SHIFT – HUGH HOWEY

Voto: 6/10
Edito: (Fabbri) Fanucci
Il secondo volume della trilogia del Silo non prosegue la storia che abbiamo letto in “Wool”, ma fa un passo indietro, molti passi indietro, e ci mostra come sono andate le cose, ciò che è successo negli ultimi 400 anni, fino al momento in cui Juliette ha fatto ritorno al silo 18, dove l’abbiamo lasciata alla fine del primo volume.
Divisa in tre parti, la storia trattata in questo libro salta avanti e indietro nel tempo e nello spazio, ci spiega come e perché è stata distrutta la terra nel 2052, la vita nel silo 1 che controlla tutti gli altri silos, ed episodi di ribellione e violenza nei silos 17 e 18, quelli che già conosciamo.
E diciamo che, in generale, Hugh non l’ha pensata proprio benissimo.
Questa è una recensione piena di spoiler, quindi se non avete ancora letto il libro vi consiglio di fermarvi qui.
Iniziamo dalle basi: la storia. Come è stato distrutto il mondo?
Tre uomini hanno deciso di bombardare tutto il pianeta con bombe atomiche.
Certo, un classico, non un evento naturale ma opera dell’uomo, ci sta.
Ma perché hanno deciso di farlo?
Per scongiurare l’eventualità che l’Iran e la Corea li attaccassero con dei nano-robot.
Questa è la cosa più americana che io abbia mai sentito, e la odio.
Chi è il protagonista della storia?
Principalmente seguiamo Donald attraverso i secoli. Scelto inizialmente come ingegnere per la costruzione di un silo, è così stupido che finché non vengono obbligati a rifugiarsi nel silo stesso non capisce ciò che succede intorno a lui.
Il suo amico Mick fa in modo che Donald finisca nel silo 1, quello delle grandi teste al comando, e io fossi stato Thurman (uno dei tre original bad boys) lo avrei spinto fuori dal portellone e tanti saluti, ma no, teniamolo, che un giullare fa sempre comodo.
E allora Donald sta lì, fa ogni tanto il suo lavoro, e soffre perché tutte le persone sono morte, soffre perché le persone nei silos stanno morendo, soffre perché ha perso sua moglie, ed è un tipo davvero divertente con cui passare del tempo.
Nel silo 1 gli uomini svolgono turni di sei mesi di lavoro, poi vengono ibernati per decenni, e ogni volta che risvegliano Donald, in qualche modo, lui riesce ad imparare qualcosa di nuovo, tra cui la cosa più importante che scopre alla fine: soltanto un silo è destinato a sopravvivere, tutte le altre persone dovranno morire.
Perché? Perché ripopolare la Terra con diecimila persone, invece che tentare di salvarli tutti?
Perché, secondo Thurman, se tutte le persone uscissero dai silos e scoprissero di non essere le uniche al mondo, si attaccherebbero fra di loro e si ucciderebbero.
Questa è la seconda cosa più americana che io abbia mai sentito e la odio anche più della prima.
Ci sono anche un paio di punti che non mi sono completamente chiari e spero verranno spiegati nel terzo libro: alla fine della seconda parte Donald cerca di uccidersi uscendo all’esterno e togliendosi la tuta, ma viene riportato all’interno. Fa in tempo, comunque, a sfilarsi un guanto, ma non succede nulla. E dalla vaga spiegazione, sembra che venga riportato dentro da uomini che indossano dei vestiti normali, non strane tute protettive. Questo vuol dire che gli effetti delle bombe sono già passati? Che le bombe hanno distrutto completamente questi fantomatici nano-robot killer nell’aria? O che gli abitanti del silo 1, grazie alle mille medicine nascoste nell’acqua e cose varie, sono immuni? O era tutta una menzogna dall’inizio?
Alla fine della terza parte, poi, Donald riesce a vedere il cielo blu e il prato verde attraverso una telecamera di un drone. Il pilota del drone, però, non nota niente. Donald è impazzito? Come può il mondo essere rinato?
All’inizio del primo libro, quando Holston esce per la pulizia e vede nel visore il mondo bello e pulito e verde, non scopre poi che in realtà era davvero tutto distrutto quando si rimuove il casco? Hugh mi confonde sempre di più.
L’idea di base di tutta questa storia è così stupida da farmi desiderare di poter vivere in un silo interrato fino alla fine dei miei giorni e non sapere più niente dal resto del mondo.
Ci sono anche altri personaggi che ci raccontano la vita nei silos: c’è Mission, nel silo 18, che è la parte più noiosa e inutile di tutto il libro, ed ho già completamente dimenticato.
C’è Jimmy, nel silo 17, il nostro caro Solo del primo libro, con la sua triste vita solitaria, ma che appunto conoscevamo già.
Ci sono tanti uomini in questo libro, e praticamente nessuna donna.
Forse Hugh si era sforzato troppo con Juliette, e non sapeva più come fare per creare un altro personaggio femminile.
C’è Anna (figlia di Thurman ed ex di Donald) che fa di tutto per coinvolgere Donnie nel progetto, per separarlo da sua moglie ed averlo tutto per sé, quando quell’uomo ha la personalità di un apriscatole elettrico (humour da silo) e finisce per ucciderla prima che lei possa spiegargli come stanno davvero le cose (l’ho già detto che Donald è stupido?).
Ma il personaggio femminile migliore è sicuramente Karma, senza Ombra di dubbio.
Ma perché non incontriamo donne nel silo 1, quello in cui passiamo più tempo?
Perché secondo la logica di Hugh, gli uomini avrebbero lavorato meglio senza distrazioni e tentazioni, non ci sarebbero state lotte né problemi senza le donne. Perché quelli sono causati sempre dalle donne, si sa. Ci sono loro alla base di tutti i problemi. E INFATTI SONO STATE LE DONNE A BOMBARDARE IL MONDO. E va bene.
La parte migliore di questo libro è stato il piccolo gruppo di lettura, che ha reso l’esperienza più sopportabile e divertente, perché altrimenti sarebbe stata una lettura ancora più difficile.
Lo stile di Howey è sempre molto buono, coinvolgente e scorrevole, e se all’inizio pensavo che si sentisse qualche differenza con il primo volume (perché quello è formato da novelle separate e invece questo è nato proprio come romanzo), alla fine ho capito che purtroppo Hugh non ha saputo gestire al meglio tutto lo spazio e il tempo a sua disposizione ed ha allungato un po’ troppo una storia davvero poco credibile e sensata.
Alla fine dei conti la prima parte resta quella migliore, più coinvolgente; la seconda la potrei definire tranquillamente inutile, perché non mi sembra che riveli niente di essenziale (tranne un piccolissimo accenno), e la terza è quella più triste con la storia di Solo e anche la più bella perché ricompare Jules, e non aspettavo altro.
Non è stata una lettura così brutta, ovviamente, a me piace esagerare, ma non è stata neanche soddisfacente, date le aspettative. Un paio di passi indietro rispetto a Wool, ma che comunque non mi impedirà di leggere il terzo.
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