Rachele Riccetto's Blog, page 19
November 26, 2023
A DAY OF FALLEN NIGHT – SAMANTHA SHANNON

Voto: 8/10
Edito: Bloosmbury/Mondadori
Ambientata 500 anni prima degli eventi raccontati ne “Il Priorato dell’Albero delle Arance”, la storia segue principalmente tre personaggi e si svolge in tre anni circa: ad ovest abbiamo Glorian, appena sedicenne, figlia di Sabran VI, erede della casa Berethnet; ad est abbiamo Dumai, figlia di una Sacerdotessa e di un Imperatore; a sud Tunuva, guerriera dell’Ordine del Priorato.
La storia si svolge in maniera simile al primo volume: per la prima volta dopo 500 anni i draghi e le viverne stanno tornando, la peste draconica inizia a diffondersi nel mondo, ci sono mostri deformi e antiche magie, i grandi regni vivono relativamente isolati e si ritrovano ad affrontare questo nuovo male uscito dalla terra, in attesa della stella salvatrice.
Sul serio, la storia di base, il fulcro, il cuore del romanzo è molto simile a quello precedente; sono i nuovi dettagli a fare tutta la differenza.
Le ambientazioni geografiche sono molto più diversificate e dettagliate; le situazioni politiche sono più interessanti e coinvolgenti; i personaggi, I PERSONAGGI, sono tanti (troppi? No, ma comunque tanti), e tutti ben caratterizzati e umani e vivi.
Glorian, la nostra Berethnet, è una giovane che si ritrova improvvisamente sul trono, col peso della maternità sulle spalle, e dovrà imparare come essere donna e madre e regina e combattente, senza perdersi mai nei ruoli che le vengono appioppati dalla società e dal regno, che la lasciano vuota e isolata.
Dumani, la prima della nuova generazione di cavalcatori di draghi, e il suo cuore forte, pronta a tutto per compiere la decisione migliore, ad affrontare nemici e finti amici, draghi e oscurità;
Tunuva, una donna di quarant’anni devota alla Madre, innamorata da tutta la vita della sua compagna, madre di un bambino perduto e di una giovane guerriera, con un vuoto dentro che la accompagna da sempre, troppe volte ferita dalla vita ma che comunque non può fare a meno di amare con tutto il cuore.
Wulf, personaggio quasi secondario ma quasi primario, è la voce maschile più importante; come nel primo libro, anche in questo gli uomini hanno meno importanza, e quelli più rappresentati sono un po’ meno sfaccettati: Wulf è buono, forte, dolce. Bene, ma non benissimo.
Esbar mi è piaciuta moltissimo: è una grande combattente e mette il Priorato sempre al primo posto, ma torna sempre, inevitabilmente, da Tunuva; il suo rapporto con sua figlia Siyu, pieno di scontri e incomprensioni, è carico di amore e doveri, di famiglia e sangue.
Nikeya, la donna dai mille volti, è un personaggio che si capisce sin dalla sua prima apparizione; questo lento enemies-to-lovers (che in realtà poteva essere più approfondito, poteva esserci più fuoco, potevano esserci grandi scontri e tradimenti…ma purtroppo resta tutto un po’ sottotono) brucia piano, ma arriva dritto al punto; Nikeya è la compagna perfetta per Dumai, con la sua mente politica e la risposta sempre pronta, con i suoi sorrisi e la sua dolcezza. SPOILER Ho pianto tanto aspettandomi il suo grande tradimento, mi immaginavo Dumai distrutta dal dolore, e invece il loro è stato un amore più tranquillo, un miscuglio di occasione sprecata e dolcezza FINE SPOILER.
Mi sono piaciuti il reggente Robart Eller e il Principe Consorte Guma, chiaramente “cattivi” sin dal principio, che vogliono convertire la Regina e il regno, ma è un piano da attuare con la persuasione, più che con la violenza.
Un po’ meno mi è piaciuto Kuposa fa Fotaja, così semplicemente e palesemente subdolo e ingannatore.
Tutte le strategie e gli intrighi politici sono dettagliati e ben spiegati, ci sembra di far parte della corte, di sedere al tavolo del Consiglio, di ascoltare i sussurri che serpeggiano per il castello.
Le descrizioni dei paesaggi ci fanno sognare ad occhi aperti, dal deserto alle lande congelate, dai boschi al laghi ai grandi mari, viaggiamo senza sosta per questo mondo incredibile.
La diffusione della peste draconica arriva diffondendosi per trasmissione aerea, quindi compaiono maschere a coprire i volti, e persone scettiche che si oppongono e si ammalano…mi ha fatto molto ridere? Bè, direi proprio di sì.
Il problema principale di Shannon è sempre lo stesso: il ritmo.
Le parti movimentate e quelle più statiche non si mischiano mai come dovrebbero, come sarebbe essenziale in un romanzo che supera le 800 pagine; io amo molto la sua prosa, è dolce e musicale, e mi interessa molto osservare il modo in cui ha costruito il suo mondo, i vari regni e le religioni e la politica e ovviamente le battaglie (sì, insomma, i draghi), per non parlare della profondità con cui sviluppa tutti i personaggi; un’opera simile sarebbe molto difficile se la sua penna non fosse tanto abile; ma il ritmo, santa Samantha, questi singhiozzi che spezzano la storia.
Il finale è migliore del primo, un po’ più articolato, un po’ più sentito, ma comunque molto veloce: c’è un crescendo (più o meno omogeneo) che sembra durare tutta la vita, e una risoluzione di 30 pagine che frena gli entusiasmi un po’ troppo bruscamente.
