Rachele Riccetto's Blog, page 7

December 14, 2024

QUANDO UNA DONNA DIVENTA UN LAGO – MARJORIE CELONA

Voto: 7/10

Edito: Bollati Boringhieri

La mattina di Capodanno, Vera lascia suo marito Denny che dorme a letto ed esce a passeggiare con il cane nel bosco vicino al lago ghiacciato.
La stessa mattina, Leo porta i suoi due figli al lago, per rilasciare sull’acqua gelata delle barchette contenenti dei buoni propositi per l’anno nuovo.
La madre dei due bambini, Jesse e Dmitri, resta a casa ad attendere il loro ritorno.
Poche ore dopo, la centrale di polizia riceve una telefonata in cui una donna dice di aver trovato un bambino da solo nel bosco, poi di Vera non si avranno più notizie.
Quando l’agente Coté bussa alla porta di Denny per dirgli che hanno ritrovato il suo cane e la macchina della moglie, ma nessuna traccia della donna, una giostra di segreti e menzogne e paure si mette in moto, dalla quale è impossibile scendere.

Tutti i libri più particolari che mi sia capitato di leggere nell’ultimo anno e mezzo sono stati pubblicati da Bollati Boringhieri.
Evidentemente c’è ancora qualcuno che sa davvero fare il suo lavoro.

Questo non è un libro perfetto, ma è una lettura coinvolgente e intrigante dalla prima all’ultima pagina.

La storia gira principalmente intorno al caso di una donna scomparsa, ma non è lì che l’autrice vuole far focalizzare lo sguardo di chi legge.
Sì, c’è un mistero da scoprire, ma dai vari elementi che ci vengono forniti sin dall’inizio possiamo capire, a grandi linee, cos’è successo.

Ciò che ci interessa è lo studio di tutte le persone coinvolte, descritte in maniera estremamente realistica, il perché di determinate scelte ed azioni e silenzi, e come è possibile andare avanti dopo un evento simile.

Ci sono elementi del thriller, elementi del noir, ma è nell’aspetto psicologico dei personaggi che nasconde tutta la sua forza.

Anche i personaggi più “buoni” hanno dei lati negativi, e anche i più “cattivi” hanno dei lati positivi.
Sono persone fallaci e in cerca di qualcosa di più, complesse, un po’ come tutti noi.

Senza fare troppi spoiler, ho trovato abbastanza interessanti le parti che riguardano Vera, molto delicate e struggenti, malinconiche e quasi distaccate, ma al tempo stesso un po’ troppo “Lovely bones” per convincermi del tutto.

Celona è un’ottima scrittrice, con una prosa quasi lirica, che ci scivola addosso e ci avvolge e lentamente ci fa affondare nei flutti gelati delle sue acque cristalline.

C’è un sottofondo di violenza che permea tutta la storia: dalla fine di Vera a Leo e il suo atteggiamento verso il mondo in generale, dalle allusioni ad un possibile suicidio agli abusi contro i più deboli.

Esiste un limite, è possibile superarlo, e il più debole abituato a subire si trasforma in colui che ha l’opportunità di fare del male a qualcuno.
E tutta la rabbia e il risentimento accumulati possono portare a risultati inaspettati, disastrosi.

Un romanzo strano, in cui la scomparsa di una persona, come un sottile strato di neve, ricopre ogni cosa e coinvolge tutti quanti, e tutto il resto sembra attutito, smorzato.
Un romanzo che parla della natura umana e del ciclo della violenza a cui è difficile sfuggire, e di lezioni da imparare, e da insegnare.
Un romanzo che parla degli errori dei genitori, che ricadono sui figli, in maniera terribile.

SPOILER Forse, il fatto che dopo l’accaduto la madre di Jesse non ne parli con il figlio ma tutti si comportino semplicemente come se non fosse successo niente, mentendo e negando e guardando dall’altra parte, è la cosa mi è piaciuta meno di tutto il romanzo. Capisco il fatto di non rivelare tutto alla polizia per proteggerlo, però almeno tra di loro avrebbero potuto discuterne. Capisco anche che, realisticamente, quarant’anni fa le cose si affrontavano in maniera diversa, però non lo so, questa è la parte che ho trovato meno convincente. FINE SPOILER

Lo stile di Celona resta quindi il punto forte, la vera attrattiva del romanzo, che credo sia stato tradotto magnificamente in italiano.

Le atmosfere così cupe e al tempo stesso questo bianco che si espande in ogni direzione, il freddo che ti entra nelle ossa e ti congela il respiro, la natura che diventa una parte integrante della storia.

Celona ha mescolato alla perfezione tutti gli elementi, creando un’opera particolare, e davvero interessante.

Una donna diventa un lago, qualcosa si spezza, qualcosa cambia per sempre.

