Iaia Guardo's Blog, page 75

April 15, 2017

SCUSATE PER LA RAFFICA DI MAIL – SITO IN MANUTENZIONE

Mi state informando in tantissimi che una raffica di MAIL SPAM vi è arrivata nelle vostre caselle. Sono dispiaciuta e mortificata.

Un team sta lavorando alla migrazione di questo Blog. C’è stato un inconveniente.


SCUSATEMI. Non volevo essere ricordata come una spammatrice seriale pasquale.


Stanno risolvendo (mentre io piagnucolo).


Un bacio disperato.


Iaia.


 


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Published on April 15, 2017 10:02

April 12, 2017

La Cassata Siciliana. Versione Originale e facilitata

Se su Youtube ho dovuto fare qualche specifica in più su chi fosse Santa Signora Pina, qui sul blog non ve n’è bisogno alcuno. Chi mi legge da anni sa quanto Pina rappresenti nella mia vita. Custode dei miei giorni, della mia casa e della mia anima, si è presa sempre cura delle mie ore. Instancabilmente sorridente e premurosa, sempre presente e ricca di geniale inventiva Pina è un vulcano di idee, proposte e realizzazioni. Non riesco a immaginare i miei giorni senza lei, ma soprattutto senza i suoi occhi rassicuranti e la sua voce ipnotica e calmante. Amo di lei l’eleganza e il silenzio. Pina ha la capacità di muoversi in silenzio con garbo senza farti accorgere della sua presenza. Ma l’avverti. Perché tutto intorno diventa migliore, positivo e leggero. Ha cucinato, tempo fa, per te la pasta con il nero delle seppie e oggi delizierà con la Cassata Siciliana. Una preparazione complessa che richiede indubbiamente tecnica ed estro artistico nella composizione. La cassata era uno dei dolci preferiti del mio amato papà.



Papà chiamava così qualsiasi torta buona e scenografica: cassata. Non perché sbagliasse ma perché in Sicilia, decenni e decenni fa, una torta di tutto rispetto se elaborata e gustosa non veniva “sminuita” con il termine semplice Torta ma premiata ed elogiata con “Cassata”, come a significarne la magnificenza e la bontà. Sono sicura che papà alla vista della Cassata di Santa Signora Pina -che reputava a ragion veduta una donna eccezionale dai mille talenti- l’avrebbe insignita del titolo di Cassata più Cassata di tutte!


Ti invito a provare questa meraviglia perché tutte le persone che hanno avuto la fortuna di mangiarla (sia la preparazione classica e tradizionale che quella facilitata) hanno sentenziato all’unisono: STRE-PI-TO-SA!!!!


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Published on April 12, 2017 01:45

La Cassata Siciliana. La Versione Originale e Tradizionale ma anche quella facilitata

 


Se su Youtube ho dovuto fare qualche specifica in più su chi fosse Santa Signora Pina, qui sul blog non ve n’è bisogno alcuno. Chi mi legge da anni sa quanto Pina rappresenti nella mia vita. Custode dei miei giorni, della mia casa e della mia anima, si è presa sempre cura delle mie ore. Instancabilmente sorridente e premurosa, sempre presente e ricca di geniale inventiva Pina è un vulcano di idee, proposte e realizzazioni. Non riesco a immaginare i miei giorni senza lei, ma soprattutto senza i suoi occhi rassicuranti e la sua voce ipnotica e calmante. Amo di lei l’eleganza e il silenzio. Pina ha la capacità di muoversi in silenzio con garbo senza farti accorgere della sua presenza. Ma l’avverti. Perché tutto intorno diventa migliore, positivo e leggero. Ha cucinato, tempo fa, per te la pasta con il nero delle seppie e oggi delizierà con la Cassata Siciliana. Una preparazione complessa che richiede indubbiamente tecnica ed estro artistico nella composizione. La cassata era uno dei dolci preferiti del mio amato papà.


Papà chiamava così qualsiasi torta buona e scenografica: cassata. Non perché sbagliasse ma perché in Sicilia, decenni e decenni fa, una torta di tutto rispetto se elaborata e gustosa non veniva “sminuita” con il termine semplice Torta ma premiata ed elogiata con “Cassata”, come a significarne la magnificenza e la bontà. Sono sicura che papà alla vista della Cassata di Santa Signora Pina -che reputava a ragion veduta una donna eccezionale dai mille talenti- l’avrebbe insignita del titolo di Cassata più Cassata di tutte!


