Iaia Guardo's Blog, page 72
June 9, 2017
Ramen? Udon? Soba? Somen? Vermicelli? Noodle?
Sull’importanza del brodo nella cucina giapponese e cinese -senza dimenticare la cucina taoista- ho straparlato sin troppo lo so, ma non ne ho mai abbastanza. Anche nella cucina del Monaco Buddhista, libro meraviglioso, si dà giustamente una rilevanza assoluta alla base di moltissimi piatti sia cinesi che giapponesi (che della cucina orientale in genere). A volte si fa un po’ di confusione tra noodle, vermicelli di soia, soba, udon, dan dan mian e mi fermo qui. Superfluo sottolineare come molte tipologie di “pasta” giapponese affondino le loro radici nella cucina cinese. I più famosi, oltre i vermicelli di riso o soia, sono in assoluto i noodle che somigliano ai nostri spaghetti e che sono di diverso tipo (freschi o secchi) e di varietà come grano, riso, fagioli, grano saraceno o mungo. Anche di uovo, stavo quasi per dimenticarlo. I noodle, prendiamo ad esempio quelli di riso su tutti, sono formati da farina di riso con sale e acqua e possono essere anche chiamati vermicelli, anzi il più delle volte avviene, anche se questa terminologia “vermicello” è diventata quasi un must per raggruppare ogni singola tipologia di “pasta” asiatica. I Ramen -che in realtà sono un vero e proprio tipo di zuppa composta da “pasta”, verdure, brodo e carne o pesce- hanno come base una specie di noodle di uovo che ormai viene chiamata appunto: ramen. I soba sono di grano saraceno mescolati anche al grano e all’acqua ed è per questo che hanno quel tipico colore scuro. I somen sono come i noodle, nella stragrande maggioranza dei casi, ma tagliati ancora più sottili, al contrario degli Udon che sono belli larghi (un po’ come le nostre tagliatelle, che gli amici orientali non me ne vogliano e neanche gli italiani che quando si parla di pasta e “pasta” si fa sempre un po’ fatica a non scatenare faide). Di fatto c’è una leggera confusione. O perlomeno oggi voglio confessarti che nonostante io studi la cucina orientale -soprattutto cinese e giapponese- da un decennio, quando si parla di “pasta”orientale comincio ad avere crisi di nervi. Se conti pure che i miei amici cinesi non mi hanno saputo aiutare posso urlare sarcasticamente: bingo! (come nella pallottola spuntata, ma capisco che una citazione parecchio particolare. Se però ti è venuto in mente il mio amato Leslie che urla “bingo!” aprendo il cassetto sappi che per te avrò sempre un posto nel mio cuore. Per quanto possa valere)
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Ora io questo piatto non posso chiamarlo Ramen perché all’interno non ci sono dei noodle a base di uovo, giusto? Però è a tutti gli effetti un Ramen per preparazione e ingredienti e metodo. Ma non so come chiamarlo perché ho usato letteralmente come scritto in confezione: vermicelli di riso integrali. C’è qualcuno in sala che può aiutarmi? Ma nel frattempo ho visto la puntata di Ivan Ramen su Netflix della serie Chef’s Table e qualcosa in più forse ho capito. Te lo saprò dire nei prossimi giorni.
In Cina e Giappone – ma anche in Indocina- si consumano una grandissima quantità di noodle, spaghettini, soba, udon, ramen e vermicelli. Anche la zuppa di capodanno, per augurare un florido periodo, è un must della cucina orientale a base di shiitake, salmone, cosce di pollo, sakè, daikon, carote e deliziosa “pasta” che si preferisce. Ci sono tante varianti a seconda della regione di questa zuppa ed è da tempo che mi riprometto di farla senza successo. Devo vergognarmene, lo so. Queste deliziose zuppette diventano un piatto unico e gustoso e possono essere vegane, vegetariane, a base di pesce o carne o entrambi. Non sono “rigide” come preparazione. Diciamo che puoi davvero variare tantissimo.
Ci sono anche dei ramen/zuppette con la tempura di gamberi con la sacra base dashi, che come dicevo non può mancare. In una puntata a Hokkaido di Anthony Bourdain si nota soprattutto come i ramen si siano evoluti e come sia presente anche il mais in alcune preparazioni, che si sa non è tipicamente un ingrediente orientale. A seconda del tempo e delle innovazioni anche una delle cucine più antiche ha variazioni e contaminazioni degne di nota. Il Ramen di Noodle alla Tokyo, altro ramen famoso, è con i noodle di ramen (si chiamano proprio così nel senso che sono noodle adatti e spessi per la preparazione del ramen e sono quelli, per capirci, molto attorcigliati e spessi), spalla di maiale, aglio, carota, cipolla, uova sode, radice di zenzero, alga nori, sakè, bambù e olio di semi e sesamo. Quelli che vedi in foto li ho cotti nel tè verde, come faccio da anni e ne ho già parlato diverse volte sul blog. Li ho conditi semplicemente con la mia amata wakame che trovo essiccata al biologico e ho messo degli shiitake, che amo, carote e un pochino di wasabi perché più passa il tempo e più mi innamoro del rafano, sì.
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I ramen non devono essere visti come un piatto tipicamente invernale o delle stagioni fredde per via del brodo, anzi. Si possono comunque servire più secchi e sono perfetti come dicevo per un pasto completo da consumare tiepido. Anche con il brodo, sì. Mi piacciono molto anche asciutti senza brodo cotti nel tè e serviti con wakame, pomodorini, aceto di riso, miri, salsa di soia e zucchine crude con avocado. Ne farò diverse di queste ricette proprio perché vorrei mostrare quanto questa preparazione, oltre che salutare, possa essere versatile, saziante e anche di conforto. In Samurai Gourmet ho visto anche il modo di fare questi “spaghetti” alla napoletana. Sì, sento bene. Si chiamano Napolitani e li fanno saltare con abbondante salsa, e di certo la salsa come il mais non fa parte della tradizione culinaria, eppure gli orientali ne vanno matti e la cosa non può francamente che rendermi felice. Fanno saltare un bel cipollotto e poi via vermicelli con salsa. Mi è venuta voglia di provarli.
Per chi ha problemi con il glutine poi ci sono i soba, anche se bisogna prestare attenzione perché la maggior parte delle volte possono essere impastati anche con il grano. Sono buonissimi con il brodo nibandashi ovvero: salsa di soia e mirin e poi porro e pasta di wasabi. Conditi con l’alga nori a striscette. Conto di fare una videoricetta presto giusto per mostrare la semplicità. Purtroppo non posso prepararli per te e farti sentire la bontà.
Ma questo spero possa farlo tu. Perché è un piatto ricco, sano, leggero e facile da preparare in casa. Ti sembrerà di fare un viaggio. E vorrai tornarci, ne sono sicura.
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June 7, 2017
Prontuario FOOD Velocissimo: 12 Cose da Mangiare ASSOLUTAMENTE a Catania
Mangiare la granita con la brioche, che a Catania ci piace chiamare brioscia. Questa cosa della brioscia è tipica catanese, più che nelle altre provincie (ma anche a Messina e Siracusa la brioche è quasi onnipresente). Anticamente si mangiava con il pane casareccio caldo. Cosa che consiglio caldamente perché è un milione di volte più buona.
Come si mangia correttamente? Prendere pezzi di brioscia (o di pane casareccio caldo che si chiama: cucciddatu e che puoi trovare in tutti i panifici) e intingerli nella granita, oppure poggiare sui pezzi di brioscia una generosa cucchiaiata di granita e mangiare. La granita senza brioscia è praticamente un insulto alla città di Catania tutta e tutti i Catanesi (non siamo permalosi).
Pezzi della colazione
Credevi che mangiassimo solo granita, eh? No. I pezzi della colazione -letteralmente definiti così dai catanesi- sono tantissimi. Al mattino non il solito cornetto ma una bella raviola con la ricotta, un cannoncino con la crema di pistacchio, un iris con il cioccolato o la crema pasticcera, altrimenti una treccia con la marmellata o con il pistacchio ma pure con la nutella altrimenti leggera con l’uvetta. E la graffa e il panzerotto? E vogliamo dimenticarci la bomba? C’è sia fritta che al forno; perché vogliamo mantenerci anche noi leggeri (noti il sarcasmo?). Al mattino lasciati sedurre da tutti i pezzi della colazione caldi e grondanti di meraviglia. Ah sì. Puoi anche inzuppare un iris nella granita. Nessuno te lo vieta anzi: avrai la cittadinanza catanese ad honorem!
Ne ho parlato nello specifico qui.
Arancino
Chi lo mangia con la punta in giù e chi in sù. Non importa. Trova il tuo modo per gustartelo al meglio. Il vero arancino è quello al ragù -ma ne troverai di infinite varianti- e se vuoi aiutare la Città di Catania risolvi anche tu l’arcano: è meglio l’arancino di Savia o di Spinella? Quesito che tormenta i cittadini da decenni. I bar sono in via Etnea di fronte alla Villa Bellini. Confrontali e dacci il tuo giudizio. È importante!
Ah per ragù noi intendiamo pezzetti di carne intera. Non carne trita. Perché nel vero arancino questa fa la differenza.
A proposito della diatriba Arancino VS Arancina: non sono una Sicula integralista e non perdo tempo in queste sciocchezze. Per una Sicilia unita va bene sia Arancino che Arancina. Se sono nella parte orientale la chiamo Arancino. Se sono nella parte occidentale la chiamo Arancina. Mi piace il rispetto e la vicinanza. Non l’ignoranza e la lontananza.
