Rachele Riccetto's Blog, page 6

December 24, 2024

SOLO IL MIMO CANTA AL LIMITARE DEL BOSCO – WALTER TEVIS

Voto: 9/10

Edito: Mondadori

Nel 2465 (circa), l’umanità sta lentamente ma inesorabilmente scomparendo.
Da trent’anni non nascono più bambini, i robot governano e regolano la maggior parte degli aspetti della vita quotidiana, e le persone vivono cercando di evitare interazioni extra-personali, asserviti alle droghe e ad una tecnologia che rimuove la necessità di riflettere.
Nessuno sa più leggere, il passato è stato dimenticato, i rapporti umani sono ridotti al minimo e la vita scorre, grigia ed indistinta, fino a quella che si rivela spesso una fine prematura.
Spofforth, l’ultimo modello della Serie Nove, è il più avanzato robot ancora in circolazione, e da quasi due secoli controlla le vite degli esseri umani, sognando solo di poter morire.
La sua programmazione gli impedisce di dimenticare tutto ciò che ha vissuto e gli impedisce di morire, rendendolo l’essere più solitario e addolorato di tutto il mondo.
Bentley è un professore universitario che, quasi per caso, ha imparato a leggere.
Quando incontra Mary Lou e si innamora della sua mente curiosa e brillante, libera dalle droghe che hanno soggiogato tutte le altre persone, si innamora e le chiede di andare a vivere con lui, compiendo una serie di reati che lo condurranno in prigione.
Ma la sua mente è stata risvegliata da tutte le piccole cose che ha imparato dai libri ormai dimenticati dalla società, e dai sentimenti che si sono risvegliati in lui grazie alla vicinanza di Mary Lou, e il suo mondo è ormai completamente cambiato.

Pubblicato nel 1980, è un romanzo distopico che ci presenta un mondo privo di sentimenti e conoscenza, senza più libri e arte e amore, che tenta disperatamente di far innamorare il proprio lettore dell’umanità e della bellezza che esiste nel mondo. E ci riesce completamente.

Attraverso tre personaggi principali così diversi tra loro, Tevis ci mostra una società che non ha più niente di umano, e rispecchia, sotto molti terrificanti aspetti, quella in cui viviamo noi al giorno d’oggi.
Senza storia, senza arte, senza cultura, senza libri e passione, senza amore e comunione, l’uomo si trasforma in un’ombra grigia e inerte, il cui desiderio massimo può essere soltanto la morte.

Bentley è un uomo che ha imparato a leggere e, per caso, ha scoperto tutto un mondo interiore (ed esteriore) di cui non conosceva l’esistenza.
Con il passare del tempo, Bentley riesce a liberarsi dalla patina di apatia e distacco che lo ha ricoperto per tutta la vita, impara ad apprezzare l’arte in varie forme, ed amare completamente qualcuno.

Mary Lou ha avuto una vita molto diversa da quella delle altre persone, avendo vissuto ai limiti della società e senza droghe per la maggior parte del tempo.
Il suo fortuito incontro con Bentley le permette di imparare a sua volta a leggere, a scoprire la comunione con le altre persone e a sviluppare la propria intelligenza.
In una scena riveste precisamente i panni di una Eva che, in un giardino dell’Eden meccanizzato e fittizio, spezza il vetro che divide la realtà dalla finzione, ciò che sembra da ciò che è, e coglie il frutto che metterà in moto una serie di eventi ineluttabili.

Spofforth, però, si è rivelato il mio preferito in assoluto.
Con un inizio terribilmente malinconico e angosciante, ci racconta la sua vita da Serie Nove, al comando, da solo.
Non è un uomo, ma è come un uomo: creato con la coscienza di uno scienziato morto da tempo, rivive costantemente alcuni dei suoi ricordi, in uno stato di solitudine e dolore perenni.
Cerca di imitare la vaga idea di vita presente nella sua mente da secoli, ma il mondo che lui stesso ha aiutato a distruggere non può aiutarlo a ricostruire qualcosa che non capisce più, che non conosce più.
Spofforth è solo, e tenta di trovare un senso nella propria vita con un amore che, però, non può salvarlo.
Spofforth vorrebbe semplicemente dimenticare e morire, ma non può farlo finché ci sono esseri umani da servire, e questo pensiero lo porta a compiere un gesto terribile per il futuro dell’umanità.

Anche la religione gioca un ruolo importante: se da una parte dà speranza ed unisce le persone in un simulacro di società, dall’altra impedisce di ragionare e sviluppare un pensiero proprio basato sulle persone reali, invece che su idee astratte di giustizia e moralità.
Una vita governata dall’autodeterminazione ci spinge verso una consapevolezza maggiore, dove il libero arbitrio ci permette di comprendere meglio noi stessi e chi ci circonda.

In una società governata da macchine, ma in costante declino, Tevis ha deciso di inserire tre personaggi in cerca d’amore e libertà.
In una società che brama la morte e l’oblio, Tevis ha inserito un inno alla vita e alla rinascita, alla crescita e alla speranza.
Parlando di una società che non sa più leggere, Tevis ha scritto un romanzo che inneggia alla letteratura.

La curiosità intellettuale e l’intimità (non solo fisica) sono due aspetti fondamentali per lo sviluppo di un essere umano che possa apprezzare il mondo che lo circonda e sia in grado di comprendere tutto ciò che è diverso da sé.
Finché l’umanità continuerà a porsi domande, anche nei momenti più bui sarà possibile trovare una luce che dà speranza, e che indica la via.
Finché l’uomo riuscirà a restare in contatto con i propri simili, creando una comunione nello spirito e nel corpo, anche nei momenti più freddi sarà possibile trovare una fiamma che dà calore.

Lo stile di Tevis è travolgente e carico di poesia, per raccontarci la storia di un mondo dove l’amore sembra scomparso, o almeno sopito, ma che brilla di una luce sfolgorante.

