Iaia Guardo's Blog, page 106

June 30, 2015

Frittelle di Ceci alle erbe aromatiche

130 grammi di farina di ceci
1 cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di cumino macinato (facoltativo)
1 punta di curcuma
120 grammi circa di ceci già lessati e schiacciati con la forchetta
240 ml di latte
1 uovo
1 spicchio di aglio pestato (se piace)
la scorza grattugiata di un limone non trattato
il succo del limone
una manciata di erbe aromatiche fresche che si preferiscono: coriandolo (o prezzemolo), erba cipollina etc.
1 cucchiaino raso di bicarbonato di sodio

Metti la farina di ceci, il sale, il cumino e la curcuma in una ciotola. Mescola per bene e aggiungi i ceci schiacciati con la forchetta. In un’altra ciotola metti il latte, l’uovo, l’aglio e il succo con la scorza del limone. Sbatti accuratamente questi liquidi e incorporali ai secchi precedenti. Aggiungi le erbe e mescola per bene. Lascia riposare il composto in frigorifero almeno 20 minuti e solo  quando dovrai cuocere le frittelle aggiungi il bicarbonato (all’ultimo momento) e gira per bene nuovamente. In una padella metti dell’olio (o  del burro come preferisci) e a fuoco medioalto versa con un mestolo una dose di pastella e gira finché le frittelle sono cotte da ambo i lati.


La ricetta del libro (di cui parlerò poco più giù) prevede una salsetta ai peperoni e l’aggiunta dell’halloumi (formaggio) perché effettivamente la consistenza di queste frittelle è piuttosto “fitta” e se vogliamo “pesante”; questo può dipendere dalla quantità e qualità di ceci e dal proprio gusto, infatti basterà bilanciare la corposità della frittella aggiungendo più o meno ceci (rispetto alla ricetta originale ho leggermente ridotto la quantità di ceci lessi, ad esempio). Sono ottime per farci dei panini o per essere servite come secondo piatto ricco con una bella insalatona di mais o se vogliamo proprio abundare di legumi allora via con ceci, yogurt e cumino (al posto del latte a ben pensarci si potrebbe pure adoperare lo yogurt ora che ci penso, magari renderebbe tutto leggermente più spumoso e morbido. Proverò).


La Ricetta è tratta da Ricette Vegetariane (per freschi e stuzzicanti piatti senza carne) di Chloe Cocker e Jane Montgomery edito dalla Red Edizioni di cui ho parlato qui all’interno de La Libreria di Iaia.


Che io abbia una perversione per i ceci, tanto quanto per le alghe e l’avocado, non è un segreto per nessuno; anzi a dirla tutta ormai anche amici e parenti grazie a queste preziose pepite legumose possono dormire sogni sereni e tranquilli. Se hanno a casa un avocado o una lattina di ceci è fatta: “la pazza è sistemata” e via. Tutti felici, io per prima. I ceci mi piacciono con il limone. Mi piacciono a zuppa. Mi piacciono in insalata. Mi piacciono con i pomodori. Mi piacciono schiacciatiimpolpettatieriscaldati. Mi piacciono schiacciati a hummus con tantotantotantotantotantolimone. Mi piacciono in qualsiasi modo. Tradizione (mia e del mio amore paposo) vuole che per il mio compleanno si mangi insieme un Piatto di Ceci. E lo mangeremo insieme per tutti i 12 Dicembre della mia vita. Sempre e per sempre. Sono legata ai ceci, e non è difficile intuirlo quindi, in modo a dir poco morboso. Ho tantissimi ricordi legati a un bel piattone fumante di ceci. Uno su tutti l’immagine di me che torno dal liceo e a tavola trovo un piatto fumante di Ceci. Io e papà che ci guardiamo. Scoppiamo a ridere e diciamo all’unisono “Pronti con le dentiere?”, perché a mamma sono sempre venuti un po’ duretti. Poco importa se tutte le accortezze del caso sono state adoperate. Il bicarbonato. Il tempo di riposo. Il cucchiaio di acciaio da evitare e le macumbe attorno al tegame. A mamma i ceci vengono duri e ti dirò: a me i ceci di mamma se fossero diversi non piacerebbero. Proprio come a papà. Rassegnati e felici.


Anche su Runlovers ho messo l’hamburger vegetariano con i ceci (e lenticchie) che più mi piace. Non per niente è finito pure sul mio libro. Ne ho preparati nel tempo di diversi (e sempre su Runlovers ne è previsto un altro, sempre guarda un po’ composto di ceci) e mi sono convinta nel tempo che, se non ci sono i ceci a dar consistenza e sapore in questo tipo di preparazione polpettosa, il gusto ne risenta. E tanto.


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Published on June 30, 2015 03:12

June 29, 2015

La libreria di Iaia: Ricette Vegetariane di Chloe Cocker e Jane Montgomery




Chloe Cocker è nata e cresciuta in una famiglia vegetariana. Ex avvocato, ha trasformato la sua passione per la cucina diplomandosi chef alla Leiths School of Food and Wine. Jane Montgomery ha abbandonato la carriera di pubblicitaria per incanalare il suo talento creativo e l’amore per la cucina. Il fotografo che scatta per questo libro è William Reavell, londinese e specializzato nel food.


Un libro di cucina vegetariana, ergo non estremista dai; anzi tutt’altro. Piatti prelibati con ingredienti di facile reperibilità e che si possono replicare giornalmente senza alcun tipo di difficoltà. Diviso per:



Colazione e Brunch
Stuzzichini
Salse e Contorni
Minestre e Insalate
Piatti principali
Dolci prelibatezze

Le foto sono interessanti, la carta non patinata e lucida ma più casalinga e morbida e i colori un po’ spenti. Non come quelli accecanti di Donna Hay per capirci. Orientati più alla Jamie Oliver ma siamo lontani anni luce da quel risultato. Alle due autrici piace vagare per mercatini e ce lo raccontano nell’introduzione. Prediligono chiaramente la frutta e la verdura di stagione e cereali, legumi, noci e semi. Sottolineano quanto sia sbagliato immaginare i piatti vegetariani come insipidi e privi di gusto e che purtroppo molti profani che si sono imbattuti magari in questo tipo di preparazioni cominciano a demonizzare la suddetta categoria. E mi trovo d’accordissimo con questa semplice quanto vera considerazione.







Ci sono opzioni vegane anche e pure senza glutine. Una delle cose più importanti che giustamente sottolineano è che molte volte nelle preparazioni i latticini si possono tranquillamente omettere. Elemento importante per chi è intollerante, oltre che vegano. A volte si ha più l’abitudine di insaporire, legare e arricchire con la famiglia dei latticini che per un vero e proprio gusto o “necessità”.


