Edy Tassi's Blog, page 2
December 15, 2020
5 CONSIGLI PER UN NATALE DA SCRITTRICE
Lo sapevi che il Natale può essere molto utile, quando scrivi?
Se durante le feste ti senti più Scrooge, e borbotti infastidita per le tante cose da fare, la confusione, le corse, il post di oggi ti aiuterà a riconciliarti con questo periodo e, chissà, magari ad aspettarlo perfino con gioia, grazie ai doni insperati che può portarti un Natale da scrittrice.
Ecco qua cinque suggerimenti per trasformare le giornate che ti aspettano in un momento ricco di regali insperati.
STAI CON GLI ALTRI
Anche se non sembra, stare sempre sole a scrivere, rincantucciate nel nostro angolo studio di casa, sarà stupendo, ma alla lunga rischia di trasformarci davvero in un Grinch. E siamo davvero sicure che per scrivere non abbiamo bisogno degli altri?
Per esempio, io mi accorgo che più sto da sola e più penso di avere sempre ragione. Invece, avere un confronto, avere qualcuno che ti contraddice, è sano, necessario. Anche per la scrittura. Vuoi mettere quanti spunti possono arrivare da una bella litigata con quella zia che critica sempre o quel fratello che non alza mai un dito?
Inoltre, da sola decido sempre io cosa fare. Invece è utile imparare ad abbandonare il timone e lasciare che siano gli altri a dirti “siediti qui, mangia questo, ascolta quest’altro”. Il cervello riposa. E mentre lui riposa, tu puoi…
FATTI RACCONTARE ANEDDOTI E STORIE
Sì, magari la zia racconta sempre lo stesso aneddoto della serenata. E magari anche tuo fratello non fa che ripetere della figuraccia che hai fatto in quinta elementare. Ma le riunioni famigliari hanno il potenziale di trasformarsi in enormi fucine di storie. Arriva sempre chi tira fuori la foto in bianco e nero, chi parla di quella volta che a Natale sono scesi tre metri di neve, chi si ricorda di quando un certo parente non è venuto, o chi ha appena scoperto che un vicino ha iniziato a frequentare il maestro della figlia.
E tu puoi semplicemente startene lì, ad ascoltare beata, mentre questo tesoro ti si rovescia addosso, prendendo appunti mentali o, ancora meglio, andando con regolarità al bagno per tirare fuori il tuo taccuino segreto e annotare lì gli aneddoti più succosi.
BIGHELLONA
La classica passeggiata per digerire. I due passi per vedere le luminarie. La scappata dal salumiere per prendere le tartine… Sono tutte occasioni per gironzolare con andatura lenta, e osservare. Magari noti un portone che si apre su un cortile interno decorato in ferro battuto. O quel negozietto che vende abiti vintage. Magari ti accorgi che hai tempo di entrare in una nuova pasticceria, sorseggiare un caffè seduta al tavolino e osservare i clienti che entrano, come facevano, una volta, gli scrittori nei caffè parigini (io preferisco il tè, magari sorseggiato in uno di questi luoghi stupendi!).
SCRIVI IN MODO PIÙ RILASSATO
Tutti i giorni ti imponi di scrivere mille parole? In queste settimane scrivine cinquecento. O mettiti comoda sul divano, avvolta nella coperta più morbida che hai. Approfitta del fatto che gli altri dormono un po’ di più per non strappare con i denti il tempo della scrittura alle 6 del mattino, ma accomodati davanti al pc alle otto e goditi i ritmi più rilassati di questo Natale da scrittrice.
GIOCA CON LA SCRITTURA
Concediti di scrivere qualcosa come viene. Senza progetto, senza scopo, senza struttura, senza trama. Scrivi un racconto surreale. Fai la caricatura di tua suocera. Fai spuntare un brufolo enorme alla tua vecchia nemica del liceo. Scrivi una filastrocca. Scrivi una pagina di parolacce. Usa queste giornate per un po’ di follia, di scrittura birichina. Scrivi su una parete. Scrivi lettere.
Usa il Natale come periodo sospeso, nel quale scrivere come capita, quello che capita, e liberare la mente.
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December 1, 2020
Racconta il tuo Natale
Vuoi giocare con me al gioco del Canto di Natale? Mi riferisco al racconto di Charles Dickens, quello in cui Scrooge viene visitato dai tre spiriti del Natale.
A dicembre, i miei post sono sempre un po’ meno operativi e un po’ più ispirazionali. Il periodo natalizio è, anche in tempi di pandemia, un momento di gioia, di raccoglimento, di riflessione. Ci facciamo coccolare da camini accesi, da libri e coperte sul divano, dalla vicinanza delle persone a cui vogliamo bene.
Anche chi non ama il Natale, può trovare in questi giorni la magia di tempi rilassati, di rami secchi che scricchiolano, di quel bicchiere di vino in più, sorseggiato prima di cena.
Ognuna di noi ha il suo Natale, ha dentro di sé aspetti del Natale che ama e che odia. Ognuna di noi è un po’ Cratchit e un po’ Scrooge.
Per questo vorrei giocare con te a questo gioco, come se fossimo le Scrooge di turno.
I NATALI PASSATI
Nella mia mente, i Natali passati si dividono in due fasi ci sono i Natali prima della separazione dei miei e i Natali dopo la separazione dei miei.
I Natali prima erano natali gioiosi, con la famiglia, per quanto non numerosissima, tutta radunata attorno al tavolo. Mia madre, mia nonna e la mia bisnonna, i giorni precedenti, riempivano spianatoie su spianatoie di tortellini fatti a mano. Il brodo sobbolliva nei pentoloni. C’erano sempre i canapè e la zuppa inglese. La sera della vigilia, facevo una fatica immensa ad addormentarmi perché sapevo che doveva arrivare Babbo Natale e il mattino seguente, dove non c’erano stati altro che il divano e le poltrone, trovavo decine di pacchetti da aprire. Si giocava a tombola. Erano bei Natali.
I Natali dopo sono diventati un’altra faccenda. Innanzitutto, potevo trascorrere la vigilia e la mattina di Natale da una parte, la sera di Natale e Santo Stefano dall’altra. Tutti mi dicevano che così festeggiavo due volte, ma a me non è mai sembrato questa gran meraviglia. Dovevo brindare e fare gli auguri a pranzo in una casa, alzarmi con il boccone ancora in gola e andare nell’altra casa, dove non avevano pranzato perché aspettavano me, e ripetere i brindisi, gli auguri senza aver ancora digerito quello che avevo mangiato poche ore prima. Era tutto abbondante, tutto forzato.
