dalla mania di emulare personaggi e stili di vita, finirà con l’intraprendere un viaggio che lo porterà esattamente dove voleva: a San Francisco, cuore della letteratura beat, alla ricerca dell’ispirazione e di un’avventura che lo aiuti a realizzare il suo sogno.

BIO: Sara Pollini è nata e vive a Milano dove scrive slogan e altre cosette per le auto, le birre e i mobili svedesi. Di questa storia sa poco o nulla, si è limitata a scriverla per un amico.

Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.

Presto la recensione!

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Published on January 16, 2024 01:53

IL NUOVO ROMANZO DI SARA POLLINI

Salve a tutti!

Oggi ho il piacere di presentarvi il nuovo romanzo di Sara Pollini, edito Porto Seguro, che mi è stato gentilmente inviato dall’autrice, e pubblicato a gennaio del 2023.

29 virgola 9 periodico è un racconto sulla ricerca della felicità. Peccato che Giovanni, ossessionato dall’idea di compiere il suo trentesimo compleanno senza aver ancora combinato niente di grandioso, la cerchi puntualmente nei posti peggiori. E la sua segreta passione per la vita sregolata, così come per tutto quel che suona maledetto, come le correnti letterarie underground degli anni ’50, non lo aiutano. Finché, una domenica mattina, proprio mentre è costretto ad affrontare l’ennesima noiosa giornata passata in famiglia, trova un grande progetto in cui credere: come Bukowski, anche lui scriverà il suo “On the Road”. E imitando i mitici ribelli uno dopo l’altro, aiutato dalla mania di emulare personaggi e stili di vita, finirà con l’intraprendere un viaggio che lo porterà esattamente dove voleva: a San Francisco, cuore della letteratura beat, alla ricerca dell’ispirazione e di un’avventura che lo aiuti a realizzare il suo sogno.

BIO: Sara Pollini è nata e vive a Milano dove scrive slogan e altre cosette per le auto, le birre e i mobili svedesi. Di questa storia sa poco o nulla, si è limitata a scriverla per un amico.

Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.

Presto la recensione!

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Published on January 16, 2024 01:53

January 13, 2024

LEGENDS&LATTES – TRAVIS BALDREE

Voto: 6/10

Edito: Tor/Mondadori

Un’orchessa decide di appendere (letteralmente) la spada al chiodo e abbandonare la sua vecchia vita, fatta di sangue e violenza, per aprire un piccolo caffè nella città di Thune.

E così, grazie a nuove e vecchie amicizie, pasticcieri e carpentieri, riuscirà a coronare il suo sogno, nonostante tutte le difficoltà che si presenteranno lungo il suo cammino.

Che cosa ho appena letto?

Qual è il senso di questo romanzo?

Dov’è la storia di questo romanzo?

Com’è possibile che tutti lo amino?

Cominciamo dal principio: la storia di base. Viv, la protagonista, decide di aprire un caffè.
Giusto, certo, sensato.
Diciamo che ambientandolo nel nostro mondo nessuno lo avrebbe degnato anche solo di uno sguardo, e allora l’autore lo ha furbescamente ambientato in un mondo fantasy, con orchi e nani e elfi e succubi, et voilà, un’idea originale e geniale!

Dicevo: Viv vuole aprire questo caffè, in un mondo in cui quasi nessuno sa che cosa sia il caffè (nonostante i nani abbiano già inventato macchine per macinarlo e tostarlo e lavorarlo in ogni modo possibile), e il problema principale è riuscire a vendere questo prodotto sconosciuto a delle persone, e quando quel problema è risolto letteralmente in due giorni, ci serve qualcosa da mangiare, e allora troviamo subito un geniale pasticcere, e quando anche quel problema è risolto passiamo al caffè ghiacciato…più che un libro sembra uno di quei stupidi giochi per cellulare in cui apri un ristorante e piano piano devi equipaggiarlo con opzioni più variegate e apparecchiature più avanzate e…che palle!

E quindi niente, diciamo che per me la storia di base non funziona un granché, e allora vediamo quelle secondarie: Viv ha una specie di gemma che della gente vuole rubare (a un certo punto ho smesso di prestare attenzione a ciò che stavo leggendo) e poi c’è la Signora della Mafia della città che esige un pagamento per la protezione del locale. Ma che cosa ho letto??

Ok, e allora niente, lasciamo stare la storia e passiamo ai personaggi: piatti, piccoli, macchiette, tutti così dolci e disponibili e buoni da far cariare i denti.
La relazione fra Viv e Tandri non ha un minimo di cuore e di calore.
Tutti gli altri personaggi hanno una faccia/un compito/una voce, e restano chiusi in questa piccola bolla senza spessore.

