Rachele Riccetto's Blog, page 3
May 10, 2025
OHIO – STEPHEN MARKLEY

Voto: 7/10
Edito: Einaudi
Una notte d’estate, la piccola città di New Canaan, quattro giovani quasi trentenni, la nostalgia e il dolore di un passato condiviso.
Bill è appena tornato in città per consegnare un misterioso pacco; Stacey sta andando a trovare i genitori ma si costringe a fare una breve tappa nella città in cui è cresciuta per incontrare una delle persone che più l’hanno fatto soffrire da adolescente e riuscire, forse, a scoprire dov’è finita una delle persone che ha amato di più; Dan, dopo tre turni in Iraq, è tornato a trovare la sua famiglia e l’ex fidanzata che aveva lasciato indietro arruolandosi; Tina, dopo anni di rapporti tossici e sofferenze, ha finalmente incontrato un bravo ragazzo, ma c’è una macchia nera nel suo passato di cui vuole liberarsi.
Quattro ragazzi, le cui vite hanno intrapreso strade completamente diverse, si ritrovano per caso, nella stessa sera, nella piccola città dove tutto ha avuto inizio, dov’è successo tutto.
Un filo di segreti e bugie e morte li lega stretti, e il cappio ha iniziato a stringersi sempre di più.
L’innocenza non è andata perduta, è stata strappata via con violenza, con una serie di scelte terribili sbagliate, di errori e di coincidenze, ma mai davvero dimenticata.
Tutti i personaggi, infatti, vivono guardandosi alle spalle, con lo sguardo puntato costantemente al passato, a tutto ciò che è stato e non è più.
Molti dei loro compagni sono morti, chi per droga e chi in guerra, alcuni sono scomparsi, lasciando dei vuoti incolmabili.
Ed è quasi impossibile andare avanti senza riuscire a chiudere definitivamente un capitolo tanto doloroso.
Questo è stato il romanzo d’esordio di Markley e, che dire? Ha fatto davvero un buon lavoro.
La sua scrittura è molto densa e molto scorrevole e, nonostante anche lui pecchi del classico “qualche-pagina-in-meno-non-avrebbe-fatto-del-male-a-nessuno”, è comunque un romanzo che riesce mediamente bene a coinvolgere il lettore (con qualche momento un po’ meno pregnante, almeno per me, per esempio tutte le digressioni di Dan e l’Iraq).
Non avendo letto prima la trama, non sapevo che questo libro contenesse un “mistero da risolvere” e, onestamente, anche durante la lettura, l’ho capito molto tardi, e forse è uno degli aspetti che mi sono piaciuti di meno, perché mi è sembrata un po’ una virata senza un vero senso, verso un “dettaglio” cruento di cui non c’era davvero bisogno.
Il resto del romanzo funziona molto bene, pur non essendo niente di eccezionalmente originale: tutti gli adolescenti sono bellissimi (un classico americano), il patriottismo dilagante fortificato dagli eventi dell’11 settembre, il giovane alternativo e sinistroide, le piccole comunità che sembrano quasi delle città fantasma a cui la chiusura delle fabbriche ha tolto completamente l’anima, il problema delle droghe e del razzismo e della misoginia e il sessismo e, insomma, tutto abbastanza già sentito.
Eppure, come lettura generale, secondo me funziona, sia per lo stile di Markley che, altalenando momenti di pathos e cuore ad altri più arzigogolati e dispersivi, ha trovato un ritmo proprio, che avanza inesorabile, sia per dei dettagli (più o meno piccoli) che ho gustato con piacere, come i discorsi sull’ecologia e la politica ambientale o lo svolgimento di un dato evento che, raccontato da più punti di vista, cambia completamente.
Questo non è il grande romanzo americano, ma è sicuramente un buon romanzo sulla provincia americana, su tanti tipi diversi di dipendenze, su chi sceglie la violenza e chi la subisce, su chi risponde con la violenza e chi tenta di cambiare strada, sulla quasi impossibilità di sfuggire agli errori e agli orrori del passato, sulla lingua che batte dove il dente duole, senza possibilità di scampo.
Una storia di nostalgia canaglia e futuro incerto, di terre promesse che si rimangiano la parola data e abbandonano i propri figli nella desolazione di un’America disorientata e sconvolta, ma attraversata dall’inizio alla fine da una carica elettrica che rimescola le carte in tavola, cercando di tenere il passo con la vita che va, ma da un’altra parte.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2184=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2184").classList.add("av-review-submitted")L'articolo OHIO – STEPHEN MARKLEY proviene da Lego, Legimus.
May 3, 2025
LA MULA E GLI ALTRI, FACCENDE SEMISERIE DI PROVINCIA – ALESSANDRO CONFORTI

Edito: Il Ramo e la Foglia
Un sentito ringraziamento a Il Ramo e La Foglia (e a Giuliano) per avermi inviato una copia di questo libro!
