Edy Tassi's Blog, page 7

November 20, 2018

I tuoi personaggi hanno bisogno di almeno un difetto


Non so tu, ma quando leggo un romanzo o guardo un film, io non sopporto due tipi di personaggi.


Quelli troppo perfetti e quelli troppo stupidi.


Nel primo caso, non mi riferisco ai supereroi, ma proprio a quelli in grado di risolvere qualsiasi situazione, quelli che non si fanno scalfire da niente, tutti d’un pezzo, che tirano dritti dalla prima pagina (o dalla prima scena) all’ultima, senza cambiare di una virgola. Quelli che riescono ad aggiustare il motore di un aereo con le posate di plastica dei pasti di bordo.


Nel secondo, mi riferisco a quelli che ne combinano una dietro l’altra senza un perché, solo nella vana speranza di suscitare simpatia, di far ridere o di creare un (finto) conflitto.

Perché sì, i personaggi devono commettere errori, ma non devono scadere nel ridicolo. A meno che non parliamo di comiche.


Quando mi trovo davanti a uno di questi due personaggi, giuro, la mia prima tentazione è di spegnere il televisore o buttare il libro nel camino. A furia di “ruminare” storie, ormai mi rendo conto di quando un autore non ha fatto la fatica di creare un personaggio come si deve. E sono sicura che se anche tu mastichi tanta fiction, la stessa cosa accade anche a te.


Per questo, una delle cose che cerco di curare di più, quando scrivo, è proprio la creazione dei personaggi. Una buona storia è fatta sia di trama che di personaggi, ma sono convinta che se i personaggi sono forti, cioè pensati bene, rappresentano un motore potentissimo per la storia.


Ora, un buon personaggio è senza dubbio un personaggio che commette errori, su questo siamo d’accordo. Perché gli errori gli permettono di crescere. Creano un arco evolutivo. Ma se non sono errori che scaturiscono dalla sua stupidità, allora da dove arrivano? A mio parere, da due elementi fondamentali.


1. Le circostanze. Se un personaggio si trova in una situazione nuova, sconosciuta o imprevista, è probabile, anzi plausibile che commetta errori. Pensa a te stessa. Sei di sicuro una persona in gamba, ma se ti trovi ad affrontare qualcosa di nuovo, qualche intoppo ci sarà, giusto? Magari non drammatico, ma difficilmente tutto filerà liscio al primo colpo.


2. I difetti. E qui si apre tutto un mondo. Perché quello che, mi ci gioco la testa, anche tu ami di più, sono i personaggi autentici, credibili. E per essere tali, questi personaggi devono avere dei difetti. La tua protagonista deve avere dei difetti; la tua antagonista deve avere dei difetti.

Per quanto appena tratteggiati, anche i personaggi secondari devono avere dei difetti. In tutti loro ci deve essere della luce e dell’ombra. Perché il bello di leggere un romanzo è poter entrare nella testa di qualcun altro e vedere questa luce e questa oscurità.


Dopo quattro romanzi, diversi racconti e tutta una serie di idee che mi ribollono in testa, ho imparato a seguire alcuni criteri utili per sviluppare personaggi il più possibile autentici. Eccoli qui.


1. Qualsiasi punto di forza ha il suo rovescio della medaglia. Se decido che la mia protagonista è dolce e affettuosa, posso fare in modo che questa sua affettuosità la porti a essere considerata a volte un po’ leggera e svampita. Se mi piace raccontare di una protagonista che ama accontentare tutti, posso fare in modo che si permetta di giudicare gli altri quando sono meno generosi di lei. Quindi anche tu puoi pensare ai tratti più piacevoli della tua protagonista e scoprire in che modo possono aprire la strada a dei difetti.


2. I difetti possono essere o psicologici o morali. Un difetto psicologico è quello che mi porta a tenere un comporatmento che nuoce a me stessa; un difetto morale è quello che mi porta a nuocere agli altri. Quindi anche qui, hai ampio spazio per decidere come deve essere la tua protagonista.


3. Scegli un solo difetto principale e un paio di altri difetti minori. Se ci pensi, anche noi, nella realtà, siamo fatti così, no? Complessi. Ecco, senza farti prendere la mano, perché poi un personaggio così diventa difficile da gestire, potresti decidere che la tua protagonista non riesce a valutare le conseguenze delle sue azioni perché fondamentalmente è immatura e magari puoi aggiungere qualcosa di collegato: magari è un filo superficiale? O non lascia mai parlare gli altri? O egocentrica?


4. La prima cosa che le lettrici vedono del tuo personaggio sono gli errori. Cerca di non mostrare subito anche il difetto, la “bugia”, che si nasconde dietro. Lascia che lo scoprino loro nel corso della lettura.


5. I difetti non sono problemi. Casomai i difetti sono la causa dei problemi. Attenta a non confondere gli uni con gli altri. Non mettere la tua protagonista davanti a una sfilza di problemi senza nessun collegamento tra loro, solo per metterla alla prova. I problemi devono essere strettamente collegati al difetto che le vuoi far correggere.


6. All’inizio, il personaggio non solo non è consapevole dei suoi difetti, ma spesso li considera addirittura dei pregi. Sta a te fargli capire che non è così.


E vorrei approfittare di questo ultimo punto per mostrarti un po’ lo scheletro dell’evoluzione di un difetto:


. All’inizio del romanzo, le azioni della tua protagonista mostrano che c’è qualcosa che non va in lei. Un difetto.

. La tua protagonista entra in contatto con altri personaggi che mettono in luce sempre di più questi suoi lati negativi.

. La storia prosegue mostrando che i lati negativi della tua protagonista non nuociono solo gli altri ma anche a se stessa.

. La tua protagonista è costretta a sbattere il muso contro i propri difetti (e se per caso era convinta che fossero pregi deve ricredersi).

. La tua protagonista si trova davanti a una scelta. Cambiare o rimanere com’è?

. La tua protagonista sceglie di cambiare.


Un personaggio con dei difetti è fondamentale.

È infatti più difficile che nella lettrice scatti l’immedesimazione con un personaggio “perfetto”. Forse la tua protagonista non possiede lo stesso difetto della tua lettrice, ma non importa. Quello che importa è che lei la vedrà lo stesso simile a sé, grazie alle sue imperfezioni.