C’è l’immancabile introduzione alla sana dieta vegetariana che riguarda pure la scelta lato salute ed etica e, diciamolo, cose trite e ritrite per chi si interessa a questo tipo di cultura e cucina. Fondamentale però nel caso in cui questo volume fosse tra i primi che si tengono in mano. Non è questo il caso e quindi è sacrosanto non sminuire questa interessante entrèe alla lettura piacevolissima che segue. Un libro davvero molto bello e utilissimo che ti dà infinite idee anche per una serata tra amici, perché ci sono sì le ricette casalinghe ma anche quelle sfiziose che si prestano bene ad allegre tavolate. Molto spesso ho sfogliato questo volume edito da Red Edizioni, che sono molto attente sia alla cucina vegetariana che vegana e di cui possiedo felicemente molti titoli. Il prezzo è di 19.50 ed è assolutamente onesto. Il formato è facile, trasportabile e nonostante la leggerezza porta con sé una bella valigetta di preparazioni. La colazione e il brunch rimane in assoluto il mio capitolo preferito. Tutto comincia con il pane di farina di mais che è leggero e piccante al tempo stesso. Pane che ho provato (e non ancora pubblicato qui sul blog) come prima ricetta se non ricordo male (ma potrei, considerato il mio attuale stato neuronale sul confuso andante). Rosti di patate e sedano rapa con funghi, spinaci e uova. Frittata ai peperoni e zafferano con aioli, Frittelle di ceci alle erbe aromatiche con halloumi e peperoni (le pubblicherò ben presto e hanno ottenuto un enorme successo), Frittelle di mais con salsa piccante di avocado e molto altro. Di quella tipologia che non basta mai quando si vuole organizzare un brunch, qualcosa di facile veloce e divertente in piedi (ma anche seduti) con diverse pietanze sfiziose ma senza quell’angosciante e opprimente paura che il tempo necessario per organizzare tutto sia infinito.






Gli stuzzichini? Sono i soliti d’accordo ma anche no. Ci sono gli arancini ai funghi, le frittelle di zucchine con yogurt alla menta (che ricordano un po’ quelle preparazioni mediorientali che custodiscono meraviglie), ravioli cinesi di verdura (che stanno lì al reparto stuzzichini senza un perché ma che le papille e pupille accolgono a prescindere con entusiasmo), barchette di insalata belga con barbabietola cumino e cereali (mollllllto interessante), samosa con yogurt all’aglio e limone, bocconcini di halloumi impanati (e sì. Se te lo stai chiedendo l’halloumi è il feticcio del libro in pratica. Se non hai l’halloumi ti piglia male). Le salse (unite come categoria ai contorni, nessuno mi chieda perché vi prego) sono molto ricercate e curiose ed è un capitolo parecchio interessante: salsa remoulade di barbabietola, sedano rapa e mela, crema di melanzane e cipolle con pita alla paprica, quartetto di pesti saporiti, caponata e vabbè il ketchup che fa tanto inizio millennio ma è sempre bello avere la ricetta (l’ho messa pure io sul mio libro, oh. Sul ketchup non si scherza! E poi avrei dovuto nel mio caso specifico offendere Jack Torrance e il piccolo Danny. Avrei mai potuto? Giammai!).


Tortini cheesecake con noci salate, cipolle ripiene, spezzatino orientale di melanzane e fagioli al forno casarecci prima di arrivare al capitolo dolci che vanta: Fool al rabarbaro, arancia e vaniglia con shortbread, Torta di pasta di mandorle alle prugne, Sorbetto estivo di frutti di bosco con tuiles di mandorle, Meringhe alla nocciola con panna e lamponi, Crumble di mele, more e mandorle, Pesche affogate all’amaretto con crème fraiche, Carpaccio di ananas, Arance caramellate con mascarpone e pistacchi tostati e Torta morbida all’arancia, mandorle e amaretto.


In definitiva? Libro molto utile che verrà consultato spesso trovando conferme. Poche ricette non particolarissime ma sfiziose per chi si avvicina al mondo della cucina vegetariana da neofita. Prezzo interessante, foto belle e non troppe nozioni o specifiche come spesso accade in determinati volumi. Si va dritti al punto: piccola introduzione, ingredienti, esecuzione e foto.


La Libreria di Iaia

Il Vegetariano Gourmet – Jane Price
In linea con il Sushi – Makiko Sano
La Mia Cucina Easy – Lorraine Pascale
Crudo di Delphine De Montalier
La Cucina del Monaco Buddhista – Kakuho Aoe
Food Lovers – Lonely Planet
Cucina Cinese – Ken Hom
Una Merenda a New York – Grossman
Le Tre minestre – Andrea Vitali
200 Cupcake – Joanna Farrow
Nigella Express – Nigella Lawson
Yoshoku Cucina Giapponese  stile Occidentale – Jane Lawson
Every Day Food – Martha Stewart
India in Cucina – PushPesh Pant
Marzagiochi Steccodolci – Luca Montersino
La Cucina di Vefa
Chef per un giorno
I miei menù da 30 minuti – Jamie Oliver
Cucina Vegana – Salvini
La pasta e gli altri primi piatti 600 Ricette
La cucina Giapponese di Harumi Kurihara
Il Diavolo e la Rossumata – Sveva Casati Modignani
Polpette – Karen Fingerhut Oliver Rouault
L’abito non fa il cuoco – Alessandro Borghese
Il Club delle Cuoche – Luisanna Messeri
La mia piccola cucina – Julie Andrieu
Un sano appetito – Gordon Ramsay
Il Pranzo della Domenica – Gordon Ramsay


West – Nobu Matsuhisa Mark Edwards
Cucina Smart – Jamie Oliver
Grigliate Vegan Style – John Schlimm
Pasticceria Vegana – Dunja Gulin
Il Libro delle Tapas – Simone e Inès Ortega
Il Pranzo in Famiglia – Ferran Adrià
La Cucina Ebraica – Clarissa Hyman
I formaggi Veg – Grazia Cacciola
Morso e Mangiato – Almo Bibolotti
Gelato – Lidl Edizioni
Oltre – Ernst Knam
Fritti – Ernst Knam
Ricette Vegetariane – Cocker/Montgmery

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Published on June 29, 2015 03:12

June 26, 2015

Cartocciate Catanesi





Con un chilo di farina ne vengon fuori circa una decina ma dipende chiaramente dalla grandezza: 1 kg di farina 00, 25 grammi di lievito di birra fresco, 20-25 grammi di sale, 50 grammi di zucchero bianco semolato, 160 grammi di strutto, acqua tiepida quanto basta.


Per il ripieno delle cartocciate catanesi occorre: buonissima passata di pomodoro, olive nere denocciolate, prosciutto cotto e formaggio filante. Alcuni adoperano la mozzarella classica per la pizza.


Per l’impasto puoi chiaramente adoperare il bimby, la macchina per il pane o qualsiasi impastatrice preferisci. Sciogli il lievito in poca acqua tiepida e poi tutti gli ingredienti. Orientativamente 400-500 ml di acqua tiepida dovrebbero bastare. E’ importante però procedere piano piano e ottenere una consistenza perfettamente omogenea, compatta ed elastica. Se non possiedi alcun tipo di macchinario puoi tranquillamente procedere con il classico metodo della farina a fontana con al centro acqua e lievito e poi piano incorporare tutti gli ingredienti, lavorando energeticamente fino a ottenere un impasto perfettamente omogeneo. Lo strutto non deve essere freddo di frigo ma anzi molto morbido. Io per renderlo ancora più molle e perfettamente integrabile all’impasto senza lasciare grumi o altro l’ho lavorato delicatamente con il dorso di un cucchiaio all’interno di una ciotolina con pochissima acqua tiepida ottenendo una sorta di pappetta omogenea. Copri con un panno asciutto l’impasto, come fai con il pane e la pizza per capirci, e lascialo riposare in un luogo fresco per almeno un’ora. Trascorso il tempo impasta di nuovo e se ne hai voglia fallo riposare ancora altri trenta minuti, altrimenti va già bene così.