Con un inizio terribile e fantastico, di angoscia esistenziale e male di vivere, e un finale luminoso e carico di speranza, questa si è rivelata una delle letture migliori dell’anno, anche nei momenti un po’ più lenti nel mezzo, che però servono bene per costruire un corpo solido ad un romanzo tanto dolce quanto amaro, tanto bello quanto struggente.
Un libro assolutamente da leggere.

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Solo il mimo canta al limitare del bosco

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Published on December 24, 2024 01:37

December 21, 2024

L’ODORE DEI CORTILI – GIULIANO BRENNA

Edito: Il Ramo e La Foglia edizioni

Un enorme ringraziamento a Il Ramo e La Foglia per avermi inviato una copia di questo libro!

Un giorno come tanti, in una Lisbona degli anni ’60 ancora schiacciata dalla dittatura di Salazar, Mattia vede sua madre Serena che esce di casa, per l’ultima volta, per andare al lavoro.
La polizia politica, in quegli anni, è molto impegnata nella repressione dei crimini sociali e politici, anche quando una donna sta semplicemente cercando di contattare un amore da tempo perduto.
Ma questo Mattia non lo sa, così come non conosce suo padre Auguste né il suo coinvolgimento con le lotte dei rivoluzionari, e si ritrova improvvisamente da solo, a dieci anni.
Crescendo, Mattia diventa un ragazzo chiuso, solitario, abituato all’aria di abbandono con la quale ha convissuto per così tanti anni.
Inizia a conoscere il mondo esterno, fra incontri fugaci con amanti sconosciuti e la ricerca costante di un proprio posto nella società.
Così incontrerà il capitano Green, un uomo dal passato tormentato che gli insegnerà la fiducia e il piacere, sul filo sottile del dolore.
Incontrerà amori sbagliati e amori impossibili, imparerà a comprendere gli sguardi e i silenzi di chi lo circonda, così come le emozioni più manifeste ed aperte, che per troppo tempo aveva rifuggito.
Mattia, non più solo, imparerà a vivere una vita piena.

Brenna ha scritto un libro che mescola elementi del romanzo di formazione a quelli di un romanzo storico e politico, che ci accompagna tra i vicoli tipici e segreti di Lisbona, in cerca di un fiore nascosto che possa profumare l’aria notturna, così carica di vita e vivacità.

Mattia è un ragazzo come tanti, pieno di dubbi e sofferenza, che conosce troppo bene la solitudine sin dalla più giovane età.
Il suo cammino verso l’età adulta si svolge in maniera abbastanza lineare, accompagnato e supportato da una serie di personaggi secondari ben definiti, i quali lo aiuteranno, ognuno a modo proprio, a trovare la sua strada.

Il capitano Green, che in una vita precedente si chiamava Martim, è un uomo dal passato turbolento, in cerca di redenzione e tenerezza, quella tenerezza che non è mai riuscito a concedere a sé stesso.
Ha tentato di sfuggire al proprio passato doloroso allontanandosi dal paese, ma il destino lo ha riportato proprio lì, in quella Lisbona che sembra accoglierlo a braccia aperte e, al tempo stesso, un po’ respingerlo.

L’unione di Green e Mattia insegnerà ad entrambi come accettarsi e librarsi in una vita troppo spesso piena di costrizioni e incomprensioni, unendo piacere e dolore, corpo e anima.

Nonostante la sua incapacità di aprirsi pienamente agli altri, Mattia non è mai solo, ed è sempre alla ricerca di qualcuno in grado di restare al suo fianco, senza scomparire all’improvviso.

Un’amicizia che riesca a trasformarsi in amore, un vicino in grado di comprendere almeno in parte il tormento che si nasconde nel suo petto, un mondo che possa accoglierlo senza abbandonarlo a sé stesso.

Con una scrittura piuttosto ricercata e carica di immagini, Brenna ci racconta l’universo racchiuso negli occhi di Mattia.
Ne risentono alquanto i dialoghi, che risultano un po’ troppo macchinosi e poco realistici, mentre le descrizioni riescono a coinvolgerci e a mostrarci con chiarezza e dolcezza una città così piena di vita.

Non mi è capitato spesso di leggere libri ambientati in Portogallo, e tantomeno negli anni ’70, ed ho apprezzato moltissimo l’ambientazione storica e tutte le implicazioni politiche tra le quali si muovono i protagonisti.

Un romanzo che ci avvolge con i suoi odori e i suoi colori, pieno di anima e corpo, di lacrime e risate, di desiderio e paure, che passo dopo passo ci racconta una storia di crescita e scoperta, di resa e accettazione.

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L’odore dei cortili

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Published on December 21, 2024 01:06

December 17, 2024

GUARDA LE LUCI, AMORE MIO – ANNIE ERNAUX

Voto: 8/10

Edito: L’Orma

La piccola gioia immensa che mi invade ogni volta che, pensando a qualche scrittore in particolare, o ad una qualche scrittrice che mi piace eccezionalmente, mi balena nella mente la frase “leggerei volentieri anche la sua lista della spesa”.
E poi arriva Ernaux che, con il suo inconfondibile aplomb e la sua acuta brillantezza, ci racconta un anno di visite all’ipermercato, e ci spiega la vita.

Ho potuto letteralmente leggere la sua lista della spesa, e non mi sento all’altezza neanche di quella.

Un editore le ha chiesto un libro che entrasse a far parte di una collana per “Raccontare la vita” ed Ernaux ha deciso di parlare di uno dei luoghi più frequentati in tutto il mondo.

Il microcosmo che si muove, vive e muta in quello spazio racchiuso da soffitti alti e scaffali stracolmi, luci accecanti e guardie di sicurezza, è il posto perfetto per ragionare su qualunque aspetto della vita: dall’inuguaglianza alla solitudine, dalla famiglia all’omologazione, dallo sfruttamento al lento ma inesorabile soppiantamento degli esseri umani con l’introduzione di nuove tecnologie e il costante desiderio di mantenere basse le spese.

