Rachele Riccetto's Blog, page 5
February 8, 2025
APPARTAMENTO 401 – YOSHIDA SHŪICI

Voto: 8/10
Edito: Feltrinelli
Quattro ragazzi come tanti, ventenni, condividono un piccolo appartamento in un palazzo di Tokyo.
Ryosuke è uno studente universitario, innamorato della ragazza di un suo amico; Kotomi vive grazie all’assegno che le mandano i genitori e passa le giornate aspettando una telefonata di un ragazzo; Mirai fa la commessa e l’artista, e sperpera tutti i propri soldi bevendo nei bar; Naoki è impiegato in una casa di distribuzione cinematografica e l’abitante originale dell’appartamento, che condivideva con la sua ex fidanzata, con la quale è ancora in ottimi rapporti.
La vita scorre tranquilla, nell’Appartamento 401.
Gli andirivieni sospetti nell’Appartamento 402 insospettiscono i ragazzi e, un giorno, si risvegliano con un nuovo coinquilino.
Chi è il diciottenne Satoru? Che lavoro fa? Perché si intrufola di nascosto nelle case delle persone? E chi è la persona che ha iniziato ad aggredire delle donne nel loro quartiere?
La calma prima della tempesta.
Il fulcro di questo romanzo non è sicuramente la serie di aggressioni, che per la maggior parte ha luogo lontano dal nostro sguardo.
Il romanzo si concentra sui cinque protagonisti, ed è un eccellente specchio della società moderna in una grande città.
I quattro (e quindi cinque) ragazzi sono costretti a vivere sempre a stretto contatto, in un appartamento pensato per ospitare una coppia, e raramente vi passano dei momenti da soli.
Eppure, nonostante la vicinanza forzata, la bolla dei propri pensieri che racchiude e isola ognuno dal resto del mondo, li allontana, impedendo così una vera e propria comunione.
Non conosciamo mai davvero le persone che abbiamo intorno.
Non conosciamo mai davvero nessuno.
Concentrandosi sui piccoli dettagli della vita quotidiana, sugli aspetti più insoliti e quelli più mondani delle vite dei giovani, Yoshida ci racconta la facilità con cui possiamo perderci in noi stessi, specialmente quando non abbiamo un punto fermo a cui aggrapparci.
La storia ci viene raccontata attraverso le voci dei ragazzi, in cinque macro capitoli riportante ognuno il punto di vista di uno degli inquilini; abbiamo così modo di osservare le cose da diversi punti di vista, dall’interno e dall’esterno, scoprendo menzogne e segreti, osservando i cinque quando sono da soli (perlomeno all’interno delle loro menti) e quando sono in compagnia, le maschere che indossano e le luci sotto le quali decidono di denudarsi e mostrare la loro vera natura.
Per la maggior parte del romanzo, quindi, le cose si svolgono in maniera pacata, senza grandi scossoni.
Veniamo presto a sapere della serie di aggressioni avvenuta nel quartiere, ma non in maniera approfondita, e ciononostante sentiamo sin dalle prime pagine un’elettricità che si diffonde nell’aria e ci tiene in sospeso.
Ci sembra quasi di ascoltare dei rumori provenienti da una stanza chiusa, suoni attutiti ed ovattati che non preannunciano niente di buono, ma che non siamo in grado di distinguere con precisione.
Pur appoggiando un orecchio alla porta, pur tentando di origliare, non possiamo far altro che sentire sussurri e sospiri, alcuni suoni che un po’ ci fanno rabbrividire e un po’ ci incuriosiscono, e ci spingono a leggere il romanzo fino all’ultima pagina.
Nonostante la rivelazione finale possa essere intuita, è proprio in quelle ultime pagine, dalle scene crude e dure, rese ancora più truculente da piccoli dettagli spietati ed indolenti, che brilla con rinnovata forza la solitudine e la distanza che separa ed accomuna i protagonisti, pronti a chiudere gli occhi per non alterare lo stato delle cose.
Con una scrittura molto scorrevole e molto semplice, Yoshida racconta perfettamente la sua storia, senza mai incagliarsi in ragionamenti fuorvianti o in flashback senza forza.
Ogni immagine, ogni dialogo, ogni parte gioca perfettamente il proprio ruolo, creando un’atmosfera domestica e tesa, familiare e carica d’inquietudine.
Come il mare che si ritira lentamente dalla costa, prima dello schianto.
Anche le interazioni fra i vari personaggi funzionano benissimo, con alcuni dialoghi brillanti ed altri quasi al limite dell’assurdo, ma che non sfociano mai nel ridicolo, e rappresentano rapporti umani ordinari, e anche per questo più inquietanti.
