Rachele Riccetto's Blog, page 6
January 27, 2025
L’ULTIMO ROMANZO DI SUSANNA TRIPPA
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi l’ultimo romanzo di Susanna Trippa, che ringrazio enormemente per la copia, pubblicato da LFA Publisher a novembre del 2023.

“Una storia che consola”, scritto nei mesi del lockdown della strana primavera 2020, è un romanzo epistolare. Quando scoppia la pandemia in Italia, e in particolare in Lombardia, l’autrice, dalla sua casetta in collina in provincia di Bergamo, come tutti si trova ad affrontare i timori e le angosce del periodo. Ad arrivare in suo aiuto sarà un pacchetto di lettere, biglietti, cartoline e vecchie foto. Da quel momento s’immergerà nell’attenta rilettura di quel dialogo epistolare avvenuto tra i suoi genitori durante il lungo fidanzamento negli anni Trenta. Dal 1934 al 1940 – in piena epoca fascista – due giovani si conoscono, s’innamorano, immaginano e costruiscono il loro futuro.

BIO: Susanna Trippa è nata a Bologna e lì si è laureata in Lettere moderne e Storia dell’Arte.
Si trasferisca a Bergamo nel 1977, dove lavora prima come insegnante poi nel settore pubblicitario.
Da venticinque anni vive in Valcavallina, con famiglia e animali, nella casetta che ha dato nome e immagine al suo primo libro “I racconti di CasaLuet” (2008 Lampi di Stampa).
Il racconto “Pane e cinema” ha ricevuto il 1° premio Albero Andronico “Cinecittà – l’occhio del cinema sulla città” (2009).
Segue il romanzo epico/fantasy “Il viaggio di una stella” (2015 Elison Publishing).
Il penultimo pubblicato è il romanzo autobiografico “Come cambia lo sguardo. Gli inganni del Sessantotto” (2019 Curcio).
Non vedo l’ora di leggerlo e parlarne con voi!
Presto la recensione!
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January 25, 2025
GUANCIALE D’ERBA – NATSUME SО̄SEKI

Voto: 8/10
Edito: Beat
Un viandante, un giovane pittore e poeta, cammina lungo un sentiero, senza meta e senza fretta; è in cerca d’ispirazione, di un luogo in cui fermarsi a riposare, osservare il paesaggio, riflettere sulla bellezza della natura, comporre qualche verso e dipingere.
E così, per caso, si ritrova in un piccolo paese di montagna, ospite in una locanda quasi deserta, immerso in un silenzio spezzato soltanto dal volare delle rondini e dal fruscio del vento fra le canne di bambù.
Qui trascorrerà la sue giornate, parlando con gli uomini e le donne che abitano nel villaggio, discutendo d’arte e di vita, di vecchie storie locali e di morte.
Soffia una brezza leggera, che scuote le cime degli alberi, dei piccoli fiori rossi cadono a terra, e il mondo intero diventa un magico dipinto.
Primo libro dell’anno, primo libro di Natsume: come inizio, non avrei potuto chiedere niente di meglio.
Un’opera dolce come la prima pioggia primaverile, in cui l’autore veste i panni del protagonista, creando una specie di meta-romanzo carico di nomi di pittori e poeti, di opere d’arte e correnti pittoriche, ispirandosi a luoghi che ha visitato ed eventi che ha vissuto in prima persona.
Parlando d’arte e colori, di poesia e suoni, di luci e ombre, di filosofia e religione, Natsume ci racconta una storia che contiene tutta la sua visione del mondo.
Intervallando piccoli episodi di vita quotidiana e profonde riflessioni, ci sembra di assaporare il sapore denso e corposo di un tè pregiato, di immergerci lentamente nelle acque calde di un bagno termale, di osservare i colori vivaci ed intensi di una pietanza impiattata con raffinatezza.
Un’opera che si muove lentamente, in punta di piedi, e ci conduce attraverso il verde scintillante di una collina erbosa, sotto ad una pioggia leggera che lava via tutta la nebbia che ostacola lo sguardo: l’oceano scintillante si dischiude di fronte ai nostri occhi.
Oltre a tutti gli argomenti trattati, oltre alla bellezza degli scenari descritti, i dialoghi con i vari personaggi incontrati dal protagonista sono riusciti a colpirmi particolarmente: arguti e precisi, con una nota a volte più ironica e a volta più amara, funzionano alla perfezione all’interno del romanzo, non interrompono il fluire del testo e aggiungono una nota più umana ad un libro più incentrato sulla poetica e l’immateriale.
