Rachele Riccetto's Blog, page 2
August 22, 2025
STRANI DISEGNI – UKETSU

Voto: 5/10
Edito: Einaudi
Strani disegni per risolvere una serie di omicidi.
Una bambina che uccide la propria madre, due omicidi identici a distanza di tre anni su di una montagna, una giovane donna che muore di parto, due suicidi.
Dalla scoperta di uno strano blog con dei messaggi nascosti, le indagini si diramano in diverse direzioni, ma alla fine puntano sempre dalla stessa parte.
Definire questo libro “una poracciata” equivarrebbe a fargli un enorme complimento.
Ha venduto così tante copie da essere quasi ridicolo, eppure è uno dei libri peggiori che io abbia letto quest’anno.
Non solo la storia non ha senso: per interpretare tutti gli “strani disegni” che servono a risolvere i vari misteri, i personaggi devono fare dei voli pindarici così assurdi che soltanto in un libro brutto possono essere accettati.
Le azioni compiute dai personaggi non hanno alcun senso (una donna che scopre che qualcuno sta cercando di ucciderla e invece di denunciare il tutto alla polizia, o almeno al marito, decide di lasciare dei disegni idioti con un messaggio nascosto…ok; un ragazzo scopre in maniera illogica come è stato compiuto un omicidio e, trovandosi nella stessa situazione, lascia come messaggio in codice lo stesso disegno idiota e senza senso lasciato dalla prima vittima…ok; una donna uccide la nuora perché ha letteralmente sognato di essere la madre del bambino che la giovane porta in grembo…ok).
I personaggi sono completamente vuoti: gusci con una sola idea in testa, che si muovono meccanicamente lungo il percorso tracciato per loro dall’autore, senza mostrare un minimo cenno di carattere o umanità, piatti e noiosi, senza voce e senza ragione.
Non conosciamo il mondo interiore dei personaggi, che viene appena abbozzato per giustificare la serie di azioni riportate in sequenza che costituisce il corpo del libro, senza cuore e senza un vero mistero.
Non solo la storia è brutta e senza senso, la scrittura è anche peggio: piatta e didascalica, ci racconta ogni minima azione compiuta dai personaggi e ci spiega ogni minimo dettaglio come fossimo degli idioti, ci trascina in una storia stupida infantilizzando il lettore per permetterci di “seguire la logica” della storia.
Ad onor del vero, devo ammettere che il libro ha un punto positivo: si legge davvero molto velocemente, ma direi che più che altro è “merito” della prosa scarna e della completa mancanza di coinvolgimento emotivo ed intellettuale causati nel lettore, che quindi può volare rapidamente fino alla fine per farlo terminare il più rapidamente possibile.
Brutto, ma brutto come non ne leggevo da un po’.
Mettiamola così: se avessi scritto questo libro, anche io andrei in giro con una maschera per nascondere la mia identità.
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August 15, 2025
ESTRANEI – TAICHI YAMADA

Voto: 7/10
Edito: Nord
Harada Hideo ha quasi cinquant’anni, ha da poco divorziato da sua moglie, non ha un buon rapporto con suo figlio, si è trasferito in un piccolo appartamento in un palazzo di uffici che di notte resta praticamente vuoto, e passa la maggior parte del suo tempo da solo, a lavorare ai suoi copioni per la televisione.
La sua vita sembra più vuota e silenziosa che mai, mentre il mondo continua a muoversi intorno a lui.
Il giorno del suo quarantottesimo compleanno decide di tornare a visitare Asakusa, il quartiere della sua infanzia, dove ha perso entrambi i genitori all’età di dodici anni.
Ed è proprio lì che incontra prima un uomo che assomiglia in maniera incredibile al suo defunto padre, quindi la moglie dell’uomo, anche lei identica alla madre scomparsa.
Quella stessa sera, tornato a casa, una sconosciuta bussa alla sua porta, in cerca di compagnia, di umanità, e la vita prende una piega inaspettata.
Arrivo tardissimo alla lettura di questo romanzo perché non avevo la più pallida idea che il film “All of us strangers” fosse tratto da un libro, ma alla fine eccomi qua.
In generale sono felice di aver visto il film prima di aver letto il libro, perché riesce a “sorprendere” lo spettatore con il suo colpo di scena più di quanto il libro possa fare con il lettore.
Avendo amato molto il film, non potevo non recuperare anche l’opera originale.
E devo dire che è stata una buona idea.
Harada è un personaggio abbastanza interessante: un uomo che ha quasi raggiunto i cinquant’anni e sembra essere rimasto da solo.
Vive e lavora in un piccolo appartamento, parla con poche persone, prova un profondo senso di abbandono: prima i suoi genitori morti in un incidente quando era ancora un bambino, quindi il divorzio dalla moglie e il rapporto teso con il figlio, quindi il distacco da uno stimato collega che ha deciso di iniziare una relazione con la sua ex moglie.
Il mondo sembra continuare a muoversi intorno a lui, mentre Harada resta immobile al centro, incollato alla sua vita immota.