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Quando una donna diventa un lago

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Published on December 14, 2024 01:15

December 10, 2024

LA VEGETARIANA – HAN KANG

Voto: 8/10

Edito: Adelphi

Yeong-hye una mattina si sveglia e, a seguito di un incubo che l’ha colpita nel profondo e l’ha lasciata tremendamente scossa, decide di smettere di mangiare carne (e qualsiasi cibo di derivazione animale), cercando anche di evitarne la vista.
Il marito resta scioccato da questo suo improvviso cambiamento, e cerca di convincerla a tornare sui propri passi. Quindi coinvolge anche la famiglia della moglie, i suoceri e la cognata, ma nessuno è in grado di comprendere la scelta di Yeong-hye, né tantomento di farle cambiare idea.
Tutte le vite delle persone coinvolte vengono toccate e sconvolte da questa scelta all’apparenza così semplice.

Un libro crudo e diretto, questo di Kang, che gira intorno ad un vuoto: non solo il cambiamento che da il via a tutta la storia parla di una “rimozione”, l’atto di rimuovere la carne dalla propria alimentazione e quindi dal proprio corpo, ma le motivazioni stesse della protagonista non vengono mai veramente spiegate, lasciando un vuoto che il lettore possa riempire da sé.

Per colpa di un incubo (di cui vediamo degli stralci, in una rappresentazione un po’ banale e stilizzata della paura e del dolore) Yeong-hye cambia radicalmente la propria vita, o forse inizia un percorso di sublimazione a cui era sempre destinata, che non aveva mai intrapreso perché schiacciata dalle norme sociali e dalle regole famigliari, per abbandonare tutto ciò che la tiene legata ad una vita che non è più sua.

La storia ci viene raccontata in tre macro capitoli, ma mai attraverso lo sguardo di Yeong-hye stessa: in ordine, a parlare della protagonista sono il marito, il cognato e la sorella.
Scegliendo di non dare la parola direttamente a Yeong-hye, Kang perpetua una serie di violenze e incomprensioni sulla sua protagonista: così come sin da piccola subiva le violenze del padre e poi, da adulta, aveva continuato a vivere una vita da donna taciturna e remissiva, subordinata al marito, allo stesso modo ora sono gli altri a parlare per lei, a tentare di comprendere e spiegare questa sua decisione, a trovare una risposta che più si adegui all’immagine di Yeong-hye che vive all’interno delle loro menti.
Non la risposta vera, che è ancora mancante, che sarà mancante fino all’ultima riga, che resterà per sempre un vuoto, ma un’interpretazione soggettiva, che si basa su chi osserva e le sue percezioni.

Il primo a parlare è il marito di Yeong-hye, un uomo piccolo e gretto, che tenta di spiegare l’improvviso cambiamento della moglie semplicemente come una scelta alimentare, cerca di giustificare il suo comportamento con i propri colleghi, coinvolge i suoceri perché siano loro a risolvere questo problema; quando le cose si fanno più intense, l’uomo decide di andarsene.

Il secondo punto di vista è quello del cognato di Yeong-hye, un artista la cui carriera non è mai davvero decollata, che vive grazie al duro lavoro della moglie.
L’improvviso cambiamento di Yeong-hye, e la scoperta della sua macchia mongolica, porta un cambiamento nel suo modo di percepire la cognata: viene invaso da un’irresistibile ispirazione artistica (mescolata al desiderio sessuale) e, percependo la forza di una natura oscura e imperscrutabile nei silenzi di Yeong-hye, tenta di creare la sua più importante opera d’arte.

La terza e ultima parte ci viene narrata da In-hye, sorella maggiore di Yeong-hye, che assiste fino alla fine al decadimento della protagonista, e la assiste nella sua scelta finale.
Un capitolo carico di emozioni e di cuore, di rabbia e rassegnazione, e anche qui, come negli altri, di incomprensioni.
Forse Yeong-hye vuole semplicemente lasciarsi morire; forse il dolore sepolto nel suo passato è tornato a galla con troppa forza; forse Yeong-hye è impazzita e crede davvero di essere una pianta.
La scelta della sorella minore ha il suo impatto più forte sulla vita di In-hye, che perde prima il marito, poi il figlio e sé stessa, ingabbiata da una serie di dubbi sulla verità della vita e delle scelte personali, della società e del patriarcato, della violenza dell’uomo e dell’impatto che abbiamo su tutto ciò che ci circonda.

Un libro intensissimo e teso, che si svolge quasi come un film sperimentale dai tratti horror, come un treno che punta dritto verso un’inevitabile distruzione, senza possibilità di scampo.

Si è trattato del mio primo incontro con Kang, e ho trovato la sua scrittura molto diversa da quella di altri autori coreani, eppure lucida e asciutta come sono gli orientali sanno essere.
La presenza di molte immagini crude rappresenta alla perfezione una visione negativa della società, non edulcorata da boccioli in fiore.
Un racconto decentrato e asimmetrico, dove la sottile linea di confine tra “scelte personali estreme” e “malattie mentali” è sfocata, sfumata, disegnata con il sangue.

Che senso ha continuare a vivere una vita che non ci appartiene?
Che senso ha accettare, ammettere ed immettere in noi, qualcosa che ci uccide da dentro?
Che senso ha vivere, se non possiamo vivere in libertà?

Questo libro si è rivelato molto diverso dalle mie aspettative, ma non in maniera negativa.

Non posso dire di avere amato lo stile di Kang, ma di sicuro funziona molto bene per il tipo di storia che voleva raccontare.