Nel complesso è un bel libro, molto bello, credo mi sia piaciuto anche più del primo, perché è più coinvolgente, più dettagliato, più denso (e più gay…molto più gay).
Alla base, di tutto e per tutti, c’è l’amore, in ogni sua forma, che lotta contro il male che vuole impadronirsi del mondo, e distruggerlo. Solo l’amore e l’unione possono salvare l’umanità.
Poi ho appena scoperto che ci saranno almeno altri 2 libri nella serie, quindi posso morire felice.
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November 23, 2023
BLUE EYE SAMURAI – MICHAEL GREEN & AMBER NOIZUMI

Voto: 9/10
Non mi emozionavo tanto guardando una serie animata dai tempi di “Arcane”. Che gioia per gli occhi!
Siamo in Giappone, nel XVII secolo, durante il periodo Edo: la nazione si è completamente chiusa su sé stessa, impedendo agli estranei di entrare.
Tutti gli stranieri sono visti come dei mostri e, per questo motivo, tutti i bambini che non sono giapponesi “puri” sono considerati “impuri”, figli del “diavolo bianco”.
Mizu, giovane samurai dagli occhi azzurri, ha un solo obiettivo nella vita: vendicare la morte di sua madre. Sin dall’infanzia, gli altri bambini si divertivano a lanciargli pietre ed insulti, fino al giorno in cui la sua casa venne data alle fiamme.
Senza un posto in cui andare e senza nessuno intenzionato ad accettare la sua “diversità”, diventa l’apprendista di un fabbro cieco, un mastro spadaio che gli insegna la sua arte.
Mizu impara anche a combattere e un giorno decide di partire, per trovare ed uccide gli unici quattro uomini bianchi presenti in Giappone, responsabili della sua sorte.
Una storia di vendetta e di amore, di segreti e di menzogne, di grandi aspirazioni e piccole felicità.
Mizu è un personaggio fantastico, che segue la propria sete di vendetta e non si ferma di fronte a nulla, ma grazie alle persone che incontra lungo il suo cammino imparerà come essere una persona completa, non soltanto una macchina per uccidere.
Ringo è sicuramente il personaggio migliore di tutti, il “migliore amico” (in questo caso l’apprendista di Mizu) un po’ goffo ma che riesce sempre a cavarsela, buono e attento, che serve per indicare la giusta via al personaggio principale.
Taigen, giovane samurai che conosce Mizu dall’infanzia, vuole vendicarsi per l’affronto subìto ma finisce, anche lui, per crescere come persona; Akemi, la principessa venduta (ripetutamente) che vuole costruire un futuro migliore per il proprio Paese.
SPOILER Basta vedere il primo episodio e questo smette di essere un vero spoiler, ma comunque: Mizu e Akemi, due donne in lotta contro una società che le costringe in ruoli che non sentono propri, in quanto una deve fingersi un uomo per combattere e conquistare la propria vendetta e l’altra deve liberarsi dal padre che tenta ripetutamente di venderla ad altri uomini potenti per guadagnare potere lui stesso, due ottime rappresentazioni di due aspetti completamente differenti della condizione della donna. FINE SPOILER
L’animazione è sicuramente l’aspetto migliore di tutta la serie: i disegni sono davvero spettacolari, e le infinite scene di combattimento sono semplicemente incredibili.
In genere non amo le cose particolarmente sanguinolente e gory, e qui abbondano: teste e corpi recisi a metà, arti strappati o amputati, fiumi di sangue. Eppure, eppure, il tutto funziona perfettamente.
Guardare Mizu in azione, con i suoi movimenti fluidi e maestosi, è uno spettacolo incredibile per gli occhi, con gli archi di sangue disegnati dalla sua spada o dal naginata.
La storia generale è forse un po’ prevedibile, l’arco narrativo non intraprende percorsi nuovi e inesplorati, ma nel complesso è davvero ben scritta, emozionante e divertente, così come i personaggi sono complessi e ben caratterizzati.
Che spettacolo! Un po’ di bellezza in questo mondo, sia per chi ama le storie ambientate nel Giappone feudale, sia per chi ama le storie di vendetta e rinascita, e per chi ama le cose belle e ben costruite. Una serie che riguarderò con assoluto piacere.
Se vi interessa, potete vedere questa serie su Netflix!
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November 21, 2023
PERDERSI – ANNIE ERNAUX

Voto: 7/10
Edito: L’Orma
Pagine e pagine di diario, a raccontare soltanto una cosa: la passione di Ernaux per un diplomatico sovietico, il giovane S., e la loro relazione segreta.
Dal settembre dell’88 all’aprile del ’90, seguiamo tutti gli incontri clandestini della coppia, il desiderio che li unisce, la vita che li separa.
Questa è la seconda opera di Ernaux che ho il piacere di leggere e, per quanto la sua scrittura sia riuscita anche questa volta a coinvolgermi, la storia mi ha colpito un po’ meno.
Non conosco tutte le opere dell’autrice e quindi l’unico paragone che posso fare è con “L’evento”: in “Perdersi” l’autrice si fa carne, sangue e desiderio, corpo e bramosia.
Gli eventi narrati mostrano il modo in cui, per un anno, Ernaux ha praticamente messo in pausa ogni aspetto della sua vita (e ogni pensiero) che non riguardasse S.
Ma chi è S?
Non lo conosciamo mai davvero, così come in fondo non lo conosce neanche l’autrice.