Tavola Calda
So che per te Tavola Calda significa altro ma per noi catanesi la tavola calda significa: pezzi di tavola calda. Cosa sono? I parenti dell’arancino. Cartocciata, bomba, sfoglia, cipollina, siciliana e un infinito etc. Si mangiano h24. A colazione, per spuntino, a pranzo, a cena, per merenda e dopo cena o dopo pranzo. Ogni momento è buono per un pezzo (e più) di tavola calda. La trovi ovunque e in grande quantità e soprattutto a tutte le ore. Uno dei bar più forniti è sicuramente Ernesto al lungomare ma anche il Cafè de Paris. Ultimamente a Catania fanno anche dei pezzi di tavola calda veg per venire incontro a tutte le esigenze. Insomma in un modo o o nell’altro potrai assaggiare i famigerati pezzi senza rimanere a bocca asciutta!
Ne ho parlato nello specifico qui.
Catania è la città dei chioschi
Se non ti fermi a un chiosco a bere un Seltz al limone e sale non hai vissuto davvero appieno Catania. Tradizione catanese impone che tu debba gustare almeno un seltz al limone con il sale, un mandarinetto verde, un tamarindo e se proprio non vuoi badare alle calorie pure un frappé alla nutella (tipica bibita anni 90 della movida catanese dopo le lunghe e faticose sessioni di ballo nelle discoteche. Anche quelle del pomeriggio giovani). Il seltz al limone con il sale è una vera e propria istituzione. Ti aiuta a sopravvivere all’afa catanese. Te ne innamorerai!
I più famosi chioschi di Catania sono quelli di Giammona in via Umberto. In pratica dopo l’arancino da Savia o Spinella se giri a destra puoi rinfrescarti con un seltz. Il chiosco Giammona è una vera e propria istituzione e ha lanciato anche una linea -buonissima per altro- di prodotti da chiosco per la casa. Ma berlo lì ti assicuro è tutta un’altra storia.
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Capomulini
Se vuoi portare la tua donzella a mangiare pesce in riva al mare il posto più gettonato e conosciuto -un vero e proprio cliché- è Capomulini, una frazione del comune di Acireale (bellissima!), dove un susseguirsi di trattorie e ristoranti sul mare ti offriranno a prezzi abbordabili una buona cena di pesce anche con prezzi piuttosto onesti. A Catania ci sono tantissimi ristoranti ottimi di pesce e non sarà difficile fare un’ottima cena senza spostarti troppo ma se vuoi provare un luogo amato dai catanesi, beh Capomulini è il posto giusto.
Miglior Ristorante? Posto in cui mangiare?
In realtà ce ne sono tantissimi e a Catania mangi ventiquattro ore su ventiquattro senza problemi. Non mi sento di segnalartene uno in particolare. Però ecco è giusto anche che tiri fuori qualche nome random di diversa tipologia e poi magari darai un’occhiata tu al genere che preferisci: Le Tre Bocche, Il Giardino di Bacco (un po’ esclusivo e occorre la prenotazione. Si trova in provincia e non in città), Antica Marina, Il Sale Art Cafè, Fud, A Putia dell’Ostello, La Siciliana, Ambasciata del mare, Locanda Cerami, I Tre Bicchieri, La Polpetteria e.
E poi magari faccio un post a parte?
Una Minna di Sant’Agata
Una piccola cassatina (ho parlato qui del motivo e della tradizione di questo dolce) a fine pasto prendila. Che d’accordo il Re indiscusso è il cannolo e quello lo mangerai sicuro ma una minnetta con un buon caffè l’apprezzerai. La trovi in tutti i bar pasticceria ma al lungomare ha tutto un altro sapore e ci sono diversi bar rinomati (Cafè de Paris ed Ernesto su tutti).
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Russo a Santa Venerina
Non è propriamente a Catania ma ne vale ti assicuro la pena. Se vuoi portare con te un pezzo di Sicilia, fare un dono prezioso (e anche mangiare un’ottima granita nella sala da tè adiacente, respirare il vero odore della Sicilia e restare per sempre abbagliato dalla presenza magica dei proprietari, che adoro) vai senza indugio. Porto sempre i miei amici forestieri (non siciliani) lì. E sempre lì vogliono tornare più innamorati che mai. Sul Blog ne ho parlato diverse volte. Un mobile ottocentesco di una farmacia, due sorelle indimenticabili pronte a raccontarti la loro storia, il laboratorio dietro quel mobile, i colori della pasta reale che la deliziosa proprietaria ancora dipinge a mano. Quadri sullo zucchero. Sfumature che ti entrano nel cuore. Amo Russo a Santa Venerina. Lo amo come poche cose al mondo e te lo consiglio. Proprio con tutto il cuore.
Non andare via da lì senza aver mangiato il Mosto cotto, ti prego. La mostarda, sì.
La Carne di Cavallo
Metto a tacere la mia anima Veg a favore di una tradizione radicata catanese. Catania è una città che pullula letteralmente di prodotti a base di carne di cavallo. Trattorie e ristorantini tipici vicino al Castello Ursino offrono diverse preparazioni a base di cavallo. C’è chi giura sia un’esperienza da fare. I più famosi sono il Camelot e il Borgo di Federico (decisamente caserecci).
Apericena- cena- post cena easy friendly?
A piazza Teatro Massimo. Anche il dopo cena per carità ma se mentre passaggi al Duomo percorri un po’ di via Etnea e giri a destra lasciandoti alle spalle la Salita di via Sangiuliano in men che non si dica sei arrivato al Teatro Massimo, dove ragazzi/adulti/di tutto un po’ si mescolano tra arte, bicchieri, finger e street food. Un frullato chiassoso tipico dove -se ascolti bene- si sente ancora riecheggiare la Norma (e se ne sente pure il sapore).
Hai voglia di Frutti di mare?
A Ognina. Senza pensarci dirigiti a Ognina. Ti consiglio Nitto. Troverai frutti di mare di tutti i tipi e preparati già pronti, sughi e meraviglie. Puoi fare un giro al porto di Ognina, piccolo porticciolo caratteristico che merita e mangiare deliziosi piatti a base di frutti di mare. Ci sono poche sedie ma che importa? Anche questa è Catania. Mangiare tra il frastuono, le cortesie, i sorrisi e forse qualche strombazzata di clacson in più!
D’estate arriva la Madonnina di Ognina dal mare sotto un cielo stellato pieno di fuochi d’artificio.
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Divertiti!!!
Leggenda vuole che Catania venga chiamata la Milano del Sud. Il senso è quello del movimento, della movida, del chiasso, del frullato di persone diverse che la abitano. Offre tantissimo ai giovani ed è a tutti gli effetti una città universitaria. Chiassosa, divertente e a volte un po’ invadente ma senza volerlo. Ti penetra dentro con tutti i sapori, le sfumature e gli odori.
Spero che la mia città ti faccia innamorare. Sono certa che ti farà arrabbiare più di una volta. Per l’incuria in mezzo alle meraviglie, per la frenesia e l’incessante voglia di non dormire mai -perché sì Catania non dorme mai- ma spero che al ritorno l’arrabbiatura sia svanita per lasciarti solo una piccola sensazione di mancanza.
Perché tu di sicuro a Catania mancherai. Ma siamo sempre qui ad aspettarti.
June 6, 2017
Perché amo nutrirmi di alghe. In ricordo “ro Mauru”
Se mi leggi da un po’ sai che non sono un’estremista, che non osservo la dieta vegan come un credo religioso e che non sono affatto convinta che sia una dieta equilibrata. I miei motivi sono tanti ma non si conformano a un codice preciso e stabilito. Li so argomentare chiaramente ma non mi interessa farlo e non in ultimo non amo particolarmente ricevere e fornire dettagli inutili e personali che rimangono semplici curiosità fini a se stesse. Ognuno mangia ciò che ritiene opportuno e nessuno giudica il piatto dell’altro, regola numero uno che trova fondamenta semplicemente nel buon senso. Mi piace minimamente mostrarmi, anche perché leggenda metropolitana vuole che questi “insopportabili vegani” siano saccenti, aggressivi e vogliano insegnare, erudire e scolarizzare tutti! Beh. Diciamo che esisto io, Ombretta e migliaia di “insopportabili vegani” equilibrati che di indottrinare, contraddire e urlare proprio non hanno tempo e voglia. Del resto è magnifico così: libero arbitrio.
Se dipendesse esclusivamente dalla mia volontà vorrei tornare alla dieta vegetariana, che ho sempre felicemente seguito dai miei diciotto anni in su; anche se la mia dieta vegetariana nello stato da obesa comprendeva per la stragrande maggioranza del tempo: panino con pomodoro, mozzarella e maionese, patatine in busta e cioccolato di ogni tipo e sorta. Ma è una storia di cui ho già parlato e non inerente a questo discorso.
E nel “se dipendesse esclusivamente dalla mia volontà” c’entra anche molto la gravissima intolleranza al lattosio che dopo il feroce dimagrimento mi ha colpito inaspettatamente (e neanche troppo perché accade spesso in questi casi).
Che non sia una dieta equilibrata, quella vegana, me lo ha detto il mio Santo endocrinologo (al contrario di quella vegetariana che viene reputata sana ed equilibrata se opportunamente formulata e seguita) e diversi dottori che mi hanno aiutato nel mio difficile -tuttora- percorso; c’è da sottolineare sempre che comunque il mio è stato -ed è- un percorso particolare e segnato da un disturbo alimentare diagnosticato in adolescenza. Molte cose sono cambiate, nei periodi di stress invece non cambiano mai e fondamentalmente non mollare continua a essere il mio unico -e vincente- asso nella manica. Questa piccolissima introduzione perché ci tengo a collegare “l’argomento alghe” in modo preciso e contestualizzandolo per bene, a mio modesto avviso. Non voglio in alcun modo che questo macro argomento diventi strettamente correlato alla dieta veg, in genere. Che le alghe facciano bene, anche ai miei adorabili amici onnivori, è un dato di fatto. Li invito sempre -mia mamma compresa che grazie al cielo ha ceduto- a inserire le alghe nella loro alimentazione. La sintesi?