Un romanzo che, sicuramente e giustamente, non può piacere a tutti, ma che è riuscito a colpirmi, a sorprendermi, a stringermi fra la sue spire e a farmi precipitare nella sua spirale oscura, a confondermi con le sue immagini oniriche e violente, a dirmi qualcosa. Un romanzo che sa parlare.

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La vegetariana

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Published on December 10, 2024 00:57

December 7, 2024

CHIDDA – MANUELA FANTI

Edito: Nulla Die

Ancora e sempre, un enorme ringraziamento a Manuela per avermi inviato una copia del suo libro!

Anna ha diciassette anni quando inizia a lavorare per la famiglia Rinaldi, composta da Cristina e suo marito Paolo.
Prendersi cura della casa non è un compito difficile, e le cose sembrano svolgersi con relativa facilità, all’inizio.
Ma c’è un pensiero costante che rende la vita di Cristina un vero inferno: l’impossibilità di avere figli.
Allora lei e Paolo decidono di fare una proposta ad Anna: la ragazza porterà in grembo il figlio della coppia in cambio di denaro, quindi dovrà allontanarsi per sempre dalle loro vite.

La giovane, bisognosa di soldi e senza una vera guida a cui aggrapparsi, decide di accettare la proposta.

Venticinque anni dopo, il giovane Vincenzo riceve un documento lasciato per lui dalla madre Cristina, scomparsa ormai da anni, e si ritroverà ad affrontare una verità che non si sarebbe mai aspettato.

Manuela è tornata in libreria con un romanzo ben diverso dal suo libro precedente che avevo avuto il piacere di leggere.
Ci sono sempre segreti sepolti e scontri famigliari, ma questa volta non si tratta di un serial killer: questa volta si parla di piccoli ritratti umani, di piccole vicende dall’impatto enorme sulle vite coinvolte, di bugie e manipolazioni, di una reta subdola di segreti e menzogne, che non potranno restare sepolti per sempre.

Fanti, con la sua scrittura sempre diretta e asciutta, molto moderna, ci racconta una storia che al giorno d’oggi tocca un tasto dolente: la gestazione per altri.
Intorno alla gravidanza di Anna, però, ha tessuto una trama carica di sentimenti, che si dipana completamente soltanto nelle ultime pagine.
I protagonisti sono i punti di forza del romanzo; nonostante la presenza di alcuni colpi di scena pensati per colpire il lettore, sono i ritratti vividi dei personaggi che più lasciano il segno.

La protagonista della storia, la “chidda” del titolo, è Anna, una ragazzina che si ritrova catapultata dalla casa-famiglia ad una casa-prigione, intrappolata dall’odio e dal desiderio della coppia Rinaldi.
Giovanissima e sola, si ritrova ad affrontare una decisione più grande di lei, e a compiere una serie di scelte ed azioni dettate dalla giovane età e dall’emotività.
Cristina, la padrona di casa, è una donna dal passato movimentato, che farebbe di tutto per cercare di trattenere suo marito al proprio fianco.
L’impossibilità di avere figli stressa considerevolmente la sua condizione mentale, già provata, e la situazione è esacerbata dal suo consumo eccessivo di alcolici.
Cristina è una donna che soffre, e che trasforma la sua sofferenza in rancore, che sfoga come meglio può sulla giovane che sembra minacciare la sua stabilità.
Paolo è il personaggio meno sviluppato, e più prevedibile: un uomo di successo, che vorrebbe avere un erede, e accetta volenterosamente di fare un figlio con una ragazza giovanissima, con la quale instaura una relazione clandestina.
Una cosa che non ci si aspetterebbe mai da un uomo “come lui”.
Vincenzo, il figlio nato da questa situazione complicata ed intrecciata, è un ragazzo chiuso in sé stesso, che non è in grado di accettare i sentimenti degli altri né di esternare davvero i propri, almeno finché la situazione non raggiunge il limite.
Il suo passato, tutto ciò che ha visto e vissuto sin da piccolo lo ha reso un uomo distaccato, che cerca di mantenere le distanze da tutti.
(Questi uomini così indifferenti a tutto finché non entrano in gioco i figli sono dei cliché a cui purtroppo siamo ben abituati, ma che funzionano in queste storie.)

La cosa che mi è piaciuta di meno è il modo in cui Cristina e Anna continuano a descrivere in maniera dispregiativa il loro accordo come “vendere tuo figlio”: capisco che, nel contesto dell’Italia e ancora più nello specifico della Sicilia di trent’anni fa, probabilmente è quasi l’unico modo in cui sarebbe stata descritta una situazione simile, ma è comunque difficile al giorno d’oggi, data la situazione e le leggi odierne, ascoltare un certo tipo di linguaggio.

Una storia violenta e tesa, questa di Fanti, che racconta (almeno in parte) una situazione che, nel buio e nel silenzio di una porta chiusa, si sarà svolta in maniera simile per molte famiglie.

Una storia coinvolgente e tagliente, che mostra un dolore nascosto appena sotto la superficie, pronto ad emergere e sconvolgere le vite delle persone più vicine.

