Rachele Riccetto's Blog
November 14, 2025
LA RAGAZZA DEL CONVENIENCE STORE – MURATA SAYAKA

Voto: 8/10
Edito: E/O
Furukura Keiko ha trentasei anni, lavora in un konbini da diciotto anni, è single, vive in un piccolo appartamento da sola ed è molto introversa.
La sua vita ha seguito una traiettoria abbastanza semplice e senza scossoni: quand’era piccola, a scuola, aveva riscontrato diversi problemi nel comprendere i suoi compagni ed insegnanti, dai quali veniva additata come “strana” e punita per i suoi comportamenti; i genitori si preoccupavano molto per lei, che non riusciva ad integrarsi e a comportarsi in maniera “normale”, come ci si aspetterebbe da una bambina della sua età; finita la scuola aveva trovato un lavoretto part-time in un piccolo convenience store e le cose sembravano aver preso una piega migliore.
Già da bambina Keiko aveva imparato a chiudersi in sé, a nascondere le parti di sé che gli altri non avrebbero compreso né tantomeno condiviso, e a imitare i comportamenti delle persone che la circondavano, per integrarsi senza dare mai troppo nell’occhio.
Ma dopo diciotto anni nello stesso piccolo appartamento, con lo stesso lavoro part-time a tempo determinato, senza un marito e senza figli, la sorella e le vecchie amiche dei tempi della scuola e anche il suo capo, nonostante fingano di accettare questa sua vita tanto diversa dalle loro, continuano a sperare in un cambiamento.
E con l’arrivo di un nuovo impiegato al konbini, il trentacinquenne Shiraha, le cose cambiano all’improvviso.
Che lettura strana e tesa e inaspettatamente intima si è rivelata.
Furukura è un personaggio che, sicuramente, verrebbe definito “strano” da molti lettori, proprio come da tutti gli altri personaggi presenti nella storia: vive la sua vita con la sua piccola routine, cercando di mantenere le cose sempre alla stessa maniera, e si nasconde dietro le scuse che è costretta ad inventare per non dover spiegare il proprio modo di vivere.
Data la sua quasi totale incapacità di comprendere gli altri, i loro comportamenti e le loro motivazioni, si è costruita una vita in cui muoversi il più tranquillamente possibile, anche se ancora schiacciata da una società che la vuole uniformata agli altri.
Avendo anche io, spesso, difficoltà a comprendere chi mi circonda e ad interpretare i sottili segnali sociali di cui sono intrise le nostre vite, ho ritrovato in Furukura (almeno in parte) uno specchio attraverso il quale osservare alcuni aspetti della mia vita e il modo in cui altri possano vederla e giudicarla.
Mi sono piaciute molto tutte le parti in cui Keiko parla con la sorella e le amiche e il capo, in cui questi sembrano aver accettato il suo modo di essere e vivere, e le conseguenti sorpresa e delusione alla scoperta che, anche loro, non attendevano altro che “diventasse normale” e “si trovasse un uomo”.
Credo che Murata sia riuscita benissimo a costruire un personaggio così “strano” eppure così umano, una donna sola di fronte ad un mondo che non riesce a comprendere e dal quale non viene accettata.
La comparsa di Shiraha sconvolge del tutto la sua vita: Shiraha è il tipico incel maschilista e misogino, convinto che ci siano ruoli prefissati per uomini e donne, che le donne desiderino soltanto uomini forti e ricchi che possano prendersi cura di loro, e che la società sia molto più severa e intransigente con gli uomini, soprattutto quelli come lui, “strani”, senza un lavoro e senza grandi prospettive.
Una bella personcina, insomma.
Le loro vite si intrecciano quando, Keiko, per sfuggire al giudizio di chi la circonda, propone a Shiraha di sposarsi per poter risultare, almeno all’apparenza, agli occhi della società, entrambi “normali”.
Peccato che Shiraha sia intenzionato a vivere come un parassita, a pesare completamente su Keiko obbligandola a prendersi cura di lui, spingendola a lasciare il suo lavoro per un impiego più redditizio e sicuro.
Keiko, che in quei diciotto anni, aveva trovato la sua piccola oasi sicura nel konbini al quale dedicava quasi ogni suo pensiero da sveglia, si ritrova così completamente disorientata e persa, senza un senso in cui muoversi.
L’ho definita una lettura tesa non tanto per la storia in sé, che non nasconde grandi scossoni e ci mostra la vita “normale” di una persona “strana”, quanto per l’atmosfera che sembra suggerire un grande colpo di scena finale (che non c’è, e va bene così).
La quiete prima della tempesta, ma la tempesta si disperde prima di raggiungere la costa, lasciando l’aria carica e vibrante, ma silenziosa e calma.
Una lettura “strana” e intima per quella piccola meraviglia che è il personaggio di Keiko, diverso dal novantotto percento dei personaggi dei libri, e che ha toccato fin troppe corde del mio cuore.
Nel complesso è un libro scritto in maniera molto semplice, ma che scava a fondo nella sua protagonista, nella società e nel lettore: che cos’è normale?
Chi decide che cos’è normale?
La normalità si presenta a tutti con lo stesso volto?
Dobbiamo assecondare le aspettative di chi ci circonda per il quieto vivere?
È meglio seguire le regole imposte dalla società ed essere infelici o essere felici e ostracizzati dal mondo circostante?
Un libro all’apparenza semplice che ci spinge a ragionare su noi stessi e gli altri, su come percepiamo noi stessi e come siamo a nostra volta percepiti, sulla società e la contentezza, su ciò che ci aspettiamo da noi e dagli altri, su ciò che gli altri si aspettano da noi.