I NATALI PRESENTI
Oggi festeggio il Natale con la famiglia che mi sono costruita. Mio marito, le nostre due figlie, mia madre, che dei quattro nonni è l’unica ancora con noi. Siamo pochi. In realtà siamo sempre stati pochi. Io e mio marito siamo figli unici. E siamo figli di due figli unici. Nonostante i miei tentativi di allargare il cerchio, ho scoperto che a Natale i cerchi tendono a farsi più stretti o più serrati e che è difficile aprire e agganciarsi a quelli degli altri. Nonostante ciò, se i Natali passati si sono moltiplicati, perché dovevo festeggiarne due invece che uno, i Natali presenti si espandono. Comprendono sempre più giorni e preparativi. Sono i Natali delle decorazioni create in casa con le ragazze, dei calendari dell’Avvento condivisi, degli auguri che arrivano da nuove, preziose amiche lontane e ogni giorno suona il campanello, con un pacchettino, una busta. Sono i Natali della famiglia del cuore, non solo di quella biologica.
I NATALI FUTURI
Come saranno? Probabilmente ancora più solitari, a un certo punto, quando le nostre figlie prenderanno la loro strada (una delle quali potrebbe portare oltreoceano). Però posso provare a immaginare come li vorrei. Per esempio, mi piacerebbe organizzare un pranzo con tutte le mie amiche, magari la vigilia, o perché no, proprio il giorno di Natale! Mi piacerebbe trascorrerli da degli amici che vivono a Chicago, con tanta, tanta neve. Sarebbe bello viverli in un rifugio, da qualche parte, dove la tecnologia non arriva, ma i libri sì. Oppure, per una volta, ritrovarmi con tutti i cugini, con noi adulti che chiacchieriamo a tavola e i ragazzi che si rintanano a gruppetti un po’ qui e un po’ là, per tutta la casa. Trascorrere il mese di dicembre senza lavorare, nemmeno un giorno, ma dedicarsi a creare ghirlande, cucinare biscotti, guardare le luminarie delle città con il naso in su e prendersi tutto il tempo per cercare il regalo perfetto per ogni singola persona del cuore.
ORA PROVA TU
Il Natale è un momento intenso perché ci fa notare quello che abbiamo e quello che non abbiamo. La nostalgia che proviamo, per qualcosa che non c’è, indica la strada da imboccare per curare una ferita. La gioia ci aiuta a consolidare quello che ci fa stare bene.
Perciò ora prova tu! Come sono stati i tuoi natali passati, come sono quelli presenti e come potrebbero essere quelli futuri? Cosa c’era e cosa mancava, cosa c’è e cosa manca? Cosa vuoi conservare in futuro e cosa cambiare?
Se ti va, condividi nei commenti le tue riflessioni e raccontami in che direzione ti spingono la nostalgia e la gioia.
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November 17, 2020
Per scrivere un libro ti servono: Motivazione, Organizzazione e Tracking
Scrivere un libro è difficile? In realtà, in termini di scrittura, non è più difficile di scrivere un post come quello che stai leggendo ora. Ma, ovviamente, visto che si tratta di un processo più ampio e articolato, richiede che tu investa qualche energia in più. Nel mio post precedente ti ho parlato dell’ispirazione, uno dei quattro pilastri su cui si basa la scrittura; pilastri che, nel caso di articoli, blog post e racconti brevi, non sempre sono così evidenti ma che mostrano tutta la loro importanza davanti a un progetto complesso come la scrittura di un libro.
Se hai un libro nel cassetto, o fai parte del club di chi ha provato a scriverne uno più volte, senza riuscirci, ecco qui, nel dettaglio, gli altri tre pilastri: motivazione, organizzazione e tracking.
MOTIVAZIONE
Scrivere un libro è come una gara di resistenza e il fatto di essere abituata invece a degli sprint può rappresentare uno svantaggio. In questo caso, e per superare i momenti di stanchezza, è di grandissimo aiuto riflettere sul perché vuoi scrivere.
Se pensi di scrivere un libro (che sia un romanzo o un manuale) per ingannare il tempo, va benissimo. Puoi farlo perché ti rilassa, perché ti piace l’idea di raccontare una storia o di cimentarti in qualcosa di nuovo. In questo caso, però, se il progetto non va in porto o non arrivi alla fine, pazienza.
Se invece sai che non stai scrivendo a tempo perso e vuoi arrivare fino in fondo, la motivazione deve essere chiara e salda.
Ecco perché, prima di cominciare a scrivere, è utile riflettere su questo aspetto. Scrivere un libro è un obiettivo ambizioso in termini di creatività, concentrazione, tempo. Se non sostieni tutti questi elementi con una motivazione salda, rischi di perdere lo slancio e di non avere più niente che ti sospinga in avanti.
Quindi prova a rispondere a queste domande:
per chi vuoi scrivere un libro? Per te stessa? O per gli altri?
perché vuoi scrivere un libro? Per affermare qualcosa ai tuoi stessi occhi? Per comunicare un messaggio importante?
Non c’è una risposta giusta o sbagliata, sta a te, però trovare il motore in grado di non lasciarti a piedi.
Piccolo trucco da vecchia volpe: Poiché uno degli ingredienti fondamentali della motivazione sono le gratificazioni, se sei abituata agli sprint dei testi brevi, prova a pensare a ogni singolo elemento che compone il libro come a un testo breve a sé stante (ogni capitolo, ogni paragrafo e via dicendo). Questo ti garantirà la gratificazione frequente a cui sei abituata. E per un po’ di sana gratificazione in più, concediti un premio ogni volta che compi un passo in avanti.
L’ORGANIZZAZIONE
Se mi conosci sai che predico da sempre il concetto di scrittura costante. Scrivere con costanza, preferibilmente tutti i giorni, è fondamentale per raggiungere quello stato di concentrazione e focus richiesto da un lavoro immersivo come la stesura di un libro. Scrivere tutti i giorni, però, non è qualcosa che “capita”. È qualcosa che devi far capitare o, ancora meglio è qualcosa che vuoi far capitare.
Proprio perché magari hai facilità di scrittura, probabilmente scrivi già con una certa frequenza. Ma quando hai per le mani il progetto di un libro, cioè di un’idea “composta”, scrivere con una certa frequenza può non bastare. Le idee infatti hanno la brutta abitudine di sfilacciarsi, di nascondersi, di diventare impalpabili come sbuffi di vapore. E se tra una seduta di scrittura e l’altra passa troppo tempo, l’idea, appunto, evapora. Non ti ricordi dov’eri arrivata, perdi il ritmo, rischi di cambiare stile ecc.