Dodici racconti tra il breve e il brevissimo, che ci narrano le vicende della mula e gli altri, tra rivoluzioni nel pollaio e musiche malinconiche che fanno piangere il cuore.
C’è Zebù il conciatore, figlio del diavolo ma soprattutto figlio dell’uomo, costretto a sfuggire gli sguardi altrui per colpe non sue; c’è un vecchio tronco impossibile da datare, o quasi; ci sono Elsa e Damiano, afflitti dalle difficoltà materiali della vita, ma che ritrovano tutto il senso e la luce del mondo in un neonato tanto amato; Artemio non c’è, e Renza è pronta a vendicarsi; c’è la moglie matta del barone, che forse è una che s’è persa o forse è una strega.
Dodici racconti e tanta vita, in questa raccolta breve ed intensa, leggera e pungente di Conforti.
I racconti hanno sempre quella magia tutta loro, alla quale è difficile restare indifferenti (almeno per me).
E anche Conforti, che di racconti ne ha già masticati altri in passato, ha saputo creare un universo ristretto ed infinito nel quale far perdere il proprio lettore.
Con voce ferma e sicura, ironica e scanzonata, l’autore ci mostra i lati più assurdi e magici di vite normali e speciali.
Con una scrittura lineare e ricercata, profonda e sciolta, ci accompagna a conoscere una frotta di personaggi tutti diversi fra loro, tutti impegnati a vivere la propria vita.
L’amore e la famiglia, i ricordi e la libertà, la natura e la società, gli uomini e le bestie, tutto si mescola in un coro mai dissonante, composto da molteplici strati che si intrecciano e si incastrano senza mai scontrarsi.
Il punto forte è sicuramente lo stile di Conforti, scorrevole eppure mai troppo semplice, sempre curato al punto giusto.
“Il castagnino” è riuscito, più degli altri, a toccare un punto dolente del mio cuore, ed è stato un vero piacere.
I miei complimenti ad un autore giovane, ma che ha già trovato la propria strada.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2180=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2180").classList.add("av-review-submitted")L'articolo LA MULA E GLI ALTRI, FACCENDE SEMISERIE DI PROVINCIA – ALESSANDRO CONFORTI proviene da Lego, Legimus.
April 29, 2025
SOLARIS – STANISŁAW LEM

Voto: 8/10
Edito: Sellerio editore Palermo
Il pianeta Solaris, il suo misterioso oceano vivente, gli scienziati che inabitano la stazione spaziale.
Un nuovo astronauta, dalla Terra, si è appena aggiunto alla squadra, e sin da subito percepisce qualcosa di strano.
Gibarian, uno degli scienziati, è morto da poco, ma gli altri sono riluttanti a parlarne, così come giocano in maniera misteriosa con le parole per evitare di menzionare direttamente degli oscuri “visitatori”.
L’uomo è alla ricerca di qualcosa, ma forse di qualcosa che non è assolutamente in grado di comprendere, né tantomeno di concepire.
Gli enigmi da risolvere sono infiniti, così come le teorie e le ipotesi, le paure e le meraviglie, le scoperte e i terrori.
L’uomo e la sua ricerca antropocentrica, anche e soprattutto messo a confronto con qualcosa che non ha nulla in comune con l’umanità: c’è questo al centro di questo romanzo filosofico fantascientifico, pubblicato nel 1961 e ancora oggi annoverato fra i migliori titoli del genere.
Le sue atmosfere cupe, grigie e aliene, ci ingabbiano, ci imprigionano in una scatola fatta di quesiti, di dubbi esistenziali, dove l’uomo resta sempre al centro, incapace per sua natura di osservare qualcosa con un vero e proprio distacco, mentre fuori dalla finestra l’oceano resta a guardare (e secondo me, se la ride sotto le onde).
Ma l’uomo della storia (sia nel senso di Kelvin, lo psicologo giunto dalla Terra, o i suoi colleghi già presenti nella stazione, che l’essere umano in generale) sembra muoversi in maniera inesorabile verso una resa (dei conti, o semplice resa), verso qualcosa di più grande e insondabile, un mare ignoto che è la più alta delle montagne insormontabili.
Un romanzo fantascientifico che fa un po’ il verso ai romanzi di fantascienza, perché gli studiosi non riescono assolutamente a comprendere ciò che li circonda, non scoprono la verità, né sono davvero interessati a condividere le proprie idee e completare la ricerca (come ripete più volte Kelvin, che compie azioni senza capirne egli stesso il motivo, non è interessato agli studi dei suoi colleghi, e nel profondo vuole solo quella pace che ha ritrovato, anche se in maniera distorta, dopo dieci anni di sofferenza).
Il senso di sconfinata ignoranza e di moto perenne permea ogni pagina di inquietudine, di attesa, di una paura primordiale e insuperabile.