E così, seguendo un artista in cerca d’ispirazione, un viandante in cerca di sé stesso, un uomo nel vasto mondo, affrontiamo un viaggio immenso, racchiuso in un piccolo paesino di montagna.
Un libro perfetto per l’inizio dell’anno, per la fine dell’anno, per l’inizio della primavera, per l’inizio di qualcosa di nuovo.
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January 18, 2025
UN UOMO SOLO – CHRISTOPHER ISHERWOOD

Voto: 8/10
Edito: Adelphi
George è un uomo solo, solo con le sue lezioni all’università, solo con il rumore dei figli dei vicini che urlano e giocano sul vecchio ponte di legno che collega la sua abitazione al resto del quartiere, solo senza più nessun animale in casa, solo senza Jim.
Dopo tutti quegli anni, tutti quei progetti, le vacanza e i sogni e l’amore, ora è rimasto solo.
E un giorno, anche un giorno soltanto, nella sua vita, può contenere tutto il mondo intero.
Avete presente quel momento, nei pomeriggi invernali, quando è ancora presto ma il sole sta già calando, e magari ci sono dei mucchietti di neve sul marciapiede che tingono l’aria di un blu fresco e appuntito, e se provate a fare un respiro profondo sentite il freddo che si fa strada nei vostri polmoni e sembra quasi di poterlo seguire mentre si diffonde, si ramifica, raggiunge ogni estremità del corpo, elettrizzandola e paralizzandola al tempo stesso?
La prima metà di questo romanzo si legge esattamente così.
George è un uomo solo, e rassegnato (almeno per la prima parte del libro).
Da quando si sveglia sa che dovrà affrontare un’altra giornata senza Jim, e già questo non la rende davvero degna di essere vissuta.
Le sue giornate si svolgono quasi tutte alla stessa maniera, ormai, in questa vecchia casa in cui è rimasto solo, nelle lezioni in cui cerca di trasmettere qualcosa di più delle semplici parole stampate sui libri ai suoi studenti, nelle cene a casa di Charlotte che seguono uno schema già visto, un po’ scontato ma anche consolatorio.
Isherwood ci racconta la vita di quest’uomo non più giovane, come in una serie di fotografie, di piccole immagini in cui la figura di George spicca, statica e mai completamente centrata, in un ambiente un po’ opaco, con una luce calante, con una folla che passa indifferente.
George è rimasto solo, e fermo.
Seguiamo i suoi movimenti da vicino, ascoltiamo i suoi pensieri e percepiamo le sue sensazioni; la sua voce è cinica, spesso sarcastica, dura.
La sua è la voce di un uomo che ha perso troppo, ed è molto stanco.
Almeno finché non incontra, a notte fonda, uno dei suoi studenti in uno dei suoi bar preferiti (o almeno uno di quelli che amava visitare con Jim, quello in cui si sono conosciuti, e che è cambiato così tanto con il tempo, ma che mantiene ancora un certo fascino).
Kenny è seduto al bancone, e George sente una scossa improvvisa.
E grazie a Kenny, al suo sguardo curioso e incuriosito, George rinasce per una notte: tra uno scotch e l’altro, un bagno nell’oceano e una poesia scarabocchiata su un tovagliolo, una confessione e una risata, un segreto e una coperta stretta intorno alle spalle, George scopre di essere ancora vivo, di essere aggrappato al presente, di essere.
Conosciamo un aspetto nuovo di George, lo vediamo più aperto e “con la pelle ricoperta di scintille”, osserviamo la sua lotta.
Ed è travolgente e terribile, maestoso e oscuro.
E così, mentre l’inizio del romanzo si apre con una sequenza in cui George deve compiere la scelta cosciente di essere sé stesso e vestire gli abiti del proprio io che il mondo si aspetta di vedere, il finale si chiude con una sequenza di azioni involontarie a cui George non può sottrarsi, che nessuna scelta o preparazione può interrompere o mutare.
Una giornata come tante giunge al termine.
Non c’è scampo, a questo romanzo.
Non c’è pace nelle parole e nei silenzi di George, non esiste un angolo in cui nascondersi.
Isherwood ha scritto con uno stile impeccabile una storia così vera e indimenticabile, senza fanfare o patetismi, che sembra quasi di poter allungare una mano e sfiorare George, toccare la solitudine che si è solidificata intorno a lui, la sua struggente rassegnazione.
Le prime sessanta pagine sono assolutamente incredibili, sono come un groppo in gola che non vuole sciogliersi, la sensazione bruciante di una mancanza, di un vuoto verso cui tendere le dita.
La brillantezza di una vita sofferta, il quieto dolore di una giornata preceduta e seguita da altre giornate simili, un declino placido e difficile da contrastare.