Per formare le cartocciate catanesi occorre quindi stendere non troppo sottile la pasta su un piano infarinato e ricavare dei cerchi. Del diametro di 18 centimetri sarebbero perfetti. Puoi adoperare una ciotola da cucina capovolgendola e facendo pressione, giusto per dirna una. Una volta ottenuto il tuo cerchietto, solo nella metà spalma per bene della generosa salsa che hai precedentemente cotto e insaporito eventualmente con sale e basilico e poggia sopra quadretti di formaggio o mozzarella, una generosa fetta di prosciutto cotto e qualche oliva. Ovviamente la quantità del ripieno non deve essere molto morigerata. Un siculo potrebbe mai fare un ripieno povero? Giammai! Chiudi per bene formando delle mezze lune aiutandoti con il dorso di un cucchiaio (la cartocciata non deve essere “forchettata” lateralmente come le Raviole. Deve essere molto liscia. Una mezzaluna perfetta) e con le dita. Spennella la superficie con poco uovo sbattuto e olio extra vergine d’oliva. C’è chi spennella con uovo e latte. Poco importa. Non dà effettivamente sapore ma solo lucidità estetica al prodotto. Un po’ come accade con latte e zucchero per le crostate. Inforna a 190 già caldo per 15-20 minuti e controlla sempre. Quando sono dorate tira fuori e mangiale caldissime. Il tempo in forno dipende, manco a dirlo, dalla grandezza della cartocciata e dal forno.


Ma ti ricordi quando mi ero messa in testa di diventare la Paladina degli ignari Turisti in cerca di conferme qui nella mia ridente isola Trinacriosa? Mi ci ero anche messa un bel po’ di impegno e avevo addirittura fatto la Sottosezione “In Sicilia Sono”. Il pezzo su “Te li spiego io i pezzi di Tavola Calda” ha avuto, incredibilmente, un successo pazzesco negli anni e devo confessare che è uno dei pochi deliri che riciclo quando si apre la stagione estiva. La cosa che mi emoziona di più sono poi i commenti. Entrare in un modo magico dentro le vacanze e i ricordi di chi mi legge (ehi tu. Sì tu. Ti amo! Grazie). “Sai Iaia poi ho mangiato l’arancino e ti ho pensato”, “Iaia ma sai che è davvero buono intingere l’iris nella granita al pistacchio? Lo hanno fatto tutti i miei amici” e così all’infinito. Non c’è una volta, dico io, che non mi ritrovi piagnucolosa e commossa davanti allo schermo.


Ti lascio qualche link prima di cominciare a trattare dell’argomento cartoccioso?



I pezzi della Colazione
Te lo spiego io come sopravvivere in Sicilia (la trattoria siciliana)
Te lo dico io come sopravvivere in Sicilia

 Ticchettii sulla mia Isola?



Piazza Armerina e il Ratto di Persefone
La Fabbrica Finocchiaro a Giarre
Tour Visivo: Il monastero dei Benedettini
Recensiamo Taormina?
Siracusa e Ortigia
Palermo (12 cose da fare)
Palermo (altre dodici cose da fare)
Palermo (ancora?)
Percorrendo la MareNeve
Se io fossi un Angelo (Noto)
Ice Cream Tour a Palermo


È sempre l’ora giusta per una bella cartocciata, ti direbbe un catanese doc. A ben pensarci avrebbe proprio ragione. Metto da parte il lato antipatico salutistico per dar libero sfogo al mio dna siculo. La cartocciata si mangia al mattino come a pranzo ma pure al pomeriggio e durante l’aperitivo ma anche a cena e dopo cena. La cartocciata è un po’ come l’arancino e tutti i pezzi di tavola calda. Quando la voglia arriva: arriva. E così sia.


Ci sono diversi tipi di cartocciata, pure con il wurstel sì (uh questi siculi moderni, direbbe la mia nonnina senza aver torto) e sono inquietanti a dir poco; si vede proprio un wurstel intero su tutta la lunghezza di questa cartocciata ripiegata su se stessa come fosse a portafogli (sul davanti). Il wurstel sta lì, cullato e avvolto dalla pasta come dormiente tra salsa e formaggio colante. C’è pure la cartocciata con i funghi, prosciutto e besciamella ma pure quella con gli spinaci e prosciutto. C’è anche quella con le melanzane. Di cartocciate ce ne sono ormai di infinite variazioni come tutti i pezzi di tavola calda ma, come il sacro Arancino che nasce e muore al Ragù, la Cartocciata nasce e muore con: salsa, formaggio, prosciutto cotto e olive. Non ci sono storie. La versione classica della Cartocciata è un po’ come la Speedy di Vuitton. D’accordo ormai clichè e populista ma nonostante ce ne siano venti versioni con diversi monogrammi, grandezze e interpretazioni ce ne è solo una che santocielonasceemuorecosì. E non è grande come una Keepal e neanche piccola come una pochette da sera. E’ della dimensione giusta e quella giusta è massimo 30 (come ci sono finita a dare le misure della Speedy parlando di cartocciate? E se pensassi seriamente a un fashionfoodblog dove postare outfit di borse abbinati ai pezzi di tavola calda? Ha un senso).


Oh tu impavido straniero che ti accingi a intingere brioche nella granita (oh vero mi sono dimenticata le Brioche! Ovvero la Sacra Brioscia da Catania) quest’estate prediligendo sempre pistacchio, mandorla, cioccolato e gelsi, non dimenticare mai (ma proprio mai) che lì accanto a tutti i pezzi della colazione c’è lei: intramontabile e inscalfibile nella sua eterna notorietà: la Cartocciata.


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Published on June 26, 2015 03:12

June 24, 2015

Goma Wakame con Avocado, Limone, semi di Lino e Lievito alimentare





Ho tagliato l’avocado e l’ho lasciato marinare un po’ con abbondante succo di limone. Ho aggiustato di sale adoperandone uno Rosa ma poco importa. Ho raccolto l’avocado, l’alga Goma Wakame e aggiunto i semi di lino, ancora succo di limone e una generosissima cucchiaiata di lievito alimentare disidratato in scaglie. E’ un’insalata che può essere servita anche come antipasto, molto ricca di proteine e grassi buoni senza contare che sazia moltissimo e può essere base per diverse preparazioni.




Della mia insana passione per il lievito alimentare ho parlato qui durante un “Cosa c’è nel mio carrello” e sull’Avocado ovunque; non resta che fare un facepalm perché davvero è un tunnel senza uscita per me. Nonostante non lo digerisca per niente e tutti i segni possibili e immaginabili mi indichino che dovrei eliminarlo dalla mia alimentazione (un po’ come le alghe, i pachino, il glutine tutto e le carote), continuo a tagliarlo, fagocitarlo e iniettarmelo senza alcun tipo di pudore. Fingo pure di dovermi fare le maschere ai capelli per buttarlo giù (termine quanto più appropriato proprio non potevo trovare) in piedi sul lavandino (no ok non è vero, dai. Non preoccuparti. Vicino alla porta. Che mica ho il tempo di arrivare al lavandino che dista quaranta centrimetri, io).