Inoltre, come ti dicevo qui, le tue lettrici sono curiose di vivere attraverso le esperienze della tua protagonista qualcosa che potrà tornare loro utile, e quindi, anche se non ne condividono i difetti, vogliono sapere come potrebbero cavarsela nel caso in cui…


I difetti nascondono la possibilità di migliorare, e “viverli” grazie alla tua protagonista permette anche alle tue lettrici di migliorare insieme a lei.


PROVA A PENSARE A DEI PERSONAGGI PERFETTI CHE NON TI HANNO LASCIATO NULLA. PENSA A QUELLI INVECE CHE PIÙ TI HANNO COLPITA. CHE DIFETTI AVEVANO? COME LI HANNO SUPERATI?


PS: Ti sei già iscritta alla mia bellissima newsletter? Oggi ho spedito la prima, ma se non vuoi perderti tutte le altre, qui trovi il link per lasciarmi il tuo indirizzo (e scaricare un fantastico workbook gratuito!)


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Published on November 20, 2018 23:00

November 13, 2018

Due bugie che fanno bene al tuo romanzo


Sin da bambina ti avranno insegnato che non bisogna dire le bugie.  E in effetti, nella vita di tutti i giorni le bugie sono antipatiche, possono far soffrire, creano tensione e ci impediscono di conoscere le persone per quello che sono davvero.


….


Ehi, un momento. Ma tutto questo è fantastico!


Voglio dire… Tensione. Conflitto! Mistero!! Se non sono gli elementi di una buona storia, allora cosa sono?

Però, attenzione, non ti sto dicendo che i tuoi libri devono essere pieni di bugie, perché quelle, se cerchi di rifilarle alle lettrici, non vanno bene. Le lettrici si devono fidare di te, ricordi? Te ne ho parlato ampiamente qui.


Le bugie che fanno bene ai libri, sono altre.


1. Quelle a cui credono i tuoi personaggi.


2. Quelle che raccontano i tuoi personaggi.


Partiamo dalle prime.


1. All’inizio di un romanzo, la protagonista ha sempre il suo bagaglio di convinzioni, punti fermi, principi e via dicendo, vero? Li ha maturati giorno per giorno, sulla base delle esperienze vissute, sulla base degli insegnamenti ricevuti. Sono i pilastri su cui poggia la sua vita, i parametri che condizionano le sue decisioni. Lei ci crede. Ci conta. Sono la sua bussola.


Ma se questi pilastri non fossero così solidi? Se nascondessero qualcosa di sbagliato? Se ci fosse una crepa, un’incrinatura che impedisce alla protagonista di ottenere quello che vuole? A sua insaputa?


Ecco, questa è la bugia. La bugia più importante del tuo romanzo. Quella in cui crede la tua protagonista. Quella che lei deve smascherare per raggiungere il suo obiettivo, per crescere, per migliorare.


Magari è convinta di essere un’inguaribile pasticciona (bugia). Magari pensa che il segreto della felicità sia sposare un uomo ricco (bugia). Magari cerca a tutti i costi di primeggiare sugli altri perché pensa che valga solo la pena di essere i migliori (bugia).


Come vedi, si tratta di bugie di cui lei è all’oscuro, ma che deve smascherare nel corso del libro attraverso le prove che tu le farai affrontare. Quella in cui crede, è una bugia che non viene esplicitata, ma si scopre piano piano, con lo svolgersi della storia.


(Esempio di un mio romanzo)


2. Quanto al secondo tipo di bugie… be’, non ci vuole molto per capire che una protagonista bugiarda è perfetta per creare conflitto, vero?


Tuttavia, ci sono bugie che funzionano meglio e bugie che funzionano peggio. Se per esempio la tua protagonista mente in continuazione, senza un perché, alla lunga risulterà infantile e fastidiosa. Se mente però per aiutare qualcuno, le sue bugie assumono tutto un altro valore. E lo stesso vale se  mente per danneggiare qualcuno.


Un personaggio che mente per abitudine può avere senso, se il senso è quello di insegnargli che le bugie possono risultare pericolose. O comunque se a ogni bugia, lui in qualche modo cambia. Le bugie gli servono per trarsi d’impaccio, per scansare responsabilità?


Ricordati sempre che le bugie nella coscienza collettiva rappresentano un errore, quindi bisogna che quell’errore, alla lunga sia giustificato. Che ci sia una punizione, una lezione da imparare.


UN APPUNTO SUL POV


Come molti aspetti della narrazione, anche le bugie hanno due facce, perciò è bene che tu ne sia consapevole.


Se stai scrivendo dal punto di vista della protagonista, e le bugie è lei a dirle, puoi approfittarne per mostrare alle lettrici cosa pensa mentre le dice e come si giustifica con se stessa, sul perché le dice. E quindi puoi in un certo senso offrirle la possibilità di un’attenuante o di un’aggravante.


Se invece il pov non è quello della protagonista, puoi giocare sul mistero e decidere come e quando la bugia verrà scoperta, fin dove è disposta ad arrivare la tua bugiarda ecc… soprattutto se è allenata e riesce ad apparire sincera anche quando non lo è.


SE CI PENSI I LIBRI SONO SEMPRE PIENI DI BUGIE. BISOGNA IMPARARE A SFRUTTARLE. PROVA A PENSARE A QUELLO CHE STAI SCRIVENDO O HAI SCRITTO TU. A QUALI BUGIE HANNO CREDUTO I TUOI PROTAGONISTI? QUALI HANNO RACCONTATO?


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Published on November 13, 2018 23:00

November 6, 2018

Come mantenere la suspension of disbelief


Innanzitutto, sai cos’è la suspension of disbelief?    


A coniare per primo questo termine è stato Samuel Taylor Coleridge, nel lontano 1817, per indicare quel meccanismo mentale per cui il lettore è disposto a leggere una storia fingendo di credere che tutto quello che racconta sia vero (o almeno possibile), anche se non lo è.


Diciamo quindi che si tratta di un gesto molto generoso, non credi? A quanto pare, le tue lettrici sono disposte a credere a qualsiasi cretinata/sparata/corbelleria ti salti in mente di scrivere.


A patto che.