Nella banalità di una giornata qualunque, Isherwood riesce a far brillare un uomo “diverso”, appiattito dallo strazio.
E come sempre le cose accadono, nella vita, anche quando abbiamo in mente altri piani, indipendentemente da essi, quasi a loro dispetto.
E un’altra giornata si conclude.
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January 13, 2025
IL PRIMO ROMANZO DI ROBERT EL ASMAR
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il primo romanzo di Robert El Asmar, che ringrazio caldamente per la copia, pubblicato da Rossini editore a maggio del 2024.

Dopo essere stato testimone di indicibili orrori, il giovane Marwan riesce a fuggire dal suo paese natale, il Libano, segnato da una guerra che va avanti da anni. A regalargli la speranza di una vita nuova, lontana dalla guerra civile, dal caos di Beirut e dalle rappresaglie dei guerriglieri, è una borsa di studio per stranieri, che lo porta in Italia, a Verona. Qui, pur perseguitato dai fantasmi di un passato traumatico e dai terribili ricordi della sua infanzia, troverà accoglienza in una comunità religiosa, i cui padri paiono fin da subito cordiali e accoglienti. In particolare, Marwan stringerà un forte legame di amicizia con il quarantenne padre Nicola, il padre superiore, che lo affiancherà negli studi, lo sosterrà e si farà carico di portarlo in viaggio a conoscere le bellezze dell’Italia. Tutto cambia quando Nicola, una sera, confessa a Marwan il suo amore per lui. Da questo momento per il giovane inizierà un calvario del tutto nuovo…

BIO: Robert El Asmar è nato in Libano nel 1973 e cresciuto tra Beirut, Monaco di Baviera e Parigi dove ha ultimato i suoi studi. Attualmente vive sul lago di Garda e lavora nel campo aeronautico. Grazie al suo lavoro viene a contatto con molte differenti e complesse realtà che gli danno spunti per i suoi romanzi. Questo è il suo primo lavoro letterario pubblicato.
Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.
Presto la recensione!
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January 11, 2025
PRIMORDIALE BELLEZZA – LUCIA VALCEPINA

Edito: Docu
Un enorme ringraziamento a Docu (e ad Alessandro) per la copia di questo libro!
Non ho problemi ad ammettere che, prima della lettura di questo libro, Carla Badiali era una figura a me sconosciuta.
E che gran perdita, sul serio.
Nata all’inizio del ‘900 a Novedrate, è stata pioniera e una delle più importanti esponenti dell’astrattismo di Como, oltre che un’impavida partigiana.
La sua lotta contro il fascismo, contro il nero che voleva ricoprire ogni cosa, non era visibile soltanto nei suoi quadri, ma in ogni aspetto della sua vita.
La minaccia del regime, così opprimente per la libertà personale e per gli artisti desiderosi di esprimere la propria individualità, colpì Badiali ancora più da vicino: suo marito Alessandro Nahmias, partigiano di origine ebrea, venne inviato a Mauthausen, esperienza alla quale riuscì a sopravvivere, ma che cambiò per sempre la sua vita, e quella della moglie.
Valcepina, con un linguaggio estremamente evocativo, carico di forme spigolose e delicate, colori caldi e scuri, di consistenze ruvide come il vento invernale che graffia la pelle e morbide come la seta più pregiata, ci racconta la storia di una donna dalla quale è impossibile non essere conquistati.
Una vita tra ombre e luci, non solo nei quadri e nei tessuti, ma nella lotta segreta che portava avanti per aiutare la Resistenza, e quella alla luce del sole per rivendicare la propria libertà, i propri diritti, sé stessa di fronte al mondo intero.
Ricostruendo tutte le tappe principali della vita di Badiali, e grazie alle testimonianze di uno dei suoi figli, Valcepina ha scritto una versione romanzata di una storia dalla forza difficile da contenere.
Tra riunioni clandestine e gruppi armati, astrattisti e combattenti, l’arte come balsamo per l’anima e l’inarrestabilità della modernità che trascina con sé tutto ciò che è vita, che è vivo, che è in grado di mutare ed è disposto a farlo, ci muoviamo in una Como vibrante e pronta a risollevare la testa, senza arrendersi mai.
Onestamente, non saprei dire se al liceo abbia mai sentito parlare di Badiali, ho ricordi nebulosi di quegli anni, ma per non perdere troppo la faccia ho deciso di affermare con certezza che no, il suo nome non compariva nel programma di storia dell’arte, e credo che questa sia una grandissima perdita.
Non posso assolutamente definirmi amante dell’astrattismo, ma credo fermamente nella potenza dell’arte, in qualunque forma decida di esprimersi.