Ti invito a provare questa meraviglia perché tutte le persone che hanno avuto la fortuna di mangiarla (sia la preparazione classica e tradizionale che quella facilitata) hanno sentenziato all’unisono: STRE-PI-TO-SA!!!!


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Published on April 12, 2017 01:45

April 11, 2017

La Pastiera vincitrice di quest’anno

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mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm


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Published on April 11, 2017 09:12

April 10, 2017

Dolcetti al profumo d’arancia, Vegani

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Con questa Ricetta vado sempre sul sicuro e sono ormai anni che la uso. Ogni volta mi stupisco della semplicità e bontà. Sono pochissimi ingredienti eppure il risultato è a dir poco sorprendente. Ho voluto provare gli stampi pasquali in silicone, acquistati alla Lidl. Se mi segui sul mio Canale youtube credo che ormai tu sappia quanto mi continui a stupire la qualità di questi prodotti. Onestamente, tempo fa, non avrei mai creduto di aspettare -anche con discreta curiosità, che per dna non mi appartiene- il volantino della Lidl. Il rapporto qualità prezzo è davvero impressionante. Si sono confermati degli ottimi stampi e con il senno di poi mi sono anche un po’ pentita di non averne presi di più, perché mettere da parte questi prodotti per poi tirarli fuori alla bisogna – compleanni, pensierini, varie ed eventuali (tipo la tombola di Natale, sì)- non è mica una cattiva idea. Difatti in questo periodo ho rimediato e qualcosina la sto mettendo da parte, eccome. Soprattutto per quanto concerne il reparto cucina. Chiacchiere da carrello a parte ti consiglio caldamente di provare questo dolcetto. Non importa in che forma -coniglietto, ciambella, muffin- perché è la sostanza a essere sempre e ripeto sempre: meravigliosa.


 


 


Che ingredienti ti servono?

200 grammi di farina OO
80 grammi di olio di girasole
70 grammi di latte di soia (o riso)
120 grammi di zucchero di canna
100 grammi di succo di arancia freschissimo
220 grammi di carote grattugiate finemente (e asciugate altrimenti renderebbero l’impasto umido)
1 bustina di lievito in polvere
1 cucchiaino non troppo colmo di cannella in polvere

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Published on April 10, 2017 08:35

April 9, 2017

Pizza Pasquale, Crescia, Torta al Formaggio

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Io e Ombretta compariamo al mondo con i nostri tratti a matita. Il più delle volte neri come i nostri abiti e sì, la nostra anima. Farci i selfie o fotografie per noi è una grandissima perdita di tempo. Per questo motivo abbiamo poche foto insieme e tutte hanno un senso e sono importanti. Mi sono resa conto che prediligiamo gli elementi. Allora se c’è vento sull’Etna ci facciamo una foto con i capelli scompigliati. Se siamo su un traghetto e abbiamo appena mangiato un ghiacciolo ci facciamo una foto con le labbra sporche. Allora se siamo buttate sul divano a guardare programmi trash può capitare pure, ma senza capelli scompigliati o angoli della bocca sporchi di dolcetto proprio non ci piace. Il tempo abbiamo preferito sempre fermarlo sulla carta, sulle parole e sulle confidenze. Fatte il più delle volte su delle chaise longue sotto le stelle. Ci piacciono i posti sconosciuti e neutri che devono avere vicino il mare ma pure la montagna. Il vento ma pure la pioggia. Tanto non cambia nulla perché siamo sempre vestite di nero. Con delle scarpe nere. Con delle calze nere anche col sole. Con i capelli sciolti oppure a treccia. Struccate ma al massimo un po’ di mascara, dai. Ogni volta che arriva Ombretta sento delle fitte al cuore fortissime ma nulla se paragonate a quelle di quando va via. La promessa è sempre “manca poco” per non finire mai quello che cominciamo ma proprio perché non finisce mai.


