Rachele Riccetto's Blog, page 19
November 7, 2023
L’OSMOSI DEL COC-CO-DRIL-LO – MALIK TARIQ BASHIR

Edito: Bookabook
Il 31 luglio del 2010 Renato Sfamanti ha 36 anni e, dopo anni di fatica e duro lavoro, si ritrova a dover chiudere il proprio negozio di arredamento d’interni.
È una giornata difficile, calda e pesante, e si ritrova ad assistere per caso ad un aggressione: un uomo viene spinto nella Fontana di Trevi e rischia di affogare.
Renato agisce velocemente e riesce a salvarlo, ma finisce così invischiato in una storia ancora più oscura.
Il figlio dell’uomo che ha salvato è accusato di aver ucciso i suoi 2 figli, ma il padre è sicuro della sua innocenza, e chiede a Renato di aiutarlo a far affiorare la verità.
Così, in questo breve romanzo, accompagniamo Renato nelle sue indagini per raggiungere la verità. Tutti i dettagli sembrano puntare dritto verso la colpevolezza di Tommaso Sperlì, ma suo padre Ignazio continua a parlare di un “coc-co-dril-lo” che vuole uccidere la sua famiglia, quindi c’è un mistero da scoprire.
La storia in sé non è male, e la scrittura di Bashir è abbastanza coinvolgente, riesce a far sì che il lettore voglia scoprire come sono andate le cose.
Io ho letto una versione del romanzo non editata, quindi ci sono un po’ di refusi ed errori grammaticali, ma niente di eccessivo.
Il lessico utilizzato è vario e composto anche da termini non troppo comuni, che donano più ricchezza al testo.
Nonostante la sua brevità, l’opera non resta in superficie.
Purtroppo ci sono degli errori (il padre di Renato all’inizio della storia possiede un’edicola che dopo un paio di pagine diventa un ristorante) e delle cose poco sensate, che servono principalmente a far proseguire la storia (il fatto che il Maresciallo Berardi ordini a Renato di non immischiarsi alle indagini e un secondo dopo gli racconti tutto ciò che hanno scoperto fino a quel momento, nonostante egli sia un civile e non sia assolutamente coinvolto con la storia).
Più volte succedono questi episodi poco credibili e realistici, così come la risoluzione è un po’ troppo semplice, ma nel complesso è una storia che funziona abbastanza bene.
Ho apprezzato molto lo stile di Bashir che mescola sogni e realtà, ricordi ed osservazioni, rendendo l’atmosfera dell’intera opera più eterea e onirica.
Una buona idea che avrebbe bisogno di un buon editing, con un buon potenziale.
Se vi sembra una lettura interessante, potete preordinarlo al link qui sotto direttamente sul sito di Bookabook ed aiutare l’autore a raggiungere la quota necessaria!
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1564=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1564").classList.add("av-review-submitted")L'articolo L’OSMOSI DEL COC-CO-DRIL-LO – MALIK TARIQ BASHIR proviene da Lego, Legimus.
November 4, 2023
POVERE CREATURE! – ALASDAIR GRAY

Voto: 8/10
Edito: Safarà
È per puro caso che, lo storico Michael Donnelly, passeggiando per le strade di Glasgow, si imbatte in alcuni vecchi schedari abbandonati sul ciglio della strada.
Appartenuti ad un vecchio studio legale ormai chiuso, contengono ancora molto documenti che risalgono all’inizio del ‘900.
Tra questi, la sua attenzione è attirata dal nome della prima donna laureata in medicina all’Università di Glasgow, Victoria McCandless, e da una busta che la donna aveva indirizzato ai suoi discendenti.
Al suo interno ci sono una lettera e un libro, intitolato “Episodi della gioventù di un funzionario scozzese della salute pubblica”, scritto da Archibald McCandless.
E la storia che narra è semplicemente incredibile.
Alla fine del XIX secolo, il chirurgo Godwin Baxter aveva preso il cadavere di una venticinquenne morta suicida, lo aveva riportato in vita e aveva innestato nel cranio della donna il cervello della neonata che la ragazza portava in grembo, per poterle dare una seconda vita.
Prima di morire, la giovane si chiamava Victoria Blessington, era sposata con un Generale, ma tutti i suoi ricordi erano ormai andati perduti.
Nella sua nuova vita si chiama Bella Baxter, e deve imparare a conoscere di nuovo tutto ciò che la circonda.
La storia ci viene raccontata dal punto di vista dell’autore, Archibald, che si innamora di lei la prima volta che la incontra e, dopo varie peripezie e viaggi per il mondo, riuscirà a sposarla e a vivere felicemente con lei.
La lettera contenuta nella busta, però, scritta proprio dalla dottoressa Victoria McCandless, ha qualcosa da dire riguardo alla storia raccontata in quel volume.
Cosa si può dire di questo libro? È semplicemente un geniale miscuglio di storie e voci, di documenti ritrovati e narratori inaffidabili, di parodia e incomprensioni e sogni e desideri, un libro in un libro, con tanto di confutazione finale da parte dell’autore.