E se l’arte è accompagnata da una lotta vera e propria contro l’oppressione, va da sé che Badiali schizza in cima alla lista delle grandi figure del nostro paese (che D’Annunzio spostati proprio).
Con una dolcezza piena di calore ma mai stucchevole, una precisione dal tratto deciso ma mai didascalico, Valcepina ha scritto un romanzo dal quale Badiali prende corpo e voce, riemerge con brillantezza e si mostra per la donna audace e piena di vita che è stata.
Una lettura appassionante per la storia, per l’arte, per la politica, per il cuore da combattente di chi non si arrende.
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January 4, 2025
IL SIMPATIZZANTE – VIET THANH NGUYEN

Voto: 9/10
Edito: Neri Pozza
Nell’aprile del ’75 Saigon è sul punto di cadere, con i Vietcong che avanzano, implacabili, da nord, e gli americani che cercano di abbandonare il paese il più velocemente possibile.
Anche il Generale della Polizia Nazionale del Vietnam del Sud si appresta ad abbandonare la propria patria, e con lui la sua famiglia e pochissimi uomini fidati.
Fra questi c’è il Capitano, un soldato franco-vietnamita, spia comunista infiltrata.
Il nord ha vinto, ma la guerra non è ancora finita.
Raccontato in prima persona e scritto come la confessione del Capitano, questo libro è un vero spettacolo.
Il protagonista, il Capitano con due facce, è un uomo che lotta per la libertà, la propria e del proprio popolo, per un ideale alto ma non sempre puro, ed imparerà a proprie spese che cosa significa vivere nell’estremismo.
Un romanzo d’esordio potentissimo, scritto in maniera intelligente e molto divertente, con scene estremamente crude che rendono il racconto ancora più realistico, e un tono sarcastico che lo rende più vivo e approcciabile.
Il protagonista è una spia, sì, che fotografa documenti segreti e invia messaggi in codice ai rivoluzionari, ma questo non è un romanzo di spionaggio.
Questo è un romanzo carico di umanità, di tutti gli aspetti che ci accomunano anche nelle situazioni più disparate, e delle differenze che ci sforziamo di trovare per distinguerci ed allontanarci.
Il Capitano è un uomo a metà: metà vietnamita e metà francese, nato nel Nord ma che ha vissuto a Sud, comunista che ha vissuto e studiato fra i capitalisti occidentali, i cui due migliori amici sono un rivoluzionario e un reazionario; proprio alla fine del romanzo, questa sua dualità troverà il modo di “ricongiungersi” in un’unica entità, in un finale tanto duro quanto brillante.
Il Capitano conosce i propri compiti, ma non riesce a rimanere distaccato di fronte alla sofferenza che vede intorno a sé, e questo lo rende un personaggio con cui è estremamente facile empatizzare.
Riconosciamo in lui un soldato devoto alla causa, ma in grado di vestire i panni del proprio nemico ed osservare attraverso i suoi occhi le azioni dei propri compagni.
Criticando l’occidente e il capitalismo, la sua vanità e il suo narcisismo, Thanh Nguyen sottolinea anche gli aspetti più duri e sbagliati del comunismo, mostrando una zona di mezzo più pacata (ma che tende, comunque, pesantemente, verso uno dei due orientamenti).
Intelligentemente, l’autore non si è soffermato mai troppo sugli aspetti storici, rischiando di creare zone piatte, in cui il racconto avrebbe potuto impantanarsi.
Lasciando parlare direttamente il proprio protagonista, invece, ha creato un’opera che riesce a scorrere liberamente sulla pagina, e dalla quale è davvero difficilissimo staccarsi.
Che si tratti di politica, di amore, di amicizie, di guerra e guerriglia, di sogni o ricordi o dubbi atroci, la storia avanza sempre in maniera spedita, per cinquecento pagine, e il lettore non può fare altro che inseguire il Capitano nella giungla e in città, schivando pallottole e codificando messaggi, in un libro complesso eppure chiarissimo, lineare nei suoi giri vorticosi e senza tregua.
Un libro che parla di lealtà ed identità, con la voce di un uomo costantemente diviso a metà, in qualunque situazione.
Un libro che parla di libertà ed indipendenza, con la voce di un soldato che osserva i propri connazionali in patria ed espatriati, e resta sempre al limitare del gruppo.
Un minuto di silenzio per tutti i calamari.