Non mangiano le alghe solo i vegani
Mamma non ha ceduto dietro mie insistenze, perché mai mi sono permessa di contestarle la sua dieta. Solo qualche volta, quando la vedo esagerare perché fa davvero un abuso di carne e latticini, mi permetto di ricordarle che già le proteine animali ogni giorno sono eccessive per la salute e non per filosofie e credi, figuriamoci per lei che ne fa uso tutti i giorni e tutti i pasti. Mamma tra una coscia di pollo a pranzo e una fetta di pesce spada la sera può anche farsi un panino con la fesa di tacchino al pomeriggio. Non è difficile intuire che in una situazione del genere forse una figlia -e non c’entra niente l’essere vegana- una parolina di buon senso la mette. Per amore e nulla di più. Comunque mamma, a onor del vero, a fasi alterne sta facendo la brava bambina e compra anche i burger di verdura e di soia. Certo poi ci mette la frittata sopra e la maionese e pure una piccola fettina di prosciutto ma del resto il “Nanda Fan Club” sul web esiste con delle motivazioni ben precise. Il dna calabro invoca prepotentemente frisole a colazione (grasso con frattaglie tutto in una magica crema da spalmare. Lo so, gira la testa solo al pensiero).
E quindi: Mangia le Alghe!
(con tono di minaccia, sì)
Devo dirti però che sono una ferma sostenitrice delle alghe, ovvero dell’inserimento di queste nella dieta. Uno perché ne ho una conferma importante da parte del mio endocrinologo/nutrizionista -e in questi giorni mi piace sottolinearlo perché per quanto io possa credere nella “medicina” naturale, cure naturali, nella magia delle erbe/frutta e verdura sono anche una convintissima sostenitrice della medicina- che è una persona coscienziosa oltre che un vero e proprio luminare. Un uomo di scienza ma non retrò, diciamo così. Vorrebbe che mangiassi un po’ di pesce due volte al mese e lo scrivo sorridendo, ma. Non cedo, gli voglio bene lo stesso e quando i valori richiederanno un cambio di dieta allora sì che potrò prendere in considerazione l’idea. Il fatto è che i miei valori sono perfetti, tolto il ferro davvero basso che rimane una problematica da sempre. Anche quando ero obesa grave avevo il ferro a 12, per farla breve.
Questo dono antico e prezioso del mare
Sono tra i più antichi organismi viventi. Forme di vita primitive con struttura semplice ricche di proteine, sali minerali e oligominerali. Ho letto -ma vorrei scomodare il termine studiato con coscienza- che non tutte assorbono sostanze inquinanti come i pesci e che solo alcune tipologie sono a rischio. Sto leggendo un testo molto interessante al riguardo e vorrei soffermarmi su questo argomento specifico in separata sede. Già i Celti essiccavano le alghe per nutrirsi durante i lunghissimi viaggi e restare in forza. Le alghe, sicuramente più usate nei paesi orientali come Cina, Giappone e Corea, sono in realtà conosciute sin dai tempi antichissimi anche in altre culture alimentari, quali quelle occidentali: soprattutto Scandinavia e Inghilterra. Famosissimi gli “spaghetti di mare”. Senza andare lontano essendo Siciliana mi permetto di dire solo una parola:
Mauru
Pensando alle alghe è quasi normale pensare e far riferimento alla nori nel sushi o alla wakame o comunque in generale a preparazioni asiatiche. Eppure, senza andare lontano, esistono anche nella tradizione culinaria più antica siciliana. U Mauru è un’alga rossa tipica del Catanese. Non c’è catanese che si rispetti che non sappia la sacra ricetta “ro Mauru” (del Mauru). Le alghe sono: Chondrus crispus, Calliblepharis jubata e Grateloupia filicina. Alghe rosse e viola a cespuglio che raggiungono i 15-30 cm di lunghezza e si trovano nelle acque più basse.
U Mauru, mi raccontava papà, era un piatto povero che si mangiava in tipici chioschi o addirittura in riva al mare con del limone spremuto sul momento così fresco. Poi l’inquinamento, il fermo biologico e la convinzione che facessero male perché attiravano tutto il peggio che poteva essere scaricato in acqua e del Mauru neanche l’ombra. Adesso è ritornato in voga e più che mai diventato piatto da veri Gourmet. Consiglio vivamente a chiunque si trovi a passare di qui di provarlo; anzi vorrei proprio farci un video e soprattutto mostrarti dove hai la possibilità di reperirlo (sul Lungomare di Catania, precisamente nel Porticciolo di Ognina). Magari un giorno metto reflex sotto braccio, prendo la mia moleskine e vado a farmi una chiacchierata con l’adorabile signore che penso io. Un personaggio mitologico.
Le alghe sono autotrofe e quindi si autoproducono il proprio nutrimento per mezzo della fotosintesi clorofilliana e sono tantissime le varietà ma fondamentalmente si distinguono con i colori e quindi: verdi, arancione, rosse e brune, anche se alcune hanno dei toni violacei. Diverse volte ne ho parlato, anche sul Canale Youtube, ma per l’estate vorrei proprio soffermarmici maggiormente perché se in inverno ci corrono in aiuto con la preparazione dei legumi -soprattutto la Konbu- che risultano più leggeri e digeribili, in estate possono essere un’ottima alternativa o aggiunta alle classiche insalate. In pratica sì, ho proprio intenzione di arricchire l’archivio sulle Alghe.
La pelle
Lasciando stare le alghe per combattere la cellulite e l’adipe, argomento che vorrei affrontare in un altro momento, devo dirti che da quando frullo la konbu e la metto in faccia quasi faccio a meno di una delle mie marche preferite (ahimé costosissime), ovvero La Mer che sfrutta proprio le incredibili proprietà delle alghe. Con l’arrivo della bella stagione poi la stragrande maggioranza della popolazione -tranne me con filtro totale, ombrello, cappello e mascherina che manco Micheal Jackson- si esporrà al sole e contro le scottature e gli eczemi solari ci pensa la konbu, pure. Un giorno di questi voglio farti vedere la maschera a base di avocado e konbu da mettere sul viso. Roba che una volta tolta mi sento una ventenne (per poche ore, ma mi accontento). Se la volta scorsa mi sono soffermata sul fatto che le alghe aiutino a saziarsi e sgonfiarsi, questa volta volevo più chiacchierare a ruota libera del perché e del per come, senza un argomento specifico giusto per ribadire alcuni concetti che non volevo disperdere ma mettere nero su bianco.
Perché la questione alghe sembra interessare solo le persone “fissate” con l’alimentazione o ancor peggio appartenenti a credi/fedi/convinzioni alimentari e questo è quanto di più sbagliato e superficiale si possa pensare, sempre a mio modestissimo avviso. Non so quanto possa valere ma dalla mia posso dirti che a prescindere da tutto le alghe su di me hanno avuto effetti positivi -e scomoderei anche il termine miracoloso- su pelle e capelli. Sui denti pare che siano anche un toccasana ma non metto becco perché fortunatamente Madre Natura (leggi mio papà, che aveva una bocca e dei denti che manco un attore hollywoodiano dopo trattamenti dal mio miglior dentista) almeno lì ci ha pensato, tanto che il mio dentista MI ODIA perché ogni volta la domanda è: Che sei venuta a fare? Mi invento sempre qualche problema inesistente. Tipo che forse sono un pochino gialli ma il quesito è sempre quello: Che sei venuta a fare? (in realtà ci vado perché soffro di bruxismo per il nervosismo e lo stress. Ma manco quello è riuscito a farmi saltare l’arcata superiore. Per adesso, intendo. Magari ho così tanto insistito che rimarrò senza denti, evvabbè)
Ti va di cominciare a mangiarle?
Dai.
10 Motivi per Mangiare le Alghe
VideoRicette
Patate alla Giapponese con l’alga Nori
Pollo alla Giapponese con alga Nori
Insalata di Avocado, Sesamo e Wakame
(Le prime) 5 Cose da vedere a Catania: la Fenice che risorge dalle sue ceneri
Sulle leggende, storie e origini di questo elefante ci vorrebbe un capitolo a parte. Io stessa, catanese, ne conosco così tante che non so da dove cominciare. Ogni catanese ti racconterà la propria storia, interpretazione e convinzione. L’Elefantino è una tappa obbligata se vieni a Catania perché è un simbolo estroso, se vogliamo geniale e misterioso che riassume perfettamente quel frullato di emozioni, arte e cultura che caratterizza la mia Catania. Elementi in contrasto tra di loro, come il barocco, l’arte egizia, la modernità, il mito e la leggenda. Questo è l’Elefantino, che con la sua proboscide alzata saluta l’Etna e Sant’Agata, santa protettrice e osannata da tutti i cittadini. L’elefante di pietra lavica si chiama Eliodoro (u Liotru): secondo una leggenda si racconta che lo stregone Eliodoro lo scolpì lui stesso, forgiandolo dalla lava calda del’Etna, per cavalcarlo e compiere magie. Infatti Liotru è proprio una corruzione popolare linguistica del nome Eliodoro. Giovanni Battista Vaccarini, abate e architetto, è il padre dell’elefantino nella realtà oltre che a essere anche padre di moltissima architettura catanese. Si devono a lui una serie di magnifici edifici, infatti. Ha mischiato il sacro e il profano servendosi di oggetti di diversa natura, origine e tempo. L’obelisco posto sopra la schiena dell’elefantino, le zanne e gli occhi aggiunti in un secondo tempo, il barocco, le statue sottostanti e la gualdrappa (ornamento tessile posto sulla groppa degli animali) rimangono un frullato di messaggi nascosti -e non- che sono diventati a ragion veduta simbolo di una città misteriosa, divertente e ricca di contraddizioni e meraviglie.