Questo è solo un esempio (l’ennesimo) di come possa essere adoperata la Goma Wakame, quella surgelata per intenderci, e di come possa essere smorzata da Wakame secca da idratare nel caso in cui sfortunatamente come nel mio caso la prima fosse eccessivamente piccante. Non riesco a trovare, infatti, una marca che non contenga quelmaledettopeperoncino. Non sono amante del piccante ma qualora avessero optato per una dose quantomeno umana il problema non sarebbe sussistito. La quantità esagerata (e lo so perché passo il tempo a togliere pezzetto per pezzetto per pezzetto) ivi contenuta è quanto di più fastidioso possa esistere. Aggiungendo la Wakame secca, poi reidratata, si fa prima. In pratica se non hai voglia di passare il tempo a spulciare letteralmente l’alga eliminando il fastidioso elemento piccante, una delle poche soluzioni che mi sento di consigliare è proprio quella di aggiungere la versione naturale e secca. Il gusto sarà equilibrato e non sconvolto del tutto. Certo, si perderà la croccantosità-gelatinosa che tanto piace della Goma Wakame conferendo una consistenza più morbida ma proprio per questo contrasto la gioia potrebbe centuplicarsi.


Devo smetterla di mangiare alghe, lo so. Ma non adesso.


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Published on June 24, 2015 03:12

June 23, 2015

Schwarzwälder Kirschtorte ? No, tipo una Cheesecake Foresta Nera

 



Ingredienti


Per la base di 24 cm: 350 grammi di frollini secchi al cacao e 150 grammi di burro fuso (se non hai i frollini secchi al cacao puoi pure adoperare quelli classici e aggiungere cucchiaiate di cacao quante bastano a soddisfarti). Puoi aggiungere anche un po’ di Kirsch.


Ripieno: 300 grammi di formaggio spalmabile, 250 grammi di ricotta, 4 uova, 400 grammi di latte condensato, 200 grammi di cioccolato fondente fuso a bagnomaria e lasciato raffreddare.


Per la copertura: panna fresca da montare e amarene.


Riduci in polvere i biscotti, con il mixer o chiusi in un sacchetto e colpiti con un mattarello poco importa. Fai fondere il burro nel microonde o nel pentolino senza raggiungere la cottura. Versa in un recipiente la polvere di biscotti e mischiala al burro fuso. Metti il composto come base nella tortiera imburrata e con il dorso del cucchiaio pressa per bene rendendo omogeneo tutto e risalendo lungo i bordi in modo che questa cheesecake risulti con le pareti laterali (coreografiche e pronte a raccogliere ancor meglio il delizioso ripieno). Metti la base in frigo mentre prepari il ripieno. Lavora il formaggio con la ricotta fino a ottenere un composto liscio e cremoso. Aggiungi le uova, il latte condensato e il cioccolato. Versa il composto sopra le ciliegie e cuoci in forno per un’ora e dieci minuti circa già caldo a 170-180. Trascorso il tempo lascia che tutto si solidifichi e raffreddi prima di procedere alla guarnizione con panna e amarene. Lascia in frigo almeno una notte prima di servire e ricordati di tirarla fuori almeno venti minuti prima.



Non è propriamente la Foresta Nera. Che tutti i Tedeschi (zia Luci Amore mio!) mi perdonino per questa rivisitazione cheesecakkeccara (si dice così suppongo. Ho pochi dubbi a riguardo). Schwarzwälder Kirschtorte o semplicemente Schwarzwald è una bomba meravigliosa di pan di spagna al cioccolato con tante ciliegie, panna montata come fosse un vulcano innevato e zampilli di ciliegie. La mia Etna catapultata a Monaco, insomma. Questa cheesecake non ha proprio niente della vera e unica Foresta Nera ma la ricorda parecchio proprio per gli ingredienti principali che la compongono. Per una sicula come me Foresta Nera è completamente un altro dolce; anzi rettifico: per una catanese come me perché sicuramente non in tutto il triangolo della Trinacria, come spesso accade, sarà conosciuta così. Ricordo che piaceva moltissimo a papà e mamma e che la mangiavano praticamente ogni Domenica. Dolce tipicamente anni ottanta quanto il diplomatico, per dire. Raramente mi capita di vederla nei bar pasticceria che non siano propriamente quelli storici a Catania. Somiglia a una sorta di tronchetto ed è completamente ricoperta di cioccolato e di scaglie di cioccolato come fossero corteccia tagliata. Un dolce dalla massima espressione cioccolatosa. Non ricordo esattamente come dentro sia composto e questa incertezza e vacuo ricordo mi hanno fatto venire voglia di comprarne una al più presto per poterla studiare sotto l’attentissimo microscopioiaiesco. Diffusa anche in Svizzera e in Austria, la vera e unica Schwarzwälder Kirschtorte viene irrorata dal liquore alla ciliegia Kirsch molto simile al brandy. Anche in questa versione poliedrica ammeriggganateteschen potrebbe essere utilizzato, sia nella base che nel ripieno di formaggio poco importa.



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Published on June 23, 2015 03:12

June 22, 2015

La Libreria di Iaia. Fusion Ideas: Fritti di Ernst Knam




Ho parlato di Oltre, firmato da Ernst Knam, qui, edito da Reed Business Information (Italian Gourmet); nello Shop molte volte si trovano anche offerte molto interessanti (per chi non mi seguisse e dovesse capitare qui è giusto sottolineare che questa Rubrichetta non è in alcun modo sponsorizzata o chissà che altro. Deliro circa i volumi che acquisto e bon. Finisce lì). Oltre è un libro meraviglioso seppur poco utile, perché di certo non è così naturale volersi cimentare in uno dei capolavori racchiusi nelle pagine. Fritti per certi versi è più alla portata di noi comuni mortali (regia può comunque fare partire le risate registrate? Grazie). Come tutti i volumi di queste edizioni economico non è, anche questo come Oltre si aggira intorno ai 75 euro nel caso in cui non si dovesse prendere insieme ad altri o in offerta. Di questo allegro gruppetto colorato e meno serioso degli altri a cui appartiene anche Oltre, possiedo “Dal Mare – Pesci, alghe e molluschi” di Matteo Vigotti con le fotografie di Giovanni Panarotto, ” In verde” la filosofia vegetariana di Pietro Leemann (su cui ticchetterò prestissimo) e “Igles3″ I tre periodi della cucina di Igles Corelli. La collana si chiama Fusion Ideas e ognuno dei volumi è colorato come un’opera concettuale. Quello che ho tra le mani è giallo canarino ed è un’esperienza anche quando viene sfogliato, perché è fatto con una carta lucidissima e profumata come seta e un altro tipo ruvida al tatto, che ricorda quelli dei conetti per fritti dove si infilano calamaretti e pescetti caldissimi da gustare passeggiando su un lungomare.


