Rachele Riccetto's Blog, page 5

March 8, 2025

VIVERE! – YU HUA

Voto: 8/10

Edito: Feltrinelli

Un giovane sta viaggiando, in cerca di qualcosa.
Per anni egli ha percorso la Cina in lungo e in largo, parlando con tutte le persone che incontrava, ascoltando le loro storie, piccoli aneddoti o grandi avvenimenti, assorbendo in sé una serie infinita di vite e morti e gioie e dolori.
E proprio così, durante uno di quei giorni, ha incontrato un contadino che arava un campo con un vecchio bufalo.
L’anziano si chiamava Fugui e aveva una lunga storia da raccontare.
Figlio di un ricco proprietario terriero, era cresciuto con troppa arroganza e poca lungimiranza, e in poco tempo, giocando d’azzardo, era riuscito a perdere tutti i possedimenti della sua famiglia, dai soldi ai terreni alla casa stessa in cui era cresciuto.
La vita di Fugui, da quel momento, inizia a seguire un percorso pericolosamente in discesa, costellata da una serie di sfortune e di lutti terribili, stravolta dalla Rivoluzione Nazionale e dalla seguente Rivoluzione Culturale Comunista, in una serie di curve e svolte che lo porteranno, alla fine, in mezzo a quel campo, con la sola compagnia di un bufalo.

Un romanzo che è uno spettacolare dipinto a colori brillanti.
La Cina del secolo scorso si apre di fronte ai nostri occhi, mostrandoci la vita in un piccolo paese di campagna, in grado di contenere tutta la vibrante forza esplosiva dell’esistenza stessa.

Fugui, un personaggio inizialmente negativo, “corrotto”, che non torna a casa per giorni per continuare a giocare d’azzardo e frequentare la casa di piacere, che picchia la moglie incinta che cerca di farlo ragionare, che si fa beffe del suocero di fronte a tutta la città, è un uomo colpito duramente dagli avvenimenti, e che impara presto la sua lezione: se vuole sopravvivere e restare insieme alla sua famiglia, deve abbandonare il modo in cui viveva prima ed impegnarsi duramente nel lavoro.

Durante gli anni lo osserviamo, mentre cresce e invecchia e commette errori, ma prova sempre a fare del suo meglio.

Purtroppo il destino (o meglio, Yu Hua) gli ha riservato una mano particolarmente terribile, una vita costellata di dolori e perdite, di tante lacrime e poco riposo, ma la lezione che ha imparato e che insegna anche a noi è particolarmente dolce: bisogna continuare a vivere, trovare una piccola gioia in ogni piccola cosa, un giorno alla volta, un passo alla volta, un sorriso alla volta.

Particolarmente interessanti sono sia la rappresentazione della vita dei contadini di un piccolo paese di campagna, che gli stravolgimenti politici e sociali causati dalla rivoluzione, con l’avvento del comunismo e i conseguenti cambiamenti nel lavoro, nei possedimenti, e in tutto ciò che fino a quel momento aveva definito un certo tipo di vita.

La scrittura di Yu è semplice, ariosa, diretta, chiara, e carica di un sentimento vibrante e concreto.
Senza giri di parole o figure particolarmente poetiche, Yu riesce a descrivere ambienti e situazioni, caratteri e sentimenti, cuori ed animi.
A tratti sorprendentemente divertente, è un romanzo che ha molto da dire, e sa come farlo nel migliore dei modi: la fame, la fatica, la guerra, i lutti, la povertà estrema, e tutto quello che un uomo può riuscire ad affrontare per capire cosa conta davvero nella vita. La storia di Fugui si svolge di fronte ai nostri occhi, disegnata a tratti leggeri sulla carta di un piccolo zootropio, illuminata da un luce calda ed accompagnata da un canto dolce e toccante.

Raccontando la semplice e dolorosa vita di un umile contadino, Yu parla di un sentimento umano e profondo, con voce sensibile e mai troppo oscura, anche nei momenti più sofferti.

Devo ammettere di conoscere davvero poco la letteratura cinese, e dovrò recuperare al più presto.
Ho trovato in questo romanzo, e in Yu, qualcosa di completamente inaspettato: una voce come una brezza fresca che corre dolce e leggera su un campo di riso, una storia dolorosa ma senza la pesantezza dell’autocommiserazione, un modo di vivere ed affrontare le cose così distante eppure così vicino.

Bisogna apprezzare le piccole cose, concentrarsi su ciò che conta davvero, prendersi cura di chi si ha intorno, senza mai dare nulla per scontato, perché la gioia di vivere può essere trovata in qualunque cosa, basta saper osservare con sufficiente attenzione.

E, ovviamente, alla fine, ho pianto.


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Vivere!

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Published on March 08, 2025 00:56

March 3, 2025

NUOVO TITOLO PER RADICI EDIZIONI

Salve a tutti!

Oggi ho il piacere di presentarvi un nuovo titolo edito Radici, che mi è stato inviato dall’editore, che ringrazio enormemente: si tratta del primo romanzo di Giovanni Paolone, pubblicato a novembre 2024.