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La Pescheria dietro l’Acqua o’linzolu dopo una passeggiata in Cattedrale che prima affacciava sul mare
Gira per Piazza Duomo, chiedi dove è l’Acqua o’linzolu (fontana dell’Amenano, che è un fiume sotterraneo) ma ti accorgerai che guardando l’elefante devi solo guardare sulla sinistra. Troverai una fontana in marmo di Carrara costruita dal maestro napoletano Tito Angelini. Questa fontana riversa dell’acqua producendo un effetto cascata come a dare la sensazione di un lenzuolo (Linzolu significa Lenzuolo). Si chiama così anche perché pare che un tempo le belle lavanderine lavassero proprio lì i panni. Proprio dietro troverai la Pescheria, un antico mercato cittadino che insieme alla Vucciria di Palermo -bellissima-, è una vera e propria tappa obbligata per tutti quelli che hanno voglia di scoprire Catania. Non andare con i sandaletti, te lo dico. Per terra spesso c’è molta acqua ma se non badi a tutto questo vai pure e goditi tutto. Scoprirai pesci colorati, un dialetto vivace e chiassoso, dei pescatori sorridenti che cantano ma mai invadenti che saranno felici di farti fotografare i fondali inabissati portati alla luce. Ci sono barche, ristorantini e gli archi della Marina perché sì, un tempo lì c’era il mare. C’è ancora dopo gli archi e trovi anche il porto ma sotto quegli archi passava il mare. E la Cattedrale – il Duomo di Catania- come le incredibili cattedrali arabe si affacciava sulle onde.
Il Duomo dentro presenta interventi artistici molto spesso non coerenti li uni agli altri ma anche questo contribuisce a renderla unica nel suo genere. A tre navate e con un acquasantiera del quattrocento, trovi anche oggetti di arredamento moderni che non ti aspetteresti. Bellini dorme eternamente lì dentro mentre riecheggia la sua musica; la cattedrale ospita la cappella di Sant’Agata e le reliquie sono conservate all’interno di un busto di bronzo dorato e smaltato. Ci sono la testa e i resti che sono stati attribuiti alla Santa. C’è anche la mammella tagliata dai suoi carnefici, segno straziante del supplizio cui è stata sottoposta. Anche qui quasi a volere sottolineare il contrasto i catanesi hanno dedicato un dolce a questo dettaglio macabro. La minna di Sant’Agata (minna in catanese significa seno) è infatti un dolcetto, che puoi assaggiare in tutte le pasticcerie della città, che ricorda moltissimo la cassata siciliana. Una glassa bianca, eterea e pura con una ciliegina sopra come a indicare l’interezza di quel seno. Come a voler cancellare il dolore con la dolcezza.
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Tra lava, biscotti e barocco
Passeggia per il Duomo e dirigiti verso via Crociferi che straripa di barocco, lasciati suggestionare dalla Città nera piena di lava che odora di biscotti, cannoli, brioche col tuppo e pizzette da panificio, perché ogni tre porte Catania offre leccornie di tutti i tipi come il paese dei balocchi. Qui ti ho parlato dei pezzi di tavola calda e qui dei pezzi di colazione (ma ci ritorneremo). Catania ha una sua identità, come il resto delle provincie siciliane, in fatto gastronomico e di street food. I pezzi di tavola calda che troverai a Catania non saranno gli stessi di Messina, Siracusa, Palermo e tutte le altre. Mangia una cartocciata passeggiando per via Etnea, lasciati sedurre dagli angoli e dal rumore. Perché sì, Catania è una città allegra, rumorosa ma anche molto accogliente nel suo chiasso infernale. Ti farà arrabbiare molte volte ma saprà farsi perdonare. Riesce sempre a farsi perdonare perché ogni angolo che giri è un mondo a sé strano e confuso, bizzarro e inconcludente, magnifico e incredibile. Ogni volta che giri una via ti trovi davanti qualcosa di inaspettato. Se sali lungo tutta la via Etnea, che è davvero lunghissima, troverai un orto botanico. Ma nel tragitto puoi fermarti anche nella Villa Bellini, senza dimenticare l’arancino da Savia. Bellini e la sua musica sono onnipresenti nella città. Non perderti all’interno della Villa comunale il chiostro della musica, perché alzando gli occhi al cielo ti accorgerai di quel cielo blu e intenso tra il verde e di quelle lampade che sembrano note pronte a danzare negli intarsi del chiostro nero, pentagramma mobile e fantasioso.
Teatro Massimo Bellini
Sempre a Bellini è dedicato il più importante teatro catanese che se avrai la fortuna di visitare ti paralizzerà per bellezza. La facciata in stile neobarocco è riccamente decorata. La sala interna è una delle più belle tra quelle costruite nell’Ottocento in Italia e il soffitto è affrescato magnificamente. Dentro risuona la Norma a tutto volume mentre fuori ferve la movida catanese, quella più giovane e non solo. Difatti il Teatro con la sua piazza e il susseguirsi di stradine, scalinate, fontane e luoghi tutti da scoprire capeggia in tutta la sua bellezza nelle notti di divertimento catanesi. Appuntamento fisso è quello di Piazza Teatro Massimo dove un susseguirsi di locali di ogni genere creano un interessante movimento culturale sotto diversi punti di vista. Arcate sovrapposte, semicolonne, fregi e busti di grandi musicisti. Se riesci a vedere il teatro a notte inoltrata quando ci sono poche persone (cosa rara) alzerai gli occhi e difficilmente dimenticherai la meraviglia. Sembra di aggirarsi di notte nel set di Storia di una Capinera. Come girare tra le novelle di Pirandello, Verga e Tomasi di Lampedusa. Un percorso visivo -e gustativo- che ti colpirà e che ti porterà a infiniti percorsi tra stradine più piccole e più grandi. Ti racconteranno di una Catania di artisti e di poeti mai falliti.
Il Monastero dei Benedettini
Uno dei più grandi monasteri di Europa. Possente e sbalorditivo il Monastero dei Benedettini. Il perimetro supera il chilometro e mezzo ed è visitabile (oltre che sede della mia Università. Momento di commozione, sì). La cosa che colpisce inizialmente è la bicromia catanese (il grigio lava con la pietra bianca) tipica dei grandi palazzi cittadini e di piazza Duomo, soprattutto (pure dell’elefantino a dirla tutta). Il Monastero San Nicolò l’Arena è un vero e proprio complesso ecclesiastico situato a piazza Dante nel centro storico di Catania. Fondato dai monaci provenienti dall’omonimo monastero sito precedentemente a Nicolosi, poi come in tutte le storie etnee che si rispettino arrivò un terremoto (o una colata, perché i motivi sono sempre gli stessi ahimè). Tanta meraviglia perduta e sempre ricostruita. Perché Catania è come una fenice e risorge dalla sue ceneri. Per visitare il monastero occorrono almeno 2 ore e bisogna trovarlo questo tempo perché non assaporare le testimonianze di età greca, romane e medievale sarebbe davvero una cattivissima idea. La chiesa costruita verso la fine del seicento e attigua al monastero, dove è presente un sacrario dei caduti della prima e seconda guerra mondiale, è rimasta incompiuta. Ci sono diversi stili, epoche e tempi che si susseguono all’interno di questo incredibile monastero. Chiostri e giardini, cucine e aule studio di incredibile bellezza tra ponti moderni di vetro sorretti in aria e percorsi incredibili che ti portano in angolo antichi e moderni. Una delle cose che mi piace è arrivare alla sala rossa, disegnato da Antonino Leonardi. Fa parte di un progetto di recupero e dopo aver fatto un giro nelle antiche cucine, dove ti sembrerà di scorgere benedettini indaffarati con zuppe calde e rosari in mano, vedere tanto di quel ferro dentro una grotta e una argentiana (Dario Argento, sì) luce rossa ti stupirà. Il corpo scale dei Benedettini mi ricorda un po’ la mia tanto amata scalinata di Palazzo Madama a Torino. Sarà per i colori e perché se alzi gli occhi al cielo è tutto diverso ma pur sempre uguale. Il Monastero brulica di vita per gli studenti ma anche perché all’interno vi è una meravigliosa biblioteca. Si alternano immagini di un passato e di una modernità, che come sempre caratterizzano il contrasto di Catania. Tra quel nero e bianco. Accecanti nello stesso modo. Patrick Brydone in viaggio in Sicilia nel 1773 definì il monastero la Versailles siciliana. Per il suo verde, i suoi chiostri e i suoi giardini. Per gli scacchi, le volte, i putti, le ninfe, le bugnate, le frange e tutte le meraviglie che si intersecano tra numerose scale e scaloni, porte e portoncini.
Catania è rimasta quella di Verga. Con le mattonelle colorate, musica che si sente dalle finestre, frastuono e risate. Catania è davvero una città rumorosa ma infinitamente divertente. Magari ti arrabbierai per il troppo traffico, il disordine e molte volte perché non riesci a fermarti mai. Catania è per gli animi avventurosi, per chi ha la mente libera e mai statica. Devi perdonarla per quello che non ti piacerà. Perché quando sarai a casa ti renderai conto che l’hai amata proprio per quello.
Ne seguiranno altre cinque, e poi cinque, e poi dodici e poi. Di cose da fare, vedere, mangiare a Catania.