L’oceano che occupa quasi interamente la superficie di Solaris è un’entità che l’uomo non riesce a comprendere, con il quale non è possibile entrare in contatto, che letteralmente si ritrae e sfugge, che si comporta in modo imprevedibile con i suoi longoidi / fungoidi / mimoidi / simmetriadi / asimmetriadi / vertebroidi / agiloidi.
E allora che cosa resta all’uomo, se non il vuoto di una mancanza?
Parlando di religione, bene e male, realtà e scienza e filosofia, Lem ci mostra un universo immenso, che l’uomo tenta di classificare e comprendere catalogandolo con i suoi criteri finiti e antropocentrici, non all’altezza del compito.
Non so se si tratti di una scelta di traduzione, o se l’opera originale richiedesse perentoriamente un linguaggio simile, ma l’opera non è sicuramente una lettura facile e leggera; grandi ragionamenti filosofici, sì; frasi un po’ ingarbugliate, a tratti macchinose e a tratti davvero di alto livello, sì; termini desueti, sicuramente non scelti a caso per un’opera di sessant’anni fa e soprattutto per l’argomento trattato, ma che oggi possono contribuire allo spaesamento già causato dalla storia, sì.
Una lettura in cui immergersi completamente, a cui votarsi in maniera totale, per prendere atto, sempre di più, della quasi completa insignificanza dell’uomo di fronte all’universo intero.
L’uomo alla ricerca di qualcosa, che forse non troverà mai, che forse potrebbe trovare dentro sé stesso, che forse non vuole davvero trovare.
L’uomo alla ricerca di un dio, di un io, di una verità ultima e incrollabile, in cui specchiarsi senza distorsioni.
L’uomo e il confronto con l’ignoto, con i limiti, con la propria tracotanza e le proprie mancanze, con ciò che lo rende, semplicemente, umano.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2176=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2176").classList.add("av-review-submitted")L'articolo SOLARIS – STANISŁAW LEM proviene da Lego, Legimus.
April 26, 2025
TOKYO SYMPATHY TOWER – QUDAN RIE

Voto: 7/10
Edito: L’Ippocampo
Tokyo, 2036.
Makina Sara, non ancora quarantenne, è l’architetta vincitrice del bando per la costruzione di una torre-prigione nel cuore della capitale nipponica.
L’idea del progetto si basa sul concetto contenuto nel libro di Masaki Seto, “Homo miserabilis”, dove l’uomo imprigionato non è più definito come “criminale” ma come “degno di empatia”, e per questo meritevole di una struttura in cui possa vivere serenamente, con condizioni migliori di vita, e la possibilità di raggiungere la felicità.
Una torre non più prigione, ma oasi di salvezza.
Le idee alla base di questo romanzo sono interessantissime: l’importanza della lingua in ogni aspetto della vita, perché il modo in cui pensiamo a qualcosa o i termini che utilizziamo per parlarne modellano la forma che quella cosa prende nelle nostre menti e quindi nelle nostre vite; cambiando i termini utilizzati è possibile cambiare i nostri sentimenti; la violenza perpetrata dalle parole e la violenza fisica che si intersecano e danno più corpo ai traumi; l’anglicizzazione delle lingue (in questo caso specifico del giapponese) e l’appiattimento di una multiculturalità senza confini; la perdita di identità dei paesi e dei popoli con la perdita dell’attaccamento alla propria lingua madre; le riflessioni sull’architettura e sulle costruzioni di parole; con l’introduzione dell’AI e il suo utilizzo in ogni ambito, si finirà col perdere la passione (e la necessità) della ricerca e dello studio? La torre stessa, questo paradiso architettonico che tenta di ridare dignità e felicità ad una categoria spesso discriminata, rappresenta davvero il modo migliore di affrontare il problema?
Come dicevo, tanti e tantissimi spunti interessanti, ma che purtroppo cadono un po’ nel vuoto.
Affermando l’esatto opposto di ciò che ho ribadito più volte negli ultimi mesi: qui, 200 pagine in più avrebbero solo che giovato al romanzo.
Qudan è sì giovanissima, e a riprova del suo talento ha già vinto premi importanti (il premio Akutagawa nel 2024 proprio con questo romanzo), ed ha avuto un’idea davvero ottima per un romanzo quasi utopico, ambientato in una Tokyo leggermente diversa da quella reale, dove lo stadio di Zaha Hadid è stato effettivamente realizzato e, senza covid, le Olimpiadi hanno avuto luogo nel 2020 come da programma…quindi sì diversa, ma del tipo che Gwyneth è inciampata in una delle stazioni della metro e poco più.
Purtroppo, però, nel romanzo resta tutto un po’ in superficie, principalmente per la brevità del testo.
