Rachele Riccetto's Blog, page 20
October 31, 2023
IL SECONDO ROMANZO DI MALIK TARIQ BASHIR
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il secondo romanzo di Bashir, edito Bookabook, che mi è stato gentilmente inviato dall’autore, pubblicato nel 2022.

Il viaggio di Virginia Maltesi inizia senza quasi muovere un passo: sogna; intorno a sé scorge luoghi dal sapore medievale, un paesaggio che sembra estendersi all’infinito e un misterioso viandante, ma man mano che i minuti passano l’atmosfera diventa sempre più inquietante e angosciosa.
Chi è l’uomo? Cosa sta cercando, su per la montagna? E perché, in mezzo alla nuda roccia, c’è una porta?
Da semplice spettatrice, Virginia diventa sempre più protagonista, fino a scoprire che il passaggio cela un mondo che non vuole essere svelato, fatto di uomini disposti a tutto pur di rimanere nascosti.

BIO: Malik Tariq Bashir è nato a Roma nel 1983. Ha conseguito la maturità scientifica presso l’Istituto Massimiliano Massimo di Roma e nel 2007 si è laureato in Scienze Politiche, con indirizzo internazionale, presso l’Università degli Studi Roma Tre.
È iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti del Lazio dal 2010.
Ha pubblicato “Il leone bianco” con Faligi editore nel 2009 e “Il profumo dei Valgesi” con Bookabook nel 2022.
“L’osmosi del Coc-co-dril-lo” è il suo nuovo progetto, che potete preordinare direttamente sul sito di Bookabook.
Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.
Presto la recensione!
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October 28, 2023
25 – BERNARDO ZANNONI

Voto: 5/10
Edito: Sellerio
Gerolamo ha quasi 25 anni, un paio di amici di vecchia data, una zia che si prende cura di lui da sempre e una casa in cui vive da solo.
I suoi genitori se ne sono andati, lasciandolo in balìa di sé stesso, e lì Gero è rimasto.
Finita la scuola, Gero non ha proseguito gli studi, non ha cercato un lavoro, ma ha semplicemente passato il suo tempo fumando, spostandosi tra un locale e l’altro della sua piccola cittadina di mare, scattando qualche foto.
Ma ad una settimana dal suo compleanno, quando a compiere 25 anni è Tommy, uno dei suoi migliori amici, succede qualcosa che metterà in moto una serie di eventi che darà una scossa alla sua vita insabbiata, e lo porterà ad alzare la testa.
Come dico sempre, io non giudico mai un libro basandomi sulle altre opere dell’autore e così, pur non avendo apprezzato l’opera prima di Zannoni, ho deciso di affrontare la sua seconda fatica.
Solo che qui la fatica la faccio sempre io.
Di base, questa trama forse mi intrigava più di quella de “I miei stupidi intenti”: i 25 anni, un ragazzo perso in sé stesso, la vita che sembra sfuggirti dalle dita…tutte sensazioni che conosco benissimo (non ho passato i 25 da molto, in fondo), che molti conoscono bene, e poteva diventare una lettura interessante.
Mente aperta, nessun pregiudizio, cercavo soltanto un buon libro.
Ma non l’ho trovato neanche questa volta.
Gero dovrebbe rappresentare un’intera generazione di “mezzi uomini”, che non hanno ancora capito chi sono e cosa vogliono, che non sono ancora cresciuti e non riescono ad affrontare di petto anche le più piccole avversità.
Il problema, però, è che Gero è un personaggio troppo inconsistente, praticamente inesistente, che non riesce a trascinare la storia fino alla fine.
Un venticinquenne smarrito? Benissimo.
Ma tu mi vuoi dire che questo tizio, per 6 anni (considerando che di solito ci si diploma a 19 anni) non ha fatto assolutamente niente, non ha studiato, non ha lavorato, “campava d’aria” (come si dice volgarmente) e tutti questi grandi dubbi morali non l’hanno mai sfiorato? Mai?? Neanche una volta??
Ma che vita è, ma questo è un cretino.
Anche perché lui vive letteralmente sulle spalle della zia e della sua piccola pensione d’invalidità, quindi non solo è cretino, ma è anche stronzo (scusatemi il termine).