Itinerari in Sicilia: 5 incredibili Luoghi per chi ama la Natura e l’Avventura
Pezzi della Tavola Calda a Catania
Pezzi della Colazione a Catania
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June 5, 2017
Samurai Gourmet
È stata disabilitata (GIUSTAMENTE) la possibilità di fotografare lo schermo -da tablet e telefoni- su Netflix. Mi sono permessa di mettere qualche immagine -reperita sul Web- che oltre a non rendere assolutamente giustizia ai colori non vuole assolutamente contravvenire alle sacrosante regole di copyright, pertanto rimango a disposizione per un’eventuale rimozione. Grazie infinite per l’attenzione
Poche cose mi sono piaciute come Samurai Gourmet
Se mi leggi sai che non sono, ahimè, una telespettatrice facile. Ahimè perché vorrei davvero interessarmi a più visioni. I miei occhi negli ultimi quindici anni sono stati ri-abituati. Questo non significa di certo che guardi solo cose interessanti perché questo concetto è quanto di più soggettivo possa esserci. Non mi entusiasmo facilmente, però mettiamola così. Non sono una da binge watching, non resto in attesa di una nuova serie con l’ansia e la curiosità che caratterizza -ho potuto notare- gran parte dei telespettatori. Se un finale non mi piace semplicemente non mi piace. Se un finale mi piace semplicemente mi piace. Per dire, di Dexter non ho visto neanche le ultime due serie perché mi aveva annoiato a morte. So come è finita perché mi piacciono anche i riassunti su wikipedia. Ah. E se capita lo spoiler neanche mi arrabbio più di tanto. La maleducazione e l’ignoranza del resto sono cose risapute.
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Sono noiosa, lo so. Mi entusiasmo per sciocchezze cosmiche in linea generale ma.
Ma con i film e serie tv soprattutto vado molto cauta e mi aggiro annoiata e distratta. Oggi però sono qui per invitarti -qualora non lo avessi fatto- a vedere immediatamente Samurai Gourmet.
Samurai Gourmet mi ha fatto diventare per la prima volta una binge watcher! Mi ha rapito, commosso, emozionato e non voglio esagerare dicendoti che è stata una delle cose più belle mai viste, come Chef’s Table di cui ti parlerò nei prossimi giorni (solo di qualche puntata, però); ergo parlo di genere food, anche se qui si tratta proprio di una categoria a parte. Samurai Gourmet è qualcosa che è andato oltre le mie più floride aspettative. La prima puntata mi aveva fatto sorridere in un giorno piuttosto brutto passato a letto. La seconda puntata -seguita immediatamente dopo la prima- mi ha fatto riflettere e commuovere e nel giro di qualche ora mi sono ritrovata ad aver visto TUTTA la serie. Un giorno triste trasformatosi in un giorno da ricordare, grazie a Samurai Gourmet. Sarà che anche il lato emotivo ha giocato un ruolo, perché non ammetterlo (ma non ne sono mica tanto sicura).
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Una serie TV particolarissima, in lingua originale giapponese sottotitolata in italiano. Sono dodici episodi che variano dai quindici minuti ai ventiquattro ma onestamente li avessero fatti da un’ora ne sarei stata ancora più felice. Il protagonista principale è l’attore giapponese Naoto Takenaka che interpreta Takeshi Kasumi e poi c’è Honami Suzuki -che adoro – che interpreta la moglie Shizuko Kasumi. In ultimo non in ordine di importanza Tetsuji Tamayama che interpreta il Samurai. Una serie originale Netflix -segue inchino- sopra le righe, più per chi non è abituato alle visioni del cinema/proiezione orientale e in particolare modo giapponese. Sì, perché se non sei abituato potresti trovare paradossali alcuni passaggi e a tratti ridicoli ma, ti assicuro, è tutto fuorché questo. Per apprezzare al meglio Samurai Gourmet, mia modestissima opinione, devi conoscere un minimo la cultura giapponese in genere, la scala gerarchica, il ruolo del lavoro e dell’azienda e piccole -ed enormi- sfaccettature che possono fortemente incidere in questa visione. Non farò spoiler chiaramente ma se sei una persona che non ama delle piccole anticipazioni ti consiglio di non proseguire oltre perché non voglio in alcun modo sbagliare e inavvertitamente darti informazioni non richieste. Voglio sentirmi libera di esprimere il pensiero, insomma senza restrizioni. Poi nel caso qualora lo vedessi e volessi tornare qui ne sarei felice.
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Takeshi Kasumi nel primo episodio mi ricorda tanto il ragioner Fantozzi nel suo primo giorno da pensionato. L’abitudine fa sì che la sveglia -soprattutto quella biologica- suoni prepotente per ricordarti che sei in ritardo. In questo caso che non lo sarai mai più. Avere troppo tempo a disposizione è una disgrazia talvolta quanto averne poco. Ed è questo l’incubo di Takeshi da oggi in poi. Lo attendono ore interminabili senza incastri e soprattutto senza quella scala gerarchica fatta di doveri e imposizioni che sinora lo avevano accompagnato giorno dopo giorno come in una tortura ripetitiva. Quando non hai il tempo per ricordarti, in fondo, cosa sia veramente la vita. In questo percorso difficile ed emotivo, soprattutto, compare una figura -un super alter ego- coraggiosa, schietta, libera, rozza, sfacciata che si contrappone a quella di Takeshi: quella di un samurai itinerante che è pronto a tutto e che non ha padroni. Non ha paura di dire la sua, di farsi valere e di non soccombere mai alle scale gerarchiche e alle imposizioni della vita. Non ha una casa, non ha una donna, non ha nulla se non la sua sicurezza e un cielo stellato sotto al quale dormire. Il samurai è una figura teatrale che ho trovato incredibile e non ti nascondo che in diversi momenti ho pianto di emozioni che raramente ho provato, soprattutto se ribadiamo il concetto che questa serie è una sorta di documentario food (e anche eccelsamente food porn nell’accezione più poetica possibile).
Takeshi e Tetsuji (il samurai) cominciamo quindi questo percorso insieme. Tra cambi di scenari e musica (bellissima) in un parallelismo affascinante e poetico. Di cibo ce ne è davvero tanto e tutto buonissimo. Di luoghi incantati pure. Takeshi riscopre il gusto della passeggiata e dell’avventura. Ritrova il suo fanciullino e pure molti ricordi per troppo tempo dimenticati. Incontra quello che noi tutti chiamiamo destino, in un momento altissimo che a me ancora adesso fa venire la pelle d’oca. E ripeto, la premessa iniziale era dovuta perché davvero difficilmente si riescono a toccare queste corde per quanto mi riguarda. Questa serie non si prende sul serio apparentemente ma poi nelle inquadrature dei piatti e nel racconto e nelle situazioni trovi un’opera degna di tutto rispetto. Si racconta il Giappone -antico e moderno- e i suoi abitanti, il cibo, le imposizioni culturali, la disciplina e la loro innata generosità. La bellezza delle case e delle anime, riassunta magistralmente nella figura della moglie di Takeshi. Che tutto è fuorché una geisha, sottolineando quanto sia sbagliato pensare ancora a una sottomissione “forzata”.
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Amo il sorriso di Takeshi quando beve la birra e la gusta. Amo la fotografia, le inquadrature e quello sfrigolio delle verdure nell’olio di sesamo. Gli yakitori girati sulla brace e i ramen terribili della cuoca cinese. Sì perché quasi a voler sottolineare l’antagonismo -non mi piace chiamarlo odio ma tant’è- con la cucina cinese nella seconda puntata (che ho amato) compare una donna fumetto cinese cattivissima pronta a servirgli un ramen con uovo freddo e carne secca. Samurai Gourmet è un viaggio tra i ricordi e il futuro. Un percorso visivo commovente, esilarante e divertente proprio come è la vita. Dove ci sono assenze, presenze, sconfitte ma anche tantissime vittorie. Dove si ribadisce che non è mai la fine ma solo e sempre un nuovo inizio. Ho amato di Samurai Gourmet l’ottimismo. E in quel giorno triste a letto mi ha ricordato che nonostante qualsivoglia difficoltà c’è sempre un modo per vivere di nuovo. E ancora. E ancora.
La colazione in riva al mare con lo sgombro svegliandosi con il mare e le rondini. Una puntata meravigliosa quella di Takeshi nella pensione sulla costa. Mi ha fatto venire in mente Muriel Barbery, l’autrice d L’eleganza del riccio che ha anche scritto Estasi culinarie. Un libro che ti consiglio, qualora non lo avessi letto, perché riprende un po’ il concetto di Proust e della Madeleine e di come il sapore di un determinato alimento spesso condizioni l’esistenza tutta e le dia un valore assoluto e non in ultimo incantevole e fiabesco. Per Takeshi è lo sgombro e la sua prima vacanza ma non solo. C’è un bento sotto il sole, un caffè viennese e degli spaghetti napoletani serviti con forchetta e cucchiaio. C’è un parfait di frutta e il kasane stufato con la frattaglie e tanta cipolla. Ci sono i cubetti di tonno con il sakè e il pollo fritto e il karaage. E poi c’è il ristorante italiano e quel modo di mangiare completamente diverso. Dove tutto è troppo fine ed elegante. Dove è tutto imposto come fa la società. Mi è piaciuto moltissimo questa chiave di lettura che il samurai e Takeshi danno della cucina italiana e nonostante io sia una fan scatenata del galateo, delle cerimonie e delle buone maniere (anche a tavola in modo maniacale, sì) ho sorriso amaramente pensando che sì: il samurai ha fatto bene a mangiare gli spaghetti a modo suo. Come si mangiano a casa del resto.
All’italiano, comunque nota importante, ha mangiato del pane di casa con olio e aceto balsamico e una zuppa di peperone giallo.