L’improvviso incontro con due persone che assomigliano incredibilmente ai suoi genitori, quindi con una vicina di casa, lo trascinerà in un’estate dalle tinte sovrannaturali.
Questo è un romanzo sulla solitudine, prima di tutto; Harada cerca dentro di sé e nel proprio passato un collegamento con qualcosa che è andato perduto, e che possa aiutarlo a ricollegarsi al distacco che sente dalla propria vita.
Lo stile di Taichi è asciutto e concentrato sul mondo interiore di Harada, di cui possiamo seguire attentamente sentimenti e pensieri.
Ma è anche un romanzo su quell’amore puro e incontaminato che può salvarci letteralmente da qualunque cosa, anche se è un amore scomparso da anni, ma mai davvero perduto.
Con una prosa minimalista ed estremamente giapponese, ci sembra di ascoltare le voci dei personaggi che ci giungono ovattate, dall’altro lato dello shoji.
Quando però la porta viene aperta, scopriamo che si trattava soltanto di un gioco di ombre, ma senza davvero quel senso di sorpresa che speravo di trovarci.
Forse perché avevo già visto il film?
Forse perché ovviamente tutta la parte sui genitori non poteva risolversi in maniera diversa?
Sicuramente il rapporto con Kei riesce a colpire il lettore che non conosce la storia, anche se ho trovato la parte riguardante le motivazioni della donna a dir poco “brutta”.
(Non voglio fare spoiler particolari per chi non ha ancora né letto il libro né visto il film ma, insomma, tutto questo astio perché un uomo rifiuta la compagnia di una sconosciuta? Stiamo calmi.)
Comunque, in generale, è un romanzo che mi è piaciuto parecchio, soprattutto per le atmosfere e questo senso di irrealtà mistica e onirica che si mescola alla solitudine del protagonista, come scie di diversi colori.
Però ho apprezzato di più il film.
Principalmente perché è molto gay, poi per la presenza di Andrew Scott, e infine perché credo riesca molto meglio a trasmettere il colpo di scena finale.
(E nessuno vuole trascinare nessun altro all’inferno, che è una cosa sempre molto positiva.)
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August 7, 2025
ATTIMI DI NON TRASCURABILE NOSTALGIA – PASQUALE LISTONE

Edito: New Book Edizioni
Un sentito ringraziamento a Pasquale per avermi inviato una copia del suo libro!
Una piccola raccolta di racconti brevi per ripensare a tanti piccoli dettagli andati perduti.
Quindici racconti (o forse sedici) per assaporare quella sensazione che conosciamo bene tutti: quel sapore dolce e amaro di una cosa perduta ma mai dimenticata, dell’ultima volta che abbiamo fatto qualcosa, dell’ultimo incontro con qualcuno, l’ultima volta che abbiamo sentito una voce cara.
Brevi racconti carichi di attimi di non trascurabile nostalgia, pregni di un sentimento leggero ma incancellabile.
Due nonni che attendono il ritorno del nipote, il saluto definitivo ad un amico a quattro zampe, lo sguardo di una madre che si perde, la vita che separa un gruppo di amici; è capitato a tutti di guardarsi alle spalle e riconoscere un vuoto, un nuovo vuoto che silenziosamente e quasi senza che ce ne accorgessimo ha preso il posto di qualcosa che prima sembrava insostituibile.
O almeno a me è capitato molte volte, è un sentimento che ho incontrato spesso nella vita.
Un sentimento universale, ma quanto mai personale.
La fine di un lavoro, un film in famiglia, una malattia improvvisa, una dipendenza distruttrice.
Quelle di Listone non sono grandi storie, grandi trame, grandi invenzioni.
Tra queste pagine non vivono grandi personaggi, approfonditi e caratterizzati.
Ogni piccolo racconto gira intorno ad un piccolo dettaglio, che ne diventa parte fondamentale, per ricordarci che le cose possono cambiare in un attimo, e come spesso ce ne accorgiamo troppo tardi.
Non sempre questo è un male, ma a volte si lasciano dietro uno strascico di dolore latente.
Con uno stile semplice e diretto, moderno ed essenziale, Listone ci accompagna tra i nostri ricordi, tra quelle onde di nostalgia che risuonano in fondo ad ogni cuore.
La sua piccola raccolta di racconti non punta a qualcosa di nuovo ed innovativo, ma ad un sentimento antico e indelebile.
Pagine che scorrono velocemente sotto ai nostri occhi, e ci lasciano un retrogusto amaro ma piacevole, e ci ricordano di vivere pienamente ogni momento.
Ho detto che forse i racconti sono sedici perché proprio alla fine, per noi, l’autore ha lasciato delle pagine bianche su cui poter scrivere un nostro piccolo attimo, nostalgico e non trascurabile.
Un’idea carina per chiudere la raccolta.
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Attimi di non trascurabile nostalgia
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August 1, 2025
L’ALTRA DONNA – DORIS LESSING

Voto: 7/10
Edito: Feltrinelli
Londra della Seconda Guerra Mondiale.