È giovane, li separano quasi quindici anni di età, ma c’è un desiderio insaziabile ad unirli. I due non parlano molto, lui conosce il francese e lei inizia a studiare il russo, ma lui è un tipo silenzioso, e non è una relazione che sta cercando. È un uomo sposato, di questo Annie è ben consapevole e non si fa strane idee su possibili futuri.
La loro è una storia fisica, in cui però l’autrice finisce praticamente per perdersi.
Un diario che racchiude tutti i loro incontri, tutti i sogni che l’autrice ha fatto in quel periodo e la disperazione durante le loro separazioni.
Non è esattamente il mio genere di libro, soprattutto perché ci sono dettagli che non mi interessano né mai nella vita avrei pensato di dover leggere: ora sappiamo tutti quand’è stata la prima volta che Annie Ernaux ha praticato la sodomia, e vivevamo bene anche prima, direi.
Ma nonostante questa sovrabbondanza di dettagli e nonostante il sentimento che, personalmente, definirei quasi “esagerato” (soprattutto per una relazione che si basava praticamente solo sull’aspetto fisico) che porta ad uno struggimento completo, c’è sempre qualcosa nella penna di Ernaux che mi spinge a proseguire nella lettura.
Il modo in cui Ernaux analizza e critica ogni proprio pensiero, ogni azione, ogni sentimento, scavando nella propria mente, è una cosa che mi affascina moltissimo. Il suo essere critica con i critici, che non l’hanno capita o non hanno saputo vedere alcuni aspetti nelle sue opere; i significati che ritrova nei propri sogni, come soltanto una persona che si conosce davvero fino in fondo sa fare; il modo in cui ricollega ricordi e pezzi delle sue opere, insieme a tantissime citazioni di altri autori, creando una fitta rete di vita vera e letteratura. Credo sia questo l’aspetto migliore del libro: Annie che eviscera Annie, mostrandosi completamente al lettore, sia nel corpo che nella mente.
Ci sono tantissime citazioni di tante grandi opere, e molte riflessioni sulla vita e sulla scrittura, che mostrano in maniera precisa e lampante l’amore che l’autrice prova per la letteratura, e il modo in cui la vive completamente.
Non credo che la sua storia con S. sia stata la più grande storia d’amore del mondo (anche perché lui era un uomo sposato e non credo avesse una relazione aperta con la moglie, ma ovviamente potrei sbagliarmi), e lei stessa vede che quello che lui prova nei suoi riguardi è interesse per una donna famosa, una scrittrice di successo, e sa che le sue ambizioni di carriera sono più importanti di questo rapporto, ma non può impedirsi di cadere completamente ai suoi piedi.
Annie si fa corpo, e la sua ossessione la divora da dentro, influenzando ogni aspetto della sua vita. Come dicevo non è il mio genere di lettura, ma anche per questo ho apprezzato di più quest’opera: Annie Ernaux brucia di passione, e quel fuoco ci mostra un nuovo lato di lei, senza nascondere nulla, fino alla cenere.
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November 18, 2023
CROSSROADS – JONATHAN FRANZEN

Voto: 9/10
Edito: Einaudi
Chicago, 1970.
La famiglia Hildebrandt assomiglia a tante altre famiglie: c’è Russ, il padre, pastore di una chiesa locale; Marion, la madre, casalinga che si occupa dei figli; Clem, il figlio maggiore, studente universitario; Becky, una delle ragazze più belle e popolari del liceo; Perry, troppo intelligente per il suo bene, che ha deciso di smettere di fumare (e vendere) marijuana; e il piccolo Judson, di appena nove anni.
Una famiglia come tante, una famiglia che sta per cadere a pezzi.
Sì perché Russ ha avuto dei problemi con il giovane pastore Rick Ambrose che, per evitare uno scandalo, lo ha allontanato dal gruppo giovanile della chiesa, Crossroads, e da quel momento la vergogna gli ha impedito di rivelare la verità a sua moglie e l’odio lo ha accecato, portando a galla tutti gli aspetti più patetici del suo carattere.
Marion, invece, sente che suo marito si sta allontanando sempre di più, che si sta invaghendo di un’altra parrocchiana, e teme che suo figlio Perry possa soffrire degli stessi disturbi di cui soffriva lei da giovane.
Clem e Becky hanno sempre avuto un rapporto molto unito, ma da quando Clem è andato all’università e si è trovato una ragazza le cose sembrano essere cambiate fra i due, che iniziano inevitabilmente ad allontanarsi, a non capirsi più.
Becky, per ribellarsi a suo padre, entra a far parte di Crossroads e cerca di avvicinarsi a Tanner Evans, un giovane musicista dai capelli lunghi e i pantaloni a zampa d’elefante di cui tutte sembrano innamorarsi perdutamente, e nel suo tentativo di ribellione troverà una fede e forse la sua strada.
Perry, sempre così manipolatore e calcolatore, impegnato a progettare grandi piani e grandi scuse, nonostante il suo genio non riuscirà ad avere la meglio sulle sue dipendenze e i suoi eccessi.
Avete presente quando leggete un libro e sembra che i personaggi non vi dicano niente, non vi trasmettano niente, non sembrano persone reali e realistiche?
Ecco, in questo romanzo è esattamente l’opposto: il difficile è farli stare zitti.
La storia principale del romanzo (che è il primo di una trilogia) si svolge nel periodo fra Natale e Pasqua (con un piccolo salto temporale finale); il tutto però è così farcito di flashback e osservazioni e dubbi morali e ricordi e riflessioni filosofiche e religiose da riuscire a riempire più di 600 pagine, ed è un puro e semplice piacere per la mente.