Passeggiando al fianco di Ernaux fra quelle corsie e seguendo il dito con cui indica, di volta in volta, un aspetto tanto banale quanto essenziale per i suoi ragionamenti così profondi, ci sembra di osservare tutto per la prima volta, incappando ogni tanto in “pensieri già incontrati” e “sentimenti già provati”.

Il suo sguardo ci spiega la logica del discount, la brillantezza dei giochi, la sistemazione geografica dei prodotti.

Facendo leva sulle esigenze primarie dell’uomo e sulle sue ben conclamate debolezze, i supermercati diventano una trappola nella quale cadere ogni volta.

E “poco importa” se, dall’altra parte del mondo, crollano edifici e bruciano fabbriche stipati di lavoratori sottopagati per la produzione in massa di beni non essenziali a basso costo: difficilmente i nostri occhi e le nostre mani sapranno resistere alla tentazione di acquistarli.

Ormai è passato più di un anno dall’ultimo libro di Ernaux che ho avuto il piacere di leggere, e non ho intenzione di far passare così tanto tempo fra questo e il prossimo.

Ernaux possiede quell’invidiabile ed eccezionale capacità di parlare di sé e delle cose più banali e mondane che esistano, e al tempo stesso di parlare del mondo intero.
La sua penna ha spesso un tratto leggero, non indugia in immagini eccessivamente scure (tranne specifici casi, comunque meravigliosi nel loro essere terribili), eppure non sfugge nulla al suo sguardo.

Si è rilevata essere una delle più attente osservatrici e argute disquisitrici dei giorni nostri, un vero piacere da leggere, anche quando punta i riflettori sugli aspetti più beceri delle nostre anime e ci costringe ad affrontare noi stessi.

Osservando i prodotti in fila sul nastro alla cassa di un supermercato, Ernaux ci rivela cosa è possibile capire delle persone che ci circondano, cosa forse si tenta di nascondere, cosa è alla base della nostra umanità.

Una donna e una scrittrice straordinaria, come sempre, anche quando cammina, semplicemente, con una lista della spesa stretta nel pugno.

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Guarda le luci, amore mio

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Published on December 17, 2024 01:19

December 14, 2024

QUANDO UNA DONNA DIVENTA UN LAGO – MARJORIE CELONA

Voto: 7/10

Edito: Bollati Boringhieri

La mattina di Capodanno, Vera lascia suo marito Denny che dorme a letto ed esce a passeggiare con il cane nel bosco vicino al lago ghiacciato.
La stessa mattina, Leo porta i suoi due figli al lago, per rilasciare sull’acqua gelata delle barchette contenenti dei buoni propositi per l’anno nuovo.
La madre dei due bambini, Jesse e Dmitri, resta a casa ad attendere il loro ritorno.
Poche ore dopo, la centrale di polizia riceve una telefonata in cui una donna dice di aver trovato un bambino da solo nel bosco, poi di Vera non si avranno più notizie.
Quando l’agente Coté bussa alla porta di Denny per dirgli che hanno ritrovato il suo cane e la macchina della moglie, ma nessuna traccia della donna, una giostra di segreti e menzogne e paure si mette in moto, dalla quale è impossibile scendere.

Tutti i libri più particolari che mi sia capitato di leggere nell’ultimo anno e mezzo sono stati pubblicati da Bollati Boringhieri.
Evidentemente c’è ancora qualcuno che sa davvero fare il suo lavoro.

Questo non è un libro perfetto, ma è una lettura coinvolgente e intrigante dalla prima all’ultima pagina.

La storia gira principalmente intorno al caso di una donna scomparsa, ma non è lì che l’autrice vuole far focalizzare lo sguardo di chi legge.
Sì, c’è un mistero da scoprire, ma dai vari elementi che ci vengono forniti sin dall’inizio possiamo capire, a grandi linee, cos’è successo.

Ciò che ci interessa è lo studio di tutte le persone coinvolte, descritte in maniera estremamente realistica, il perché di determinate scelte ed azioni e silenzi, e come è possibile andare avanti dopo un evento simile.

Ci sono elementi del thriller, elementi del noir, ma è nell’aspetto psicologico dei personaggi che nasconde tutta la sua forza.

Anche i personaggi più “buoni” hanno dei lati negativi, e anche i più “cattivi” hanno dei lati positivi.
Sono persone fallaci e in cerca di qualcosa di più, complesse, un po’ come tutti noi.

Senza fare troppi spoiler, ho trovato abbastanza interessanti le parti che riguardano Vera, molto delicate e struggenti, malinconiche e quasi distaccate, ma al tempo stesso un po’ troppo “Lovely bones” per convincermi del tutto.

Celona è un’ottima scrittrice, con una prosa quasi lirica, che ci scivola addosso e ci avvolge e lentamente ci fa affondare nei flutti gelati delle sue acque cristalline.

C’è un sottofondo di violenza che permea tutta la storia: dalla fine di Vera a Leo e il suo atteggiamento verso il mondo in generale, dalle allusioni ad un possibile suicidio agli abusi contro i più deboli.

Esiste un limite, è possibile superarlo, e il più debole abituato a subire si trasforma in colui che ha l’opportunità di fare del male a qualcuno.
E tutta la rabbia e il risentimento accumulati possono portare a risultati inaspettati, disastrosi.

Un romanzo strano, in cui la scomparsa di una persona, come un sottile strato di neve, ricopre ogni cosa e coinvolge tutti quanti, e tutto il resto sembra attutito, smorzato.
Un romanzo che parla della natura umana e del ciclo della violenza a cui è difficile sfuggire, e di lezioni da imparare, e da insegnare.
Un romanzo che parla degli errori dei genitori, che ricadono sui figli, in maniera terribile.