Sulla felicità come vero obiettivo.
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La ragazza del convenience store
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November 7, 2025
IL PROBLEMA DEI TRE CORPI – LIU CIXIN

Voto: 8/10
Edito: Mondadori
Cosa succederebbe se l’uomo incontrasse un’intelligenza aliena molto più sviluppata?
E se quel popolo alieno decidesse di invadere la Terra?
E se il loro viaggio interstellare durasse 4500000 ore, l’umanità riuscirebbe a prepararsi?
Durante la Rivoluzione Culturale cinese (argomento che ormai incontro in tutti i libri che leggo), da una base militare segreta, attraverso il progetto Costa Rossa, dei messaggi vengono inviati nello spazio, alla ricerca di forme di vita intelligenti.
Ed è così che l’umanità entra in contatto con Trisolaris, pianeta di un sistema orbitante attorno a tre soli, le cui forze gravitazionali caotiche ne sanciscono un’unica possibile fine: la completa distruzione.
Per questo motivo i trisolariani sono alla ricerca di un nuovo pianeta da inabitare, un pianeta dal clima mite, in cui vivere senza preoccuparsi dell’alternarsi di Ere del Caos ed Ere dell’Ordine, poco importa se dovranno schiacciare degli insetti per raggiungere il proprio obiettivo.
Sulla Terra, gli scienziati cercano un modo per contrastarli, mentre un gruppo cospicuo accetta con gioia la loro supremazia.
Dopo anni ed anni di indecisione, e dopo aver visto la prima stagione della serie tv tratta dalla trilogia, era arrivato il momento: leggere il libro.
Quindi conoscevo già la storia di base e, anche se i ricordi iniziano già a farsi confusi, mi sembra che il telefilm sia stato abbastanza fedele alle vicende narrate dal libro, e per il mio povero cervellino è stato un miracolo: io e la fisica non andiamo d’accordo, e sebbene in questo primo volume non ce ne sia una quantità esorbitante, è comunque più di quanta la mia mente sia disposta ad accettare.
Fino a due anni fa non sapevo neanche che cosa fosse il “problema dei tre corpi” e ora ne so anche troppo, per i miei gusti.
La storia narrata da Liu in questo primo capitolo è “semplice”: degli alieni vogliono invadere la Terra, ma il viaggio sarà molto lungo, quindi gli umani avrebbero il tempo di prepararsi; allora gli alieni trovano un modo per impedire alla scienza e alla tecnologia umana di progredire così da potersi impadronire facilmente del pianeta.
Ovviamente la storia non è così semplice: Liu ci parla di politica e di segreti (grandi classici cinesi), di religione, di fisica e nanomateriali.
Gli elementi si mescolano per creare un primo romanzo che è quasi una lunga introduzione, così che possiamo conoscere i nemici in arrivo e gli scienziati che tentano di salvare il pianeta.
La prima metà del romanzo è praticamente statica, immota, e devo ammettere di non aver abbandonato la lettura soltanto perché, avendo visto la serie tv, conoscevo già quegli eventi e sapevo di dover attendere.
(Però ecco, capitoli su capitoli di quel genio di Wang che gioca al videogioco intitolato “Tre Corpi” e non capisce che la soluzione del gioco è “IL PROBLEMA DEI TRE CORPI”…un po’ di sfiducia l’ho provata, ecco.)
Però, nonostante sia poco movimentata, è una parte comunque utile per conoscere i vari umani coinvolti, gli alieni, le varie “fazioni” che si sviluppano e si preparano ad incontrare gli invasori, un po’ di fisica qua e là.
La seconda metà accelera leggermente l’andatura, anche se, per me, Liu non ha scelto bene i punti su cui soffermarsi di più: l’attacco alla Giorno del Giudizio è stato a dir poco frustrante se non addirittura deludente nella sua brevità, mentre il capitolo sul sofone (ottimo per la storia) si è rivelato interminabile e pesante.
Nel complesso la storia mi sta piacendo parecchio, nonostante la mia avversione psico-emotiva per la fisica, anche grazie allo stile di Liu, che quando non va ad impantanarsi nella scienza riesce a coinvolgere il lettore parlando di storia, di politica, di ecologia, di umanità, di religione (e anche di fisica, perché no).
Molto interessanti i modi diversi in cui le persone affrontano l’idea dell’arrivo di una specie aliena, tra la paura e la voglia di lottare e l’adorazione mistica.
Ammetto che, se non avessi visto prima la serie tv, FORSE non avrei terminato questo primo capitolo, perché la lettura ha stentato un po’ in diversi punti (e se anche l’avessi terminato non so se la valutazione complessiva avrebbe raggiunto il 7).
Invece, per fortuna, conoscendo già l’andamento della storia, non ho affrontato la lettura completamente a scatola chiusa ed ho potuto terminarla con più consapevolezza, ed apprezzando di più il quadro d’insieme.
Ora la lettura del secondo capitolo mi spaventa molto di più…sono solo un povero insetto.
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Il problema dei tre corpi (ita)
The three body problem (eng)
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November 4, 2025
NUOVO TITOLO PER DOMINIONI EDITORE
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi un nuovo romanzo edito Dominioni, un altro titolo per il loro marchio Docu per i romanzi-inchiesta, che mi è stato inviato dall’editore, che ringrazio enormemente, pubblicato a settembre 2025.