(Non dimentichiamo, poi, che con fare un po’ da paracula, e sì, avrà vinto grandi premi, ma se lo merita, ha dichiarato di aver scritto il 5% del libro con ChatGPT, scatenando un certo terremoto mediatico.
E io, come tutti, a sgranare gli occhi ed attendere grandi rivelazioni, tanto tumulto e tanto rumoreggiare.
E invece ChatGPT è stata utilizzata per creare le risposte testuali che l’AI fornisce ad alcune domande poste ad essa dai protagonisti. Letteralmente, delle persone utilizzano l’Intelligenza artificiale nella storia e l’autrice ha utilizzato l’Intelligenza artificiale nella realtà per riportarne le risposte nel testo. Allora. Si può dire “paraculo” o no?)
Comunque, a parte questo, è un libro dal quale mi aspettavo tanto e che, purtroppo, mi ha donato poco.
Molti spunti e molte idee, ma poca sostanza.
Ovvio, meglio un libro così di uno lungo il triplo ma senza nulla da dire.
Ma una via di mezzo non era possibile?
Nel complesso lo considererei un po’ una delusione, principalmente per le altissime aspettative, ma non lo posso definire un libro brutto.
Lo stile di Qudan è acuto e scorrevole, a tratti crudo e a tratti delicato, gioca bene con le parole per costruire un’impalcatura un po’ troppo pericolante, e riesce a catturare il lettore e a farlo entrare nei meandri dello scheletro della struttura di una torre di parole e idee, previsioni e promesse.
Uno scheletro che, purtroppo, non si riveste del brillante metallo ed elegante vetro che danno corpo alla prigione nel quale è imprigionato.
Una lettura intelligente, ma non eccezionale. Frustrante, forse. Vacua, magari. Ma dalle ottime premesse.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2173=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2173").classList.add("av-review-submitted")L'articolo TOKYO SYMPATHY TOWER – QUDAN RIE proviene da Lego, Legimus.
April 19, 2025
LA CITTÀ DEI VIVI – NICOLA LAGIOIA

Voto: 6/10
Edito: Einaudi
Probabilmente prima che uscisse questo libro, o anche al giorno d’oggi senza averlo letto, molti si ricordano ancora dell’omicidio di Luca Varani, avvenuto nel 2016.
Io, che fatico a ricordare il mio nome, non avevo assolutamente alcun ricordo della tragedia, quindi ho potuto affrontare questa lettura in maniera più “aperta”.
Il caso che, a marzo del 2016, sconvolse l’Italia, riguardava l’omicidio di un ventitreenne, Varani, per mano di due giovani di buone famiglie, Manuel Foffo e Marco Prato, che dopo averlo invitato nell’appartamento di Foffo usando del denaro come esca, lo avevano drogato, torturato e ucciso con coltelli e martello, senza alcun movente.
I due quindi si erano separati, e uno aveva tentato il suicidio mentre l’altro aveva confessato il tutto alla propria famiglia e alla polizia.
Un caso terribile, violento e agghiacciante, soprattutto per la quantità di sofferenze inflitte a Varani, e che avrebbero potuto far ragionare su molti aspetti “interessanti”: la natura umana, la sessualità, il conflitto di classe, l’omofobia, la tossico-dipendenza, i rapporti tossici, la mentalità del branco, l’uomo che tende al male.
E invece, purtroppo, Lagioia ha sprecato la sua occasione e ha scritto 450 pagine di nulla.
Lagioia ha svolto sicuramente un lavoro significativo per raccogliere testimonianze e documenti, interviste e scambi epistolari con uno dei due colpevoli (che però, a noi, non mostra, e quindi: grazie tante Nicola).
Ha ricostruito e in parte romanzato i pochi mesi che sono trascorsi dal primo incontro tra Foffo e Prato a quella notte, ha dato un corpo e una voce a Luca, al suo rapporto con i genitori e la fidanzata, gli amici e gli uomini che incontrava di segreto per soldi.
Ha posto molte domande, ma non ha dato alcuna risposta, continuando a girare e rigirare e ripetere le stesse cose più e più volte, senza mai approfondirle davvero.
Non ho sentito davvero nessun calore, nessuna umanità, in nessuna delle tre voci principali, cosa che purtroppo rende il libro molto piatto e freddo, e praticamente inutile.
Il punto principale di questo tipo di libro, secondo me, è l’approfondimento filosofico e morale che può scaturire esaminando degli atti tanto crudi e terribili, eccezionali e praticamente inspiegabili.
Ma Lagioia pone solo domande, tante domande, troppe domande cariche di una retorica alquanto spicciola e senza riflessioni, e non ci conduce davvero da nessuna parte.
Ha fatto una buona ricostruzione di Roma e dei suoi vizi, anche lì con ripetizioni e retorica come se piovesse, con ratti e droga e pedofili ad ogni angolo. Si può davvero parlare della pioggia dopo l’omicidio che lava la città o della possibilità di percepire il male all’interno dell’appartamento in un libro simile?