Un buon romanzo, in grado di farci innervosire con poche parole e farci riflettere sul mondo che ci circonda, di coinvolgerci e tenerci stretti fino alle ultime pagine.
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February 4, 2025
INGANNATI DALLA GIOIA. UNA FEROCE STORIA D’AMORE – LEONARDO DI MAURO

Un enorme ringraziamento a Leonardo per avermi inviato una copia del suo libro!
Donato ha sessantotto anni, Beatrice cinquantadue.
Dopo un anno e mezzo di relazione, improvvisamente, lei ha deciso di porre fine al loro rapporto.
Per Donato la notizia si è presentata come un fulmine a ciel sereno, improvvisa e terribile, e non riesce a capacitarsene.
In Beatrice, credeva di aver trovato la donna perfetta, con cui vivere in perfetta sintonia sotto qualunque aspetto: emotivo, psicologico, sessuale.
Dopo neanche un anno dall’inizio della loro relazione, e nonostante due matrimoni falliti alle spalle, Donato le aveva fatto la proposta di matrimonio, che Beatrice aveva accettato con immensa gioia.
Avevano partecipato a seminari sul Tantra e festini privati in ville sontuose, si erano mostrati l’uno all’altra senza veli, senza maschere, mettendo in mostra i propri desideri più nascosti e i lati più oscuri.
O almeno questo era ciò che pensava Donato.
Fino al giorno in cui Beatrice aveva deciso di lasciarlo con un messaggio su Whatsapp.
E ora, riguardando indietro, i dubbi sembrano assediarlo.
Un libro breve ma intenso, il romanzo d’esordio di Di Mauro.
Generalmente, una storia che si concentra in buona parte sulle esperienze sessuali e tantriche di una coppia non la definirei “adatta a me”, ma sono felice di aver accettato questa collaborazione perché Di Mauro è riuscito, con una scrittura ricercata e affettata, frammista ad espressioni più “volgari”, a raccontare una storia interessante e molto umana, molto candida.
Donato crede di aver trovato, in tarda età, l’amore della sua vita, la donna perfetta per sé, e per un anno e mezzo le cose vanno nel migliore dei modi, sotto ogni aspetto.
Quando però, improvvisamente, Beatrice decide di lasciarlo, abbandonando il protagonista che aveva guidato in paradiso e facendolo ricadere in un inferno di dolore e dubbi, Donato si ritrova a dover riosservare tutti i mesi trascorsi sotto una lente diversa.
Anche per l’età “avanzata” dei protagonisti, questo si è rivelato un libro diverso dal solito: oggi si trovano principalmente storie di amori adolescenziali o trentenni non propriamente adulti; Di Mauro, invece, dà corpo e voce ad un’età che di solito viene un po’ “snobbata” dal genere.
Ma parlando di “genere” non parlo di un romanzo rosa, perché questo è molto di più: Di Mauro sa scavare bene nella mente del suo narratore; l’unica voce (e quindi “l’unica campana”) che sentiamo è quella di Donato, e riusciamo a percepire tutti i cambiamenti nei suoi stati d’animo, nelle sue emozioni e seguire tutte le sue riflessioni, le sue paure e le sue speranze.
Allo stesso modo è anche un libro spirituale, collegato al mondo del Tantra e alle sue filosofie.
Il fatto di seguire così da vicino i pensieri di Donato ci permette, sì, di entrare in contatto con lui, ma ci impedisce anche di conoscere davvero Beatrice, che possiamo osservare soltanto attraverso la lente dello sguardo di lui, prima innamorato e quindi abbandonato.
Per questo motivo non possiamo neanche conoscere veramente i motivi per cui lei decide di interrompere la relazione, ma possiamo soltanto ascoltare le supposizioni di Donato e concordare o meno con le sue ipotesi.
Un romanzo che è riuscito a colpirmi in maniera inaspettata, non essendo questo un genere che rientra “nelle mie corde”.
Ma Di Mauro ha raccontato bene la sua storia, ha collegato e costruito bene la sua trama, con i flashback e le digressioni che aiutano il lettore e non ostacolano la lettura.
Un buon esordio, una lettura diversa dal solito.
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January 31, 2025
EXIT WEST – MOHSIN HAMID

Voto: 9/10
Edito: Einaudi
Nadia e Saeed sono due giovani che vivono in un Paese sull’orlo della guerra civile.
Si sono appena conosciuti, si sono piaciuti subito, ma il tempo sembra muoversi contro di loro.