Che tu la metta in condizione di farlo e non ti complichi la vita commettendo tutta una serie di piccoli grandi errori. Perché la suspension of disbelief non è una cosa scontata. È la predisposizione d’animo con cui una lettrice si avvicina al tuo lavoro ma che può cambiare repentinamente in qualsiasi momento.


E cosa succede a questo punto? Che la lettrice prende il tuo libro e lo chiude. Magari per sempre. Con la fatica che si fa ad attirare lettori in questo difficile mondo editoriale, di sicuro questo non è il destino che desideri per il frutto delle tue fatiche.


Ecco allora alcuni brevi consigli su cosa fare o non fare per mantere salda la suspension of disbelief delle tue lettrici.


Cosa fare



Creare un mondo coerente. Se decidi che la tua protagonista sa leggere nel pensiero, o riconoscere cinquanta tipi diversi di tè solo annusandoli, o recitare al contrario qualsiasi frase le venga proposta, questa sua capacità deve restare costante per tutto il romanzo. Se decidi che nel paese in cui vive le macchine hanno tre ruote, devi ricordartelo per tutto il romanzo. E fin qui probabilmente ti stai dicendo “ci mancherebbe altro”. Ma è importante mantenere la coerenza anche nelle cose più piccole. Tipo il colore degli occhi, il piano a cui abita, la sfumatura del suo rossetto o il sentore del suo profumo. E credimi, questi errori sfuggono. In Non c’è gusto senza te, purtroppo, ne sono sfuggiti diversi (ma nella versione digitale li abbiamo corretti!) e ancora oggi provo un leggero mancamento ogni volta che ci penso.
Crea personaggi in cui la tua lettrice si può riconoscere. Sbizzarrisciti pure con streghe, fate, sirene, vampire, ma anche con supereroine e compagnia bella. L’importante è che la tua protagonista abbia delle caratteristiche che possono far scattare l’immedesimazione. Paure, manie, tratti negativi… Una passione smodata per gli smalti, una paura paralizzante nei confronti della velocità. La tua protagonista deve essere tridimensionale e in questa tridimensionalità la lettrice deve trovare qualcosa che le appartiene.
Crea ambientazioni logiche. Puoi anche inventarti un mondo parallelo in cui i figli si comprano su Amazon, oppure un paesino sperduto nella campagna irlandese dove tutti discendono dai vichinghi, ma all’interno del tuo mondo o del tuo villaggio, tutto quello che accade deve avere un collegamento logico con la descrizione che hai fatto dell’ambiente.
Crea personaggi imperfetti. Qui te ne parlo in modo più dettagliato, ma per quanto riguarda la suspension of disbelief è importante che la tua protagonista non sia una hacker pazzesca, sforni torte come nonna Papera, sia bella come Charlize Theron e più amabile di un orsetto di peluche. Impara a bilanciare tratti positivi e negativi.
Evita le coincidenze favorevoli (e sfavorevoli). Alla tua protagonista si fora una gomma e lei, oh guarda, sa cambiare le gomme. L’amica della tua protagonista si rompe una gamba e lei, oh guarda, ha fatto giusto giusto un diploma di infermiera di cui fino a quel momento non si sapeva nulla. Se la tua protagonista ha una qualche dote che potrebbe tornarle utile, lascialo intendere molto prima che questa dote venga utilizzata. Altrimenti sembrerà tutto pretestuoso.
Non rederti visibile. Non far vedere i fili che tiri, non condizionare il comportamento dei tuoi personaggi sulla base di quello che tu credi giusto o meno. Tu non sei la tua protagonista. Lei è lei e il suo comportamento deve essere coerente con quello che è, non con quello che sei tu.

Ricorda, la suspension of disbelief è una fune sottile sospesa nel vuoto. Basta una piccola vibrazione per far capitombolare giù il tuo libro.


ORA TOCCA A TE! HAI MAI LETTO UN LIBRO E PENSATO… «MA DAI, QUESTA NON ME LA BEVO MANCO MORTA!»? SE TI VA, RACCONTAMELO, È SEMPRE UTILE ANALIZZARE QUESTI TRANELLI, PER EVITARE DI CADERCI!


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Published on November 06, 2018 23:00

October 27, 2018

Servizi1

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Published on October 27, 2018 07:28

October 23, 2018

Le caratteristiche di un personaggio sensuale


Per me il brainstorming è importantissimo. Rappresenta uno degli elementi principali della scrittura di un romanzo. Per questo, oggi, come a luglio, voglio fare un po’ di brainstorming con te e regalarti qualche spunto per creare un personaggio “sensuale”.


No, non la classica bellona formato clessidra, con boccoloni color polenta e unghie con una nail art da fare concorrenza a un quadro di Dalì.


Intendo un personaggio che si fa guidare nella vita dai sensi e dalle sensazioni.


Intanto, chi può essere un personaggio sensuale? Senza dubbio sia un uomo che una donna. Inoltre, un personaggio può essere sensuale per quello che fa e quello che prova, oppure apparire sensuale agli altri anche se lui di per sé non fa nulla di proposito per dare questa impressione.


A me, con te, interessa approfondire le caratteristiche di un personaggio che è sensuale nel suo modo di essere. Da fuori può essere percepito sensuale un macellaio che squarta manzi o un pittore che tratteggia delicati profili sulla tela, ma questa è una sensualità che sta negli occhi di chi guarda. Invece, quali sono le caratteristiche emotive, caratteriali, biografiche che rendono sensuale qualcuno?


Partiamo dalle origini.


– In un personaggio, la sensualità potrebbe nascere da un forte interesse per tutto ciò che lo circonda, per le esperienze che offre il suo ambiente o, viceversa, per quelle che gli sembrano esotiche, speciali, misteriose, insolite;


– oppure, come nei più classici dei personaggi, la sensualità potrebbe nascere in lui perché possiede un temperamento artistico;


– ancora, potrebbe nascere da un retaggio famigliare, da qualcuno che gli ha insegnato ad apprezzare in modo sensoriale ciò che lo circonda: i rumori della natura, i sapori, la musica, i tessuti preziosi, anche una buona conversazione o i libri;


– oppure potrebbe essere stato viziato molto da bambino, essere abituato a una vita agiata fatta di poche rinunce ed esperienze sempre nuove o esclusive;


– la sensualità può diventare un tratto caratteristico che si sviluppa piano piano, in un personaggio che in passato si è concesso tante cose senza pagarne mai le conseguenze;


– o, al contrario, può diventare eccessivamente sensuale, al limite dell’edonismo, un personaggio che, dopo essersi imposto a lungo rigore e disciplina, decide che non vale più la pena di mantenere un comportamento virtuoso;


– infine, la sensualità, in termini negativi, può scaturire da una mancanza di forza di volontà.


