Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions

October 10, 2025

Anatomia della fantascienza

L’anno scorso di questo periodo iniziavamo a parlare di Fantascienza - Storia delle storie del futuro, la miniguida tascabile che insieme ad Angela Bernardoni abbiamo pubblicato con Armillaria. Il grande segreto che abbiamo tenuto per tutto questo tempo è che contemporaneamente stavamo lavorando anche a un altro volume, più ampio e con un taglio diverso, che adesso è in uscita per Lumien.

Vi presento Anatomia della fantascienza, della premiata ditta Bernardoni-Viscusi.

Anatomia aka AFS è un volume di oltre 450 pagine in cui abbiamo riversato tutte le nostre nozioni (e opinioni?) sul genere di cui parliamo da decenni. Dopo la pubblicazione di Anatomia del fantasy di Gloria Bernareggi e Sephira Riva, che abbiamo trovato abbastanza in linea con i nostri scopi e la nostra visione del fantastico, abbiamo proposto alla casa editrice di pubblicare questo libro e loro si sono dimostrati entusiasti del progetto. Si tratta di un’operazione diversa e complementare rispetto a FSSF, perché in questo caso abbiamo privilegiato un taglio tematico rispetto a quello storico, con un focus più preciso su sottogeneri, argomenti e topoi. In questo caso quindi non sarà tanto un perocrso storico-critico della storia della fantascienza (anche se inevitabilmente si potranno trarre elementi anche in questo senso) ma una trattazione più enciclopedica.

In particolare, il libro è diviso in cinque parti:

Inquadrare la fantascienza - Definizioni, critiche e nozoni di base del genere

Mappare la fantascienza - Sottogeneri e filoni principali (tanti…)

Scomporre la fantascienza - Archetipi, topoi e tropi ricorrenti nel genere

Frequentare la fantascienza - Localizzazione, premi e convention

Scrivere fantascienza - Compendio per chi vuole scrivere con particolare attenzione alle criticità specifiche del genere

Appendici - Bibliografia, sitografia, opere citate, glossario, indice analitico

Oltre a tutto ciò, sono presenti anche i contributi di vari autor+ e specialist+ che abbiamo consultato su temi specifici. Dopo la prefazione di Nicoletta Vallorani, abbiamo anche (in ordine di come mi vengono in mente): Mattia Manfredonia e Chiara Esposito, Giuliana Misserville, Roberto Paura, Silvio Sosio, Danilo Zagaria, Francesco Verso, Daniela Barisone, Gloria Bernareggi e Sephira Riva.

Insomma, parecchia roba. È stato faticoso e snervante, ma di questo parleremo in un altro momento (basta che mi offrite una birra e parte il rant). Nel frattempo, AFS è preordinabile sul sito di Lumien, e sarà in anteprima a Stranimondi questo weekend, dove domenica alle 12:20 faremo anche la prima presentazione ufficiale.

Dopodiché magari torno a scrivere raccontini, che dite?

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Published on October 10, 2025 00:07

September 23, 2025

Rapporto letture - Agosto 2025

Si ritorna a scrivere i rapporti letture sul filo del cambio mese, ma passando a substack mi ero ripromesso che non sarei finito a fare i resoconti bimestrali quindi nonostante l’overwhelm generale di questi giorni, eccomi qui. Agosto è stato forse uno dei mesi peggiori di quest’anno, ma a livello di letture non ce la siamo cavata male, quindi alè.

Iniziamo con un’inaspettata ucronia pubblicata da un inaspettato editore: Tahiti: Utopia è un romanzo di storia alternativa di Michal Hvorecky pubblicato da Wojtek. Racconta di come dopo la fine della Grande Guerra il popolo slovacco, vessato dalle prepotenze dell’Ungheria e circondato dall’indifferenza delle altre nazioni europee, si impegna in una migrazione di massa per raggiungere le isole di Tahiti e ricostruire lì la propria casa. A guidare l’impresa c’è l’eroe nazionale Milan Rastislav Stefanik, che conduce il suo popolo alla nuova libertà. Lo spunto è sicuramente interessante, anche perché si concentra sulla storia di un paese di cui in genere conosciamo molto poco. Tuttavia per com’è strutturato il libro, con una parte consistente che narra proprio l’esodo attraverso l’Europa degli anni 20, mi è rimasta molta voglia di conoscere meglio la nuova Slovacchia Tahitiana dei giorni nostri, così come l’assetto mondiale differente in questo corso alternativo della storia. Voto: 6.5/10