Presto i miliziani e le forze governative finiscono per scontrarsi, lottando per tutta la città; Nadia e Saeed, così come tutti gli abitanti del paese (non specificato, ma dal forte sapore mediorientale) si ritrovano al centro di un conflitto che non guarda in faccia nessuno.
Ma se improvvisamente, all’inizio quasi come una leggenda metropolitana, un segreto sussurrato, ma poi in maniera sempre più reale, iniziassero a comparire delle misteriose porte in grado di collegare diverse parti del mondo?
Se fosse possibile abbandonare la guerra e il dolore e la distruzione e gettarsi a capofitta in una nuova terra, l’uomo riuscirebbe a salvarsi?
Una storia d’amore carica di speranza, nostalgia, delicatezza, e magia.
Non era assolutamente ciò che mi aspettavo da questo libro.
Nonostante la sua brevità (appena centocinquanta pagine), si è rivelata una lettura intensissima, densa, che si legge velocemente ma che è impossibile prendere alla leggera.
Non solo per i temi più “evidenti”: si parla di guerra, di migranti, di persone costrette ad abbandonare il proprio paese per poter sopravvivere, a lasciarsi alle spalle i propri cari con la quasi assoluta certezza di non rivederli mai più, dell’incapacità umana di accettare il prossimo in cerca d’aiuto, della paura del diverso, dell’ignoto e di ciò che già è noto.
Ma si parla anche di religione e appartenenza, di crescita e scelte forzate, della scoperta di sé e dell’altro, della comunione tra persone e luoghi e di come tutto il mondo sia, effettivamente, paese.
Perché queste porte che Hamid ha strategicamente posizionato all’interno del suo romanzo sono, sì, dei punti d’accesso attraverso cui si spostano le persone (come possono essere al giorno d’oggi le famose navi cariche di migranti che tanto ci piace accogliere nel nostro paese), ma rappresentano anche un altro passaggio, che tutti noi possediamo, in grado di collegare fra loro gli angoli più remoti del pianeta.
Con un po’ di magia, Hamid ha trasformato un cellullare da una finestra in una porta, eliminando barriere e confini.
Ovviamente le cose non sono così semplici per i protagonisti perché, nonostante quel tocco di magia, questo è un romanzo estremamente realistico, che ci racconta le difficoltà di un migrante irregolare che passa da una situazione estremamente difficile e pericolosa, ad un’altra estremamente complicata e rischiosa.
Fantasia o realtà, l’umanità è sempre la stessa.
Oltre, quindi, a raccontare con semplicità e chiarezza la complessità della nuova quotidianità di Nadia e Saeed, Hamid ci mostra una storia d’amore estremamente normale, carica di un sentimento enorme, e che finisce per spezzarci il cuore quasi senza fare rumore, sussurrando parole che lasciano l’amaro in bocca.
Ogni tanto ci sono anche dei piccoli quadretti, dei siparietti che ci mostrano altre vite, altri momenti, altri angoli di mondo, che creano altre finestre e porte su altre vite, trasformando la realtà in un unico grande piano collegato da una serie infinita di fili.
E come se non bastasse, tutto questo è scritto in maniera semplicemente incredibile.
Utilizzando un flusso di coscienza che ci scorre addosso con la potenza di un uragano, le sue parole non fluiscono lisce come l’acqua, ma ruvide come la sabbia trasportata dal vento, e ci sferzano, e ci feriscono, ma è uno spettacolo meraviglioso dal quale è difficile distogliere lo sguardo.
Con una potenza ed una precisione incredibili, con un linguaggio molto semplice eppure molto poetico e suggestivo, Hamid fa in modo che immense onde di sabbia e dolore, asciutte e taglienti, si abbattano su di noi, lasciandoci spaesati e senza fiato.
È un tipo di scrittura che ovviamente può non piacere a tutti, ma che in questo caso funziona alla perfezione, perché ci aiuta ad immergerci nella storia e mostra con più chiarezza il fluire del tempo e delle situazioni, la mobilità e la mutevolezza dei luoghi e delle persone, l’instabilità e la provvisorietà della vita.
Una storia, purtroppo, sempre ed assolutamente attuale, alla quale è difficile sfuggire, perché anche voltandoci dall’altra parte rischieremmo di imbatterci in una porta misteriosa che si apre su un abisso.
Con voce pacata e quasi distaccata, Hamid mette in mostra tutto ciò che di umano c’è e ciò che dovrebbe esserci, ciò che ci accomuna e ciò che lasciamo ci separi.
Siamo tutti migranti, nello spazio o nel tempo, siamo tutti costantemente in viaggio, stiamo tutti affrontando lo stesso viaggio, e solo noi possiamo salvarci.