E gli spaghetti per loro vanno mangiati con le bacchette, come dar loro torto?
Le inquadrature del mercato e della spesa nell’episodio nove sono stupende. Si parla di crocchette. E si ricorda di quelle che mangiava dal macellaio con tutta la salsa che voleva perché era a disposizione. Adesso c’erano delle piccolissime monoporzioni. Takeshi guarda il cibo con gli occhi di un bambino e con lo stesso entusiasmo. Mangia yakitori di petto, cuore, shiitake e pelle di pollo più i fuwa che sono quelli con il polmone del maiale.
“Bisognerebbe mangiare come ci piace mangiare e basta. Ovunque siamo. Senza regole e fidandoci del nostro gusto”. C’è un retrogusto di poesia in tutto quello che si fa, si dice e si mangia. Alla puntata dell’oden dove mangia con la moglie -cosa rara- questa gli dice “Il carattere si vede a seconda di che oden ordini”. E allora uovo e tortino di pesce per lui, classico. Konjac e miso con cavolfiore per lei, rivoluzionario. E riso con i ricci di mare per il samurai che neanche in questo appuntamento galante lo abbandona perché è ormai parte della sua vita se non lui stesso. Acquisisce coraggio a ogni momento, a ogni portata, profumo, ricordo e assaggio. Come ad assaggiare la vita.
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Una delle scene che più mi ha commosso è stato quando Honami, la moglie, ruba dal piatto l’uovo che lui aveva lasciato per ultimo proprio per gustarselo. Metafora dell’amore, della rinuncia e della generosità. Dietro ogni piatto, discussione, visione e passeggiata c’è una facilissima dietrologia che non sarà difficile intuire. Ma l’esplosione, quello che lo rende davvero un capolavoro, è quella linea rossa che ti riporta a Dolls di Kitano. Quel legame sottile, indissolubile e indistruttibile che alcune anime hanno. E tutto questo accade mentre in un ristorante, che ha cambiato collocazione dalla sua infanzia ma mai dal suo cuore, viene servito del riso con manzo tagliuzzato. Basta davvero poco a volte per riconoscersi anche se sono passati trenta o quaranta o cinquanta anni. E tutte quelle polaroid e foto in bianco e nero scattate per fermare il tempo ti mostrano quanto il tempo, in fondo, non si sia mai fermato.
Tutto questo sotto le note di un violino, di una sciarpa che mi ha provocato un brivido e un lungo pianto caldo e avvolgente come se fosse stata posata sulle mie spalle e grazie all’incredibile semplicità della la poesia orientale, in particolare modo quella giapponese, che non smette mai di stupirmi. Samurai Gourmet forse non è per tutti, un po’ come scrivevo di Twin Peaks qualche giorno fa, perché non è allineato a qualcosa di conosciuto, mettiamola così. Ma è qualcosa che se ti entra dentro si insinua fino alle viscere. E pure per sempre.
Mi auspico non che ci sia una seconda serie ma che si arrivi a trenta serie. Mi auspico da una parte. Ma dall’altra dovesse restare tutto così sarebbe: magia.
Magari la prossima volta parliamo di Midnight Chef, che ne dici? Anche se vorrei poter continuare a parlare di Takeshi e Honami e Tetsuji ancora per molto tempo. Di sicuro seguiranno delle ricette viste proprio in questa pellicola, perché questo è, di vita e poesia.
Se hai tempo e voglia di fidarti di me, guardalo.
Non ti ho detto la cosa più importante. Quando sorride mi ricorda tantissimo il mio papà. E non era mai successa una cosa simile.
June 4, 2017
Itinerari in Sicilia: 5 incredibili Luoghi per chi ama la Natura e l’Avventura
La Sicilia è luccicante e oscura, nascosta e accecata dal sole, contraddittoria nel suo bianco brillante che riflette nel blu del mare e in quel rosso fuoco che esplode dal terreno nero di una lava accesa e mai spenta. La Sicilia è una, nessuna e centomila ed è anche per questo che suscita eterno interesse. La Sicilia ti fa perdere la testa in ogni senso, sia perché non ne capisci la vergognosa incuria sia perché non puoi non innamorarti della sua folle bellezza. Di quello che ti offre visivamente, gastronomicamente e umanamente. Ci sono ancora le signore di nero vestite con il velo davanti alla porta, sedute su quelle sedie intrecciate e sgangherate ma anche movimenti artistici e culturali floridi e modernità degne di vere e proprie metropoli. Un contrasto perenne che porta nel dna, la mia terra. Siculi, elleni, sicani, francesi, arabi, spagnoli, austriaci. Normanni, bizantini, egizi e aragonesi si sono mischiati al sangue degli indigeni locali creando questa nuova “specie”, questa nuova popolazione a tutti gli effetti: i siciliani. Che non appartengono ad altro se non alla propria isola, terra e se vogliamo nazione.
Il ratto di Persefone, Plutone agli inferi, l’ira di Polifemo, la porta d’entrata dell’inferno, le colonne sorrette dal gigante Tifeo e milioni di storie infinite e mai finite appartengono alla Trinacria: un triangolo magico con tre promontori, con capelli avvolgenti di Medusa e occhi capaci di paralizzare per infinite bellezze e atrocità.
Inizia ufficialmente il viaggio, cominciato già molto tempo fa e poi interrotto, nella mia Terra di cui ho sempre fatto fatica a parlare. Accade in Sicilia e in Africa il “mal”. Sentirne la mancanza a livello fisico e psicologico. Innamorarsene e arrabbiarsi. A volte, come nel mio caso, ci stai decenni a comprenderne che l’amore per la Sicilia supera l’arrabbiatura, il fastidio e la voglia di non appartenerci.
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Oggi voglio dirti cinque incredibili luoghi in Sicilia se ami la natura
Sono molti di più ma direi che cominciare con cinque è già un piccolo passo avanti. La Sicilia vanta numerosissime aeree protette, più di 70 riserve naturali, aree marine protette con ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche. Una Sicilia tutta da scoprire con scarpe da trekking adatte – di quello magari parlerò in un capitolo a parte- zaino in spalla e qualche mandorla di Avola, che ti sarà da sostentamento (ma pure un bell’arancino/a, pasta ‘ca muddica, pasta alla norma in un bento box).
1. Parco Naturale dell’Etna
Dell’Etna in sé in questo specifico caso si può parlare solo in separata sede, ma quello che di importante c’è da sapere è che l’Etna -indiscutibilmente protagonista- fa anche da vetrina a un ambiente unico e incredibile con una straordinaria varietà di paesaggi naturali. Un ecosistema particolare e affascinante dove a fare da sfondo ci sono ben venti comuni che fanno da via e ingresso alla maestosa e incredibile Etna, che è femmina “a muntagna”, definita da noi. Nel senso assoluto di unica e sola. In questa area immensa del parco naturale dell’Etna con i suoi comuni si possono ammirare zone completamente diverse tra di loro. Tra betulle, faggi e se sei fortunato colate mozzafiato (a muntagna durante il periodo estivo, statisticamente, ti dà il benvenuto con dei fuochi d’artificio naturali nel cielo, fumi e tremolii) potrai scegliere diversi sentieri e percorsi, godere di aree attrezzate, seguire dei veri e propri itinerari che ti vengono offerti, fare escursioni che ti porteranno sulla Luna (molti hanno l’impressione che lo scenario vulcanico somigli molto al suolo lunare e onestamente è proprio così), visitare la città del Pistacchio ovvero Bronte, la piccola e deliziosa Maletto, Linguaglossa, Randazzo dove puoi gustare la granita migliore del mondo e godere dell’impostazione medievale, Sant’Alfio con il Castagno dei cento cavalli (perché è così grande che una misteriosa regina e cento cavalieri con i loro destrieri si rifugiarono lì sotto durante un temporale) e davvero tantissimo altro che riassumere in poche righe non si può. Il Parco Naturale dell’Etna insieme ai comuni ti conquisterà in una Sicilia antica e “lontana” da Catania. Dove il tempo si è fermato, gli alberi non sono mai morti e la vera anima ed essenza naturalistica sorprendente della Sicilia vive ed è più florida che mai.
2. Parco Fluviale dell’Alcantara e le Gole
[image error]Il fiume Alcantara ha origine dai Monti Nebrodi e questo incredibile parco fluviale apre visivamente scenari di una vastità incredibile e variegata. Compreso in una parte di territorio delle provincie di Catania e Messina, il parco è situato nel versante nord dell’Etna. Il territorio è attraversato dal fiume Alcantara che ha scolpito attraverso il suo passaggio e percorso un vero e proprio canyon di rara bellezza. Le gole dell’Alcantara ti catapultano in un mondo parallelo senza tempo e tra acque gelide, dove i siciliani amano bagnarsi grazie anche al sole prepotente, cascate che tolgono il fiato, meravigliosa vegetazione verdissima che si può ammirare tra scosci di acqua e lunghissime scalinate da percorrere, ma anche arrampicate organizzate che faranno impazzire di gioia i più sportivi ed esperti scalatori. Sono letteralmente innamorata delle Gole dell’Alcantara e ti consiglio vivamente di visitarle se vuoi avere un contatto fortissimo con la natura. Se sull’Etna lo avrai con Terra e Fuoco, le Gole dell’Alcantara daranno equilibrio con Aria e Acqua perché tra strapiombi mozzafiato ma anche angoli dove portare i bimbi -perché la parola d’ordine è sport ma anche natura e divertimento sereno e tranquillo- te ne innamorerai. Potrai fare trekking fluviale, body rafting ma anche picnic perché ci sono aree attrezzate o più semplicemente trascorrere una giornata al fiume con una vista spettacolare tra gole, grotte di incredibile bellezza e cascate.