IL NIDO DI LELEKA – MARTINA TOPPI
Arriva sempre il momento in cui i giovani protagonisti di questi tre episodi, ambientati durante il conflitto russo-ucraino, si fanno la stessa domanda: partire o restare?
Se lo chiede l’annoiato Nikolaj, al sicuro in un orfanotrofio per bambini e adolescenti problematici sul confine tra Romania e Moldavia, diviso tra il tentativo di realizzare il suo progetto di fuga e il dovere di restare per proteggere l’amico Pasha.
Se lo chiede anche la ventottenne Masha, sola e con un figlio da mantenere. Mentre si azzerano le possibilità di rivedere la sua famiglia unita, come quando era bambina, un locale di musica rock diventa il suo rifugio antiaereo preferito.
Non sono da meno Diana e Alina, studentesse universitarie, coinquiline e amiche inseparabili, costrette ad affrontare un lutto che cambierà per sempre il destino della loro amicizia.
Partenze è il primo capitolo di un dittico Docu che comprende sei episodi. Prendendo spunto dalle confidenze e dai racconti dei molti ragazzi incontrati durante il suo lavoro di giornalista, Martina Toppi racconta la guerra tra Ucraina e Russia da dentro, mostrando al lettore l’esperienza della giovinezza in un mondo di identità bloccate tra la voglia di scappare, il bisogno di restare e la paura di perdersi.

BIO: Scrittrice e giornalista, Martina Toppi segue la guerra tra Russia e Ucraina dal 2022. I reportage dei suoi viaggi sono stati pubblicati su “La Provincia” e “L’Espresso”. Nel 2025 ha realizzato un’inchiesta a fumetti per “La Revue”.
Il nido di leleka – Partenze è il suo primo libro.
Non vedo l’ora di leggerlo e parlarne con voi.
Presto la recensione.
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October 31, 2025
AMONG THE BURNING FLOWERS – SAMANTHA SHANNON

Voto: 7/10
Edito: Bloomsbury Archer
Nella città fortificata di Cárscaro, la Donmata Marosa Vetalda vive prigioniera nel palazzo dal quale suo padre, Re Sigoso, governa tutto Yscalin.
Dalla morte di sua madre, ha poche persone di cui può veramente fidarsi, e tra queste potrebbe esserci Aubrecht Lievelyn, il suo promesso sposo, e futuro regnante di Mentendon; i due si conoscono da poco, ed hanno passato pochissimi giorni insieme, ma hanno grandi sogni per il loro futuro condiviso, e un sentimento vero sta già nascendo.
Estina Melaugo, invece, in fuga dalla legge, si ritrova a tentare di sopravvivere dando la caccia alle creature draconiche, perlopiù dormienti, che popolano ancora la terra.
Ma non può andare avanti così per sempre, e la sua strada sembra puntare verso il mare.
Quando un giorno, all’improvviso, la terra inizia a tremare, qualcosa di oscuro e tremendo fa ritorno dal cuore del Monte Fruma.
Che gioia immensa ritornare nel mondo creato da Shannon, tra Yscalin e Mentendon e Ynis.
Un po’ come tornare a casa.
Questo terzo volume del ciclo The Roots of Chaos è un romanzo (breve? Non proprio ma quasi, sicuramente breve per gli standard di Samantha, visto che conta appena 250 pagine) che va a posizionarsi prima della storia narrata ne “Il priorato dell’albero delle arance”, precisamente un paio d’anni prima, e ci mostra come Yscalin sia diventato un Regno Draconico.
Essendo un prequel, ed essendo ambientato poco prima dell’altro romanzo, molti (quasi tutti) dei personaggi ci sono già noti…o almeno dovrebbero.
Io, come sempre nella vita, ho dimenticato tutto.
Gli unici nomi che ho riconosciuto sono Fýredel e l’amatissima Sabran, grandi protagonisti de “Il priorato”, per il resto non so che dirvi, sicuramente erano presenti anche gli altri, ma la mia mente è una tabula rasa.
Purtroppo, però, l’impatto emotivo di questo romanzo è stato molto meno forte rispetto a quello degli altri due che lo hanno preceduto.
La trama principale si divide in due parti (un terzo e due terzi, diciamo): da una parte Marosa e dall’altra Melaugo.
Le vicende di Melaugo, però, si interrompono a metà romanzo, più o meno, in maniera anche piuttosto netta, e per chi (come me), non ricorda minimamente di aver già incontrato questo personaggio, si ritrova con l’amaro in bocca.
Una troncatura un po’ troppo busca, secondo la mia modesta opinione.
Le vicende di Marosa, invece, con alcuni capitoli dedicati ad Aubrecht, occupano tutto il resto dello spazio, ma nonostante questo la trama non sembra abbastanza forte per un romanzo a sé stante.
È una storia sicuramente interessante, ma non abbastanza coinvolgente e carica.
O forse Samantha non è in grado di scrivere romanzi brevi e questo ha penalizzato molto la storia, che risulta quindi più debole e vuota.
La prosa di Shannon è sempre molto bella, ricercata e a tratti poetica, piena di immagini delicate e tremende, dolci e taglienti, miele e veleno.
Anche gli intrecci politici che collegano i vari stati sono sempre interessanti, ma qui tutto sembra schiacciato dalla “brevità” del testo, rendendo il libro carino ma non fantastico.
La resilienza è al centro di tutte le storie che si intrecciano nel romanzo, e anche nei momenti più oscuri i personaggi sembrano brillare intensamente.