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January 27, 2025
L’ULTIMO ROMANZO DI SUSANNA TRIPPA
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi l’ultimo romanzo di Susanna Trippa, che ringrazio enormemente per la copia, pubblicato da LFA Publisher a novembre del 2023.

“Una storia che consola”, scritto nei mesi del lockdown della strana primavera 2020, è un romanzo epistolare. Quando scoppia la pandemia in Italia, e in particolare in Lombardia, l’autrice, dalla sua casetta in collina in provincia di Bergamo, come tutti si trova ad affrontare i timori e le angosce del periodo. Ad arrivare in suo aiuto sarà un pacchetto di lettere, biglietti, cartoline e vecchie foto. Da quel momento s’immergerà nell’attenta rilettura di quel dialogo epistolare avvenuto tra i suoi genitori durante il lungo fidanzamento negli anni Trenta. Dal 1934 al 1940 – in piena epoca fascista – due giovani si conoscono, s’innamorano, immaginano e costruiscono il loro futuro.

BIO: Susanna Trippa è nata a Bologna e lì si è laureata in Lettere moderne e Storia dell’Arte.
Si trasferisca a Bergamo nel 1977, dove lavora prima come insegnante poi nel settore pubblicitario.
Da venticinque anni vive in Valcavallina, con famiglia e animali, nella casetta che ha dato nome e immagine al suo primo libro “I racconti di CasaLuet” (2008 Lampi di Stampa).
Il racconto “Pane e cinema” ha ricevuto il 1° premio Albero Andronico “Cinecittà – l’occhio del cinema sulla città” (2009).
Segue il romanzo epico/fantasy “Il viaggio di una stella” (2015 Elison Publishing).
Il penultimo pubblicato è il romanzo autobiografico “Come cambia lo sguardo. Gli inganni del Sessantotto” (2019 Curcio).
Non vedo l’ora di leggerlo e parlarne con voi!
Presto la recensione!
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January 25, 2025
GUANCIALE D’ERBA – NATSUME SО̄SEKI

Voto: 8/10
Edito: Beat
Un viandante, un giovane pittore e poeta, cammina lungo un sentiero, senza meta e senza fretta; è in cerca d’ispirazione, di un luogo in cui fermarsi a riposare, osservare il paesaggio, riflettere sulla bellezza della natura, comporre qualche verso e dipingere.
E così, per caso, si ritrova in un piccolo paese di montagna, ospite in una locanda quasi deserta, immerso in un silenzio spezzato soltanto dal volare delle rondini e dal fruscio del vento fra le canne di bambù.
Qui trascorrerà la sue giornate, parlando con gli uomini e le donne che abitano nel villaggio, discutendo d’arte e di vita, di vecchie storie locali e di morte.
Soffia una brezza leggera, che scuote le cime degli alberi, dei piccoli fiori rossi cadono a terra, e il mondo intero diventa un magico dipinto.
Primo libro dell’anno, primo libro di Natsume: come inizio, non avrei potuto chiedere niente di meglio.
Un’opera dolce come la prima pioggia primaverile, in cui l’autore veste i panni del protagonista, creando una specie di meta-romanzo carico di nomi di pittori e poeti, di opere d’arte e correnti pittoriche, ispirandosi a luoghi che ha visitato ed eventi che ha vissuto in prima persona.
Parlando d’arte e colori, di poesia e suoni, di luci e ombre, di filosofia e religione, Natsume ci racconta una storia che contiene tutta la sua visione del mondo.
Intervallando piccoli episodi di vita quotidiana e profonde riflessioni, ci sembra di assaporare il sapore denso e corposo di un tè pregiato, di immergerci lentamente nelle acque calde di un bagno termale, di osservare i colori vivaci ed intensi di una pietanza impiattata con raffinatezza.
Un’opera che si muove lentamente, in punta di piedi, e ci conduce attraverso il verde scintillante di una collina erbosa, sotto ad una pioggia leggera che lava via tutta la nebbia che ostacola lo sguardo: l’oceano scintillante si dischiude di fronte ai nostri occhi.
Oltre a tutti gli argomenti trattati, oltre alla bellezza degli scenari descritti, i dialoghi con i vari personaggi incontrati dal protagonista sono riusciti a colpirmi particolarmente: arguti e precisi, con una nota a volte più ironica e a volta più amara, funzionano alla perfezione all’interno del romanzo, non interrompono il fluire del testo e aggiungono una nota più umana ad un libro più incentrato sulla poetica e l’immateriale.