Il mondo…ma quale mondo? Tutto si svolge all’interno del caffè, che è la nascita di uno Starbucks qualunque (arriviamo anche alle travel mugs), e che soltanto chi non ha mai lavorato nella ristorazione potrebbe romanticizzare in questa maniera.

Boh, già l’idea di un “cosy fantasy” mi aveva fatto storcere il naso e le due righe di trama che avevo letto non erano riuscite minimamente ad attirarmi, ma come al solito ho letto troppe recensioni ed eccomi qua.

E niente, la prossima volta dovrò seguire il mio istinto.

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Legends&Lattes (ita)

Legends&Lattes (eng)

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Published on January 13, 2024 02:30

January 10, 2024

NON ABITIAMO PIÙ QUI – ANDRE DUBUS

Voto: 8/10

Edito: Mattioli 1885

Tre racconti lunghi che vorticano intorno alle vite di due coppie, raccontando tre momenti diversi e parlando un po’ di tutta l’umanità.

Nel primo racconto, Jack è sposato con Terry, e Hank è sposato con Edith, ma la monotonia e la frustrazione e la voglia di qualcosa di nuovo si insinua nelle loro vite, rimescolando le carte in tavola, aggiungendo nuovi tradimenti e svelandone di vecchi.

Nel secondo racconto, Jack è ancora sposato con Terry, e i due hanno trovato una pace con cui affrontare la loro vita famigliare, così come Hank ed Edith, che dopo tentativi e discussioni, hanno deciso di vivere le proprie vite con più libertà, senza nascondere al proprio coniuge le nuove ed eventuali relazioni e senza mentirsi, ma continuando ad amarsi e a rimanere uniti per Sharon, la loro unica figlia; ma la vita e la morte si insinueranno nelle loro vite, cambiando questa nuova normalità.

Nell’ultimo racconto, Hank ed Edith hanno ormai divorziato da anni, e lui ha una nuova relazione con un’altra delle sue studentesse, e sta ancora cercando di trovare un nucleo che riesca a ridargli quella sensazione di stabilità che aveva trovato con Edith, e anche questa volta la vita e la morte torneranno ad intrecciarsi per spingerlo a prendere una decisione.

Dubus è stato una vera e propria scoperta.
Questa volta non posso prendermene il merito, non mi è piovuto per caso fra le mani, ma mi è stato consigliato caldamente. Che viaggio incredibile nell’animo umano!

Questi racconti sono stati scritti tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, eppure riescono ancora a gridarci con forza dalle pagine del libro.

Dubus parte da quattro personaggi come tanti, due coppie giovani e sposate, due coppie di amici, ognuna con i propri problemi e le proprie gioie, e riesce a smascherare almeno in parte qualcosa che si nasconde in tutti noi. Con sguardo quasi cinico ci parla di tradimenti e disillusioni, quotidianità e gelosie e rimorsi, senza mai nascondere la propria sensibilità.

Quando la sua attenzione si concentra con forza su uno dei personaggi, tutta la luce si riversa sul suo capo, mettendolo completamente a nudo di fronte ai nostri occhi.

Nel primo racconto Jack si sente un uomo pieno di vitalità, vorrebbe liberarsi dalla sua vita monotona e piena di rancore, dalla sporcizia che invade la sua casa e il risentimento che prova nei confronti di sua moglie; l’attenzione del lettore è su di lui, e su Edith, così giovane e bella e piena di passione, ma con la coda dell’occhio riusciamo ancora a notare Terry, che Dubus lascia volontariamente indietro per aumentare questo senso di disparità che si solleva dalle pagine; e quando Terry inizia la sua breve relazione con Hank, allora Dubus ci ricorda che anche lei è un personaggio a tutto tondo, che non è soltanto una macchietta, e noi lettori, proprio come Jack, ritroviamo la strada di casa.

Edith è l’amante, è giovane e sensuale, e Terry è la moglie, è stanca e sfiorita, eppure Hank compie la scelta inversa di Jack, e Dubus ci mostra come il punto di vista di ognuno di noi sia soggettivo e le cose possano cambiare modificando appena il punto di osservazione.

Ed è così per ogni racconto: nel secondo Hank ed Edith sembrano aver trovato un loro equilibrio, ma noi possiamo osservare Edith da vicino e conoscere i suoi pensieri, e sappiamo che qualcosa bolle in pentola (cosa che Hank riuscirà a comprendere definitivamente soltanto nel terzo racconto, chiudendo alla perfezione il circolo e donando pace al rapporto fra i due personaggi).