E come si comporta, un personaggio sensuale?


Sì, certo, puoi riproporre gli atteggiamenti della bellona a clessidra, che magari si spalma crema idratante ai pasti, o che si fa impacchi di balsamo un giorno sì e uno no. Oppure puoi raccontare di un super figo con più muscoli che neuroni che si gode un calice di champagne a bordo piscina. Ma perché non provare a tirare fuori qualcosa di più?


Per esempio, il tuo personaggio potrebbe:


– voler condividere le proprie esperienze sensoriali con altri, e quindi diventare una specie di “maestro”, come qualcuno ha fatto da maestro a lui quando era giovane;


assaporare il cibo o quello che beve o essere particolarmente critico;


– avere una natura ipersensibile;


pianificare in anticipo i dettagli di tutto quello che fa per essere sicuro che la sua vita sia sempre improntata al piacere, alla bellezza;


– essere molto sensibile agli odori, ai sapori, alle sensazioni positive;


– essere disinibito e avere atteggiamenti anticonformisti nei confronti del proprio corpo;


– cercare costantemente gratificazioni fisiche;


– avere una fantasia fervida;


– amare la natura;


– farsi coinvolgere sempre molto dai film, dai libri, dai quadri o da qualsiasi altra forma d’arte;


– essere espansivo perché ama il contatto fisico o, al contrario, essere molto timido perché non si sente capito.


– fare sempre quello che gli pare;


– esagerare con hobby di per sé non negativi (troppa televisione, troppi videogiochi?);


– non gestire bene il tempo;


– rimandare;


– non riuscire a ritardare le gratificazioni;


– indebitarsi;


Un personaggio sensuale di solito è un esploratore sempre in contatto con i propri desideri e sensazioni, ama cogliere ogni occasione possibile per sollecitare i sensi. Tuttavia, la sensualità può avere i suoi lati negativi e i lati negativi di una certa indole sono importantissimi, ai fini della scrittura, perché sono la miccia che fa scattare il conflitto. (Se non sai cosa si intende per conflitto, trovi un sacco di risorse online, oppure puoi leggere quello che ho scritto in SCRIVERE ROSA)


Un’eroina che cerca sempre emozioni e sensazioni nuove può spingersi troppo oltre e, per esempio, finire con il mettersi addirittura in pericolo sia fisicamente che legalmente (potrebbe iniziare a fare uso di sostanze stupefacenti o pensare di rubare qualcosa che le sembra bellissimo, o iniziare una relazione con qualcuno off limits). Il desiderio di scoprire e provare cose nuove a volte porta a prendere decisioni sbagliate.


In che situazioni potresti mettere, un personaggio così, in modo che cresca?


Potresti chiuderlo in un luogo dove la sensualità ha poco spazio (un collegio, un luogo di lavoro severo e spartano, una parente bigotta, addirittura una prigione).


Potresti metterlo a confronto con altri personaggi diversi da lui, disciplinati, paternalisti, insicuri.


Pensa a tutte le situazioni in cui, una passione, una capacità positiva portate all’estremo possono rivelarsi negative. Se la tua protagonista è ossessionata dall’aspetto fisico, prova a farle fare un intervento agli occhi in cui rischia di perdere la vista. Oppure mettila a lavorare in un luogo dove tutti sono più belli di lei, ma estremamente sgradevoli di carattere.


In generale, ricordati sempre di pensare a questi elementi: perché il tuo personaggio è sensuale, cosa lo ha reso così, qual è la ferita interiore che nasconde e quali eventi possono metterlo allo alla prova, sia in positivo che in negativo. E come sempre, se vuoi una traccia per costruire personaggi completi, puoi consultare il mio manuale, SCRIVERE ROSA.


TRA LE TUE LETTURE C’È UN PERSONAGGIO SENSUALE CHE TI HA SEMPRE AFFASCINATA MOLTO? RACCONTAMI CHI È!


Photo Credits: Edy Tassi TradAutrice




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Published on October 23, 2018 23:00

October 16, 2018

Anche io vorrei centinaia di recensioni, ma…


Chi non vorrebbe centinaia di recensioni entusiastiche? Io sì! E per un sacco di tempo ho aperto ogni store e biblioteca possibile immaginabile per controllare il famigerato numerino tra parentesi. Era aumentato? La media era confermata? Perché ieri c’erano cinque stelline piene e oggi sono diventate quattro e mezzo?


Le recensioni erano una gratificazione ma anche un tormento.


Con il mio primo romanzo sono arrivate moderatamente copiose, con quelli successivi molto molto più a fatica (se vuoi controllare i numeri, qui trovi la prova provata).

Lo ammetto, in molti casi è scattata l’invidia per chi ne aveva tantissime. Non solo tra le autrici straniere, ma anche molte italiane. Libri con cento, centocinquanta, duecento recensioni e più. E io ci stavo male, malissimo, perché pativo il confronto, perché sapevo con quanta dedizione avevo lavorato alla mia storia, che pochi sembravano meritevole di un commento pubblico.


Ora però, sebbene la mancanza di recensioni mi faccia ancora dispiacere, ho imparato ad assumere un atteggiamento più zen, perché ho capito che starci male non serve a niente. Certo, sarebbe bellissimo ricevere decine di recensioni tutti i giorni (a buon intenditor…

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Published on October 16, 2018 23:00

October 9, 2018

5 consigli per decidere cosa scrivere

5 consigli per decidere cosa scrivere



Vuoi scrivere un romanzo.


Ma che tipo di romanzo? E no, non mi riferisco al genere e non mi riferisco nemmeno alla validità della tua idea (ma se vuoi scoprire se è valida o no, qui ti spiego come fare). La mia domanda riguarda qualcosa di più complicato e personale.

