Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions, page 64

September 14, 2014

Futurama stagione 7b su Italia 1

È quasi una sorpresa scoprire che a solo un anno di distanza dalla messa in onda su Italia 1 degli episodi della stagione 7a, anche la seconda parte della settima stagione di Futurama andata in onda nel 2012 su Comedy Central è finalmente arrivata in Italia. Questo significa che, a malincuore, Futurama sta per finire anche da noi, visto che questo è l'ultimo blocco di puntate prima della terza cancellazione dello show.

 I 13 episodi residui andranno in onda come al solito alle 14 su Italia 1, a partire da lunedì 15 settembre, e per tre settimane circa. Ecco la lista degli episodi con il titolo italiano e quello originale, e link al mio commento pubblicato già tempo fa (in effetti mi rimarrebbero da commentare gli ultimi due, perché me l'ero presa con calma, ma lo farò nel frattempo).
Lunedì 15 settembre: 2-D Blacktop / Realtà in 2D Martedì 16 settembre: Fry and Leela's Big Fling / Fry e LeelaMercoledì 17 settembre: T.: The Terrestrial / T.: l'umano Giovedì 18 settembre: Forty Percent Leadbelly / 40% cantante folk Venerdì 19 settembre: The Inhuman Torch / La torcia inumana
Non meravigliamoci troppo per la superficialità di certe trasposizioni dei titoli ("Fry e Leela"!? Seriously? E ci vuole così tanto a capire che "T. the terrestrial" è una parodia di ET, quindi sarebbe da tradurre come "terrestre" invece di "umano"?), e rallegriamoci che almeno anche qui potremo finalmente godere di quest'ultimo tour de force della serie animata più geek della storia.
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Published on September 14, 2014 05:06

September 11, 2014

La morte dell'orso e il ruolo dell'Uomo

È di questi giorni la notizia che Daniza, l'orsa che verso la metà di agosto aveva aggredito un fungarolo in Trentino, è morta in seguito alla cattura, apparentemente per le conseguenze dell'anestesia subita. Preciso subito che in questo post non ho intenzione di affrontare la questione in sé, che reputo vergognosa (anche se non per i motivi condivisi dai più), ma voglio cogliere l'occasione per una riflessione più profonda sul rapporto tra l'Uomo e le altre specie che popolano questo pianeta. Il mio contributo all'argomento nasce dal fatto che le reazioni più immediate a questa notizia (così come a molte altre che riguardano crudeltà varie su animali) sono sul tono di "gli uomini sono i veri animali, stiamo distruggendo l'equilibrio della natura" e così via. Per quanto superficiali e approssimative, il senso ultimo di queste affermazioni sta nella domanda, che forse ogni tanto qualcuno si pone: in quanto "specie dominante" della Terra, l'Uomo ha una qualche responsabilità verso le altre? Fino a dove si estende il suo diritto di disporre della vita delle altre forme di vita?
Tralasciamo la parte dell'alimentazione: non voglio entrare nella faida che contrappone carnivori integralisti e anarcovegani, ribadisco in questo senso solo la mia idea che sia lecito mangiare qualunque altra creatura, e che non ci sia niente di diverso tra mangiare gamberi o mucche o cani (anche umani, al limite). Qui il discorso però è un altro: in Trentino un orso che ha attaccato un uomo (con ogni probabilità, per imprudenza e invadenza di quest'ultimo) è stato ucciso (non conta che sia stato un errore, o che la storia dell'anestesia sia una scusa): è "giusto" quanto è successo? Possiamo permetterci di decidere una cosa del genere?
Lo sdegno è stato pressoché unanime, quindi a furor di popolo si deduce che non è un comportamento auspicabile. Come ho detto sopra, anch'io trovo la faccenda vergognosa, ma ho qualche esitazione a sostenere che non si possa fare. È diffusa l'idea che l'Uomo non abbia una parte all'interno dell'ecosistema terrestre, che le sue azioni siano estranee al corso "naturale" delle cose, e che quindi quando un uomo uccide un animale, sta compiendo un atto violento e innaturale. Ora, il punto è che la specie umana è emersa dallo stesso percorso evolutivo che ha dato origine ad orsi, falene, cetrioli e amebe. Il fatto che l'Uomo sia riuscito in qualche modo a imporsi sulle altre creature, basterebbe da sé a giustificare qualunque sua scelta. È innegabile che la specie umana ha fortemente contribuito all'estinzione di migliaia di specie, sia attivamente (da quant'è che non vedete un mammut o una colomba migratrice?) sia come conseguenza indiretta di altre sue azioni, come cambiamenti climatici e urbanizzazione. Eppure, basta questo a dire che l'uomo è colpevole dell'estinzione di questi esseri?

Si può considerare l'estinzione come il fallimento di un processo evolutivo, il momento in cui la spinta all'adattemento di una specie non è sufficiente a garantirne la continuazione. Ma ecco dove sta il punto: si parla di adattamento, non di resistenza. La "sopravvivenza del più forte" è un mito: non si sopravvive con la forza, ma con la flessibilità. E per adattersi e sopravvivere in un ambiente dominato da una specie più forte, bisogna trovare il modo di convivere con questa, magari trarne anche beneficio. Cani, ratti, gabbiani, blatte, zanzare, patate, rose: ecco qualcuno che finora è riuscito ad adattarsi all'ambiente in cui l'Uomo è di fatto il padrone. La capacità dell'Uomo di alterare l'ambiente in cui vive è tale che egli stesso è un fattore dell'ambiente, e se non ci si adatta a un nuovo ambiente, ci si estingue. Per questo non ha senso dire "stiamo sconvolgendo la natura": per definizione ne siamo parte, e le alterazioni che possiamo causare non sono diverse da quelle di una glaciazione. E allo stesso modo, il classico "l'uomo è il vero animale" è ridicolo: non dobbiamo, in quanto specie, rispetto verso nessun'altra. E non tiriamo fuori la storia "gli animali non fanno la guerra": se le formiche legionarie avessero armi atomiche, questo pianeta sarebbe uno sferoide sterile.