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Chidda

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Published on December 07, 2024 01:40

December 4, 2024

THE LOTUS EMPIRE – TASHA SURI

Voto: 8/10

Edito: Orbit / Fanucci

Dopo il colpo di scena finale del secondo capitolo, ritroviamo Malini e Priya nuovamente separate, ancora intente a combattere una guerra più grande del mondo stesso: Malini e la sua corte hanno intenzione di attaccare Ahiranya per distruggere gli yaksa, che stanno guadagnando sempre più potere, diffondendo il morbo in ogni dove; Priya è tornata sull’Hirana, ricopre il proprio ruolo di sacerdotessa rinata tre volte, la più potente rimasta per guidare il suo popolo ed aiutare gli dei a prendere il controllo del mondo.
Ma gli yaksa hanno un piano terribile da portare a termine, e richiedono sacrifici enormi ai loro seguaci.
Malini e Priya si ritroveranno ad affrontare gli ultimi passi di una guerra che minaccia di trasformare tutto il mondo in cenere.

La fine della trilogia è giunta.
Mi sembra quasi impossibile, dopo tutti questi anni. Che non sono neanche troppi, effettivamente.
Il primo capitolo risale ad appena tre anni fa, ma ho passato così tanto tempo ad immergermi nelle sue acque magiche e tenebrose che mi sembra ne sia trascorso molto di più.

L’ultimo capitolo, ed ora non rivedrò più Malini e Priya.

Un addio dolce-amaro, devo ammetterlo.

Questo libro mi è piaciuto parecchio, più del secondo, e probabilmente anche più del primo, che era riuscito a farmi innamorare della sua promessa di qualcosa di grande.
Qualcosa di grande che è Suri è effettivamente riuscita a creare e a donare ai suoi lettori.

Il capitolo finale, lo scontro finale, che non è mai stato davvero quello tra Malini e Priya, ma per la salvezza dell’umanità.

Nonostante alcuni problemini di ritmo (la storia inizia davvero soltanto nelle ultime 150 pagine, mentre prima sembra girare un po’ in tondo, ribadendo molte cose già note e facendo percorrere microscopici passetti in avanti ai suoi personaggi, prima di effettuare un ultimo balzo in avanti, con un finale un po’ troppo affrettato), la storia si dipana in maniera interessante di fronte ai nostri occhi, tenendoci ben connessi con tutti i punti di vista dei vari personaggi: Malini, Imperatrice profetizzata dal dio-senza-nome, dovrà lottare contro il proprio cuore e contro una serie di tradimenti, per riuscire a salvare il suo popolo e il suo amore dalla distruzione; Priya, che ha perso tutti quelli che amava, si ritroverà di fronte alla dura realtà di ciò che vogliono fare gli yaksa, e dovrà decidere se abbandonare sé stessa nelle mani di queste divinità oscure e spaventose o lottare per tutto ciò che la rende umana; Bhumika, persa ma mai scomparsa, dopo aver rinunciato a tutto ciò che era per il bene del mondo, imparerà di nuovo a soffrire e ad amare; Rao, desolato per la perdita di Aditya, si ritroverà circondato da persone di cui prendersi cura e che si prenderanno cura di lui, e si scontrerà con i suoi dubbi religiosi; gli yaksa, queste figure taglienti e cupe, si mostreranno in tutto il loro orrore, il loro amore e i loro foschi desideri.
Tutti i personaggi sono ben sviluppati, più maturi, hanno seguito un ottimo percorso per tutti e tre i romanzi e in questo capitolo finale si ritrovano a percorrere delle strade “già segnate”, senza buttarsi in scelte inaspettate e insensate.

Le parti più interessanti della storia riguardano le trame politiche che vengono tessute intorno a Malini (anche se poi vengono risolte un po’ troppo velocemente e in maniera superficiale) e gli aspetti religiosi e magici che prendono vita in tutto il regno (anche se vengono introdotti alcuni “nuovi elementi” che sembrano un po’ troppo fini a sé stessi, dove tutto è magia e tutto è potere e tutti i miti sono realtà).
Suri ricollega molti piccoli dettagli che aveva sparpagliato, come briciole di pane, nei due capitoli precedenti, per creare una magia tutta nuova e chiudere con un colpo di scena questo romanzo (anche se non risponde a tutte le domande, e ne crea anche delle altre a cui ho deciso di non dare troppa importanza, dettagli importanti per l’avanzamento della storia e la chiusura finale che non rovinano il senso generale dell’opera nella loro esistenza limitata).

La scrittura di Suri è ancora uno dei punti di forza del libro, così evocativa ed immaginifica, carica di odori e colori e un senso di movimento che ci sommerge, proprio come le acque immortali.
Al tempo stesso è anche più diretta e ardente, brucia tutto ciò che incontra e lascia lo spazio necessario alla rinascita di una nuova vita.

Mi aspettavo qualcosa di diverso, da questo capitolo finale, qualcosa di più sofferente e doloroso, e invece è riuscito a strapparmi una lacrimuccia appena, proprio nelle ultime pagine.
Ma nonostante questo l’ho trovato un ottimo romanzo, un’ottima conclusione, e mi dispiace dire addio a questi personaggi.