Anche se ho al mio attivo tre romanzi, un quarto uscirà a breve (yeah!!!!!)  e ho pubblicato un manuale di scrittura rosa, nel mio percorso ho commesso almeno due errori.


HO SMESSO DI SCRIVERE UNA STORIA IN CUI CREDEVO, perché un’agente mi ha detto che era un filone che si stava esaurendo… ma poi non è andata così. Il filone non si è affatto esaurito e io non ho scritto una storia a cui tenevo.


HO SCRITTO UN LIBRO DIVERSO DA QUELLO CHE VOLEVO, per seguire le richieste di una casa editrice… ma, anche se ha avuto successo è un libro in cui non mi riconosco completamente, mentre nelle lettrici è avvenuto il contrario: quando ho scritto qualcosa che mi assomigliava di più, sono state loro a non riconoscermi completamente perché l’imprinting iniziale su di me è avvenuto con un tipo di romanzo diverso.


Per evitare che tu commetta gli errori che ho commesso io (e molti altri), ho pensato di regalarti un piccolo elenco di avvertenze legate a questo mondo così affascinante ma incostante e capriccioso, per aiutarti a decidere cosa scrivere.


1. Inutile seguire le mode

Se il genere in voga non ti appartiene, scrivere diventerà faticosissimo. Inoltre, visti i tempi tecnici necessari per scrivere e pubblicare un romanzo, rischi che quando sei pronta, la moda a cui ti sei ispirata sia già passata.

Sì, l’autopubblicazione velocizza tutto, però vale davvero la pena di diventare una delle tante autrici che hanno pubblicato uno dei tanti libri di quel genere, se quel genere non ti appartiene fino in fondo?


2. Sii fedele a te stessa

Se pubblichi due romanzi d’amore erotici come ho fatto io e poi passi a una commedia, rischi che le lettrici che ti avevano letta e apprezzata con i primi romanzi non ti seguano più. O, vista la svolta improvvisa, non sappiano cosa aspettarsi da te. O restino deluse perché vogliono un certo tipo di narrazione e sono rimaste a bocca asciutta. I romanzi che ho pubblicato sono la dimostrazione che so scrivere, certo, ma che tipo di percorso hanno costruito per me? Una strada che si è consolidata, o una specie di strana scala con un gradino qui e uno là, difficile da salire?

Attenzione, però. Nessuno ti vieta di cambiare genere, di sperimentare, di trovare nuovi stimoli, ma la decisione deve venire sempre da te, da quella che sei. Facendo una proporzione, il 70% della decisione deve scaturire da te e da quello che hai voglia di scrivere tu, il 30% (ma anche meno) dal mercato.


3. Scrivi quello che ti piace

Non c’è nessun bisogno di limitarsi a scrivere di quello che si conosce. O meglio, credo che la regola di scrivere ciò che si conosce vada reinterpretata.

Innanzitutto, se io scrivessi solo di ciò che conosco dovrei parlare di un’autrice che passa le sue giornate davanti al computer, pranza con gli avanzi del giorno prima (quando le va bene), fa la cyclette mentre legge e accumula riviste/libri di cucina sperando di trovare prima o poi il tempo di mettere in tavola una cena come si deve (perché gli ingredienti sono comparsi come per magia nel frigo).

E inoltre, se tutti dovessimo scrivere solo di ciò che conosciamo, la Rowling non avrebbe dovuto scrivere Harry Potter ma una guida per chi viaggia in treno e Umberto Eco un trattato di storia medioevale.


Invece.


Scrivi quello che ti piace. Quello della scrittura è un percorso difficile, in cui servono tanta motivazione, tanta pazienza, tanta determinazione. Se non scrivi una storia che ti piace, molto probabilmente farai fatica ad arrivare in fondo. E se anche ce la fai, avrai un sacco di aspettative, perché cavolo, hai scritto un libro nel genere del momento quindi devi vendere, quindi devi entrare in classifica, quindi… Poi però non succede e ci rimani male, sei delusa, cominci a fare paragoni, cominci a cercare spiegazioni (credimi, so di cosa parlo).


Se invece hai scritto qualcosa che ami e i risultati non sono stati quelli che ti aspettavi, anzi, magari non hai nemmeno trovato un editore, o l’autopubblicazione si è rivelata un flop, nonostante la delusione naturale che nessuno potrà cancellare, continuerai comunque a essere orgogliosa di te, continuerai ad amare quel libro, perché non ti ha tradita. Era semplicemente quello che avevi voglia di scrivere. E sarà un libro che potrai sempre proporre, anche un domani, perché sarà sempre te.


4. Quello che non si conosce si può imparare

Se un argomento che non conosci ti appassiona, puoi sempre informarti, documentarti, chiedere, raccogliere le nozioni necessarie per scriverne in modo credibile. Nel mio manuale SCRIVERE ROSA ti do un sacco di indicazioni su questo argomento! Quindi se hai voglia di scrivere la storia di una trapezista, perché no? Solo perché non hai mai messo piede in un circo non significa che tu non possa pensare di farlo, documentandoti.


5. Le emozioni si possono immaginare 

Seguendo alla lettera la regola per cui bisogna scrivere solo di quello che si conosce, di quante emozioni non dovresti parlare? Quanti problemi relazionali dovresti accantonare? Se non sei orfana, come puoi parlare di una ragazza che ha perso i genitori? Se non hai mai sperimentato la fame, come puoi descriverne i morsi? Ma noi esseri umani siamo così splendidi e complessi da riuscire a immaginare in modo credibile, grazie al cuore, all’empatia, alla sensibilità, emozioni a noi estranee partendo da quelle che conosciamo o che abbiamo visto provare ad altri.

Quindi studia le emozioni, osservale, smontale e rimontale. Saranno un altro elemento fondamentale per le tue storie e ti permetteranno di scrivere uan storia che amerai anche se non le hai mai provate davvero.


Ecco, spero di averti dato tutti i suggerimenti che ti servono per scegliere nel modo migliore cosa scrivere, la storia che vuoi raccontare. Usali per identificare quella che ti fa battere il cuore e poi buttati.