Puntavo Wonderbook da parecchio tempo, e solo un paio di mesi fa mi è venuta l’idea di cercarlo su vinted, e l’ho trovato a un prezzo davvero ridicolo (anche se un po’ usurato, ma chissenefotte). Avevo già visto e sentito parlare di questa “guida illustrata per scrivere imaginative fiction” scritta da Jeff Vandermeer con i contributi di molti altri autori (Le Guin, Gaiman, Valente, Martin, Cisco e un’altra decina) ed ero molto curioso, anche perché conoscendo la scrittura di Vandermeer mi aspettavo qualcosa di tutt’altro che banale. Come tutti i manuali di scrittura di autori famosi, le nozioni tendono a essere aneddotiche, e non tutto quello che viene proposto è replicabile in contesti diversi, comunque ho trovato diversi spunti interessanti. Può darsi che ne parli meglio sul canale prima o poi, in ogni caso vista la ricchezza delle illustrazioni è sicuramente un bell’oggetto da avere in casa per uno scrittore.

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Per una sospetta coincidenza, Charles Yu è uno degli autori presenti in Wonderbook e il suo romanzo How to Live Safely in a Science Fictional Universe viene citato con tanto di copertina. Io non mi ricordo nemmeno come ero venuto a sapere di questo libro, ma lo volevo leggere da un po’ e l’ho recuperato, forse proprio nel momento in cui ha potuto farmi più male. La storia segue il protagonista-narratore che fa il riparatore di macchine del tempo, e si ritrova incastrato in un loop generato dal suo proposito di ritrovare il padre scomparso decenni prima, che incidentalmente è anche l’inventore del viaggio nel tempo. Da qui la storia si espande in un gioco metanarrativo in cui il libro stesso diventa intradiegetico e il confine tra universi reali e narrativi si confonde. Una fantascienza intima, calda, che gioca con i topoi consapevole di non poter fare niente di originale a partire dalle solite premesse. Voto: 8/10

Infine, siccome alla fine del mese avevo bisogno di un bel reset mentale, ho fatto come altre volte e mi sono letto un libro di déclic. Spunti sunti è una raccolta di testi dello scrittore/fantasista Massimo Gerardo Carrese, che più che raccontare storie gioca con le frasi, le parole e le situazioni assurde che queste possono suggerire. Il paragone più facile che si può fare è con Gianni Rodari, ma senza intento pedagogico e con un target decisamente più ansioso. Una lettura che mi ha fatto snoffare in più di un’occasione, ma che non credo sia adatta a chi non apprezza giochi di parole e nosense.

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Published on September 23, 2025 10:43

August 21, 2025

Flow my rain, said the cat

Due dei prodotti di media-non-scritti che mi hanno colpito di più nel corso di quest’anno sono un film e un videogioco, che hanno sorprendenti tratti in comune.

Il film è Flow, opera d’animazione dell’autore/regista/animatore lettone Gints Zilbalodis. È stato anche un piccolo caso perché pur essendo prodotto da uno studio minuscolo, con risorse ridicole rispetto agli standard dell’industria, ha sbaragliato la concorreza di colossi come Disney e Pixar e si è aggiudicato Golden Globe e Premio Oscar. Una vera storia di underdog… o meglio, undercat, perché Flow (titolo originale: Straume) è un film con protagonisti un gatto, e personaggi soltanto animali. Non animali parlanti o antropomorfizzati: semplici animali, che si comportano e interagiscono come tali. Flow segue il gattino nero protagonista che cerca di mettersi in salvo da un diluvio che sembra sommergere tutto il pianeta, e trova rifugio su una barchetta su cui si accumulano come improbabili compagni di viaggio altri animali: un capibara, un lemure, un golden retriever, un serpentario.

Il videogioco è Rain World, anch’esso prodotto indipendente sviluppato da un piccolo studio nel 2017, che non ha avuto lo stesso riconoscimento di Flow ma che negli anni si è guadagnato un suo piccolo ruolo di cult. In Rain World il giocatore interpreta una piccola creaturina chiamata slugcat, quindi “gatto-lumaca” (che in realtà per quanto ne sappiamo è una sorta di piccolo roditore), che rimane isolato dalla famiglia e deve attraversare un mondo pieno di pericoli squassato periodicamente da piogge torrenziali che allagano tutta la superficie e annegano tutte le creatur che non hanno trovato rifugio. Anche qui non ci sono esseri umani (o l’equivalente della specie senziente su questo pianeta) e tutto si basa sull’interazione tra lo slugcat e l’ecosistema che lo circonda, di cui esso occupa uno dei gradini più bassi nella catena alimetnare.

Già vediamo quindi la premessa simile: un piccolo animaletto sperduto in un mondo senza padroni, in cui l’acqua rappresenta una minaccia costante. Ma ci sono punti di contatto più profondi tra queste due opere, che forse mostrano una sensibilità comune di fondo.