È un ritratto vivido della società vittoriana di Glasgow, e una satira acuta e tagliente.
È un piccolo mostro di Frankestein, che riunisce in sé citazioni da tantissime opere che l’hanno preceduta, ed eventi, e luoghi, e idee.
Lo ammetto, ha attirato la mia attenzione sin da subito, ma il fatto che il personaggio di Bella venisse presentato come “una venticinquenne col cervello di una bambina riportata in vita che affronta varie vicissitudini anche di carattere sessuale”…mi creava qualche problema.
Quando poi Archibald la incontra e, pur sapendo che ha il cervello di un bambina, si innamora immediatamente di lei…ho pensato di abbandonare la lettura? Bè, forse, lo ammetto.
Insomma, già la frase (pronunciata dallo stesso Archibald) “Ti credi sul punto di ottenere ciò che gli uomini hanno bramato per secoli: l’anima di una bambina innocente, fiduciosa e dipendente nel corpo opulento di una donna splendida” mi aveva fatto accapponare la pelle, ma ho resistito, ho perseverato, e per fortuna.
Perché lo sviluppo di Bella è semplicemente fantastico: da quando si muove gattonando, a quando impara a parlare e utilizza una valanga di sinonimi per ogni parola, alla sua “adolescenza” e la sua ricerca di amore e passione, i suoi viaggi incredibili, i suoi incontri interessanti e i discorsi pieni di incomprensioni e (involontari) giochi di parole, fino alla sua maturazione come donna.
Da una parte mi aspettavo che la parte “scientifica” venisse spiegata in qualche maniera, inventando con grandi terminologie e parafrasi il miracolo compiuto da Baxter; invece il processo viene nominato appena, due parole soltanto per specificare che sia effettivamente accaduto, forse per non attirare troppo l’attenzione sul “cadavere” ma per lasciare che il lettore si concentri sulla persona viva.
Poi nella seconda metà del romanzo, la lettera di Victoria ci rivela la realtà: lei non si era suicidata, ma Baxter l’aveva davvero salvata quando era fuggita di casa, l’aveva accolta e le aveva insegnato ciò che sapeva e l’aveva spinta ad osservare tutto con curiosità, a porsi domande, a cercare risposte.
Lei si era innamorata di lui e della sua gentilezza, ma lui non poteva ricambiare i suoi sentimenti.
E così lei si era “accontentata” di McCandless, un conoscente di Baxter che non l’aveva colpita in maniera particolare, ma che avrebbe potuto aiutarla a realizzare i suoi sogni.
La “vera” Bella, su cui poi Archibald aveva basato il suo personaggio, aveva avuto una grande carriera nel campo della medicina, ma le sue visioni socialiste e rivoluzionarie non erano state accettate dalla società, che aveva finito per rilegarla in un angolo.
La terza parte del romanzo, invece, è una piccola raccolta di “Note critiche e storiche” di Gray stesso, attraverso le quali corregge e rettifica nomi e date e luoghi usati dalla coppia di sposi, riporta nomi di opere citate ed eventi storici anche solo sfiorati.
Così la prima parte rimane la storia più incredibile, la seconda quella più “sorprendente” e la terza, nonostante sia una semplice lista di fatti riportati con tono asciutto, è quella più divertente.
Tutta la storia di Bella è scritta con il tono delle grandi opere vittoriane, ironico nei dialoghi e sagace nelle riflessioni. Un romanzo contro stereotipi e costrizioni, che racconta più volte la stessa storia da punti di vista diversi, entrambi distorti dallo sguardo del narratore, ma sempre affascinante e incredibile.
Un intreccio di strade e voci, vere e false, credibili o assurde, che crea un’opera, semplicemente, geniale.
Ed ora attendo con impazienza il film.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1561=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1561").classList.add("av-review-submitted")L'articolo POVERE CREATURE! – ALASDAIR GRAY proviene da Lego, Legimus.
November 2, 2023
L’ULTIMA COSA BELLA SULLA FACCIA DELLA TERRA – MICHAEL BIBLE

Voto: 6/10
Edito: Adelphi
Un ragazzo, una chiesa, una tanica di benzina, un fiammifero.
Fuoco, urla e venticinque morti.
Iggy avrebbe voluto togliersi la vita in quel luogo così centrale per la sua comunità, ma finisce per commettere una strage.
Anni dopo il paese parla ancora di lui, del suo gesto, e cerca di comprendere cosa possa averlo spinto a fare una cosa simile.
Iggy, intanto, in una piccola cella, attende di scontare la sua pena, attende la morte.
Insieme a quella di Iggy, ci sono altre voci a dipingere il quadro d’insieme: ci sono Cleo e Paul, che Iggy ha tanto amato e ha perduto; c’è Trudy, che è riuscita a salvarsi dall’incendio nel quale è morto anche suo figlio, e c’è Joe, il bambino che la donna ha portato in salvo.
La vita avanza, prima e dopo la tragedia, inarrestabile.