SPOILER Forse, il fatto che dopo l’accaduto la madre di Jesse non ne parli con il figlio ma tutti si comportino semplicemente come se non fosse successo niente, mentendo e negando e guardando dall’altra parte, è la cosa mi è piaciuta meno di tutto il romanzo. Capisco il fatto di non rivelare tutto alla polizia per proteggerlo, però almeno tra di loro avrebbero potuto discuterne. Capisco anche che, realisticamente, quarant’anni fa le cose si affrontavano in maniera diversa, però non lo so, questa è la parte che ho trovato meno convincente. FINE SPOILER

Lo stile di Celona resta quindi il punto forte, la vera attrattiva del romanzo, che credo sia stato tradotto magnificamente in italiano.

Le atmosfere così cupe e al tempo stesso questo bianco che si espande in ogni direzione, il freddo che ti entra nelle ossa e ti congela il respiro, la natura che diventa una parte integrante della storia.

Celona ha mescolato alla perfezione tutti gli elementi, creando un’opera particolare, e davvero interessante.

Una donna diventa un lago, qualcosa si spezza, qualcosa cambia per sempre.

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Quando una donna diventa un lago

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Published on December 14, 2024 01:15

December 10, 2024

LA VEGETARIANA – HAN KANG

Voto: 8/10

Edito: Adelphi

Yeong-hye una mattina si sveglia e, a seguito di un incubo che l’ha colpita nel profondo e l’ha lasciata tremendamente scossa, decide di smettere di mangiare carne (e qualsiasi cibo di derivazione animale), cercando anche di evitarne la vista.
Il marito resta scioccato da questo suo improvviso cambiamento, e cerca di convincerla a tornare sui propri passi. Quindi coinvolge anche la famiglia della moglie, i suoceri e la cognata, ma nessuno è in grado di comprendere la scelta di Yeong-hye, né tantomento di farle cambiare idea.
Tutte le vite delle persone coinvolte vengono toccate e sconvolte da questa scelta all’apparenza così semplice.

Un libro crudo e diretto, questo di Kang, che gira intorno ad un vuoto: non solo il cambiamento che da il via a tutta la storia parla di una “rimozione”, l’atto di rimuovere la carne dalla propria alimentazione e quindi dal proprio corpo, ma le motivazioni stesse della protagonista non vengono mai veramente spiegate, lasciando un vuoto che il lettore possa riempire da sé.

Per colpa di un incubo (di cui vediamo degli stralci, in una rappresentazione un po’ banale e stilizzata della paura e del dolore) Yeong-hye cambia radicalmente la propria vita, o forse inizia un percorso di sublimazione a cui era sempre destinata, che non aveva mai intrapreso perché schiacciata dalle norme sociali e dalle regole famigliari, per abbandonare tutto ciò che la tiene legata ad una vita che non è più sua.

La storia ci viene raccontata in tre macro capitoli, ma mai attraverso lo sguardo di Yeong-hye stessa: in ordine, a parlare della protagonista sono il marito, il cognato e la sorella.
Scegliendo di non dare la parola direttamente a Yeong-hye, Kang perpetua una serie di violenze e incomprensioni sulla sua protagonista: così come sin da piccola subiva le violenze del padre e poi, da adulta, aveva continuato a vivere una vita da donna taciturna e remissiva, subordinata al marito, allo stesso modo ora sono gli altri a parlare per lei, a tentare di comprendere e spiegare questa sua decisione, a trovare una risposta che più si adegui all’immagine di Yeong-hye che vive all’interno delle loro menti.
Non la risposta vera, che è ancora mancante, che sarà mancante fino all’ultima riga, che resterà per sempre un vuoto, ma un’interpretazione soggettiva, che si basa su chi osserva e le sue percezioni.

Il primo a parlare è il marito di Yeong-hye, un uomo piccolo e gretto, che tenta di spiegare l’improvviso cambiamento della moglie semplicemente come una scelta alimentare, cerca di giustificare il suo comportamento con i propri colleghi, coinvolge i suoceri perché siano loro a risolvere questo problema; quando le cose si fanno più intense, l’uomo decide di andarsene.

Il secondo punto di vista è quello del cognato di Yeong-hye, un artista la cui carriera non è mai davvero decollata, che vive grazie al duro lavoro della moglie.
L’improvviso cambiamento di Yeong-hye, e la scoperta della sua macchia mongolica, porta un cambiamento nel suo modo di percepire la cognata: viene invaso da un’irresistibile ispirazione artistica (mescolata al desiderio sessuale) e, percependo la forza di una natura oscura e imperscrutabile nei silenzi di Yeong-hye, tenta di creare la sua più importante opera d’arte.

La terza e ultima parte ci viene narrata da In-hye, sorella maggiore di Yeong-hye, che assiste fino alla fine al decadimento della protagonista, e la assiste nella sua scelta finale.
Un capitolo carico di emozioni e di cuore, di rabbia e rassegnazione, e anche qui, come negli altri, di incomprensioni.
Forse Yeong-hye vuole semplicemente lasciarsi morire; forse il dolore sepolto nel suo passato è tornato a galla con troppa forza; forse Yeong-hye è impazzita e crede davvero di essere una pianta.
La scelta della sorella minore ha il suo impatto più forte sulla vita di In-hye, che perde prima il marito, poi il figlio e sé stessa, ingabbiata da una serie di dubbi sulla verità della vita e delle scelte personali, della società e del patriarcato, della violenza dell’uomo e dell’impatto che abbiamo su tutto ciò che ci circonda.

Un libro intensissimo e teso, che si svolge quasi come un film sperimentale dai tratti horror, come un treno che punta dritto verso un’inevitabile distruzione, senza possibilità di scampo.

Si è trattato del mio primo incontro con Kang, e ho trovato la sua scrittura molto diversa da quella di altri autori coreani, eppure lucida e asciutta come sono gli orientali sanno essere.
La presenza di molte immagini crude rappresenta alla perfezione una visione negativa della società, non edulcorata da boccioli in fiore.
Un racconto decentrato e asimmetrico, dove la sottile linea di confine tra “scelte personali estreme” e “malattie mentali” è sfocata, sfumata, disegnata con il sangue.