Questa prima novella si apre con una scena terribile: la madre di Rose sta attraversando la strada per andare a fare la spesa quando viene investita e uccisa.
Mancano pochi giorni al matrimonio di Rose con George ma, data la tragedia appena avvenuta, Rose decide di annullare il matrimonio e rimanere a casa del padre, per prendersi cura di lui.
La guerra continua a portare distruzione in giro per l’Europa, ma Rose cerca di portare avanti una vita il più tranquilla possibile, lavorando e prendendosi cura della casa.
Finché un giorno non trova la via in cui abita completamente distrutta dalle bombe e si ritrova improvvisamente sola.
Sarà così che incontrerà Jimmie e, proprio attraverso il rapporto che stringerà con lui, riuscirà ad iniziare una nuova vita.
Una storia pubblicata nel 1953, estremamente moderna per il suo tempo, e che mostra già tutti i segni della grandezza di Lessing e della sua profonda intelligenza emotiva, pur essendo una delle sue prime opere.
Il personaggio di Rose assomiglia ad altre donne che abbiamo già incontrato nelle pagine di Lessing, ma nonostante questo ha una sua forza particolare: prima rinuncia al matrimonio per rimanere nella sicurezza della sua casa; quando perde il padre, continua a vivere per settimane nel piccolo appartamento interrato e distrutto, chiusa nel proprio bozzolo; quando si trasferisce nella nuova casa con Jimmie, per la prima volta si ritrova ad osservare la città dall’alto, ma la sua continua ad essere una vita chiusa e sotterranea, essendo costretta involontariamente nel ruolo de “l’altra donna”; per due anni sopporta il comportamento indeciso (o meglio “doppiogiochista”) di Jimmie, ma lei sa cosa vuole e sa come ottenerlo, ed il finale è una rappresentazione perfetta della donna che può farcela.
Non è una novella perfetta, ci sono molte ripetizioni e accorciando un po’ la parte centrale sarebbe potuto diventare un racconto più d’impatto, ma chi sono io? Ha ragione Doris, sempre.
Ha ragione perché la storia parte con forza, sembra ristagnare in una nuova pace ritrovata che trema ad ogni nuova bomba, e vacilla, e tentenna; e alla fine, una nuova alba illumina la scena, in un crescendo senza strappi, ma con la saggezza della maturità.
Ha ragione perché nel 1953 Doris sapeva già parlare di femminismo e indipendenza, di forza di volontà e forza d’animo, di famiglia di elezione e capacità di affrontare i cambiamenti.
Con la sua prosa così densa e in grado di scavare in profondità, arricchita da bellissime immagini poetiche che danno spessore ad un racconto già carico di significati, Lessing già metteva in mostra il suo incontenibile talento.
Il secondo racconto si intitola “Il quadro” e ritroviamo subito ambientazione e temi molto cari a Lessing: una giovane coppia sposata si trasferisce in Sudafrica per lavoro e si scontra con un mondo completamente diverso.
L’uomo bianco crede di poter risolvere tutti i problemi che incontra, la maggior parte dei quali è stato lui stesso a creare, ma c’è un muro troppo alto da superare.
Le città polverose del Sudafrica, il veld, lo sfruttamento della servitù e l’ingenuità dei nuovi arrivati che va a cozzare con l’ostilità bigotta e l’ottusa perfidia di chi vive in quelle terre da tempo.
Doris torna e ritorna su questi temi, con una profondità ed un’intensità disarmanti, raccontando con onestà a tratti crudele una vita che conosceva fin troppo bene.
Grande portavoce della lotta alla disuguaglianza sociale, Lessing ci mostra vari aspetti di una vita così diversa dalla nostra: chi sogna in grande e chi si accontenta di poco, chi non si accontenta mai e chi non sa neanche che cosa chiedere alla vita.
L’ingenuità della protagonista è il ritratto chiaro del “white savior” che combatte con i propri sensi di colpa, ma finisce per arrendersi contro una marea che non può fermare.
Altro racconto particolarmente denso, intenso, che ci trasmette tutto il caldo soffocante racchiuso nelle sue pagine, e l’impossibilità di arginare il mare con uno scoglio.
Terzo e ultimo racconto della raccolta, “Eldorado”, con una nuova giovane coppia con figlio al seguito che si trasferisce in Sudafrica dall’Inghilterra per gestire una fattoria e vivere dei frutti della terra.
Ma la terra è insidiosa, così come l’uomo che la calpesta: quelle sono terre ricche, di un materiale prezioso che può far ammalare un uomo di una strana febbre.
E così Alec, da improvvisato agricoltore, si trasforma in un improvvisato cercatore d’oro, al lavoro tutto il giorno con una bacchetta da rabdomante in cerca di ricchezze nascoste.
Sua moglie Maggie lo osserva con sguardo sempre più preoccupato, relegata in un angolo dalla nuova visione del marito.