 







 I titoli sono meno altisonanti di Oltre e non ci sono ingredienti che ti fanno strabuzzare gli occhi e andare in coma emotivo. Tutto molto minimal e chiaramente fusion dove la frutta fa da padrone insieme alle verdure in abbinamento a diversi tipi di carne, essenziale e follemente bello. E pulito. Senza fronzoli se non una semplice e accecante bellezza fotografica con sfondi molto scuri e intensi. Ernst Knam spazia dalla tradizione regionale italiana a quella giapponese sino ad arrivare alla stucchevole dolcezza della cucina mediorientale.


“Una quiete silenziosa precede una vivacità sommessa prima e una festa di schioppettii e sbuffi poi. Il fritto, quello fatto bene, è puro divertimento che trasforma materie prime e panature in oro croccante delicato e gustoso”.


Comincia così questa avventura insieme a Knam che ci porta immediatamente catapultati a Code di Black Tiger impanate nel cocco e fritte (che il cocco e i gamberoni vanno sempre bene, oh!), Bianchetti fritti (u muccu!), Ravioli di funghi, Fagottini di verdura allo zenzero, Animella impanata in semi di girasole su insalata di fiori di banana (e i fiori di banana sono davvero deliziosi!), Sushi arrotolato fritto, Datteri farciti con foie gras e mandorle impanati in polenta bianca e fritti e avvolti nello speck d’anatra, Tonkatsu su insalata cinese (Tonkatsu!), Palline di crauti in pastella di birra (provati e son venuti fuori buonissimi. La ricetta è semplicissima), Salmone in crosta di spezie fritto in foglie di banano (e l’ho detto io che quest’anno senza foglie di banano qui non si muove nulla), Ministrudel won-ton (geniali e nella mia personale to do list. Guardando la foto ti vien solo voglia di abbracciare il volume e piangere commossa), Pollo fritto in crosta di patata con soia caramellata, Fiori di loto fritti con crema di rafano bianco, Uovo fritto intero impanato (e qui Cracco si arrabbia, lo so), Mozzarella di bufala in carrozza (dalla foto pare che abbia fritto un’enorme mozzarella di bufala di ennemilachili ed è una delle immagini più goduriose che un foodie possa immaginare) e titoli che ti fanno venire voglia di metterti sotto braccio una tanica di ventimila litri di olio, agguantare un pentolone da caserma e morire con il colesterolo a seimila mentre ingurgiti pure i piedi del tavolo FRITTI.




“E’ un processo esigente di attenzioni: prima, durante e persino dopo, ma è capace di arricchire e rinnovare la tavola con ogni piatto, in ogni portata, fino al dolce. Da mangiare con tutti i sensi”. Con queste parole Knam apre la sezione dolci. E qui c’è solo da mettersi le mani tra i capelli e invocare le divinità dell’Olimpo perché si fa fatica a non staccare aggressivamente le pagine, appallottolarle e mangiarle nella speranza che tutto questo possa placare il nervosismo di non avere le suddette meraviglie in formato 3d reale davanti alla propria retina.


Razzad el Kad, Bignè di mele con composta di mirtilli, Castagnole, Crema fritta, Cannolo Siciliano (ernstttt ich liebe dich!!!), Griouches, Bomboloni, Fiori di sambuco fritti con salsa allo yogurt profumata alla cannella, Zayalaleta, Gelato al cioccolato al peperoncino fritto, Fritto misto di frutta con salsa di maracuja, Mini banane fritte in pastella alla cannella, Smoutebollen con salsa di fragole, Involtino di cocco e ananas e molto altro. Lo giuro. TROPPO altro. Sognare che ti scoppi l’aorta principale e farla finita così non è mai stato un pensiero tanto persistente.


Come fare un giro del mondo fritto e tornare a casa con un fegato gonfio, grande quanto l’Australia, ma essere felici. Di perire lì. Davanti all’uscio di casa con ancora un arancino nel taschino. Dove posso firmare affinché la mia dipartita avvenga così?


Ritorno seria (e chi ce la fa?). Un volume come Oltre sicuramente da sfogliare, amare e di cui innamorarsi perdutamente. Certo è che dovendo scegliere, considerata la cifra, da un punto di visto di utilizzo questo Fritti è sicuramente più consultabile e comunque perfetto per occasioni non solo speciali ma anche quotidiane. Certo la crema fritta non è una merenda giornaliera, e neanche i fiori di sambuco, ma è inutile negarlo un fritto prima o poi ci scappa (più del cervo impanato con il cioccolato del Ghana glassato su un gamberone estinto dell’Islanda, sicuro).


La Libreria di Iaia

Il Vegetariano Gourmet – Jane Price
In linea con il Sushi – Makiko Sano
La Mia Cucina Easy – Lorraine Pascale
Crudo di Delphine De Montalier
La Cucina del Monaco Buddhista – Kakuho Aoe
Food Lovers – Lonely Planet
Cucina Cinese – Ken Hom
Una Merenda a New York – Grossman
Le Tre minestre – Andrea Vitali
200 Cupcake – Joanna Farrow
Nigella Express – Nigella Lawson
Yoshoku Cucina Giapponese  stile Occidentale – Jane Lawson
Every Day Food – Martha Stewart
India in Cucina – PushPesh Pant
Marzagiochi Steccodolci – Luca Montersino
La Cucina di Vefa
Chef per un giorno
I miei menù da 30 minuti – Jamie Oliver
Cucina Vegana – Salvini
La pasta e gli altri primi piatti 600 Ricette
La cucina Giapponese di Harumi Kurihara
Il Diavolo e la Rossumata – Sveva Casati Modignani
Polpette – Karen Fingerhut Oliver Rouault
L’abito non fa il cuoco – Alessandro Borghese
Il Club delle Cuoche – Luisanna Messeri
La mia piccola cucina – Julie Andrieu
Un sano appetito – Gordon Ramsay
Il Pranzo della Domenica – Gordon Ramsay


West – Nobu Matsuhisa Mark Edwards
Cucina Smart – Jamie Oliver
Grigliate Vegan Style – John Schlimm
Pasticceria Vegana – Dunja Gulin
Il Libro delle Tapas – Simone e Inès Ortega
Il Pranzo in Famiglia – Ferran Adrià
La Cucina Ebraica – Clarissa Hyman
I formaggi Veg – Grazia Cacciola
Morso e Mangiato – Almo Bibolotti
Gelato – Lidl Edizioni
Oltre – Ernst Knam
Fritti – Ernst Knam

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Published on June 22, 2015 03:12

June 19, 2015

Appunti Veloci in Cucina: Quinoa con alga Goma, Avocado, Limone e Zenzero





Cuoci la quinoa seguendo le indicazioni riportate sulla confezione; che è difficilissimo sbagliare così.


Ho tagliato i pomodori datterini a piccoli pezzetti. Ho ricavato il succo di un limone e la sua scorza ben lavata e grattugiata. Ho pestato qualche foglia di menta insieme al succo di limone in modo che si insaporisse e ho messo anche della scorza. Poi pure l’avocado maturo con la forchetta, sì.  In un recipiente ho raccolto la quinoa con i pomodori, il succo di limone (togliendo la menta se non lasciandone solo micropezzetti) e la scorza. E la polpa di avocado. E pochissimo zenzero fresco grattugiato. Ho aggiunto poi l’alga goma wakame perché con la quinoa e il pomodoro mi piace moltissimo (senza contare che con il limone o il lime regala delle note particolarissime). Un’insalata freschissima che si può preparare per tempo e far stazionare un po’ in frigo senza alcun problema (se non c’è l’avocado però perché altrimenti la situazione peggiora). Le quantità le decidi tu a seconda di quello che ti piace più far risaltare. C’è tutto. La freschezza, la croccantezza, la morbidezza, l’acidità e il piccante. Sembra quasi un piatto thailandese a dirla tutta; dove la parola principale è: tutti gli elementi.