Una delle cose che stupisce di più in entrambi è il senso di scala tra il protagonista e l’ambiente. Gatto e slugcat sono animali minuscoli in un mondo enorme e misterioso, che mostra le tracce di un’antica civiltà che ormai non c’è più. In Flow vediamo le enormi statue e le città che affiorano dall’acqua, in Rain World il difficile percorso attraversa complessi industriali, antenne paraboliche, ferrovie sotteranee (… e supercomputer organici, ma questo è un altro disorso). Di questo mondo immenso e manipolato, i protagonisti non sanno nulla: sono solo animali, non hanno la capacità di comprendere e dedurre che cosa è successo. Siamo solo noi spettatori/giocatori a chiederci che cosa c’è stato prima, che cosa è successo a chi abitava questo mondo. Nessuno dei due ci offre risposte precise: sappiamo solo che gli umani da una parte e i “benefattori” dall’altra (c’è una ragione per chiamarli così, ma non approfondiamo) se ne sono andati, a un certo punto, per qualche ragione.

Entrambi si concentrano sull’ambiente e l’ecosistema, mostrando le complicate relazioni tra le creature di un mondo che ha perso il suo equilibrio. Mandire di cervi in fuga e stormi di serpentari con la loro gerarchia da una parte, avvoltoi biomeccanici e tribù nomadi di cacciatori appassionati di parle dall’altra. Entrare in questi mondi significa per i gatti protagonisti osservarne le dinamiche e prendere nota di quali sono i pericoli, di quando è sicuro muoversi e quando ci si deve nascondere, da chi si può solo scappare e a chi si può azzardare a concedere fiducia.

C’è poi una componente mistica, che risuona in sottofondo in entrambe queste storie. Sia in Flow che in Rain World c’è un modo di lasciare questo mondo di sofferenza, e si può ascendere, salendo verso il cielo o scendendo nelle viscere della terra. L’ascensione, la liberazione dal piano materiale, non è un obiettivo chiaro, e non è detto che sia la soluzione per tutti. Non si può comprendere, e non è necessariamente un lieto fine. Ci sono creature delle profondità, leviatani e vermi, che sembrano custodire il segreto del mondo-dopo-il-mondo, ma anche qui, siamo troppo limitati per poterli comprendere davvero.

Infine c’è il viaggio, che non è né una storia di formazione né un arco eroico, perché un gatto o uno slugcat non sono eroi. Non saranno loro a salvare il mondo, sono solo animali, semplici piccoli animali, in cerca di un posto sicuro in cui stare. Ed è sorprendente quanto la prospettiva di una creaturina sola e innocua possa essere rivelatoria. Non c’è niente da imparare dal loro viaggio, ma forse per questo sembra così autentico: è l’esperienza pura, senza sovrastrutture e ricerche pareidoliche di significato.

Probabilmente questi paralleli sono a loro volta un esercizio forzato di pattern recognition, che dice molto più dell’occhio di chi guarda che delle intenzioni dei loro autori. Non è detto che possano avere lo stesso impatto su chiunque le osservi. Ma vedere la fine del mondo dalla prospettiva di un esserino che non la merita, ma nonostante questo fa del suo meglio per rimanere a galla nel diluvio, è stato sorprendentemente catartico.

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Published on August 21, 2025 02:01

August 11, 2025

Rapporto letture - Luglio 2025

Mesata di letture mediamente poco impegnative, sempre per riprendermi dalla lettura del premio Mondofuturo (adesso lo posso dire, visto che sono usciti i finalisti), ragione per cui ho anche evitato la fantascienza, perché per un po’ basta vi prego.

Ho iniziato Bim Bum Bam Ketamina nel giorno in cui è uscito il nuovo romanzo di Claudia Grande, sempre pubblicato da Il Saggiatore. Avevo delle aspettative per questo libro, che non definirei “alte” ma comunque condizionate dal fatto di seguire l’autrice sul suo profilo instagram per i suoi memi a tema lettratura/attualità e straightup trash. Mi aspettavo quindi qualcosa di fresco, irriverente, moderno, e invece ho trovato qualcosa di un po’ superato, sia per temi che per vicende, un po’ Bukowski ma fuori tempo massimo e un po’ Palahniuk ma senza la stessa audacia. Fosse un libro uscito negli anni 90 sarebbe stato perfetto, ma nel 2020+ leggere al centro del dibattito dei media di un concorrente a un quiz televisivo e un regista di snuff movie è pericolosamente al limite dell’umarel. Inoltre ho tutta l’impressione che questo libro avrebbe dovuto essere semplicemente una raccolta di racconti tra loro indipendenti, perché il tentativo di intrecciare le storie con un narratore che partecipa a tutte, spesso in modo del tutto marginale, aggiunge un livello di fragilità a dei racconti che già hanno brusche virate di tono dal grottesco al tragico. Ci ho scorto anche una sottotraccia di grassofobia, dato che in ogni storia c’è sempre un personaggio obeso che viene rappresentato solo come tale e poiché è grasso è anche schifoso e cattivo. Un libro che promette più di quello che mantiene, anche se magari le promesse me le ero immaginate io. Voto: 6.5/10