SE VUOI RACCONTAMI DI QUALCHE ERRORE CHE HAI COMMESSO ANCHE TU, DI QUALCHE PASSO FALSO CHE HA SCOMBINATO ANCHE I GRADINI DELLA TUA SCALA PERSONALE, CHI MI SEGUE POTRÀ FARNE TESORO!


Photo Credits: Edy Tassi TradAutrice


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Published on October 09, 2018 23:00

October 2, 2018

Show don’t tell: miglioralo usando tutti i 5 sensi




Conosci la regola principe della narrativa? Di sicuro sì. È quello show don’t tell che probabilmente hai incontrato già un sacco di volte e che, in soldoni, significa che quando scrivi un romanzo devi cercare di “raccontare” sempre pochissimo e “mostrare” quanto più possibile. Ciao

Per intenderci:


Anna era molto arrabbiata è TELL

«Dammi quella cazzo di lettera, brutto stronzo!» gridò Anna, strappandogli la busta di mano, è SHOW.


Nella formula show don’t tell (se vuoi scorpire di più sull’argomento trovi un capitoletto sul mio SCRIVERE ROSA) si tende però implicitamente a prediligere uno dei cinque sensi, cioè, appunto, la vista. Il che va benissimo.

Ma se vuoi coinvolgere ancora di più le lettrici, il passo successivo è imparare a raccontare la tua storia utilizzando tutti e cinque i sensi, perché attraverso i sensi si posso descrivere non solo persone, luoghi ecc ma anche emozioni e sentimenti.


Come? Te lo mostro (pun intended), un senso alla volta!


VISTA

Invece di raccontare una scena mostrando solo quello che si vede in superficie, soffermati a raccontare qualche dettaglio in più. Piove? Ma come cade la pioggia? In scrosci? Dritta a piombo, o simile a una tenda scrollata dalle forti raffiche di vento? Gentile, continua, pulita?

E se splende il sole, di che colore sono i suoi raggi? Lame luminose o aghi? Si rifrangono sulle finestre, sui cofani, o creano macchie di colore più intenso sulle aiuole?

Insomma, prova ad aggiungere qualcosa a ciò che il tuo personaggio vede.


UDITO

Pochissimi luoghi sono completamente silenziosi, ci hai fatto caso? E anche quando lo sono, vale la pena di imparare a descrivere quel silenzio, ascoltarlo e individuarne le caratteristiche. È un silenzio immobile? Minaccioso? Tranquillo? È un silenzio costante o interrotto da qualche rumore in lontananza?

Se invece devi descrivere uno spazio rumoroso, chiudi gli occhi e prova a isolare i vari rumori che si possono sentire in un ambiente di quel tipo.

Per esempio, se la tua protagonista sta percorrendo una galleria con il finestrino abbassato sentirà il ronzio costante dei motori e quello degli pneumatici sull’asfalto, intervallati dal rombo improvviso di una macchina sull’altra corsia, che la supera o arriva in direzione contraria, e poi l’aria che fischia, le voci alte per parlare, il cacofonico rimbombare contro la volta della galleria, un colpo di clacson che rimbalza sulle pareti o perfino il battere ritmico di un sasso incastrato nel battistrada di una gomma.


TATTO

Prova a descrivere quello che la tua protagonista tocca fisicamente, ma anche quello che tocca in modo simbolico. Se sfiora un vaso, sentirà la superficie liscia, magari anche una sensazione di fresco o un formicolio. Ma andando più a fondo, quel contatto può scatenare in lei sensazioni di piacere, disgusto, paura perfino, oppure gioia, malinconia…


OLFATTO

Mi piace definirlo il gusto della nostalgia, dei ricordi. Anche nel cibo, ancor prima del sapore, ciò che ci riporta all’infanzia o a un momento felice è il profumo. Tu però prova a “mostrare” non solo il profumo dei cibi ma anche quello di una stanza, di un ambiente, o addirittura del tempo. Che profumo ha il tempo? Che profumo aveva l’abbraccio della tua nonna? O la macchina di tuo padre? Che profumo percepivi, in casa, quando rientravi da scuola? E la tua cameretta, aveva un profumo?

Scava nella memoria e cerca questi profumi, saranno perfetti per creare un legame con le tue lettrici.


GUSTO

Ho lasciato il gusto per ultimo perché secondo me è il più complesso e articolato. Se ci pensi, concorrono a formare il gusto di un cibo anche il suo profumo, la sua consistenza, il suo aspetto. Ancora prima di assaporarlo, hai colto tutti questi dettagli che poi vanno a formare la percezione che arriva al tuo cervello quando lo fai sciogliere sulla lingua o lo addenti. E se per caso non puoi né vederlo né annusarlo, diventa perfino difficile distinguere di cosa si tratta.

Puoi usare il gusto in modo classico, quindi descrivendo un cibo attraverso le sue caratteristiche: salato, dolce, aspro, stucchevole, morbido, liquido ecc, oppure puoi spingerti un po’ oltre e cercare descrizioni più originali: quando la tua protagonista mangia una mela, può sentire il sapore del frutteto in cui giocava da bambina; quando sorseggia un tè, le sembrerà di sorseggiare l’amore della sua nonna; se sta assaporando un cioccolatino, le sembrerà di avvertire attorno a sé il conforto di un abbraccio.


E adesso come devi usare tutti questi meravigliosi sensi?

Se pensi che ti stia suggerendo di scrivere una scena descrivendo tutto quello che la tua protagonista vede, sente, annusa, gusta e tocca, no, tranquilla, non è necessario.


Anzi, è perfino sconsigliabile a meno di voler cadere in quella che gli anglosassoni definiscono PURPLE PROSE, cioè una prosa barocca, prolissa, pesante. E non credo proprio che questa sia la tua intenzione, vero?


Quello che puoi fare, invece, soprattutto se ti rendi conto che i tuoi scritti sono sempre un filo asciutti, asettici, insipidi, è decidere, scena per scena, qual è il senso più efficace per descrivere quello che sta accadendo. Perché la tua protagonista tocca, vede, annusa, assaggia qualcosa? Cosa dice questo gesto di lei? E quale gesto, soprattutto, può veicolare meglio ciò che prova, ciò che tu vuoi che le lettrici comprendano?