Prima guerra mondiale. In trincea vivono e sopravvivono, ognuno alle prese con gli stessi tormenti, i fanti Giuseppe, Tanino e Ciaramella. La loro compagnia, guidata dal Tenente che qui si fa voce narrante, affronta con il volto scavato dalla paura e dalla fame le difficoltà quotidiane, tra fango, azioni d’attacco e noiose attese, rancio spesso malsano e il pericoloso nemico oltre le linee. Sofferenza, speranza, istinto di sopravvivenza, nostalgia.

Racconto crudo e poetico insieme, Il silenzio della neve che cade mostra l’assurdità della guerra sublimandola in una dimensione quasi onirica, sospesa nel tempo e nello spazio, dove l’unica realtà è data dai sentimenti.
Un romanzo dal messaggio pacifista, oggi più che mai attuale e necessario, espresso con uno stile di scrittura che riesce ad armonizzare i toni struggenti della malinconia con le espressioni più crude, le descrizioni liriche con i resoconti brutali, restituendo il vero volto di ogni conflitto: la perdita di anime innocenti.

BIO: Giovanni Paolone è un fotografo professionista.
Vive e lavora a Teramo, in Abruzzo. 
Il silenzio della neve che cade è il suo primo romanzo.

Non vedo l’ora di leggerlo e parlarne con voi.

Presto la recensione.

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Published on March 03, 2025 00:16

February 28, 2025

BEIRUT – VERONA, SOLA ANDATA – ROBERT EL ASMAR

Edito: Rossini editore

Un caloroso ringraziamento a Robert per avermi inviato una copia del suo libro!

Marwan è ancora adolescente quando è costretto ad abbandonare la sua casa, la sua città, il suo paese, e mettersi in salvo in una terra lontana e straniera.
Beirut è stata conquistata dai siriani e i genitori di Marwan, dopo aver perso il figlio minore e tutto ciò che possedevano, riescono ad allontanare l’unico figlio che gli è rimasto, a metterlo in salvo, in Italia.
Accolto con una borsa di studio a Verona, viene ospitato nel convento dei Betlemmisti, e all’inizio tutto sembra andare per il meglio: Marwan si sente accettato e ben voluto, piano piano gli orrori della guerra iniziano a defluire dalla sua mente, soprattutto grazie alla vicinanza del giovane padre superiore della casa in cui vive, padre Nicola.
I due diventano presto amici, ma le cose iniziano a precipitare quando padre Nicola confessa i propri sentimenti a Marwan.

Una storia carica di avvenimenti, nonostante la brevità del testo, che tenta sin dall’inizio di colpire il lettore nel profondo.

L’autore ha tentato di trasmettere molti messaggi importanti, primo fra tutti un messaggio di speranza e di rinascita, di forza e desiderio di vivere, di coraggio e lotta continua.

Marwan è un personaggio estremamente positivo, che si muove nella storia alla ricerca di pace, di un luogo in cui poter crescere e vivere, senza orrori e dolore.
La sua non è una vita facile, eppure Marwan sembra osservare la vita con uno sguardo ingenuo e positivo, sognando un futuro migliore per sé e per la propria famiglia.

Padre Nicola rappresenta una faccia della chiesa cattolica che ormai conosciamo tutti fin troppo bene, che fra abusi e soprusi vive la propria vita senza mai pagare davvero.

Oltre a questo tema, El Asmar ci parla anche della condizione da migrante di Marwan, in fuga dal proprio paese, mai completamente accettato, e costantemente mantenuto in una posizione di impotenza e incertezza, in balia dei propri “benefattori”.

Il colpo di scena finale funziona abbastanza bene, e ci spinge a ragionare sulla storia che si svolge di fronte ai nostri occhi fino all’ultima riga.

Un libro interessante che forse tenta di toccare troppi punti contemporaneamente, e finisce per perdersi nelle vite burrascose dei suoi personaggi; la scrittura è abbastanza scorrevole e mai troppo pesante, anche se le descrizioni dei luoghi si impongono in maniera un po’ troppo netta all’interno dei paragrafi, bloccando il flusso del testo.

Un buon inizio, per El Asmar, che sicuramente saprà regalare altre emozioni ai propri lettori.

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Beirut – Verona, Sola andata

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Published on February 28, 2025 23:35

February 22, 2025

THE UNBROKEN – C. L. CLARK

Voto: 6/10

Edito: Mondadori

Touraine è una soldatessa, una Figlia di Sabbia, come vengono chiamati quelli come lei, rapiti da bambini ed addestrati per entrare a far parte dell’esercito dell’Impero.
Ha lasciato casa sua che aveva appena cinque anni, e non ricorda più nulla delle sue origini, neanche la sua lingua madre.
Quando, però, viene inviata insieme ai suoi soldati ad El-Wast, la sua città natale, per sedare una ribellione, tutto cambia: Touraine toccherà con mano il suo passato, tutto ciò che le è stato tolto ed avrebbe potuto essere, e dovrà fare delle scelte importanti.

Luca, principessa dell’Impero di Balladaire ed erede al trono, si trova ad El-Wast per dimostrare a suo zio, il reggente, di essere pronta ad indossare la corona.
Ha passato tutta la sua vita a prepararsi per questo momento, ha studiato e si sente pronta, ha letto libri e stretto mani che avrebbe preferito evitare, ed ora il trono si trova ad un passo, appena oltre quest’ultima prova.