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The lotus empire (eng)

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Published on December 04, 2024 00:37

November 30, 2024

GIDEON LA NONA – TAMSYN MUIR

Voto: 7/10

Edito: Mondadori/ Tor

Gideon Nav è pronta a fuggire dalla Nona Casa, da una vita di schiavitù nei suoi abissi tenebrosi, dall’odio che scintilla nello sguardo di tutte le persone che lo circondano.
Ma Harrowhark Nonagesimus non ha intenzione di lasciarla andare tanto facilmente.
Anzi, ha in mente un piano ben preciso: l’Imperatore ha indetto un torneo per nominare il prossimo Littore, una prova d’ingegno ed abilità per mettere alla prova un necromante e un paladino da ognuna delle nove case, ed è qui che entra in gioco Gideon.
Harrow è una necromante d’incredibile talento, ma non ha un paladino che possa accompagnarla alla Casa di Canaan.
Gideon, grazie alla sua abilità con la spada, è la sua carta migliore per raggiungere il suo obiettivo.

Ma le cose si fanno più difficili del previsto quando i partecipanti al torneo iniziano a morire.

Allora, che dire di questo romanzo: è un mezzo disastro.
L’altra metà si è rivelata abbastanza divertente ed intrigante da spingermi a portare a termine la lettura e a chiedermi se proseguire con il secondo capitolo della serie.

Gli aspetti positivi sono: una storia abbastanza interessante, con magia ossea e combattimenti a fil di stocco, poteri oscuri e segreti millenari; tutta la parte riguardante la prova nella Prima Casa era già abbastanza intrigante, con i test d’abilità e forza, e il tutto riceve una piccola spinta in avanti quando si inserisce nel mix anche morti terribili e un’oscura presenza che dà la caccia a tutti i necromanti e i loro spadaccini.
Abbastanza interessanti sono anche le due protagoniste, Harrow e Gideon, con il loro battibeccare e il sarcasmo che condisce ogni frase.
Incontriamo un’ampia rosa di personaggi, giovani e vecchi e più o meno esperti, ognuno con un almeno un piccolo tratto distintivo.

Ma gli aspetti negativi sono, bè, tutto il resto: per quanto la storia sia interessante, finché non abbiamo superato il primo terzo del libro non abbiamo la più pallida idea di cosa stia succedendo, perché Muir utilizza un linguaggio volutamente confuso senza spiegarci assolutamente nulla di ciò che ha in mente.

Amo i libri che spiattellano tutto sin dall’inizio, senza darmi la possibilità di comprendere da me ciò che succede? Assolutamente no, ma odio anche chi si comporta nella maniera opposta, confondendo il lettore.

Il worldbuilding semplicemente non esiste: ci sono Case. Nove case, su nove pianeti. Abitate da necromanti. Si trovano da qualche parte nel grande spazio infinito. E questo romanzo sci-fi si svolgerà mica in questo bello spazio infinito? No.
Per quanto il concetto di base fosse interessante, diventa una specie di “whodunnit” mescolato a qualche elemento del “mistero della stanza chiusa”, con un’indagine portata avanti molto male e una rivelazione finale davvero deludente (SEMISPOILER perché era impossibile per noi comprendere come stessero andando davvero le cose e incontriamo il colpevole solamente al momento della sua rivelazione e quindi…sì ma tu chi sei?? FINE SPOILER)

Harrow e Gideon sono terribilmente sottosviluppate: amano insultarsi a vicenda e dare rispostacce, sono forti e…più o meno è tutto.
Tutti i personaggi “secondari”, e sono tanti, sono delle macchiette di cui si dimenticano nome e caratteristiche non appena si volta pagina, hanno il loro ruolo da ricoprire per far avanzare la storia e poco più.

Ma il mio problema più grande con questo libro è stato con lo stile.
Ora, non so se si sia trattato di un problema di traduzione o meno (ma non credo, leggendo qualche recensione della versione originale sembra una cosa che riguarda proprio Muir), ma l’ho trovata una lettura forzatamente strana, convoluta e che tentava con tutte le sue forze di mostrarsi divertente (anche nei momenti sbagliati, pur fallendo miseramente anche in quelli giusti).
Una profusione di insulti semplicemente ridicoli, che hanno indebolito moltissimo uno stile già impacciato e volutamente contorto; parolacce ed espressioni volgari utilizzate non solo nei dialoghi, ma anche nelle descrizioni, più o meno come potrebbe esprimersi un dodicenne qualunque.
Una scrittura che ho trovato molto immatura, e deconcentrante.

La domanda che mi è saltata più spesso in testa non era “che cosa succederà ora?” o “come andrà a finire?”, bensì “ma che diavolo sto leggendo?”, e ancora non credo di averlo capito.

Questo libro dovrebbe essere stato candidato a grandi premi, ed averne anche vinti alcuni, e io non capisco come sia possibile perché è scritto, bè, maluccio.
Non si tratta solo di gusti personali, ma di fruibilità e comprensione del testo, qui resi appositamente impossibili.

Una lettura che si è rivelata piuttosto faticosa, sia per l’antipatia nei confronti di Gideon che per lo stile di scrittura, anche se resistendo per un centinaio di pagine poi le cose si fanno un po’ più “pratiche”.