Scegli un paio di sensi al massimo e concentrati su quelli.


Scegli quelli più significativi dato il contesto.


O, al contrario, compi una scelta imprevista e, per esempio, descrivi con il gusto qualcosa che avresti descritto con la vista.


Oppure gioca applicando una figura retorica che si chiama sinestesia. Cioè, associa due parole che attengono a due sfere sensoriali diverse. Per esempio, il cioccolato fondente può essere una carezza di velluto amaro; il frinire delle cicale un raschiare luminoso.


Usare i cinque sensi può aiutarti moltissimo a trasformare la tua prosa in qualcosa di vivo e coinvolgente, perciò approfittane!


QUAL È IL TUO SENSO PREFERITO? ISTINTIVAMENTE, QUALE USI QUANDO APPLICHI LA REGOLA DELLO SHOW DON’T TELL? E QUALE TI RISULTA PIÙ OSTICO? RACCONTAMI CHE RAPPORTO HAI CON I CINQUE SENSI NELLA SCRITTURA!


Photo Credits: Edy Tassi TradAutrice


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Published on October 02, 2018 23:00

September 25, 2018

Tre buoni motivi per conoscere la tua lettrice ideale


Spesso, quando si chiede a un’autrice per chi scrive, la risposta è per me stessa. Ora, non che non sia giusto, scrivere per se stesse. Va benissimo. Scrivere per se stesse è una delle motivazioni più forti, quella che ti farà andare avanti anche in tempi di burrasca o, al contrario, quando ti sembrerà di navigare in un mare così piatto da far venire sonno.


Prima di pubblicare il mio primo romanzo ero una di quelle aspiranti autrici che scriveva solo per sé. Il che era abbastanza ovvio. Di lettrici ancora non ne avevo, come potevo pensare di scrivere per loro?


Tuttavia, scrivere solo per me stessa riduceva di parecchio il mio bacino di lettrici. L’unica lettrice sicura di quello che scrivevo, ero io. Un po’ pochino.


Un modo per ampliare questo bacino è, invece, scrivere per gli altri. Che non significa rinunciare a quello che piace a te per assecondare i gusti di qualcuno che nemmeno conosci. Significa invece raccontare la storia che hai in mente rivolgendoti a qualcuno.


Attenta però a non commettere l’errore opposto, e cioè pensare di scrivere un romanzo per tutti. Rischi che il tuo libro non accontenti nessuno, perché non è indirizzato a nessuno in particolare. La tecnica della pesca a strascico non ti aiuta a fidelizzare le lettrici.


La cosa migliore che puoi fare, quindi, è cercare di capire a priori chi potrebbe essere la lettrice ideale per la tua storia e rivolgerti a lei.


Vediamo qualche dettaglio tecnico in più.


1. Avere una lettrice ideale ti permette di mettere a fuoco meglio il tema, ossia il messaggio che vuoi dare con il tuo romanzo. Se vuoi scrivere un romanzo per un pubblico di signore da circolo del golf, molto probabilmente non approfondirai le ripercussioni degli sbalzi ormonali adolescenziali ma opterai per scalmane e artrosi. Se vuoi parlare del primo amore, cercherai di immaginare i ricordi che potrebbe averne una signora di una certa età, o farle vivere le emozioni di un “nuovo” primo amore dopo un periodo di solitudine.


2. Avere una lettrice ideale ti aiuta a scegliere il registro giusto. Se ti rivolgi a delle ragazzine di quindici anni, difficilmente scriverai come se ti rivolgessi alla signora di cui sopra, vero?


3. Soprattutto, avere una lettrice ideale ti fornisce un POV a cui finora forse non hai pensato. E cioè il suo. Pensando alla tua lettrice scriverai un libro diverso da quello che avresti scritto pensando solo a te stessa, perché questo ti obbliga a cercare di capire se la storia funziona attraverso i suoi occhi. Per esempio, pensare alla tua lettrice ideale può farti riflettere su quali scene inserire, quali informazioni dare, quali nascondere. La ragazzina di quindici anni probabilmente non è interessata a grandi descrizioni di sentieri montani, ma magari la signora in menopausa sì (e non per la menopausa, ma solo perché potrebbe essere un’escursionista iscritta al CAI).


Come vedi, non ho ancora parlato di marketing. L’ho fatto a ragion veduta perché inizialmente devi pensare alla tua lettrice ideale per decidere come scrivere il romanzo. Solo quando lo hai scritto potrai pensare a come pubblicizzarlo. E anche qui, se conosci a chi ti rivolgi, puoi mettere in atto una comunicazione più efficace.


Per esempio puoi rivolgerti a categorie specifiche di lettrici: hai raccontato la storia di una parrucchiera? Proponi il tuo libro in qualche salone, a qualche manifestazione di settore, proponilo come regalo di Natale alle clienti del centro che frequenti tu. Parli di una malattia? Informane associazioni legate alla ricerca, proponilo nelle scuole, o al tuo comune.


Quando ho scritto Non c’è gusto senza te, uno dei colpacci che abbiamo messo a segno io e Gloria Brolatti è stato non solo quello di poter presentare il romanzo da Eataly, ma addirittura di organizzare un corso di cucina dedicato al libro proprio nell’ex Smeraldo di Milano, perché la storia parla di cucina e cioccolato.


Scova i possibili collegamenti tra categorie di lettrici apparentemente distanti. Se scrivi romanzi d’amore storici, potresti intercettare le lettrici che amano i romanzi di Massimo Valerio Manfredi. Se pubblichi un romanzo che parla di mare, puoi intercettare le lettrici che amano la vela.


Infine, sui social, puoi ovviamente rivolgerti ai gruppi che si occupano di quel determinato argomento e scrivere agli amministratori chiedendo di fare pubblicità alla tua storia.


Ma come fai a conoscere la tua lettrice ideale e alla quale rivolgerti? Rispondendo per esempio a queste domande:


– qual è il tuo genere?

– su Amazon, cosa compra chi legge il genere che vuoi scrivere tu?

– a che fascia di età ti rivolgi?

– quali sono i suoi film preferiti? e le trasmissioni televisive?

– quali sono le sue paure, le sue insicurezze, i suoi problemi tipici?

– cosa la rende felice?

– che visione ha del mondo?