Le giornate si dilatano di fronte ai nostri occhi, e ci ritroviamo ad osservare ogni minimo dettaglio di uno stesso evento, raccontato da diversi punti di vista, con le diverse interpretazioni che ne seguono, e tutti i pensieri più reconditi di ogni personaggio.
Questo è stato il mio primo approccio a Franzen, e che scoperta strabiliante.
Il suo modo di scavare nella mente dei personaggi, di descrivere tutti i loro pensieri, è una delle cose più belle e umane che io abbia mai letto.
Con precisione e un tono leggermente distaccato, mai freddo e mai pesante, con una voce tanto ironica quanto drammatica, con un’empatia infinita, riesce a raccontare in maniera perfetta l’infelicità alla base di una famiglia come tante altre, la frustrazione di un matrimonio in crisi, l’ansia di chi cerca di fuggire dagli errori commessi, la rivolta interiore (ed esteriore) dell’adolescenza, e le sofferenze della classe borghese americana.
I personaggi non sono buoni e perfetti, anzi; sono persone che commettono errori, che peccano, umani e fallaci, ognuno con le proprie piccolezze, le cattiverie e le brutture.
Dio è una parte fondamentale di tutto il romanzo, così come molti aspetti della salute mentale dei personaggi, e i due aspetti si mescolano fra di loro, creando risultati sempre diversi a seconda dell’evento che stiamo osservando e del personaggio che lo sta vivendo e del suo modo di vivere la religione stessa.
La religione e il pensiero costante della morale, soprattutto di stampo cristiano, guidano spesso le azioni e i pensieri dei protagonisti. Ogni azione ha il suo peso, ogni decisione ricade praticamente su tutti i personaggi, ogni scelta ha un significato morale che, come un riverbero, si espande e si dilaga, travolgendo tutto ciò che incontra.
E così la famiglia crolla, e vengono a galla i veri sentimenti che restavano nascosti sotto alla cenere dei finti perbenismi, e gli Hildebrandt si ritrovano a dover ricominciare da zero, ad un crocevia (crossroad) che li spinge a ritornare sui propri passi con una nuova consapevolezza o a prendere una strada completamente nuova.
Un romanzo semplicemente fantastico, composto da una serie di inquadrature ravvicinate, di magnifici primi piani, precisi e profondi, che vanno a comporre con le vicende di una famiglia un quadro che è come un mosaico, a rappresentare l’umanità tutta, a raccontare le sofferenze che tutti cercano di nascondere negli angoli più bui.
Il fatto che questo sia soltanto il primo capitolo di una trilogia è una delle notizie più belle della storia del mondo.
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November 16, 2023
LA GABBIA DELLE SCIMMIE – VICTOR GISCHLER

Voto: 7/10
Edito: TimeCrime Fanucci
Un ringraziamento speciale a TimeCrime per avermi inviato una copia di questo romanzo!
Charlie Swift non è un uomo come tanti: è un gangster di Orlando, e sa fare molto bene il suo lavoro.
Lavoro che questa volta lo ha portato ad andarsene in giro con un cadavere decapitato nel bagagliaio della macchina. Doveva essere un lavoretto semplice, ma le cose non vanno mai come dovrebbero, ed è così che Charlie incontra Marcie, l’ex moglie del povero senza-testa, per poter identificare il corpo.
Qualche complicazione qua e là, ma niente di strano, almeno fino all’arrivo di Beggar Johnson, il quale controlla praticamente tutta la criminalità organizzata della Florida, ed ora ha intenzione di impossessarsi anche di Orlando.
Ma Charlie è un uomo leale, e non ha intenzione di abbandonare il suo capo, Stan. L’unico problema è che Stan sembra essere scomparso nel nulla.
Tutta la sua gang viene fatta fuori senza pietà, e Charlie si ritrova in mano i registri contabili delle attività di riciclaggio di Johnson, alla ricerca del suo vecchio capo, inseguito dai rivali di Miami e con gli agenti dell’FBI sulle sue tracce.
Una storia piena d’azione, che parte direttamente in quarta.
Un cadavere senza testa, corpi bruciati, inseguimenti folli. Pagine e pagine di proiettili e pugnali, cazzotti e whiskey.
Charlie è un personaggio simpatico, con la sua ironia e la sua professionalità, che riesce a portare bene la storia fino alla fine; certo, non è approfondito e caratterizzato alla perfezione, ma per questo tipo di storia funziona perfettamente.
Come ogni gangster che si rispetti non potevano mancare alcuni commenti razzisti o maschilisti, ma visto che la storia è narrata in prima persona, diciamo semplicemente che si tratta del personaggio e non dell’autore, e andiamo avanti.
Le donne praticamente non esistono, ma onestamente non mi aspettavo niente di diverso.
Ci sono: la madre del protagonista, la tipa cazzuta con cui se la fa il protagonista, c’è la ragazza del fratello del protagonista. Insomma, persone di passaggio che vengono nominate ogni tanto giusto per ricordarci che esistono.
E poi c’è Tina (con il classico finale del cattivo che spiega le proprie motivazioni e la fine più insoddisfacente di sempre).
(Poi certo, della ragazza che sta annegando non possiamo non notare “i senti che spingono contro il tessuto bagnato della maglietta”, questo è uno dei più classici fra tutti i classici.)
La storia è piena d’azione, e lo stile pulito di Gischler rende la lettura scorrevole e piuttosto piacevole. Nonostante la quantità di cadaveri alla fine del romanzo potrebbe riempire un paio di tir, le cose non si fanno mai eccessivamente grafiche, cosa che ho apprezzato parecchio.
