GLI INVISIBILI – PAJTIM STATOVCI

Voto: 8/10
Edito: Sellerio
Arsim e Milos si incontrano per caso, seduti al tavolino di un bar.
E con un’occhiata si innamorano.
Ma il mondo è contro di loro: Arsim è albanese e Milos è serbo, vivono in Kosovo, e la guerra è ormai alle porte. A metà degli anni ’90 l’aria era tesa e carica di una violenza mal repressa, pronta ad esplodere in un conflitto terribile e sanguinario, che distruggerà un numero incalcolabile di vite.
Arsim e Milos si amano, passano mesi di gioia nascosta nel piccolo appartamento del serbo, celati agli occhi del mondo.
Arsim è sposato con una donna dalla quale ha anche avuto un figlio, ma sa che quella non è la vita per lui. Sogna di diventare uno scrittore e frequenta l’università, come Milos, che però vuole diventare un cardiochirurgo.
Si amano sotto le lenzuola che sono il loro nido sicuro, lontano da un mondo ostile.
Finché Arsim non è costretto ad abbandonare il Paese con la famiglia e Milos si arruola come medico, e le loro vite cadranno a pezzi.
Pajtim, fratello mio. Quanta sofferenza in un cuore così giovane.
Anche in questo romanzo, il dolore ci accompagna dalla prima all’ultima pagina, prende varie forme e nomi diversi, si mostra con violenza o si nasconde nell’ombra, ma percepiamo sempre la sua presenza costante, soffocante, straziante.
Quella che nasce come una storia d’amore, presto deve fare i conti con la realtà: negli anni ’90 due uomini non potevano amarsi liberamente, soprattutto se uno dei due era sposato, soprattutto in un Paese molto religioso ed omofobo, soprattutto con una guerra alle porte.
Il mondo esterno si scaglia contro i due giovani innamorati, così come le piccole cose della vita.
La storia ci viene narrata dal punto di vista di entrambi: Arsim ce la racconta dall’inizio, dal 1995, e Milos ci fa luce sugli orrori della guerra attraverso una serie di pagine di diario o di lettere a partire dal 2000, ricordando le gioie e i dolori della vita che non vivrà più.
E così, con la guerra del Kosovo come sfondo costante, ma mai protagonista, osserviamo la vita che distrugge due ragazzi dai grandi sogni, trasformandoli in qualcosa di diverso.
Arsim diventa un marito e un padre violento, e si ritrova a cercare quel contatto umano di cui aveva bisogno nei modi e nei luoghi più sbagliati; Milos assisterà ad orrori indicibili, che lo spezzeranno, facendolo sprofondare nel buio più tetro. Due esseri invisibili, due spettri. Due stranieri.
Una storia di amore e guerra, di dolcezza e rabbia, dal tocco violento e delicato.
La prima metà del romanzo mi è piaciuta di più, forse per un senso più malinconico e lontano, mentre nella seconda metà la storia sembra farsi più soppressa e repressa, imbottigliata e pronta ad esplodere.
La scrittura di Statovci nasconde piccole perle di ineguagliabile candore in un mare di vetri rotti e schegge taglienti, ma credo che mi avesse colpito di più in “Le transizioni”.
Seguiamo la storia dei due protagonisti principali che sbagliano e cadono e non chiedono scusa, che prendono e spezzano e mentono, e sappiamo sin dall’inizio che non c’è alcuna luce alla fine del tunnel, che nessuna speranza è abbastanza forte per contrastare questo destino nero.
Un romanzo crudo e affilato, sporco e crudele, che non ci prende per mano in questo viaggio, ma ci spinge in un baratro dal quale è impossibile risalire.
Pajtim, fratello mio, vedo il tuo dolore, comprendo il tuo dolore, condivido il tuo dolore, e sarò sempre alla fine dei tuoi libri.
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