Quando Luca ha la possibilità di salvare la vita di Touraine e ricambiare così il favore alla soldatessa che aveva sventato l’attentato alla sua persona, i loro destini si incroceranno definitivamente, indissolubilmente, e si ritroveranno a combattere fianco a fianco, o forse l’una contro l’altra.

Questo romanzo aveva tutte le carte in regola per essere perfetto per me: colonialismo e imperi, politica e sotterfugi, combattimenti e patti segreti, magia di sangue e sacrifici.

Una soldatessa condizionata a dimostrarsi leale e fedele nei confronti dell’Impero che l’ha resa schiava, e una principessa pronta a mettere in gioco tutto ciò che ha sempre creduto di sapere.

E allora, perché non ha funzionato?

Il problema principale, per me, è stato la lentezza del testo.
Questo è un romanzo relativamente lungo (intorno alle 500 pagine) e molto denso, fitto di pensieri e discorsi e ragionamenti ed elucubrazioni varie…con poca azione e poca forza.
I personaggi passano la maggior parte del tempo a ripetersi sempre le stesse cose, sempre gli stessi concetti, in un girotondo infinito di odio-per-il-conquistatore e rivalsa-per-i-conquistati.

Sì, certo, sentimenti giusti e condivisibili, però bastava dirlo nel modo giusto un paio di volte, non 600.

La maggior parte delle azioni importanti per l’avanzamento della storia ha pochissimo senso: la principessa invia la propria consigliera a contrattare con i ribelli e il grande piano che ne scaturisce è “l’impero vi dona 100 fucili per poter combattere contro di noi e voi in cambio ci insegnate la magia”?
Ma che senso ha?

La magia stessa, quella curativa che posseggono i Qazāli, si riduce a “mangia della carne e prega il dio Shāl che ti dia il potere di curare le ferite”. Come prego?

Le parti che più avrei voluto approfondire (come la Biblioteca nella Città Maledetta in cui è proibito andare o la magia di sangue dei taargen che si trasformano in animali) vengono menzionate qualche volta e poi abbandonate, mai spiegate davvero.

Il rapporto stesso tra Touraine e Luca, questa grande storia d’amore impossibile che proprio “non s’ha da fare”, risulta molto piatto, senza alcuna chimica ad unire i due personaggi.

Davvero un peccato, perché l’idea generale mi intrigava parecchio, sia per gli ovvi richiami al colonialismo in Africa sia per l’idea di un Impero che ha bandito la religione e dei ribelli in grado di utilizzare oscuri poteri magici proprio grazie a queste divinità.

L’aspetto migliore è sicuramente quello che riguarda lo sviluppo di Touraine, da semplice ingranaggio in una macchina da guerra a fiera donna qazāli pronta a morire per la propria gente, con particolare enfasi al modo in cui imparerà ad osservare con occhio critico le persone che aveva sempre preso ad esempio, delle vere proprie ispirazioni, e a come dovrà decostruire la persona che era stata per più di vent’anni per poter abbracciare con forza le proprie radici e il suo vero io.

In generale non posso definirlo un brutto libro, ma la lettura si è rivelata troppo lenta e a tratti pesante, quindi non credo proprio che continuerò la serie.

Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:

The unbroken (ita)

The unbroken (eng)

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Published on February 22, 2025 00:37

THE UNBROKEN – C- L. CLARK

Voto: 6/10

Edito: Mondadori

Touraine è una soldatessa, una Figlia di Sabbia, come vengono chiamati quelli come lei, rapiti da bambini ed addestrati per entrare a far parte dell’esercito dell’Impero.
Ha lasciato casa sua che aveva appena cinque anni, e non ricorda più nulla delle sue origini, neanche la sua lingua madre.
Quando, però, viene inviata insieme ai suoi soldati ad El-Wast, la sua città natale, per sedare una ribellione, tutto cambia: Touraine toccherà con mano il suo passato, tutto ciò che le è stato tolto ed avrebbe potuto essere, e dovrà fare delle scelte importanti.

Luca, principessa dell’Impero di Balladaire ed erede al trono, si trova ad El-Wast per dimostrare a suo zio, il reggente, di essere pronta ad indossare la corona.
Ha passato tutta la sua vita a prepararsi per questo momento, ha studiato e si sente pronta, ha letto libri e stretto mani che avrebbe preferito evitare, ed ora il trono si trova ad un passo, appena oltre quest’ultima prova.

Quando Luca ha la possibilità di salvare la vita di Touraine e ricambiare così il favore alla soldatessa che aveva sventato l’attentato alla sua persona, i loro destini si incroceranno definitivamente, indissolubilmente, e si ritroveranno a combattere fianco a fianco, o forse l’una contro l’altra.

Questo romanzo aveva tutte le carte in regola per essere perfetto per me: colonialismo e imperi, politica e sotterfugi, combattimenti e patti segreti, magia di sangue e sacrifici.