Non ti resta, perciò, che organizzarti per creare un’abitudine di scrittura che ti permetta di scrivere il più spesso possibile.
Scegli di cominciare a scrivere il tuo libro in un periodo di calma, in cui sai che puoi dedicare parecchio tempo a questo progetto.
Rifletti su quali sono i tuoi ritmi e come puoi fare spazio alla scrittura quotidiana.
Crea una routine che preveda lo spazio per la scrittura. Basta anche mezz’ora. Come dice Meredith Bond, bastano addirittura solo venti minuti: cinque minuti di riscaldamento, dieci minuti di scrittura, cinque minuti per annotare quello che scriverai la prossima volta.
IL TRACKING
Come fai a sapere se stai procedendo nella direzione giusta? Di sicuro il numero delle pagine che aumenta è un buon indicatore, ma per essere sicura di arrivare fino in fondo, hai bisogno di monitorare in modo sistematico il tuo lavoro.
Il tracking, non è solo uno strumento da utilizzare ex post (oggi ho scritto tot pagine), ma anche ex ante (entro fine settimana voglio scrivere tot pagine, perciò devo scriverne almeno due tutti i giorni).
Il tracking è uno strumento che sostiene la motivazione. Vedere i progressi continui che fai alimenta l’adrenalina e l’entusiasmo. È utilissimo per migliorare l’organizzazione. Se vedi che devi/vuoi scrivere cinque pagine al giorno e non ci riesci mai, forse o ripensi il numero di pagine o c’è qualcosa da ripensare nella tua giornata.
Che cosa può rientrare nel tracking? Sei libera di scegliere quello che preferisci: numero di parole, numero di pagine, capitoli, scene, paragrafi, giorni dedicati alla scrittura, libri da leggere, persone con cui parlare. Pensa a cosa ti è più utile e usalo come metro di misura per valutare i tuoi progressi e alimentare la voglia di arrivare fino alla fine.
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November 3, 2020
I quattro pilastri indispensabili per scrivere qualsiasi libro
Alcune mie clienti, che stanno lavorando al loro romanzo o al loro manuale, a volte mi dicono: «Accidenti, non pensavo fosse così difficile!».
Questa osservazione non è insolita e accomuna moltissime persone che sognano di scrivere un libro. Di solito, arriva da chi ha facilità di scrittura, idee originali e riesce a scrivere senza problemi post, articoli o racconti brevi. E per questo pensa che il salto a “libro” sia solo una questione di numero di pagine, ma trascura quelli che sono i quattro pilastri fondamentali della scrittura.
Ecco perché, altrettanto spesso, capita che queste persone non riescano ad arrivare in fondo. Così, a quel punto scatta l’incredulità, la delusione, magari lo sconforto. In certi casi, abbandonano il progetto, che però resta lì, in un angolo della mente, ad alimentare quei sentimenti negativi e a minare la loro sicurezza. «Perché non sono riuscita a terminare il libro?» «Ma allora sarò davvero così competente?» «Non è che magari sono meno brava di quello che credo?»
La vocina comincia a rigirare il coltello nella piaga.
I PROBLEMI DA NON SOTTOVALUTARE
Quando non si riesce a scrivere un libro, molto spesso è perché ci sono sottovalutati alcuni aspetti della scrittura:
I blog post, le newsletter, gli articoli e i racconti ti abituano a una gratificazione immediata o nel breve periodo. Scrivi, pubblichi, ricevi un feedback e via, il ciclo continua. La scrittura di un romanzo o di un manuale prevede l’impiego di tante risorse per lunghi periodi di tempo senza (apparenti) gratificazioni in vista.
Quando scrivi testi brevi, il riscontro che ottieni da chi ti legge ti permette subito di capire che aria tira e aggiustare la mira. Quando scrivi un testo lungo, devi fidarti solo di te stessa finché non l’hai finito.
Nella scrittura di un testo breve puoi sviscerare un’idea o raccontare un episodio e poi passare subito ad altro, senza che tra i vari testi ci sia necessariamente una concatenazione logica. In un libro o in un romanzo ci deve essere coesione e omogeneità di contenuti.
Nella scrittura di testi brevi, non hai bisogno di concentrarti a lungo e le pause tra un testo e l’altro non ne condizionano la riuscita. Nella scrittura di un romanzo o di un manuale, le pause possono rappresentare insidioso tranello.
Ecco quindi che, chi è abituato alle dinamiche tipiche della scrittura di testi brevi, quando si cimenta per la prima volta in un libro, può ritrovarsi smarrito.
Per non perdersi, però, basta conoscere i quattro pilastri su cui poggia il volume che hai in testa. E cioè: ispirazione, motivazione, organizzazione e tracking (o monitoraggio).
Oggi parliamo del primo di questi quattro pilastri.
L’ISPIRAZIONE
Sì, l’ispirazione si manifesta attraverso le idee (qui e qui trovi qualche approfondimento) ma, come ti dicevo, se sei abituata a testi brevi, sei anche abituata a sviluppare idee brevi o di media lunghezza. Idee che reggono quelle tre, quattro, dieci pagine. Per scrivere un libro devi esercitare la capacità di sviluppare idee più ampie, articolate, che reggano centocinquanta, duecento pagine senza diventare la ripetizione ciclica degli stessi due concetti.
Come fare quindi?
Dedicati a un po’ di brainstorming. Prendi l’idea che in questo momento ti attira di più e prova a smembrarla in tutte le sue componenti, dopodiché verifica se queste componenti si prestano a diventare altrettanti micro argomenti. Hai presente come funziona in matematica? Le idee possono essere come i numeri composti o come i numeri primi. I numeri composti si possono suddividere in altri numeri più piccoli, mentre i numeri primi no. Provando a scomporre la tua idea ti rendi subito conto se hai in mano un’idea “numero composto” o un’idea “numero primo”. Nel caso di un’idea “numero composto”, puoi cominciare a creare una scaletta con gli elementi che hai trovato. “Scrivere un romanzo rosa” è sicuramente un’idea numero composto perché si può scomporre in moltissimi sotto argomenti. “Come scegliere il nome del tuo protagonista”, è decisamente un’idea numero primo che non ha molte probabilità di reggere per cento pagine e più.
Se ti accorgi di avere per le mani un’idea “numero primo”, per restare nel campo matematico, prova a sommarla a un’altra idea o a moltiplicarla. Per esempio, “Come fare decluttering della scrivania” è un argomento “numero primo” che però puoi ampliare in “Semplifica la tua vita facendo il decluttering di tutti i cassetti di casa” o “Il decluttering della scrivania e la tua missione sul lavoro”.