Il piccolo Paul, intanto, cresce, diviso fra i sogni del padre e la razionalità della madre, e il desiderio di essere una persona a sé stante, in grado di dimostrare il proprio valore e il proprio io.
Rispetto ai due racconti precedente, Lessing focalizza un po’ meno lo sguardo sulla donna protagonista, ma allarga la visuale per abbracciare tutti i presenti, una famiglia sradicata che non ha un buon terreno sul quale piantare radici e crescere sana.
La figura della donna resta comunque un punto centrale, nei panni della madre che sogna per il figlio un futuro migliore del proprio presente e della moglie che viene schiacciata dai sogni quasi allucinatori di un marito perso nella polvere d’oro.
Lo stile è sempre scorrevole e intenso, anche se forse un po’ più asciutto e meno poetico del solito.
Lessing ci parla di nuovo di molti argomenti diversi: del ruolo della donna nella famiglia, della distruzione di una persona che cerca la ricchezza “nella fortuna”, dello sviluppo di un bambino e del suo diventare un uomo in circostanze complicate, di famiglie che si sgretolano e persone che neanche se ne accorgono.
Ovviamente fanno sempre da sfondo un po’ di quel razzismo tipico di quegli anni (e di questi racconti), quel senso di vuota superiorità dell’uomo bianco che vuole conquistare natura e civiltà, e della natura che un po’ si ribella.
Un buon racconto, ma forse quello che mi ha convinto meno dei tre, ma io con Doris non sono mai imparziale.
Una piccola raccolta, formata da tre piccoli racconti, dove la donna risulta sempre sé stessa e altra da sé, centrale e secondaria.
Questi tre racconti fanno parte dell’inizio dell’opera di Lessing, e si sente un’imprecisione, quasi una titubanza, che assolutamente manca nelle opere successive.
Ma nonostante questo, già fra queste righe è evidente il talento dell’autrice, che con tono asciutto ma a tratti poetico sa dipingere quadri di peculiare accuratezza, di atroce bellezza, di solitudine e vuoto e pena.
La donna “relegata” al ruolo di amante, a compagna dell’uomo conquistatore, a mera spettatrice del disfacimento della propria famiglia; la donna come sguardo critico e punto di riferimento.
Anche l’Africa ha di nuovo un ruolo fondamentale nelle storie, come in altre raccolte e in altri romanzi, con la potenza della sua natura e l’indomabilità del suo popolo.
Racconti sicuramente molto più incisivi nel periodo in cui sono stati scritti, perché oggi possono sembrare quadretti sbiaditi dal tempo, di rapporti poco sani e donne che sanno lottare per la propria vita, senza nulla di davvero innovativo; ma settant’anni fa avrebbero avuto un impatto molto diverso.
Ancora oggi, comunque, è possibile apprezzarne lo stile e l’arguzia, l’incisività e lo studio dei tratti psicologici dei personaggi, così ben tratteggiati anche in brevi racconti.
Io sono di parte, Doris ha e avrà per sempre un posticino speciale nel mio cuore, e per quanto questa non sia stata una lettura perfetta (e sia durata quasi un anno), posso dire di averla apprezzata molto, nella sua completezza.
Grazie Doris, a presto.
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July 25, 2025
IL DOLCE DOMANI – RUSSELL BANKS

Voto: 8/10
Edito: Einaudi
Un giorno come tanti altri, che cambierà per sempre le vite di tutti gli abitanti di una piccola città.
Dolores, come tutte le mattine degli ultimi vent’anni, sta guidando l’autobus con il quale accompagna a scuola i ragazzini della città di Sam Dent.
Una giornata nuvolosa e che promette neve, la stessa strada che percorre tutti i giorni, le stesse facce e gli stessi sorrisi.
Finché l’autobus non esce di strada e precipita in una cava abbandonata e piena d’acqua.
Questa è la storia di ciò che rimane.
Non c’è niente di dolce nel domani che ci racconta Banks: quattordici bambini morti, una ragazzina costretta sulla sedia a rotelle, vite distrutte per sempre.
Ciò che rimane, in una città sperduta fra i monti e i suoi boschi, con la neve a ricoprire ogni cosa, è un silenzio che spezza il respiro.
La storia ci viene raccontata attraverso quattro punti di vista: quello di Dolores, che quella mattina guidava l’autobus; quello di Billy Ansel, padre di due dei bambini che rimangono uccisi nell’incidente, che guidava il pick-up dietro lo scuolabus e ha osservato la tragedia che in un attimo si è svolta di fronte ai suoi occhi; quello di Mitchell Stephens, avvocato di New York che vuole aiutare i genitori coinvolti ad ottenere un risarcimento; e quello di Nicole, la quattordicenne dal futuro radioso e la spina dorsale spezzata.
Quattro voci diverse, quattro modi diversi di affrontare il lutto e la sofferenza, quattro modi diversi di osservare le persone, quattro vite accomunate dalla perdita.