Di contro, Jason Pargin fa qualcosa che non avevo mai trovato e che considero un grande limite della narrativa contemporanea, cioè ignorare il “mondo virtuale” perché “la vita vera è altrove”. Naturalmente non tutte le storie hanno bisogno della loro controparte social, ma se come in I’m Starting to Worry About This Black Box of Doom si tratta di un road trip attraverso gli USA con un carico misterioso che potrebbe essere una bomba atomica da far saltare nella capitale durante la cerimonia del 4 luglio, allora è impossibile che nel 2020+ questo non attiri le attenzioni del popolo del web. Infatti una buona parte di questo libro si concentra proprio sulle dinamiche social, in particolare su come le notizie si diffondono su reddit, come nascono le teorie del complotto e come l’esercito di anonimi superesperti riesce a costruire teorie credibili ed efficaci. Il tutto mentre il protagonista è un twitcher pericolosamente vicino agli ambienti redpillati, e la sua passeggera una makeup influencer che si è ritirata a vita privata dopo uno scandalo. Durante il viaggio che presenta a volte situzioni grottesche (dalla caccia al coniglio, a una visita a Roswell, a un incidente con camion di cheddar e sriracha), i protagonisti e gli altri sulle loro tracce hanno modo di esporre da più prospettive le loro visioni sulla società moderna, e sul perché ci sentiamo tutti così soli e ansiosi. Il tutto con un finale sorprendentemente wholesome. Questo è il modo di raccontare il presente, invece di nasconderlo sotto il tappeto delle drammoni di corna borghesi. Voto: 8/10

Se vi state meravigliando per la copertina, fate bene. La bella e la bestia - Dietro la storia si presenta come un prequel/origin story della fiaba, anche se l’autore Rosario Esposito la presenta spesso come “retelling” (non lo è). Ora giustamente vi chiederete perché mai dovrei leggere una cosa del genere, ma se avete seguito alcuni dei miei debunking più recenti sul canale youtube potreste capire. Questo romanzo dovrebbe raccontare le origini della maledizioen della bestia disneyiana, ma in realtà non lo fa, perché il collegamento avviene solo nell’ultimo capitolo in maniera frettolosa a e incoerente, e per il resto è la storia di un triangolo amoroso tra princpessa, principe e guardiano in regni imprecisati di un’epoca indefinita, con scene inconsequenziali e personaggi implausibili. La scrittura è di un livello imbarazzante, ma con punte di involontaria comicità che valgono il prezzo del biglietto. Non assegno un voto perché siamo sul non classificabile, ma direi che rientriamo nel so bad it’s so good. Detto questo, non prendetelo come un invito a leggerlo, perché no.

Infine per ripristinare la mia fiducia nel fantasy italiano mi sono letto il romanzo diS.C. Alder, che sì, è un autore italiano sotto pseudonimo. Avventure dei cinque regni è un libro per ragazzi, più middle grade che young adult, con una quest epic fantasy classica che vede per protagonisti quattro ragazzini, assortiti come si conviene in un party del genere: l’eroe improbabile, il paladino integerrimo, la maga imbranata, il bardo furbacchione. Non c’è niente in questo libro che non abbiate già visto decine di volte, ma tutto si svolge in modo estremamente pulito e onesto, per cui la lettura è confortevole e appagante. Quello che forse questo libro ha in più rispetto a molti altri affini è una certa ironia che pervade tutta la narrazione, concentrata in particolare intorno al pesonaggio del bardo. Forse avrei evitato prologo/epilogo con le divinità che si raccontano la storia, che mi sembra non aggiungano molto alla vicenda, ma è abbastanza indolore. Il finale lascia la porta aperta per dei seguiti, di cui però finora non ho trovato tracce. Forse dopo il primo libro la Grande Casa Editrice non ha ritenuto opportuno continuare la serie? Se è così, i feel you, fratello S.C. Voto: 7/10

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Published on August 11, 2025 04:08

July 15, 2025

Rapporto letture - Giugno 2025

La cosa bella di giugno è che segna la fine del mio impegno di lettura per il premio letterario di cui vi parlerò quando ne potrò parlare, e quindi mi sblocca molto spazio di lettura per altre cose che scelgo in autonomia. Il che non vuol dire che leggerò di più, figuriamoci.