Che senso ha continuare a vivere una vita che non ci appartiene?
Che senso ha accettare, ammettere ed immettere in noi, qualcosa che ci uccide da dentro?
Che senso ha vivere, se non possiamo vivere in libertà?

Questo libro si è rivelato molto diverso dalle mie aspettative, ma non in maniera negativa.

Non posso dire di avere amato lo stile di Kang, ma di sicuro funziona molto bene per il tipo di storia che voleva raccontare.

Un romanzo che, sicuramente e giustamente, non può piacere a tutti, ma che è riuscito a colpirmi, a sorprendermi, a stringermi fra la sue spire e a farmi precipitare nella sua spirale oscura, a confondermi con le sue immagini oniriche e violente, a dirmi qualcosa. Un romanzo che sa parlare.

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La vegetariana

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Published on December 10, 2024 00:57

December 7, 2024

CHIDDA – MANUELA FANTI

Edito: Nulla Die

Ancora e sempre, un enorme ringraziamento a Manuela per avermi inviato una copia del suo libro!

Anna ha diciassette anni quando inizia a lavorare per la famiglia Rinaldi, composta da Cristina e suo marito Paolo.
Prendersi cura della casa non è un compito difficile, e le cose sembrano svolgersi con relativa facilità, all’inizio.
Ma c’è un pensiero costante che rende la vita di Cristina un vero inferno: l’impossibilità di avere figli.
Allora lei e Paolo decidono di fare una proposta ad Anna: la ragazza porterà in grembo il figlio della coppia in cambio di denaro, quindi dovrà allontanarsi per sempre dalle loro vite.

La giovane, bisognosa di soldi e senza una vera guida a cui aggrapparsi, decide di accettare la proposta.

Venticinque anni dopo, il giovane Vincenzo riceve un documento lasciato per lui dalla madre Cristina, scomparsa ormai da anni, e si ritroverà ad affrontare una verità che non si sarebbe mai aspettato.

Manuela è tornata in libreria con un romanzo ben diverso dal suo libro precedente che avevo avuto il piacere di leggere.
Ci sono sempre segreti sepolti e scontri famigliari, ma questa volta non si tratta di un serial killer: questa volta si parla di piccoli ritratti umani, di piccole vicende dall’impatto enorme sulle vite coinvolte, di bugie e manipolazioni, di una reta subdola di segreti e menzogne, che non potranno restare sepolti per sempre.

Fanti, con la sua scrittura sempre diretta e asciutta, molto moderna, ci racconta una storia che al giorno d’oggi tocca un tasto dolente: la gestazione per altri.
Intorno alla gravidanza di Anna, però, ha tessuto una trama carica di sentimenti, che si dipana completamente soltanto nelle ultime pagine.
I protagonisti sono i punti di forza del romanzo; nonostante la presenza di alcuni colpi di scena pensati per colpire il lettore, sono i ritratti vividi dei personaggi che più lasciano il segno.

La protagonista della storia, la “chidda” del titolo, è Anna, una ragazzina che si ritrova catapultata dalla casa-famiglia ad una casa-prigione, intrappolata dall’odio e dal desiderio della coppia Rinaldi.
Giovanissima e sola, si ritrova ad affrontare una decisione più grande di lei, e a compiere una serie di scelte ed azioni dettate dalla giovane età e dall’emotività.
Cristina, la padrona di casa, è una donna dal passato movimentato, che farebbe di tutto per cercare di trattenere suo marito al proprio fianco.
L’impossibilità di avere figli stressa considerevolmente la sua condizione mentale, già provata, e la situazione è esacerbata dal suo consumo eccessivo di alcolici.
Cristina è una donna che soffre, e che trasforma la sua sofferenza in rancore, che sfoga come meglio può sulla giovane che sembra minacciare la sua stabilità.
Paolo è il personaggio meno sviluppato, e più prevedibile: un uomo di successo, che vorrebbe avere un erede, e accetta volenterosamente di fare un figlio con una ragazza giovanissima, con la quale instaura una relazione clandestina.
Una cosa che non ci si aspetterebbe mai da un uomo “come lui”.
Vincenzo, il figlio nato da questa situazione complicata ed intrecciata, è un ragazzo chiuso in sé stesso, che non è in grado di accettare i sentimenti degli altri né di esternare davvero i propri, almeno finché la situazione non raggiunge il limite.
Il suo passato, tutto ciò che ha visto e vissuto sin da piccolo lo ha reso un uomo distaccato, che cerca di mantenere le distanze da tutti.
(Questi uomini così indifferenti a tutto finché non entrano in gioco i figli sono dei cliché a cui purtroppo siamo ben abituati, ma che funzionano in queste storie.)

La cosa che mi è piaciuta di meno è il modo in cui Cristina e Anna continuano a descrivere in maniera dispregiativa il loro accordo come “vendere tuo figlio”: capisco che, nel contesto dell’Italia e ancora più nello specifico della Sicilia di trent’anni fa, probabilmente è quasi l’unico modo in cui sarebbe stata descritta una situazione simile, ma è comunque difficile al giorno d’oggi, data la situazione e le leggi odierne, ascoltare un certo tipo di linguaggio.

Una storia violenta e tesa, questa di Fanti, che racconta (almeno in parte) una situazione che, nel buio e nel silenzio di una porta chiusa, si sarà svolta in maniera simile per molte famiglie.

Una storia coinvolgente e tagliente, che mostra un dolore nascosto appena sotto la superficie, pronto ad emergere e sconvolgere le vite delle persone più vicine.

