DUNE. PART TWO – DENIS VILLENEUVE

Voto: 9/10
Siamo tornati su Arrakis, nel momento esatto in cui l’avevamo lasciato: gli Harkonnen hanno attaccato Arrakeen, hanno sterminato gli Atreides ed ucciso il Duca Leto, ma non sanno che Paul e Jessica sono riusciti a sopravvivere.
I due si credevano soli nel deserto, ma si sono imbattuti in alcuni Fremen, guidati da Stilgar, il quale li ha condotti nel loro sietch.
Ed è così che ricomincia la storia: da una parte abbiamo il Barone Harkonnen e i suoi nipoti, Rabban e Fyed-Rautha, che tentano di riconquistare Arrakis e tornare ad estrarre quantità esorbitanti di spezia; dall’altra Paul e Jessica, che si adattano alla loro nuova vita nel deserto, imparano la lingua dei Fremen e le loro usanze, e combattono al loro fianco.
Jessica diventerà Reverenda Madre, riuscendo a sopravvivere al veleno dell’Acqua della Vita e Paul, assumendo il nome Fremen Muad’Dib, guiderà il popolo del deserto contro gli invasori, vestendo una carica sempre più mistica e profetica.
Che spettacolo di film.
Posso dire che Denis non delude mai? Io lo dico, perché è una cosa che penso da oltre un decennio.
Proprio come con il primo film, che narrava la prima metà del primo romanzo della serie di Herbert, anche questa volta è stato fatto un lavoro eccezionale per trasportare sul grande schermo una storia molto complessa, e assolutamente meravigliosa.
Visivamente il film è spettacolare, dal giallo caldo del deserto al nero gelido degli Harkonnen, dalle enormi distese di sabbia alle stanze fredde e spigolose, dagli angoli ruvidi dei seitch ai maestosi vermi della sabbia. Fraser è un vero maestro della fotografia.
I costumi sono curatissimi e belli da vedere, ognuno con il proprio significato particolare, ad indicare una certa fazione o casta, a sottolineare i rapporti di potere.
Le musiche, anche questa volta curate da Zimmer, sono eccezionali e ci vibrano dentro, riempiendo con la giusta intensità e con i giusti silenzi ogni parte della storia.
Mi è piaciuto molto anche il fatto che moltissimi dialoghi si svolgono nella lingua Fremen, una versione più estesa del Chakobsa, sviluppata appositamente per questo film, e che permette agli spettatori di immergersi ancora di più nel mondo rappresentato sullo schermo.
Gli attori sono tutti ottimi nei loro ruoli: da Dave Bautista nei panni di Rabban ad Austin Butler e il suo particolarmente psicopatico Feyd-Rautha; Javier Bardem è un ottimo Stilgar così come Rebecca Fergus (sempre meravigliosa) è fantastica nei panni di Jessica.
C’è anche Christopher Walken ad interpretare l’imperatore Padiscià Shaddam IV che, diciamo, è stata una scelta.
E poi, ovviamente, Timothée e Zendaya, che lavorano davvero bene insieme, e sanno dare voce e corpo a Paul e Chani.
Ovviamente la parte più importante del film è Paul, il suo percorso, la sua lotta contro una storia già segnata, il suo accettare definitivamente i panni di Messia, e per quanto anche qui le cose differiscono dal libro, devo dire che funzionano alla grande.
La riluttanza iniziale, la paura di una guerra religiosa, l’impossibilità di negare ciò che il popolo vede. Ottimo lavoro, non c’è molto altro da dire. Chalamet si comporta ottimamente nei panni di Muad’Dib, mostrandoci un Paul più adulto, più combattuto, più sofferente e vero.
Per quanto riguarda la storia, probabilmente ho commesso un piccolo errore: ho terminato la rilettura del libro poco più di 24 ore prima di recarmi al cinema, quindi la storia del romanzo era ancora fresca nella mia mente e si mescolava con quella che mi scorreva di fronte agli occhi.
Con questo non voglio dire che il film non mi sia piaciuto, ma che non me lo sono goduto come avrei dovuto (e potuto), perché continuavo a fare paragoni fra i due.
Ma quindi, quante differenze ci sono fra film e libro?
Bè, alcune ci sono ovviamente, ma direi che la storia centrale è stata rispettata ed onorata egregiamente.
Ovviamente alcune parti sono state tagliate o almeno accorciate (il ruolo delle Bene Gesserit nella pianificazione delle linee genetiche o la Gilda spaziale), così come alcuni personaggi sono stati cambiati (Chani ha un ruolo primario in questo film, e da non credente rifiuta di riconoscere Paul come il Lisan al-Gaib, il Messia, dando voce al messaggio che Herbert tentava di trasmettere con il suo libro in maniera chiara e vocale, criticando questa figura messianica e carismatica in grado di controllare le masse; Jessica incarna il ruolo delle Bene Gesserit che l’hanno preceduta, che con il dominio religioso controlla le masse e diffonde il verbo del Mahdi che condurrà i Fremen al Paradiso. Entrambi gli aspetti sono giusti, nel contesto generale della storia, nonostante cambino i personaggi originali; ma dopo averci riflettuto un po’, capisco la scelta fatta per trasmettere la profondità del pensiero in maniera breve e precisa, per adattarlo nel migliore dei modi al mezzo cinematografico e soprattutto per far giungere il suo messaggio a quanti più spettatori possibili.).
Ci sono grandi battaglie, scontri memorabili, una mirabile sequenza in bianco e nero, effetti speciali davvero spettacolari e, in generale, parecchia azione, dato che il film comincia in medias res e il ritmo non è rallentato da introduzioni avvenute nel capitolo precedente.
Alla fine, è un film all’altezza del libro?
Secondo la mia umilissima opinione, forse nulla lo sarà mai (Franky sempre nel cuore).
Ma almeno è all’altezza del capitolo precedente? No, è meglio.
Se non avete voglia di leggere tutto il libro, o se lo avete già letto e amato, andate al cinema, fatevi del bene.
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