Con uno stile denso e pagine fitte di parole, Banks ci racconta una storia stagnante, che ci fa precipitare nell’acqua gelata e ci blocca fra spessi cumuli di neve e ci sotterra sotto un cielo senza stelle; il tempo a Sam Dent si è bloccato nel momento della tragedia, come l’autobus affondato nell’acqua, come Nicole sulla sua sedia, come Mitchell e la perdita di una figlia ancora in vita ma già smarrita, come Bill e la cupa presenza della morte, tenuta a bada con l’alcol.
Raccontando un terribile incidente nella piccola America provinciale, Banks mostra un futuro che sfuma e svanisce, una comunità che perde sogni e realtà.
Appartiene a Nicole la voce più cruda, quella che metterà il punto decisivo alla situazione: nonostante il (o proprio grazie al) terribile segreto che si porta dentro, il suo dolore le permette di liberarsi almeno in parte di un peso e “aiutare” la città verso un futuro lontano dai tribunali; attraverso la sua sofferenza, Banks ci mostra come a volte sia accettabile mentire per un bene superiore (messaggio discutibile, reso migliore dall’aspetto “vendicativo”).
Appartiene a Bill la voce più lucida, nonostante l’alcol e il rombo assordante della sofferenza che risuona sotto ogni sua parola.
Mitchell, pieno di rabbia e senso di giustizia, ci mostra la parte legale e “razionale” della situazione, ma è mosso da un senso di impotenza che lo spinge a fuggire e a tornare sempre allo stesso punto.
Dolores e il senso di colpa, con una voce carica di pietas e la forza per guardare avanti.
Un romanzo sulla perdita e sul lutto, sulla vicinanza e i silenzi, sulle sofferenze reali e le presunte verità; una lettura intensa ed emotivamente coinvolgente; una storia che trova uno spiraglio finale di luce nell’oscurità di un enorme dolore, ma forse tenta di chiudere la storia con una speranza feel-good troppo romanzesca e poco realistica.
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July 18, 2025
UNA PICCOLA GOCCIA D’INCHIOSTRO – VINCENZO PATANÈ

Edito: Il Ramo e La Foglia
Un enorme ringraziamento a Il Ramo e La Foglia (e a Giuliano) per la copia di questo libro!
Dopo la scomparsa della madre, Vincenzo Patanè è entrato in possesso di 66 lettere, contenute in una scatola e tenute nascoste fino a quel momento.
Si trattava della metà dello scambio epistolare avvenuto dal 1953 al 1965 tra sua madre Rosa e uno dei suoi fratelli, Elvio.
Grazie al contenuto di quelle lettere, e alla conoscenza personale di suo zio, Patanè è riuscito a ricostruire e romanzare la vita di una persona tanto fragile quanto combattiva, decisa a vivere la vita secondo i propri bisogni, senza rinunciare alla propria felicità.
Nato a Napoli all’inizio del secolo scorso, Elvio si dimostra sin da subito un bambino particolarmente sensibile e intelligente, portato per l’arte e poco dedito alla vita sociale (anche e soprattutto a causa di un difetto fisico).
Elvio capisce subito che in lui c’è qualcosa di “diverso”, che lo separa dal fratello e dal padre, e dal resto della sua famiglia: un’attrazione “sconveniente” per lo stesso sesso, un senso di diversità difficile da spigare e a tratti anche da capire.
Quando scopre la storia di Christine Jorgensen e del suo percorso medico a Copenaghen, tenta di percorrere la stessa strada, senza raggiungere i risultati agognati.
Di nuovo a Napoli, grazie ad una serie di nuove amicizie attraverso le quali può esprimersi liberamente, ad un amore “sbagliato” che gli insegna una serie di lezioni dure ma gli permette anche di scoprire il proprio piacere, e un amore nuovo e puro che gli mostra quanto la vita possa essere piena di dolcezza, Elvio imparerà tutto ciò che deve sapere su sé stesso, su chi lo circonda e su ciò che la vita ha in serbo per lui.
Scambio epistolare trasmutato in romanzo denso e coinvolgente, questo di Patanè.
Con una scrittura particolarmente ricercata (che credo si basi sul linguaggio originale delle lettere scritte ormai più di cinquant’anni fa), un registro linguistico (quasi completamente) formale e uno stile elevato ma pur carico di emozioni, la storia di Elvio si dipana di fronte ai nostri occhi, mostrandoci una Napoli e un’Italia lontani nel tempo, ma per certi aspetti ancora troppo vicini.
Elvio era una persona complessa, pronta a tutto per ottenere un’opportunità di essere felice.
Pur non avendo ancora il lessico adeguato per descrivere la propria situazione e i propri sentimenti (tanti sono i termini e le espressioni che ci fanno un po’ storcere il naso, ma si tratta proprio del linguaggio antiquato adeguato al momento storico in cui il romanzo ha luogo), Elvio cerca di comprendersi fino in fondo, di conoscersi davvero, senza mai adeguarsi o accontentarsi di una vita a metà.