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Chidda

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Published on December 07, 2024 01:40

December 4, 2024

THE LOTUS EMPIRE – TASHA SURI

Voto: 8/10

Edito: Orbit / Fanucci

Dopo il colpo di scena finale del secondo capitolo, ritroviamo Malini e Priya nuovamente separate, ancora intente a combattere una guerra più grande del mondo stesso: Malini e la sua corte hanno intenzione di attaccare Ahiranya per distruggere gli yaksa, che stanno guadagnando sempre più potere, diffondendo il morbo in ogni dove; Priya è tornata sull’Hirana, ricopre il proprio ruolo di sacerdotessa rinata tre volte, la più potente rimasta per guidare il suo popolo ed aiutare gli dei a prendere il controllo del mondo.
Ma gli yaksa hanno un piano terribile da portare a termine, e richiedono sacrifici enormi ai loro seguaci.
Malini e Priya si ritroveranno ad affrontare gli ultimi passi di una guerra che minaccia di trasformare tutto il mondo in cenere.

La fine della trilogia è giunta.
Mi sembra quasi impossibile, dopo tutti questi anni. Che non sono neanche troppi, effettivamente.
Il primo capitolo risale ad appena tre anni fa, ma ho passato così tanto tempo ad immergermi nelle sue acque magiche e tenebrose che mi sembra ne sia trascorso molto di più.

L’ultimo capitolo, ed ora non rivedrò più Malini e Priya.

Un addio dolce-amaro, devo ammetterlo.

Questo libro mi è piaciuto parecchio, più del secondo, e probabilmente anche più del primo, che era riuscito a farmi innamorare della sua promessa di qualcosa di grande.
Qualcosa di grande che è Suri è effettivamente riuscita a creare e a donare ai suoi lettori.

Il capitolo finale, lo scontro finale, che non è mai stato davvero quello tra Malini e Priya, ma per la salvezza dell’umanità.

Nonostante alcuni problemini di ritmo (la storia inizia davvero soltanto nelle ultime 150 pagine, mentre prima sembra girare un po’ in tondo, ribadendo molte cose già note e facendo percorrere microscopici passetti in avanti ai suoi personaggi, prima di effettuare un ultimo balzo in avanti, con un finale un po’ troppo affrettato), la storia si dipana in maniera interessante di fronte ai nostri occhi, tenendoci ben connessi con tutti i punti di vista dei vari personaggi: Malini, Imperatrice profetizzata dal dio-senza-nome, dovrà lottare contro il proprio cuore e contro una serie di tradimenti, per riuscire a salvare il suo popolo e il suo amore dalla distruzione; Priya, che ha perso tutti quelli che amava, si ritroverà di fronte alla dura realtà di ciò che vogliono fare gli yaksa, e dovrà decidere se abbandonare sé stessa nelle mani di queste divinità oscure e spaventose o lottare per tutto ciò che la rende umana; Bhumika, persa ma mai scomparsa, dopo aver rinunciato a tutto ciò che era per il bene del mondo, imparerà di nuovo a soffrire e ad amare; Rao, desolato per la perdita di Aditya, si ritroverà circondato da persone di cui prendersi cura e che si prenderanno cura di lui, e si scontrerà con i suoi dubbi religiosi; gli yaksa, queste figure taglienti e cupe, si mostreranno in tutto il loro orrore, il loro amore e i loro foschi desideri.
Tutti i personaggi sono ben sviluppati, più maturi, hanno seguito un ottimo percorso per tutti e tre i romanzi e in questo capitolo finale si ritrovano a percorrere delle strade “già segnate”, senza buttarsi in scelte inaspettate e insensate.

Le parti più interessanti della storia riguardano le trame politiche che vengono tessute intorno a Malini (anche se poi vengono risolte un po’ troppo velocemente e in maniera superficiale) e gli aspetti religiosi e magici che prendono vita in tutto il regno (anche se vengono introdotti alcuni “nuovi elementi” che sembrano un po’ troppo fini a sé stessi, dove tutto è magia e tutto è potere e tutti i miti sono realtà).
Suri ricollega molti piccoli dettagli che aveva sparpagliato, come briciole di pane, nei due capitoli precedenti, per creare una magia tutta nuova e chiudere con un colpo di scena questo romanzo (anche se non risponde a tutte le domande, e ne crea anche delle altre a cui ho deciso di non dare troppa importanza, dettagli importanti per l’avanzamento della storia e la chiusura finale che non rovinano il senso generale dell’opera nella loro esistenza limitata).

La scrittura di Suri è ancora uno dei punti di forza del libro, così evocativa ed immaginifica, carica di odori e colori e un senso di movimento che ci sommerge, proprio come le acque immortali.
Al tempo stesso è anche più diretta e ardente, brucia tutto ciò che incontra e lascia lo spazio necessario alla rinascita di una nuova vita.

Mi aspettavo qualcosa di diverso, da questo capitolo finale, qualcosa di più sofferente e doloroso, e invece è riuscito a strapparmi una lacrimuccia appena, proprio nelle ultime pagine.
Ma nonostante questo l’ho trovato un ottimo romanzo, un’ottima conclusione, e mi dispiace dire addio a questi personaggi.

Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:

The lotus empire (eng)

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Published on December 04, 2024 00:37

November 30, 2024

GIDEON LA NONA – TAMSYN MUIR

Voto: 7/10

Edito: Mondadori/ Tor

Gideon Nav è pronta a fuggire dalla Nona Casa, da una vita di schiavitù nei suoi abissi tenebrosi, dall’odio che scintilla nello sguardo di tutte le persone che lo circondano.
Ma Harrowhark Nonagesimus non ha intenzione di lasciarla andare tanto facilmente.
Anzi, ha in mente un piano ben preciso: l’Imperatore ha indetto un torneo per nominare il prossimo Littore, una prova d’ingegno ed abilità per mettere alla prova un necromante e un paladino da ognuna delle nove case, ed è qui che entra in gioco Gideon.
Harrow è una necromante d’incredibile talento, ma non ha un paladino che possa accompagnarla alla Casa di Canaan.
Gideon, grazie alla sua abilità con la spada, è la sua carta migliore per raggiungere il suo obiettivo.

Ma le cose si fanno più difficili del previsto quando i partecipanti al torneo iniziano a morire.