È una lettura sicuramente leggera, per staccare un po’ il cervello per qualche ora, senza infamie e senza lode.
Il ritmo è serrato dall’inizio alla fine, e riesce a catturare bene l’attenzione del lettore.
L’intreccio narrativo non è troppo complesso, ma riesce a reggere bene fino alla fine, senza perdere pezzi lungo la strada.
Piacevole, carino, ma probabilmente lo avrò dimenticato entro la fine dell’anno.
Però lo consiglio per chi è alla ricerca di azione e pallottole, perché ce ne sono a bizzeffe.
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November 11, 2023
LA RUOTA DEL TEMPO 3: IL DRAGO RINATO – ROBERT JORDAN

Voto: 8/10
Edito: Fanucci
Dopo lo scontro avvenuto alla fine del secondo romanzo, una voce ha cominciato a circolare per tutto il mondo: il Drago è Rinato, è davvero qui.
Rand, però, non è ancora del tutto convinto di essere davvero il Drago, i dubbi su Moiraine e l’Amyrlin Seat e le loro reali intenzioni nei suoi confronti continuano a turbarlo.
Intanto Mat continua a lottare fra la vita e la morte, la contaminazione di Shadar Logoth è forte, ma sta viaggiando verso la Torre Bianca, l’unico posto in cui riusciranno a salvarlo.
Anche Egwene, Nynaeve ed Elayne viaggiano con lui, per poter finalmente iniziare seriamente il loro addestramento e diventare Aes Sedai.
Il male, però, è ormai libero, gli intrighi si nascondono dietro ogni angolo, prendono nuove e vecchie sembianze, Myrdraal e Uomo Grigio, Segugi Neri e le tredici componenti della temibile Ajah Nera.
Ma c’è una cosa che Rand deve fare per forza, richiamato dai suoi predecessori: recuperare Callandor, la spada del Drago contenuta nella Pietra di Tear, l’arma leggendaria che soltanto il vero Drago Rinato può impugnare.
Siamo sinceri, questo libro mi è piaciuto ancora più del precedente.
La storia inizia “tardi”, perché una buona parte del romanzo si concentra sulle tre aspiranti Aes Sedai e il loro addestramento, e sinceramente l’ho amato.
Egwene e Nynaeve sono sempre più forti e sempre più fantastiche, non c’è molto da aggiungere, io le amo e le difenderò fino alla morte! (Ma Nynaeve che, dura e indipendente e forte e buona…sorride quando un marinaio le da un pizzicotto?? Ma per favore, ma quando mai, con queste cazzate maschiliste.)
Finalmente Mat si è risvegliato, e il suo tono ironico aggiunge una voce che mancava nel secondo volume, con la sua tendenza a prendere scelte avventate e puntare tutto sulla fortuna.
Nella prima metà, Perrin è ancora combattuto per via del suo legame con i lupi, e onestamente cominciavo a non sopportarlo più, ma verso la fine sembra accettare un po’ meglio le cose, quindi vediamo come andrà nel volume successivo.
Mi è piaciuto moltissimo l’incontro con gli Aiel, personaggi davvero affascinanti!
Ritrovare Aludra è stato un vero piacere, così come conoscere Faile, entrambe sagaci e ironiche, che servono un po’ a controbilanciare i momenti più lenti e noiosi di Mat e Perrin.
La mia amata Moiraine resta un po’ sottotono per tutto il romanzo, fino allo scontro finale nella Pietra, dove sconfigge il reietto Be’lal in mezzo secondo? Certo, io credo nella sua onnipotenza e grandezza, però andiamo, è un po’ troppo facile, no?
Alla stessa maniera Rand, (che come Perrin attende tutto il romanzo per cominciare ad accettare la sua vera natura), che sconfigge Ba’alzamon come se fosse la cosa più facile del mondo.
Cioè, 750 pagine di ansia e ragionamenti e viaggi in nave e inseguimenti e tutto quello che vi pare, e poi 5 paginine per uno scontro così brutto?
Un po’ una delusione, sinceramente.
Ma non importa, perché il Tenebroso non è ancora stato sconfitto, ma il Drago è Rinato, ora lo sanno tutti, grande festa alla Corte di Francia, in tutto il Tear e oltre, IL DRAGO! AL’THOR!
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November 9, 2023
SPATRIATI – MARIO DESIATI

Voto: 4/10
Edito: Einaudi
Francesco e Claudia si conoscono a scuola, da bambini, ed è subito amore.
O almeno per Francesco, che è la voce narrante di questa storia.
Lui la vede così bella, alta, con i capelli rossi e gli zigomi sporgenti, e la ama anche se lei non lo degna di uno sguardo.
Quando poi iniziano a conoscersi, il destino sembra essere contro di loro: la madre di Francesco e il padre di Claudia iniziano una storia clandestina, creando un’altra barriera fra i due.
Ma i ragazzi non vogliono stare lontani, e in un lampo diventano migliori amici, inseparabili, anche durante l’anno che Claudia passa a Londra.
Crescono insieme e restano insieme anche quando Claudia si trasferisce a Milano per 10 anni, e Francesco resta a Martina Franca, frequenta l’università a Bari e apre un’agenzia immobiliare.
Ma con il cuore segue sempre Claudia, in tutte le sue avventure, in tutti i suoi spostamenti.
E quando lei si trasferisce a Berlino, per la prima volta Francesco decide che è giunto anche per lui il momento di partire, di raggiungerla, di vivere una vita più grande di quella di un piccolo paese, per scoprire cose nuove (o forse vecchie) di sé e capire dove sono davvero le sue radici.