Un piccolo libro che tenta di narrare una storia enorme: suicidi, uso smodato di droga ed alcol, amori adolescenziali, abusi e violenza domestica, non ci facciamo mancare nulla.
Tranne, forse, una connessione forte e una storia profonda.
I primi capitoli del libro iniziano con forza e attirano subito la nostra attenzione: un paese del Sud degli Stati Uniti che ancora parla e sparla dell’evento più importante e tragico che sia mai capitato nella piccola cittadina, che tenta di comprendere, di dare un senso a qualcosa di insensato.
Riporta quasi alla memoria altri americani, grandi americani. Quasi, però.
Perché poi la narrazione si sposta, tocca ad Iggy raccontarci come sono andati i fatti, e non è riuscito a trasmettermi neanche un po’ di emozione.
La noia, il tedio insopportabile, la perdita della persona amata, le droghe, niente di tutto questo riesce a creare un personaggio ben caratterizzato e credibile.
La sua voce è semplicemente quella di un adolescente incompreso, che non comprende il mondo.
Non è niente di nuovo, niente di eccitante o eclatante, non è una persona per cui fare il tifo, per cui dispiacersi, con cui piangere.
Alla stessa maniera le altre voci che compongono il coro: Cleo e Paul non lasciano il segno, di Trudy ci importa poco e Johnny è solo un cinquantenne che si crede un adolescente e violenta le persone nel sonno; Farber è una voce inutile che serve solo a raccontarci delle disavventure di Cleo con una comunità ultrareligiosa che, guarda caso, maltratta le donne; e Joe, il bambino salvato dalle fiamme per diventare una persona qualunque.
Ho letto questo libro con la convinzione che fosse l’opera prima dell’autore, e sarebbe stata un’attenuante per parecchie cose. Ma no, questo è il 3o o il 4o libro, e allora no.
La mancanza di approfondimenti, di caratterizzazione dei personaggi, la banalità con cui vengono affrontati molti argomenti, l’eccessiva quantità di spunti che servono a creare un alone di dolore e sofferenza ma senza avere davvero senso, tutto questo non crea un buon libro.
Mi sono piaciute alcune immagini, alcuni pensieri, ma la scrittura piatta e mozzata dell’americano che si crede poeta, dell’imitatore di grandi voci, non fa per me.
Un libro che poteva essere molto di più, principalmente se fosse stato sviluppato di più, perché 130 pagine sono un po’ poche per far uscire il cuore di una storia davvero profonda.
Qui sembra di osservare il riflesso delle stelle in una pozzanghera.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
La cosa più bella sulla faccia della terra
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1557=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1557").classList.add("av-review-submitted")L'articolo L’ULTIMA COSA BELLA SULLA FACCIA DELLA TERRA – MICHAEL BIBLE proviene da Lego, Legimus.
October 31, 2023
IL SECONDO ROMANZO DI MALIK TARIQ BASHIR
Salve a tutti!
Oggi ho il piacere di presentarvi il secondo romanzo di Bashir, edito Bookabook, che mi è stato gentilmente inviato dall’autore, pubblicato nel 2022.

Il viaggio di Virginia Maltesi inizia senza quasi muovere un passo: sogna; intorno a sé scorge luoghi dal sapore medievale, un paesaggio che sembra estendersi all’infinito e un misterioso viandante, ma man mano che i minuti passano l’atmosfera diventa sempre più inquietante e angosciosa.
Chi è l’uomo? Cosa sta cercando, su per la montagna? E perché, in mezzo alla nuda roccia, c’è una porta?
Da semplice spettatrice, Virginia diventa sempre più protagonista, fino a scoprire che il passaggio cela un mondo che non vuole essere svelato, fatto di uomini disposti a tutto pur di rimanere nascosti.

BIO: Malik Tariq Bashir è nato a Roma nel 1983. Ha conseguito la maturità scientifica presso l’Istituto Massimiliano Massimo di Roma e nel 2007 si è laureato in Scienze Politiche, con indirizzo internazionale, presso l’Università degli Studi Roma Tre.
È iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti del Lazio dal 2010.
Ha pubblicato “Il leone bianco” con Faligi editore nel 2009 e “Il profumo dei Valgesi” con Bookabook nel 2022.
“L’osmosi del Coc-co-dril-lo” è il suo nuovo progetto, che potete preordinare direttamente sul sito di Bookabook.
Non vedo l’ora di leggere questa storia e di parlarne con voi.
Presto la recensione!
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1552=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1552").classList.add("av-review-submitted")L'articolo IL SECONDO ROMANZO DI MALIK TARIQ BASHIR proviene da Lego, Legimus.
October 28, 2023
25 – BERNARDO ZANNONI

Voto: 5/10
Edito: Sellerio
Gerolamo ha quasi 25 anni, un paio di amici di vecchia data, una zia che si prende cura di lui da sempre e una casa in cui vive da solo.
I suoi genitori se ne sono andati, lasciandolo in balìa di sé stesso, e lì Gero è rimasto.