Questo significa quindi che possiamo permetterci di andare in giro ad abbattere orsi, perché ne abbiamo la capacità e non dobbiamo rendere conto a nessuno? Beh, oddio, non è così semplice. Ad essere onesti, sì, potremmo in effetti comportarci in questo modo. Quella stessa evoluzione che ci ha portato verosimilmente ai vertici dell'ecosistema, ha anche fatto in modo di dotarci di doti intellettive ed emotive (che evidentemente sono una condizione essenziale della nostra ascesa come specie), e l'applicazione di queste porta molti a pensare che no, non è una buona cosa ammazzare un orso che sta solo comportandosi da orso. Dicono che un grande potere comporta grandi responsabilità, no? Ecco, più o meno le cose stanno così: solo che la responsabilità non ce l'abbiamo davvero, ma dobbiamo volerla, perché nessuno ce la impone dall'alto, sempcliemente perché non c'è nessuno più in alto*. Il vero scatto di maturità, per l'umanità intera, sarebbe quello di capire che non ha nessun ruolo assegnato all'interno del Sistema-Terra: non siamo i guardiani di questo pianeta, pertanto a maggior ragione prendersne cura sarebbe un atto di estrema generosità. Proprio perché ci troviamo (probabilmente in via transitoria) in una posizione di vantaggio, dovremmo sfruttarla in modo consapevole. Che non vuol dire necessariamente ballare nudi sotto la pioggia o abbracciare le sequoie.

La specie umana è, per quanto ne sappiamo, la prima a poter decidere coscientemente di provocare l'estinzione di altre specie (o anche di se stessa). Sta poi ad essa capire come utilizzare questo potere, ed è una scelta che siamo gli unici a comprendere, perché un rinoceronte bianco non ci mostrerà mai gratitudine per averlo risparmiato. Ed è questo, forse, che ci potrebbe un giorno distinguere davvero dagli "animali".



*Attenzione, non voglio essere frainteso: non sto dicendo che non c'è nessuna specie più forte/evoluta/importante di quella umana, intendo che non esiste nessuna forza superiore che impone all'Uomo (come a qualune altra specie) di rispettare le altre.
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Published on September 11, 2014 23:00

Coppi Night 07/09/2014 - Serpico

Bisognava che qualche pezzo del Coppi Club andasse in vacanza in Grecia perché venissimo a conoscenza di questo film che, a quanto pare, è un cult. Questo poliziesco degli anni 70 in cui si racconta la storia del poliziotto italoamericano, interpretato da un imberbe Al Pacino (cioè, imberbe in senso di giovane, perché la barba non gli manca) ha avuto riscontri tanto clamorosi che ne hanno tratto una serie tv, e ha avuto pure il suo emulo italiano: il personaggio del Monnezza deriva proprio da Frank Serpico, e anche se chiaramente Milian ha tutto un altro spessore, l'influenza è evidente a partire dal cappello di lana perennemente in testa.
La storia non è quella del poliziesco puro, nel senso che non si tratta di investigazioni e inseguimenti e sparatorie, perché Serpico, poliziotto diligente e idealista, si scontra piuttosto con i suoi stessi colleghi, e con la corruzione che dilaga all'interno della polizia stessa, in particolare nei reparti degli agenti in borghese, che si comportan con i criminali come un'organizzazione malavitosa che richiede il pizzo. Serpico, disgustato da questa consuetudine diffusa, rimane fedele alla sua morale e non accetta i soldi che gli spetterebbero per aver pattugliato le zone controllate dai criminali, e questo gli attira le antipatie di pari e superiori. La denuncia procede verso piani sempre più alti ma non viene accolta (evidentemente per connivenza), e tanto la sua carriera che la sua vita sono messe in pericolo per essersi esposto.

Il percorso di Serpico è sicuramente interessante, e anche se piuttosto privo di scene d'azione la tensione è sempre alta. Il film però procede lentamente, con il ritmo tipico dell'epoca, e al di là del nucleo narrativo principale ci sono molte sottotrame accessorie (in particolare sulla vita privata e sentimentale del protagonista) che aggiungono poco o nulla al resto. Per dire, la prima ragazza rimorchiata al corso di spagnolo, dopo mezz'ora rivela che se ne va in Texas per sposarsi con un altro, e di lei non si sa più nulla. Ci si chiede quindi perché perdere tanto tempo a mostrarla su schermo, visto che la comparsata non influenza in alcun modo lo svolgimento della trama, e lo stesso vale per vari altri elementi marginali. Probabilmente si tratta solo di un approccio diverso allo storytelling che andava per la maggiore in quegli anni, oggigiorno lo spettatore non ha tempo di stare a guardare un film per due ore e mezzo se non c'è continuamente uno sviluppo.

Nonostante questo non si soffre troppo, e si riesce comunque a godere di una buona storia (il fatto che sia "una storia vera" per me non la rende più interessante, ma lo è di per sé) e un'ottima interpretazione.
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Published on September 11, 2014 01:37

September 8, 2014

Doctor Who 8x03 - Robot of Sherwood

In un'epoca precedente, le storie di Doctor Who si dividevano essenzialmente in due filoni: quelle di ambientazione futura/fantascientifica, e quelle di ambientazione passata/storica. Agli albori infatti l'intento era anche quello di proporre una serie adatta ai ragazzi con qualche contenuto istruttivo, per questo la ricostruzione di epoche e civiltà passate e l'incontro con grandi personaggi storici era piuttosto frequente. Proprio il primo serial (quei blocchi di 4-6 episodi di 20 minuti circa in cui si divideva la serie classica) si svolgeva nel 100.000 avanti cristo, alla prese con una tribù che aveva perso il segreto del fuoco, e in seguito il Primo e il Secondo Dottore si ritrovano tra gli altri nella Francia rivoluzionaria, tra gli Aztechi, in compagnia di Marco Polo e così via. Col tempo però questo tipo di storie si rivelò meno apprezzato, e già nel corso dell'era del Secondo Dottore venne abbandonato: gli episodi ambientati nel passato restarono, ma anche in questi era sempre inserito un elemento insolito/fantascientifico. Nella serie moderna, basta pensare agli incontri con Dickens, Shakespeare, Van Gogh, Churchill eccetera: non esistono più quindi puntate storiche "pure", ma sempre contenenti qualcosa di fuori dall'ordinario che nei libri di storia non  è riportato.