Nel terzo Hank ha trentacinque anni, eppure continua a frequentare ragazze diciannovenni del suo corso, ma possiamo anche vedere tutti gli altri rapporti che ha avuto dalla fine del suo matrimonio. Hank è sicuramente il personaggio che mi è piaciuto di meno, con la sua retorica da grande uomo e piccole donne, ma nonostante questo l’ho apprezzato molto, nella sua crescita e nei suoi rapporti interpersonali, e pur non conoscendo bene l’autore l’ho visto un po’ come un suo alter ego, questo professore di inglese e scrittore, e le sue riflessioni sulla scrittura e la vita sono davvero meravigliose e brillanti.

Lo stile di Dubus è denso e sofisticato, sensibile e profondo; ci sommerge da ogni lato, ogni parola ci rivela un mondo nuovo, ed è come scavare con uno di quei picconcini da archeologo, e ci sembra di avanzare lentamente ma ad ogni colpo emerge uno spiraglio su un universo intero, ed è impossibile arrestarne l’avanzata.

(Unica nota negativa, davvero: Edith e Hank che continuano a notare, in diverse fasi della sua crescita e contesti differenti, i seni di Sharon. Boh, certe cose me le aspetto solo da Murakami, e mi lasciano sempre un po’ di amaro in bocca.)

I personaggi e le storie sono profondamente umani e realistici, veri e complessi, e Dubus sa indirizzare il lettore esattamente dove vuole lui, senza mai perdere il contesto generale della situazione; creando le giuste zone d’ombra e allargando le chiazze di luce, con occhio critico dai toni amari ma sempre in grado di provare pietà e mostrarsi clemente, ci ritroviamo immersi fino al collo in tre racconti dalla forza prorompente, in due matrimoni che sono l’inizio e la fine di tutto, vagando nella provincia americana che si fa ricettacolo di poche e piccole vite che racchiudono tutta l’umanità.


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Published on January 10, 2024 01:16

January 7, 2024

IL PROFUMO DEI VALGESI – MALIK TARIQ BASHIR

Edito: Bookabook

Un ringraziamento sentito a Tariq per avermi inviato una copia del suo romanzo!

Appartiene a Virginia Maltesi la voce che ci racconta questa storia.
La donna è stata vittima di un brutto incidente, ed ha trascorso le tre settimane successiva in coma.
Al suo risveglio, non riesce a liberarsi di una strana sensazione di disagio, causata da un incubo. Così l’infermiere Ugo Biagetti le consiglia di raccontare questi sogni, di inciderli su un nastro, per riuscire a sfogarsi e liberarsi finalmente da questi fantasmi.

Ed è così che inizia il romanzo, con la voce di Virginia che narra le azioni di un uomo, un viandante, che vaga per il mondo e si imbatte in una strana comunità, quella dei Valgesi.
Questi sono venti uomini che vivono nascosti e non hanno intenzione di rivelare la propria presenza al mondo.

Un romanzo breve e, sinceramente, un po’ strano, questo di Bashir.

Un paio di mesi fa avevo già avuto l’opportunità di leggere un’altra opera dell’autore, e devo ammettere che alcuni dei problemi che avevo rivelato in quella sono presenti anche in questa.

Questa volta Bashir fa muovere la sua storia nei sogni, cercando di trasportare il lettore dal mondo reale ad uno su un altro piano, per parlare di speranza e cambiamenti, accettazione del diverso e paura dell’ignoto.

La storia non è particolarmente complicata, ma ci sono parecchie cose che ho trovato strane e poco sensate.

Per esempio, nella parte che riguarda Virginia, la donna dice di aver inciso questo suo sogno con la speranza che possa un giorno aiutare a “salvare dalla morte qualche altra persona”…ma in che senso? Il sogno di una persona in coma salva la vita ad un’altra persona?

Così come nella parte che riguarda il sogno stesso, si dice dei Valgesi che siano un popolo che vive nascosto e non accetta persone esterne…eppure aprono le porte ad un viandante in cerca d’acqua, soltanto per ucciderlo subito dopo?

E il fatto che questa comunità sembri vivere in un’altra epoca, ispirata alle civiltà romane, etrusche e quant’altro, è un segno della sua apertura nei confronti dell’esterno, eppure i venti uomini continuano a dichiararsi contrari ad un incontro con il mondo esterno.

Ci sono delle idee interessanti, così come l’atmosfera generale del romanzo, inquieta ed inquietante, riesce a raggiungere il lettore e a farci oscillare fra le due realtà.

Una storia strana, senza un vero corpo, che utilizza le uniche idee più “sensate” all’inizio e alla fine, lasciando un grande vuoto confuso al centro.

Anche questa volta la scrittura di Bashir è ricercata, ma i dialoghi sono quasi tutti irrealistici, con l’utilizzo di espressioni assurde; i toni sono pomposi e tentano di dare spessore all’opera attraverso l’utilizzo di vocaboli desueti e circonlocuzioni che si mordono la coda.