Finita la scuola, Gero non ha proseguito gli studi, non ha cercato un lavoro, ma ha semplicemente passato il suo tempo fumando, spostandosi tra un locale e l’altro della sua piccola cittadina di mare, scattando qualche foto.
Ma ad una settimana dal suo compleanno, quando a compiere 25 anni è Tommy, uno dei suoi migliori amici, succede qualcosa che metterà in moto una serie di eventi che darà una scossa alla sua vita insabbiata, e lo porterà ad alzare la testa.
Come dico sempre, io non giudico mai un libro basandomi sulle altre opere dell’autore e così, pur non avendo apprezzato l’opera prima di Zannoni, ho deciso di affrontare la sua seconda fatica.
Solo che qui la fatica la faccio sempre io.
Di base, questa trama forse mi intrigava più di quella de “I miei stupidi intenti”: i 25 anni, un ragazzo perso in sé stesso, la vita che sembra sfuggirti dalle dita…tutte sensazioni che conosco benissimo (non ho passato i 25 da molto, in fondo), che molti conoscono bene, e poteva diventare una lettura interessante.
Mente aperta, nessun pregiudizio, cercavo soltanto un buon libro.
Ma non l’ho trovato neanche questa volta.
Gero dovrebbe rappresentare un’intera generazione di “mezzi uomini”, che non hanno ancora capito chi sono e cosa vogliono, che non sono ancora cresciuti e non riescono ad affrontare di petto anche le più piccole avversità.
Il problema, però, è che Gero è un personaggio troppo inconsistente, praticamente inesistente, che non riesce a trascinare la storia fino alla fine.
Un venticinquenne smarrito? Benissimo.
Ma tu mi vuoi dire che questo tizio, per 6 anni (considerando che di solito ci si diploma a 19 anni) non ha fatto assolutamente niente, non ha studiato, non ha lavorato, “campava d’aria” (come si dice volgarmente) e tutti questi grandi dubbi morali non l’hanno mai sfiorato? Mai?? Neanche una volta??
Ma che vita è, ma questo è un cretino.
Anche perché lui vive letteralmente sulle spalle della zia e della sua piccola pensione d’invalidità, quindi non solo è cretino, ma è anche stronzo (scusatemi il termine).
Poi però, quando Tommy tenta il suicidio (non è uno spoiler, giuro, viene raccontato dopo una ventina di pagine appena), allora Gero viene investito da mille dubbi e mille pensieri e tanta sofferenza.
Ma a noi li racconta? No, noi stiamo lì, a guardarlo seduto su una sedia o su un divano o in una macchina o che cammina o che fuma, grande pensatore, senza entrare mai davvero in lui.
Ripeto, protagonista inesistente.
L’unica cosa che fa è andare al bar, giudicare gli altri avventori che vivono la vita esattamente come lui (o forse anche un po’ meglio), definirli “ombre” o “ignavi” e continuare a non vivere.
Poi ogni volta che Gero si ritrova a pensare a qualcuno diverso da sé, o inizia a fantasticare su come sarebbe sposare e fare una famiglia con la sorella di quella persona (Tommy è in coma a 3 metri da te, ma vergognati), oppure si immagina di prendere direttamente il posto di una persona probabilmente scappata e creare una famiglia con la sua ragazza e i suoi due figli (sempre reazioni normalissime e molto umane).
Parlando “d’amore”, poi, c’è Amon, il terzo moschettiere, bellissimo (ottima descrizione) e fidanzato con Isidora la quale, come ci viene ricordato più volte, non se lo merita, lei è più brutta di lui, che tartassa questa poverina al cellulare e quando lei non risponde se ne esce subito con “Non so dov’è, ho voglia di ammazzarla”.
Sempre Amon, dopo che lui e Isidora si sono lasciati, si fa arrestare perché tenta di picchiare un gruppo di persone e poi, in lacrime, se ne esce con la grande rivelazione “sono innamorato!”.
Ecco, siccome non voglio dedicare ancora troppo tempo a questa recensione, non starò qui a dire quanto sia disgustoso tutto questo.
C’è la metafora della vita come una Grande Gabbia, che ci viene sputata in faccia più volte attraverso la sottile immagine del pappagallo Richard che fugge dalla sua gabbia.
C’è la metafora dell’abbruttimento dell’uomo con il lavoro al mattatoio, sangue e ossa e pezzi informi di carne e cuore pulsante, anche questa molto delicata.
C’è anche la metafora Matrix: da una parte la pillola rossa della realtà (il lavoro al mattatoio) e dall’altra la pillola blu dei sogni e di una vita in un limbo (letteralmente un locale che si chiama Pillola Blu).
Lo stile di Zannoni mi è forse piaciuto un po’ di più, questa volta, anche se sembra scegliere le immagini da utilizzare nello stesso modo in cui i genitori di Beirut hanno deciso il suo nome: “perché suonava bene”.
Il libro è breve e scorre velocemente, tra traumi mai affrontati e un mezzo tentativo di romanticizzare il suicidio, e alla fine si perde nel nulla.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1548=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1548").classList.add("av-review-submitted")L'articolo 25 – BERNARDO ZANNONI proviene da Lego, Legimus.