Premetto questo per dire che forse non sarebbe male tornare ogni tanto a un periodo storico e visitarlo per quello che già conosciamo, senza necessariamente introdurre alieni, robot, mostri eccetera. Voglio dire, se ci si preoccupa che Doctor Who rimanga uno show di fantascienza, basta il pretesto del viaggio nel tempo per soddisfare la condizione. Anche perché nella maggior parte dei casi questo tipo di storie si risolve nello schema: robot/alieno/mostro infiltrato nell'epoca passata - rischio di distruzione del pianeta/alterazione della storia - intervento del Dottore - ripristino della storia conosciuta. Il fatto che i robot/alieni/mostri intervengano in mesopotamia, piuttosto che alla corte di Federico II o durante la crisi di Cuba cambia poco. E naturalmente tutto questo discorso si applica alla perfezione all'ultima puntata: conoscere Robin Hood è già eccezionale di per sé, aggiungerci dei robot che complottano con lo Sceriffo di Nottingham per impadronirsi del mondo (trama vista in almeno 1/4 delle puntate dal 1963 a oggi) non aggiunge praticamente nulla. Certo, c'è il tema di fondo dell'eroe leggendario, la cui storicità è dubbia, che rispecchia lo stesso ruolo del Dottore. L'unica frase significativa dell'episodio è proprio "Se non vuoi essere un eroe, smetti di comportarti come tale", ma questo non ha niente a che fare con la minaccia alienorobotica, e poteva benissimo essere usato in un contesto storico puro.

L'episodio in effetti scorre a balzelli, e se da una parte le scene tra il Dottore e Robin sono divertenti con il loro tentativo di squalificarsi a vicenda, altre parti sono meno efficaci (lo Sceriffo e Clara, i robot schiavisti che si fanno battere senza troppe difficoltà da dei vassoi...). Inoltre, nonostante non si possa negare la sua abilità nell'interpretare il Dottore, qui Capaldi appare un po' fuori luogo, e in effetti questo, per i toni e la struttura, sembra più un episodio scritto per Matt Smith che per lui. È anche possibile che qualche sceneggiatura già pronta da tempo sia stata riciclata adesso, ma il risultato è fiacco.

Da rilevare che in Robot of Sherwood c'è solo un piccolo riferimento all'arco narrativo di questa stagione, quando si scopre che i robot erano diretti alla "terra promessa" (per un momento ho pensato che potessero anche questi essere un'evoluzione dei cyborg rivisti in Deep Breath ). E nonostante i dubbi sulla figura del nuovo Dottore continuino a fare da leitmotiv, qui non abbiamo sostanziali sviluppi su questo fronte. Tutto considerato quindi l'episodio risulta mediocre, e avrebbe beneficiato forse diqualche frivolezza in meno. Voto 5/10
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Published on September 08, 2014 03:46

September 6, 2014

Coppi Nigth 31/08/2014 - Grand Budapest Hotel

Quando è uscito Grand Budapest Hotel, i nomi presenti sulla locandina facevano pensare a un kolossal di quelli che si vedono una volta ogni 15-20 anni e segnano un'intera generazione di produzioni e attori hollywoodiani: Ralph Fiennes! Bill Murray! Jude Law! Edward Norton! OwenWilson! Jeff Goldblum! Adrien Brody! Deve essere qualcosa di epocale, no?
In realtà la parte di molti di questi attori è davvero minima (Murray tra tutti), e buona parte dello screentime è occupata da Fiennes e dallo sconosciuto ragazzino (sconosciuto a meno che non sia una qualche star di bollywood) che gli fa da compagno per tutto il tempo. Questo può quindi aver inzialmente misdirezionato le aspettative, tuttavia il film non è comunque da squalificare. Senza stare a riassumere la trama, che tutto sommato è abbastanza lineare, lo si può definire una commedia, una di quelle storie piene di viaggi e personaggi sopra le righe e sotterfugi, con qualche deriva verso il grottesco e un po' di humor nero. Inizialmente si può rimanere leggermente spiazzati dai successivi salti temporali all'indietro, ma la storia si svolge tutta nell'epoca più lontana, in quelle successive è solo la narrazione di quegli eventi a procedere.
È difficile valutare oggettivamente un film di questo tipo, che apertamente non fa nessuno sforzo per sorprendere lo spettatore con finezze ed effetti, ma basa tutto sulla performance dei suoi attori e sulla regia. Sicuramente, per quanto non sia competente in materia, ci sono delle interessanti scelte in ambito di fotografia, scenografia e direzione, ma al netto di queste non so se rimane poi molto. Forse il modo migliore per godersi un film del genere è proprio quello di non pensare all'aspetto formale, di non cercare a tutti i costi il capolavoro declamato da più direzioni,  ma seguire senza pretese la semplice storia che si snoda e accontentarsi di un'ora e mezzo di intrattenimento onesto.
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Published on September 06, 2014 00:38

September 3, 2014

Rapporto letture - Agosto 2014

Generalmente si ritiene che in vacanza si legga di più, perché con più tempo da dedicare a passatempi e passioni c'è la possibilità di stare una giornata intera a leggere e aumentare il ritmo di assorbimento dei libri. Per me non è così, anzi vale quasi il contrario: sarà che la lettura fa già parte della mia routine quotidiana, per cui quando questa viene scombinata mi ritrovo di fatto con meno tempo di quello previsto solitamente per leggere.
È per questo che ad agosto ho letto solo due libri, ma in questo post parlerò praticamente di uno solo.

Non mi soffermo a parlare del primo libro letto (principalmente durante le due effettive settimane di ferie) semplicemente perché ho dedicato un post intero a The Adjacent, ultimo romanzo di Christopher Priest, che il pubblico generico forse conosce soprattutto per aver scritto il libro da cui è stato tratto il film The Prestige. Rimando all'altro post per un commento più approfondito, qui aggiungo solo che quando sei sulla nave che ti sta portando a fare il giro delle calette del golfo di Orosei e pensi che potresti approfittare per leggere, vuol dire che stai leggendo un buon libro. Voto 9/10, per questo e tutte le ragioni espresse di là.