Perché se non hai per le mani un’idea sufficientemente articolata, è molto probabile che, arrivata ad un certo punto, tu non sappia più come andare avanti.
NEL PROSSIMO POST TI PARLERÒ DEGLI ALTRI TRE PILASTRI. NEL FRATTEMPO, PROVA A PENSARE SE L’IDEA CHE TI FRULLA IN TESTA DA UN PO’, PER UN LIBRO, APPARTIENE PIÙ ALLA CATEGORIA DEI NUMERI PRIMI O DEI NUMERI COMPOSTI E SE TI ACCORGI CHE RICADE NELLA PRIMA CATEGORIA, LAVORACI SU PER AMPLIARLA!
SE L’ARGOMENTO IDEE TI AFFASCINA LEGGI QUESTO LIBRO DEDICATO PROPRIO A IDEE E CREATIVITÀ.
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October 20, 2020
La creatività è un dono che puoi farti da sola
Nel mio ultimo post, ho condiviso con te le mie riflessioni sulla creatività.
Hai avuto modo di pensarci su? Le condividi?
Nel frattempo mi sono anche chiesta perché la creatività sia così importante e perché ci sembri sempre di non possederne abbastanza.
Forse perché pensiamo che sia una sorta di dono, che hai o non hai, e se non ce l’hai, be’ sei condannata all’aridità eterna, tipo a fare la ragioniera, o qualche altro lavoro mortalmente noioso (e lo dico da ragioniera!).
La creatività, infatti, è qualcosa in grado di rendere tutto magico e migliore. Io non ho mai sentito dire, «ah, cosa vuoi, è creativa…» come se fosse un difetto. E sono sicura che non lo hai mai sentito dire nemmeno tu. Casomai il contrario. Se sei creativa, tutto diventa più facile. Le idee tintinnano argentine nella tua tasca pronte a saltar fuori per risolvere i problemi degli altri, se vuoi scrivere un manuale, e le tue storie sono sempre originali, sorprendenti, uniche.
Quindi come non desiderare di essere creative?
LA CREATIVITÀ NON TE LA REGALA NESSUNO
Sono convinta che la creatività non sia qualcosa che puoi ordinare su Amazon e che ti arriva con un pacco depositato in giardino. Non è nemmeno qualcosa di inarrivabile, come quando, mantenendo l’immagine, arrivi sull’articolo che ti interessa e leggi la scritta “Attualmente non disponibile”.
E non è nemmeno un carattere ereditario, tipo gli occhi azzurri o i capelli ricci. Altrimenti non esisterebbero persone incredibilmente creative, figlie di persone per le quali la creatività è solo una delle 427.000 parole (circa) del nostro vocabolario.
Nel post precedente ti dicevo che è, riassumendo, un processo che ha bisogno di spazio. È lo strumento con cui soddisfare il bisogno di essere reciprocamente visti. È la risposta a un problema.
E ci sono molti modi grazie ai quali puoi coltivare ciascuno di questi quattro aspetti, da sola, in modo che la creatività non sia più qualcosa che deve arrivare chissà da dove o grazie a chissà quale rituale segreto. La creatività è un dono nelle tue mani.
QUATTRO SUGGERIMENTI PER DONARTI LA CREATIVITÀ CHE DESIDERI
Se la creatività è un modo per essere visti, la prima cosa che puoi fare è pensare a come vuoi affermare la tua presenza. Che cosa è importante che vedano di te, le persone? Io vorrei essere vista come una scrittrice che sa raccontare storie brillanti, con svolte inaspettate e piene di stimoli sensoriali. Da coach, mi piacerebbe che passasse il mio desiderio di aiutare le mie clienti a raccontare storie che le fanno sentire bene o a condividere esperienze e conoscenze che le fanno sentire utili e apprezzate. Tu cosa vuoi? Che cosa devono dire di te, le cose che fai, che scrivi, che inventi?
Per trovarle spazio, ti consiglio quello che suggerisce Julia Cameron, nei suoi libri (La via dell’Artista, e il meno conosciuto The Right to Write) e regala alla tua creatività uno spazio tutti i giorni e tutte le settimane. Deve essere uno spazio in cui decidi di dedicarti, da sola, ad attività che non hanno direttamente a che fare con il tuo lavoro e quello che stai scrivendo. Può essere una passeggiata, l’esplorazione di un luogo nuovo. Puoi scegliere di cimentarti in un hobby diverso, o seguire un corso insolito. Scegli di leggere un libro in un genere che ti incuriosisce, o di andare a pranzare in quel posto di cui hai tanto sentito parlare. Perditi mentre sei in macchina o decidi di diventare esperta in un campo che stuzzica le tue sinapsi. La Cameron definisce questi momenti Appuntamenti con l’Artista.
Per allenarti nel processo, ti suggerisco la tecnica proposta da James Altucher per diventare una autentica “idea machine”: La tecnica è semplice: allenati ad avere 10 idee nuove ogni giorno. Non importa che siano buone o cattive. L’importante è sforzarsi. Esiste anche un libro, all’interno del quale puoi trovare tantissimi promt con cui esercitarti. Il concetto è: se aspetti che l’idea giusta arrivi solo quando ne hai bisogno, rischi di non essere abbastanza allenato a produrne una. Invece, far diventare la creatività un’abitudine anche quando non è strettamente necessario si rivela la strategia vincente per fare scintille quando lo è.
Infine, a proposito di prompt, se anche tu scrivi sai come puoi usarli in modo creativo? Il prompt classico funziona così: ricevi una suggestione, una frase, un’immagine e da lì devi scatenare la fantasia. Spesso però questo tipo di promt è un po’ fine a se stesso. Il modo migliore per rendere utile questa tecnica, invece, è applicare al concetto di prompt anche quello di scarsità, che ci aiuta nella quarta attività, cioè risolvere problemi. Cosa devi fare? Invece di un prompt solo, scegline tre che ti piacciono e prova a scrivere qualcosa che li combini tutti. I vincoli sono maggiori, la gabbia è più stringente, ma di sicuro te ne uscirai con qualcosa di molto più utile. Se vuoi scrivere un manuale di ginnastica, per esempio, prova a combinare questi tre elementi: un manuale, il tuo panorama preferito e la parola “volo”: scommettiamo che la tua mente ha già cominciato a creare connessioni? Oppure, se vuoi scrivere un romanzo d’amore, prova a pensare a una storia che combini una coda in autostrada, una decolleté rossa e un coltivatore di Valdobbiane.
Allenati ogni giorno ad allenare la creatività e per te diventerà una risorsa sempre disponibile!