Mi piace indorare un po’ la pillola, e quindi inizierò così: Desiati sa descrivere bene la sua Puglia, si sente fra le sue parole l’amore che prova per quella terra…forse dovrebbe scrivere degli opuscoli per i turisti.
Esagero? Esagero, ok, va bene, era una battuta.
In fondo questo romanzo ha vinto il Premio Strega nel 2022. Ecco.
Allora, partiamo dai personaggi principali: Francesco è una pippa assurda e Claudia è, onestamente, una ragazza come tante cresciuta negli anni ’90, che ama i rave e la poesia e vive all’estero.
Ma voi sapete quante persone conosco così, nella vita vera?? TANTISSIME.
E questo per me ha reso Claudia più umana, più realistica, quindi non ho molto di cui lamentarmi. Francesco, però, dio mio…che palle!
Passa tutta la sua vita semplicemente sbavando dietro a Claudia, a pensare a lei, a parlare con lei, a immaginarsi (con) lei, a masturbarsi pensando a lei, a cercarla in tutte le poesie e tutti i romanzi, ad immaginarsi un “noi” che sinceramente ad un certo punto diventa davvero pesante e fastidioso, perché personalmente non ho sentito lo stesso trasporto da parte di Claudia.
Cioè, che ansia.
Anche il fatto che tutti abbiamo descritto il loro rapporto come “la terra di confine fra l’amicizia e l’amore”, cioè ma dove, quella poveretta l’ha definito fratello, ricercava chiunque altro tranne che lui, e Francesco che si piangeva addosso perché non potevano stare insieme. MADONNA CHE PALLE!
Non era neanche una grande amicizia, era un’ossessione malata condita con frasi emo sul grande amore.
Non che Claudia non tenesse a lui, ma lui era esagerato.
Lui non esiste, legge quello che dice lei, va nei posti che dice lei, fa quello che dice lei; non era meglio scrivere semplicemente un libro su Claudia? Invece che su questo sfigato che sta lì ad idolatrarla e a correrle dietro e a raccogliere le briciole che lei gli lancia?
Questo è il protagonista, l’io narrante che porta avanti la storia. Ok.
Altra cosa che io ho trovato normalissima ed ho anche apprezzato, almeno in parte, è il fatto che per entrambi la scoperta di sé stessi e della vita e dell’amore passi anche attraverso la scoperta del sesso e dell’amore senza limitazioni di genere e ingabbiamenti di sessualità, cosa che invece è stata tacciata da molti come “mossa furbetta per strizzare l’occhio al gender-fluid”. Ma lo sapete che cosa vuol dire gender-fluid? Evidentemente no.
Perché anche in questo caso Desiati ha scritto una cosa molto reale, molto vera, molto simile alle esperienze di tantissime persone, sia per Claudia che per Francesco (che almeno quando sta con Andria, per 8 pagine, non si fa le pippe pensando a Claudia).
Ora, lo stile. Che dire.
Inizia bene, perché conosciamo i personaggi da adolescenti e sembra di sentire la voce di un adolescente con tutte le tempeste emotive ed ormonali proprie di quell’età.
Ma poi ho pensato: ma in realtà la storia Francesco la racconta “col senno di poi”, quindi già grande, quindi c’è qualcosa che non va. Per tutta l’opera, i pensieri vengono riportati con una voce e un sentire estremamente adolescenziali, con grandi immagini poetiche di luci e colori e odori, molto emo e molto sofferenti, ma palesemente forzate.
Così come forzati sono tutti i dialoghi, davvero poco realistici, dove i personaggi si parlano in maniera assurda, con frasi che nessuno direbbe mai nella vita vera.
Quello di Desiati è uno stile magico perché: da una parte la sua voce sembra quella di un ragazzino che si finge un adulto che si finge un adolescente, e dall’altra sembra non aver mai attraversato egli stesso la pubertà e non aver mai sentito parlare un vero adolescente. Un mix esplosivo.
Mi sono piaciute dei passaggi in cui parla dei sentimenti (forse anche perché li ho provati in prima persona) di chi vuole fuggire e tornare, andare e restare.
Quelle poche immagini degne di nota, però, si perdono in un mare di banalità ed eccessivo campanilismo, eccessivi tentativi di essere e sembrare diversi, tutto eccessivo.
Della sorte dei due personaggi mi importava poco, il grande sentimento che li univa lo sentivo poco, la scrittura di Desiati mi ha convinto poco.
Un libro che spero di dimenticare presto, soprattutto per tutta l’ansia che riempiva questa grande amicizia.
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November 7, 2023
L’OSMOSI DEL COC-CO-DRIL-LO – MALIK TARIQ BASHIR

Edito: Bookabook
Il 31 luglio del 2010 Renato Sfamanti ha 36 anni e, dopo anni di fatica e duro lavoro, si ritrova a dover chiudere il proprio negozio di arredamento d’interni.
È una giornata difficile, calda e pesante, e si ritrova ad assistere per caso ad un aggressione: un uomo viene spinto nella Fontana di Trevi e rischia di affogare.
Renato agisce velocemente e riesce a salvarlo, ma finisce così invischiato in una storia ancora più oscura.
Il figlio dell’uomo che ha salvato è accusato di aver ucciso i suoi 2 figli, ma il padre è sicuro della sua innocenza, e chiede a Renato di aiutarlo a far affiorare la verità.