Più riguardo a Falsi dèi Mi rimane quindi tutto il resto del post per parlare di Falsi dèi (che preferisco scrivere con l'accentto grave per evitare equivoci), secondo romanzo di Francesco Troccoli con protagonista Tobruk Ramarren e ambientato nell'"Universo Insonne". Ho letto Ferro Sette , primo volume della serie, alcuni mesi fa, e mi è parso abbastanza buono da meritare di leggerne il seguito. Come nel libro precedente, il protagonista rimane Tobruk, il mercenario convertito alla causa del Sonno, qui in veste quasi ufficiale come diplomatico in viaggio verso un remoto sistema stellare per esportare il modello di Ferro Sette. Ma chiaramente si tratta di un libro che si basa soprattutto sull'azione, quindi non assistiamo per 300 pagine a dibattiti politici: qualcosa va storto già sulla nave che trasporta Tobruk e il resto della squadra di colonizzazione, e (lieve spoiler) durante l'atterraggio d'emergenza sul pianeta l'astronave attraversa un'ignota anomalia che scaraventa tutti di qualche migliaio di anni indietro nel passato. La missione quindi si complica, anzi, perde del tutto la sua natura iniziale, e starà perlopiù al protagonista riuscire a capire come venirne fuori e soprattutto perché il suo mentore ha deciso di andare proprio lì. Le rivelazioni si susseguono e si accumulano, e anche se non tutto è chiarito (lasciando presumibilmente il posto allo sviluppo di un terzo libro), la storia si incastra bene con quanto già stabilito nel libro precedente. Alcuni temi classici della fantascienza sono qui riproposti, dal viaggio nel tempo alla percezione extrasensoriale ad altre cose che non posso dire per non rovinare la lettura, ma il fatto di non contenere idee originali non penalizza la storia. Il ritmo è sempre incalzante, e anche durante i necessari infodump è difficile annoiarsi. Forse il finale è un po' affrettato, ma appunto questo è probabilmente il libro "di collegamento" tra la prima parte e la terza (ultima?) che speriamo di veder pubblicata presto. Voto: 7/10
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Published on September 03, 2014 22:00

September 1, 2014

Doctor Who 8x02 - Into the Dalek

Raramente c'è stata una stagione di Doctor Who senza Dalek, e in questo caso ci siamo levati presto il pensiero facendo incontrare al nuovo Dottore il suo villain n° 1 subito dopo la sua presentazione. Questo episodio parte come il Viaggio allucinante di Asimov, con i protagonisti (Doctor, Clara, e un paio di soldati in guerra coi Dalek) che vengono ridotti a dimensione microscopia per entrare letteralmente all'interno di un Dalek danneggiato e trovare la causa del suo malfunzionamento, che lo porta a essere "buono": il Dalek in questione (battezzato Rusty dal Dottore) riconosce l'inutilità della battaglia della sua specie, che cerca di eradicare la vita nonostante questa continui ad emergere in continuazione, e di conseguenza ritiene che sia giusto che i Dalek stessi vengano eliminati. 
In tutto questo l'interesse del Dottore è principalmente quello di dimostrare che non esiste un "Dalek buono". Decide quindi di esaminare dall'interno Rusty e cercare di capire che cosa lo ha portato a questo straordinario cambio di prospettiva. Si scopre poi che una semplice fuga di radiazioni nel suo reattore interno ha in qualche modo compromesso le funzioni cognitive, facendo saltare le inibizioni di memoria e sensazioni che lo mantenevano "puro". Una volta sistemata la perdita infatti Rusty torna alla sua programmazione originaria, e ricomincia ad attaccare gli umani da quali sperava di ricevere aiuto.

Per molti aspetti questo episodio ricorda Dalek della prima stagione del 2005, in cui il Nono Dottore incontrava il supposto unico sopravvissuto alla Time War: anche qui infatti non abbiamo il confronto con un esercito o l'intero Impero Dalek, ma con un singolo, confuso esemplare, che non costituisce tanto una minaccia fisica quanto un dilemma morale. Questo contribuisce sicuramente a rendere l'episodio più teso, perché i Dalek subiscono quella paradossale regola dei mostri nei film, secondo cui uno solo è spaventoso, mentre molti tutti insieme risultano quasi ridicoli (pensate ai passati episodi con i Dalek e vedrete che è davvero così). Rusty infatti attraversa diverse fasi nel corso della puntata, passando da paziente a minaccia ad alleato, e dal suo cangiante umore dipende la sopravvivenza dei protagonisti (sia al suo interno che all'esterno).

Al di là del mostro in questione, il tema principale di questo episodio è di nuovo la moralità del Dottore. Trovandosi di fronte a un Dalek potenzialmente "buono", il dubbio che si pone lui è lo stesso, ed è costretto a chiederlo alla sua companion: "Sono una buona persona?". Clara dichiara di non saper rispondere, probabilmente perché ancora non è riuscita a inquadrare il Dottore dopo la rigenerazione. Ma nel suo confronto finale faccia a faccia con Rusty, abbiamo qualche indizio. Condividendo ricordi e sentimenti, il Dalek trova una nuova spinta all'odio per la sua stessa specie, perché è questo che il Dottore esprime più di tutto. Si può in effetti affermare che i Dalek non solo sono il nemico più iconico del Dottore, ma anche la sua più efficace controparte. I Dalek erano presenti in molti dei suoi momenti più importanti: è lui stesso a ricordarlo, facendo riferimento al loro primo incontro su Skaro, che si tratta della prima avventura off-Earth del Primo Dottore (in pratica il secondo episodio della serie). Il Dodicesimo dice che "prima di conoscere voi [Dalek] stavo solo fuggendo, è stato lì che ho capito chi ero". Forse è un'affermazione un po' pesante adesso, non sappiamo bene cosa abbia fatto il Dottore con sua nipote Susan prima che Ian Chesterton e Barbara Wright entrassero nel Tardis, ma... può anche essere che siano stati loro a portarlo a pensare che doveva fare qualcosa di più che nascondersi dai Time Lord. E i Dalek erano lì durante la Time War, hanno provocato la nascita del War Doctor, e poi Bad Wolf, e la crisi interuniversale in cui il Decimo ha perso Rose, e l'assedio finale a Trenzalore in cui l'Undici (che in realtà era già Tredici) ha rischiato di morire definitivamente. Insomma, se esiste un avversario in grado di far smuovere il Dottore, si tratta proprio dei Dalek, e qui accade proprio questo.