Allora, che dire di questo romanzo: è un mezzo disastro.
L’altra metà si è rivelata abbastanza divertente ed intrigante da spingermi a portare a termine la lettura e a chiedermi se proseguire con il secondo capitolo della serie.

Gli aspetti positivi sono: una storia abbastanza interessante, con magia ossea e combattimenti a fil di stocco, poteri oscuri e segreti millenari; tutta la parte riguardante la prova nella Prima Casa era già abbastanza intrigante, con i test d’abilità e forza, e il tutto riceve una piccola spinta in avanti quando si inserisce nel mix anche morti terribili e un’oscura presenza che dà la caccia a tutti i necromanti e i loro spadaccini.
Abbastanza interessanti sono anche le due protagoniste, Harrow e Gideon, con il loro battibeccare e il sarcasmo che condisce ogni frase.
Incontriamo un’ampia rosa di personaggi, giovani e vecchi e più o meno esperti, ognuno con un almeno un piccolo tratto distintivo.

Ma gli aspetti negativi sono, bè, tutto il resto: per quanto la storia sia interessante, finché non abbiamo superato il primo terzo del libro non abbiamo la più pallida idea di cosa stia succedendo, perché Muir utilizza un linguaggio volutamente confuso senza spiegarci assolutamente nulla di ciò che ha in mente.

Amo i libri che spiattellano tutto sin dall’inizio, senza darmi la possibilità di comprendere da me ciò che succede? Assolutamente no, ma odio anche chi si comporta nella maniera opposta, confondendo il lettore.

Il worldbuilding semplicemente non esiste: ci sono Case. Nove case, su nove pianeti. Abitate da necromanti. Si trovano da qualche parte nel grande spazio infinito. E questo romanzo sci-fi si svolgerà mica in questo bello spazio infinito? No.
Per quanto il concetto di base fosse interessante, diventa una specie di “whodunnit” mescolato a qualche elemento del “mistero della stanza chiusa”, con un’indagine portata avanti molto male e una rivelazione finale davvero deludente (SEMISPOILER perché era impossibile per noi comprendere come stessero andando davvero le cose e incontriamo il colpevole solamente al momento della sua rivelazione e quindi…sì ma tu chi sei?? FINE SPOILER)

Harrow e Gideon sono terribilmente sottosviluppate: amano insultarsi a vicenda e dare rispostacce, sono forti e…più o meno è tutto.
Tutti i personaggi “secondari”, e sono tanti, sono delle macchiette di cui si dimenticano nome e caratteristiche non appena si volta pagina, hanno il loro ruolo da ricoprire per far avanzare la storia e poco più.

Ma il mio problema più grande con questo libro è stato con lo stile.
Ora, non so se si sia trattato di un problema di traduzione o meno (ma non credo, leggendo qualche recensione della versione originale sembra una cosa che riguarda proprio Muir), ma l’ho trovata una lettura forzatamente strana, convoluta e che tentava con tutte le sue forze di mostrarsi divertente (anche nei momenti sbagliati, pur fallendo miseramente anche in quelli giusti).
Una profusione di insulti semplicemente ridicoli, che hanno indebolito moltissimo uno stile già impacciato e volutamente contorto; parolacce ed espressioni volgari utilizzate non solo nei dialoghi, ma anche nelle descrizioni, più o meno come potrebbe esprimersi un dodicenne qualunque.
Una scrittura che ho trovato molto immatura, e deconcentrante.

La domanda che mi è saltata più spesso in testa non era “che cosa succederà ora?” o “come andrà a finire?”, bensì “ma che diavolo sto leggendo?”, e ancora non credo di averlo capito.

Questo libro dovrebbe essere stato candidato a grandi premi, ed averne anche vinti alcuni, e io non capisco come sia possibile perché è scritto, bè, maluccio.
Non si tratta solo di gusti personali, ma di fruibilità e comprensione del testo, qui resi appositamente impossibili.

Una lettura che si è rivelata piuttosto faticosa, sia per l’antipatia nei confronti di Gideon che per lo stile di scrittura, anche se resistendo per un centinaio di pagine poi le cose si fanno un po’ più “pratiche”.

Il finale mi è piaciuto abbastanza, almeno quello che credo sia successo. E forse dopo una doverosa pausa affronterò anche “Harrow la Nona”. Ma mi lamenterò tutto il tempo.

Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:

Gideon la Nona (ita)

Gideon the Ninth (eng)

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Published on November 30, 2024 01:30

November 26, 2024

SEVEN YEARS OF DARKNESS – JEONG YOU-JEONG

Voto: 8/10

Edito: Penguin Books

Seryong è un lago artificiale, racchiuso da una diga, sul cui fondale è ancora possibile osservare il vecchio villaggio che si trovava lì in precedenza cristallizzato nel tempo, immerso nell’acqua e nell’oscurità.
Il corpo di Seryong, una ragazzina scomparsa da qualche giorno, riaffiora improvvisamente dalle sue acque, e le cose iniziano a precipitare.

Chi l’ha uccisa?
Suo padre Yongje è in qualche modo coinvolto?
Quale segreto nasconde il passato di Hyonsu, il nuovo capo della sicurezza della diga?

Sette anni dopo, Sowon, il figlio ormai adolescente di Hyonsu, vive ai limiti della società, additato come “il figlio di un pluriomicida”.

Che cosa accadde veramente quella notte, quando suo padre aprì la diga spazzando via il villaggio sottostante e uccidendo tantissime persone?
Che cosa è successo a sua madre?
Qual è la verità?

Questo romanzo è stato pubblicato prima del celebre “The good son” (in italiano “Le origini del male”) che ha reso famosa la scrittrice nel nostro paese.
Dopo più di due anni dalla lettura di quel libro, lo ricordo ancora in modo estremamente positivo, ed ho ritrovato con piacere in questo romanzo molti aspetti simili.