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December 28, 2024
ROMANZO SENZA UMANI – PAOLO DI PAOLO

Voto: 7/10
Edito: Feltrinelli
Mauro Barbi è alla ricerca di qualcosa: che sia perdono o riconciliazione, giustificazione o un nuovo inizio, spera di trovarlo durante il breve viaggio sul lago di Costanza, che più di quattro secoli fa aveva attraversato una “piccola glaciazione”, sulla quale lui, in quanto storico, può definirsi esperto.
Il passato è il suo mestiere, e anche la sua vita personale sembra concentrarsi in un periodo ormai remoto, anni di amori e amicizie e viaggi e litigate e feste di compleanno ormai passati, forse dimenticati, probabilmente modificati dal tempo che scorre inesorabile.
Ma Barbi ricorda, a modo suo, e vorrebbe cercare di capire perché le cose sono andate in una determinata maniera, come è possibile che due persone interpretino lo stesso fatto in modi tanto diversi, se è possibile cambiare il passato.
Romanzo dal titolo falso e tendenzioso: gli umani ci sono, e ce ne sono anche parecchi.
Pur vero che la maggior parte di loro si muove in un passato ormai lontano, perché il presente di Barbi si è svuotato quasi completamente, tanto che, prima di partire per il suo breve viaggio, si ritrova a rispondere ad email di quindici anni prima, a cercare di ricontattare persone quasi dimenticate, a ricostruire un passato che non esiste più.
Ma Barbi, anche e soprattutto in quanto storico, ma più che altro in quanto persona sola, sta cercando la risposta ad una domanda: che cosa ricordano, gli altri, di noi?
In questo Di Paolo è molto bravo: le elucubrazioni di Barbi sono voli pindarici che saltano nello spazio e nel tempo, ricollegando frammenti e ricordi sconnessi, parole che hanno lasciato il segno ed eventi da molto dimenticati.
L’immagine che abbiamo di noi stessi, è la stessa che percepiscono gli altri?
L’immagine che vediamo allo specchio, è la stessa che percepiamo all’interno?
È possibile osservare un fatto in maniera distaccata ed oggettiva, o la storia sarà sempre influenzata dall’osservatore?
La storia non è un punto fermo, un dato al quale aggrapparsi per riconoscere la verità, ma un fiume che scorre e muta insieme ai protagonisti di quegli eventi.
La storia di base mi è piaciuta parecchio, questa ricostruzione che Barbi cerca di attuare, che possa portargli pace o almeno una qualche sembianza di spiegazione.
Lo stile di Di Paolo, però, è eccessivamente aulico, e non aiuta i continui salti temporali e gli sbalzi termici.
I dialoghi, per quanto poco realistici, funzionano alla perfezione, e ci permettono di avvicinarci a Barbi e al suo modo di percepire la vita.
Quando però i suoi ragionamenti cercano di ricollegare passato e presente, sembra quasi di ascoltare la voce narrante di un film con Vaporidis di quindici anni fa, con quegli elenchi di frasi fatte e liste della spesa di eventi comuni che tanto piacevano ai millennials (tutta colpa di Ligabue, comunque).
Il tema della memoria e dell’accettazione del passato è sempre un tasto dolente, in me, e forse per questo il romanzo è riuscito a catturarmi.
Di sicuro non è stata la petulanza di Barbi, il suo pretendere di essere l’unico custode della verità sullo svolgimento di fatti del passato, la sua incapacità di vedere le cose attraverso gli occhi degli altri, la sua incapacità di comunicare con gli altri.
Ma il passato non è un punto fermo, soprattutto quando è condiviso: ogni volta che affrontiamo un tuffo nella nostra memoria, vediamo le cose in maniera diversa, modifichiamo i nostri ricordi e ricostruiamo gli eventi per adattarli a ciò che vorremmo vedere.
Tutto scorre, non solo il presente, e ogni volta che ci immergiamo nel fiume dei ricordi, lo facciamo vestendo i panni di una persona diversa e, con i nostri pensieri e sentimenti mutati, contaminiamo le acque che custodiscono gli eventi passati.
Un romanzo che permette di riflettere su molte cose, dalla più concreta crisi climatica al più etereo scorrere del tempo.
Di Paolo sa scrivere belle frasi che colpiscono al punto giusto, ma ogni tanto si perde in un lago di parole che, in un improvviso disgelo, dilagano sulla pagina e sommergono il senso originario del romanzo.
Una lettura che ho trovato piuttosto interessante, che sicuramente non può essere apprezzata da tutti, ma riesce a far risaltare il talento dell’autore.
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December 24, 2024
SOLO IL MIMO CANTA AL LIMITARE DEL BOSCO – WALTER TEVIS

Voto: 9/10
Edito: Mondadori
Nel 2465 (circa), l’umanità sta lentamente ma inesorabilmente scomparendo.