Certo non tutto è perfetto, e il confronto dall'interno forse in alcune parti risulta un po' spicciolo. Il modo in cui Clara riesce a riattivare i ricordi-chiave di Rusty è un po' banale, così come la facilità con cui il Dottore entra in "comunione" con la sua mente. Stupisce anche che una nave ammiraglia di un esercito in lotta con i Dalek non avesse misure di sicurezza adatte a contenere un solo Dalek prigioniero. Forse anche l'idea di mostrare l'interno del Dalek poteva essere sfruttata meglio per illustrarne il funzionamento, mentre qui si tratta semplicemente di scendere o arrampicarsi e fuggire dagli anticorpi. E questi ultimi sono fin troppo simili a quelli che abbiamo visto all'interno del Teselecta della sesta stagione. Non ho capito bene che tipo di tecnologia abbia permesso di rimpicciolire la squadra, ma mi pare qualcosa di diverso dal "campo di cmopressione" usato proprio dall'equipaggio del Teselecta: mi chiedo perché tirare in ballo altre fantatecnologie quando ne hai già una che serve allo scopo, ma è un dettaglio marginale. Da notare anche che Clara (o almeno una sua iterazione) si trova fisicamente all'interno di un Dalek per la seconda volta, più del Dottore stesso!

Infine, c'è stata una nuova apparizione di Missy, cosa che non mi aspettavo veder richiamata così presto. Anche stavolta la vediamo accogliere in paradiso una vittima del Dottore. A questo punto si inizia a delineare qualche ipotesi, e forse il piano di Missy è proprio questo: riunire le vittime del Dottore per un possibile scontro successivo? Mi ricorda un po' quando Goku trova all'inferno Freezer, Cell e il dottor Gelo e deve batterli di nuovo... vedremo se è davvero così o qualcosa di più complesso. Sull'identità di Missy, qualcuno in rete ha proposto che possa essere un'incarnazione femminile del Master (Master - Mistress - Missy): non è ancora certo che un Time Lord possa cambiare sesso durante una rigenerazione, ma non è nemmeno escluso. A confutare questa ipotesi c'è il fatto che Missy parli del Dottore come suo fidanzato, il che non ha molto senso, anche se il rapporto Doctor/Master tutto sommeto è qualcosa di simile all'odio/amore.

Della prima apparizione di Danny Pink, collega di Clara che sappiamo già diventerà a sua volta companion, non c'è per il momento molto da dire. Curioso il fatto che un altro dei personaggi si chiamasse invece Blue, ma probabilmente non significa nulla.

In definitiva un altro episodio che riesce a portare in primo piano gli aspetti più cupi del Dottore, che sembra quasi destinato a una specie di giudizio da parte delle sue vittime. Qualche superficialità che sarebbe stato meglio gestire diversamente, ma è chiaro che non è facile rimanere del tutto coerenti, soprattutto quando ci sono di mezzo i Dalek, che sono vecchi almeno quanto il Dottore stesso. Voto: 7/10
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Published on September 01, 2014 02:25

August 29, 2014

Coppi Night 24/08/2014 - Silent Hill

Continua l'inspiegabile fame di horror del Coppi Club, stavolta addirittura a causa mia, visto che era il mio turno di proporre i film. Avevo incluso Silent Hill nella lista perché ne avevo sentito parlare spesso come un cult, soprattutto per l'ambientazione (tant'è che quest'inverno ricordo almeno una decina di foto su fb di paesaggi nebbiosi con commento "benvenuti a silent hill"). Ero anche al corrente che esiste un omonimo videogioco classico da sala giochi, anche se non ero sicuro se fosse nato prima il film o il gioco. A quanto ho appurato, è nata prima la versione videoludica e poi quella cinematografica, e l'esperienza mi dice che l'adattamento di film a partire da giochi è sempre un'operazione rischiosa, dagli esiti dubbi (Tomb Raider, Doom, Mortal Kombat!?). Aggiungo anche che il videogioco in questione mi ha sempre fatto piuttosto schifo, soprattutto per quella struttura in cui la visuale si muove da sola e punta dove sono i nemici, portando il giocatore su un percorso obbligato, mi risultava sempre frustrante.

Premesso tutto ciò, è facile capire che il film mi abbia lasciato piuttosto indifferente. Non so bene se la storia della bambina sparita fosse presente anche nel gioco (non sono mai arrivato così avanti e skippavo sempre l'introduzione), in ogni caso la presa che questa ha sullo spettatore è poco superiore a zero, anche perché i genitori si dimostrano estremamente negligenti e superficiali con una figlia che ha dei chiari disturbi psicologici. La madre si comporta anche ostile senza motivo nei confronti di una poliziotta (che pure esager nel farsi i cazzi altrui), mentre il padre (Sean Bean) si perde in una serie di ricerche che poi non lo portano a nulla, infatti non interverrà durante il climax finale. Certo non si può pretendere da un film del genere una trama avvincente e profonda, ma mi pare che qui non ci sia proprio sforzati di dare consistenza alla storia. Ci sono mostri, maledizioni, streghe, roghi, sette occulte, ma tutto rimestato in un calderone che non ha poi un gusto definito.

Il problema, ritengo, è che chi ha pensato di realizzare il film si è preoccupato esclusivamente di inserire riferimenti al videogioco, aspettandosi che lo spettatore una volta colti questi rimanesse soddisfatto senza porsi altre domande. Per questo ad esempio non c'è nessuna spiegazione della natura dell'uomo con lo spadone e la piramide in testa (di solito nel gioco morivo una volta arrivato a lui), che è sicuramente un ottimo soggetto da cosplay ma se ha un ruolo in tutta la vicenda non mi è dato di saperlo; lo stesso vale per gli scarafaggi con volto umano, e tante altre cose che non avendo capito non sono nemmeno in grado di indicare. Il finale poi che forse nelle intenzioni era "ambiguo" secondo me è solo tirato via, anche qui senza alcuna giustificazione, e si arriva ai titoli di coda con un grosso sospirone.