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October 6, 2020
La creatività non è un armadio dell’Ikea
Ma non è nemmeno un baule della nonna. Né la cassaforte piena di banconote della Casa di Carta. E non è nemmeno un sacchetto di monete.
La creatività, in poche parole, non è una cosa e non è un luogo.
Te lo dico perché, in un certo senso, ho sempre pensato che la creatività fosse una specie di deposito di idee. O che fossi creativo perché avevi tante idee. In un modo o nell’altro, il concetto presupponeva una sorta di fisicità e di possesso.
Le idee, pensavo, compaiono nella testa come il famoso coniglio che salta fuori dal cilindro e tu devi essere il mago capace di pronunciare la formula magica più giusta per farle comparire.
Ma…
SE ACCADE L’IMPENSABILE
Durante il lockdown (se sei stanca di sentirne parlare, ti capisco!) avrei avuto un sacco di tempo a disposizione per essere creativa, per aprire quell’armadio, organizzare un piano degno del più avvincente telefilm o pescare una delle monete chiuse nel sacchetto.
Cavolo, ero a casa, con molti meno impegni del solito e giornate infinite davanti da utilizzare per realizzare progetti meravigliosi.
Invece, nulla. Cercavo di scuotere il sacchettino, ma niente tintinnio di monete. Dietro le ante, solo polvere. Quanto al piano… faticavo a mettere insieme due idee per il pranzo, figurarsi se potevo azzardare qualcosa di più avventuroso.
Insomma il vuoto. Nemmeno il mio adorato brainstorming, sembrava dare risultati!
Nei primi giorni ero troppo angosciata da quello che stava accadendo, per preoccuparmene. Avevo altri pensieri. Forse non sentivo il tintinnio delle monete perché la voce nella mia mente urlava altro. E dopo aver impiegato tre ore a fare la spesa, il mio unico obiettivo era crollare stressatissima sul divano.
Ma poi, con il passare del tempo, ho cominciato a pormi il problema di questa creatività che sembrava essersi volatilizzata.
Chi me l’aveva rubata? Chi aveva cambiato la combinazione? Chi aveva tolto la corrente?
Così, pensa che ti ripensa, mi sono resa conto di una serie di cose che voglio condividere con te.
LA CREATIVITÀ
non è un contenitore, dal quale pescare l’idea vincente, ma è un processo. È più una planetaria! È la capacità di creare nuove connessioni, di prendere informazioni, immagini, esperienze lontanissime tra loro e congiungerle con un filo dorato (o mescolarle con una frusta). Non è il coniglio dal cilindro ma la mano in grado di tirarlo fuori. Se la mano è senza forze, non tira fuori proprio un bel niente!
non ha bisogno di tempo, ma di spazio. Di tempo, in quei giorni, ne avevo tantissimo eppure… quello che mi mancava era lo spazio mentale per far girare le rotelle, che invece erano compresse da strati e strati di ovatta, di ansia, di stanchezza.
è la risposta a un problema. Senza problemi, o senza domande, la creatività non esiste. Non è necessaria. Lo diventa quando cominci a chiederti come uscire da una certa situazione, come realizzare una certa cosa, come esprimere un certo sentimento.
è un modo per dire “sono qui!”. È un modo per affermare la propria esistenza. È la manifestazione di un bisogno di essere visti. È un messaggio silenzioso. Sono qui e se tu mi vedi, significa che anche tu sei qui. Esistiamo, ci vediamo, ci riconosciamo.
SEI D’ACCORDO?
Per tutti questi motivi, la creatività è tanto importante e tanto delicata.
E per questo, durante un periodo difficile e complesso come il lockdown a molte è capitato, come a me, di sentirsi paralizzate.
Non c’era spazio: le preoccupazioni erano molte.
Non potevamo trovare la soluzione al problema più grande che ci affliggeva: una pandemia è un filo sopra le nostre singole possibilità.
Non potevamo vederci, se non attraverso degli schermi o dei filtri.
E quindi il processo è andato a farsi benedire. Almeno per un po’.
Nella vita di tutti i giorni, però, quando non arrivano pandemie a scombinare la quiete mondiale, ci sono molti modi per alimentare con consapevolezza il processo della creatività e nel prossimo post ti racconterò come fare! Nel frattempo, se hai voglia di leggere un bel libro sull’argomento, ti consiglio questo, che a me piace moltissimo.
CONDIVIDI CON ME LE TUE RIFLESSIONI. COS’È PER TE LA CREATIVITÀ? CHE SPAZIO OCCUPA NELLA TUA VITA? FAMMELO SAPERE NEI COMMENTI!
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June 23, 2020
I due muscoli della scrittura
Se sei mai stata in palestra, sai bene che non si può allenare un muscolo senza lavorare anche sul suo antagonista. Quando alleni i bicipiti, devi allenare anche i tricipiti. Quando alleni il lato destro del tuo corpo, devi compensare con un allenamento del lato sinistro. Qualsiasi allenamento deve portare a un equilibrio. I muscoli sono collegati. Non puoi esagerare di squat senza pensare a dei crunch. Non puoi affidarti solo a un lavoro aerobico trascurando quello di forza.
Ma come si collega questo alla scrittura?
Per migliorare come autrice, non devi sempre pensare solo al muscolo della creatività (cioè quello che ti permette di inventare storie avvincenti e indimenticabili), ma anche al suo antagonista, cioè quello della scrittura (la capacità di dare una forma concreta alle storie).
Spesso, nei gruppi Facebook o nelle recensioni online, si accendono diatribe tra chi sostiene che una bella storia sia tale se emoziona, se avvince… e pazienza se è scritta così così, se ci sono refusi o, peggio, errori di ortografia o di sintassi. L’importante è la storia. Altri sostengono che una bella storia sia tale solo se è scritta bene, anche se la trama non avvince.
Io sono del parere che trama e scrittura siano fondamentali e che vadano sempre allenate entrambe. Ma nel concreto, questo, come si traduce?
MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLE STORIE SIGNIFICA:
– dare vita a personaggi sfaccettati, profondi, originali;
– concepire trame articolate, avvincenti, insolite e plausibili.
Migliorare la qualità delle tue storie è un obiettivo che puoi raggiungere leggendo, guardandoti intorno, trovando spunti sempre nuovi, lavorando sulle idee per verificare che siano valide e nel caso aggiungere quel qualcosa in più… o magari frequentando il mio percorso Madreperla.
MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA SCRITTURA, SIGNIFICA:
oltre a scrivere in modo corretto dal punto grammaticale, anche raggiungere tre obiettivi meno ovvi ma altrettanto importanti.