Forse un po’ più opachi rispetto a quelli che hanno popolato gli altri due capitoli, ma comunque un’aggiunta interessante.
Grazie Samantha, ma magari la prossima volta 500 pagine in più.
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Among the burning flowers (eng)
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October 27, 2025
IL PRIMO ROMANZO DI FANTAGHIRÒ
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il primo romanzo di Fantaghirò, che ringrazio infinitamente per la copia, che sarà ufficialmente pubblicato il 31 ottobre 2025.

Vi siete mai chiesti cos’è successo alla piccola, curiosa, impertinente Alice dopo le sue incredibili avventure nel Paese delle Meraviglie?
Beh, la sua vita è cambiata per sempre. E il suo mondo è stato stravolto molte altre volte!
Vent’anni dopo, nel triste 2025, una nuova inaspettata Alice farà ritorno in una Wonderland sempre assurda, ma molto più oscura.
Il suo sogno di bambina è diventato un incubo, un regno totalitario e malato governato da una Regina tiranna e dalle sue mille bugie.
Alice è tornata alla disperata rincorsa dei fantasmi del suo passato e del suo presente. È tornata per la sua REVENGE.
I personaggi del Maestro Carroll prendono vita, con nuove complesse sfumature, in questa Wonderland distopica e corrotta, specchio di un mondo dominato dal caos e dalla follia.
Il Cappellaio è un pericoloso narcotrafficante, il Ghignagatto un’anima tormentata…e un Coniglio Bianco così, vi assicuro, non l’avete mai visto!
Al centro di tutto, ancora una volta, c’è Alice, che dovrà affrontare non solo la Regina di Cuori e uno spietato Jack di Fiori, ma i suoi stessi demoni interiori.
Alice REVENGE non è solo un tributo al genio del nonsense. Non è solo un dark retelling ma il SEQUEL dal Cuore Nero della storia più folle e colorata.
Un viaggio non convenzionale nei labirinti della mente umana, ma anche all’interno dei meccanismi distorti di una società sempre più assurda. Una disperata ricerca, nella follia, dei valori perduti come l’identità, la libertà e il coraggio. Il coraggio di essere diversi, e il coraggio di continuare a sognare.
Non vi resta che seguire il Coniglio, e incamminarvi con Alice in un sentiero tortuoso di introspezione e riscatto. Forse in questo romanzo non troverete risposte, ma solo altre domande…
Si può ancora sognare tra la cenere e il fumo di un mondo ormai in frantumi?
Questa è una storia di dolore o d’amore? Di distruzione o di rinascita?
Di vendetta o di speranza?
Alla fine, è solo una questione di scelte…
Io ai retelling non so resistere! Con tutti questi gadget carinissimi, poi…
Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.
Presto la recensione!
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October 17, 2025
MEMORIA ROSSA – TANIA BRANIGAN

Voto: 7/10
Edito: Iperborea
La Rivoluzione Culturale è quel decennio sanguinoso della storia della Repubblica Popolare Cinese che cambiò per sempre il volto del paese.
Dal 1966 al 1976, il Presidente Mao creò un vero e proprio culto della persona, della propria persona, incarnando la verità e la giustizia assolute, e mettendo a ferro e fuoco il paese.
Tutto iniziò dalle scuole, e dal famoso Agosto rosso: gli studenti vennero incoraggiati a ribellarsi agli insegnanti, a punire chiunque dimostrasse la minima inclinazione contro il Partito o il Presidente, aizzati contro quadri e dirigenti nemici, con sessioni di lotta e punizioni e umiliazioni, in un susseguirsi di denunce ed epurazioni.
Tania Branigan, giornalista britannica, ha vissuto per quasi un decennio in Cina, dove ha potuto raccogliere una grande quantità di informazioni (nonostante i pedinamenti e gli intralci della polizia), tra cui interviste a uomini e donne coinvolti in quegli anni spaventosi, sopravvissuti.
C’è il vedovo della professoressa Bian, che venne uccisa dalle proprie studentesse; ci sono le compagne di Song Binbin, acclamata da Mao stesso come modello che cerca di riabilitare la propria immagine; un compositore che venne deportato e torturato; un uomo che, ancora adolescente, denunciò la madre per aver criticato Mao all’interno della propria casa, sancendo così la sua condanna a morte.
Branigan incastra tutti questi frammenti di vite spezzate in un quadro più ampio, tentando di fare luce sulla Cina del passato e del presente, e del futuro che potrebbe attenderla, che potrebbe tornare a ripetersi.
La Rivoluzione Culturale instaurò un clima di terrore in tutto il paese, dove non era più possibile fidarsi di nessuno, né degli sconosciuti né tantomeno delle persone più vicine, in cui i vicini si denunciavano a vicenda e le famiglia si dilaniavano dall’interno, e ancora oggi ha lasciato il suo pesante strascico sul popolo cinese.
Al termine di un “normale conflitto”, i nemici abbandonano il paese avversario e il popolo rimasto si riunisce per farsi forza; ma se il tuo nemico è la persona al tuo fianco, come puoi sfuggire al dolore che ancora permea l’aria?
Per gli studiosi non è stato possibile calcolare il numero effettivo di morti causato dalla Rivoluzione Culturale, ma si stima che fino a venti milioni di persone potrebbero aver perso la vita durante quel decennio.
E ancora oggi il popolo cinese non parla di ciò che successe.
All’inizio del libro ho apprezzato molto lo stile di Branigan, carico di pathos e umanità, un occhio critico non distaccato.