La sua voce risuona troppo forte fra le pagine, soprattutto perché di suo non ci racconta niente: il brevissimo capitolo della sua adolescenza a Bari è meglio tralasciarlo, dei suoi spostamenti tra Roma e Torino non ci importa nulla, di tutte le domande che si pone faremmo anche a meno.
Probabilmente, più importante sarebbe stato esprimere il proprio parere sul caso, ma Lagioia non mostra i propri pensieri.
Ha un buono stile, ed è riuscito sicuramente a scrivere un libro abbastanza accattivante per chi, come me, non conosceva il caso, ma pecca di quella profondità necessaria per rendere un libro di true crime qualcosa di più che un semplice quadretto voyeuristico di spettacolarizzazione della morte il cui unico intento è quello di colpire il lettore con la violenza contenuta fra le sue pagine.
Non a caso, il passo più riuscito, a mio avviso, è proprio quello dell’aggressione, in cui la voce narrante cambia ogni poche righe, mescolando le voci dei due colpevoli, che si rimpallano la colpa e l’effettiva esecuzione dell’azione omicida, in un crescendo di menzogne e smentite, verità rimosse e celate.
Il resto, nella sua opacità, non rende giustizia a Varani, e non fa luce né su Foffo né su Prato.
Troppi luoghi comuni, troppa superficialità, e troppa voglia di scioccare il lettore.
Grazie a Lagioia che mi rammenta il motivo per cui, di base, non mi piace il true crime.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2169=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2169").classList.add("av-review-submitted")L'articolo LA CITTÀ DEI VIVI – NICOLA LAGIOIA proviene da Lego, Legimus.
April 15, 2025
IL SILENZIO DELLA NEVE CHE CADE – GIOVANNI PAOLONE

Edito: Radici Edizioni
Un grandissimo ringraziamento a Radici (e a Gianluca) per la copia di questo libro!
Un breve capitolo terribile della storia mondiale: a narrarci questa vicenda è il Tenente Lucidi, un giovane rimasto impantanato nella prima guerra mondiale insieme a molti altri uomini, tra cui i fanti Ciaramella, Tanino e Giuseppe, e il Capitano Astolfi.
Impantanato come tutti quelli coinvolti in una guerra di trincea, con il fango scuro sotto la schiena e un cielo plumbeo sopra al capo.
Le giornate sul Carso si svolgono per la maggior parte tutte simili fra loro, nell’immobilità della paura che gela il sangue nelle vene e il desiderio di tornare a casa che lo fa ribollire.
Gli uomini, fra porzioni di rancio immangiabile e il silenzio della montagna, si riscoprono fratelli, uguali e uniti dalla vita che è uguale ovunque si volga lo sguardo: il ricordo della famiglia, della propria casa, il sogno nostalgico di un futuro troppo spesso destinato a non avverarsi mai.
Paolone, con il suo occhio da fotografo, è riuscito a ricreare perfettamente su carta le atmosfere e gli ambienti angusti di quella guerra, scivolando fra i corpi ingiustamente consegnati ad una fine senza scampo.
Dando la parola al Tenente, Paolone ci permette di osservare le vicende quotidiane a distanza ravvicinata, non si ritrae e non si sottrae, ma ci porta proprio lì, con il sapore della paura in bocca e la stanchezza che fiacca lo spirito.
Possiamo ascoltare le voci di giovani come tanti altri, che sognano soltanto il porto sicuro che hanno dovuto abbandonare.
Con un linguaggio ruvido e crudo, tipico del soldato e di chi non deve curarsi di certe cose, Paolone dipinge per noi un quadro dai toni freddi e scuri, fatto di silenzi ed attese, di cambi repentini e assalti nemici, boati che fanno tremare la terra e notti senza riposo.
Un libro che non vuole mostrare soltanto gli aspetti più orribili della guerra, ma che non distoglie lo sguardo dai cadaveri che incontra lungo il suo percorso.
Il messaggio che porta avanti è sicuramente pacifista, la voce flebile del fante che si spegne in una guerra che non ha scelto di combattere, mentre chi l’ha voluta osserva da lontano con sguardo impassibile.
Una lettura viva, nonostante la morte che striscia fra le righe e dietro ogni virgola, che riesce a catturare il lettore e a dare spessore agli uomini coinvolti in qualcosa di tanto grande e tanto terribile.
Un coro di anime in cerca di pace, in attesa del giorno in cui tutto può finalmente terminare e poi ricominciare, come una primavera che fiorisce improvvisa dal silenzio calato come la neve, come un manto, a ricoprire ogni cosa.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
Il silenzio della neve che cade
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2166=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2166").classList.add("av-review-submitted")L'articolo IL SILENZIO DELLA NEVE CHE CADE – GIOVANNI PAOLONE proviene da Lego, Legimus.