Un’anima artistica e poetica, da musicista e pittore, che tentava attraverso l’arte di far affiorare tutto ciò che la parola non avrebbe potuto.
Osserviamo l’Italietta bigotta e ipocrita che schernisce ciò che è “diverso” e che “non capisce”, che punta il dito e chiude il pugno; ma Patanè ci mostra anche un lato più dolce e amorevole, comunitario, di una collettività unita e mai sconfitta.
Una lettura davvero appassionante e coinvolgente, un ritratto dalle tinte forti e sgargianti, che mostra con orgoglio i propri colori e non ha paura di lottare per sé.
Partendo da una “piccola” vita (che piccola, poi, non è stata assolutamente), da uno zio allontanato dalla propria famiglia e mai davvero “perdonato” per aver osato essere sé stesso, Patanè ci racconta chi siamo, chi siamo sempre stati, e cosa ancora potremmo essere.
Forte e delicato, lirico e incisivo, un romanzo che, parlando di ieri, è una finestra aperta su un domani carico di amore e speranza.
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Una piccola goccia d’inchiostro
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July 11, 2025
CONVALESCENZA – HAN KANG

Voto: 8/10
Edito: Adelphi
Due brevi racconti, che si leggono in un attimo, in un respiro, e si annidano dentro di noi per la loro stranezza e per i pensieri che suscitano.
Una donna, dopo la morte della sorella, riflette sui motivi che hanno portato al distacco fra le due, sul perché l’altra, più bella e dotata, si sentisse inferiore a lei e l’avesse improvvisamente allontanata; una donna, stanca di una vita sempre uguale rinchiusa in un piccolo appartamento, abbandona le spoglie umane e si trasforma in una pianta.
Molti temi verranno poi ripresi ne “La vegetariana”, soprattutto quelli del secondo racconto, che però in questo caso si concentra più sulla volontà della protagonista di non essere percepita da ciò che la circonda ma di riuscire a liberarsi di tutto ciò che le grava addosso “per poter vivere solo di vento, sole e acqua” (grande sogno condivisibile).
Anche il marito, in questo caso, è una figura diversa dal romanzo più celebre, è più umano e più comprensivo, ma mai abbastanza; pur non considerando sempre la moglie come un essere umano completo e a sé stante, osserva con preoccupazione la sua trasformazione e finisce per accettare questa nuova situazione che si è venuta a creare, assolutamente incapace di aiutare la donna, o anche solo di comprenderla davvero.
Pur nella sua brevità, forse questo secondo racconto ha tratti più incisivi e taglienti del romanzo, mostra con precisione e accuratezza (nonostante e attraverso la sua stranezza) i pensieri e i sentimenti della protagonista, il suo sentirsi ingabbiata e schiacciata, una depressione ben riconoscibile che mostra i propri segni sul corpo della donna.
Nel primo racconto, invece, è partendo dal dolore fisico ad una caviglia che la donna ragiona sul rapporto con la sorella morta, sul distacco, sulla perdita, su ciò che le univa e ciò che le aveva improvvisamente separate.
Scritto in seconda persona singolare, riesce non solo a farci immergere nella storia, come se camminassimo ad appena un passo dalla donna, osservando i suoi movimenti e le sue espressioni da una distanza ridottissima, ma anche a toccare quel tasto dentro di noi che modera i nostri rapporti interpersonali, facendoci riflettere su ciò che regola gran parte delle nostre vite famigliari.
La sofferenza fisica, quindi, si fa specchio ed amplificatore di una sofferenza psichica ed emotiva, come solo Kang è in grado di fare.
Con il suo tono sempre asciutto e deciso, ci ricorda che il problema non è nei dettagli ma negli aspetti più totalizzanti della vita, che il corpo reagisce ai dolori interni ed esterni come meglio può, e sta a noi trovare collegamenti e soluzioni.
La vita alienante che troppo spesso affrontiamo in maniera automatizzata non può non avere delle conseguenze sul nostro corpo e la nostra mente.
In una società indifferente e anestetizzata, un grido d’aiuto non ascoltato può portare al distaccamento più totale e definitivo.
Due racconti brevi carichi di dolore e alienazione, di vite troppo diverse da ciò che ci si aspetterebbe, di solitudini imprigionanti.
Kang è sempre Kang, con il suo occhio attento in grado di portare alla luce tutti i dettagli più taglienti e dolorosi, e la sua sensibilità piena di umanità e compassione.
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July 4, 2025
MARTIRE! – KAVEH AKBAR

Voto: 8/10
Edito: La nave di Teseo
Cyrus è alla ricerca di un senso, per la sua vita e per la sua morte.
Sua madre Roya è morta quando lui era ancora in fasce, una dei passeggeri del volo di linea iraniano abbattuto dagli americani; per sfuggire al dolore, suo padre Ali decide di trasferirsi in America e ricominciare da zero.
Una vita difficile, in un paese straniero con lo sguardo sempre diffidente puntato su di loro, con un lavoro duro in un allevamento di polli per garantire un futuro a suo figlio.