Se seguite Reading Wildlife sapete già che l’ultimo episodio del podcast prima della pausa estiva lo abbiamo dedicato a balene e altri odontoceti, che è stata una mia iniziativa principalmente per incastrare la lettura di alcuni libri, tra i quali quello che più mi incuriosiva è Whalefall. La storia di Daniel Kraus segue Jay, un giovanotto con approssimativa esperienza di sub che si immerge per cercare le spoglie mortali del padre, sub leggendario suicida nel mare con cui ha sempre avuto un rapporto complicato. Com’è come non è, sto cristo finisce inghiottito da un capodoglio, e lì inizia la sua lotta per la sopravvivenza in una rappreseentazione letterale del “ventre della balena”. Ma non si tratta solo di un survival horror, perché Jay non deve soltanto uscire dalla bestia ma anche risolvere i suoi traumi, il che diventa complicato quando inizia a sentire la voce della balena, sorprendentemente simile a quella di suo padre. Avevo buone aspettative su questo libro, ma le ha anche superate, con una storia avvincente (segnata dal conto alla rovescia della pressione delle bombole) e personale, un conflitto potente e un protagonista fallibile, un messaggio profondo sul ciclo della vita e della morte. Curiosamente, presente anche molte affinità con il mio racconto Il canto della gigattera uscito più o meno l’anno scorso nell’antologia Hallucigenia, se possiamo considerare “affinità” un figlio che si fa ingoiare da una balena in cerca del padre disperso contro una famiglia di madri e sorelle e dall’interno della balena sente la voce del padre. Giudicate voi. Voto: 8/10

Avevo buone aspettative anche per Undrowned, un saggio pubblicato di Timeo di “lezioni di femminismo nero dai mammiferi marini” di Alexis Pauline Gumbs. Stavolta però sono rimasto fregato. Mi aspettavo nozioni naturalistiche interpretate in chiave femminista e intersezionale, che mi sarebbe andato molto bene, ma ho trovato un testo intriso di una retorica stucchevole, una roba da new age della middle class americana, quello che ti aspetteresti sentire da un maestro di yoga in Sex and the City. Una connessione con la natura forzata e performativa, una posa che si conclude nella parte finale del libro con gli esercizi di respirazione e autoaffermazione. Onestamente non l’ho finito. Sicuramente avevo capito male io. Indubbiamente mi ha irritato.

Se volete altri discorsi su balene e odontoceti, recuperate l’episodio:

Reading Wildlife Reading Wildlife #87 - Balene e leviatani nel mare e nello spazioNell’ultimo episodio prima della pausa estiva ci avviciniamo al mare con la solita dose di spensieratezza tra daddy issues, citazioni bibliche e balene solitarie… Listen now18 days ago · Angela Bernardoni

Ritengo Laura Marinelli una delle autrici più follemente geniali che si aggirano nel sottobosco del weird italiano, ho letto diversi suoi racconti, ho lavorato su altri e l’ho anche reclutata per il numero 3 di Specularia Dicarta. La sua scrittura è sempre evocativa e tagliente, ma a volte le idee le sfuggono un po’ di mano, e ha bisogno di essere un po “contenuta”. Il suo romanzo Organica mi ha dato un po’ quest’impressione: si tratta di una distopia affascinante, scritta con abilità e capace di suscitare reazioni davvero viscerali. L’atmosfera e la graficità però prevalgono sulla storia e l’integrità del mondo, che sottoposto a un minimo di analisi non sembra poter reggere. La distopia in cui le persone vendono i propri fluidi corporei per potersi permettere l’ultraconsumismo è uncanny e sulla carta funziona, ma quando poi viene mostrata perde di credibilità. Chiaramente l’intento non era quello di una distopia hard sci-fi in cui ogni elemento fosse perfettamente plausibile, e il messaggio allegorico è ben visibile, ma sono proprio le abbondanti spiegazioni sul funzioamento di questo mondo che spostano l’attenzione su un sistema che alla prova dei fatti non potrebbe reggere, perché non sembra portare vantaggio a nessuno. Rimane comunque un buon libro, ma che forse avrebbe funzionato meglio come una serie di racconti scollegati ambientati in questo mondo, senza il tentativo di una storia orizzontale che lascia troppo spazio per riflettere sulle incoerenze. Voto: 7/10

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Published on July 15, 2025 04:09

July 3, 2025

Tecnologie del futuro

Contro ogni pronostico, mi trovate su Urania.

In che senso?

Cioè che nell’antologia Tecnologie del futuro in uscita a luglio (e che sarà disponibile fino a settembre) ci sarà anche un mio racconto.

Ma come proprio tu, che vai in giro a dire peste e corna di Urania? Ti sei venduto così?

Ah, amico mio, magari fosse una questione di soldi. Magari.