Una soldatessa condizionata a dimostrarsi leale e fedele nei confronti dell’Impero che l’ha resa schiava, e una principessa pronta a mettere in gioco tutto ciò che ha sempre creduto di sapere.

E allora, perché non ha funzionato?

Il problema principale, per me, è stato la lentezza del testo.
Questo è un romanzo relativamente lungo (intorno alle 500 pagine) e molto denso, fitto di pensieri e discorsi e ragionamenti ed elucubrazioni varie…con poca azione e poca forza.
I personaggi passano la maggior parte del tempo a ripetersi sempre le stesse cose, sempre gli stessi concetti, in un girotondo infinito di odio-per-il-conquistatore e rivalsa-per-i-conquistati.

Sì, certo, sentimenti giusti e condivisibili, però bastava dirlo nel modo giusto un paio di volte, non 600.

La maggior parte delle azioni importanti per l’avanzamento della storia ha pochissimo senso: la principessa invia la propria consigliera a contrattare con i ribelli e il grande piano che ne scaturisce è “l’impero vi dona 100 fucili per poter combattere contro di noi e voi in cambio ci insegnate la magia”?
Ma che senso ha?

La magia stessa, quella curativa che posseggono i Qazāli, si riduce a “mangia della carne e prega il dio Shāl che ti dia il potere di curare le ferite”. Come prego?

Le parti che più avrei voluto approfondire (come la Biblioteca nella Città Maledetta in cui è proibito andare o la magia di sangue dei taargen che si trasformano in animali) vengono menzionate qualche volta e poi abbandonate, mai spiegate davvero.

Il rapporto stesso tra Touraine e Luca, questa grande storia d’amore impossibile che proprio “non s’ha da fare”, risulta molto piatto, senza alcuna chimica ad unire i due personaggi.

Davvero un peccato, perché l’idea generale mi intrigava parecchio, sia per gli ovvi richiami al colonialismo in Africa sia per l’idea di un Impero che ha bandito la religione e dei ribelli in grado di utilizzare oscuri poteri magici proprio grazie a queste divinità.

L’aspetto migliore è sicuramente quello che riguarda lo sviluppo di Touraine, da semplice ingranaggio in una macchina da guerra a fiera donna qazāli pronta a morire per la propria gente, con particolare enfasi al modo in cui imparerà ad osservare con occhio critico le persone che aveva sempre preso ad esempio, delle vere proprie ispirazioni, e a come dovrà decostruire la persona che era stata per più di vent’anni per poter abbracciare con forza le proprie radici e il suo vero io.

In generale non posso definirlo un brutto libro, ma la lettura si è rivelata troppo lenta e a tratti pesante, quindi non credo proprio che continuerò la serie.

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Published on February 22, 2025 00:37

February 15, 2025

LA CITTÀ E LE SUE MURA INCERTE – MURAKAMI HARUKI

Voto: 8/10

Edito: Einaudi

Un ragazzo incontra una ragazza.
Si innamorano, ma lei improvvisamente scompare.
Lui passa il resto della sua vita a pensare a lei, impantanato in un amore che non ha avuto il tempo e il modo di crescere, finché non accetta la realtà e riesce a liberarsi del passato.

È di questo che parla questo libro?
Non lo so, forse.

Quest’ultima fatica di Murakami si è rivelata più murakamiana che mai.

Il nostro protagonista ha appena sedici anni quando incontra una ragazza di quindici, con la quale inizia un rapporto epistolare attraverso il quale conoscersi meglio e, soprattutto, costruire insieme una città immaginaria, racchiusa fra mura altissime ed impenetrabili.
I due si frequentano per un anno, si incontrano più volte e continuano a scambiarsi lettere.

Lei gli rivela di non essere una persona vera, ma soltanto un’ombra della vera sé, che vive all’interno di quella città.
E quando improvvisamente scompare, lui ne resta sconvolto.

Senza sapere bene come, anche lui un giorno si ritrova all’interno della città, dove rincontra la ragazza.

Ma quando tenta di far evadere la propria ombra morente dalla città, anche lui si ritrova all’esterno, come risvegliato improvvisamente da un sogno.

Per i successivi trent’anni, l’uomo continua immancabilmente ed instancabilmente a pensare alla ragazza e alla città, senza riuscire a liberarsi del ricordo di entrambi.
Finché un giorno un sogno (o il destino) lo conduce in una piccola cittadina di montagna, in una vecchia biblioteca senza direttore, dove incontrerà un giovane che cerca di sfuggire dalla propria realtà, e riuscirà a comprendere la propria strada.

Una parola per descrivere questo romanzo: liminale.
Più che mai Murakami mette in mostra la sua passione per quella sottile zona di confine che si estende fra la realtà e la fantasia, fra il sogno e la veglia, fra ciò che è e ciò che non c’è più, ciò che potrebbe essere e ciò che non sarà mai.

Un’altra parola per descrivere questo romanzo: ripetitivo.
Haruki, tesoro mio, io ti voglio tanto bene, e in genere accetto tutte le tue assurdità senza battere ciglio, ma non credo ci sia bisogno di ripetere lo stesso concetto 375 volte, no?
Cioè, due o tre volte vanno anche bene, se è un punto estremamente importante, però diamoci una regolata. Senza ripetizioni questo libro sarebbe stato più corto di duecento pagine.