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3. Isola Bella
Ho trascorso molte estati della mia vita lì, ma adesso i tempi sono cambiati ed è tutto molto diverso. Nonostante questo l’Isola Bella rimane una tappa importante per tutti gli appassionati della natura. Le acque che circondano questo “enorme scoglio”, inteso morfologicamente ma che è a tutti gli effetti un isolotto di bellezza esagerata, sono ricche di forme di vita preziose. Puoi godere della bassa e dell’alta marea. Attraversare un pezzetto di sabbia al mattino e doverti bagnare un bel po’ le gambe a fine giornata quando rientri. Si trova a Taormina, che già di per sé come impatto visivo lato natura offre qualcosa di estasiante. L’Isula Bedda è stata chiamata così dal barone Wilhelm Von Gloeden che diffuse in tutto il mondo il valore artistico dell’isola. Gestita dal WWF come monumento e riserva naturale, diventa uno scenario incredibile per una giornata tra escursioni in barca, passeggiate e snorkeling perché qui il mare offre impareggiabili meraviglie. Non ci sono insomma grandi escursioni da fare a piedi in questo caso specifico ma con braccia e gambe in mare, sì. L’unico consiglio, se posso permettermi, è quello di andare al mattino molto presto soprattutto nell’alta stagione. Solo così hai buone probabilità di farcela perché se arrivi già alle 09:30 la coda per accedere ti scoraggerà e anche tantissimo.
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4. Isola di Capo Passero
Le altre estati della mia vita, Taormina a parte, le ho passate qui. Molte di più a onor del vero. Se mi dicessero cosa sia per me la Sicilia risponderei “Portopalo e l’Etna”.
Portopalo di Capo Passero in provincia di Siracusa è una tappa obbligatoria in generale se vieni in Sicilia, ma ancor di più se ami la natura. Una Sicilia poetica, silenziosa e con un mare -onestamente come tutto quello che offre il Siracusano- che ti emozionerà e toccherà corde emotive mai sfiorate. Un paesino delizioso dove ci sono ancora le case dei muratori e purtroppo un po’ troppo cemento. Dove c’è un castello meraviglioso a strapiombo sul mare (purtroppo -parere mio- restaurato perché fino a poco tempo fa nella sua meravigliosa decadenza faceva emozionare innescando un’inquietudine cupa e al tempo stesso poetica). Puoi raggiungere l’isola con una barchetta di marinai e goderti una giornata sull’Isola di Capo Passero con un mare incontaminato, una tonnara come in un film e ammirare la vastità della fauna marina. Prima c’erano le tartarughe marine, che ahimè non ci sono più ma rimangono aragoste, saraghi, cefali e un manto di ricci. È stato lì che mio papà quando ero piccola mi ha fatto vedere la prima volta la murena, gli occhi di bue e i polpi come si nascondono e mimetizzano. L’isola di Capo Passero e poi una bella passeggiata per il paese, dove il tempo si è fermato, dovrebbero essere inserite nella tua to do list senza pensarci. Nemmeno un minuto. Per arrivarci poi potrai fermarti a Pachino a comprare dei pomodori indimenticabili, a Noto per prendere le migliori mandorle tostate del mondo e mangiare una granita all’arancia rossa che non dimenticherai mai e che mai avrà eguali. Un percorso che parte dal barocco e arriva all’essenziale. E l’essenziale è invisibile agli occhi. A Portopalo anche nel niente troverai tutto.
Prova la granita di Fichi a Portopalo, mi raccomando e non dimenticare l’isola delle Correnti (e se puoi fermati a Marzamemi).
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5. Riserva dello Zingaro
Area naturale protetta tra Castellammare del Golfo e San Vito Lo Capo. Si estende tra Scopello e San Vito Lo Capo (delizioso paesino con un mare meraviglioso). Il tratto è lungo circa 7 chilometri. Una costa frastagliata interrotta da cale, insenature e lagune blu tutte da scoprire. Massicci rilievi calcarei sovrastano questo blu accecante e magico regalando una scenario imperdibile dal punto di vista di flora e fauna. Ci sono infinite varietà di pesci, uccelli e mammiferi. Mondi sommersi da scoprire e da cui rimanere abbagliati. I fondali marini in questo tratto attraggono moltissimi appassionati da tutti le parti di Italia e senza esagerare del mondo. Spiagge caraibiche, giusto per intenderci come colori, ma spiagge made in Sicily di quelle che ti sorprendono e ti fanno pensare che le meraviglie in fondo sono anche sotto casa. Gli antichi greci la chiamavano “cetaria” per l’abbondanza di tonni. Si può camminare facendo escursioni, andare in barca e passare giornate indimenticabili e scoprire la palma nana che è presente in tutta la zona e che è il vero simbolo della Riserva dello Zingaro. All’interno della riserva si trovano anche dei musei, tra i quali quello dell’intreccio: particolarissimo museo che mostra un’arte ormai purtroppo perduta dove si intrecciano fibre vegetali. Un arte antica in via d’estinzione che racconta, attraverso ogni trama fitta, quello che è anche la Sicilia.
Come anticipavo cinque luoghi sono pochi ma la Sicilia ha dei tempi lunghi, un po’ come i siciliani, un po’ come me. Perché ci piace fermarci a parlarti. A raccontarti. A volte anche con dettagli che possono sembrare inutili. Ma che nel tempo ti accorgerai non lo saranno. Perché la cerimonia, l’attenzione e la cura è una delle più grandi verità di noi e della nostra terra.
Di me e della mia Terra.
Buona Sicilia a te. Sono sicura che ti tratterà bene.
June 3, 2017
Ti organizzo i pasti di tutta la settimana? (planner 4)
Quasi un mese è trascorso da quando ho introdotto ufficialmente l’argomento dopo averne parlato tanto sul Canale Youtube e sui social in genere, ovvero l’importanza del planner alimentare, inteso non come programma da seguire alla maniera di un automa ma come possibilità di benessere, sia fisico che psicologico. Su RunLovers ho scritto quello che intendo per planner alimentare come tassello mobile e anche qui, nel primo articolo, trovi sufficiente materiale che spero possa in qualche modo anche solo farti pensare che questo può essere davvero un metodo per risparmiare tempo. E reinvestirlo in felicità assortite. In queste quattro settimana mi avete scritto in tantissimi e ovunque. Mi avete mandato i planner, ricette e qualsivoglia meraviglia. Vorrei che questo diventasse un appuntamento fisso e che questa condivisione importantissima per tutti non avesse fine ma ispirasse e coinvolgesse.
Qualora ti fossi perso i planner precedenti, eccoli:
Primo Planner
Secondo Planner
Terzo Planner
Oggi è la volta del quarto planner alimentare che somiglia moltissimo al mio personalissimo che farò in casa, salvo qualche cambiamento. Ti lascio a fondo pagina il .pdf da scaricare con le ricette una per una. Ho inserito anche diverse preparazioni che sono presenti sul mio Canale youtube e te le ho indicate. Se ti va di fare un salto anche sul canale trovi davvero tantissime idee e presto ce ne saranno ancora e ancora e ancora in loop continuo.
In questa settimana ho messo dei piatti davvero semplici, gustosi e d’impatto. Solo pesce e niente carne (solo una volta a onor del vero. Della fesa di tacchino ma se la sostituisci con dell’ottimo salmone direi che va ancora meglio. Pardon, deformazione professionale :-P). Insalate con la frutta e un gazpacho che amo a base di fragola. Ho messo l’insalata di lenticchie perché non è mica vero che i legumi vanno mangiati caldi e nelle stagioni fredde, anzi! Tartare esotica di pesce spada e un’insalata di polpo con le olive che ti stupirà. Cereali integrali sempre e comunque, tantissima verdura e frutta, condimenti ultra leggeri e anche un bel timballo alla norma che ti farà fare un figurone. Non mi resta che augurarti un’altra settimana piena di sorrisi, meraviglie e con più tempo per te!
(e scrivimi come sta andando perché mi fai felice! Grazie!)
Scarica il formato .pdf
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June 1, 2017
Cosa tenere in dispensa per colazione, pranzo, cena e moltissimo altro
È appena uscita una scheda su RunLovers, che spero ti piaccia.
L’anno scorso ho fatto diverse schede anche su RunLovers; non tanto di ricette quanto per argomenti e quindi la cena e il pranzo del runner, gli ingredienti indispensabili per la colazione del runner, alcuni esempi di colazione salata e dolce, diverse combinazioni per ottenere frullati, smoothie, centrifugati ed estratti di diverso tipo e così via. Alcune di queste schede le metto anche qui giusto per mostrartele, così magari se ti interessano puoi scaricarle e salvarle, anche perché in linea generale -come mi piace sottolineare sempre, salvo rari casi- comunque su RunLovers non parlo di “alimentazione tecnica” specifica. In primo luogo, sottolineato infinite volte, perché non ne ho le competenze e secondo poi perché rimangono delle chiacchierate e confronti di una semplice appassionata che ama studiare sempre e comunque. Oggi su RunLovers è uscita un’altra scheda e proprio per questo motivo mi sono ricordata che lo scorso anno tra un impegno e l’altro ho dimenticato di parlartene qui; che il “qui” fosse un blog abbandonato è un altro discorso.
Farò anche questa tipologia in riferimento alla spesa, agli alimenti che non devono mai mancare in dispensa per l’Estate imminente, la frutta e la verdura di stagione e riassunti visivi che spero possano essere d’ispirazione.