Io della pizza pasquale, crescia, torta di pasqua al formaggio non ne sapevo nulla. O almeno mi spiego meglio. Paola -sacra cognatina bellissima da Torino- per oscure ragioni (indagherò a breve) ha sempre portato a Pasqua qui nella ridente Trinacria questo panettone al formaggio per cui mamma va letteralmente in brodo di giuggiole. Diventata ormai tradizione e feticcio culinario di Mamma Nanda, Paola con premura e dolcezza lo fa sempre. Non soltanto a Pasqua. Credevo fosse una tipica preparazione marchigiana e fin qui tutto bene. Una torinese che porta a una calabrese in Sicilia una ricetta tipica marchigiana. Tutto torna, se si tratta della mia famiglia. Perché siamo così. Meravigliosamente complicati. Poi vengo a scoprire che pure Ombretta quando era piccina mangiava la pizza di Pasqua perché oltre alle Marche pure nel Lazio e Umbria si usa prepararla. Allora qualche settimana fa quando Ombretta era qui a rendere le mie giornate migliori le ho detto: sai che ti dico? Facciamola! Volendo fare la ricetta di Paola con Paola -ha una sua logica inattaccabile tutto questo- ho scelto di affidarmi alla ricetta della Cuochina, ovvero l’adorata e romana -trapiantata in Irlanda- Veruska Anconitano. Un tocco ancor più cosmopolita al tutto. Ombretta non aveva infatti una ricetta di famiglia e allora perché non affidarsi alla mia famiglia “virtuale” del cuore? E ‘nnamo. Daje tutta. Si va ai fornelli!



Il nostro unico errore -che ti dico anche nel video- è stato quello di dividere l’impasto perché sicuramente mettendolo tutto in un’unica teglia sarebbe venuto più alto e corposo MA. E dico MA scritto maiuscolo il gusto non ne ha risentito. Io e Ombretta -seguendo una alimentazione vegan- per ovvie ragioni non abbiamo potuto assaggiare ma il potere dell’olfatto correlato al ricordo ha colpito ancora e come una novella Ratatouille ha sentenziato: “ha lo stesso odore di quella che mangiavo da bambina”. Mamma ha detto che è buonissima e l’ha accompagnata per star leggera a un paio (un paio=unità di misura sicula) di fette di salame e via. Consigliatissima. Facile e veloce da preparare, questa ricetta ti farà fare sempre un figurone. Perfetta da portare nel cestino da pic nic o da servire in tavola. Presente in ricettari dell’ottocento, pare che in alcune preparazioni si adoperassero ben 40 uova -e ciao ciao aorta principale- che stavano a indicare la Quaresima.


«farina 50 libre, formaggio vecchio grattato 10 libre, formaggio fresco a giudizio, latte 3 boccale e mezzo, olio 4 libre e mezzo, ovi quanti ne abbisogna, sale 1 libra e 3 oncie, pepe 3 oncie»


Le foto della Pizza di Pasqua non le metto perché finiranno dritte dritte nel mio secondo Libro. Dopo questa pausa forzata -che a dirla tutta vorrei continuasse all’infinito per crogiolarmi nel mio dolore- mi sono decisa a fare quello che è giusto.


Ricominciare seriamente. Non solo provarci. Farlo.


Allora ho deciso che ce ne sarà anche un terzo. E sarà con lei, Ombretta. Abbiamo già la storia. Abbiamo già lo storyboard. Abbiamo tante matite da temperare, un finale e qualcosa di avvincente. Non siamo mai felici di noi stesse e non ci accontentiamo mai di quello che siamo. Ma abbiamo capito che insieme possiamo ricordarci che non è così. Siamo, eccome. Di tutto questo però parleremo più avanti perché adesso è il momento di buttare giù quaranta uova -ma anche meno- e darsi alla Pizza di Pasqua. Il fatto che ne faremo una versione con il tofu e il formaggio a base di olio di cocco so che renderà felici gli irriducibili, ergo sì. Un giorno comparirà anche quella versione. Un giorno non troppo lontano*si allontana ridendo sadicamente agitando delle uova finte con il guscio di cocco, l’albume di tofu e il tuorlo di albicocca disidratata*.


Ingredienti

La Ricetta è di Veru


500 grammi di farina

20 grammi lievito di birra fresco

100 grammi di pecorino

150 grammi di parmigiano

150 grammi di formaggio tipo Emmenthal

1 bicchiere di olio

1 bicchiere di latte

4 uova

sale

pepe


E il procedimento lo vedi su nel Video, altrimenti che senso ha?