Anche qui ci sono uomini violenti, che inseguono l’oscurità che si nasconde dentro di loro; ci sono uomini dal passato traumatico, che cercano di sfuggire ad un destino che sembra già segnato; ci sono notti di nebbia densa e impenetrabile, nelle quali gli incubi più violenti possono prendere corpo.

Questo è un romanzo estremamente violento, duro, crudo; ho trovato alcune scene altamente inquietanti e grafiche, rendendo questa una lettura non adatta a tutti.

Si tratta di una storia molto nera e molto densa, che scava nelle menti dei suoi protagonisti (principalmente Hyonsu, Sowon e Sunghwan, mentre Yongje ci viene “raccontato” attraverso gli occhi di sua moglie).
All’inizio la lettura può sembrare lenta, quasi confusa, con una profusione di nomi e fatti appena accennati difficili da ricollegare; ma con un po’ di pazienza, tutta l’intensità del romanzo si rivela, mostrandoci il suo cuore nero e violento.

I protagonisti sono uomini che nascondono dei segreti: Hyonsu è rimasto legato ad un trauma del suo passato e fa di tutto per essere un padre migliore del proprio, ma la vita sembra precipitargli addosso; Sunghwan ha una grande passione per le immersioni, che lo porterà a restare invischiato in una storia terribile; Sowon è appena un bambino quando la sua famiglia si trasferisce sul lago Seryong, e la sua vita cambierà per sempre in pochissimo tempo; Yongje è un uomo severo, ossessionato dal controllo e dal potere, senza scrupoli o morale, pronto a tutto per far sì che le cose vadano esattamente secondo i propri desideri.

Le varie sfaccettature psicologiche dei personaggi sono l’aspetto più interessante del romanzo.
Ѐ sicuramente interessante anche scoprire cosa accadde davvero la notte della tragedia alla diga, quando persero la vita così tante persone, ma i fatti sono forse raccontati in maniera un po’ troppo confusa ed arzigogolata, mentre alcune scene (specialmente quelle riguardanti alcuni scontri fisici) sembrano svolgersi in maniera un po’ troppo semplicistica.

Ѐ stata una lettura coinvolgente ed interessante, che non consiglio a chi è facilmente impressionabile dalla violenza (sia sulle persone che sugli animali), ma che può essere apprezzato da chi conosce l’autrice e il suo stile.

Un libro nero, di segreti e incubi e ferocia; una storia di punizioni e protezione, di brutalità e perdono; una discesa negli abissi, dai quali è difficile risalire.

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Seven years of darkness

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Published on November 26, 2024 01:47

November 23, 2024

L’UOMO ALLA RICERCA DI SENSO – VIKTOR E. FRANKL

Edito: MGMT Edizioni

Un ringraziamento speciale a Cristiano per la copia!

Nel 1942, lo psichiatra Viktor Frankl venne arrestato dai nazisti, insieme alla moglie e ai membri della sua famiglia, e trasferito nel campo di concentramento di Theresienstadt.
Deportato quindi ad Auschwitz, a Kaufering e Turkheim, scoprì soltanto al suo rientro a Vienna nel 1945 della tragica morte di tutti i suoi cari.

Nonostante le enormi sofferenze che aveva patito (e alle quali aveva assistito) all’interno dei campi, il pensiero dei suoi famigliari lo aiutò a resistere, insieme all’obiettivo di riscrivere il manoscritto che gli era stato sottratto all’ingresso nel campo.

Questa idea, questo volgersi verso un obiettivo, è alla base della sua teoria personale, la logoterapia, una terapia orientata sul futuro e sul significato che ogni paziente attribuisce al proprio domani.

Grazie a questa sua personale teoria, Frankl riuscì ad aiutare non solo sé stesso, ma anche moltissimi pazienti, aiutandoli ad orientarsi verso il vero significato della propria vita.

In quest’opera, suddivisa in due parti, troviamo prima il memoir del dottor Frankl, dove racconta degli anni trascorsi all’interno dei campi, delle sue paure e delle sue sofferenze, degli uomini che vivevano quelle esperienze terrificanti insieme a lui, e del modo in cui affrontavano i momenti delle giornate.
Frankl sembra cercare di raccontare le sue esperienze con un certo distacco, concentrandosi sulle lezioni che ha imparato per riuscire a sopravvivere e ad aiutare gli uomini che lo circondavano.

Analizzò le diverse personalità presenti all’interno del campo, i loro stati mentali ed emotivi, portando fino a noi un’importante testimonianza.
Ovviamente non credo sia mai possibile raccontare qualcosa di tanto terrificante senza lasciar trapelare alcun tipo di emozione, e anche il racconto di Frankl diventa sempre più carico di emozioni, senza mai abbandonare i suoi toni accesi dalla speranza per il futuro e dal desiderio di aiutare il prossimo.

La seconda parte, invece, spiega in maniera semplice le basi della logoterapia di Frankl, del suo modo di affrontare il dolore con i suoi pazienti, aiutandoli a trovare un significato nel domani.
In questa metà spiega in maniera teorica l’insegnamento contenuto nella prima parte, dimostrato in maniera più pratica.

Parlando di amore, senso della vita, libertà e responsabilità, Frankl aveva una visione molto avanguardista e quasi ottimista, sia all’interno del campo che all’esterno, quando ritornò a lavorare come psicoterapeuta.

Le due parti funzionano perfettamente insieme, si rafforzano a vicenda, e ci permettono di apprezzare a pieno le teorie di Frankl.

Un’opera che colpisce il lettore non solo a livello emotivo, come succede nella maggior parte dei casi con i racconti dell’Olocausto, ma anche psicologico ed analitico, spingendoci a ragionare sui momenti terribili affrontati da così tante persone e sulla nostra stessa vita.

Una lettura importante e significativa, che dopo ottant’anni continua ad influenzare tutte le vite con cui entra in contatto.

Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:

L’uomo alla ricerca di senso

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Published on November 23, 2024 01:27