Poi però, quando Tommy tenta il suicidio (non è uno spoiler, giuro, viene raccontato dopo una ventina di pagine appena), allora Gero viene investito da mille dubbi e mille pensieri e tanta sofferenza.
Ma a noi li racconta? No, noi stiamo lì, a guardarlo seduto su una sedia o su un divano o in una macchina o che cammina o che fuma, grande pensatore, senza entrare mai davvero in lui.
Ripeto, protagonista inesistente.
L’unica cosa che fa è andare al bar, giudicare gli altri avventori che vivono la vita esattamente come lui (o forse anche un po’ meglio), definirli “ombre” o “ignavi” e continuare a non vivere.
Poi ogni volta che Gero si ritrova a pensare a qualcuno diverso da sé, o inizia a fantasticare su come sarebbe sposare e fare una famiglia con la sorella di quella persona (Tommy è in coma a 3 metri da te, ma vergognati), oppure si immagina di prendere direttamente il posto di una persona probabilmente scappata e creare una famiglia con la sua ragazza e i suoi due figli (sempre reazioni normalissime e molto umane).
Parlando “d’amore”, poi, c’è Amon, il terzo moschettiere, bellissimo (ottima descrizione) e fidanzato con Isidora la quale, come ci viene ricordato più volte, non se lo merita, lei è più brutta di lui, che tartassa questa poverina al cellulare e quando lei non risponde se ne esce subito con “Non so dov’è, ho voglia di ammazzarla”.
Sempre Amon, dopo che lui e Isidora si sono lasciati, si fa arrestare perché tenta di picchiare un gruppo di persone e poi, in lacrime, se ne esce con la grande rivelazione “sono innamorato!”.
Ecco, siccome non voglio dedicare ancora troppo tempo a questa recensione, non starò qui a dire quanto sia disgustoso tutto questo.
C’è la metafora della vita come una Grande Gabbia, che ci viene sputata in faccia più volte attraverso la sottile immagine del pappagallo Richard che fugge dalla sua gabbia.
C’è la metafora dell’abbruttimento dell’uomo con il lavoro al mattatoio, sangue e ossa e pezzi informi di carne e cuore pulsante, anche questa molto delicata.
C’è anche la metafora Matrix: da una parte la pillola rossa della realtà (il lavoro al mattatoio) e dall’altra la pillola blu dei sogni e di una vita in un limbo (letteralmente un locale che si chiama Pillola Blu).
Lo stile di Zannoni mi è forse piaciuto un po’ di più, questa volta, anche se sembra scegliere le immagini da utilizzare nello stesso modo in cui i genitori di Beirut hanno deciso il suo nome: “perché suonava bene”.
Il libro è breve e scorre velocemente, tra traumi mai affrontati e un mezzo tentativo di romanticizzare il suicidio, e alla fine si perde nel nulla.
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October 26, 2023
SE IL TEMPO SI FOSSE FERMATO – ARCANGELA VIGGIANO

Edito: Bookabook
Un ringraziamento speciale ad Arcangela per avermi inviato una copia del suo romanzo!
È l’estate del 1970, e la protagonista vive insieme alla sua famiglia in un piccolo paese del Sud Italia, in un quartiere denominato il Castello, dove la vita sembra scorrere con tranquillità durante le ore del giorno, mentre di notte delle ombre oscure si posano sulle case, a ricordare un passato violento e misterioso.
Ma il Castello è un posto quasi magico, in cui la natura si mescola a vecchie credenze e gli spiriti inquieti tornano a farsi sentire, e lei non sa ancora che quella sarà l’ultima estate che trascorrerà lì.
E così, dopo molti anni, la protagonista tornerà a camminare fra quelle vie che non ha mai abbandonato davvero, per tentare di comprendere ed accettare il dolore che ha investito la sua famiglia.
Un’opera prima davvero interessante, questa di Viggiano.
Un romanzo breve che si carica di magia e sofferenza, di buio e musica lirica.
Attraverso continui salti temporali, osserviamo il passato della protagonista e i segni premonitori, sempre più evidenti, della tragedia che si abbatterà sulla sua vita.
Siamo divisi a metà, proprio come lei, fra un luogo del passato dai tratti onirici e un luogo del futuro più asettico e medico.