October 26, 2023
SE IL TEMPO SI FOSSE FERMATO – ARCANGELA VIGGIANO

Edito: Bookabook
Un ringraziamento speciale ad Arcangela per avermi inviato una copia del suo romanzo!
È l’estate del 1970, e la protagonista vive insieme alla sua famiglia in un piccolo paese del Sud Italia, in un quartiere denominato il Castello, dove la vita sembra scorrere con tranquillità durante le ore del giorno, mentre di notte delle ombre oscure si posano sulle case, a ricordare un passato violento e misterioso.
Ma il Castello è un posto quasi magico, in cui la natura si mescola a vecchie credenze e gli spiriti inquieti tornano a farsi sentire, e lei non sa ancora che quella sarà l’ultima estate che trascorrerà lì.
E così, dopo molti anni, la protagonista tornerà a camminare fra quelle vie che non ha mai abbandonato davvero, per tentare di comprendere ed accettare il dolore che ha investito la sua famiglia.
Un’opera prima davvero interessante, questa di Viggiano.
Un romanzo breve che si carica di magia e sofferenza, di buio e musica lirica.
Attraverso continui salti temporali, osserviamo il passato della protagonista e i segni premonitori, sempre più evidenti, della tragedia che si abbatterà sulla sua vita.
Siamo divisi a metà, proprio come lei, fra un luogo del passato dai tratti onirici e un luogo del futuro più asettico e medico.
Il Castello è intriso di ricordi e nostalgia, di rimpianti e innocenza perduta; il futuro è crescita e accettazione, è la fine di un viaggio lungo tutta una vita.
La prosa di Viggiano è matura e chiara, scorrevole e ben articolata; la storia prende vita di fronte ai nostri occhi, e il Castello ha connotazioni quasi gotiche, un luogo incantato e perduto, sognato e sofferto.
In contrapposizione, i luoghi del futuro riguardano tutti la salute mentale della protagonista e del padre, spogliano il passato di quella luce magica e stregata, illuminano la storia con la forza della realtà.
Importanti nella storia sono il destino e la musica, che si intrecciano fino a creare una spessa trama attraverso la quale osservare la realtà.
Il difetto maggiore di questo romanzo è la sua brevità, perché Viggiano è riuscita a creare un luogo interessante in cui sviluppare la sua storia, che avrebbe sicuramente guadagnato più forza da un maggior approfondimento, specialmente dei personaggi.
Una lettura breve ma intensa, dai tratti leggeri e al tempo stesso profondi, che riesce a farci immergere fra le ombre del Castello e dei suoi spiriti, e ci sembra davvero di riuscire ad ascoltare le più grandi opere liriche che risuonano in sottofondo.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1543=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1543").classList.add("av-review-submitted")L'articolo SE IL TEMPO SI FOSSE FERMATO – ARCANGELA VIGGIANO proviene da Lego, Legimus.
October 21, 2023
WEYWARD – EMILIA HART

Voto: 5/10
Edito: Fazi
Tre donne, cinque secoli, un’unica famiglia.
Altha, nel 1619, viene accusata e processata per stregoneria ed omicidio.
Violet, nel 1942, vorrebbe soltanto passare la sua vita in mezzo alla natura, ma l’arrivo del cugino Frederick cambierà per sempre il suo futuro e porterà a galla segreti nascosti del suo passato.
Kate, nel 2019, fugge dal marito violento e si rintana nel piccolo cottage ereditato dalla prozia.
Tre donne Weyward, ognuna con una forza nascosta dentro di sé, con un legame profondo con la natura e tutti gli animali, con un unico filo di amore e ribellione e voglia di sopravvivenza che le unisce.
Tecnicamente questo libro aveva tutte le carte in regola per aggiungersi alla lista di ottimi titoli che ho letto quest’autunno.
Purtroppo, però, ha mancato il bersaglio di parecchio.
È una brutta storia? No, non brutta, non direi, più che altro la definirei “scontata”.
È scritto male? No, non male, ma neanche bene; lo stile è piatto, avanza un po’ a singhiozzi fino a metà romanzo e poi sembra riuscire a prendere il via, si incaglia ancora nelle mille ripetizioni e finisce per annoiare.
Trasmette un messaggio sbagliato? Bè, parlando di emancipazione femminile non me la sento di definirlo sbagliato, ma quando un personaggio si ritrova a pensare la frase “Era un brav’uomo, ma comunque un uomo” capisci che qualcosa di sbagliato c’è.
Tutte le donne delle storie sono vittime, tutti gli uomini sono mostri (tranne uno, che si vede poco).
Gli uomini non cambiano, non crescono, non peggiorano e non migliorano, servono a picchiare le donne e riprodursi con loro, non trovano redenzione e salvezza, non c’è niente che possano fare per salvarsi dalla condanna che è “nascere uomo”.
Io questo non lo chiamo femminismo.