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Published on April 09, 2017 02:17

April 8, 2017

Ho perso più di 80 chili e anche me stessa

Perché scrivendo, sì. Ma a volte c’è bisogno anche di parole, seppur difficili.


Non c’è effettivamente un netto distinguo tra Vlog e Food Vlog perché il cibo e onnipresente nei miei video, in qualsiasi formato. Di certo nei Food Vlog hai la certezza assoluta che il novantanove per cento del tempo lo passeremo insieme in cucina. Adesso con il nuovo sito però sarà mia premura specificare anche attraverso un piccolo articolo il contenuto -il più preciso possibile- in modo da poterti informare correttamente affinché  tu possa valutare se la cosa ti interessa o meno (la  certezza -al cento uno per cento stavolta- è che ci sono tante idiozie e deliri).


Spero che a prescindere da tutto questi fermatempo in movimento siano semplicemente momenti di svago e compagnia. Sorrisi scanzonati. Luce per uscire dal buio. Insieme, come sempre.




La Playlist dei Food Vlog


La Playlist dei Vlog
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Published on April 08, 2017 02:57

April 6, 2017

Pizza Pasquale, Crescia, Torta di Pasqua al Formaggio con Ombretta -VideoRicetta-

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Io e Ombretta compariamo al mondo con i nostri tratti a matita. Il più delle volte neri come i nostri abiti e sì, la nostra anima. Farci i selfie o fotografie per noi è una grandissima perdita di tempo. Per questo motivo abbiamo poche foto insieme e tutte hanno un senso e sono importanti. Mi sono resa conto che prediligiamo gli elementi. Allora se c’è vento sull’Etna ci facciamo una foto con i capelli scompigliati. Se siamo su un traghetto e abbiamo appena mangiato un ghiacciolo ci facciamo una foto con le labbra sporche. Allora se siamo buttate sul divano a guardare programmi trash può capitare pure, ma senza capelli scompigliati o angoli della bocca sporchi di dolcetto proprio non ci piace. Il tempo abbiamo preferito sempre fermarlo sulla carta, sulle parole e sulle confidenze. Fatte il più delle volte su delle chaise longue sotto le stelle. Ci piacciono i posti sconosciuti e neutri che devono avere vicino il mare ma pure la montagna. Il vento ma pure la pioggia. Tanto non cambia nulla perché siamo sempre vestite di nero. Con delle scarpe nere. Con delle calze nere anche col sole. Con i capelli sciolti oppure a treccia. Struccate ma al massimo un po’ di mascara, dai. Ogni volta che arriva Ombretta sento delle fitte al cuore fortissime ma nulla se paragonate a quelle di quando va via. La promessa è sempre “manca poco” per non finire mai quello che cominciamo ma proprio perché non finisce mai.


Io della pizza pasquale, crescia, torta di pasqua al formaggio non ne sapevo nulla. O almeno mi spiego meglio. Paola -sacra cognatina bellissima da Torino- per oscure ragioni (indagherò a breve) ha sempre portato a Pasqua qui nella ridente Trinacria questo panettone al formaggio per cui mamma va letteralmente in brodo di giuggiole. Diventata ormai tradizione e feticcio culinario di Mamma Nanda, Paola con premura e dolcezza lo fa sempre. Non soltanto a Pasqua. Credevo fosse una tipica preparazione marchigiana e fin qui tutto bene. Una torinese che porta a una calabrese in Sicilia una ricetta tipica marchigiana. Tutto torna, se si tratta della mia famiglia. Perché siamo così. Meravigliosamente complicati. Poi vengo a scoprire che pure Ombretta quando era piccina mangiava la pizza di Pasqua perché oltre alle Marche pure nel Lazio e Umbria si usa prepararla. Allora qualche settimana fa quando Ombretta era qui a rendere le mie giornate migliori le ho detto: sai che ti dico? Facciamola! Volendo fare la ricetta di Paola con Paola -ha una sua logica inattaccabile tutto questo- ho scelto di affidarmi alla ricetta della Cuochina, ovvero l’adorata e romana -trapiantata in Irlanda- Veruska Anconitano. Un tocco ancor più cosmopolita al tutto. Ombretta non aveva infatti una ricetta di famiglia e allora perché non affidarsi alla mia famiglia “virtuale” del cuore? E ‘nnamo. Daje tutta. Si va ai fornelli!