La prima metà del libro scorre molto velocemente, un colpo terribile dopo l’altro, come una mano che si allunga alla ricerca di una cicatrice ma trova una ferita ancora aperta, sanguinante.
Dopo un po’, però, il tono un po’ troppo pietoso e i continui salti hanno reso la lettura più stentata, e nel libro sembra mancare una struttura solida che riesca a mantenere ben divise le varie parti, che invece si mescolano in maniera un po’ troppo confusionaria (opinioni dell’autrice, pensieri degli intervistati, analisi non troppo approfondite del periodo storico e paragoni un po’ spiccioli con il presente), in una cacofonia assordante.
È davvero un peccato, perché si percepisce tutto il lavoro svolto da Branigan, ma le parti sembrano perdersi nell’insieme.
Un libro che comunque ho apprezzato parecchio: un libro che parla di memoria, di identità, di paura, di sfiducia e solitudine, che dà voce a un silenzio assordante che ancora si propaga fra i sopravvissuti e i loro discendenti, un dolore che non è ancora terminato.
Un libro molto doloroso, che non risparmia dettagli crudi e violenti, ma necessario; utile per chi voglia avvicinarsi alla storia cinese e del partito comunista, ma non molto per chi conosce già, almeno in parte, i fatti narrati.
Non una lettura eccezionale, ma che riesce a colpire il lettore nel profondo.
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October 10, 2025
LE RANE – MO YAN

Voto: 8/10
Edito: Einaudi
Ci troviamo nella città di Gaomi, nella zona orientale della Cina, ma in fondo potremmo trovarci in una qualunque zona rurale della Cina della metà del secolo scorso, quando l’arrivo delle patate dolci ridonò vitalità e fertilità al paese, portando un vero e proprio boom demografico.
Tra i bambini nati in quel periodo c’è anche Wan Zu, detto Xiaopao, nome d’arte Girino, nipote della celebre ginecologa Wan Xin, nonché narratore della storia.
Divenuto da adulto drammaturgo, raccoglie le storie del suo paese e in particolar modo di sua zia in una serie di lettere e quindi in un’opera teatrale, per ricordare la vita di una donna fuori dal comune.
Nata nel 1937, cresciuta in un periodo in cui tutte le donne si affidavano alle mammane per dare alla luce i propri figli, Wan Xin decide di dedicare la propria vita alla ginecologia, prima visitando le donne e facendole partorire, aiutando il popolo cinese nella sua crescita (seguendo le direttive del presidente Mao) poi, un po’ per allontanarsi dall’ombra del suo fidanzato traditore che aveva abbandonato la Cina ed era fuggito in Giappone, un po’ per cieca fiducia nel Partito (e quindi nelle direttive del presidente Deng), utilizzando tutti i modi per far rispettare la “politica del figlio unico”, sterilizzando uomini e impiantando contraccettivi nelle donne, praticando aborti per contrastare la sovrappopolazione e aiutare la crescita economica della nazione.
Amata e odiata da tutti i contadini che sognavano di avere un figlio maschio per portare avanti il proprio nome, temuta e venerata, Girino mescola la propria storia a quella di sua zia, le proprie gioie e sofferenze a quelle della sua terra, dei suoi compaesani, di tutta la nazione, per dare vita ad un racconto a tratti fantastico e a tratti terribile, crudo e dolce, che ha il sapore del riso e l’odore dei campi, con il gracidio delle rane a fare da sfondo.
Il carattere cinese per bambino è 娃 (wá) mentre quello per rana è 蛙 (wā), i due si scrivono e si pronunciano in maniera simile, ed è proprio su questo che gioca Mo Yan per il titolo del suo romanzo.
Così come il gracidio delle rane ricorda la pronuncia del carattere cinese, e il primo vagito di un neonato risuona simile fra le campagne di Gaomi, seguiamo la storia di una donna “con le mani sporche di due tipi di sangue”, che ha fatto nascere 9883 bambini ed ha dato la caccia a donne incinta per farle abortire, in un vorticoso senso di obbedienza al partito che si mescola al senso di colpa di una nazione intera.
La storia gira intorno alla figura di Wan Xin, donna incredibile che ha lottato per tutta la sua vita cercando di fare del proprio meglio, di seguire le direttive del partito e con la ferma convinzione di aiutare il proprio paese, letteralmente “grondando sangue” e con il cuore pesante.
Un personaggio al tempo stesso umano e leggendario, dall’alta levatura morale, paragonato ad una dea della fertilità e ad una strega, che porta e toglie la vita.
La prima metà del romanzo, dalla nascita di Xiaopao e la gioventù di Wan Xin, si svolge in maniera più chiara e scorrevole, facciamo la conoscenza di una serie di personaggi eccentrici ma quanto mai realistici, e la cosa che più è riuscita a sorprendermi tra queste pagine è l’ironia che impregna dialoghi e descrizioni, donando un senso di leggerezza e tepore alla storia.
La campagna cinese è un luogo sì povero, ma che sta iniziando a riprendere vigore senza mai perdere la propria identità, nascono molti bambini e la vita scorre veloce, ci si prepara per l’avanzamento del paese e a contrastare il Giappone.
Nella seconda metà, invece, le cose si fanno più oscure, la “politica del figlio unico” si fa sentire con pugno di ferro sia su chi la subisce che su chi deve farla rispettare, e la storia diventa più densa, torbida, dolorosa.