Devo ammettere che tutta la lettura si è svolta in maniera un po’ stentata, rallentata, mai davvero fluida; oltre alle ripetizioni, anche le spiegazioni eccessivamente didascaliche mi hanno fatto storcere un po’ il naso, e non credo di poter concordare pienamente con la maggioranza dei lettori, che lo ha definito “il suo capolavoro”.

Mi sono piaciuti moltissimo alcuni dei punti toccati, come la fissazione con il passato e l’importanza di imparare a lasciar andare, la malinconia per ciò che è stato ed i rimpianti che inevitabilmente ci accompagnano per tutta la vita, la crescita personale e lo scorrere del tempo, il senso della vita e la sua sempre mutevole forma.

Ci ho anche letto una riflessione sull’ispirazione artistica e l’importanza dell’elaborazione delle idee (concetto estremamente pertinente allo sviluppo dell’opera).

Una lettura sicuramente intensa, così intrisa del classico realismo magico di Murakami da lasciare il lettore disorientato e un po’ confuso, con una bussola che non punta mai nella direzione che ci aspetteremmo.

Costruendo mura altissime tra ciò che è verità e ciò che è finzione, e poi abbattendole con un soffio, Murakami ci mostra l’instabilità di ogni aspetto della vita, l’incredibilità di ogni avvenimento, l’impossibilità di fare completamente affidamento su qualcosa, perché l’esistenza è soltanto un soffio.

Un libro particolare, e particolarmente strano, che sto apprezzando di più come ragionamento a posteriori che come effettiva lettura; ma in fondo questo è Murakami, e in questa realtà noi siamo ombre in cerca di un senso.

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La città e le sue mura incerte

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Published on February 15, 2025 00:53

February 8, 2025

APPARTAMENTO 401 – YOSHIDA SHŪICHI

Voto: 8/10

Edito: Feltrinelli

Quattro ragazzi come tanti, ventenni, condividono un piccolo appartamento in un palazzo di Tokyo.
Ryosuke è uno studente universitario, innamorato della ragazza di un suo amico; Kotomi vive grazie all’assegno che le mandano i genitori e passa le giornate aspettando una telefonata di un ragazzo; Mirai fa la commessa e l’artista, e sperpera tutti i propri soldi bevendo nei bar; Naoki è impiegato in una casa di distribuzione cinematografica e l’abitante originale dell’appartamento, che condivideva con la sua ex fidanzata, con la quale è ancora in ottimi rapporti.
La vita scorre tranquilla, nell’Appartamento 401.
Gli andirivieni sospetti nell’Appartamento 402 insospettiscono i ragazzi e, un giorno, si risvegliano con un nuovo coinquilino.

Chi è il diciottenne Satoru? Che lavoro fa? Perché si intrufola di nascosto nelle case delle persone? E chi è la persona che ha iniziato ad aggredire delle donne nel loro quartiere?

La calma prima della tempesta.

Il fulcro di questo romanzo non è sicuramente la serie di aggressioni, che per la maggior parte ha luogo lontano dal nostro sguardo.

Il romanzo si concentra sui cinque protagonisti, ed è un eccellente specchio della società moderna in una grande città.
I quattro (e quindi cinque) ragazzi sono costretti a vivere sempre a stretto contatto, in un appartamento pensato per ospitare una coppia, e raramente vi passano dei momenti da soli.
Eppure, nonostante la vicinanza forzata, la bolla dei propri pensieri che racchiude e isola ognuno dal resto del mondo, li allontana, impedendo così una vera e propria comunione.

Non conosciamo mai davvero le persone che abbiamo intorno.
Non conosciamo mai davvero nessuno.

Concentrandosi sui piccoli dettagli della vita quotidiana, sugli aspetti più insoliti e quelli più mondani delle vite dei giovani, Yoshida ci racconta la facilità con cui possiamo perderci in noi stessi, specialmente quando non abbiamo un punto fermo a cui aggrapparci.

La storia ci viene raccontata attraverso le voci dei ragazzi, in cinque macro capitoli riportante ognuno il punto di vista di uno degli inquilini; abbiamo così modo di osservare le cose da diversi punti di vista, dall’interno e dall’esterno, scoprendo menzogne e segreti, osservando i cinque quando sono da soli (perlomeno all’interno delle loro menti) e quando sono in compagnia, le maschere che indossano e le luci sotto le quali decidono di denudarsi e mostrare la loro vera natura.

Per la maggior parte del romanzo, quindi, le cose si svolgono in maniera pacata, senza grandi scossoni.

Veniamo presto a sapere della serie di aggressioni avvenuta nel quartiere, ma non in maniera approfondita, e ciononostante sentiamo sin dalle prime pagine un’elettricità che si diffonde nell’aria e ci tiene in sospeso.

Ci sembra quasi di ascoltare dei rumori provenienti da una stanza chiusa, suoni attutiti ed ovattati che non preannunciano niente di buono, ma che non siamo in grado di distinguere con precisione.
Pur appoggiando un orecchio alla porta, pur tentando di origliare, non possiamo far altro che sentire sussurri e sospiri, alcuni suoni che un po’ ci fanno rabbrividire e un po’ ci incuriosiscono, e ci spingono a leggere il romanzo fino all’ultima pagina.