April 12, 2025
LA BAMBINA CHE AMAVA TROPPO I FIAMMIFERI – GAÉTAN SOUCY

Voto: 8/10
Edito: Marcos y Marcos
Un uomo muore, e lascia due figli adolescenti da soli, di fronte al mondo.
Un uomo muore, con una serie di segreti terribili ancora nascosti, stretti al petto, che verranno presto riportati alla luce.
A narrare la storia, che stravolgerà per sempre le vite dei due ragazzi, è uno dei figli, che trascrive gli avvenimenti sul suo incunabolo.
Se il padre è davvero morto, allora bisogna prendere l’universo in mano, andare in paese e procurarsi una bara per seppellirlo.
Il problema è che nessuno dei due è mai stato in città, nessuno dei due è mai uscito dalla tenuta in cui sono cresciuti; non hanno mai comunicato con altre persone all’infuori della loro famiglia ristretta e non sanno come comportarsi.
Ma c’è un compito da svolgere, e quindi bisogna andare.
Una favola gotica e oscura, una storia cattiva e penosa, un romanzo di formazione dalle tinte horror: Soucy ha scritto un’opera alla quale è impossibile restare indifferenti.
In un castello ai bordi della pineta, un uomo, ossessionato dalla morte della moglie e dal senso di colpa, dal fervore religioso e dall’idea distorta di famiglia, cresce due figli tra busse ed ordini perentori, in una vita completamente scevra di dolcezze.
Scopriamo presto, però, che la voce narrante appartiene ad Alice, una ragazza cresciuta senza la presenza della madre, di cui ha solo vaghi ricordi dal sentore dolce ed etereo, senza concezione di sé e delle differenze di genere che esistono tra lei e gli altri membri della famiglia, molestata dal fratello e cresciuta sognando dame e cavalieri, con i libri e la scrittura come unici nascondigli felici.
L’unico momento in cui suo padre si mostra più “umano” è quando piange stringendole la mano, di fronte alla piccola teca di vetro custodita in cantina, sotto agli occhi del Giusto Castigo.
Alice non capisce ciò che succede, ciò che la circonda, ma non conosce una vita diversa da quella.
Ma quando una mattina deve prendere l’universo in mano e raggiungere il paese per comprare una bara, le cose precipitano rapidamente.
Soucy ha scritto un romanzo strano, assurdo, ma del quale è difficile comprendere l’unicità finché non lo si legge, perché tutta la sua maestria risplende proprio nello stile: dando voce ad una ragazza cresciuta lontana dal mondo esterno, ha la possibilità di giocare con le parole in una maniera completamente diversa dal solito, creando un linguaggio al tempo stesso ricercato e rozzo, poetico e prosaico, che mescola modi di dire detti male e figure retoriche insensate.
La voce di Alice è, per la maggior parte del tempo, inappropriata, perché non ha mai avuto modo di comunicare con altre persone, quindi cercare di comprendere tutti gli aspetti della storia è un po’ come risolvere un puzzle linguistico, un indovinello che rimescola tutte le regole a cui siamo abituati.
Parlando di abusi e violenze, di vuoti e ricordi fumosi, osserviamo Alice che cresce come una pianta alla quale sia stata negata la luce, distorta e inselvatichita, e il nostro cuore si incrina sempre un po’ di più.
È una lettura sicuramente non adatta a qualunque momento o a qualunque persona, da leggere con calma ed attenzione, in cui ogni parola potrebbe nascondere un piccolo segreto terribile o un grande sogno.
Il finale è uno spiraglio di luce intensa e calda, la dimostrazione che gli errori dei genitori possono essere superati, una speranza per il futuro.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
La bambina che amava troppo i fiammiferi
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2161=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2161").classList.add("av-review-submitted")L'articolo LA BAMBINA CHE AMAVA TROPPO I FIAMMIFERI – GAÉTAN SOUCY proviene da Lego, Legimus.
April 5, 2025
ATTI UMANI – HAN KANG

Voto: 9/10
Edito: Adelphi
Dieci giornate grondanti sangue.
Dal 18 maggio 1980, quando a Gwangju i soldati iniziarono a sparare sulla folla che protestava contro il regime militare, fino al 27 maggio, quando i carri armati entrarono in città e l’esercito represse le insurrezioni.
Dieci giornate di terrore ed orrori, migliaia di morti, un silenzio che si è protratto per troppo tempo.
Kang, che fino a nove anni aveva vissuto proprio nella città di Gwangju, prima di trasferirsi con la sua famiglia alla periferia di Seul, ha deciso di mostrare al mondo occidentale una pagina terribile della storia del suo paese, e per questo non posso che ringraziarla di cuore, e maledirla.