Forse l'unica vera innovazione di questo film è che Sean Bean, in questa storia, non muore.
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Published on August 29, 2014 08:40

August 25, 2014

Doctor Who 8x01 - Deep Breath

In seguito alle risposte ricevute qualche tempo fa in merito all'idea di recensire i nuovi episodi di Doctor Who a partire dall'ottava stagione, eccoci quindi a commentare la prima puntata con protagonista Peter Capaldi, trasmessa sabato scorso. Prima di procedere, un paio di precisazioni tecniche che varranno per tutti i post di questa serie: intanto, la numerazione degli episodi non terrà conto della serie classica, quindi non specificherò che si tratta del "nuovo" DW, e indicherò le stagioni con il loro numero a partire dalla riapertura della serie nel 2005; inoltre, anche se è ovvio e non dovrei specificarlo, più avanti ci saranno spoiler, quindi leggete preferibilmente dopo aver visto la puntata in questione.

Deep Breath si apre in grande stile mostrando un bel dinosauro (presumibilmente un tirannosauro o qualcosa di affine) che passeggia per la Londra vittoriana. Poco dopo fanno la comparsa Vastra/Jenny/Strax, comprimari a cui si inizia a fare l'abitudine e che di solito riescono ad arricchire le storie. Il nuovo Dottore emerge poi dal Tardis "naufragato" in gola al dinosauro, e assistiamo per la prima parte dell'episodio al tipico caos da rigenerazione, che è una costante almeno a partire dal cambio tra il Terzo e il Quarto (le rigenerazioni precedenti non erano state così traumatiche). Il Dodicesimo Dottore (possiamo intenderlo il numero 12 per convenzione, anche se non è strettamente corretto) è confuso e ansioso, dimentica nomi, volti ed eventi, ed è solo quando il tirannosauro prende letteralmente fuoco che inizia a pensare che qualcosa di più grosso stia accadendo. Il vero avversario si rivela quando il Dottore e Clara si ritrovano in un ristorante occupato da decine di cyborg "inversi": non umani che hanno acquisito parti meccaniche, ma robot che si sono ricoperti di parti umane. Robot ticchettanti, che si muovono come giocattoli a carica... does it ring a bell? Scesi nell'antro in cui i robot operano sugli umani che riescono a catturare, si ha il primo confronto con il cyborg al comando, e si scopre che il loro lungo upgrade ha lo scopo ultimo di far arrivare tutto il gruppo alla "terra promessa". Scatta poi il combattimento vero e proprio, al quale prende parte il trio contro un'orda di robot, mentre il Dottore si occupa personalmente del capobanda, cercando di convincerlo che la sua ricerca è inutile. I robot vengono sconfitti, il Dottore si riappicifca con Clara, e tutto torna sui binari. Più o meno.
Quanto sopra è un riassunto per sommi capi, ho volutamente tralasciato aspetti anche importanti perché non ha senso ripetere scena per scena. Ma analizziamo ora alcuni di questi elementi. 

Innanzitutto, bisogna essere tonti per non averlo capito, ma i robot ticchettanti sono gli stessi (o almeno derivano dagli stessi) visti nella seconda stagione, nell'episodio The Girl in the Fireplace, probabilmente uno dei primi episodi più intensi e profondi della nuova serie, in cui (forse per la prima volta) David Tennant riesce a dare una forte caratterizzazione al suo Decimo: ricordiamo che sulla SS Marie Antoniette (ovvero Madame de Pompadour) il Dottore, Rose e Mickey avevano trovato una squadra di robot di servizio che dopo un malfunzionamento avevano iniziato a sostituire i componenti dell'astronave con parti umane compatibili; i robot avevano aperto delle finestre temporali sulla vita della Pompadour perché avevano bisogno del suo cervello "completo" per rimettere in funzione la nave. Il Dottore li ha poi fermati, ma evidentemente loro hanno poi ripreso il loro compito, e con l'abilità di manipolare il tempo sono forse arrivati fin troppo lontani nel passato, e così hanno portato avanti la loro ricerca di upgrade per la terra promessa per molto, molto tempo (viene fatto intendere che fossero presenti all'epoca dei dinosauri, visto che sapevano che i pezzi di un t-rex erano da loro utilizzabili). Questo è stato un ritorno più che gradito, perché da sempre i fan avevano indicato questi robot a rotelle come uno degli avversari più interessanti. Qui inoltre sembra che prendano parte a una storia molto più ampia, il che sarebbe ancora più interessante.
Il respiro profondo del titolo è quello che i personaggi (Clara e il team di Vastra) devono prendere per non farsi scoprire a respirare, fingendosi così a loro volta dei cyborg. Questo stratagemma ha qualche affinità con il don't blink da tenere in presenza degli angeli: un'innaturale imposizione fisica difficile da mantenere ma dalla quale dipende la propria sopravvivenza. Tipico di Moffat...
Un altro tema ricorrente (e per me il più intrigante) è quello del nuovo aspetto del Dottore. In più di un'occasione il Dodicesimo afferma di riconoscere il proprio viso, di averlo già visto (e in effetti Peter Capaldi era già apparso in The Fires of Pompeii) e che ci deve essere una ragione per cui ha quell'aspetto, un messaggio che voleva lasciare a se stesso. È già stato appurato in passato che i Time Lord hanno un qualche controllo sull'aspetto che assumeranno in seguito alla rigenerazione (il Terzo Dottore era stato "forzato" proprio dal consiglio dei Time Lord, e abbiamo appreso in The Time of the Doctor che il Decimo si era volutamente rigenerato mantenendo il suo aspetto in Journey's End), e qui il concetto viene ribadito. Ma quando il Dottore dice al cyborg "probabilmente non ricordi nemmeno da dove hai preso quella faccia" per convincerlo che ha perso la sua natura, è lui stesso a guardarsi nello specchio e quella domanda è quindi riflessiva. Perché allora il Dottore ha questa faccia, e che cosa significa la scelta, cosciente o meno che fosse? Ci auguriamo che la risposta arriverà, prima o poi.
Secondo in ordine di importanza, è il modo in cui il nuovo Dottore si pone, sia ai compagni che ai nemici. Questo, lo abbiamo capito subito ed è stato annunciato, è un Dottore più cupo, più duro e forse spietato almeno dei precedenti due. A me ricorda (forse a livello semplicemente fisico e per l'outfit) Jon Pertwee, il Terzo, ma nell'atteggiamento c'è anche qualcosa del Nono, quell'Eccleston troppo spesso dimenticato che non aveva problemi di coscienza a uccidere l'ultimo Dalek o a condannare una Slitheen a morte. Questa sua nuova attitudine è resa in modo evidente ma rimane anche ambigua, soprattutto perché non sappiamo se il robot si sia suicidato, o se sia stato il Dottore a buttarlo giù per ucciderlo. Forse non lo sapremo mai. Ma a parte la decisione mostrata coi nemici, c'è anche un nuovo rapporto con i suoi alleati e companion. A Clara lo dice in modo chiaro: "non sono il tuo fidanzato". Sì perché i Dottori precedenti (Tennant e Smith soprattutto) sono sempre stati un po' farfalloni, e non hanno mai perso l'occasione per flirtare con le controparti femminili. Il Dodicesimo non è così: Capaldi è più anziano, più ruvido, e sembra avere altro per la testa. Di fatto, non si è nemmeno scusato per aver abbandonato Clara da sola nella stanza con i robot, a trattenere il respiro per non farsi scoprire. In questo episodio d'esordio questa cosa è stata ribadita fin da subito, e anzi la telefonata dell'Undici a Clara, in cui il "vecchio" Dottore le dice di non avere paura, di stargli vicino, che ha ancora bisogno di lei, sembra anche un messaggio oltre la quarta parete, che dice al pubblico (soprattutto a quella componente di giovanette che erano segretamente innamorate del Dottore) di dargli fiducia, di continuare a seguirlo anche se non possono sognarlo la notte. Per me è un'ottima variazione, speriamo solo che il calo di pubblico dovuto a questa novità non sia determinante.
E poi c'è la scena finale, quella in cui il cyborg che abbiamo visto morire si ritrova... dove? In paradiso, la Terra Promessa? Qui incontra Missy, che lo accoglie e gli chiede scusa per come il Dottore lo ha trattato. Questa breve sequenza di chiusura è chiaramente un richiamo a quello che sarà l'arco narrativo che sarà portato avanti nell'ottava stagione (o forse anche oltre, come fu per il silence will fall presentato all'inizio della quinta?). Possiamo farci molte domande, soprattutto sull'identità di Missy: dice di essere la ragazza del Dottore e che lui la ama molto, quindi viene quasi automatico pensare a River Song, ma l'atteggiamento non sembra il suo (anzi, io credo che il commiato di River sia stato The Name of the Doctor). Allora, potrebbe essere Romana, la Time Lord (Time Lady?) che ha viaggiato per un po' con il Quarto Dottore? O pensando in lungo, addirittura Susan, la nipote che viaggiava con il Primo Dottore e che lui ha lasciato sulla Terra affinché si facesse una vita? Più probabilmente nessuna di queste, ma sicuramente avrà qualcosa ancora da dire, questa Missy.
Per ultimo, c'è stato anche un riferimento a un particolare che credevo fosse stato dimenticato: in che modo Clara è riuscita a entrare in contatto col Dottore in The Bells of Saint John? In questo episodio, che a metà della settima stagione ha segnato l'ingresso di Clara come companion, la ragazza ha ricevuto da qualcuno il numero del telefono del Tardis, ma non sa da chi l'ha ricevuto. In Deep Breath, il messaggio criptico che ha portato il Dottore e Clara a ritrovarsi non è stato lasciato da nessuno dei due, e nemmeno dai robot. C'è qualcuno che spinge perché i due siano insieme, ma di chi si tratta? Il sospetto corre subito alla Missy di cui sopra, ma è ancora presto per poterlo affermare con cognizione. Aspettiamo gli sviluppi, anche se ho idea che prima di vedere di nuovo riferimenti a questo arco narrativo più ampio dovremmo superare qualche episodio filler con il monster of the week. Che la settimana prossima saranno i Dalek, quindi un filler più che gradito.