Nonostante la rivelazione finale possa essere intuita, è proprio in quelle ultime pagine, dalle scene crude e dure, rese ancora più truculente da piccoli dettagli spietati ed indolenti, che brilla con rinnovata forza la solitudine e la distanza che separa ed accomuna i protagonisti, pronti a chiudere gli occhi per non alterare lo stato delle cose.

Con una scrittura molto scorrevole e molto semplice, Yoshida racconta perfettamente la sua storia, senza mai incagliarsi in ragionamenti fuorvianti o in flashback senza forza.

Ogni immagine, ogni dialogo, ogni parte gioca perfettamente il proprio ruolo, creando un’atmosfera domestica e tesa, familiare e carica d’inquietudine.
Come il mare che si ritira lentamente dalla costa, prima dello schianto.

Anche le interazioni fra i vari personaggi funzionano benissimo, con alcuni dialoghi brillanti ed altri quasi al limite dell’assurdo, ma che non sfociano mai nel ridicolo, e rappresentano rapporti umani ordinari, e anche per questo più inquietanti.

Un buon romanzo, in grado di farci innervosire con poche parole e farci riflettere sul mondo che ci circonda, di coinvolgerci e tenerci stretti fino alle ultime pagine.


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Appartamento 401


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Published on February 08, 2025 01:04

APPARTAMENTO 401 – YOSHIDA SHŪICI

Voto: 8/10

Edito: Feltrinelli

Quattro ragazzi come tanti, ventenni, condividono un piccolo appartamento in un palazzo di Tokyo.
Ryosuke è uno studente universitario, innamorato della ragazza di un suo amico; Kotomi vive grazie all’assegno che le mandano i genitori e passa le giornate aspettando una telefonata di un ragazzo; Mirai fa la commessa e l’artista, e sperpera tutti i propri soldi bevendo nei bar; Naoki è impiegato in una casa di distribuzione cinematografica e l’abitante originale dell’appartamento, che condivideva con la sua ex fidanzata, con la quale è ancora in ottimi rapporti.
La vita scorre tranquilla, nell’Appartamento 401.
Gli andirivieni sospetti nell’Appartamento 402 insospettiscono i ragazzi e, un giorno, si risvegliano con un nuovo coinquilino.

Chi è il diciottenne Satoru? Che lavoro fa? Perché si intrufola di nascosto nelle case delle persone? E chi è la persona che ha iniziato ad aggredire delle donne nel loro quartiere?

La calma prima della tempesta.

Il fulcro di questo romanzo non è sicuramente la serie di aggressioni, che per la maggior parte ha luogo lontano dal nostro sguardo.

Il romanzo si concentra sui cinque protagonisti, ed è un eccellente specchio della società moderna in una grande città.
I quattro (e quindi cinque) ragazzi sono costretti a vivere sempre a stretto contatto, in un appartamento pensato per ospitare una coppia, e raramente vi passano dei momenti da soli.
Eppure, nonostante la vicinanza forzata, la bolla dei propri pensieri che racchiude e isola ognuno dal resto del mondo, li allontana, impedendo così una vera e propria comunione.

Non conosciamo mai davvero le persone che abbiamo intorno.
Non conosciamo mai davvero nessuno.

Concentrandosi sui piccoli dettagli della vita quotidiana, sugli aspetti più insoliti e quelli più mondani delle vite dei giovani, Yoshida ci racconta la facilità con cui possiamo perderci in noi stessi, specialmente quando non abbiamo un punto fermo a cui aggrapparci.

La storia ci viene raccontata attraverso le voci dei ragazzi, in cinque macro capitoli riportante ognuno il punto di vista di uno degli inquilini; abbiamo così modo di osservare le cose da diversi punti di vista, dall’interno e dall’esterno, scoprendo menzogne e segreti, osservando i cinque quando sono da soli (perlomeno all’interno delle loro menti) e quando sono in compagnia, le maschere che indossano e le luci sotto le quali decidono di denudarsi e mostrare la loro vera natura.

Per la maggior parte del romanzo, quindi, le cose si svolgono in maniera pacata, senza grandi scossoni.

Veniamo presto a sapere della serie di aggressioni avvenuta nel quartiere, ma non in maniera approfondita, e ciononostante sentiamo sin dalle prime pagine un’elettricità che si diffonde nell’aria e ci tiene in sospeso.

Ci sembra quasi di ascoltare dei rumori provenienti da una stanza chiusa, suoni attutiti ed ovattati che non preannunciano niente di buono, ma che non siamo in grado di distinguere con precisione.
Pur appoggiando un orecchio alla porta, pur tentando di origliare, non possiamo far altro che sentire sussurri e sospiri, alcuni suoni che un po’ ci fanno rabbrividire e un po’ ci incuriosiscono, e ci spingono a leggere il romanzo fino all’ultima pagina.