Dividendo il libro in sei macro capitoli (sette considerando l’epilogo, in cui parla del periodo che ha trascorso lei stessa a Gwangju, per svolgere la sua ricerca), dà voce a sei persone, vive e morte, che hanno preso parte a quelle terribili giornate: Dong-ho e Jeong-dae, due amici quindicenni che furono strappati con brutalità alla vita; una giovane operaia che venne torturata per giorni e non è mai più riuscita a liberarsi da quell’esperienza; la redattrice schiacciata dalla censura del governo e umiliata durante un interrogatorio; un prigioniero sopravvissuto a torture, e non più in grado davvero di vivere; la madre del giovane Dong-ho, che quell’ultima sera attendeva il suo ritorno a casa.
Parlando con qualcuno di questo libro, avevo detto di aspettarmi “un dolore simile a V13”.
Bè, devo dire che mi sbagliavo.
Kang ha deciso di intraprendere una strada completamente diversa: vestendo i panni di sei persone coinvolte, lasciando che siano loro a parlare, a volte fra di loro, principalmente narrandoci gli avvenimenti in prima persona, costringendoci ad osservare quegli orrori attraverso i loro occhi e sentendone il dolore sulla nostra stessa pelle, a volte in seconda persona, come fossimo un’ombra che osserva la scena ad un soffio di distanza, o in terza persona, per vedere le cose in maniera più distaccata.
Non ci sono introduzioni, non ci sono preamboli: c’è la violenza inaudita che prende luogo proprio di fronte a noi, e non possiamo spostare lo sguardo.
Perché Kang non si ritrae, di fronte a nulla.
Ci sono corpi smembrati, ci sono laghi di sangue, ci sono pile di cadaveri e fosse comuni, ci sono torture lente e suppurazioni continue, ci sono pianti disperati e grida disumane, ci sono occhi chiusi e sguardi vuoti, e Kang ci mostra tutto con il suo tono quasi sussurrato, a tratti lirico e a tratti tagliente, che graffia e scava e svuota.
La corporeità che emerge sempre con forza dalle sue pagine, qui ci mostra qualcosa che non vorremmo vedere, ma da cui è impossibile allontanare lo sguardo.
Tutto il peso delle persone che hanno attraversato queste pagine, però, in un certo qual modo, tende a rarefarsi, ad innalzarsi a qualcosa di più etereo, verso una realtà meno cruda e crudele, sotto al sole dove sbocciano i fiori.
Un dolore che nasce dall’ingiustizia, dall’impossibilità di immaginare determinate situazioni, dalla paura e dal senso di impotenza.
Un dolore che sboccia e trova forza nella voce di Kang, che ha vissuto con il tormento di ciò che ha visto e scoperto e provato, e spero soltanto possa liberarsi almeno in parte di tutta la sofferenza di cui si è fatta carico per raccontare queste storie.
Ogni parola scelta e soppesata, ogni respiro breve e che squarcia il petto, ogni immagine impressa a fuoco nella mente.
La ferocia contenuta in queste pagine è quanto di più lontano possiamo immaginare da ciò che normalmente tendiamo a considerare come “umano”, è qualcosa che non possiamo neanche credere che sia possibile.
Ma ciò che stiamo osservando e ascoltando sono davvero atti umani, voci umane, vite umane.
E quello strazio non può che lasciarci senza fiato, senza parole, senza un angolo dietro il quale nasconderci, senza un porto sicuro nella violenza della tempesta.
Un libro difficile da leggere, che riga dopo riga reclama la sua porzione di storia e di vita, che ci chiede di osservare attentamente e di comprendere nel dettaglio tutto ciò che è successo, perché qualcosa di così terribile non debba ripetersi mai più.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2158=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2158").classList.add("av-review-submitted")L'articolo ATTI UMANI – HAN KANG proviene da Lego, Legimus.
March 31, 2025
NUOVO TITOLO PER IL RAMO E LA FOGLIA EDIZIONI
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi un nuovo titolo edito Il Ramo e La Foglia, pubblicato a febbraio 2025, che mi è stato gentilmente inviato dall’editore, che ringrazio tantissimo.
LA MULA E GLI ALTRI, FACCENDE SEMISERIE DI PROVINCIA – ALESSANDRO CONFORTI
Galline rivoltose, un investigatore da strapazzo e fiori di stramonio che fanno rinsavire. Una luna smozzicata da serpenti illumina il cielo d’un pollaio e del mondo, ma sono la stessa cosa. Storie profonde e leggere, ironiche e cupe: in definitiva, semiserie. Fantasiose grammatiche impolverate, affaccendati conciatori immersi nello sterco. Tutti provano a contare i cerchi d’un tronco per capirne l’età, ma melodie di pianoforte mescolano il tempo e rincrudiscono graffi di gioventù; un coniglio morente è il nitido presagio del domani, però qualcuno imbroglia. Stregate metamorfosi, uditori perplessi e una nonna smemorata custode di ricordi. Si dice che nella notte della Befana le bestie parlino. Ma chi lo ha detto? Una mula, e tutti gli altri. Sullo sfondo domestico d’una provincia come tante s’intrecciano le sorti di uomini e animali; li lega il filo attorcigliato del narrare, che nello scorrere ritorna, si smarrisce riprendendosi. Raccolta, sì, ma dispersa: dentro un oceano di libertà che diventa anche distanza incolmabile. Ed è proprio il racconto, imperfetta cucitura tra vicino e lontano, a farci credere ancora possibile comunicare noi.