La Cena
In questa scheda ho sottolineato le percentuali che i dottori nutrizionisti ci ricordano di ingerire nelle diverse fasi della giornata e alcuni esempi di proteine animali e vegetali che non dovrebbero mancare nella dieta giornaliera, senza mai dimenticare le porzioni di verdura, soprattutto le foglie verdi. In questo caso specifico ho parlato di proteine e carboidrati perché il tutto era correlato al discorso degli allenamenti che generalmente -la corsa giustappunto- vengono fatti al mattino presto, pomeriggio o prima di cena, indi per cui i diversi carboidrati erano distribuiti più in abbondanza durante il giorno.
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Colazione: gli indispensabili
Gli ingredienti immancabili nella dispensa -non solo dei RunLovers- per far sì che ogni mattina venga facilissimo preparare deliziose colazioni a base di avena, frutta, frutta essiccata e secca, semi e l’immancabile cioccolato; perché se c’è un momento perfetto per mangiare cioccolato è proprio al mattino appena sveglio. Ti dà la giusta carica -anche emotiva- per affrontare la giornata. Una coccola che non dovrebbe mai mancare.
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Colazione salata
Della colazione salata e dell’importanza, soprattutto, di non dimenticare questa tipologia ho parlato svariate volte su RunLovers e sul mio canale Youtube ne trovi davvero tante . Non solo uova strapazzate o breakfast americana/inglese anni 80 con predominanza di carne e anche in onore degli amati Bud Spencer e Terence Hill con fagioli piccanti; che ci sta (se li digerisci) per carità ma più che altro un modo elegante e salato -perché il salato è infinitamente chic, diciamolo- di iniziare la giornata. L’avocado è il re indiscusso e se fai uso di proteine animali delle insalate che contengono fese di tacchino o omelette proteici (anche in versione dolce) con gli albumi saranno perfette. Wasa, crackers di sesamo e veri e propri panini. Insomma il caro vecchio toast, magari non con la sottiletta e il prosciutto già tagliato a forma di pancarrè. Quelle cose lasciamole a chi non ha voglia di vivere -in generale- in modo entusiasta, ecco. Che a prendere il prosciutto fresco, quella volta tanto, non costa nulla invece di averlo sempre a disposizione e pronto all’uso con un milione di conservanti.
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Insalate, Smoothie e Bontà assortite
Sulle insalate –qui ne trovi cento e più– vorrei fare proprio un libro sulle Schede Ricette e non escludo che lo farò*disse sogghignando.
La cosa buffa di tutto questo è che ne sono io stessa una fruitrice, in quanto tenendole su dropbox e avendole a disposizione su tutti i miei dispositivi mi rendo conto tangibilmente che sono utilissime soprattutto nei momenti di disperazione quando si è a corto di idee. Gli spuntini dolci e light, come la banana split rivisitata e la crema di avocado e cioccolato che supera di netto una qualsiasi crema elaborata ricca di inutilità alimentare, senza contare il chia pudding, sono semplicissime preparazioni ma purtroppo la mente -come tante altre cose- in momenti di sovraccarico e di stress tende a dimenticare. Per questo motivo gli appunti visivi di tal genere diventano un validissimo aiuto.
Spero tanto che queste schede già pubblicate su RunLovers ti piacciano e con la promessa di vederne sempre di più ti invito sempre a darmi un tuo parere, giudizio e consiglio perché oltre a essere un grande regalo per me rimane la cosa più importante. E anche se non si dovrebbe fare (chi lo dice, poi?) voglio chiudere con un bacio. Perché credo fortemente nel potere del bacetto positivo e rallegrante, oh!
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May 30, 2017
Ti presento Mimmy, che ti prepara le crocchette di Patate
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[image error]Mimmy è svampita, curiosa e impertinente. Diffidente verso la food mania e verso la nipote, che è una Food Blogger. Lo è a ragion veduta visto che la nipote in questione è vegetariana e rifiuta di mangiare il suo ottimo ragù, che un tempo rubava dalla pentola con tanta audacia. Dopo una serie di rocambolesche avventure, grazie soprattutto alla sua proverbiale e geniale astuzia, riesce a far funzionare l’iphone che ha comprato a insaputa della sua famiglia. Ha un misterioso aiutante nerd che la supporta e incoraggia. La sera lontano da tutti e da tutto parlano di script, social, videoricette progettando di aprire un Travel Food Blog che come parola d’ordine ha: sì, al colesterolo. Mimmy è una ferma sostenitrice delle ricette tradizionali che trasudano olio. Si è messa in testa di volerle conoscere tutte, di ogni paese e continente, e per fare questo acquista ogni giorno su Amazon -talvolta sbagliando clamorosamente- le guide food e tutte le lonely planet disponibili. Soffre di sciatica e ha dei bulloni nel ginocchio ma sogna di partire e trascrivere sulla sua agendina avventure, ricette e incontri. Le piacciono i coprispalle e le calze spiritose, attorciglia i capelli color argento con elastici, talvolta colorati, ama le spille vistose, i suoi occhiali a pois e ha un’avversione nei confronti dell’Avocado che continua a chiamare Avvocato.
Cominciamo a friggere
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Mimmy è nata qualche giorno fa mentre giocavo distrattamente con la matita. In un giorno stanco. Mi vengono a trovare diversi personaggi, anime e storie. Continuamente. Mi sento un po’ come il bimbo del Sesto Senso. Se lui vedeva la gente morta, io continuo a vedere la gente che non esiste. O forse sì.
Pochi trovano voce reale perché faccio fatica a gestire il tempo e ad ascoltarli ma Mimmy è stata davvero pressante, molto decisa e con un progetto serio. Mimmy ha davvero una bella testa, e un tuppo, sulle spalle. Si chiama così in onore della sorella della mia nonnina, Mimma, e di loro due: le mie nonne. Entrambi con i capelli grigi come l’argento, forti in modo diverso, coraggiose e incredibili. Mimmy ha insistito perché ha capito che avevo bisogno di lei.
In fondo le Nonne non sbagliano mai.
Mi prometti che te ne prendi cura?
Mimmy ci sta lavorando
May 29, 2017
L’Acqua aromatizzata e gli infusi freddi per l’Estate
Sedano, mela verde e lime: il sedano aiuta a ridurre i trigliceridi nel colesterolo.
Anguria, limone e menta: l’anguria idrata e il limone “disinfetta”.
Pesca, ananas e fragole: la pesca è ricca di oligoelementi (fosforo, potassio, magnesio, zolfo, ferro, manganese) e l’ananas è diuretico.
Fragole, frutti di bosco e menta: una botta di vita. Amen.
Ananas e Zenzero: un’impennata di forza.
Ciliegia, Mirtillo e Ribes: vitamine A e C del mirtillo e sali minerali, l’azione antinfiammatoria della ciliegia.
Lampone, Fragola e Lime: le fragole sono antiossidanti e proteggono i nostri occhi.
Arancia, Limone e Anguria: un pieno di vitamine con doppia razione di idratazione.
Mango e Zenzero: lo zenzero è terapeutico e vanta infinite proprietà. Tra le decine e decine anche il fatto di accelerare il metabolismo.
Papaya, Mango e Limone: il mango è perfetto per chi soffre di stitichezza ed è ormai definito un antitumorale per eccellenza quanto la papaya (soprattutto per noi donne).
Avocado, Cetriolo e Lime: proteine, grassi buoni e funzione drenante.
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La moda dilagante dell’acqua aromatizzata? Fine 2013 per poi diventare conclamata nel 2014. Parola di giovane marmotta. Hanno cominciato -come nella stragrande maggioranza- i Blog Americani che riportando foto di bicchieroni/vasetto con tanto di cannuccia colorata e pezzi di frutta su instagram hanno aperto le danze. E da tre anni a questa parte appena arriva la bella stagione comincio a rispolverare l’argomento, più che altro perché sono tantissime le domande che mi vengono poste, soprattutto da quando mostro sul Canale Youtube i What I eat in a day e da quando ho scritto/fatto vedere/mostrato che ne faccio uso. La cosa che mi piace sempre ribadire, ovvero il punto uno che è fondamentalmente un assioma, è: NON FA DIMAGRIRE. Domenica mostravo la diapositiva della mia faccia alla vista della frase “fa dimagrire?!”.
Niente fa dimagrire se non la triade: andare dal dottore, seguire una dieta sana e fare movimento. Dell’acqua aromatizzata però ho parlato così tante volte che non vorrei rischiare di essere ulteriormente ripetitiva. Ti lascio quindi i link sotto questo articolo che se vuoi potrai leggere. Soprattutto quello su Runlovers dove ci sono combinazioni diverse da quelle che ti propongo oggi.
Quanto tempo deve durare l’infusione?
Ci sono delle cose importantissime da ribadire però e spero che questo mi venga concesso, ovvero quanto tempo deve durare l’infusione e che non bisogna mai sottovalutare il lavaggio accurato della frutta e della verdura. L’infusione, come sottolineo anche sulla scheda, è di due ore minimo. Nel caso dello zenzero e della cannella sarebbe opportuno fare dei veri e propri infusi a caldo da fare raffreddare; questo perché si accelerano i processi di interscambio tra la radice e la spezia con l’acqua. La questione lavaggio, inoltre, non è soltanto importantissima ma fondamentale. Se la frutta, la verdura o quant’altro sono state trattate possono rilasciare nell’acqua pesticidi e frammenti dannosi per la salute. Sarebbe quindi opportuno lavare la frutta a rischio -mi vengono in mente le fragole- con del bicarbonato, con prodotti specifici o davvero per bene e valutando in taluni casi se rimuovere o meno la buccia. Bastano davvero delle accortezze che pur ovvie a volte vengono purtroppo bypassate.
Ne ho parlato anche qui:
L’Acqua aromatizzata
L’Acqua aromatizzata per idratare e per sgonfiarsi
L’Acqua aromatizzata: come e perché
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