Il finale mi è piaciuto abbastanza, almeno quello che credo sia successo. E forse dopo una doverosa pausa affronterò anche “Harrow la Nona”. Ma mi lamenterò tutto il tempo.

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Gideon la Nona (ita)

Gideon the Ninth (eng)

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Published on November 30, 2024 01:30

November 26, 2024

SEVEN YEARS OF DARKNESS – JEONG YOU-JEONG

Voto: 8/10

Edito: Penguin Books

Seryong è un lago artificiale, racchiuso da una diga, sul cui fondale è ancora possibile osservare il vecchio villaggio che si trovava lì in precedenza cristallizzato nel tempo, immerso nell’acqua e nell’oscurità.
Il corpo di Seryong, una ragazzina scomparsa da qualche giorno, riaffiora improvvisamente dalle sue acque, e le cose iniziano a precipitare.

Chi l’ha uccisa?
Suo padre Yongje è in qualche modo coinvolto?
Quale segreto nasconde il passato di Hyonsu, il nuovo capo della sicurezza della diga?

Sette anni dopo, Sowon, il figlio ormai adolescente di Hyonsu, vive ai limiti della società, additato come “il figlio di un pluriomicida”.

Che cosa accadde veramente quella notte, quando suo padre aprì la diga spazzando via il villaggio sottostante e uccidendo tantissime persone?
Che cosa è successo a sua madre?
Qual è la verità?

Questo romanzo è stato pubblicato prima del celebre “The good son” (in italiano “Le origini del male”) che ha reso famosa la scrittrice nel nostro paese.
Dopo più di due anni dalla lettura di quel libro, lo ricordo ancora in modo estremamente positivo, ed ho ritrovato con piacere in questo romanzo molti aspetti simili.

Anche qui ci sono uomini violenti, che inseguono l’oscurità che si nasconde dentro di loro; ci sono uomini dal passato traumatico, che cercano di sfuggire ad un destino che sembra già segnato; ci sono notti di nebbia densa e impenetrabile, nelle quali gli incubi più violenti possono prendere corpo.

Questo è un romanzo estremamente violento, duro, crudo; ho trovato alcune scene altamente inquietanti e grafiche, rendendo questa una lettura non adatta a tutti.

Si tratta di una storia molto nera e molto densa, che scava nelle menti dei suoi protagonisti (principalmente Hyonsu, Sowon e Sunghwan, mentre Yongje ci viene “raccontato” attraverso gli occhi di sua moglie).
All’inizio la lettura può sembrare lenta, quasi confusa, con una profusione di nomi e fatti appena accennati difficili da ricollegare; ma con un po’ di pazienza, tutta l’intensità del romanzo si rivela, mostrandoci il suo cuore nero e violento.

I protagonisti sono uomini che nascondono dei segreti: Hyonsu è rimasto legato ad un trauma del suo passato e fa di tutto per essere un padre migliore del proprio, ma la vita sembra precipitargli addosso; Sunghwan ha una grande passione per le immersioni, che lo porterà a restare invischiato in una storia terribile; Sowon è appena un bambino quando la sua famiglia si trasferisce sul lago Seryong, e la sua vita cambierà per sempre in pochissimo tempo; Yongje è un uomo severo, ossessionato dal controllo e dal potere, senza scrupoli o morale, pronto a tutto per far sì che le cose vadano esattamente secondo i propri desideri.

Le varie sfaccettature psicologiche dei personaggi sono l’aspetto più interessante del romanzo.
Ѐ sicuramente interessante anche scoprire cosa accadde davvero la notte della tragedia alla diga, quando persero la vita così tante persone, ma i fatti sono forse raccontati in maniera un po’ troppo confusa ed arzigogolata, mentre alcune scene (specialmente quelle riguardanti alcuni scontri fisici) sembrano svolgersi in maniera un po’ troppo semplicistica.

Ѐ stata una lettura coinvolgente ed interessante, che non consiglio a chi è facilmente impressionabile dalla violenza (sia sulle persone che sugli animali), ma che può essere apprezzato da chi conosce l’autrice e il suo stile.

Un libro nero, di segreti e incubi e ferocia; una storia di punizioni e protezione, di brutalità e perdono; una discesa negli abissi, dai quali è difficile risalire.

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Seven years of darkness

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Published on November 26, 2024 01:47

November 23, 2024

L’UOMO ALLA RICERCA DI SENSO – VIKTOR E. FRANKL

Edito: MGMT Edizioni

Un ringraziamento speciale a Cristiano per la copia!

Nel 1942, lo psichiatra Viktor Frankl venne arrestato dai nazisti, insieme alla moglie e ai membri della sua famiglia, e trasferito nel campo di concentramento di Theresienstadt.
Deportato quindi ad Auschwitz, a Kaufering e Turkheim, scoprì soltanto al suo rientro a Vienna nel 1945 della tragica morte di tutti i suoi cari.

Nonostante le enormi sofferenze che aveva patito (e alle quali aveva assistito) all’interno dei campi, il pensiero dei suoi famigliari lo aiutò a resistere, insieme all’obiettivo di riscrivere il manoscritto che gli era stato sottratto all’ingresso nel campo.