Il Castello è intriso di ricordi e nostalgia, di rimpianti e innocenza perduta; il futuro è crescita e accettazione, è la fine di un viaggio lungo tutta una vita.
La prosa di Viggiano è matura e chiara, scorrevole e ben articolata; la storia prende vita di fronte ai nostri occhi, e il Castello ha connotazioni quasi gotiche, un luogo incantato e perduto, sognato e sofferto.
In contrapposizione, i luoghi del futuro riguardano tutti la salute mentale della protagonista e del padre, spogliano il passato di quella luce magica e stregata, illuminano la storia con la forza della realtà.
Importanti nella storia sono il destino e la musica, che si intrecciano fino a creare una spessa trama attraverso la quale osservare la realtà.
Il difetto maggiore di questo romanzo è la sua brevità, perché Viggiano è riuscita a creare un luogo interessante in cui sviluppare la sua storia, che avrebbe sicuramente guadagnato più forza da un maggior approfondimento, specialmente dei personaggi.
Una lettura breve ma intensa, dai tratti leggeri e al tempo stesso profondi, che riesce a farci immergere fra le ombre del Castello e dei suoi spiriti, e ci sembra davvero di riuscire ad ascoltare le più grandi opere liriche che risuonano in sottofondo.
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October 21, 2023
WEYWARD – EMILIA HART

Voto: 5/10
Edito: Fazi
Tre donne, cinque secoli, un’unica famiglia.
Altha, nel 1619, viene accusata e processata per stregoneria ed omicidio.
Violet, nel 1942, vorrebbe soltanto passare la sua vita in mezzo alla natura, ma l’arrivo del cugino Frederick cambierà per sempre il suo futuro e porterà a galla segreti nascosti del suo passato.
Kate, nel 2019, fugge dal marito violento e si rintana nel piccolo cottage ereditato dalla prozia.
Tre donne Weyward, ognuna con una forza nascosta dentro di sé, con un legame profondo con la natura e tutti gli animali, con un unico filo di amore e ribellione e voglia di sopravvivenza che le unisce.
Tecnicamente questo libro aveva tutte le carte in regola per aggiungersi alla lista di ottimi titoli che ho letto quest’autunno.
Purtroppo, però, ha mancato il bersaglio di parecchio.
È una brutta storia? No, non brutta, non direi, più che altro la definirei “scontata”.
È scritto male? No, non male, ma neanche bene; lo stile è piatto, avanza un po’ a singhiozzi fino a metà romanzo e poi sembra riuscire a prendere il via, si incaglia ancora nelle mille ripetizioni e finisce per annoiare.
Trasmette un messaggio sbagliato? Bè, parlando di emancipazione femminile non me la sento di definirlo sbagliato, ma quando un personaggio si ritrova a pensare la frase “Era un brav’uomo, ma comunque un uomo” capisci che qualcosa di sbagliato c’è.
Tutte le donne delle storie sono vittime, tutti gli uomini sono mostri (tranne uno, che si vede poco).
Gli uomini non cambiano, non crescono, non peggiorano e non migliorano, servono a picchiare le donne e riprodursi con loro, non trovano redenzione e salvezza, non c’è niente che possano fare per salvarsi dalla condanna che è “nascere uomo”.
Io questo non lo chiamo femminismo.
E così tutte le donne sono vittime, che trovano nel proprio sangue la forza necessaria per rialzarsi e combattere (peccato che quella forza sia letteralmente una forza magica, e quindi il messaggio qui quale sarebbe? Che tutte le donne senza magia sono fottute?).
La quantità di sangue e stupri e violenze domestiche e abusi di vario tipo e aborti e descrizioni grafiche di “grumi di sangue e carne” e uomini schiacciati da animali è, sinceramente, disturbante, e non nel senso buono.
Se questo è l’unico modo in cui si riesce a sconvolgere i lettori, c’è qualcosa che non va.
Per non parlare della quantità di insetti e larve e ragni e vermi che per favore, mi viene da vomitare solo al pensiero.
Le donne, nei secoli (dei secoli amen) sono semplicemente delle creature deboli abusate dagli uomini, gli involucri intorno agli uteri (i quali hanno una parte così fondamentale in questa storia) che bramano vendetta.