Quasi come se avesse atteso che il figlio fosse cresciuto, Ali muore poco dopo l’inizio della carriera universitaria di Cyrus, che si ritrova solo al mondo.
Sin da piccolo ha sempre vissuto con un filo che lo legava stretto alla morte, e forse per quello Cyrus, ormai giovane adulto, è ossessionato dall’idea dei martiri, da vite e morti che abbiano un senso, che si innalzino a vicenda, che non vadano sprecate.
Un viaggio a New York per incontrare un’artista iraniana morente porterà alla luce tutto quello che era rimasto sepolto.
Che libro intenso, che esordio prodigioso!
Un libro che è come un vulcano in costante eruzione, che riversa su di noi una valanga di idee e ragionamenti e sentimenti, ci sommerge e non ci chiede di accompagnarlo, ma ci trascina in un viaggio fra la vita e la morte, fra ciò che accade e ciò che facciamo accadere.
Cyrus è un personaggio davvero interessante: un ventinovenne, orfano, sobrio da due anni ed innamorato del suo migliore amico, un poeta ossessionato dall’idea di scrivere un libro sui martiri, e forse dall’idea di diventarlo lui stesso, un iraniano in America fissato con la morte e i suoi significati possibili.
Cyrus ha il cuore a pezzi e le mani che tremano costantemente, non riesce a rimettere insieme i cocci che potrebbero dare un significato a tutto quello che si muove intorno a lui, ma ci prova con tutto sé stesso.
Della sua famiglia è rimasto solo suo zio Arash, fratello di sua madre, impazzito per tutto ciò che ha dovuto affrontare e osservare in guerra, quando cavalcava fra i soldati morenti come un angelo della morte.
Solo in un paese straniero, si è costruito una nuova rete intorno, di amici, amanti, il suo sponsor; ma niente sembra riuscire a riempire quel vuoto che gli è rimasto dentro.
Cyrus è convinto di poter trovare un senso alla morte, che giunge inevitabile per tutti, appianando tutte le differenze, cancellando tutti i significati.
Un libro definito americano, ma secondo me è una definizione che gli farebbe storcere il naso e alzare gli occhi al cielo; un libro che definirei quasi apolide, che si muove fra diverse realtà, alla ricerca di sé, raccogliendo piccoli frammenti lungo la strada.
Un evento importante della storia si basa su un fatto vero di cronaca: il volo Iran Air 655 abbattuto da un incrociatore americano, in cui morirono duecentonovanta persone e di cui il governo degli Stati Uniti non ammise la responsabilità.
Partendo da un fatto tanto terribile, spazzato sotto il tappeto come un errore qualunque, Akbar racconta la sua storia di identità e umanità, di vite perdute senza senso e martiri nati dalla necessità di trovarne uno.
Lo stile di Akbar è simbolico ed evocativo, poetico e magnetico, affonda nella storia e permette alle immagini di emergerne con forza brillante e infuocata, anche nei momenti più tetri.
Fra le sue parole, arte e poesia persiane si fondono in un vortice di parole e colori e forme.
Un libro potente e scottante, sui tempi di guerra e quelli di pace, sui paesi conquistatori e quelli conquistati, sugli uomini che lottano e quelli che subiscono.
Un libro sulla dipendenza e l’indipendenza, sullo sradicamento e il senso di appartenenza, sulla solitudine e la comunione, sul martirio e l’impossibilità di trovare un senso unico valido per tutti.
Il finale va interpretato, e per questo non farò alcuno spoiler: ci ho ragionato parecchio, ho letto diverse opinioni a riguardo, ed ognuna di quelle spiegazioni possibili ha una sua bellezza intrinseca che lo rende ancora più incisivo.
Cyrus percorre il suo arco ascendente e discendente, soffre e ama e ride e piange, e alla fine trova la sua pace.
Che finisca, e che ne sia valsa almeno in parte la pena.
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June 27, 2025
LA FURIA – SORJ CHALANDON

Voto: 8/10
Edito: Guanda
Il 23 agosto 1934, in una notte buia come la pece, cinquantasei ragazzini evadono dalla Colonia penale per minori, situata su di una piccola isola al largo della Bretagna.
I gendarmi e le guardie iniziano subito a dar loro la caccia, aiutati dagli isolani e dai turisti, assetati di “giustizia” (e interessati ai venti franchi di ricompensa per ogni ragazzo trovato).
Vengono catturati tutti, tranne uno.
Jules Bonneau, detto la Tigna, riesce a dileguarsi nel nulla, facendo perdere le proprie tracce.
Dopo anni di soprusi in quello che era a tutti gli effetti un carcere in cui finivano ragazzini affamati che avevano rubato qualcosa per sopravvivere così come orfani la cui unica colpa era quella di essere stati abbandonati, Jules incontra, per la prima volta in vita sua, una mano aperta pronta ad aiutarlo, non un pugno chiuso pronto a colpirlo.