E così, seguendo un artista in cerca d’ispirazione, un viandante in cerca di sé stesso, un uomo nel vasto mondo, affrontiamo un viaggio immenso, racchiuso in un piccolo paesino di montagna.
Un libro perfetto per l’inizio dell’anno, per la fine dell’anno, per l’inizio della primavera, per l’inizio di qualcosa di nuovo.
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January 18, 2025
UN UOMO SOLO – CHRISTOPHER ISHERWOOD

Voto: 8/10
Edito: Adelphi
George è un uomo solo, solo con le sue lezioni all’università, solo con il rumore dei figli dei vicini che urlano e giocano sul vecchio ponte di legno che collega la sua abitazione al resto del quartiere, solo senza più nessun animale in casa, solo senza Jim.
Dopo tutti quegli anni, tutti quei progetti, le vacanza e i sogni e l’amore, ora è rimasto solo.
E un giorno, anche un giorno soltanto, nella sua vita, può contenere tutto il mondo intero.
Avete presente quel momento, nei pomeriggi invernali, quando è ancora presto ma il sole sta già calando, e magari ci sono dei mucchietti di neve sul marciapiede che tingono l’aria di un blu fresco e appuntito, e se provate a fare un respiro profondo sentite il freddo che si fa strada nei vostri polmoni e sembra quasi di poterlo seguire mentre si diffonde, si ramifica, raggiunge ogni estremità del corpo, elettrizzandola e paralizzandola al tempo stesso?
La prima metà di questo romanzo si legge esattamente così.
George è un uomo solo, e rassegnato (almeno per la prima parte del libro).
Da quando si sveglia sa che dovrà affrontare un’altra giornata senza Jim, e già questo non la rende davvero degna di essere vissuta.
Le sue giornate si svolgono quasi tutte alla stessa maniera, ormai, in questa vecchia casa in cui è rimasto solo, nelle lezioni in cui cerca di trasmettere qualcosa di più delle semplici parole stampate sui libri ai suoi studenti, nelle cene a casa di Charlotte che seguono uno schema già visto, un po’ scontato ma anche consolatorio.
Isherwood ci racconta la vita di quest’uomo non più giovane, come in una serie di fotografie, di piccole immagini in cui la figura di George spicca, statica e mai completamente centrata, in un ambiente un po’ opaco, con una luce calante, con una folla che passa indifferente.
George è rimasto solo, e fermo.
Seguiamo i suoi movimenti da vicino, ascoltiamo i suoi pensieri e percepiamo le sue sensazioni; la sua voce è cinica, spesso sarcastica, dura.
La sua è la voce di un uomo che ha perso troppo, ed è molto stanco.
Almeno finché non incontra, a notte fonda, uno dei suoi studenti in uno dei suoi bar preferiti (o almeno uno di quelli che amava visitare con Jim, quello in cui si sono conosciuti, e che è cambiato così tanto con il tempo, ma che mantiene ancora un certo fascino).
Kenny è seduto al bancone, e George sente una scossa improvvisa.
E grazie a Kenny, al suo sguardo curioso e incuriosito, George rinasce per una notte: tra uno scotch e l’altro, un bagno nell’oceano e una poesia scarabocchiata su un tovagliolo, una confessione e una risata, un segreto e una coperta stretta intorno alle spalle, George scopre di essere ancora vivo, di essere aggrappato al presente, di essere.
Conosciamo un aspetto nuovo di George, lo vediamo più aperto e “con la pelle ricoperta di scintille”, osserviamo la sua lotta.
Ed è travolgente e terribile, maestoso e oscuro.
E così, mentre l’inizio del romanzo si apre con una sequenza in cui George deve compiere la scelta cosciente di essere sé stesso e vestire gli abiti del proprio io che il mondo si aspetta di vedere, il finale si chiude con una sequenza di azioni involontarie a cui George non può sottrarsi, che nessuna scelta o preparazione può interrompere o mutare.
Una giornata come tante giunge al termine.
Non c’è scampo, a questo romanzo.
Non c’è pace nelle parole e nei silenzi di George, non esiste un angolo in cui nascondersi.
Isherwood ha scritto con uno stile impeccabile una storia così vera e indimenticabile, senza fanfare o patetismi, che sembra quasi di poter allungare una mano e sfiorare George, toccare la solitudine che si è solidificata intorno a lui, la sua struggente rassegnazione.
Le prime sessanta pagine sono assolutamente incredibili, sono come un groppo in gola che non vuole sciogliersi, la sensazione bruciante di una mancanza, di un vuoto verso cui tendere le dita.
La brillantezza di una vita sofferta, il quieto dolore di una giornata preceduta e seguita da altre giornate simili, un declino placido e difficile da contrastare.