Ecco, questa è una storia di vendetta, non di sopravvivenza, e rinascita, e voglia di vivere e sopravvivere. Pura e semplice vendetta. Nera, violenta.
Delle tre parti, forse quella che riguarda Altha è quella che ho preferito, principalmente perché mi piacciono i romanzi storici sulle streghe, e quella era la parte che più ci si avvicinava.
Mi è piaciuto abbastanza il modo in cui le tre storie si intersecano fra di loro, i piccoli indizi che ognuna di loro lascia alle proprie discendenti (anche se ci mettono 300 pagine per capire che la “w” incisa su medaglioni e maniglie è quella di “Weyward”…Signore, pietà).
Quindi, per concludere, è un libro brutto? No, non brutto, ma noioso, con un finale che non trasmette davvero speranza, ma che sembra condannare queste donne a questo cerchio infinito di abusi e violenze, senza scampo.
Era da un po’ che non leggevo un libro senza riuscire ad empatizzare minimamente con almeno un personaggio. La maledizione delle belle copertine ha colpito ancora.
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October 19, 2023
QUANDO LE MONTAGNE CANTANO – NGUYễN PHAN QUế MAI

Voto: 7/10
Edito: Nord
Una famiglia distrutta dalla guerra, ma riunita dall’amore.
A raccontarci la storia è la piccola Hương, che vive da sola con sua nonna Diệu Lan ora che tutti i loro famigliari sono partiti per la guerra.
Vivono ad Ha Noi, sotto il rombo e la minaccia costanti dei bombardieri americani, che stanno distruggendo il loro Paese.
La vita nel Việt Nam del Nord è diventata sempre più ardua, e quando tornano a casa dopo l’ennesimo bombardamento scoprono che la loro abitazione è stata completamente distrutta.
Le due iniziano a ricostruirla, e Diệu Lan comincia a raccontare la storia della sua vita alla nipote, dividendo così la storia in due filoni principali: quella che si svolge al presente, dagli anni ’70, e quella che comprende il passato della giovane Diệu Lan, dagli anni ’30, vivendo e rivivendo tutte le gioie e i dolori.
E così, mentre la famiglia di Hương riesce piano piano a riunirsi, una lacrima alla volta, un sorriso alla volta, un componente alla volta, alla stessa maniera Diệu Lan racconta di come aveva dovuto abbandonare i propri figli per ricostruirsi una vita dopo la riforma agraria che prevedeva l’espropriazione dei beni dei possidenti terrieri, e di tutte le sue tribolazioni per riunirsi a loro.
Una storia dolce e molto amara, di forza e amore, di voglia di sopravvivere e dell’importanza dei legami famigliari.
Una storia carica di speranza.
Un romanzo che attraversa quasi 50 anni di storia di un Paese che, personalmente, ho sempre trovato davvero affascinante.
Sono quasi 10 anni ormai che sogno di poter raggiungere il Việt Nam e visitare quei luoghi che tanto mi affascinano, e grazie a questo libro ho avuto, almeno in parte, la possibilità di camminare fra quelle foreste, vedere quegli sterminati campi di riso, e dalle pagine è quasi possibile sentire l’odore del mio amato phở.
Mi è piaciuta moltissimo tutta la parte riguardante la guerra, che ci permette di osservare quell’atrocità da entrambi i punti di vista: quello a noi più noto, dell’America e del Việt Nam del Sud, e quello opposto, dei comunisti.
Alla stessa maniera, conosciamo tutti l’opinione degli americani sul comunismo, e per una volta è stato davvero affascinante poter osservare le cose dall’altra parte, dagli occhi di un popolo che ha dovuto combattere contro gli occidentali capitalisti, e del modo in cui gli ideali politici estremi finiscono per distruggere le vite delle persone.
I legami famigliari sono alla base di tutta la storia, con la loro forza e la loro irrescindibilità, calzando particolarmente sul rapporto nonna-nipote (che mi ha fatto desiderare un paio di volte di schiaffeggiare Hương, ma questi sono dettagli).