Un romanzo breve che fatica a scorrere, una storia strana che non trova il proprio centro, un libro che si perde fra accenni di grandi idee poco sviluppate.


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Il profumo dei Valgesi

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Published on January 07, 2024 01:08

January 2, 2024

I BAFFI – EMMANUEL CARRÈRE

Voto: 7/10

Edito: Adelphi

Il protagonista è un uomo relativamente giovane, dai lunghi capelli e i folti baffi, che lavora come architetto in uno studio che condivide con il suo migliore amico ed è sposato con Agnès da 10 anni.

Una sera, un po’ per gioco, per provare qualcosa di diverso, decide di radersi i baffi, per sorprendere sua moglie.
Ma Agnès non reagisce in nessuna maniera a questa sua azione, e l’uomo ne resta un po’ offeso e un po’ sorpreso; insomma, in 10 anni di matrimonio non l’ha mai visto senza baffi, com’è possibile che sia rimasta così impassibile?

La cena a casa dei loro amici si svolge nella stessa maniera, senza nessuna reazione particolare alla novità, e l’uomo si convince che sia tutto uno scherzo inscenato dalla moglie, che deve aver convinto la coppia di conoscenti a fingere che sia tutto normale.

Ma “lo scherzo è bello quando dura poco”, e alla fine l’uomo cede: perché Agnès non vuole commentare la sua rasatura?
La moglie resta spiazzata e gli giura che lui non ha mai avuto i baffi, e che quindi nulla è cambiato.

Ma cosa sta succedendo?

Il suo migliore amico conferma la teoria di Agnès, e il protagonista inizia a sentirsi sempre più ingabbiato; lontana ormai l’idea di uno scherzo ben congegnato, questo è un vero complotto per farlo impazzire, per farlo fuori.

E le cose non fanno altro che precipitare.

Che dire di Carrère?

La sua penna, ancora relativamente acerba in questo romanzo (che è la sua terza opera di narrativa, se non erro), mostra già tutti i segni della sua grandezza: la sua prosa è coinvolgente e oscura, le frasi lunghe e cariche di incisi ci fanno precipitare in un vortice senza fondo, il suo stile arguto ci permette di osservare da vicino la mente distorta del protagonista, o la sua realtà distorta, o entrambe.

La storia inizia subito a passo spedito, e già dalle prime pagine l’ansia del protagonista si trasmette con forza al lettore.

La prima metà del romanzo si svolge un po’ come un sogno ad occhi aperti, un incubo dal quale è impossibile svegliarsi, con la paranoia sempre crescente e la paura di ciò che non si capisce.
O peggio: la paura di non riconoscere più ciò che è sempre stato una parte fondamentale della nostra vita.

La seconda metà, però, un po’ si perde; proprio come il protagonista, perso nella propria mente, fra complotti e ossessioni, la trama si perde fra le strade di Hong Kong, o meglio sulle sue acque, si dilunga un po’ troppo in dettagli che smorzano la tensione.

Il finale, per quanto scioccante (e con questo termine mi riferisco principalmente alla violenza delle parole, perché come scena in sé era abbastanza prevedibile) è la parte più debole, ed è un vero peccato; è vero che a questo punto avevo immaginato già un centinaio di finali possibili, quindi sarebbe stato difficile creare qualcosa di davvero sorprendente, ma avevo molta fiducia in Emmanuel, che però mi ha abbastanza deluso.

Ed è davvero un peccato, perché la prima metà del romanzo è fantastica e travolgente, ci confonde e ci disturba, ad ogni frase sembra sfilarci il tappeto da sotto i piedi e spingerci sempre un passo più in là, verso il baratro; ma la seconda metà perde molta della sua forza e il finale (per quanto d’impatto) non è riuscito a convincermi del tutto.

In generale il romanzo funziona: la distruzione di un uomo, la sua decostruzione, il suo farsi a pezzi e perdere pezzi di sé lungo la strada.

Si comincia dai baffi, quindi i migliori amici e il padre, la sua casa d’infanzia, tutta la sua vita gli si sta letteralmente sgretolando di fronte agli occhi, e non ha un’ancora di salvezza a cui potersi aggrappare, perché non c’è niente e nessuno di cui possa fidarsi.

Un’opera nera e paranoica, che ad ogni pagina ci impedisce di trovare un equilibrio che possa riassestare almeno in parte la realtà.

In questo Carrère è un maestro, e la sua prosa è così francese e ben articolata da farmi piangere.

Un buon libro, una lettura in grado di colpire il lettore, sconvolgerlo, e farlo ragionare su malattie mentali e menzogne, apparenza esteriore e percezione dell’altro, complotti e paure intrinseche.

Per quanto non sia il mio romanzo preferito dell’autore, Carrère non manca mai completamente il bersaglio.

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I baffi

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Published on January 02, 2024 01:33