Nonostante la rivelazione finale possa essere intuita, è proprio in quelle ultime pagine, dalle scene crude e dure, rese ancora più truculente da piccoli dettagli spietati ed indolenti, che brilla con rinnovata forza la solitudine e la distanza che separa ed accomuna i protagonisti, pronti a chiudere gli occhi per non alterare lo stato delle cose.

Con una scrittura molto scorrevole e molto semplice, Yoshida racconta perfettamente la sua storia, senza mai incagliarsi in ragionamenti fuorvianti o in flashback senza forza.

Ogni immagine, ogni dialogo, ogni parte gioca perfettamente il proprio ruolo, creando un’atmosfera domestica e tesa, familiare e carica d’inquietudine.
Come il mare che si ritira lentamente dalla costa, prima dello schianto.

Anche le interazioni fra i vari personaggi funzionano benissimo, con alcuni dialoghi brillanti ed altri quasi al limite dell’assurdo, ma che non sfociano mai nel ridicolo, e rappresentano rapporti umani ordinari, e anche per questo più inquietanti.

Un buon romanzo, in grado di farci innervosire con poche parole e farci riflettere sul mondo che ci circonda, di coinvolgerci e tenerci stretti fino alle ultime pagine.


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Appartamento 401


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Published on February 08, 2025 01:04

February 4, 2025

INGANNATI DALLA GIOIA. UNA FEROCE STORIA D’AMORE – LEONARDO DI MAURO

Un enorme ringraziamento a Leonardo per avermi inviato una copia del suo libro!

Donato ha sessantotto anni, Beatrice cinquantadue.
Dopo un anno e mezzo di relazione, improvvisamente, lei ha deciso di porre fine al loro rapporto.
Per Donato la notizia si è presentata come un fulmine a ciel sereno, improvvisa e terribile, e non riesce a capacitarsene.
In Beatrice, credeva di aver trovato la donna perfetta, con cui vivere in perfetta sintonia sotto qualunque aspetto: emotivo, psicologico, sessuale.
Dopo neanche un anno dall’inizio della loro relazione, e nonostante due matrimoni falliti alle spalle, Donato le aveva fatto la proposta di matrimonio, che Beatrice aveva accettato con immensa gioia.
Avevano partecipato a seminari sul Tantra e festini privati in ville sontuose, si erano mostrati l’uno all’altra senza veli, senza maschere, mettendo in mostra i propri desideri più nascosti e i lati più oscuri.
O almeno questo era ciò che pensava Donato.
Fino al giorno in cui Beatrice aveva deciso di lasciarlo con un messaggio su Whatsapp.
E ora, riguardando indietro, i dubbi sembrano assediarlo.

Un libro breve ma intenso, il romanzo d’esordio di Di Mauro.

Generalmente, una storia che si concentra in buona parte sulle esperienze sessuali e tantriche di una coppia non la definirei “adatta a me”, ma sono felice di aver accettato questa collaborazione perché Di Mauro è riuscito, con una scrittura ricercata e affettata, frammista ad espressioni più “volgari”, a raccontare una storia interessante e molto umana, molto candida.

Donato crede di aver trovato, in tarda età, l’amore della sua vita, la donna perfetta per sé, e per un anno e mezzo le cose vanno nel migliore dei modi, sotto ogni aspetto.
Quando però, improvvisamente, Beatrice decide di lasciarlo, abbandonando il protagonista che aveva guidato in paradiso e facendolo ricadere in un inferno di dolore e dubbi, Donato si ritrova a dover riosservare tutti i mesi trascorsi sotto una lente diversa.

Anche per l’età “avanzata” dei protagonisti, questo si è rivelato un libro diverso dal solito: oggi si trovano principalmente storie di amori adolescenziali o trentenni non propriamente adulti; Di Mauro, invece, dà corpo e voce ad un’età che di solito viene un po’ “snobbata” dal genere.

Ma parlando di “genere” non parlo di un romanzo rosa, perché questo è molto di più: Di Mauro sa scavare bene nella mente del suo narratore; l’unica voce (e quindi “l’unica campana”) che sentiamo è quella di Donato, e riusciamo a percepire tutti i cambiamenti nei suoi stati d’animo, nelle sue emozioni e seguire tutte le sue riflessioni, le sue paure e le sue speranze.
Allo stesso modo è anche un libro spirituale, collegato al mondo del Tantra e alle sue filosofie.

Il fatto di seguire così da vicino i pensieri di Donato ci permette, sì, di entrare in contatto con lui, ma ci impedisce anche di conoscere davvero Beatrice, che possiamo osservare soltanto attraverso la lente dello sguardo di lui, prima innamorato e quindi abbandonato.
Per questo motivo non possiamo neanche conoscere veramente i motivi per cui lei decide di interrompere la relazione, ma possiamo soltanto ascoltare le supposizioni di Donato e concordare o meno con le sue ipotesi.

Un romanzo che è riuscito a colpirmi in maniera inaspettata, non essendo questo un genere che rientra “nelle mie corde”.

Ma Di Mauro ha raccontato bene la sua storia, ha collegato e costruito bene la sua trama, con i flashback e le digressioni che aiutano il lettore e non ostacolano la lettura.

Un buon esordio, una lettura diversa dal solito.