Facciamo che quando il tempo scarseggia non mi faccio assalire dalle paranoie e faccio questi Appunti Veloci così non accumulo foto fino al 2098? Uhm, sì. Mi sa che per adesso possiamo anche fare così.


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Published on June 19, 2015 03:12

June 18, 2015

La Libreria di Iaia: Oltre di Ernst Knam



Italian Gourmet (prima Reed Gourmet) opera nel settore dell’editoria in ambito enogastronomico dal 2006 e ricevo informazioni grazie al Chi Siamo del loro sito. Pubblica riviste di rara bellezza come Grande Cucina, Il Pasticciere e Il Gelatiere italiano. La cosa incredibile è che vanta nomi di chef nazionali e internazionali pluristellati e da capogiro. I libri sono di rara bellezza e fattura e ti lasciano senza fiato. Onestamente credo non ci sia niente di più bello in giro e anche se non vi è bisogno alcuno per chi mi segue può capitare pure qualche straniero (benvenuto in queste lande ricche di idiozie!) e tengo quindi a sottolineare che mai ho inserito (come in tutto quello che faccio) nella Libreria di Iaia un volume che fosse uno inviato, regalato o con qualsivoglia operazione di marketing e annesso. Chiacchiero della mia libreria con gli amici e amen. Conosco già da anni questa realtà e mi sono ripromessa più e più volte di dedicarle lo spazio che merita, fosse solo perché semmai qualcuno non ci si fosse imbattuto sarebbe un sacrilegio. Un appassionato foodie di certo non si sarà fatto sfuggire cotanta bellezza ma non si sa mai. Tempo fa sono stati loro stessi secondo meccanismi a me oscuri a contattare il Nippotorinese (e questa la dice lunga riguardo il fatto che non sapessero assolutamente che io avessi un blog o trattassi di cibo o blablabla). Presente quelle telefonate dove vogliono rifilarti l’ultimo volume dell’enciclopedia come fossimo catapultati negli anni ottanta quando la Treccani impazzava? Ecco. Giù di lì. Quella tipologia.


Ricordo che il Nippotorinese in occasione di non so cosa tornò trullo trullo con questi volumi, donandomeli. Fu amore a prima vista e da quel momento, oltre l’abbonamento a Grande Cucina, non mi sono mai fermata e ho proseguito nell’acquisto di praticamente tutti i volumi. Oggi vorrei cominciare con un nome da inchino, che personalmente adoro: Ernst Knam che con il suo volume “OLTRE-cioccolato salato” lascia interdetti tanta è la meraviglia.


A differenza, ed è una delle cose sicuramente da sottolineare, di tutte le altre pubblicazioni nell’ambito del food –  essendo di fascia altissima – chiaramente è il prezzo; economiche le pubblicazioni non sono. Va tutto contestualizzato al nome dello chef, all’originalità e non in ultimo all’ingente quantità, qualità di foto e impaginazione, carta, rilegatura (e sulle foto magari ci faccio tremilioni di battute tra poco): settantotto euro il volume in questione, ma giù di lì la fascia è quella. Sono piccole opere d’arte rilegate dove la sapienza, la passione e la genialità prendono il sopravvento. C’è da rimanere estasiati. Non è certamente il volume che tieni sotto braccio e ti dirigi in cucina, perché è difficile elaborarla, concepirla e organizzarla una ricetta qualsivoglia del genere, ma piuttosto un libro da ammirare e sfogliare. Che ti fa sognare. Che sarà tuo fido alleato qualora volessi davvero cimentarti in una preparazione che nella nostra piccola cucina da amanti del food e basta lascia il segno. Ernst Knam non ha certo bisogno di presentazioni. Re indiscusso del cioccolato, anche grazie a diverse trasmissioni televisive, ha concesso di farsi, quel minimo, conoscere al grande pubblico. Personalmente lo trovo adorabile e l’accento teteschen su di me ha sempre quel quid e quell’appeal indiscutibile (Torakiki ja!). Il libro è talmente grande e pesante che se ti cade addosso ti fai molto male. Non dico questa nota a caso ma proprio perché insieme a un altro volume di Reed mi è arrivato in testa e per poco non mi procuravo un allegro trauma cranico. Ho capito che i volumi pesanti di tal portata non vanno in alto nella libreria grazie a questo indimenticabile evento. Forte, no? (forte quanto io sia cretina, no? Sottintendevo e non vi era bisogno di specifica alcuna, a ben pensarci). Libro che dedica alla moglie Alessandra; donna fortunata che compare nominalmente molto nei racconti di Knam e anche nei programmi televisivi che ho seguito. Credo ci sia nella sua storica pasticceria anche una torta buonissima a lei dedicata (quanto è romantico avere una torta dedicata? Fermi tutti. Ho bisogno di piangere commossa in un angolino quindici minuti.E  torno).











 Ernst Knam sostiene di avere questo libro in testa da una vita. Ci racconta di come molti dimentichino che il cacao in realtà è un prodotto amaro e sapido e che la sua prima applicazione culinaria a noi conosciuta è quella in  Messico della zuppa di fave con il cacao. Solo dopo l’avvento degli Spagnoli fu inserito lo zucchero nel cacao. Ci ricorda come effettivamente nell’Est Europa sia normale mangiare pietanze a base di selvaggina e cacao e come sia un ottimo legante per la Coda alla Vaccinara. Il suo amore per il cacao nasce durante l’assaggio salato del cinghiale del suo amato cuoco Fritz. Lì Ernst identifica l’inizio di questa imperitura storia d’amore che dura da sempre. Modestamente e con grandezza quindi sostiene di non aver inventato niente ma di essere soltanto tornato indietro alle origini prendendo spunto dalla storia della cucina.


“Per me il cioccolato è tutto, per cui se in paradiso non c’è il cioccolato io non ci voglio andare”










E come non amarlo dopo questa affermazione che mi trova talmente d’accordo tanto da farmi pensare di volermi tatuare questa frase sull’avambraccio sinistro? A dirla tutta tra fave e cioccolato non saprei scegliere. Nel dubbio mi tatuo la bandiera del Messico e della Germania e pure la scritta Ernst con tanto di cuore (sto esagerando? giammai!).


Si comincia con le basi e quindi con la mappa mondiale del cacao con le varietà e le origini (c’è pure il planisfero con le zone colorate. Roba commovente a dir poco). Centro e Sud America: alto contenuto di cacao, che ne determina il colore scuro e il gusto intenso. Grenade fine e delicato ma dal corpo robusto, Ecuador delicato con alto contenuto di cacao, Venezuela delicato con leggerezza amarezza, Trinidad con aromi floreali, Repubblica Domenicana aromatico e bilanciato, Perù dal corpo robusto e amaro e Brasile lievimente affumicato con note acidule. C’è il Ghana intenso e rotondo. Il Togo corposo e e fruttato. Madagascar delicato con richiami alla liquirizia. Sao Tomè poco dolce e gusto intenso. Papua Nuova Guinea amaro con lieve note erbacee e Giava amaro e fruttato con intense note aromatiche e ricca gamma di sapori. Le foto come sostenevo prima sono vere e proprie opere d’arte. Ci sono macro sul cioccolato a 90mm fisso che ti fanno venire voglia di strapparti i capelli al grido di datemenesubitotrechiliADESSOOOOOOOOOOOOOOOOOO.