– creare chiarezza: non cadere nella trappola dei paroloni, delle frasi involute, della sintassi complicata. Quando devi esprimere un concetto, descrivere un’immagine o evocare sensazioni, scegli parole che le tue lettrici conoscono o che dovrebbero conoscere. Non trasformare la tua scrittura in un ambizioso (e ampolloso) codice segreto. Colora il tuo vocabolario con termini insoliti ma non impossibili. Le tue lettrici devono capire cosa stai dicendo e non sono tenute a smettere di leggere per consultare il dizionario ogni due righe. So che è facile pensare che con la tua scrittura puoi elevare il livello culturale del prossimo, ma ricordati che ciò che non è chiaro non viene letto.
– creare profondità: analizza le tue parole, le tue pagine, i tuoi capitoli e prova a cercare occasioni per arricchirli di dialogo interiore (per far conoscere ancora più intimamente i tuoi personaggi); lavora sulle emozioni, scava, trova sfumature inedite per descrivere la gioia, la tristezza, la rabbia. Non accontentarti di descrivere le manifestazioni più comuni dei sentimenti, personalizzali con un gesto, un dettaglio, una parola; infine, presta attenzione all’atmosfera, a quello che succede attorno ai tuoi personaggi e a dove succede, utilizza le parole per scaldare o raffreddare una scena, scegli il ritmo giusto delle frasi per dare slancio a un momento adrenalinico o per rallentare un passaggio riflessivo. Scrivi con intenzione.
– creare originalità: fai attenzione alle metafore che usi, ai cliché, agli esempi. Evita l’abituale, trova modi nuovi per dire quello che si è ormai cristallizzato in una frase fatta, in un’associazione condivisa. Se piove tanto, in che modo diverso potresti dire che piove a catinelle? Scrosciavano secchiate d’acqua? Dal cielo cadde il più grande gavettone che si fosse mai visto?
Di recente, leggendo il romanzo di Federica Brunini Due sirene nel bicchiere (che ti consiglio perché è una lettura davvero ricca da questo punto di vista) ho trovato queste immagini che ti voglio riportare come esempio:
Il taxi arrancò lungo la salita aggrappata alla roccia come una cerniera al vestito.
e ancora
La corrente era più forte di lei e la stava trascinando fuori, dove le onde erano diventate aguzze come borchie pungenti
Sono due esempi, secondo me molto chiari, di cosa voglia dire dipingere immagini originali, che si accendono nella mente come un lampo.
NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI
è difficile che i due “muscoli” siano in perfetto equilibrio naturalmente. Alcune di noi, per inclinazione personale, sono molto brave a costruire storie, altre sono più brave a usare le parole. Le scrittrici di successo, però, sono quelle molto brave in entrambe le cose e questo è il traguardo a cui dovresti ambire tu.
Perciò, prova a prenderti qualche minuto per fare un po’ di auto analisi e saggiare la tonicità dei tuoi muscoli. Dove ti senti più forte e dove meno? Sono sicura, sotto sotto, lo sai. Sai cosa ti riesce meglio e in cosa dovresti allenarti. Pensaci e d’ora in poi prova a dedicare in modo consapevole una porzione del tuo tempo ad allenare quel muscolo. Hai bisogno di allenarti a inventare immagini nuove? O ad approfondire la psicologia dei personaggi o dei contenuti che trasmetti? Fai un check periodico, magari ogni sei mesi o quanto meno una volta all’anno per fare il punto della situazione e agire di conseguenza.
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June 2, 2020
Cosa significa essere una brava scrittrice
Chi prende in mano la penna, o la tastiera, per scrivere, lo fa con l’implicito desiderio di scrivere bene. Scommetto che anche tu, quando ti immagini scrittrice, lo fai pensando a una brava scrittrice, non a una scribacchina mediocre. Perché nel desiderio di scrivere è intrinseco anche quello di farlo in modo esemplare, per creare qualcosa di meraviglioso e indimenticabile.
La scrittura, o la ami o la odi, e se la ami, vuoi che questo amore si trasformi in romanzi, memoir, manuali magici e speciali. Ecco perché, il bisogno di crescere e migliorare non ti abbandona mai.
Dopo tanti anni di lavoro, di studio e di scrittura, anche io continuo a cercare il miglioramento. A volte nell’uso delle parole, a volte nella punteggiatura, a volte nella profondità dei personaggi o nel mio atteggiamento. Leggo da scrittrice, sfoglio i giornali da scrittrice, ascolto le persone da scrittrice, guardo la televisione da scrittrice. Perché nel tempo ho stabilito quali sono i miei parametri di bravura. Per esempio, raccontare storie da un’angolatura insolita, sorprendere le mie lettrici, creare personaggi sempre più complessi, strutturare trame sempre più articolate.
STABILISCI I TUOI PARAMETRI DI BRAVURA
La prima cosa per diventare la migliore autrice possibile, quindi, è stabilire cosa significa per te essere brava. Quali sono i parametri secondo i quali misuri le tue capacità? In questo post ti ho suggerito di identificare quali sono i tuoi parametri per il successo e lo stesso ti invito a fare ora per quelli relativi alla bravura. Ognuna di noi ha i suoi. Quando scrivo un manuale, per esempio, voglio spiegare, ma anche divertire. Cerco l’ironia, mi soffermo sui consigli pratici. Per me è importante avere un ritmo costante. Cerco sempre di coltivare le mie idee.
La bravura è qualcosa che pensiamo debba venire riconosciuta dall’esterno, ma in questo caso ha più a che fare con il concetto di successo. La bravura di cui ti parlo io è quella che nasce da te, da quello che ritieni importante tu.
Nel tempo, mi sono resa conto che essere una brava scrittrice, per me, non significa solo non fare errori di ortografia, tirare fuori frasi incisive o memorabili, intrattenere e divertire. Essere una brava scrittrice ha a che fare con una dimensione interiore che si collega a me come persona, che trasforma la scrittura in un’eredità.
UNA BRAVA SCRITTRICE RACCONTA LA VERITÀ
O meglio, una brava scrittrice racconta sempre la “sua” verità. Anne Lamott dice, “il nostro lavoro è raccontare la verità”.
Che non significa raccontare la verità assoluta, la verità di cronaca, la verità oggettiva, ma raccontare sempre ciò che dentro di noi sentiamo vero. Scrivere sempre da un luogo di integrità, indipendentemente da ciò che richiede il mercato, gli editor, gli agenti. Se vuoi conoscere la mia esperienza in merito, ti consiglio di leggere questo mio vecchio post, in cui ti racconto come mi sono resa conto di quanto sia importante restare integri.