In realtà il discorso è più complesso. Nel 2019 avevo partecipato al progetto di Marco Passarello per una raccolta di racconti basati su ricerche scientifiche in corso, che contenesse sia un breve abstact della ricerca che un racconto ispirato a questa. Era uscito quindi Fanta-scienza, pubblicato da Delos, che conteneva il mio racconto Nimby. In seguito è uscita una seconda raccolta di questo tipo, e la terza è quella attuale, che Passarello è riuscito a piazzare sulla collana da edicola Mondadori, coinvolgendo alcune delle autrici precedenti e anche nomi estranei al panorama della fantascienza italiana.

Il mio racconto Origami è uno dei più difficili che abbia mai scritto, un po’ per i paletti imposti dalla ricerca, un po’ perché ero in mezzo a un trasloco, un po’ perché volevo fare qualcosa di diverso da quello che ci può aspettare in una raccolta del genere. L’intenzione era quella di un racconto che fosse a suo modo anche “leggero”. Mi saprete dire se funziona.

Potete trovare Tecnologie del futuro nelle edicole, presumibilmente. Facile che non ce l’abbiano. Provate a chiedere. Probabilmente non capiranno. Sempre che ci siano edicole intorno casa vostra. Altrimenti c’è l’ebook, se proprio ci tenete. Io non giudico.

Iscriviti per dirmi se l’hai trovato in edicola

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Published on July 03, 2025 02:30

June 18, 2025

Rapporto letture - Maggio 2025

Siamo ancora a regime ridotto di letture, ma nonostante questo me la cavo ancora bene perché a maggio sono comunque riuscito ad aggiungere quattro titoli al carniere.

Iniziamo con una storia per ragazzi, in questo caso penso che sia meglio parlare di middle grade che di young adult, perché Michelle Cuevas ha scritto un libro dal linguaggio semplice e dal taglio avventuroso, che ha però dei risvolti profondi. The care and feeding of a pet black hole, di cui non citerò il titolo italiano tradotto, è la storai di una bambina che ha perso il padre astronomo e che nel tentativo di mettersi in contatto con lui si trova ad adottare un piccolo buco nero. Inizialmente cerca di tenerlo nascosto, cosa non facile visto che ingoia qualunque cosa intorno a sé, ma gradualmente capisce che può utilizzarlo anche per liberarsi delle cose che le danno fastidio, che odia, o che le fanno male. Come i ricordi e le promesse del padre. Seguirà avventura all’interno del buco nero per recuperare tutto quanto è stato dimenticato. Allegoria limpida, livello umorismo un po’ infantile, ma è pur sempre un libro per ottenni, regaz. Qualche lacrimuccia però la spreme. Voto: 7.5/10

Io non soche mi è preso che in questo periodo mi sono letto una sequela di raccolte di racocnti sul weird andante con mutazioni, gestazioni, ibridazioni e roba schifosa che se non la leggevo stavo meglio (vedi: Otis e Tidbek). Nel senso, non è che abbia una resistenza allo schifo bassa, però ci sono alcune tematiche particolari che mi suscitano un certo vacuore e tutto il processo che va dal concepimento alla nascita rientra tra questi e non ne voglio sentir parlare, a maggior ragione se quelle cose che incubate nei vostri uteri non sono propriamente umane (che già farebbe schifo) ma mostri, animali, bestie. Fortunatamente non Tutte le favolose bestie sono gravide e ci sono anche storie diverse, tutto comunque con una qualche attinenza con animali o creature di qualche tipo. Cartellino giallo per Priya Sharma che però dice qualche cazzatella quando parla di api e di come funzionano gli alveari. Voto: 7/10

Ho letto un fumetto. Ogni tanto succede, tipo una volta ogni tre anni. Per la verità questo mi è stato regalato, perché qualcuno ha pensato che leggere Cancheràs, che racconta della morte di cancro del padre dell’autrice, fosse per me una buona idea. A proposito di buchi neri, no? A quanto pare a maggio volevo proprio soffrire, tra padri e madri. Grazie Barbara Monti e Luca Ralli per il magone.