E così tutte le donne sono vittime, che trovano nel proprio sangue la forza necessaria per rialzarsi e combattere (peccato che quella forza sia letteralmente una forza magica, e quindi il messaggio qui quale sarebbe? Che tutte le donne senza magia sono fottute?).
La quantità di sangue e stupri e violenze domestiche e abusi di vario tipo e aborti e descrizioni grafiche di “grumi di sangue e carne” e uomini schiacciati da animali è, sinceramente, disturbante, e non nel senso buono.
Se questo è l’unico modo in cui si riesce a sconvolgere i lettori, c’è qualcosa che non va.
Per non parlare della quantità di insetti e larve e ragni e vermi che per favore, mi viene da vomitare solo al pensiero.
Le donne, nei secoli (dei secoli amen) sono semplicemente delle creature deboli abusate dagli uomini, gli involucri intorno agli uteri (i quali hanno una parte così fondamentale in questa storia) che bramano vendetta.
Ecco, questa è una storia di vendetta, non di sopravvivenza, e rinascita, e voglia di vivere e sopravvivere. Pura e semplice vendetta. Nera, violenta.
Delle tre parti, forse quella che riguarda Altha è quella che ho preferito, principalmente perché mi piacciono i romanzi storici sulle streghe, e quella era la parte che più ci si avvicinava.
Mi è piaciuto abbastanza il modo in cui le tre storie si intersecano fra di loro, i piccoli indizi che ognuna di loro lascia alle proprie discendenti (anche se ci mettono 300 pagine per capire che la “w” incisa su medaglioni e maniglie è quella di “Weyward”…Signore, pietà).
Quindi, per concludere, è un libro brutto? No, non brutto, ma noioso, con un finale che non trasmette davvero speranza, ma che sembra condannare queste donne a questo cerchio infinito di abusi e violenze, senza scampo.
Era da un po’ che non leggevo un libro senza riuscire ad empatizzare minimamente con almeno un personaggio. La maledizione delle belle copertine ha colpito ancora.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1539=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1539").classList.add("av-review-submitted")L'articolo WEYWARD – EMILIA HART proviene da Lego, Legimus.
October 19, 2023
QUANDO LE MONTAGNE CANTANO – NGUYễN PHAN QUế MAI

Voto: 7/10
Edito: Nord
Una famiglia distrutta dalla guerra, ma riunita dall’amore.
A raccontarci la storia è la piccola Hương, che vive da sola con sua nonna Diệu Lan ora che tutti i loro famigliari sono partiti per la guerra.
Vivono ad Ha Noi, sotto il rombo e la minaccia costanti dei bombardieri americani, che stanno distruggendo il loro Paese.
La vita nel Việt Nam del Nord è diventata sempre più ardua, e quando tornano a casa dopo l’ennesimo bombardamento scoprono che la loro abitazione è stata completamente distrutta.
Le due iniziano a ricostruirla, e Diệu Lan comincia a raccontare la storia della sua vita alla nipote, dividendo così la storia in due filoni principali: quella che si svolge al presente, dagli anni ’70, e quella che comprende il passato della giovane Diệu Lan, dagli anni ’30, vivendo e rivivendo tutte le gioie e i dolori.
E così, mentre la famiglia di Hương riesce piano piano a riunirsi, una lacrima alla volta, un sorriso alla volta, un componente alla volta, alla stessa maniera Diệu Lan racconta di come aveva dovuto abbandonare i propri figli per ricostruirsi una vita dopo la riforma agraria che prevedeva l’espropriazione dei beni dei possidenti terrieri, e di tutte le sue tribolazioni per riunirsi a loro.
Una storia dolce e molto amara, di forza e amore, di voglia di sopravvivere e dell’importanza dei legami famigliari.
Una storia carica di speranza.
Un romanzo che attraversa quasi 50 anni di storia di un Paese che, personalmente, ho sempre trovato davvero affascinante.
Sono quasi 10 anni ormai che sogno di poter raggiungere il Việt Nam e visitare quei luoghi che tanto mi affascinano, e grazie a questo libro ho avuto, almeno in parte, la possibilità di camminare fra quelle foreste, vedere quegli sterminati campi di riso, e dalle pagine è quasi possibile sentire l’odore del mio amato phở.
Mi è piaciuta moltissimo tutta la parte riguardante la guerra, che ci permette di osservare quell’atrocità da entrambi i punti di vista: quello a noi più noto, dell’America e del Việt Nam del Sud, e quello opposto, dei comunisti.
Alla stessa maniera, conosciamo tutti l’opinione degli americani sul comunismo, e per una volta è stato davvero affascinante poter osservare le cose dall’altra parte, dagli occhi di un popolo che ha dovuto combattere contro gli occidentali capitalisti, e del modo in cui gli ideali politici estremi finiscono per distruggere le vite delle persone.
I legami famigliari sono alla base di tutta la storia, con la loro forza e la loro irrescindibilità, calzando particolarmente sul rapporto nonna-nipote (che mi ha fatto desiderare un paio di volte di schiaffeggiare Hương, ma questi sono dettagli).