Nella banalità di una giornata qualunque, Isherwood riesce a far brillare un uomo “diverso”, appiattito dallo strazio.
E come sempre le cose accadono, nella vita, anche quando abbiamo in mente altri piani, indipendentemente da essi, quasi a loro dispetto.
E un’altra giornata si conclude.
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January 13, 2025
IL PRIMO ROMANZO DI ROBERT EL ASMAR
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il primo romanzo di Robert El Asmar, che ringrazio caldamente per la copia, pubblicato da Rossini editore a maggio del 2024.

Dopo essere stato testimone di indicibili orrori, il giovane Marwan riesce a fuggire dal suo paese natale, il Libano, segnato da una guerra che va avanti da anni. A regalargli la speranza di una vita nuova, lontana dalla guerra civile, dal caos di Beirut e dalle rappresaglie dei guerriglieri, è una borsa di studio per stranieri, che lo porta in Italia, a Verona. Qui, pur perseguitato dai fantasmi di un passato traumatico e dai terribili ricordi della sua infanzia, troverà accoglienza in una comunità religiosa, i cui padri paiono fin da subito cordiali e accoglienti. In particolare, Marwan stringerà un forte legame di amicizia con il quarantenne padre Nicola, il padre superiore, che lo affiancherà negli studi, lo sosterrà e si farà carico di portarlo in viaggio a conoscere le bellezze dell’Italia. Tutto cambia quando Nicola, una sera, confessa a Marwan il suo amore per lui. Da questo momento per il giovane inizierà un calvario del tutto nuovo…

BIO: Robert El Asmar è nato in Libano nel 1973 e cresciuto tra Beirut, Monaco di Baviera e Parigi dove ha ultimato i suoi studi. Attualmente vive sul lago di Garda e lavora nel campo aeronautico. Grazie al suo lavoro viene a contatto con molte differenti e complesse realtà che gli danno spunti per i suoi romanzi. Questo è il suo primo lavoro letterario pubblicato.
Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.
Presto la recensione!
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January 11, 2025
PRIMORDIALE BELLEZZA – LUCIA VALCEPINA

Edito: Docu
Un enorme ringraziamento a Docu (e ad Alessandro) per la copia di questo libro!
Non ho problemi ad ammettere che, prima della lettura di questo libro, Carla Badiali era una figura a me sconosciuta.
E che gran perdita, sul serio.
Nata all’inizio del ‘900 a Novedrate, è stata pioniera e una delle più importanti esponenti dell’astrattismo di Como, oltre che un’impavida partigiana.
La sua lotta contro il fascismo, contro il nero che voleva ricoprire ogni cosa, non era visibile soltanto nei suoi quadri, ma in ogni aspetto della sua vita.
La minaccia del regime, così opprimente per la libertà personale e per gli artisti desiderosi di esprimere la propria individualità, colpì Badiali ancora più da vicino: suo marito Alessandro Nahmias, partigiano di origine ebrea, venne inviato a Mauthausen, esperienza alla quale riuscì a sopravvivere, ma che cambiò per sempre la sua vita, e quella della moglie.
Valcepina, con un linguaggio estremamente evocativo, carico di forme spigolose e delicate, colori caldi e scuri, di consistenze ruvide come il vento invernale che graffia la pelle e morbide come la seta più pregiata, ci racconta la storia di una donna dalla quale è impossibile non essere conquistati.
Una vita tra ombre e luci, non solo nei quadri e nei tessuti, ma nella lotta segreta che portava avanti per aiutare la Resistenza, e quella alla luce del sole per rivendicare la propria libertà, i propri diritti, sé stessa di fronte al mondo intero.
Ricostruendo tutte le tappe principali della vita di Badiali, e grazie alle testimonianze di uno dei suoi figli, Valcepina ha scritto una versione romanzata di una storia dalla forza difficile da contenere.
Tra riunioni clandestine e gruppi armati, astrattisti e combattenti, l’arte come balsamo per l’anima e l’inarrestabilità della modernità che trascina con sé tutto ciò che è vita, che è vivo, che è in grado di mutare ed è disposto a farlo, ci muoviamo in una Como vibrante e pronta a risollevare la testa, senza arrendersi mai.
Onestamente, non saprei dire se al liceo abbia mai sentito parlare di Badiali, ho ricordi nebulosi di quegli anni, ma per non perdere troppo la faccia ho deciso di affermare con certezza che no, il suo nome non compariva nel programma di storia dell’arte, e credo che questa sia una grandissima perdita.