Due aspetti che non ho gradito sono il modello del t-rex mostrato all'inizio, ripreso paro paro da Jurassic Park. Ogni volta che vedo di mezzo dinosauri (come in Dinosaurs on a Spaceship) ho la segreta speranza che i teropodi siano mostrati con le doverose piume, ma a quanto pare il pubblico non è ancora pronto per questo cambio di archetipo. Ci vorrà ancora del tempo prima che di dinosauri di Spielberg vengano soppiantati nell'immaginario collettivo. E poi la sigla, che in questa nuova esecuzione mi sembra insista troppo poco sul "fischio", quello che da sempre è l'identificativo di DW all over the world. Vogliamo più theremin!
Per concludere, rimane da chiedersi quale sarà il nuovo tormentone di questo nuovo Dottore. Tutti quelli moderni ne hanno avuto uno: fantastic, alons-y, geronimo... e adesso? Forse è troppo presto per dirlo, ma a me sembra che Capaldi abbia insistito molto sulla parola question, con frasi del tipo "the question is": potrebbe essere questa la nuova catchphrase? Se è così, mi pare perfettamente in linea con la diminuita frivolezza e maggiore maturità del Dodici.
E siccome come da tradizione con le recesioni di Futurama , alla fine mi riservo anche di assegnare un voto, e so che i voti piacciono e stimolano alla discussione (leggi: flame), mi permetto di estendere la consuetudine anche a questa nuova serie di post e assegno a Deep Breath un voto 7.5/10
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Published on August 25, 2014 01:36