 Si comincia con la Carne, poi pesce, verdure, uova e Dolci non Dolci. Pronti per qualche titolo? Roba da sentirsi male, lo dico per tempo. Cinque per categoria? Andata.



Banane in crosta di sale con grue di cacao, fegato d’oca al burro di cacao e gelatina di saba
Capriolo su salsa al cioccolato Ghana, chutney di zucca, crauti rossi e carciofi
Cinghiale al cioccolato con gelatina di mela verde e bulgur con fave di cacao
Controfiletto al sale con fave di cacao e parmigiana al cioccolato fondente
Costine di maiale nero con crumble di erbe e prosciutto su fagioli neri e purea di fave fresche


Baccalà sfogliato in salsa di arancia e miso su melanzana al cacao e fave con mandorle salate
Ceviche di capesante al burro di cacao con zenzero su purea di pastinaca, foglie di cioccolato bianco e limone
Filetto di barracuda al vapore su letto di fave di cacao, zucchine trombetta, gelatina ai piselli, fave fresche e maionese al cioccolato bianco
Astice al vapore su salsa vaniglia Tahiti salata al cioccolato bianco e bacche di Goji
Gamberi impanati in crosta di cacao e arancia su insalata di carote, arancia e cioccolato con salsa agroarancia


Carote intere con chinotti e croccantino di fave di cacao con nocciole
Carote semicandite con frutto della passione, gelato di cioccolato bianco con bacche rosa e croccante di cocco
Carpaccio di parmigiano reggiano con pere, insalata di cacao e cioccolato, foglie di barbabietole e spinaci
Crema di zucca con burrata, amaretti al cacao, gelatina di frutto della passione e tartufi liquidi di cioccolato fondente salati
Mais in gelatina di marsala con tofu in insalata di cioccolato


Bauletti di cioccolato bianco e fondente all’olio d’oliva extravergine e olive taggiasche
Melone sottovouoto al gusto di Saba e caviale di melone con crumble di zenzero, sorbetto di cioccolato fondente e pepe di Sarawak estremo nero
Millefoglie al pepe di Sarawak, mousse di cioccolato all’olio extravergine d’oliva e sale di Maldon con kumquat in composto
Pere sotto gelatina di toffee e cioccolato con gelato di nocciola salata
Tortini di funghi porcini caramellati e cannella

Credo non occorra aggiungere molto altro, giusto? I titoli sono da capogiro e solo per capire di cosa esattamente si tratti occorrono interminabili minuti (se tutto va bene, intendo). Un po’ come quando hai in mano un’opera di Ducasse. Perché diciamolo, ok che il Sale di Maldon non è sconosciuto come anni fa quando i foodie e la passione food non aveva raggiunto queste iperboliche vette ma è pur sempre di non facilissima comprensione. Un gioiello da tenere, custodire, ammirare e rimembrare. Una sorta di Divina Commedia dei sapori, gusto e genio.


La Libreria di Iaia

Il Vegetariano Gourmet – Jane Price
In linea con il Sushi – Makiko Sano
La Mia Cucina Easy – Lorraine Pascale
Crudo di Delphine De Montalier
La Cucina del Monaco Buddhista – Kakuho Aoe
Food Lovers – Lonely Planet
Cucina Cinese – Ken Hom
Una Merenda a New York – Grossman
Le Tre minestre – Andrea Vitali
200 Cupcake – Joanna Farrow
Nigella Express – Nigella Lawson
Yoshoku Cucina Giapponese  stile Occidentale – Jane Lawson
Every Day Food – Martha Stewart
India in Cucina – PushPesh Pant
Marzagiochi Steccodolci – Luca Montersino
La Cucina di Vefa
Chef per un giorno
I miei menù da 30 minuti – Jamie Oliver
Cucina Vegana – Salvini
La pasta e gli altri primi piatti 600 Ricette
La cucina Giapponese di Harumi Kurihara
Il Diavolo e la Rossumata – Sveva Casati Modignani
Polpette – Karen Fingerhut Oliver Rouault
L’abito non fa il cuoco – Alessandro Borghese
Il Club delle Cuoche – Luisanna Messeri
La mia piccola cucina – Julie Andrieu
Un sano appetito – Gordon Ramsay
Il Pranzo della Domenica – Gordon Ramsay


West – Nobu Matsuhisa Mark Edwards
Cucina Smart – Jamie Oliver
Grigliate Vegan Style – John Schlimm
Pasticceria Vegana – Dunja Gulin
Il Libro delle Tapas – Simone e Inès Ortega
Il Pranzo in Famiglia – Ferran Adrià
La Cucina Ebraica – Clarissa Hyman
I formaggi Veg – Grazia Cacciola
Morso e Mangiato – Almo Bibolotti
Gelato – Lidl Edizioni
Oltre – Ernst Knam

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Published on June 18, 2015 03:12

June 17, 2015

Cosa c’è nel mio Carrello: Farina di Cocco, Biscotti Vegani al Sesamo e Lievito Alimentare



Questa settimana nel mio carrello ci sono questi tre prodotti.



Farina di Corro Raw. E che differenza c’è ? Presto detto. Innanzitutto ho adoperato insieme a Ombretta questa farina per la realizzazione dei Bounty Raw Vegan che se ti fa piacere puoi vedere in formato VideoRicetta qui. Si può sostituire la farina di cocco fino al 25% della farina di frumento in modo che i dolci siano più ricche di fibre tanto per cominciare e pure il valore delle proteine chiaramente aumenterà.  Può essere utilizzata nelle bevande o come addensante ed è buonissima con i cereali. Da aggiungere al muesli (ma pure da aggiungere al latte di mandorla senza zucchero. Mai provato?). Fosse per me il cocco me lo mangerei a cucchiaiate morendo soffocata e felice (un po’ come dirò poi per il lievito alimentare. Va tutto bene. Centodiciottomisenti?). A differenza della farina di cocco che si trova facilmente in commercio e alla quale visivamente siamo abituati, questa è molto fine come fosse farina davvero per l’appunto e si presta quindi a sortire un effetto delicato e molto soft. Viene prodotta in Germania e come valori nutrizionali per 100 grammi ha 352 kcal. Dico solo che pure nel caffè è buona. Suppongo non ci sia altro da aggiungere.