Non posso assolutamente definirmi amante dell’astrattismo, ma credo fermamente nella potenza dell’arte, in qualunque forma decida di esprimersi.
E se l’arte è accompagnata da una lotta vera e propria contro l’oppressione, va da sé che Badiali schizza in cima alla lista delle grandi figure del nostro paese (che D’Annunzio spostati proprio).
Con una dolcezza piena di calore ma mai stucchevole, una precisione dal tratto deciso ma mai didascalico, Valcepina ha scritto un romanzo dal quale Badiali prende corpo e voce, riemerge con brillantezza e si mostra per la donna audace e piena di vita che è stata.
Una lettura appassionante per la storia, per l’arte, per la politica, per il cuore da combattente di chi non si arrende.
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January 4, 2025
IL SIMPATIZZANTE – VIET THANH NGUYEN

Voto: 9/10
Edito: Neri Pozza
Nell’aprile del ’75 Saigon è sul punto di cadere, con i Vietcong che avanzano, implacabili, da nord, e gli americani che cercano di abbandonare il paese il più velocemente possibile.
Anche il Generale della Polizia Nazionale del Vietnam del Sud si appresta ad abbandonare la propria patria, e con lui la sua famiglia e pochissimi uomini fidati.
Fra questi c’è il Capitano, un soldato franco-vietnamita, spia comunista infiltrata.
Il nord ha vinto, ma la guerra non è ancora finita.
Raccontato in prima persona e scritto come la confessione del Capitano, questo libro è un vero spettacolo.
Il protagonista, il Capitano con due facce, è un uomo che lotta per la libertà, la propria e del proprio popolo, per un ideale alto ma non sempre puro, ed imparerà a proprie spese che cosa significa vivere nell’estremismo.
Un romanzo d’esordio potentissimo, scritto in maniera intelligente e molto divertente, con scene estremamente crude che rendono il racconto ancora più realistico, e un tono sarcastico che lo rende più vivo e approcciabile.
Il protagonista è una spia, sì, che fotografa documenti segreti e invia messaggi in codice ai rivoluzionari, ma questo non è un romanzo di spionaggio.
Questo è un romanzo carico di umanità, di tutti gli aspetti che ci accomunano anche nelle situazioni più disparate, e delle differenze che ci sforziamo di trovare per distinguerci ed allontanarci.
Il Capitano è un uomo a metà: metà vietnamita e metà francese, nato nel Nord ma che ha vissuto a Sud, comunista che ha vissuto e studiato fra i capitalisti occidentali, i cui due migliori amici sono un rivoluzionario e un reazionario; proprio alla fine del romanzo, questa sua dualità troverà il modo di “ricongiungersi” in un’unica entità, in un finale tanto duro quanto brillante.
Il Capitano conosce i propri compiti, ma non riesce a rimanere distaccato di fronte alla sofferenza che vede intorno a sé, e questo lo rende un personaggio con cui è estremamente facile empatizzare.
Riconosciamo in lui un soldato devoto alla causa, ma in grado di vestire i panni del proprio nemico ed osservare attraverso i suoi occhi le azioni dei propri compagni.
Criticando l’occidente e il capitalismo, la sua vanità e il suo narcisismo, Thanh Nguyen sottolinea anche gli aspetti più duri e sbagliati del comunismo, mostrando una zona di mezzo più pacata (ma che tende, comunque, pesantemente, verso uno dei due orientamenti).
Intelligentemente, l’autore non si è soffermato mai troppo sugli aspetti storici, rischiando di creare zone piatte, in cui il racconto avrebbe potuto impantanarsi.
Lasciando parlare direttamente il proprio protagonista, invece, ha creato un’opera che riesce a scorrere liberamente sulla pagina, e dalla quale è davvero difficilissimo staccarsi.
Che si tratti di politica, di amore, di amicizie, di guerra e guerriglia, di sogni o ricordi o dubbi atroci, la storia avanza sempre in maniera spedita, per cinquecento pagine, e il lettore non può fare altro che inseguire il Capitano nella giungla e in città, schivando pallottole e codificando messaggi, in un libro complesso eppure chiarissimo, lineare nei suoi giri vorticosi e senza tregua.
Un libro che parla di lealtà ed identità, con la voce di un uomo costantemente diviso a metà, in qualunque situazione.
Un libro che parla di libertà ed indipendenza, con la voce di un soldato che osserva i propri connazionali in patria ed espatriati, e resta sempre al limitare del gruppo.
Un minuto di silenzio per tutti i calamari.
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– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2078=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2078").classList.add("av-review-submitted")L'articolo IL SIMPATIZZANTE – VIET THANH NGUYEN proviene da Lego, Legimus.