In un romanzo che ha il sapore dell’epica popolare, e un tocco di realismo magico che è un po’ un punto catalizzatore per la storia di Wan Xin, ci immergiamo completamente nelle sue acque paludose e lasciamo che gli eventi ci sommergano senza riuscire a sfuggirgli.
Come quando camminiamo nel buio in un luogo che conosciamo a fondo, e senza bisogno di contare i passi raggiungiamo la meta con sicurezza, alla stessa maniera Mo Yan si muove fra le sue terre e i suoi personaggi, creando piccoli quadri dettagliati di personalità enormi e al tempo stesso comuni, di mentalità maschiliste e retrograde ed altre così moderne e progressiste e vibranti che sembrano sbucare direttamente dalle pagine, prendere vita di fronte ai nostri occhi, riempire il mondo intero.
Il suo stile è chiaro e intenso, denso, capace di creare immagini brillanti e oscure, di elevare e affossare, di criticare e commuovere, muovere.
Una storia di peccati ed espiazione, di colpe alle quali è impossibile sfuggire e pentimento bruciante.
Non sapevo cosa aspettarmi da questo libro, non avendo mai letto prima niente dell’autore, eppure è riuscito a sorprendermi nella maniera più totale e incredibile, rivelandosi un viaggio fortemente ironico e critico, istruttivo e umano, carico di storia e politica e cuore, di morte ma soprattutto di vita.
Wan Xin, Wan “il cuore”, resterà per sempre con me.
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September 19, 2025
L’ISOLA DEI SENZA MEMORIA – OGAWA YŌKO

Voto: 8/10
Edito: Il Saggiatore
Un tempo non precisato, una piccola isola senza nome, una popolazione senza ricordi.
All’inizio la vita si muoveva nel più normale dei modi poi, all’improvviso, le cose hanno iniziato a scomparire, a perdere significato e a svanire dai ricordi.
E ogni scomparsa portava con sé il vuoto di quell’oggetto e il vuoto nelle menti e nei cuori degli abitanti dell’isola.
Ma alcuni non possono dimenticare, e i loro cuori sono pieni fino all’orlo, e per questo la Polizia Segreta dà loro la caccia.
La protagonista è una scrittrice che sta perdendo, giorno dopo giorno, delle piccole parti di sé, mentre tenta di aiutare il suo editore, che non può dimenticare.
E mentre la memoria si fa più labile ed evanescente, la realtà si fa sempre più pesante e nera.
Lo sappiamo bene che la memoria è essenziale per la vita: per non commettere sempre gli stessi errori, per guardare ad un futuro migliore, perché la storia è ciclica e possiamo imparare dal passato come muoverci verso il domani.
Perché ciò che siamo stati è fondamentale per la nostra umanità.
Ogawa tutto questo lo sa bene, e lo sa raccontare ancora meglio.
Avevo già sentito nominare l’autrice e diverse sue opere, ma questo è stato il mio primo vero approccio, e non posso che ritenermi davvero felice.
Mi è piaciuto moltissimo lo stile di Ogawa, così delicato ed etereo, quasi onirico, che sembra narrarci una fiaba terribilmente oscura, una poesia dai bordi taglienti.
Una storia che vuole parlarci dell’importanza della memoria, e di tutto ciò che ci rende umani, nel privato e nella comunità.
Una storia su ciò che perdiamo, e ciò che conserviamo, e su quanto sia importante scrivere per tramandare tutto ciò che rischiamo di perdere, o che vorrebbero strapparci via.
C’è un senso di oppressione costante e crescente in tutto il romanzo, che si avvicina di soppiatto e ci osserva dalle ombre, segue ogni nostra mossa e si nasconde dietro ogni parola.
Il buio del vuoto lasciato dai ricordi si fa sempre più incombente, e sappiamo sin da subito che non c’è scampo, ma anche un cuore svuotato può continuare a sperare.
Interessante il fatto che la protagonista sia una scrittrice, in grado di creare mondi e storie fantastiche dal nulla, mentre il suo mondo e la sua realtà stanno letteralmente scomparendo davanti ai suoi occhi.
Mescolati alle pagine della storia “principale”, ci sono dei capitoli dell’ultimo romanzo della protagonista, che narrano la storia di una donna che perde la propria voce e viene intrappolata da un uomo che credeva di amare, e il tutto si amalgama davvero benissimo, dando sempre più corpo e forza a questa realtà sempre più debole e lacerata.
Alla base di tutto, si tratta di un libro distopico, che parla di totalitarismi e autoritarismi e alienazione, legami e rimozioni.
Ma è soprattutto una storia di lotta e resistenza e identità, di ciò che rende una persona reale e vera.
Un’allegoria su una malattia che si porta via piano piano i pezzi che compongono una persona, fino a ridurla ad una mera voce senza corpo, fino a farla scomparire del tutto? Forse.
Un’allegoria sulla guerra che porta via ogni cosa? Forse.
Un’allegoria su ciò che succede alle persone private degli aspetti più basilari e scontati della realtà quotidiana? Forse.
Un libro sull’imparare ad accettare le cose per come sono, ad accettare la perdita come parte inevitabile? Forse.
Un libro che ho amato dall’inizio alla fine e al quale continuerò a pensare per parecchio tempo? Assolutamente sì.
Un libro tutto da interpretare, che non dà risposte precise e soluzioni chiare, che prende pieghe inaspettate e non tenta di risolvere i propri misteri.
So che molte persone vogliono almeno una risposta chiara e precisa alla fine di una storia, e spesso anche io sono così, ma quando si incontra un libro come questo, carico di un realismo magico e vibrante, coinvolgente ma mai troppo brutale, con un finale che ho trovato perfetto nella sua vacua bellezza, mi ritrovo a preferire questo nuovo spazio vuoto, da riempire con ricordi ed interpretazioni.