Così, in questo breve romanzo, accompagniamo Renato nelle sue indagini per raggiungere la verità. Tutti i dettagli sembrano puntare dritto verso la colpevolezza di Tommaso Sperlì, ma suo padre Ignazio continua a parlare di un “coc-co-dril-lo” che vuole uccidere la sua famiglia, quindi c’è un mistero da scoprire.
La storia in sé non è male, e la scrittura di Bashir è abbastanza coinvolgente, riesce a far sì che il lettore voglia scoprire come sono andate le cose.
Io ho letto una versione del romanzo non editata, quindi ci sono un po’ di refusi ed errori grammaticali, ma niente di eccessivo.
Il lessico utilizzato è vario e composto anche da termini non troppo comuni, che donano più ricchezza al testo.
Nonostante la sua brevità, l’opera non resta in superficie.
Purtroppo ci sono degli errori (il padre di Renato all’inizio della storia possiede un’edicola che dopo un paio di pagine diventa un ristorante) e delle cose poco sensate, che servono principalmente a far proseguire la storia (il fatto che il Maresciallo Berardi ordini a Renato di non immischiarsi alle indagini e un secondo dopo gli racconti tutto ciò che hanno scoperto fino a quel momento, nonostante egli sia un civile e non sia assolutamente coinvolto con la storia).
Più volte succedono questi episodi poco credibili e realistici, così come la risoluzione è un po’ troppo semplice, ma nel complesso è una storia che funziona abbastanza bene.
Ho apprezzato molto lo stile di Bashir che mescola sogni e realtà, ricordi ed osservazioni, rendendo l’atmosfera dell’intera opera più eterea e onirica.
Una buona idea che avrebbe bisogno di un buon editing, con un buon potenziale.
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November 4, 2023
POVERE CREATURE! – ALASDAIR GRAY

Voto: 8/10
Edito: Safarà
È per puro caso che, lo storico Michael Donnelly, passeggiando per le strade di Glasgow, si imbatte in alcuni vecchi schedari abbandonati sul ciglio della strada.
Appartenuti ad un vecchio studio legale ormai chiuso, contengono ancora molto documenti che risalgono all’inizio del ‘900.
Tra questi, la sua attenzione è attirata dal nome della prima donna laureata in medicina all’Università di Glasgow, Victoria McCandless, e da una busta che la donna aveva indirizzato ai suoi discendenti.
Al suo interno ci sono una lettera e un libro, intitolato “Episodi della gioventù di un funzionario scozzese della salute pubblica”, scritto da Archibald McCandless.
E la storia che narra è semplicemente incredibile.
Alla fine del XIX secolo, il chirurgo Godwin Baxter aveva preso il cadavere di una venticinquenne morta suicida, lo aveva riportato in vita e aveva innestato nel cranio della donna il cervello della neonata che la ragazza portava in grembo, per poterle dare una seconda vita.
Prima di morire, la giovane si chiamava Victoria Blessington, era sposata con un Generale, ma tutti i suoi ricordi erano ormai andati perduti.
Nella sua nuova vita si chiama Bella Baxter, e deve imparare a conoscere di nuovo tutto ciò che la circonda.
La storia ci viene raccontata dal punto di vista dell’autore, Archibald, che si innamora di lei la prima volta che la incontra e, dopo varie peripezie e viaggi per il mondo, riuscirà a sposarla e a vivere felicemente con lei.
La lettera contenuta nella busta, però, scritta proprio dalla dottoressa Victoria McCandless, ha qualcosa da dire riguardo alla storia raccontata in quel volume.
Cosa si può dire di questo libro? È semplicemente un geniale miscuglio di storie e voci, di documenti ritrovati e narratori inaffidabili, di parodia e incomprensioni e sogni e desideri, un libro in un libro, con tanto di confutazione finale da parte dell’autore.
È un ritratto vivido della società vittoriana di Glasgow, e una satira acuta e tagliente.
È un piccolo mostro di Frankestein, che riunisce in sé citazioni da tantissime opere che l’hanno preceduta, ed eventi, e luoghi, e idee.
Lo ammetto, ha attirato la mia attenzione sin da subito, ma il fatto che il personaggio di Bella venisse presentato come “una venticinquenne col cervello di una bambina riportata in vita che affronta varie vicissitudini anche di carattere sessuale”…mi creava qualche problema.
Quando poi Archibald la incontra e, pur sapendo che ha il cervello di un bambina, si innamora immediatamente di lei…ho pensato di abbandonare la lettura? Bè, forse, lo ammetto.
Insomma, già la frase (pronunciata dallo stesso Archibald) “Ti credi sul punto di ottenere ciò che gli uomini hanno bramato per secoli: l’anima di una bambina innocente, fiduciosa e dipendente nel corpo opulento di una donna splendida” mi aveva fatto accapponare la pelle, ma ho resistito, ho perseverato, e per fortuna.
Perché lo sviluppo di Bella è semplicemente fantastico: da quando si muove gattonando, a quando impara a parlare e utilizza una valanga di sinonimi per ogni parola, alla sua “adolescenza” e la sua ricerca di amore e passione, i suoi viaggi incredibili, i suoi incontri interessanti e i discorsi pieni di incomprensioni e (involontari) giochi di parole, fino alla sua maturazione come donna.
Da una parte mi aspettavo che la parte “scientifica” venisse spiegata in qualche maniera, inventando con grandi terminologie e parafrasi il miracolo compiuto da Baxter; invece il processo viene nominato appena, due parole soltanto per specificare che sia effettivamente accaduto, forse per non attirare troppo l’attenzione sul “cadavere” ma per lasciare che il lettore si concentri sulla persona viva.