Da trent’anni non nascono più bambini, i robot governano e regolano la maggior parte degli aspetti della vita quotidiana, e le persone vivono cercando di evitare interazioni extra-personali, asserviti alle droghe e ad una tecnologia che rimuove la necessità di riflettere.
Nessuno sa più leggere, il passato è stato dimenticato, i rapporti umani sono ridotti al minimo e la vita scorre, grigia ed indistinta, fino a quella che si rivela spesso una fine prematura.
Spofforth, l’ultimo modello della Serie Nove, è il più avanzato robot ancora in circolazione, e da quasi due secoli controlla le vite degli esseri umani, sognando solo di poter morire.
La sua programmazione gli impedisce di dimenticare tutto ciò che ha vissuto e gli impedisce di morire, rendendolo l’essere più solitario e addolorato di tutto il mondo.
Bentley è un professore universitario che, quasi per caso, ha imparato a leggere.
Quando incontra Mary Lou e si innamora della sua mente curiosa e brillante, libera dalle droghe che hanno soggiogato tutte le altre persone, si innamora e le chiede di andare a vivere con lui, compiendo una serie di reati che lo condurranno in prigione.
Ma la sua mente è stata risvegliata da tutte le piccole cose che ha imparato dai libri ormai dimenticati dalla società, e dai sentimenti che si sono risvegliati in lui grazie alla vicinanza di Mary Lou, e il suo mondo è ormai completamente cambiato.
Pubblicato nel 1980, è un romanzo distopico che ci presenta un mondo privo di sentimenti e conoscenza, senza più libri e arte e amore, che tenta disperatamente di far innamorare il proprio lettore dell’umanità e della bellezza che esiste nel mondo. E ci riesce completamente.
Attraverso tre personaggi principali così diversi tra loro, Tevis ci mostra una società che non ha più niente di umano, e rispecchia, sotto molti terrificanti aspetti, quella in cui viviamo noi al giorno d’oggi.
Senza storia, senza arte, senza cultura, senza libri e passione, senza amore e comunione, l’uomo si trasforma in un’ombra grigia e inerte, il cui desiderio massimo può essere soltanto la morte.
Bentley è un uomo che ha imparato a leggere e, per caso, ha scoperto tutto un mondo interiore (ed esteriore) di cui non conosceva l’esistenza.
Con il passare del tempo, Bentley riesce a liberarsi dalla patina di apatia e distacco che lo ha ricoperto per tutta la vita, impara ad apprezzare l’arte in varie forme, ed amare completamente qualcuno.
Mary Lou ha avuto una vita molto diversa da quella delle altre persone, avendo vissuto ai limiti della società e senza droghe per la maggior parte del tempo.
Il suo fortuito incontro con Bentley le permette di imparare a sua volta a leggere, a scoprire la comunione con le altre persone e a sviluppare la propria intelligenza.
In una scena riveste precisamente i panni di una Eva che, in un giardino dell’Eden meccanizzato e fittizio, spezza il vetro che divide la realtà dalla finzione, ciò che sembra da ciò che è, e coglie il frutto che metterà in moto una serie di eventi ineluttabili.
Spofforth, però, si è rivelato il mio preferito in assoluto.
Con un inizio terribilmente malinconico e angosciante, ci racconta la sua vita da Serie Nove, al comando, da solo.
Non è un uomo, ma è come un uomo: creato con la coscienza di uno scienziato morto da tempo, rivive costantemente alcuni dei suoi ricordi, in uno stato di solitudine e dolore perenni.
Cerca di imitare la vaga idea di vita presente nella sua mente da secoli, ma il mondo che lui stesso ha aiutato a distruggere non può aiutarlo a ricostruire qualcosa che non capisce più, che non conosce più.
Spofforth è solo, e tenta di trovare un senso nella propria vita con un amore che, però, non può salvarlo.
Spofforth vorrebbe semplicemente dimenticare e morire, ma non può farlo finché ci sono esseri umani da servire, e questo pensiero lo porta a compiere un gesto terribile per il futuro dell’umanità.
Anche la religione gioca un ruolo importante: se da una parte dà speranza ed unisce le persone in un simulacro di società, dall’altra impedisce di ragionare e sviluppare un pensiero proprio basato sulle persone reali, invece che su idee astratte di giustizia e moralità.
Una vita governata dall’autodeterminazione ci spinge verso una consapevolezza maggiore, dove il libero arbitrio ci permette di comprendere meglio noi stessi e chi ci circonda.
In una società governata da macchine, ma in costante declino, Tevis ha deciso di inserire tre personaggi in cerca d’amore e libertà.