I personaggi sono tutti molto interessanti, ognuno con la propria storia e le proprie sofferenze, ma credo che siano anche il punto più debole di tutto il romanzo: le persone sono descritte in una maniera un po’ troppo semplicistica, buone o cattive, bianche o nere, senza nessuna sfumatura di grigio, senza quelle ombre che trasmettono tutta la forza e la realtà di un personaggio inventato.
La scrittura è abbastanza semplice e lineare, e davvero scorrevole; era da parecchio che non leggevo un libro di quasi 400 pagine in due giorni, e oltre all’interesse personale per la storia trattata, credo che la maggior parte del merito vada allo stile avvincente di Nguyễn Phan Quế Mai.
Le parti migliori sono forse quelle più drammatiche, mentre quelle più “felici” risultano un po’ più piatte, ma in generale è un libro che riesce a catturare da subito l’attenzione del lettore e a trascinarlo direttamente in un’altra epoca, dall’altra parte del mondo.
Un buon romanzo, una lettura davvero interessante e coinvolgente, che riesce a farci emozionare con un racconto di speranza e amore, attraverso le vicende di una famiglia che non si è arresa alla guerra e alla carestia, ma ha continuato a lottare.
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October 17, 2023
IL DIARIO DEGLI INCUBI. LA FORESTA – SELENE MONTIN

Edito: Booksprint edizioni
Un ringraziamento particolare a Selene per avermi inviato una copia del suo racconto!
Amanda ha dodici anni quando incontra la sua nuova famiglia.
Sono ormai anni che vive nell’orfanotrofio, dopo la morte dei genitori e quindi quella dei nonni.
Ha trovato amici e persone che le vogliono bene, che si prendono cura di lei, ma quando incontra i Murphy, una coppia dall’aria normale che non vede l’ora di adottarla, con il cuore spezzato si lascia tutto e tutti alle spalle.
Ma attraverso i suoi pensieri (e i suoi incubi) riportati in un diario, scopriamo che le cose prendono presto una piega molto sinistra…
Un racconto breve che si legge tutto d’un fiato, questo di Montin.
Le premesse sono buone: una bambina viene adottata, ma scopre presto l’oscuro segreto che nascondono i suoi nuovi genitori. Troppo presto, purtroppo.
Questo segreto ci viene rivelato dopo appena due pagine, appiattendo completamente la possibilità di far crescere piano piano l’ansia del lettore insieme a quello della protagonista.
L’idea di base di questo racconto non è male, ma purtroppo lo sviluppo non è all’altezza: il testo è pieno di errori grammaticali e refusi, manca completamente la concordanza dei tempi verbali all’interno della frase così come il rapporto temporale fra frasi diverse, distruggendo la coesione del testo. La casa editrice dovrebbe fare il proprio lavoro e, beh, editare.
Il racconto è breve, e da quello che mi ha detto l’autrice è soltanto il primo di una serie, e ovviamente è sempre difficile approfondire un personaggio e una storia in poco tempo, ma di Amy sappiamo soltanto che è una bambina di dodici anni che si esprime come se fosse più grande e per qualche motivo decide di non denunciare i suoi genitori dopo l’orribile scoperta.
Alla stessa maniera, di William e Yui conosciamo soltanto l’aspetto grottesco di ciò che fanno di nascosto in casa, e il modo così delicato e premuroso con cui si prendono cura della loro nuova figlia, senza poter comprendere minimamente le loro motivazioni.
Nonostante la brevità del testo, il finale è comunque carino ed interessante, potrebbe essere interpretato in diverse maniere e mi ha lasciato un effetto quasi onirico e terribile che bene si adatta ad una storia di incubi.
Un primo tentativo che purtroppo non prende il volo, ma si perde fra errori facilmente editabili.
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Il diario degli incubi. La foresta
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October 14, 2023
LE TRANSIZIONI – PAJTIM STATOVCI

Voto: 8/10
Edito: Sellerio
Bujar può essere chiunque vuole, un ragazzo o una ragazza, essere di origine italiane o spagnole o albanesi, dichiararsi studente di psicologia o impiegato in un ristorante; Bujar può essere qualunque cosa, ma non sa chi è.
Bujar è nato in Albania, e dall’Albania è fuggito da adolescente, dopo la morte del padre, la scomparsa della sorella e l’annientamento della madre.