Se ti iscrivi ti arriva una notifica ogni volta che un libro mi fa piangere

E finiziamo la measta con Andymon, che ho letto a ridosso del Salone del Libro perché Angela e Karlheinz Steinmuller erano in italia in quel periodo e avrei dovuto presentarli. Si tratta di un cult della fantascienza tedesca premuro di Berlino, la storia di un’astronave in viaggio il pianeta Andymon per una missione di colonizzazione. O almeno così si deduce, perché in realtà all’equipaggio nessuno ha spiegato cosa devono fare. Anche perché sono bambini, che nascono in lotti di otto e vengono cresciuti ed educati dai robot e sistemi automatici della nave. Seguiamo il racconto di uno della prima generazione, che riferisce tutta la sua vita, dall’infanzia nel parco naturale della nave fino alla graduale scoperta dell’ambiente in cui vivono e della destinazione del viaggio. Poi si passa alla terraformazione e alla colonizzazione del pianeta, gestendo non soltanto il mondo ostile ma anche il rapporto con gli altri membri, con scontri ideologici e generazionali. Un libro davvero ricco e attualissimo nonostante i quarant’anni (dove è andato a ripescarlo Del Vecchio non si sa), che posa su solide basi scientifiche ma non si addentra troppo nel tecnico e rimane quindi accessibile. Un esempio di hard scifi profonda e universale, che non soffre di obsolescenza. Voto: 8/10

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Published on June 18, 2025 01:01

June 10, 2025

La Jihad Butleriana è appena iniziata

Nella lore di Dune c’è un evento determinante che viene spesso ignorato o sottinteso, perché viene considerato un semplice pretesto per l’ambientazione retrofururistica/spacemedioevo: la Jihad Butleriana.

La Jihad Butleria, avvenuta circa 10000 anni prima degli eventi di Dune, è la “rivolta dell’umanità contro le macchine pensanti”. È la ragione per cui nell’Imperium non ci sono computer ma solo meccanismi e tecnologie incapaci di calcolo: vanno bene gli ornitotteri e i motori spaziali, ma il pilota (o Navigatore) è sempre un umano che opera una strumentazione analogica. A livello superficiale può sembrare solo un modo con cui Frank Herbert si è liberato del problema di prevedere lo sviluppo dell’informatica (che nei primi anni 60 era difficile da concepire), ma in realtà si tratta di un paradigma fondante di tutto l’universo, un principio così forte che costituisce forse l’unico tabù a cui nessuno riesce a opporsi:

Non costruirai una macchina a immagine della mente umana

Il mondo di Dune è arrivato collettivamente a questa conclusioen e da 10000 anni, nonostante tutti gli stravolgimenti, non ha mai abbandonato questo principio. Navigatori, Mentat, Bene Gesserit, e la stessa Spezia hanno senso di esistere solo perché l’umanità ha rinunciato, cento secoli prima, ai computer.

C’è però un equivoco diffuso sulla Jihad Butleriana. I più la considerano una “guerra contro i robot” alla Terminator, uno scontro con le armi sul campo di battaglia con gli esseri umani da una parte e gli esseri artificiali dall’altra. Questa visione è stata tristemente alimentata dai prequel che raccontano proprio l’epoca della jihad, da poco tradotti in italiano nel volume Le Leggende di Dune, e dalla recente serie tv Dune: Prophecy. Ma le macchine pensanti non sono Skynet.

Pls don't read this book ;)

In realtà le informazioni sulla jihad sono piuttosto scarse nella saga originale, e arrivano solo dall’appendice del primo romanzo, da alcuni scambi di battute con la Reverenda Madre durante la scena del gom jabbar, e da sparuti riferimenti di Leto II nel quarto libro. Ma un indizio importante lo dà anche il nome stesso dell’evento: il Butler a cui si fa riferimento potrebbe essere Samuel Butler, scrittore e filosofo inglese del XIX secolo che aveva immaginato un’evoluzione incontrollata delle macchine, che era stata riproposta anche nel suo romanzo utopico-satirico Erehwon, in cui si assiste a uno scontro tra la popolazione che usa dispositivi meccanici e chi invece vuole abolirli del tutto1.

Da questi elementi si può ricavare la vera natura della Jihad Bulteriana immaginata da Frank Herbert: uno scontro tra le fazioni dell’umanità che si affidano o rigettano le intelligenze artificiali. Il che non vuol dire che sia stata solo una battaglia ideologica o legale, una guerra si è combattuta davvero, ma non si tratta di uomini contro macchine, ma uomini contro uomini per l’uso delle macchine.

I promotori della Jihad Butleriana intendevano porre fine all’uso pervasivo delle intelligenze artificiali, giudicandolo dannoso e per l’umanità intera. Le macchine pensanti fornivano una soluzione comoda ai problemi e si occupavano di tutte le questioni, e così l’umanità si è trovata gradualmente ma inesorabilmente a cedere ogni autonomia e liberàt di decisione. Non che le IA intendessero malignamente “schiavizzare” gli umani, semplicemente assolvevano il compito che era stato loro assegnato, così bene da rendere inutile l’impegno attivo e il miglioramento individuale delle persone, tant’è che in seguito alla rivolta tutta l’umanità si è concentrata a sviluppare i “poteri latenti” di mente e corpo. Un’idea peraltro esplorata anche in altri classici della fantascienza come Solo il mimo canta al limitare del bosco di Walter Tevis o I fabbricati di felicità di James Gunn, in cui l’umanità si adagia nella comoda assistenza dei robot pronti a soddisfare i suoi bisogni, fino ad affievolire ogni spinta di vitalità. Herbert è partito da questo scenario remoto (nel futuro dell’umanità ma anche nel passato della sua saga) e ha immaginato un moto di rivolta che vi si opponesse.