August 22, 2014

Christopher Priest - The Adjacent

Quando ho letto un anno e qualcosa fa la notizia dell'uscita di The Adjacent , la cui trama citava la presenza tra i protagonisti di un fotografo e di un prestigiatore, ho pensato tra me: vabbè, Christopher Priest ormai ricicla le stesse cose fatte in passato, con The Prestige gli era andata tanto bene (Christopher Nolan che dirige il film tratto dal tuo libro si può considerare un successo) e allora si è adagiato e ha scritto ancora qualcosa sulla stessa linea. Per un po' ho quindi archiviato la questione, anche se quel titolo mi si era insinuato dentro e continuavo a pensarci ogni tanto. Poi in una di quelle catene di connessioni random che si trovano su internet mi sono imbattuto di nuovo in una recensione di questo romanzo, e anche in un commento più ampio all'opera di Priest, e mi sono convinto che un autore di tale esperienza non poteva aver semplicemente fotocopiato il suo precedente successo. Così alla fine ho acquistato The Adjacent in ebook e me lo sono letto durante la settimana di vacanza.
È buona norma iniziare una recensione dando una prospettiva (possibilmente spoiler-free) della trama del libro in oggetto, tuttavia in questo caso non è facile riuscire a fornire un riassunto per sommi capi di quanto viene narrato in questo libro. La storia è divisa in otto capitoli, di cui la metà sono incentrati sullo stesso personaggio, Tibor Tarent, che potremmo quindi considerare per convenzione (ma senza altrettanta convinzione) il protagonista. Tarent è un fotografo freelance, che ha seguito sua moglie durante una missione in Anatolia, in una zona di guerra, e qui l'ha perduta. Perduta perché Melanie è probabilmente morta, ma in realtà nessuno ne ha trovato traccia. Tarent rientra nella sua Gran Bretagna con un visto diplomatico, e durante il viaggio incontra una donna misteriosa che sembra sapere molto di lui e di quanto è successo a sua moglie. Questa parte è quella in cui maggiormente si percepisce la componente fantascientifica del romanzo: non solo perché è ambientata intorno al 2040-2050 (non è specificato), ma anche perché ci troviamo in un'Inghilterra che è in pratica un sultanato (si chiama ora IRGB: Islamic Republic of Great Britain), sconvolta da devastanti tempeste, e lentamente apprendiamo che quello che ha portato via Melanie (così come buona parte di Londra) è un nuovo tipo di arma, derivante appunto dalla adiacenza, una tecnologia che ha qualcosa a che vedere con gli universi paralleli, anche se non nel modo tipico con cui siamo abituati a considerarli.
Nelle parti del libro che non seguono direttamente Tarent, conosciamo diversi personaggi sparsi in epoche (e mondi?) diversi: un illusionista inglese del 1915 convocato sul fronte francese per inventare un modo di far sparire gli aerei da ricognizione in volo; un tecnico di una base aerea durante la Seconda Guerra Mondiale che incontra un'abile pilotessa polacca, la quale a sua volta racconta la storia di come è arrivata a volare per l'esercito inglese; la giornalista che per ultima ha visto lo scopritore dell'adiacenza; e di nuovo un fotografo, un mago e una pilota, ma stavolta tutti abitanti sull'isola di Prachous, un posto che non appartiene alla nostra Terra, ma che presenta evidenti affinità con questo mondo. Le storie di tutti questi personaggi sono indipendenti tra loro, ma è presente un'interconnessione profonda e impercettibile. Non si tratta del classico schema delle sottotrame che convergono, perché tutti questi non si incontreranno mai tra loro, non risolveranno mai il mistero che si cela dietro le loro vite e non capiranno mai davvero che cosa sia e come operi l'adiacenza, anzi, la maggior parte di loro non sa nemmeno che esista qualcosa del genere.
Per questo inizialmente dicevo che non ero in grado di descrivere la trama del libro: perché qui non  troviamo lo svolgimento di una storia, e nemmeno una serie di storie tra loro intrecciate: piuttosto, ci sono personaggi sovrapposti, confini tra le persone, le vicende e i ricordi che sfumano gli uni negli altri. Non è facile riuscire a cogliere questi indizi, perché il passaggio avviene in modo quasi invisibile, e ci si accorge solo gradualmente che quello che stiamo leggendo non è più la stessa storia di prima, ma qualcosa di diverso eppure simile, qualcosa di adiacente.
Una chiave per cercare di interpretare tutto sono i nomi dei personaggi, che in qualche modo ricorrono o si ripresentano in varianti più o meno riconoscibili, ma si tratta più di un indizio che di una prova. Non c'è modo di affermare con certezza che un tale personaggio sia lo stesso che rivediamo in seguito, eppure la sensazione indotta dalla lettura è quella. Vi si potrebbe scorgere in questo senso qualche affinità con Cloud Atlas (mi riferisco quantomeno al film, non ho letto il libro), ma a un livello molto più sottile. Tuttavia non credo che questo sia un libro che deve essere spiegato: per quanto esista, sicuramente, un'interpretazione "esatta" di quello che si legge, il punto è che non è questo il punto.
Infatti, credo che la caratteristica principale e memorabile di The Adjacent sia il modo in cui il lettore sia portato a intuire, avvicinarsi a una risposta per poi venirne di nuovo spinto lontano (sempre che esista davvero). L'adiacenza non è solo un concetto scientifico/tecnologico, ma diventa qualcosa di metafisico e anche metatestuale. Seguiamo vicende di personaggi che non sono al centro degli eventi, ma adiacenti a essi, vicini al nucleo della storia ma senza prenderne parte: Tarent che fotografa l'inventore dell'adiacenza, l'illusionista che cerca di capire come nascondere un aereo in volo, la pilota che sorvola l'isola adiacente a Prachous e ne scorge i diversi e incompatibili aspetti. Siamo sempre sull'orlo di ottenere una rivelazione ma ci fermiamo proprio lì, facciamo un passo indietro, poi aggiriamo il baratro e ci avviciniamo da un'altra direzione, ma anche da quella parte non riusciamo ad arrivare in fondo. Non è qualcosa di cui ci si accorge a livello razionale, ma una sensazione diffusa, un istinto che porta a convincerci che qualcosa c'è, e che dobbiamo solo spingerci un po' più avanti per trovarlo. Per questo, nonostante il libro sia lento, quasi del tutto privo di azione in senso stretto, non si sperimenta un solo istante di noia, e i capitoli scorrono in rapida successione, finendo sempre qualche paragrafo prima di quanto avremmo voluto.
The Adjacent non è tanto una storia, quanto una storia di storie, una narrazione multipla di cose che sono indubbiamente successe ma che gli stessi attori non saprebbero descrivere, un'esperienza di difficile decifrazione ma di pieno coinvolgimento. Probabilmente mi è sfuggito qualcosa, forse non ho colto qualcuno di quei piccoli dettagli che si affacciavano di tanto in tanto a beneficio del lettore e degli stessi personaggi che paiono altrettanto confusi e sperduti. Forse qualche frase mi tornerà alla mente, come i ricordi che si formano e svaniscono, e una molla mi scatterà nel cervello portandomi a capire quello che non ho letto, ma per il momento mi accontento di essere arrivato abbastana vicino, se non alla soluzione, almeno a qualcosa di adiacente.
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Published on August 22, 2014 00:30

Unknown to Millions

Andrea Viscusi
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