Le risposte ti aiuteranno ad entrare un po’ di più nella sua testa e a scrivere qualcosa che le piacerà.


TU CONOSCI GIÀ LA TUA LETTRICE IDEALE? CHI È? CHE STORIE AMA? E SE NON AVEVI MAI FATTO UN’ANALISI DI QUESTO TIPO, COS’HAI SCOPERTO ORA? TROVARE LE CARATTERISTICHE DELLA TUA LETTRICE IDEALE TI HA FATTO CAMBIARE IL MODO DI VEDERE LA STORIA CHE VUOI SCRIVERE?


Photo Credits: Edy Tassi TradAutrice


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Published on September 25, 2018 23:00

September 18, 2018

Tre informazioni indispensabili per conquistare le lettrici alla prima pagina




Hai in mente una storia bellissima.
L’idea spacca (ma se non ne sei sicura, qui trovi un modo per verificarlo); hai già in mente il titolo e ora non ti resta che cominciare a scrivere.


Una situazione idilliaca. Quando capita a me, mi sento al settimo cielo. Penso e ripenso ai personaggi, me li rigiro nella mente, davanti agli occhi, immagino passaggi e dialoghi che scriverò. Avverto quasi il sapore di questa storia e sono euforica come un cucciolo di labrador davanti a una torta di croccantini.


Peccato che, per cominciare a scrivere, bisogna decidere da dove cominciare a scrivere. Con che scena?


Le scuole di scrittura insegnano da tempo che, per conquistare le lettrici, bisogna cominciare in media res. A grandi linee, lo puoi tradurre come: quando avviene il fattaccio. Cioè, quando avviene quel qualcosa che altera lo status quo e le pietre cominciano, metaforicamente, a rotolare. In SCRIVERE ROSA ne parlo in modo abbastanza approfondito. Qui però voglio darti qualche altra indicazione che può esserti utile.


Per esempio, perché cominciare in media res? La risposta più semplice è, per stimolare la curiosità. La curiosità è un meccanismo naturale del nostro cervello che però ha retroscena importantissimi. Nella Preistoria, era la curiosità, spesso, che garantiva la sopravvivenza dell’uomo. Scoprire cose nuove gli permetteva di riconoscere i pericoli e affrontarli, o di trovare fonti alternative di sussistenza. Ciò che non sperimentava di persona, il nostro amico cavernicolo lo apprendeva attraverso il racconto degli altri uomini. Quindi, la necessità di sentire delle storie è radicata in noi come strumento di sopravvivenza sviluppato dal cervello per apprendere informazioni anche attraverso l’esperienza indiretta.


Il nostro cervello non è cambiato moltissimo da allora e lo stesso meccanismo si mette in atto quando leggiamo un libro. Cosa cerchiamo? Cerchiamo esperienze, che vivremo in modo indiretto, ma che ci permetteranno di sviluppare meccanismi di reazione adatti se una situazione simile dovesse capitarci in futuro.


Ecco perché, tra l’altro, l’immedesimazione è così importante. Le tue lettrici vogliono una protagonista in cui immedesimarsi, perché attraverso lei potranno sperimentare o rivivere emozioni e situazioni necessarie alla loro sopravvivenza.


Il discorso fila, non credi?


E quindi, per conquistare le lettrici, uno degli strumenti più efficaci è mettere in chiaro tre informazioni fondamentali.


1. Chi è la protagonista.

Come ti dicevo, questo serve per far scattare l’immedesimazione. La tua lettrice deve sapere grazie a chi e attraverso quali occhi vivrà la storia che stai per raccontarle.


2. Qual è il problema che deve affrontare.

Che non necessariamente è se lei riesce a incontrare lui. Anzi. spesso il problema che avvince è di tipo pratico: bollette da pagare, genitori anziani da accudire, errori a cui rimediare.


3. Cosa rischia.

Quindi, il conflitto. Questa parola che torna e ritorna sempre. Ma non un conflitto qualsiasi. Non battibecchi e bisticci. Non imprevisti o intoppi generici. No, il conflitto deve essere tale da rendere incerto il raggiungimento, da parte della protagonista, del suo obiettivo.


Dai alle tue lettrici queste informazioni il prima possibile e loro si trasformeranno in cani da tartufo alla ricerca di tutti gli indizi importanti per capire come andrà finire.


Ti faccio un esempio classico che più classico non si può.

L’incipit di Anna Karenina di Lev Tolstoj.



Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.



Un incipit decisamente intrigante. Ma se fino a oggi non riuscivi a capire perché, con quello che ti ho appena spiegato io dovrebbe diventare più facile.


Con questa frase, infatti, Tolstoj ci dice che quella che sta per raccontarci è la storia di una famiglia (ma probabilmente anche più di una), che deve affrontare problemi tali da mettere gravemente a rischio la sua felicità.


Cosa fa il tuo cervello a questo punto? Vuole scoprire quali sono i problemi che mettono a rischio la felicità della famiglia… e se alla fine questa famiglia riuscirà a superarli.


Anche se il romanzo di Tolstoj non si può definire un page turner, anche se è lungo e il suo è il ritmo di un classico della letteratura, il tuo cervello è già lì, con il tartufo appoggiato a terra, pronto ad annusare una pagina dopo l’altra alla ricerca di queste risposte.


Quindi, ora prendi il tuo romanzo e analizza la prima pagina o il primo capitolo alla luce di quello che ti ho raccontato fin qui. Trovi le tre informazioni di cui ti ho parlato? Dove? Ricordati, non c’è mai un troppo presto, ma un troppo tardi sì. La chiave di tutto è la curiosità. Soprattutto se sei un’esordiente. Scatena quella e avrai compiuto un grosso passo avanti per convincere la tua futura lettrice ad andare alla cassa con il tuo libro in mano!


DIVERTITI A LEGGERE GLI INCIPIT DI ALCUNI DEI TUOI ROMANZI PREFERITI E PROVA A VEDERE IN CHE PUNTO TROVI LE TRE INFORMAZIONI DI CUI TI HO PARLATO. E SE TI VA, CONDIVIDI QUELLO CHE SCOPRI CON ME!


Photo Credits: Edy Tassi TradAutrice


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Published on September 18, 2018 23:00