Il nostro unico errore -che ti dico anche nel video- è stato quello di dividere l’impasto perché sicuramente mettendolo tutto in un’unica teglia sarebbe venuto più alto e corposo MA. E dico MA scritto maiuscolo il gusto non ne ha risentito. Io e Ombretta -seguendo una alimentazione vegan- per ovvie ragioni non abbiamo potuto assaggiare ma il potere dell’olfatto correlato al ricordo ha colpito ancora e come una novella Ratatouille ha sentenziato: “ha lo stesso odore di quella che mangiavo da bambina”. Mamma ha detto che è buonissima e l’ha accompagnata per star leggera a un paio (un paio=unità di misura sicula) di fette di salame e via. Consigliatissima. Facile e veloce da preparare, questa ricetta ti farà fare sempre un figurone. Perfetta da portare nel cestino da pic nic o da servire in tavola. Presente in ricettari dell’ottocento, pare che in alcune preparazioni si adoperassero ben 40 uova -e ciao ciao aorta principale- che stavano a indicare la Quaresima.


«farina 50 libre, formaggio vecchio grattato 10 libre, formaggio fresco a giudizio, latte 3 boccale e mezzo, olio 4 libre e mezzo, ovi quanti ne abbisogna, sale 1 libra e 3 oncie, pepe 3 oncie»


Le foto della Pizza di Pasqua non le metto perché finiranno dritte dritte nel mio secondo Libro. Dopo questa pausa forzata -che a dirla tutta vorrei continuasse all’infinito per crogiolarmi nel mio dolore- mi sono decisa a fare quello che è giusto.


Ricominciare seriamente. Non solo provarci. Farlo.


Allora ho deciso che ce ne sarà anche un terzo. E sarà con lei, Ombretta. Abbiamo già la storia. Abbiamo già lo storyboard. Abbiamo tante matite da temperare, un finale e qualcosa di avvincente. Non siamo mai felici di noi stesse e non ci accontentiamo mai di quello che siamo. Ma abbiamo capito che insieme possiamo ricordarci che non è così. Siamo, eccome. Di tutto questo però parleremo più avanti perché adesso è il momento di buttare giù quaranta uova -ma anche meno- e darsi alla Pizza di Pasqua. Il fatto che ne faremo una versione con il tofu e il formaggio a base di olio di cocco so che renderà felici gli irriducibili, ergo sì. Un giorno comparirà anche quella versione. Un giorno non troppo lontano*si allontana ridendo sadicamente agitando delle uova finte con il guscio di cocco, l’albume di tofu e il tuorlo di albicocca disidratata*.


Ingredienti

La Ricetta è di Veru


500 grammi di farina

20 grammi lievito di birra fresco

100 grammi di pecorino

150 grammi di parmigiano

150 grammi di formaggio tipo Emmenthal

1 bicchiere di olio

1 bicchiere di latte

4 uova

sale

pepe


E il procedimento lo vedi su nel Video, altrimenti che senso ha?


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Published on April 06, 2017 02:17

April 5, 2017

La Sacher Vegana più buona dei mondi

A San Valentino ho iniziato a presentarti ufficialmente la mia famiglia. Avevo cominciato con Laura. Volevo registrare un ciclo di questi video. Il tutto è strettamente correlato all’Amore. Ai rapporti. Ai legami.A quei fili invisibili ma indissolubili e indistruttibili. Non ho proseguito (lo dico? lo ridico? Mi perdoni per la ripetizione?) per la solita storia del tempo e dei miei troppi impegni. Diverse volte è capitato che io abbia diviso i fornelli con le donne che amo. In quello spazio tra sapori e  odori nascono quei racconti di cucina fatti di ricordi e infinite emozioni che nel tempo non riescono a cancellarsi;  anzi si scolpiscono nel cuore ancor più forti.