Al suo fianco c’era sempre Agim, una ragazza transessuale senza i termini e le opportunità per esprimere completamente il proprio essere, ma che non ha mai avuto dubbi sulla propria identità.
Sopravvivevano insieme per le strade di Tirana, si amavano e non potevano vivere separati, e insieme hanno deciso di fuggire dalla povertà che attanagliava il loro Paese e li perseguitava, lasciandoli senza forze e senza speranze.
Tranne una: raggiungere l’Italia.
Così partono, a bordo di una piccola barca a motore, per affrontare la traversata che li renderà liberi.
Ma in Italia Bujar resterà solo, spaventato e confuso, e imparerà presto ad indossare mille maschere diverse per riuscire a sopravvivere.
Questa di Statovci è un’opera potente, brutale, graffiante e a tratti poetica, che lascia il segno.
Bujar è appena un ragazzino quando scappa di casa, e imparerà presto quanto può essere orribile il mondo.
Soffre la fame e il freddo e la stanchezza, e più volte pensa di tornare indietro, nella casa che conosce così bene, ma c’è sempre Agim al suo fianco, e insieme possono affrontare tutto.
Così come affrontano la vita e tutto quello che si para loro davanti, rubando e mentendo, lavorando e crescendo, fra violenze e paura e voglia di qualcosa di più grande.
A 22 anni, però, Bujar è un narratore che potremmo definire inaffidabile: lui che è così abituato a cambiare se stesso, ad indossare ogni giorno una pelle diversa, a cambiarsi nome e genere e nazionalità, che non arriva mai davvero a conoscere e comprendere a fondo le persone che gli stanno intorno, distorcendo fatti ed emozioni.
Il fatto più evidente è quello che riguarda la sua relazione con Tanja, così abituata a farsi piccola per non farsi notare, a cercare di nascondersi e non creare problemi, e che Bujar tratta quasi con indifferenza.
All’inizio il suo comportamento nei suoi confronti non sembra neanche intenzionalmente cattivo, ma c’è uno strato di distacco e noncuranza fra lui e chi lo circonda che rende il finale della loro storia, già così tragico, ancora più straziante.
Per tutto il romanzo proviamo un sentimento molto simile alla pena per il protagonista, per tutto ciò che ha dovuto subire, fino a quel momento sul finale che sembra ribaltare le carte in tavola e mostrare una nuova faccia di Bujar, più fredda e calcolatrice e manipolatrice che mai.
Ma mi piace pensare che il suo comportamento non fosse volontario, che alla fine Bujar abbia vissuto troppe vite, sia stato troppe persone diverse, ed abbia finito per alienarsi quasi del tutto dalle persone che gli stavano intorno, persone vere con veri sentimenti, che non erano pronte ad affrontare una realtà manipolata da lui in quella maniera.
Credo che Bujar, con tutta la sofferenza e i soprusi che aveva sulle spalle, non fosse in grado di comprendere e riconoscere ciò che era giusto da ciò che era sbagliato.
SPOILER Così come mi piace pensare che, alla morte di Agim, i due siano diventati uno, perché l’idea di vivere separati era semplicemente impensabile. FINE SPOILER
E così Bujar è diventato un essere doppio, triplo, molteplice, prendendo in sé i punti di forza e i sogni e i sentimenti di Agim, la sua fluidità e la sua libertà, e ha cercato di adattarli alla vita che si è trovato ad affrontare, con i traumi passati e l’immenso dolore della perdita.
Il modo in cui Statovci parla di identità è reale e crudo, ci grida la sua verità dalle pagine ed è impossibile non rimanerne toccati.
(Non mi è piaciuto affatto il ripetuto deadnaming dei personaggi, fatto anche dai personaggi stessi, come Tanja che si presenta come “Ciao sono Tanja, ma non davvero, il mio vero nome è Tom”. Ehm, no. Perché una donna trans dovrebbe dire una cosa simile? Soprattutto una insicura e spaventata come Tanja.)
Mi è piaciuto molto il modo in cui racconta la storia dell’Albania con i suoi eventi politici e vecchi miti, le discriminazioni razziali verso altri popoli e come Bujar stesso tenta di sfuggire alle proprie origini, inventandone sempre di diverse.