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September 5, 2025
AMICI DI UNA VITA – HISHAM MATAR

Voto: 9/10
Edito: Einaudi
Khaled è nato a Bengasi, dove è cresciuto abbracciato dalla sua famiglia e dalla consapevolezza di essere nel cuore della sua terra, della sua casa, con un’enorme passione per i libri e uno studio approfondito delle interiorità umane.
A diciott’anni vince una borsa di studio per l’università di Edimburgo e così parte, lascia la sua terra, e si trasferisce in un paese straniero, così lontano e così diverso, in cerca di qualcosa.
Quasi casualmente, convinto dall’amico Mustafa, il 17 aprile 1984 si ritrova a Londra, di fronte all’ambasciata libica, fra i protestanti radunati sul marciapiede.
Quei protestanti contro cui venne aperto il fuoco.
E quel momento, unito e mescolato alle sue più grandi amicizie, quella con Mustafa e quella con lo scrittore Hosam Zowa, insieme all’opposizione alla dittatura in Libia di Gheddafi, cambierà per sempre la sua vita.
Come sempre, ho iniziato questo libro senza neanche conoscerne l’argomento.
Come quasi mai, si è rivelata un’esperienza sconvolgente.
Un libro che parla con toni pacati di storie violente e silenzi nascosti, di nostalgia e rammarico, di decisioni prese e scelte subite, dei perenni mutamenti della vita e di quei piccoli dettagli che restano immutati per sempre.
Khaled è un giovane che ama la propria patria, la propria famiglia, le proprie radici e le tradizioni, e quando decide di trasferirsi ad Edimburgo per studiare letteratura non sa ancora che resterà lontano dalla sua terra per più di trent’anni.
La violenza della dittatura libica riuscirà ad inseguirlo fino a Londra, lo tallonerà lungo strade sconosciute e piccoli giardini, passerà lungo i cavi del telefono e fra l’inchiostro di lettere e cartoline, crescerà col fiato sul collo e l’istinto di guardarsi sempre le spalle.
Ma per fortuna troverà prima in Mustafa e poi in Hosam due fratelli esuli, così diversi e così uguali, come due parti della sua stessa anima, indispensabili per la propria completezza.
Nonostante le vite li conducano su sentieri diversi, un filo li unisce, li lega stretti, nonostante i chilometri a dividerli, nonostante gli ideali più o meno estremizzati, nonostante il desiderio di cambiamento e resistenza da raggiungere o meno attraverso la lotta armata.
La Libia, che non vediamo quasi mai davvero, perché tutta la storia ci viene raccontata in prima persona da un Khaled ormai adulto ed espatriato da decenni, e quindi possiamo osservarla soltanto nei ricordi suoi e dei suoi amici, nella nostalgia che lo attira costantemente, nelle voci dei genitori e della sorella che lo implorano di tornare, nei piatti che cucina e gli odori che si sprigionano nell’aria, è una presenza costante e calda, che riempie ogni pagina.
In contrapposizione, nonostante l’amore che Khaled prova per Londra, la città straniera che lo accoglie nel suo momento più fragile si muove insieme e intorno a lui, senza mai abbracciarlo davvero, quasi pronta a richiudersi immediatamente nello spazio appena lasciato vuoto dalla sua figura.
Interessantissimo il personaggio di Hosam, anche lui arrivato in Inghilterra ancora adolescente, autore di una prima raccolta di racconti appena ventenne, e poi scomparso nel nulla, inseguito dalla dittatura e dai suoi compatrioti innamorati delle sue parole.
La sua vita da esule è ben diversa da quella di Khaled, perché lo ha spinto al continuo mutamento, in tante diverse città europee, in tanti lavori diversi, senza più prendere una penna in mano, ma con il cuore sempre pesante.
E solamente quando, alla fine, farà ritorno in Libia per lottare contro la dittatura, e quando infine ci sarà la caduta di Gheddafi, riuscirà a trovare la sua pace e il desiderio di riprendere a scrivere, un ultimo viaggio e un nuovo tentativo di piantare radici.
Un libro sul significato di patria, di casa, di pace interiore e con il mondo che ci circonda, sulla diversità e l’uguaglianza; un romanzo politico e metaletterario, pieno zeppo di citazioni e di nomi e di titoli, di autori libici e palestinesi e un vero e proprio tour delle case di alcuni degli autori studiati all’università che hanno vissuto a Londra.
Un libro sull’importanza della letteratura e degli scrittori in tempo di pace e in tempo di guerra, su come gli ideali si trasmettano, le idee mutino forma e consistenza, i cuori siano sempre in grado di accogliere qualcuno che è rimasto lontano troppo a lungo.
Lo stile di Matar è pura poesia: lirico e delicato, sussurrato, come una tempesta di sabbia in una bottiglia, ci ronza nella mente e negli angoli più profondi dell’anima, ci lascia senza fiato.
Le sue frasi sono lunghe e ricche, strade tortuose dove le impronte si mescolano e la polvere si solleva e la ghiaia scricchiola, ma alla fine, quando tutto si fa quiete, ci accorgiamo di essere arrivati proprio lì, nell’unico punto possibile, alla meta imprescindibile, al finale migliore.
Una scrittura molto intelligente e molto emotiva, molto profonda e che scava a fondo, una voce assolutamente incredibile.