Questa idea, questo volgersi verso un obiettivo, è alla base della sua teoria personale, la logoterapia, una terapia orientata sul futuro e sul significato che ogni paziente attribuisce al proprio domani.

Grazie a questa sua personale teoria, Frankl riuscì ad aiutare non solo sé stesso, ma anche moltissimi pazienti, aiutandoli ad orientarsi verso il vero significato della propria vita.

In quest’opera, suddivisa in due parti, troviamo prima il memoir del dottor Frankl, dove racconta degli anni trascorsi all’interno dei campi, delle sue paure e delle sue sofferenze, degli uomini che vivevano quelle esperienze terrificanti insieme a lui, e del modo in cui affrontavano i momenti delle giornate.
Frankl sembra cercare di raccontare le sue esperienze con un certo distacco, concentrandosi sulle lezioni che ha imparato per riuscire a sopravvivere e ad aiutare gli uomini che lo circondavano.

Analizzò le diverse personalità presenti all’interno del campo, i loro stati mentali ed emotivi, portando fino a noi un’importante testimonianza.
Ovviamente non credo sia mai possibile raccontare qualcosa di tanto terrificante senza lasciar trapelare alcun tipo di emozione, e anche il racconto di Frankl diventa sempre più carico di emozioni, senza mai abbandonare i suoi toni accesi dalla speranza per il futuro e dal desiderio di aiutare il prossimo.

La seconda parte, invece, spiega in maniera semplice le basi della logoterapia di Frankl, del suo modo di affrontare il dolore con i suoi pazienti, aiutandoli a trovare un significato nel domani.
In questa metà spiega in maniera teorica l’insegnamento contenuto nella prima parte, dimostrato in maniera più pratica.

Parlando di amore, senso della vita, libertà e responsabilità, Frankl aveva una visione molto avanguardista e quasi ottimista, sia all’interno del campo che all’esterno, quando ritornò a lavorare come psicoterapeuta.

Le due parti funzionano perfettamente insieme, si rafforzano a vicenda, e ci permettono di apprezzare a pieno le teorie di Frankl.

Un’opera che colpisce il lettore non solo a livello emotivo, come succede nella maggior parte dei casi con i racconti dell’Olocausto, ma anche psicologico ed analitico, spingendoci a ragionare sui momenti terribili affrontati da così tante persone e sulla nostra stessa vita.

Una lettura importante e significativa, che dopo ottant’anni continua ad influenzare tutte le vite con cui entra in contatto.

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L’uomo alla ricerca di senso

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Published on November 23, 2024 01:27

November 20, 2024

LA SOTTILE LINEA SCURA – JOE R. LANSDALE

Voto: 7/10

Edito: Einaudi

1958, Texas, estate.
Siamo a Dewmont, Stanley ha tredici anni e lavora nel drive-in del padre.
Passeggiando nel bosco che cresce alle spalle della casa della sua famiglia, Stanley trova una scatola piena di lettere, riportando alla luce un mistero ormai quasi dimenticato.
Tanti anni prima, nella stessa notte, una ragazza è stata assassinata e un’altra è morta in un incendio che ha distrutto la sua casa.
E così Stanley, insieme alla sorella Callie e al suo amico Buster, inizia ad indagare sui segreti che gravano sulla loro città.

Quella non sarà un’estate normale per lui: fra fantasmi e confessioni, amore e odio, sesso e razzismo, Stanley perderà la sua “innocenza” e si ritroverà nel mondo amaro degli adulti.

Una storia di segreti taciuti e menzogne, di odio e repressione, e la verità che viene tenuta nascosta ma che è ancora ben visibile, per chi sa dove guardare. Ogni famiglia ha i propri segreti, alcuni sono semplicemente più grandi di altri.

Le pagine intere di fitti dialoghi riescono a rendere la lettura fluida e scorrevole, ci fanno sentire parte di un mondo ormai passato, ma mai troppo lontano dal nostro.

Il perbenismo dei personaggi, il “politicamente corretto” che li spinge a voler ribadire, ancora e ancora, il proprio disgusto per i razzisti e l’utilizzo di certi termini, da una parte è sicuramente lodevole, ma dall’altra risulta troppo ripetitivo e forzato, quasi stucchevole.

La parte migliore è sicuramente la crescita di Stanley, il quale smette di essere un ragazzino innocente e spensierato e, oltrepassando la “sottile linea scura” che lo separa dal lato più oscuro del mondo, entra in contatto diretto con la violenza, la morte, il razzismo, e tanto dolore.

Una lettura abbastanza semplice, una storia senza troppe pretese, prevedibile sin dalla prima pagina, con un colpo di coda finale che non dispiace ma non convince fino in fondo, e purtroppo non riesce a riscattare la pacatezza del resto del testo.

Un romanzo senza mordente, che fa un po’ il verso a storie e scrittori migliori.

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La sottile linea scura

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Published on November 20, 2024 01:23

November 18, 2024

IL PRIMO ROMANZO DI LEONARDO DI MAURO

Salve a tutti!

Oggi ho il piacere di presentarvi il primo romanzo di Leonardo Di Mauro, che ringrazio infinitamente per la copia, pubblicato ad ottobre del 2024.