I personaggi sono tutti molto interessanti, ognuno con la propria storia e le proprie sofferenze, ma credo che siano anche il punto più debole di tutto il romanzo: le persone sono descritte in una maniera un po’ troppo semplicistica, buone o cattive, bianche o nere, senza nessuna sfumatura di grigio, senza quelle ombre che trasmettono tutta la forza e la realtà di un personaggio inventato.
La scrittura è abbastanza semplice e lineare, e davvero scorrevole; era da parecchio che non leggevo un libro di quasi 400 pagine in due giorni, e oltre all’interesse personale per la storia trattata, credo che la maggior parte del merito vada allo stile avvincente di Nguyễn Phan Quế Mai.
Le parti migliori sono forse quelle più drammatiche, mentre quelle più “felici” risultano un po’ più piatte, ma in generale è un libro che riesce a catturare da subito l’attenzione del lettore e a trascinarlo direttamente in un’altra epoca, dall’altra parte del mondo.
Un buon romanzo, una lettura davvero interessante e coinvolgente, che riesce a farci emozionare con un racconto di speranza e amore, attraverso le vicende di una famiglia che non si è arresa alla guerra e alla carestia, ma ha continuato a lottare.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1535=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1535").classList.add("av-review-submitted")L'articolo QUANDO LE MONTAGNE CANTANO – NGUYễN PHAN QUế MAI proviene da Lego, Legimus.
October 17, 2023
IL DIARIO DEGLI INCUBI. LA FORESTA – SELENE MONTIN

Edito: Booksprint edizioni
Un ringraziamento particolare a Selene per avermi inviato una copia del suo racconto!
Amanda ha dodici anni quando incontra la sua nuova famiglia.
Sono ormai anni che vive nell’orfanotrofio, dopo la morte dei genitori e quindi quella dei nonni.
Ha trovato amici e persone che le vogliono bene, che si prendono cura di lei, ma quando incontra i Murphy, una coppia dall’aria normale che non vede l’ora di adottarla, con il cuore spezzato si lascia tutto e tutti alle spalle.
Ma attraverso i suoi pensieri (e i suoi incubi) riportati in un diario, scopriamo che le cose prendono presto una piega molto sinistra…
Un racconto breve che si legge tutto d’un fiato, questo di Montin.
Le premesse sono buone: una bambina viene adottata, ma scopre presto l’oscuro segreto che nascondono i suoi nuovi genitori. Troppo presto, purtroppo.
Questo segreto ci viene rivelato dopo appena due pagine, appiattendo completamente la possibilità di far crescere piano piano l’ansia del lettore insieme a quello della protagonista.
L’idea di base di questo racconto non è male, ma purtroppo lo sviluppo non è all’altezza: il testo è pieno di errori grammaticali e refusi, manca completamente la concordanza dei tempi verbali all’interno della frase così come il rapporto temporale fra frasi diverse, distruggendo la coesione del testo. La casa editrice dovrebbe fare il proprio lavoro e, beh, editare.
Il racconto è breve, e da quello che mi ha detto l’autrice è soltanto il primo di una serie, e ovviamente è sempre difficile approfondire un personaggio e una storia in poco tempo, ma di Amy sappiamo soltanto che è una bambina di dodici anni che si esprime come se fosse più grande e per qualche motivo decide di non denunciare i suoi genitori dopo l’orribile scoperta.
Alla stessa maniera, di William e Yui conosciamo soltanto l’aspetto grottesco di ciò che fanno di nascosto in casa, e il modo così delicato e premuroso con cui si prendono cura della loro nuova figlia, senza poter comprendere minimamente le loro motivazioni.
Nonostante la brevità del testo, il finale è comunque carino ed interessante, potrebbe essere interpretato in diverse maniere e mi ha lasciato un effetto quasi onirico e terribile che bene si adatta ad una storia di incubi.
Un primo tentativo che purtroppo non prende il volo, ma si perde fra errori facilmente editabili.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
Il diario degli incubi. La foresta
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1529=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1529").classList.add("av-review-submitted")L'articolo IL DIARIO DEGLI INCUBI. LA FORESTA – SELENE MONTIN proviene da Lego, Legimus.
October 14, 2023
LE TRANSIZIONI – PAJTIM STATOVCI

Voto: 8/10
Edito: Sellerio
Bujar può essere chiunque vuole, un ragazzo o una ragazza, essere di origine italiane o spagnole o albanesi, dichiararsi studente di psicologia o impiegato in un ristorante; Bujar può essere qualunque cosa, ma non sa chi è.
Bujar è nato in Albania, e dall’Albania è fuggito da adolescente, dopo la morte del padre, la scomparsa della sorella e l’annientamento della madre.
Al suo fianco c’era sempre Agim, una ragazza transessuale senza i termini e le opportunità per esprimere completamente il proprio essere, ma che non ha mai avuto dubbi sulla propria identità.
Sopravvivevano insieme per le strade di Tirana, si amavano e non potevano vivere separati, e insieme hanno deciso di fuggire dalla povertà che attanagliava il loro Paese e li perseguitava, lasciandoli senza forze e senza speranze.