Un romanzo che è un viaggio, sia interiore che esteriore, dall’Albania all’Italia, dagli Stati Uniti alla Finlandia, e di nuovo in Albania, dove torna ad affondare con un senso di sconfitta.
Lo stile di Statovci è molto intelligente e preciso, scorrevole nonostante la densità degli argomenti e della prosa stessa, mai scarna o piatta, e sa giocare perfettamente con il dolore del protagonista, mescolando i fatti veri con le reinterpretazione del suo io camaleontico.
Non mi aspettavo che questo libro potesse colpirmi con tanta forza, sia nelle sue parti più dolci che in quelle più terribili, e il fatto che Statovci lo abbia pubblicato a soli 26 anni è prova del suo enorme talento.
Avrò bisogno di una pausa per riprendermi dalla lettura, ma recupererò sicuramente tutte le sue opere.
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October 12, 2023
IL NUOVO ROMANZO DI SABRINA CINZIA SORìA
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il nuovo romanzo di Sabrina Cinzia Sorìa, che mi è stato gentilmente inviato dall’autrice, pubblicato a marzo 2023 ed edito La Torre dei Venti.

Un paese di provincia del Basso Piemonte e una ragazzina con la fretta di crescere, in una famiglia allargata di cui pian piano scopre i segreti, piccoli e grandi. Nell’arco di tre stagioni, la protagonista di questo romanzo conosce l’amicizia di Marta, il primo amore e le sue delusioni, i riti di fede, il fascino proibito del sesso, il dolore della morte e la scoperta della lettura come rifugio e conforto. Manca un’ultima stagione che rimane sospesa, in paziente attesa di farle superare l’ostacolo più difficile: quello di diventare grande. Un linguaggio immediato e pulito permeato di un disincanto infantile mai risibile, in un procedere di brevi capitoli che rivelano scoperte, piccole avventure, incontri, con quel pizzico di nostalgia che accompagna l’ingresso nel mondo degli adulti.

BIO: Sabrina Cinzia Sorìa è nata ad Asti nel 1965 e vive a Canelli. Ha frequentato i corsi di scrittura Fondamenta Over 30 presso la Scuola Holden di Torino. Alcuni suoi racconti sono stati inclusi in antologie. Esordisce con il romanzo Il destino non c’entra (2017), nella collana “Biblioteca degli Scrittori Piemontesi” per Baima Ronchetti Editore. È risultato 3° classificato al concorso “La Quercia del Myr” 2018, 2° classificato “Premio Rèis Encreuse – Libro che cammina” 2018, 2° classificato XVIII Concorso “Vittorio Alfieri”, finalista “Premio Giovane Holden” 2018, finalista “Premio Augusto Monti” 2018.
Non vedo l’ora di leggere questo romanzo e parlarne con voi.
Presto la recensione!
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October 10, 2023
UNA MINIMA INFELICITà – CARMEN VERDE

Voto: 6/10
Edito: Neri Pozza
Sfogliando foto e ricordi, Anna ripensa a tutto ciò che è stato e che non è più.
Ripensa a suo padre, al suo negozio di stoffe, al suo carattere pacato; ripensa a Clara Bigi, la domestica che per troppo tempo ha tiranneggiato nella loro casa, cercando di portare ordine in un mondo tanto caotico; ma soprattutto ripensa a sua madre, a Sofia Vivier, e i ricordi e i desideri di bambina si mescolano per creare un unico grande desiderio, un’unica grande mancanza.
Anna, piccola di statura e, anche per questo, con gli occhi perennemente puntati verso l’alto, alla ricerca dello sguardo di sua madre, di una carezza, di un sorriso; Annetta, così la chiamano tutti, ha vissuto tutta la vita in attesa di un gesto dolce, di una briciola di attenzione che potesse colmare il suo desiderio di essere vista da sua madre, di stare al suo fianco, di appartenerle completamente.
Sofia Vivier e la sua minima infelicità, i suoi sguardi persi nel vuoto, i suoi piccoli vizi e i suoi grandi segreti che non si cura di nascondere, ogni minuscola parte del suo essere serve a creare una figura mitica, un’aurea luminosa intorno alla sua figura, che Anna osserva con adorazione.