Poi nella seconda metà del romanzo, la lettera di Victoria ci rivela la realtà: lei non si era suicidata, ma Baxter l’aveva davvero salvata quando era fuggita di casa, l’aveva accolta e le aveva insegnato ciò che sapeva e l’aveva spinta ad osservare tutto con curiosità, a porsi domande, a cercare risposte.
Lei si era innamorata di lui e della sua gentilezza, ma lui non poteva ricambiare i suoi sentimenti.
E così lei si era “accontentata” di McCandless, un conoscente di Baxter che non l’aveva colpita in maniera particolare, ma che avrebbe potuto aiutarla a realizzare i suoi sogni.
La “vera” Bella, su cui poi Archibald aveva basato il suo personaggio, aveva avuto una grande carriera nel campo della medicina, ma le sue visioni socialiste e rivoluzionarie non erano state accettate dalla società, che aveva finito per rilegarla in un angolo.
La terza parte del romanzo, invece, è una piccola raccolta di “Note critiche e storiche” di Gray stesso, attraverso le quali corregge e rettifica nomi e date e luoghi usati dalla coppia di sposi, riporta nomi di opere citate ed eventi storici anche solo sfiorati.
Così la prima parte rimane la storia più incredibile, la seconda quella più “sorprendente” e la terza, nonostante sia una semplice lista di fatti riportati con tono asciutto, è quella più divertente.
Tutta la storia di Bella è scritta con il tono delle grandi opere vittoriane, ironico nei dialoghi e sagace nelle riflessioni. Un romanzo contro stereotipi e costrizioni, che racconta più volte la stessa storia da punti di vista diversi, entrambi distorti dallo sguardo del narratore, ma sempre affascinante e incredibile.
Un intreccio di strade e voci, vere e false, credibili o assurde, che crea un’opera, semplicemente, geniale.
Ed ora attendo con impazienza il film.
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November 2, 2023
L’ULTIMA COSA BELLA SULLA FACCIA DELLA TERRA – MICHAEL BIBLE

Voto: 6/10
Edito: Adelphi
Un ragazzo, una chiesa, una tanica di benzina, un fiammifero.
Fuoco, urla e venticinque morti.
Iggy avrebbe voluto togliersi la vita in quel luogo così centrale per la sua comunità, ma finisce per commettere una strage.
Anni dopo il paese parla ancora di lui, del suo gesto, e cerca di comprendere cosa possa averlo spinto a fare una cosa simile.
Iggy, intanto, in una piccola cella, attende di scontare la sua pena, attende la morte.
Insieme a quella di Iggy, ci sono altre voci a dipingere il quadro d’insieme: ci sono Cleo e Paul, che Iggy ha tanto amato e ha perduto; c’è Trudy, che è riuscita a salvarsi dall’incendio nel quale è morto anche suo figlio, e c’è Joe, il bambino che la donna ha portato in salvo.
La vita avanza, prima e dopo la tragedia, inarrestabile.
Un piccolo libro che tenta di narrare una storia enorme: suicidi, uso smodato di droga ed alcol, amori adolescenziali, abusi e violenza domestica, non ci facciamo mancare nulla.
Tranne, forse, una connessione forte e una storia profonda.
I primi capitoli del libro iniziano con forza e attirano subito la nostra attenzione: un paese del Sud degli Stati Uniti che ancora parla e sparla dell’evento più importante e tragico che sia mai capitato nella piccola cittadina, che tenta di comprendere, di dare un senso a qualcosa di insensato.
Riporta quasi alla memoria altri americani, grandi americani. Quasi, però.
Perché poi la narrazione si sposta, tocca ad Iggy raccontarci come sono andati i fatti, e non è riuscito a trasmettermi neanche un po’ di emozione.
La noia, il tedio insopportabile, la perdita della persona amata, le droghe, niente di tutto questo riesce a creare un personaggio ben caratterizzato e credibile.
La sua voce è semplicemente quella di un adolescente incompreso, che non comprende il mondo.
Non è niente di nuovo, niente di eccitante o eclatante, non è una persona per cui fare il tifo, per cui dispiacersi, con cui piangere.
Alla stessa maniera le altre voci che compongono il coro: Cleo e Paul non lasciano il segno, di Trudy ci importa poco e Johnny è solo un cinquantenne che si crede un adolescente e violenta le persone nel sonno; Farber è una voce inutile che serve solo a raccontarci delle disavventure di Cleo con una comunità ultrareligiosa che, guarda caso, maltratta le donne; e Joe, il bambino salvato dalle fiamme per diventare una persona qualunque.
Ho letto questo libro con la convinzione che fosse l’opera prima dell’autore, e sarebbe stata un’attenuante per parecchie cose. Ma no, questo è il 3o o il 4o libro, e allora no.
La mancanza di approfondimenti, di caratterizzazione dei personaggi, la banalità con cui vengono affrontati molti argomenti, l’eccessiva quantità di spunti che servono a creare un alone di dolore e sofferenza ma senza avere davvero senso, tutto questo non crea un buon libro.
Mi sono piaciute alcune immagini, alcuni pensieri, ma la scrittura piatta e mozzata dell’americano che si crede poeta, dell’imitatore di grandi voci, non fa per me.
Un libro che poteva essere molto di più, principalmente se fosse stato sviluppato di più, perché 130 pagine sono un po’ poche per far uscire il cuore di una storia davvero profonda.
Qui sembra di osservare il riflesso delle stelle in una pozzanghera.
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La cosa più bella sulla faccia della terra
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