UNA BRAVA SCRITTRICE È GENEROSA
Sì, lo so, la tradizione vuole che noi scriviamo per noi stesse. Ed è giusto. Ma la generosità di cui parlo io è un’altra, ha a che fare con il darsi, con il mettere in quello che scriviamo tutte noi stesse. La passione, l’impegno, l’energia, le idee. Non tenere niente “da conto”, non lasciare qualcosa nella penna o nelle dita. Se non dai tutto quello che hai, non ha senso scrivere.
Qualsiasi cosa scrivi, deve essere la migliore che tu abbia mai scritto. Il miglior romanzo, il miglior manuale, il miglior blog post. E deve esserlo perché usi tutto quello che hai imparato lungo la strada, fino a quel momento.
UNA BRAVA SCRITTRICE LIBERA LE SUE LETTRICI
Ciascuna di noi, scrivendo, attinge alle proprie vulnerabilità, alle proprie esperienze, alle proprie passioni e così facendo le trasforma e le consegna alle proprie lettrici. Lasciare trapelare le nostre vulnerabilità nella scrittura, permette alle lettrici di vedere quanto di buono può derivare da esse. È liberatorio per noi e per loro. Vedere i nostri desideri, i nostri errori, le nostre vicende emotive sublimate nella scrittura, comunica loro che dagli errori, dalle vicende personali, da qualsiasi situazione, si può ricavare qualcosa di importante.
UNA BRAVA SCRITTRICE VIVE
Questo più di tutto, è ciò che ci fa diventare scrittrici sempre migliori. Vivere, ascoltare, guardare e mostrare ciò che si nasconde agli occhi. Tendiamo spesso a rimanere chiuse nella nostra testa, attingendo al mondo interiore, dimenticando quello che c’è fuori. Ma in questo modo, piano piano, ci esauriamo, e come dice Julia Cameron, esauriamo la nostra fonte. Invece è fondamentale guardare oltre, guardare lontano, collezionare istanti, dettagli, profumi, colori, suoni, immagini.
COSA SIGNIFICA PER TE ESSERE UNA BRAVA AUTRICE? COSA SIGNIFICA MIGLIORARE? RACCONTAMELO NEI COMMENTI E SE VUOI SCOPRIRE IN ANTEPRIMA ASSOLUTA GRANELLI, IL NUOVO SERVIZIO CHE TI AIUTERÀ A DIVENTARE UN’AUTRICE SEMPRE MIGLIORE, ISCRIVITI ALLA WAITING LIST SEGUENDO QUESTO LINK. IL 5 DI GIUGNO (QUINDI TRA POCHISSIMO) SCOPRIRAI TUTTO!
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May 19, 2020
I quattro feedback che ti servono per il tuo romanzo

Sarebbe bello se esistesse un supermercato delle idee?
Un posto con tante corsie dove vai a recuperare quella giusta per te? Quella “garantita” al 100 per cento. Quella testata, senza difetti, a prova di allergie?
Forse sì, ma allora, più che un supermercato, io preferirei una boutique, un laboratorio artigianale, un luogo dove le idee non sono prodotte in serie. Di quelle dove è l’amore di chi le produce a fare la differenza.
Invece, le idee non si comprano. Puoi cercarle, puoi sollecitarle, puoi trovarle. E per renderle speciali non c’è produzione in serie, laboratorio di analisi, grande distribuzione che tenga. Sei tu che può renderle tali, con la tua cura, il tuo amore, e anche il tuo spirito critico (nel mio ultimo post ti ho suggerito un piccolo test preliminare per capire quanto potenziale ha la tua idea).
Ma qui, a volte, casca l’asino. A volte, l’amore che provi per la tua idea ti impedisce di vederne i difetti o, volendo parlare in termini positivi, i margini di miglioramento.
TUTTI HANNO BISOGNO DI UN FEEDBACK
Spesso, l’amore per un’idea si dimostra proprio mettendola in discussione e chiedendo a qualcuno di darci un feedback in merito.
Pensa, perfino i più grandi, come Stephen King, si sottopongono a un parere esterno. Anzi, molto spesso, sono proprio loro a farlo, perché, non ti stupirà scoprirlo, esporsi volontariamente alla critica (purché costruttiva) significa fare sul serio, significa tenerci, significa considerare la scrittura qualcosa di importante.
Oggi quindi ti voglio dare tre dritte sui feedback.
QUANDO CHIEDERLO
Puoi chiederlo più spesso di quanto pensi. In particolare:
Sull’idea a cui vuoi lavorare;
Quando hai scritto l’outline;
Mentre stai scrivendo la prima stesura
Quando hai terminato la stesura finale.
Si tratta ovviamente di feedback molto diversi tra loro, ma che hanno utilità altrettanto diverse. Potresti voler testare un’idea, se per esempio sei di solito molto sicura della tua scrittura ma non vuoi imbarcarti in un progetto rischioso o se l’idea è ancora un po’ nebulosa.
Puoi voler sentire un parere sulla outline, se hai chiaro il concetto della storia ma vuoi essere certa di cominciare a scrivere con delle basi solide alle spalle.
O magari preferisci confrontarti durante la prima stesura, perché sei una donna di idee ma tendi a perderti nella realizzazione pratica.
Infine, puoi cercare un parere al momento della stesura finale per capire quali sono i margini di miglioramento e quale strada percorrere ora che hai finito.
FOCALIZZA IL FEEDBACK
Puoi chiedere un parere generico, ma se hai dei dubbi specifici, fai domande specifiche.
Chiedi se l’ambientazione funziona. Oppure approfondisci la resa dei dialoghi. In questo modo aiuterai chi ti vuole aiutare. E potrai raccogliere pareri più puntuali.
Un generico “cosa ne pensi” funziona se ti rivolgi a un professionista, che di suo ha un occhio allenato a individuare più punti di forza o criticità. Ma in tutti gli altri casi, se ti rivolgi a una beta reader, meglio andare dritti al punto e sondare il terreno su quegli aspetti in cui ti senti meno forte.
CERCA FEEDBACK UTILI
Cosa intendo?
Normalmente possiamo ottenere quattro tipi di feedback:
la critica: quello che stai facendo è sbagliato e va cambiato;
il consiglio: quello che stai facendo è giusto ma si può fare meglio;
il complimento: quello che stai facendo è giusto e va lasciato così;
il suggerimento: quello che stai facendo è sbagliato ma può restare così.
A quale di questi feedback devi puntare? Diciamo che un buon feedback non si tira indietro davanti a nessuna di queste possibilità. Molto dipende da quanto credi nella tua idea, nelle tue capacità e nella persona che te lo sta dando.