Un libro breve, una scrittura leggera ed abbastanza elegante, che permette alla storia di fluire come solo i ricordi sanno fare.
Mi è piaciuto sfogliare questo album di fotografie, mi sembrava di vederne i bordi stropicciati e di riconoscere quegli sguardi un po’ persi, un po’ tristi.
Mi è piaciuta meno Anna: dalla prima all’ultima pagina, da bambina a donna ormai adulta, risulta essere sempre la stessa persona, con sua madre come unico pensiero in testa per tutta la vita; comprendo che il loro era un rapporto disfunzionale, e che la protagonista non è mai riuscita a risolvere questo conflitto interiore ed esteriore, a superare questa mancanza fisica ed emotiva che l’ha formata e fermata, lo capisco ed apprezzo la delicatezza con cui il tutto è stato raccontato; ma una persona non può essere un unico pensiero, fisso e immutabile, perché ne risulta un personaggio piatto e monotono.
La malinconia della storia è tutta racchiusa nello stile, che qualcuno ha definito “sobrio”, ma che io definirei quasi asciutto, con tratti più lirici un po’ forzati, a creare con il tono la poesia che la storia non riesce a trasmettere.
Sofia Vivier è sicuramente il personaggio più interessante, con i suoi segreti e la sua tristezza, ma osservandola attraverso lo sguardo di una bambina perenne non riusciamo a comprenderla del tutto, ci sfugge fra le dita, e in questo vestiamo perfettamente gli abiti di Anna.
Quello della figlia per la madre è un amore insostenibile, che non lascia scampo, che divora completamente la vita di Anna, cancellando ogni altro dettaglio della sua esistenza; purtroppo parlare di una cosa non vuol dire per forza riuscire a trasmetterla, e la maggior parte del sentimento si perde e non trova la necessaria profondità per fiorire.
Un libro interessante, soprattutto perché si tratta dell’esordio di Carmen Verde, ma che purtroppo non è riuscito a convincermi fino in fondo. Si tratta di un buon primo passo, ma soltanto del primo, e non uno particolarmente incisivo.
Sicuramente dimenticherò questo libro, ma darò un’altra possibilità ad una penna tanto dolce-amara.
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October 8, 2023
SONO VIVO: E VOGLIO IMPARARE A VIVERE – FRANCESCO LOMBARDO

Un ringraziamento speciale a Francesco per avermi inviato una copia del suo libro!
Quando Federico incontra Lucia per la prima volta, ha perso sua moglie da pochi anni, ed è rimasto da solo ad accudire i suoi figli.
Ma quando il suo sguardo incontra quello di Lucia le cose cominceranno a cambiare per lui, a ritroverà in sé qualcosa che pensava di aver perduto.
Un romanzo molto breve, che segue una storia relativamente semplice: un uomo si innamora a prima vista di una donna, instaurano una relazione segreta perché lei è sposata, e le cose non finiscono nel migliore dei modi per i due, ma grazie a questa storia il protagonista impara qualcosa di sé e della vita.

Un bel messaggio di speranza e di rinascita fra le ultime pagine del romanzo, scritto come una specie di diario (ma non proprio), intervallato da qualche poesia e qualche disegno.
Lo stile dell’autore è molto semplice e scorrevole, anche se avrebbe necessitato di un editing per eliminare refusi ed errori grammaticali.
La storia è semplice e forse un po’ troppo breve per riuscire a coinvolgere del tutto il lettore, che osserva in poche pagine lo svolgersi di questa passione istantanea di Federico per Lucia, che sembra nascere troppo velocemente e in maniera quasi infantile, trasformandosi rapidamente quasi in un’ossessione.
Sicuramente con una storia più lunga ed approfondita il messaggio sarebbe arrivato a destinazione con più forza, ma le ultime pagine riescono comunque a trasmettere lo sguardo positivo con cui l’autore vuole che il suo personaggio osservi il futuro.
Una lettura breve e piacevole, che scorre velocemente di fronte ai nostri occhi e termina con una nota positiva di sogni da realizzare ed obiettivi da raggiungere.
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Sono vivo: e voglio imparare a vivere
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