BIO: Alessandro Conforti è nato a Parma nel 1989.
Ha pubblicato racconti sulle riviste Quattro, Alkalina, Retabloid, Squadernauti.
È autore della raccolta Le nove spine (Montag, 2023).
Non vedo l’ora di leggerlo e parlarne con voi.
Presto le recensioni!
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2153=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2153").classList.add("av-review-submitted")L'articolo NUOVO TITOLO PER IL RAMO E LA FOGLIA EDIZIONI proviene da Lego, Legimus.
March 29, 2025
PECHINO PIEGHEVOLE – HAO JINGFANG

Voto: 7/10
Edito: ADD Editore
Per una volta che decido di leggere le prime righe della trama di un libro, quello mi frega.
“Pechino pieghevole” è una raccolta di racconti, e fino a qui nessun problema, io amo i racconti, ma la trama riportata sulla quarta di copertina riassume le basi del primo, vincitore del Premio Hugo, e che dà il titolo a tutto il volume, e che io credevo fosse la storia dell’intero libro, e che è anche il racconto migliore della raccolta.
E quindi doppia “fregatura”: si inizia fortissimo, e poi inaspettatamente (per me) si passa ad una serie di racconti scollegati fra loro (per la maggior parte) che non riescono a mantenere lo stesso livello.
Cosa ho imparato da questa lezione?
Bè, niente, siamo onesti, però mi piace lamentarmi, e quindi eccoci qua.
Ma che cos’è “Pechino pieghevole”?
Una serie di 11 racconti (quasi tutti) fantascientifici.
Di cosa ci parla Hao?
Dell’umanità, della sua natura e della sua vita snaturata, di politica e religione, di credenze e quotidianità, di fisica e teorie scientifiche, di viaggi interstellari e vite sotterranee.
E lo fa molto bene, su questo non ci sono dubbi.
I principali problemi che ho riscontrato durante la lettura, onestamente, credo dipendano principalmente dalla traduzione, che ho trovato un po’ altalenante, con frasi scritte in maniera più ricercata e poetica e altre stridenti e macchinosi.
“Pechino pieghevole”, il racconto eponimo, che ci accoglie a braccia aperte e ha reso Hao la prima scrittrice cinese vincitrice del premio Hugo, è tutto ciò che ci si potrebbe aspettare da un racconto di fantascienza, e anche di più: il mondo che ci descrive è iperrealistico e, al tempo stesso, irreale e terribile, e ci permette di osservare una realtà così lontana da poter essere sfiorata con un dito.
Pechino è una città suddivisa in tre spazi che si richiudono su se stessi e che, ciclicamente, affondano nella terra ed emergono alla luce del sole, per permettere ai cittadini di vivere alcune ore di vita “normale” senza soffrire troppo il problema della sovrappopolazione. Ovviamente, i ricchi sfruttano la maggior parte del tempo a disposizione in una giornata e le “classi inferiori” si dividono il poco tempo che resta. Semplicemente brillante.
Mescolando attacchi alieni e antichi imperatori cinesi, Hao ritrae un mondo in continuo cambiamento, in fuga dal passato ma mai troppo lontano da esso, in cerca di un futuro migliore ma mai davvero in grado di creare le migliori condizioni possibili per lo sviluppo della vita umana.
Hao ci racconta la nostra realtà, in un domani che è già arrivato.
Probabilmente avrei apprezzato di più la raccolta, nella sua interezza, se non avessi investito troppo nel primo racconto, nella sua atmosfera immersiva e geniale, che avrei voluto continuare ad esplorare per tutta la lunghezza del volume.
Nonostante questo, ho apprezzato comunque molte delle idee di Hao (per esempio ne “L’arpa tra cielo e terra” e “Tra vita e morte”), la sua critica sociale e l’esplorazione di ideologie religiose, i ragionamenti sull’immortalità e la reincarnazione, la visione politica cinese e mondiale.
Sarà sicuramente interessante leggere qualche altra sua opera (considerando che ho appena scoperto di averne già acquistata una), perché so già che la fantascienza cinese nasconde perle di inesplicabile bellezza.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_2150=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-2150").classList.add("av-review-submitted")L'articolo PECHINO PIEGHEVOLE – HAO JINGFANG proviene da Lego, Legimus.