December 28, 2024
ROMANZO SENZA UMANI – PAOLO DI PAOLO

Voto: 7/10
Edito: Feltrinelli
Mauro Barbi è alla ricerca di qualcosa: che sia perdono o riconciliazione, giustificazione o un nuovo inizio, spera di trovarlo durante il breve viaggio sul lago di Costanza, che più di quattro secoli fa aveva attraversato una “piccola glaciazione”, sulla quale lui, in quanto storico, può definirsi esperto.
Il passato è il suo mestiere, e anche la sua vita personale sembra concentrarsi in un periodo ormai remoto, anni di amori e amicizie e viaggi e litigate e feste di compleanno ormai passati, forse dimenticati, probabilmente modificati dal tempo che scorre inesorabile.
Ma Barbi ricorda, a modo suo, e vorrebbe cercare di capire perché le cose sono andate in una determinata maniera, come è possibile che due persone interpretino lo stesso fatto in modi tanto diversi, se è possibile cambiare il passato.
Romanzo dal titolo falso e tendenzioso: gli umani ci sono, e ce ne sono anche parecchi.
Pur vero che la maggior parte di loro si muove in un passato ormai lontano, perché il presente di Barbi si è svuotato quasi completamente, tanto che, prima di partire per il suo breve viaggio, si ritrova a rispondere ad email di quindici anni prima, a cercare di ricontattare persone quasi dimenticate, a ricostruire un passato che non esiste più.
Ma Barbi, anche e soprattutto in quanto storico, ma più che altro in quanto persona sola, sta cercando la risposta ad una domanda: che cosa ricordano, gli altri, di noi?
In questo Di Paolo è molto bravo: le elucubrazioni di Barbi sono voli pindarici che saltano nello spazio e nel tempo, ricollegando frammenti e ricordi sconnessi, parole che hanno lasciato il segno ed eventi da molto dimenticati.
L’immagine che abbiamo di noi stessi, è la stessa che percepiscono gli altri?
L’immagine che vediamo allo specchio, è la stessa che percepiamo all’interno?
È possibile osservare un fatto in maniera distaccata ed oggettiva, o la storia sarà sempre influenzata dall’osservatore?
La storia non è un punto fermo, un dato al quale aggrapparsi per riconoscere la verità, ma un fiume che scorre e muta insieme ai protagonisti di quegli eventi.
La storia di base mi è piaciuta parecchio, questa ricostruzione che Barbi cerca di attuare, che possa portargli pace o almeno una qualche sembianza di spiegazione.
Lo stile di Di Paolo, però, è eccessivamente aulico, e non aiuta i continui salti temporali e gli sbalzi termici.
I dialoghi, per quanto poco realistici, funzionano alla perfezione, e ci permettono di avvicinarci a Barbi e al suo modo di percepire la vita.
Quando però i suoi ragionamenti cercano di ricollegare passato e presente, sembra quasi di ascoltare la voce narrante di un film con Vaporidis di quindici anni fa, con quegli elenchi di frasi fatte e liste della spesa di eventi comuni che tanto piacevano ai millennials (tutta colpa di Ligabue, comunque).
Il tema della memoria e dell’accettazione del passato è sempre un tasto dolente, in me, e forse per questo il romanzo è riuscito a catturarmi.
Di sicuro non è stata la petulanza di Barbi, il suo pretendere di essere l’unico custode della verità sullo svolgimento di fatti del passato, la sua incapacità di vedere le cose attraverso gli occhi degli altri, la sua incapacità di comunicare con gli altri.
Ma il passato non è un punto fermo, soprattutto quando è condiviso: ogni volta che affrontiamo un tuffo nella nostra memoria, vediamo le cose in maniera diversa, modifichiamo i nostri ricordi e ricostruiamo gli eventi per adattarli a ciò che vorremmo vedere.
Tutto scorre, non solo il presente, e ogni volta che ci immergiamo nel fiume dei ricordi, lo facciamo vestendo i panni di una persona diversa e, con i nostri pensieri e sentimenti mutati, contaminiamo le acque che custodiscono gli eventi passati.
Un romanzo che permette di riflettere su molte cose, dalla più concreta crisi climatica al più etereo scorrere del tempo.
Di Paolo sa scrivere belle frasi che colpiscono al punto giusto, ma ogni tanto si perde in un lago di parole che, in un improvviso disgelo, dilagano sulla pagina e sommergono il senso originario del romanzo.
Una lettura che ho trovato piuttosto interessante, che sicuramente non può essere apprezzata da tutti, ma riesce a far risaltare il talento dell’autore.
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