In una società che brama la morte e l’oblio, Tevis ha inserito un inno alla vita e alla rinascita, alla crescita e alla speranza.
Parlando di una società che non sa più leggere, Tevis ha scritto un romanzo che inneggia alla letteratura.
La curiosità intellettuale e l’intimità (non solo fisica) sono due aspetti fondamentali per lo sviluppo di un essere umano che possa apprezzare il mondo che lo circonda e sia in grado di comprendere tutto ciò che è diverso da sé.
Finché l’umanità continuerà a porsi domande, anche nei momenti più bui sarà possibile trovare una luce che dà speranza, e che indica la via.
Finché l’uomo riuscirà a restare in contatto con i propri simili, creando una comunione nello spirito e nel corpo, anche nei momenti più freddi sarà possibile trovare una fiamma che dà calore.
Lo stile di Tevis è travolgente e carico di poesia, per raccontarci la storia di un mondo dove l’amore sembra scomparso, o almeno sopito, ma che brilla di una luce sfolgorante.
Con un inizio terribile e fantastico, di angoscia esistenziale e male di vivere, e un finale luminoso e carico di speranza, questa si è rivelata una delle letture migliori dell’anno, anche nei momenti un po’ più lenti nel mezzo, che però servono bene per costruire un corpo solido ad un romanzo tanto dolce quanto amaro, tanto bello quanto struggente.
Un libro assolutamente da leggere.
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Solo il mimo canta al limitare del bosco
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December 21, 2024
L’ODORE DEI CORTILI – GIULIANO BRENNA

Edito: Il Ramo e La Foglia edizioni
Un enorme ringraziamento a Il Ramo e La Foglia per avermi inviato una copia di questo libro!
Un giorno come tanti, in una Lisbona degli anni ’60 ancora schiacciata dalla dittatura di Salazar, Mattia vede sua madre Serena che esce di casa, per l’ultima volta, per andare al lavoro.
La polizia politica, in quegli anni, è molto impegnata nella repressione dei crimini sociali e politici, anche quando una donna sta semplicemente cercando di contattare un amore da tempo perduto.
Ma questo Mattia non lo sa, così come non conosce suo padre Auguste né il suo coinvolgimento con le lotte dei rivoluzionari, e si ritrova improvvisamente da solo, a dieci anni.
Crescendo, Mattia diventa un ragazzo chiuso, solitario, abituato all’aria di abbandono con la quale ha convissuto per così tanti anni.
Inizia a conoscere il mondo esterno, fra incontri fugaci con amanti sconosciuti e la ricerca costante di un proprio posto nella società.
Così incontrerà il capitano Green, un uomo dal passato tormentato che gli insegnerà la fiducia e il piacere, sul filo sottile del dolore.
Incontrerà amori sbagliati e amori impossibili, imparerà a comprendere gli sguardi e i silenzi di chi lo circonda, così come le emozioni più manifeste ed aperte, che per troppo tempo aveva rifuggito.
Mattia, non più solo, imparerà a vivere una vita piena.
Brenna ha scritto un libro che mescola elementi del romanzo di formazione a quelli di un romanzo storico e politico, che ci accompagna tra i vicoli tipici e segreti di Lisbona, in cerca di un fiore nascosto che possa profumare l’aria notturna, così carica di vita e vivacità.
Mattia è un ragazzo come tanti, pieno di dubbi e sofferenza, che conosce troppo bene la solitudine sin dalla più giovane età.
Il suo cammino verso l’età adulta si svolge in maniera abbastanza lineare, accompagnato e supportato da una serie di personaggi secondari ben definiti, i quali lo aiuteranno, ognuno a modo proprio, a trovare la sua strada.
Il capitano Green, che in una vita precedente si chiamava Martim, è un uomo dal passato turbolento, in cerca di redenzione e tenerezza, quella tenerezza che non è mai riuscito a concedere a sé stesso.
Ha tentato di sfuggire al proprio passato doloroso allontanandosi dal paese, ma il destino lo ha riportato proprio lì, in quella Lisbona che sembra accoglierlo a braccia aperte e, al tempo stesso, un po’ respingerlo.
L’unione di Green e Mattia insegnerà ad entrambi come accettarsi e librarsi in una vita troppo spesso piena di costrizioni e incomprensioni, unendo piacere e dolore, corpo e anima.
Nonostante la sua incapacità di aprirsi pienamente agli altri, Mattia non è mai solo, ed è sempre alla ricerca di qualcuno in grado di restare al suo fianco, senza scomparire all’improvviso.