Tranne una: raggiungere l’Italia.
Così partono, a bordo di una piccola barca a motore, per affrontare la traversata che li renderà liberi.
Ma in Italia Bujar resterà solo, spaventato e confuso, e imparerà presto ad indossare mille maschere diverse per riuscire a sopravvivere.
Questa di Statovci è un’opera potente, brutale, graffiante e a tratti poetica, che lascia il segno.
Bujar è appena un ragazzino quando scappa di casa, e imparerà presto quanto può essere orribile il mondo.
Soffre la fame e il freddo e la stanchezza, e più volte pensa di tornare indietro, nella casa che conosce così bene, ma c’è sempre Agim al suo fianco, e insieme possono affrontare tutto.
Così come affrontano la vita e tutto quello che si para loro davanti, rubando e mentendo, lavorando e crescendo, fra violenze e paura e voglia di qualcosa di più grande.
A 22 anni, però, Bujar è un narratore che potremmo definire inaffidabile: lui che è così abituato a cambiare se stesso, ad indossare ogni giorno una pelle diversa, a cambiarsi nome e genere e nazionalità, che non arriva mai davvero a conoscere e comprendere a fondo le persone che gli stanno intorno, distorcendo fatti ed emozioni.
Il fatto più evidente è quello che riguarda la sua relazione con Tanja, così abituata a farsi piccola per non farsi notare, a cercare di nascondersi e non creare problemi, e che Bujar tratta quasi con indifferenza.
All’inizio il suo comportamento nei suoi confronti non sembra neanche intenzionalmente cattivo, ma c’è uno strato di distacco e noncuranza fra lui e chi lo circonda che rende il finale della loro storia, già così tragico, ancora più straziante.
Per tutto il romanzo proviamo un sentimento molto simile alla pena per il protagonista, per tutto ciò che ha dovuto subire, fino a quel momento sul finale che sembra ribaltare le carte in tavola e mostrare una nuova faccia di Bujar, più fredda e calcolatrice e manipolatrice che mai.
Ma mi piace pensare che il suo comportamento non fosse volontario, che alla fine Bujar abbia vissuto troppe vite, sia stato troppe persone diverse, ed abbia finito per alienarsi quasi del tutto dalle persone che gli stavano intorno, persone vere con veri sentimenti, che non erano pronte ad affrontare una realtà manipolata da lui in quella maniera.
Credo che Bujar, con tutta la sofferenza e i soprusi che aveva sulle spalle, non fosse in grado di comprendere e riconoscere ciò che era giusto da ciò che era sbagliato.
SPOILER Così come mi piace pensare che, alla morte di Agim, i due siano diventati uno, perché l’idea di vivere separati era semplicemente impensabile. FINE SPOILER
E così Bujar è diventato un essere doppio, triplo, molteplice, prendendo in sé i punti di forza e i sogni e i sentimenti di Agim, la sua fluidità e la sua libertà, e ha cercato di adattarli alla vita che si è trovato ad affrontare, con i traumi passati e l’immenso dolore della perdita.
Il modo in cui Statovci parla di identità è reale e crudo, ci grida la sua verità dalle pagine ed è impossibile non rimanerne toccati.
(Non mi è piaciuto affatto il ripetuto deadnaming dei personaggi, fatto anche dai personaggi stessi, come Tanja che si presenta come “Ciao sono Tanja, ma non davvero, il mio vero nome è Tom”. Ehm, no. Perché una donna trans dovrebbe dire una cosa simile? Soprattutto una insicura e spaventata come Tanja.)
Mi è piaciuto molto il modo in cui racconta la storia dell’Albania con i suoi eventi politici e vecchi miti, le discriminazioni razziali verso altri popoli e come Bujar stesso tenta di sfuggire alle proprie origini, inventandone sempre di diverse.
Un romanzo che è un viaggio, sia interiore che esteriore, dall’Albania all’Italia, dagli Stati Uniti alla Finlandia, e di nuovo in Albania, dove torna ad affondare con un senso di sconfitta.
Lo stile di Statovci è molto intelligente e preciso, scorrevole nonostante la densità degli argomenti e della prosa stessa, mai scarna o piatta, e sa giocare perfettamente con il dolore del protagonista, mescolando i fatti veri con le reinterpretazione del suo io camaleontico.
Non mi aspettavo che questo libro potesse colpirmi con tanta forza, sia nelle sue parti più dolci che in quelle più terribili, e il fatto che Statovci lo abbia pubblicato a soli 26 anni è prova del suo enorme talento.
Avrò bisogno di una pausa per riprendermi dalla lettura, ma recupererò sicuramente tutte le sue opere.
Se siete interessati, potete acquistare il libro direttamente al link qui sotto:
(In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei)
– / 5Grazie per aver votato!document.cookie.match(/(^| )post_vote_1522=av_\d+(;|$)/)&&document.getElementById("av-rating-box-1522").classList.add("av-review-submitted")L'articolo LE TRANSIZIONI – PAJTIM STATOVCI proviene da Lego, Legimus.