Laura è una donna eccezionale, forte e coraggiosa. Ha sempre messo l’amore per i suoi bellissimi figli, Martina e Salvo, davanti a tutto e tutti. Anche a se stessa. Laura ama in modo prorompente e disarmante. Schietta e forte riesce a nascondere quelle fragilità che le riconosci negli occhi brillanti e in quel sorriso rumoroso e fantastico che ti coinvolge e abbraccia. Da quando Laura insieme a Martina e Salvo è entrata a far parte della nostra vita sono cambiate tante dinamiche. Siamo rinati e rimasti uguali. Ha conquistato il mio ultimo zione, scapolo d’oro della famiglia. E non in ultimo noi tutti. Laura è quel pezzo che mancava e che stavamo aspettando. Finalmente è arrivata.


La famiglia, quella vera e preziosa, è fatta di tutti i colori, religioni e non religioni, appartenenze politiche e non. Non esiste una famiglia standard. Un amore giusto. Un amore sbagliato. Una condizione. Una non condizione. Ho una nonna favorevole alle unioni civili e caldeggia l’amore di ogni tipo, razza e religione. Io provengo da questo e ne sono immensamente orgogliosa.La torta di mele che Laura ha scelto di preparare allo zio Giuseppe per San Valentino (Giuseppe è il fratello di mia mamma) è una ricetta della zia Immacolata, sorella di mia nonna. Qualche mese fa ha commosso, fatto emozionare e regalato incredibili emozioni.  E se il 14 Febbraio Laura ha fatto scendere qualche lacrimuccia perché ci siamo riviste, noi tutti, in quelle parole schiette e piene d’amore oggi lo fa scatenando fragorose risate tra balletti, canzoni meravigliosamente trash e siparietti di tutto rispetto.

Incredibile quanto una fetta di torta possa raccontare. Ogni fetta è una storia.  E se prima nella torta di mela te ne abbiamo raccontata una, oggi con la Sacher siamo felici di raccontartene un’altra ancora. E la famiglia a ben pensarci è come una torta. Fette separate e diverse ma che se sistemi per bene e con cura diventano una cosa sola. Compatta, solida e buona.


Adesso è Pasqua e sul mio Canale Youtube ogni giorno stanno andando in onda delle Videoricette Pasquali con le donne della mia vita. Se non vuoi perdertene uno (perché sul Blog come ho già spiegato al momento faccio fatica ad aggiornare. E non in ultimo è in atto la migrazione su un sito finalmente tutto mio) iscriviti al mio Canale Youtube. Lo trovi qui. Ci sono apparecchiature, mille idee, acquisti, decorazioni, deliri e Vlog. Ma soprattutto c’è passione e amore. Provengo da una famiglia che è fatta di questi due sacri elementi.


Io sono questo. Provengo da questo.



 


 


Per una torta di 20 cm circa



70 grammi di farina 00
70 grammi di farina integrale
30 grammi di cacao amaro in polvere non zuccherato
50 grammi di zucchero
60 ml di olio delicato (facoltativo)
1 cucchiaino (5 grammi circa) di lievito per dolci in polvere
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
120 ml di sciroppo d’acero
210 ml di latte vegetale a piacere (ho usato latte di soia)
1 cucchiaino e mezzo di vaniglia in polvere
1 cucchiaino (5ml) di aceto di mele

Per la Glassa:



230 grammi di cioccolato fondente
300 ml di latte di soia o mandorla (latte vegetale a scelta)
1 pizzico di sale marino
2 cucchiaini di olio extravergine d’oliva delicato

 



(potresti aggiungere anche dello zucchero ma non occorre)
Marmellata biologica di albicocche per il ripieno della torta.

Per il procedimento basta guardare il video. Ma fondamentalmente l’operazione è semplicissima. Fai una torta di cioccolato. Dividila e imbottiscila di marmellata. Ricopri con glassa e decora a piacere. Se la provi non dimenticare di taggarmi su instagram o dove preferisci. Ti ricordo che mi trovi sia come Maghetta che come iaiaguardo. E ora corri anche tu ad ascoltare Dolce Amaro di Barbara D’Urso (ancora rido).