Un’amicizia che riesca a trasformarsi in amore, un vicino in grado di comprendere almeno in parte il tormento che si nasconde nel suo petto, un mondo che possa accoglierlo senza abbandonarlo a sé stesso.
Con una scrittura piuttosto ricercata e carica di immagini, Brenna ci racconta l’universo racchiuso negli occhi di Mattia.
Ne risentono alquanto i dialoghi, che risultano un po’ troppo macchinosi e poco realistici, mentre le descrizioni riescono a coinvolgerci e a mostrarci con chiarezza e dolcezza una città così piena di vita.
Non mi è capitato spesso di leggere libri ambientati in Portogallo, e tantomeno negli anni ’70, ed ho apprezzato moltissimo l’ambientazione storica e tutte le implicazioni politiche tra le quali si muovono i protagonisti.
Un romanzo che ci avvolge con i suoi odori e i suoi colori, pieno di anima e corpo, di lacrime e risate, di desiderio e paure, che passo dopo passo ci racconta una storia di crescita e scoperta, di resa e accettazione.
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– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2066=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2066").classList.add("av-review-submitted")L'articolo L’ODORE DEI CORTILI – GIULIANO BRENNA proviene da Lego, Legimus.
December 17, 2024
GUARDA LE LUCI, AMORE MIO – ANNIE ERNAUX

Voto: 8/10
Edito: L’Orma
La piccola gioia immensa che mi invade ogni volta che, pensando a qualche scrittore in particolare, o ad una qualche scrittrice che mi piace eccezionalmente, mi balena nella mente la frase “leggerei volentieri anche la sua lista della spesa”.
E poi arriva Ernaux che, con il suo inconfondibile aplomb e la sua acuta brillantezza, ci racconta un anno di visite all’ipermercato, e ci spiega la vita.
Ho potuto letteralmente leggere la sua lista della spesa, e non mi sento all’altezza neanche di quella.
Un editore le ha chiesto un libro che entrasse a far parte di una collana per “Raccontare la vita” ed Ernaux ha deciso di parlare di uno dei luoghi più frequentati in tutto il mondo.
Il microcosmo che si muove, vive e muta in quello spazio racchiuso da soffitti alti e scaffali stracolmi, luci accecanti e guardie di sicurezza, è il posto perfetto per ragionare su qualunque aspetto della vita: dall’inuguaglianza alla solitudine, dalla famiglia all’omologazione, dallo sfruttamento al lento ma inesorabile soppiantamento degli esseri umani con l’introduzione di nuove tecnologie e il costante desiderio di mantenere basse le spese.
Passeggiando al fianco di Ernaux fra quelle corsie e seguendo il dito con cui indica, di volta in volta, un aspetto tanto banale quanto essenziale per i suoi ragionamenti così profondi, ci sembra di osservare tutto per la prima volta, incappando ogni tanto in “pensieri già incontrati” e “sentimenti già provati”.
Il suo sguardo ci spiega la logica del discount, la brillantezza dei giochi, la sistemazione geografica dei prodotti.
Facendo leva sulle esigenze primarie dell’uomo e sulle sue ben conclamate debolezze, i supermercati diventano una trappola nella quale cadere ogni volta.
E “poco importa” se, dall’altra parte del mondo, crollano edifici e bruciano fabbriche stipati di lavoratori sottopagati per la produzione in massa di beni non essenziali a basso costo: difficilmente i nostri occhi e le nostre mani sapranno resistere alla tentazione di acquistarli.
Ormai è passato più di un anno dall’ultimo libro di Ernaux che ho avuto il piacere di leggere, e non ho intenzione di far passare così tanto tempo fra questo e il prossimo.
Ernaux possiede quell’invidiabile ed eccezionale capacità di parlare di sé e delle cose più banali e mondane che esistano, e al tempo stesso di parlare del mondo intero.
La sua penna ha spesso un tratto leggero, non indugia in immagini eccessivamente scure (tranne specifici casi, comunque meravigliosi nel loro essere terribili), eppure non sfugge nulla al suo sguardo.
Si è rilevata essere una delle più attente osservatrici e argute disquisitrici dei giorni nostri, un vero piacere da leggere, anche quando punta i riflettori sugli aspetti più beceri delle nostre anime e ci costringe ad affrontare noi stessi.
Osservando i prodotti in fila sul nastro alla cassa di un supermercato, Ernaux ci rivela cosa è possibile capire delle persone che ci circondano, cosa forse si tenta di nascondere, cosa è alla base della nostra umanità.
Una donna e una scrittrice straordinaria, come sempre, anche quando cammina, semplicemente, con una lista della spesa stretta nel pugno.
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