La cosa importante però è che tu impari a distinguere tra questi quattro diversi tipi di feedback e, con grande serenità, decidi di ascoltare quelli che ti servono. La critica è una stroncatura che non ti aiuta? Dimenticala. Il consiglio è di parte? Valuta fino a che punto puoi tenerne conto. Il complimento è di parte? Goditelo ma non dormire sugli allori. Il suggerimento è vago? Chiedi delucidazioni.
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May 5, 2020
Un test per le tue idee
La tua idea potrebbe diventare il prossimo “Harry Potter”. Come ti suona questa affermazione? Mica male, eh? A chi non piacerebbe un’idea così? Un’idea vincente, spettacolare, di quelle che ti garantiscono milioni di lettrici e, oserei dire, altrettanti guadagni? Purtroppo, però, non tutte le idee nascono con questo potenziale. Ecco perché ho pensato di scrivere un post con il quale rivelarti un semplice test che mi ha insegnato l’esperienza.
Quindi, partiamo da me.
Nel cassetto, che nel mio caso è più un raccoglitore, conservo tutta una serie di idee. Sono idee che mi hanno colpita, incuriosita, divertita. Sono idee che mi vengono in mente mentre leggo una rivista, o mentre ascolto qualcuno che parla, o quando sono in giro e osservo le persone attorno a me (questi sono alcuni metodi che ti consiglio per non rimanere mai senza). Le idee arrivano un po’ da tutte le parti e se ne trovo una che mi intriga in modo particolare, la annoto, in modo da poterla riguardare con calma in un secondo momento.
Dico “riguardare con calma”, perché ho imparato sulla mia pelle che non tutte le idee sono così favolose come sembrano e meritano di lanciarsi subito a digitare sulla tastiera fino a farsi fumare le dita.
Il killer che non sapeva di esserlo
Anni e anni fa, prima di pubblicare qualsiasi cosa, avevo puntato la mia carriera di scrittrice su un’idea che non sono mai riuscita a portare a termine. Era un thriller, di quelli cruenti (perché allora mangiavo pane e Stephen King, pane e Thomas Harris, pane e Tess Jerritsen). In questa storia, l’idea, il twist intrigante prevedeva che la mia protagonista fosse una serial killer… a sua insaputa.
Sì, lo so, a leggere queste poche parole, uno pensa, che figata! Anche a me sembrava (e sembra tutt’ora) una figata. Ma questa idea non si è mai trasformata in romanzo, nonostante io allora ne avessi scritte già una cinquantina di pagine. Perché?
Un’idea non è una trama.
Scrivere un romanzo è una maratona, lo avrai già sentito dire.
Mantenendo la metafora, però, l’idea non è neanche l’equivalente dello sprint iniziale. È l’iscrizione. Il primo passo, importantissimo, certo, che non ti garantisce nemmeno di arrivare alla riga di partenza. Per arrivare a quella, e lanciarti, hai bisogno di capire se la tua idea è abbastanza valida da trasformarsi in trama.
La mia idea della serial killer aveva l’elemento di novità che serve per catturare l’attenzione (può anche capitare che qualcuno uccida involontariamente, se però sei una serial killer, difficilmente non te ne rendi conto, giusto?), ma in quel momento avevo cominciato a scrivere senza verificare che potesse diventare una trama. Non l’avevo testata.
Il test per verificare la tua idea.
Il modo più semplice per testare un’idea è scriverne la storyline.
In inglese, storyline significa trama, ma più tecnicamente, una storyline è lo sviluppo di un’idea in una, massimo due frasi. È, in pratica, la risposta alla domanda: di cosa parla il tuo libro?
Se sai cosa rispondere, oltre ad avere uno strumento di marketing molto valido (quante volte qualcuno ti ha posto questa domanda e tu non sapevi cosa rispondere?), hai anche in mano la chiave per decidere se la tua idea è valida o no.
Per scrivere una storyline devi rispondere a poche, semplici domande.
Chi?
Cosa?
Dove?
Perché?
Sono domande familiari a chi scrive, ma fondamentali per testare un’idea. Se non hai un chi, un cosa, un dove e un perché, difficilmente hai tra le mani una storia e forse è meglio non investire mesi o anni del tuo tempo per concretizzare un’idea senza potenziale.
Nel mio caso, per esempio, avevo il Chi (una serial killer che non sa di esserlo), avevo un Dove generico (Como), ma non avevo il Cosa e il Perché. Proviamo a lavorarci ora? Per divertimento?
Anna (chi), una donna mite e affettuosa, è ospite di un’amica e di suo marito (dove). L’uomo, che è un commissario di polizia, sta indagando su un pericoloso serial killer (perché). Mentre è da loro, qualcuno cerca di uccidere l’uomo (cosa). Lo sgomento di Anna è enorme, ma mai così grande quanto lo sconcerto di scoprire, giorno dopo giorno, che l’assassina potrebbe essere lei (twist)!
Così abbiamo molto più contesto e, tendenzialmente, anche una storia, non credi?
Certo, gli elementi mancanti sono ancora molti, di strada ce n’è da fare. Ma individuando il chi, il cosa, il dove e il perché (non il “come” che, è di fatto, è lo sviluppo della trama) ti rendi conto se hai davvero in mano un progetto sul quale vale la pena investire del tempo o no. (Se vuoi scoprire altri criteri per testare un’idea, li trovi qui)
E se il test va male?
Gli elementi di base possono nascondersi a chi non sa di doverli cercare. Succede.
Ma se provi a mettere in pratica questo test e ti rendi conto di non riuscire a trovarli nemmeno con uno sforzo consapevole, forse, quella che hai in mano è sì un’idea, che però non ha il potenziale per trasformarsi in una trama.
A questo punto hai tre alternative.
Scartarla, accantonarla nel “pensatoio” per un po’ e vedere se con il tempo se ne ricava qualcosa di meglio, o provare ad applicare una delle strategie che ti suggerisco in questo post!
SE STAI SCRIVENDO UNA STORIA, PROVA AD APPLICARE QUESTO TEST ALLA TUA IDEA E FAMMI SAPERE SE IL RISULTATO TI È STATO DI AIUTO.
SE INVECE HAI VOGLIA DI SAPERE COSA NE PENSO IO, DELLA TUA STORIA, E VUOI CONFRONTARTI CON ME, ISCRIVITI ALLA WAITING LIST DI UN SERVIZIO STUPENDO CHE LANCERÒ A BREVE. SARAI LA PRIMA A SCOPRIRE DI COSA SI TRATTA E, SE VORRAI, AD APPROFITTARNE!
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