La storia di base è una vicenda vera, alla quale Jacques Prévert ha dedicato una poesia, e che Chalandon ha magnificamente rielaborato per dare un corpo e una voce a Jules.
Ragazzini abbandonati dalla società, rinchiusi in un Istituto di rieducazione che tentava soltanto di piegarli, di spezzarli, con la violenza fisica e psicologica, senza colpe all’altezza della punizione.
Jules Bonneau ha tredici anni quando viene rinchiuso e venti quando riesce a fuggire; ha imparato a farsi rispettare e temere, ha imparato a giudicare e punire, ha imparato che la vita è violenza e solitudine e sospetto e tradimento, che bisogna sempre guardarsi le spalle, che non ci si può fidare di nessuno.
Finché non incontra qualcuno in grado di dimostrargli che la vita può essere altro, può nascondere altro, può contenere qualcosa di più grande di un pugno chiuso e più caldo della rabbia che gli ribolle nelle vene.
Un romanzo intenso, carico di giustizia e ingiustizia, che si legge come un classico moderno, con Jules come un giovane Jean Valjean, in lotta contro una società che l’ha tradito, ma che non è riuscita a spegnere la fiamma che brucia dentro di lui.
Chalandon ha preso come punto di partenza il vuoto lasciato da un ragazzo scomparso nel nulla e l’ha riempito con un essere umano in grado di piangere e di sanguinare, di provare tutta la rabbia del mondo, fantasticare sulle più atroci sofferenze ed essere comunque una persona migliore.
L’umanità che si muove attraverso questo romanzo, come in un ritratto oscuro di una notte tempestosa, è avida e piccola e sporca, gretta e avara; un faro, però, illumina la via per chi sa cogliere il segnale, per il giovane Jules non ancora spezzato, e riesce a portare la luce anche negli angoli più bui.
Lo stile di Chalandon è dolce e amaro, carico dei sentimenti contrastanti che riempiono la vita del suo protagonista, di pugni e carezze, di lacrime e sorrisi.
La sua penna è arguta, scivola via con la leggerezza della barca che fende le onde, sembra cullarci come lo sciabordio della risacca, per poi farsi tagliente come gli scogli battuti dalla violenza della tempesta.
Terribile è pensare a tutti gli elementi di verità che emergono da queste pagine, dai soprusi di ogni tipo subiti da ragazzini ed adolescenti alla meschinità del mondo fuori da quelle mura, che vorrebbe punirli per il semplice fatto di esistere; terribile e meraviglioso è il senso di rinascita e rivincita che si sviluppa di fronte ai nostri occhi dal cuore di Jules, così carico di una furia silenziosa eppure ancora in grado di apprezzare il bene che lo circonda.
Chalandon ha inserito anche una serie di elementi che danno più consistenza storica al romanzo (i fascisti, la prima e la seconda guerra mondiale, la guerra civile spagnola, le lotte di classe, il diritto all’aborto) e fanno da cornice agli eventi principali, rivendicando ognuno uno spazio concreto.
Jules è un ottimo protagonista, Chalandon un ottimo narratore, la storia un ottimo ritratto della società.
L’umanità che trasuda da queste pagine è perlopiù violenta e sofferente, ma ancora in grado di mostrare i suoi lati migliori.
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June 24, 2025
IL NUOVO ROMANZO DI PASQUALE LISTONE
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi l’ultimo romanzo di Pasquale Listone, che ringrazio enormemente per la copia, pubblicato da New Book Edizioni a giugno 2025.
ATTIMI DI NON TRASCURABILE NOSTALGIA
Quante volte hai vissuto qualcosa per l’ultima volta, senza sapere che sarebbe stata davvero l’ultima? In Attimi di non trascurabile nostalgia, ogni storia ti porta a riscoprire quei momenti quotidiani che, pur sembrando banali, nascondono la loro bellezza nell’addio la chiacchierata a tarda notte, il caffè bevuto insieme senza fretta, quella risata che non pensavamo sarebbe stata l’ultima. Storie di attimi che sfuggono senza far rumore, ma che, una volta passati, ci lasciano un sorriso nostalgico. Momenti semplici che restano dentro, anche quando tutto sembra cambiare. Un libro che ti farà apprezzare ogni piccola cosa, perché, in fondo, sono proprio quegli attimi a fare la differenza, anche quando non ce ne accorgiamo.

BIO: Pasquale Listone, nato a Napoli nel marzo 1992, è uno scrittore e istruttore di tennis. Ha esordito nel giugno 2020 con il romanzo Fango (New-Book Edizioni), seguito nel maggio 2021 da Aria di te (New-Book Edizioni).
La sua scrittura, veloce e concreta, ha conquistato un vasto pubblico, soprattutto sui social media: il suo profilo Instagram conta oltre 70000 follower.
Attraverso le sue opere e i suoi post, Listone esplora temi legati ai sentimenti e alle relazioni umane, offrendo riflessioni profonde e personali.
Non vedo l’ora di leggerlo e parlarne con voi!
Presto la recensione!
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