Il lievito alimentare lo tenevo in dispensa. Lo adoperavo per provare cose ma. Non lo avevo mai mangiato così a cucchiaiate. E indovina quando l’ho fatto? Ma con Ombretta ovviamente! Quando prima di stare male entrambe contorcendoci dal dolore (lei tra spasmi e coliche e io tra colori da Umpa Lumpa e intossicazioni provocati dalla vitamina A) mostravamo tronfie e trulle trulle l’insalata di avocado-pomodoro-guacamoleinsomma con il lievito alimentare messo come condimento (a seguire diapositiva). Io non so cosa mi ricordi esattamente ma posso asserire che mi piace. Mi piace quella sensazione di perire con qualcosa che ti ostruisce il passaggio esofageo. Guardare negli occhi Ombretta che tentava di aiutarmi allungando la mano con gli occhi sbarrati mentre io (dopo aver mangiato la granita alla nocciola, inciso. Tre vaschette, ennesimo inciso) la guardavo lacrimevole con la mano alla gola ed emettendo suoni soffocamento-esalazioneultimorespiro. Solo che non ho potuto resistere al Lievito di birra in scaglie a cui è stato tolto il potere lievitante. Mi sono detta: avrò una pelle bellissima santocielo! Sarà capace di ridarmi un colore che non mi faccia somigliare a un dipendente della Fabbrica di Cioccolato. E quindi giù a cucchiaiate. Insaporisce zuppe e piatti e base di cereali. Non si dovrebbero superare i 6 cucchiaini di prodotto al giorno (ma io sono sempre quella che ha mangiato 120 grammi di alga nori per due settimane quando la razione quotidiana sono 7 grammi) e non va inserito nei prodotti cotti. Chiaro no? Quindi un barattolo di 125 grammi a pasto lo possiamo buttar giù, mi pare di capire. Tentando un minimo di razionalità? Un prodotto da tenere in dispensa assolutamente. Ha la capacità di insaporire moltissimo e conferire un gusto che ti ricorda qualcosa ma non ricordi cosa. Ma è qualcosa di buono. Anzi possiamo far partire l’hashtag #cosamiricordaillievitoalimentaredisidratatosenzapoterelievitante? Molto facile e intuitivo.



Questi biscotti contengono: farina di grano, malto di grano, olio di semi di girasole, sesamo, succo di mela, nocciole in polvere, fibra d’avena, agenti lievitanti, bicarbonato di sodio e ammonio, succo di limone. E’ un prodotto completamente vegano prodotti in francia da SARLE Le Pivert Le Moulin du Pivert. Il pacco è da 150 grammi e i biscotti sono divisi in piccole porzioni che ne contengono due, facili da trasportare come spuntino o snack. Un’idea che trovo sempre geniale così nessuno deve star lì a porzionare con sacchetti et similia. I valori nutrizionali per 100 grammi sono di 495 kcal con proteine 89, carboidrati 60.1 e grassi 23.5 dovuti all’olio. Fibre 4 grammi. Sono esenti chiaramente dall’olio di palma e ci tengono a sottolinearlo proprio nella parte frontale del packaging. Provengono da agricoltura biologica e sono davvero dei biscotti sorprendenti da provare. Sarò impopolare ma a me i biscotti non attraggono per nulla e non ne faccio uso. Non ci provo proprio gusto (allora meglio sei mestolate di lievito alimentare e otto chili di avocado. Ok, mi calmo) ma da questi mi sono lasciata tentare (ora però basta. Datemi il lievito!!!!!).



 


Ti sei perso dei Carrelli?

Gli alimenti che non mancano mai nella mia dispensa


Cosa c’è nel mio carrello (spesa #1) Crackers Raw al grano saraceno  e al sesamo. Crackers senza glutine, Burro d’arachidi vegan e Crema di arachidi
Cosa c’è nel mio carrello (spesa #2) Dolcetti Raw cocco cioccolato e datteri, Noodles di Riso nero e Cioccolato Raw con i semi di chia
Cosa c’è nel mio carrello (spesa #3) Quinoa Rossa e Nera, Spaghetti di Quinoa, Crackers dolci Raw di Grano Saraceno
Cosa c’è nel mio carrello (spesa #4) Barretta Cocco zenzero, Dolcetti Raw vegan gluten free datteri e cocco, Chips di Cavolo Riccio
Cosa c’è nel mio carrello (spesa #5) Farina di Cocco, Lievito Alimentare, Biscotti Vegani al Sesamo

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Published on June 17, 2015 03:12

June 16, 2015

Panino nero ai semi di lino dorati con Tofu, Zucchine crude al limone, pesto di Avocado e wasabi e semi di Canapa





Pane di Timilia senza olio (un chilo di farina con 20 grammi di lievito di birra), tanta acqua e sale. Non ci ho messo neanche lo zucchero, oh. Qualche seme di lino e via in forno per 40-45 minuti.
Salsa: avocado, lime, un po’ di tofu morbido, qualche pisellino fresco sbollentato, sale, wasabi e semi di canapa.
Altri ingredienti: zucchine crude marinate nel limone, tofu (lasciato macerare un pochino nel limone perché a me piace molto così), foglie di spinacino fresco. Pure la scorza del lime insaporisce tantissimo.


Mi ha spinto a panificare l’insana voglia di pane, dopo cinque anni. Ecco l’ho detto. Volevo ricominciare a mangiarlo, tutto qui. Allora mi sono detta che la farina di Timilia, che volevo tanto provare e che è la nuova droga indiscussa, avrebbe fatto al caso mio grazie al basso contenuto di glutine prima di tutto e poi santatrinacria sicula è! In via d’estinzione è! Salvaguardare il territorio mizzicccca! Allora mi sono fiondata in questa nuova avventura e ho preso trentatrechili. Ah no. E mi sono gonfiata come una zampogna ma sono felice come poche volte. La prima fetta di pane di Timilia l’ho mangiata, manco a dirlo, con quello che è sempre stato la mia perversione: panino al pomodoro. Certo mancava la maionese, la mozzarella, ottolitridiolio e settechilidisale ma anche solo pane e pomodoro con poco sale e un goccino di extra vergine è stato delirio papillogustativo puro. Ricordo di essere stata così felice solo quando ho rimangiato dopo anni il riso e di conseguenza il sushi. Il tofu ci sta tutto nel pane. Se è insaporito, marinato e della consistenza giusta (e della marca giusta, chiaramente) insieme alle zucchine croccanti e alla morbidezza della sempiterna e gustosissima salsetta (che metto ovunque) diventa un fido alleato per dei panini davvero vegan gourmet.





Complice anche il fatto che organizzo la Rubrica 3 Minutes Sandwich su Runlovers non ho mai fatto così tanti panini e confesso che ne sono entusiasti a dir poco: tutti. Molti non sono neanche stati pubblicati ma in pieno delirio di onnipotenza ne ho “inventati” di sana pianta alcuni rivisitando i piatti classici della tradizione sicula. Delle sorte di bombe meravigliose che hanno fatto perdere la testa con mio sommo gaudio e sorpresa. Nell’attesa che vengano pubblicati direi di fare un piccolo riassunto paninoso che male non fa (o forse sì perché a me è già venuta una fame incontrollabile).


3 Minutes Sandwich su Runlovers

 



Hamburger con salsa worcester, senape di Digione, miele Manuka, zucchine al limone e maionese



Hamburger di Tacchino con verdure croccanti abbracciato dalla pancetta e maionese senapata



Hamburger vegetariano di lenticchie e ceci con maionese di avocado al sapore di wasabi


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Published on June 16, 2015 03:12

Iaia Guardo's Blog

Iaia Guardo
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