Nella vita bastano pochi buoni amici. E qualche buon libro scritto così, aggiungerei.
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August 28, 2025
LUI CHE ANNEGÒ IL MONDO – SHELLEY PARKER-CHAN

Voto: 8/10
Edito: Mondadori
Zhu Yuanzhang, il Re Splendente.
Il suo obiettivo è sempre lo stesso: incoronarsi imperatore.
Zhu possiede il Mandato, ha al suo fianco sua moglie Ma e il fidato fratello Xu Da, un vecchio nemico così simile a lei da essere diventato un nuovo alleato indispensabile, e un esercito pronto ad eseguire ogni suo ordine.
Dalla Cina meridionale, strappata ai mongoli, Zhu deve sconfiggere una serie di nemici che la sfidano apertamente, ed alcuni più insidiosi che si nascondono e agiscono nel buio.
Tra fantasmi affamati di vendetta e cortigiane ambiziose, eredi imperiali e consiglieri, sete di vendetta e un destino già scritto al quale è impossibile sfuggire, la dinastia Ming sta per avere inizio.
Il ritorno di Shelley Parker-Chan (anche se tecnicamente pubblicato già nel 2023, Mondadori ha ben pensato di farci penare ed attendere due ulteriori anni) e Zhu, finalmente.
Devo ammettere di aver quasi completamente dimenticato il primo libro della dilogia, e l’idea di rileggerlo mi aveva attraversato la mente alla notizia dell’imminente pubblicazione di questo volume, ma poi ho deciso di lasciar perdere e affrontarlo così, con i pochi ricordi che ancora ne serbavo.
E quei pochi ricordi si sono rivelati uguali a molte delle nuove sensazioni: Parker-Chan riesce a caratterizzare in maniera fantastica i suoi personaggi; tutto ciò che riguarda credenze e destino nella cultura cinese è incredibilmente affascinante; l’aspetto fantasy è molto risicato ma pur sempre interessante; lo stile è intenso e coinvolgente.
Ma ho ritrovato anche lo stesso problemino che avevo riscontrato nel primo libro: nonostante succedano molte cose, ci siano grandi scontri e lotte e intrighi, il ritmo è, nella migliore delle ipotesi, altalenante.
Passando molto tempo a concentrarsi sui personaggi e sui loro desideri e grandi sogni di potere, la storia tende un po’ ad impantanarsi (e anche piuttosto spesso), un po’ come se cercassimo di correre in un acquitrino ma il terreno molle e gonfio d’acqua ci risucchiasse lentamente verso il basso.
Quando incontriamo un punto più solido e asciutto riusciamo a correre e la sensazione è meravigliosa, ma purtroppo la fatica nella sua totalità è parecchia.
Dato che Parker-Chan ha costruito questa storia come un retelling della nascita della dinastia Ming, sapevamo già dall’inizio come sarebbe andata a finire, quindi non c’è stato nessun tipo di sorpresa da quel punto di vista; sono i personaggi secondari, invece, che hanno grandi desideri e sono pronti a qualunque cosa per raggiungerli.
Il generale Ouyang e la sua vendetta, Wang Baoxiang e le sue segrete macchinazioni, madama Zhang e gli uomini che decide di mettere al potere, Ma e Xu Da e la loro fede incrollabile in Zhu; la voce narrante salta spesso da un personaggio all’altro, permettendoci di conoscere ciò che vive nei loro cuori.
Purtroppo, per quanto Zhu sia un personaggio complesso e moralmente ambiguo, che sa di poter fare e rinunciare a qualunque cosa pur di raggiungere il destino che ha scelto per sé, ho trovato i personaggi cattivi semplicemente “cattivi”, con grandi abissi neri nell’animo e poco altro (fatta eccezione forse per Wang Baoxiang che alla fine mostra l’accenno di uno spiraglio di luce, ma troppo tardi).
Anche Ouyang, che sotto molti aspetti è simile a Zhu e quindi ci viene naturale fare un po’ il tifo per lui, in realtà non mostra mai nulla che non sia disprezzo per tutto e tutti, perdendo così la possibilità di una caratterizzazione a tutto tondo.
La fine peggiore, comunque, è sicuramente quella di madama Zhang: io capisco che queste cose accadono davvero nella vita di tutti i giorni, ma in un momento tanto importante come il finale del libro mi è sembrato un pessimo espediente narrativo per giungere all’ultima scena.
La scrittura di Parker-Chan era ed è ancora il punto forte del romanzo, con la sua intensità e la sua capacità di scavare a fondo nei personaggi, trascinandoci nel buio di atroci sofferenze (e poco altro, questa volta, vista la quasi totale mancanza di gioia).
Una storia che parla, sì, di grandi battaglie, ma soprattutto dell’accettazione di sé, del superamento dei propri limiti, di quanto sia importante seguire i propri sogni e non arrendersi di fronte alle difficoltà, a chi dice di no, a chi non crede sia possibile perché è qualcosa che non è mai stato fatto prima.
Un libro sulla rinascita che affrontiamo ogni volta che scopriamo qualcosa di nuovo di noi, sul fatto che l’essere umano è in costante cambiamento e non un’entità immota e immutabile, e sugli effetti devastanti che può avere l’odio riversato sugli individui da parte della società.
Un romanzo molto oscuro, molto più oscuro del precedente, ma che sicuramente può essere apprezzato da chi ha amato il primo volume. L’attesa ne è valsa la pena.
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Lui che annegò il mondo (ita)
He who drowned the world (eng)
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