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Ingannati dalla gioia

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Published on February 04, 2025 01:10

January 31, 2025

EXIT WEST – MOHSIN HAMID

Voto: 9/10

Edito: Einaudi

Nadia e Saeed sono due giovani che vivono in un Paese sull’orlo della guerra civile.
Si sono appena conosciuti, si sono piaciuti subito, ma il tempo sembra muoversi contro di loro.
Presto i miliziani e le forze governative finiscono per scontrarsi, lottando per tutta la città; Nadia e Saeed, così come tutti gli abitanti del paese (non specificato, ma dal forte sapore mediorientale) si ritrovano al centro di un conflitto che non guarda in faccia nessuno.

Ma se improvvisamente, all’inizio quasi come una leggenda metropolitana, un segreto sussurrato, ma poi in maniera sempre più reale, iniziassero a comparire delle misteriose porte in grado di collegare diverse parti del mondo?
Se fosse possibile abbandonare la guerra e il dolore e la distruzione e gettarsi a capofitta in una nuova terra, l’uomo riuscirebbe a salvarsi?

Una storia d’amore carica di speranza, nostalgia, delicatezza, e magia.
Non era assolutamente ciò che mi aspettavo da questo libro.

Nonostante la sua brevità (appena centocinquanta pagine), si è rivelata una lettura intensissima, densa, che si legge velocemente ma che è impossibile prendere alla leggera.

Non solo per i temi più “evidenti”: si parla di guerra, di migranti, di persone costrette ad abbandonare il proprio paese per poter sopravvivere, a lasciarsi alle spalle i propri cari con la quasi assoluta certezza di non rivederli mai più, dell’incapacità umana di accettare il prossimo in cerca d’aiuto, della paura del diverso, dell’ignoto e di ciò che già è noto.
Ma si parla anche di religione e appartenenza, di crescita e scelte forzate, della scoperta di sé e dell’altro, della comunione tra persone e luoghi e di come tutto il mondo sia, effettivamente, paese.

Perché queste porte che Hamid ha strategicamente posizionato all’interno del suo romanzo sono, sì, dei punti d’accesso attraverso cui si spostano le persone (come possono essere al giorno d’oggi le famose navi cariche di migranti che tanto ci piace accogliere nel nostro paese), ma rappresentano anche un altro passaggio, che tutti noi possediamo, in grado di collegare fra loro gli angoli più remoti del pianeta.
Con un po’ di magia, Hamid ha trasformato un cellullare da una finestra in una porta, eliminando barriere e confini.

Ovviamente le cose non sono così semplici per i protagonisti perché, nonostante quel tocco di magia, questo è un romanzo estremamente realistico, che ci racconta le difficoltà di un migrante irregolare che passa da una situazione estremamente difficile e pericolosa, ad un’altra estremamente complicata e rischiosa.
Fantasia o realtà, l’umanità è sempre la stessa.

Oltre, quindi, a raccontare con semplicità e chiarezza la complessità della nuova quotidianità di Nadia e Saeed, Hamid ci mostra una storia d’amore estremamente normale, carica di un sentimento enorme, e che finisce per spezzarci il cuore quasi senza fare rumore, sussurrando parole che lasciano l’amaro in bocca.

Ogni tanto ci sono anche dei piccoli quadretti, dei siparietti che ci mostrano altre vite, altri momenti, altri angoli di mondo, che creano altre finestre e porte su altre vite, trasformando la realtà in un unico grande piano collegato da una serie infinita di fili.

E come se non bastasse, tutto questo è scritto in maniera semplicemente incredibile.
Utilizzando un flusso di coscienza che ci scorre addosso con la potenza di un uragano, le sue parole non fluiscono lisce come l’acqua, ma ruvide come la sabbia trasportata dal vento, e ci sferzano, e ci feriscono, ma è uno spettacolo meraviglioso dal quale è difficile distogliere lo sguardo.
Con una potenza ed una precisione incredibili, con un linguaggio molto semplice eppure molto poetico e suggestivo, Hamid fa in modo che immense onde di sabbia e dolore, asciutte e taglienti, si abbattano su di noi, lasciandoci spaesati e senza fiato.
È un tipo di scrittura che ovviamente può non piacere a tutti, ma che in questo caso funziona alla perfezione, perché ci aiuta ad immergerci nella storia e mostra con più chiarezza il fluire del tempo e delle situazioni, la mobilità e la mutevolezza dei luoghi e delle persone, l’instabilità e la provvisorietà della vita.

Una storia, purtroppo, sempre ed assolutamente attuale, alla quale è difficile sfuggire, perché anche voltandoci dall’altra parte rischieremmo di imbatterci in una porta misteriosa che si apre su un abisso.

Con voce pacata e quasi distaccata, Hamid mette in mostra tutto ciò che di umano c’è e ciò che dovrebbe esserci, ciò che ci accomuna e ciò che lasciamo ci separi.

Siamo tutti migranti, nello spazio o nel tempo, siamo tutti costantemente in viaggio, stiamo tutti affrontando lo stesso viaggio, e solo noi possiamo salvarci.

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Published on January 31, 2025 02:28