 


La Videoricetta precedente con Laura


 

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Published on April 05, 2017 03:13

Bienenstich – Torta Puntura D’Api. La Videoricetta con la zia Luci


Ingredienti:

Pan di Spagna: 6 uova, 300 grammi di zucchero, 200 grammi di farina 00, 2 grammi di sale, 1 bustina di lievito per dolci


Crema pasticcera: 40 grammi di farina 00, 4 tuorli, 100 grammi di zucchero, 400 ml di latte intero e profuma come preferisci (cannella, vaniglia, scorza di arancia, scorza di limone)


Copertura: 2 cucchiai di burro, 6 cucchiai di zucchero, 1/2 cucchiaino di vaniglia, 2 cucchiai di miele, 100 grammi di mandorle a lamelle


Procedimento:


Prepara la crema pasticcera e metti da parte. Prepara il pan di Spagna. Prepara la copertura: sciogli il burro nel pentolino e aggiungi lo zucchero. Dopo che lo zucchero si è sciolto aggiungi le mandorle e il miele. Devi formare una sorta di caramello. Togli il pan di Spagna dal forno dieci minuti prima della fine della cottura e spalma il caramello sulla superficie. Inforna altri 10-12 minuti. Tira fuori il pan di Spagna e incidilo per tutta la superficie tagliandolo a metà. Cospargi la superficie del pan di Spagna con la crema pasticcera.



La zia Luci ha usato uno stampo quadrato 28X28


[image error]Bienenstich o Bee Sting Cake è un dolce tedesco farcito con crema pasticcera (ma anche crema chantilly, budino, crema di burro. Generalmente sempre a base di vaniglia ma puoi naturalmente usare il profumo che preferisci) e cosparso di un delizioso caramello a base di miele e mandorle. Il nome pare che derivi da una leggenda: il pasticciere/panettiere che ha inventato la torta stava adoperando del miele fresco. Procurandoselo fu morso da un’ape e da qui il nome “puntura d’api”. Come in tutte le origini e le etimologie sono però diverse le leggende, i racconti e gli aneddoti. Non è un dolce tipico pasquale bensì della tradizione culinaria tedesca, che come quella russa-anglosassone e nordeuropea, che nell’ultimo decennio ha dato una svolta incredibile alle credenze popolari che la volevano solo kartoffeln e crauti. Brillanti chef, come Vladimir Mukhin, stanno ridando onore e vita a tradizioni culinarie antichissime rimodernandole con uno stile unico. Queste giornate sono state letteralmente -né più né meno- indimenticabili. Ho riscoperto il valore della famiglia, dopo la mia tragedia personale ed emotiva. Ho riscoperto cosa significa il sangue. Papà come famiglia ha sempre avuto gli amici. Mi ha insegnato questo. Far affidamento sugli amici, e su nessun altro. Quella famiglia che ti crei con il tempo e non che hai per discendenza, sangue o “fato”. Credo fortemente in questo insegnamento ma non avevo capito di essere stata fortunata anche nella carne e nel sangue del parentado. Ci ho riscoperti più simili di quanto credessi e più forti. Con Luci, negli ultimi anni, ho trasformato un rapporto “accaduto” in uno fortemente voluto. Ho trovato una zia, una sorella maggiore, una complice, una collega di lavoro ma soprattutto un’amica. Molto spesso ci guardiamo e ci stringiamo la mano dicendoci: amiche.


Sì. Siamo amiche. E tutto quello che non si vede tra queste parole e immagini, foto e sorrisi è qualcosa di profondo e inspiegabile che sta proprio in quello stringersi la mano.


 


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Luci non è solo mia zia. Ha voluto che le tenessi il velo da sposa quando avevo otto anni. Mi ha regalato la prima colazione all’americana della mia vita. Mi ha imburrato il pane tostato per la prima volta. Mi ha fatto scoprire che le patate alla tedesca sono le più buone dei mondi, ma a patto che le cucini lei. Mi è stata accanto nei giorni in cui sono andata all’inferno e ho visto mostri cattivissimi con quei suoi occhi che sembrano un mare blu in tempesta.

Luci mi lascia tulipani dietro la porta -perché non vuole disturbarmi- con bigliettini scritti a mano e mi sussurra parole tedesche che non so neanche cosa significhino ma che hanno tutte il suono dell’ amore.

Lo stesso che provo per lei. Ho una vita delicata, felice e fatta di gesti eleganti. E non c’é attimo in cui io non ne sia grata e riconoscente.


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Published on April 05, 2017 01:03

Iaia Guardo's Blog

Iaia Guardo
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