INGANNATI DALLA GIOIA. UNA FEROCE STORIA D’AMORE

Innamorarsi di una donna più di sempre, sentirsi corrisposto come mai, e infine venire abbandonato quasi sull’altare scaraventa all’inferno.
Per un anno e mezzo Donato e Beatrice sembrano aver trovato l’altra metà della mela ma, durante una sessione di massaggio Tantra, Beatrice è assalita da un’ombra potente che riaffiora dal passato, la impossessa e la sconvolge. In pochi giorni lascia Donato, scompare senza spiegazioni.

Lui cerca invano di capire, di ripercorrere le tappe dell’ascesa al paradiso e della caduta all’inferno.
Beatrice ha avuto sempre una sessualità forte e talvolta ingombrante: la famiglia, il suo ex-compagno, tutti hanno sempre considerato la sua passionalità e sfrontatezza un elemento negativo. Tanto che Donato fin dall’inizio si è sentito quasi sfidato da Beatrice: tu sarai capace di accogliermi o mi giudicherai male come hanno fatto gli altri?
Donato accetta la sfida, con tenerezza e con amore, offrendole la propria sessualità altrettanto centrale e complessa. Ma non basta.

Chi è Beatrice, quale groviglio di luci ingannevoli e di ombre paralizzanti ostacola la sua felicità e la loro relazione?

Leonardo Di Mauro pubblica per la prima volta un suo romanzo.

Se l’esordio susciterà interesse nei lettori, altri suoi romanzi già pronti seguiranno.

Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.

Presto la recensione!

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Published on November 18, 2024 01:43

November 16, 2024

UNO DI NOI – LARRY WATSON

Voto: 8/10

Edito: Mattioli 1885

Non è un viaggio lungo quello che separa Dalton, nel North Dakota, da Gladston, in Montana.
Eppure la distanza sembra insormontabile.
O almeno è così per Margaret, che un giorno decide di partire per raggiungere Lorna, la moglie del suo defunto figlio James, e il piccolo Jimmy, il suo unico nipote. Margaret è decisa a raggiungerli e a convincere la donna a lasciare che il bambino torni a Dalton, così che lei possa vivere liberamente la sua vita con il suo nuovo marito, Donnie.
Margaret è pronta a partire, e non sa se suo marito George abbia intenzione di unirsi a lei, ma questo non la fermerà.
George è un uomo di poche parole, e sarebbe pronto a seguire sua moglie fino all’altro capo del Paese. Così caricano tutti i bagagli sulla vecchia Hudson e si mettono in viaggio.
Quando raggiungono Gladston non impiegano molto tempo a trovare la casa dei Weboy, la nuova famiglia di Lorna, e anche le chiacchiere della città ci mettono poco ad informarli su tutto ciò che devono sapere sulle persone con le quali hanno a che fare.
Ma il piccolo Jimmy è tutto ciò che resta loro di James, e non hanno intenzione di andarsene senza lottare per la loro famiglia.

Questo è il secondo romanzo di Watson che ho il piacere di leggere ed è sempre esattamente questo: un vero piacere.

Watson è in grado di scrivere in quella maniera innegabilmente americana, che sembra in grado di trasportarci proprio sul precipizio dei calanchi del Dakota, farci ascoltare il soffio del vento e percepire il freddo tagliente della pioggia sulla pelle, e poi, con un due parole, ricordarci il tipo di viaggio che abbiamo deciso di intraprendere e farci precipitare di sotto.

Uno stile americano, sì, ma niente “dio-patria-famiglia”; o meglio, sono ovviamente presenti, ma non soverchianti come possono esserlo in altri autori.
Qui l’attenzione è tutta concentrata sulla famiglia, sull’amore, sulla paura per ciò che il futuro può riservare per qualcuno che amiamo con tutto il cuore, e che vorremmo proteggere ad ogni costo.
La famiglia che non ti abbandona mai, che verrà sempre a cercarti.

Watson, con il suo tono asciutto e il suo stile mai pomposo e mai scarno, ci racconta un’America del nord-ovest degli anni ’50, ancora piena di cavalli e cowboy, ma soprattutto di amore e coraggio.

C’è qualcosa di speciale nelle piccole cittadine circondate da boschi e campi sterminati, nelle strade polverose e nella nebbia che all’alba si diffonde in tutta la valle; o semplicemente c’è qualcosa di speciale nei romanzi di Watson.

Anche grazie ad una serie di personaggi secondari assolutamente fantastici (i signori Witt e la loro umanità; Alton e la sua gentilezza; i Weboy e la loro aridità), il viaggio di Margaret e George si trasforma in qualcosa di terribile ed enorme, che riesce a sorprenderci e a spezzarci il cuore.

Una lettura davvero coinvolgente e dolorosa, che dipinge un quadro vivido dei più piccoli aspetti delicati e mondani della vita, e di quelli più tremendi e inusuali.

Mescolando sapientemente azione e sentimento, ragione ed istinto, Watson racconta una storia piena di amore, di malinconia, di lutto, di resistenza, di cuore.

Un altro ottimo libro di un grande romanziere americano, che spero di rincontrare presto.

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Uno di noi

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Published on November 16, 2024 00:52