Questo è lo scontro che ha diviso l’umanità, portandola sull’orlo dell’estinzione. E questo è quello che stiamo iniziando a vedere adesso, con l’arrivo di quelle che oggi chiamiamo impropriamente “intelligenze artificiali”, riferendosi per lo più ai large language model come ChatGPT e affini. Strumenti che contraffanno la mente umana, proprio come diceva la Reverenda Madre, simulando una capacità di parola e di comprensione che non esiste.

Messo solo per il titolo e la copertina figa, ma ignoratelo

Il problema, come sempre con la tecnologia, non è lo strumento in sé, ma il suo utilizzo malevolo o peggio ancora inconsapevole. Grazie al loro design accondiscendente, questi tool hanno già sedotto in pochissimo tempo buona parte della popolazione, che si fida e si affida a essi senza alcun senso critico. Ormai la formula “ho chiesto a ChatGPT” quando si vuole dimostrare la validità delle proprie afferrmazioni è diventata di uso comune, ignorando il fatto che in molti casi un LLM è un oracolo tutt’altro che affidabile. Non si passa nemmeno più da Google, che era già un’operazione di documentazione attiva, per quanto semplificata, ma ci si fida di un output non verificabile, messo in forma di un finto dialogo. E questo soltanto per quanto riguarda ricerca di informazioni, ma ci sono tanti altri aspetti ancora peggiori come l’utilizzo di questi strumenti dallo studio al lavoro artistico, fino alla variante più pericolosa del supporto psicologico.

E il modo in cui questi tool sono imposti al pubblico, con integrazioni impossibili da aggirare, rende il problema sempre più pervasivo. Il divario tra chi è in grado di comprendere lo strumento e decidere consapevolmente se e quando usarlo, e chi invece lo subisce passivamente convinto dalla sua user friendliness, può solo aumentare. Da una parte gente assuefatta alle macchine pensanti, dall’altra quelli ostili. Non è una semplice paranoia luddista a muovere questi ultimi, come non lo era per gli zeloti della Jihad Butleriana: è il desiderio di mantenere intatte le proprie capacità di scelta e di critica, senza lasciarsi sedurre dalla strada più comoda degli assistenti servili.

È così che è iniziata la Jihad Bulteriana, e sessant’anni fa Frank Herbert lo aveva già capito. Ora dovete decidere da che parte stare. Bi-la kaifa.

Arruolati nella Jihad!

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Per una trattazione più approfondita di questi riferimenti, vedi I segreti di Dune di Paolo Riberi e Giancarlo Genta (Mimesis, 2024)

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Published on June 10, 2025 01:01

June 2, 2025

Doctor Who 15x08 - The Reality War

Se ci avete fatto caso, non avevo commentato l’episodio precedente (Wish World) perché aspettavo di vedere come si sarebbe conclusa l’intera storia prima di formulare un giudizio completo. Anche perché avevo la sensazione che nonostante le premesse intriganti (il mondo illusorio in cui si trovano il Dottore e tutti gli altri), la risoluzione non sarebbe stata soddisfacente. E infatti.

Se avevo trovato underwhelming e contraddittorio il finale della stagione precedente con la rivelazione e rapida archiviazione di Sutekh, stavolta siamo nella stessa situazione ma su una scala ancora maggiore, perché i setup sena payoff, gli sprechi e le incoerenze sono di varie magnitudini in più. Non voglio fare un rant continuo, per cui mi limito a elencare le cose che non sono accettabili in questa puntata, così la facciamo breve:

le Rani totalmente sprecate

Omega ridotto a un altro mostro in CGI che non ha nulla dell’originale e viene sconfitto senza nessun attimo di tensione

la signora Flood che rompe la quarta parete e si rivolge al pubblico

la Terra che nel futuro era distrutta ma non è mai stata in pericolo, veniva resettata ogni giorno non distrutta

metà episodio speso a salvare un bambina di cui non ci importa niente

Belinda archiviata come personaggio secondario che passa metà episodio letteralmente chiusa in una stanza, all’oscuro di tutto

Belinda ridotta al ruolo di madre, al punto che la sua intera vita viene riscritta (indipendentemente dalla sua volontà) per accomodare questa nuova storia

Belinda del futuro mai spiegata

Susan mai più menzionata

…devo davvero dire qualcosa sull’ultima immagine?

Salvo qualcosa di questo episodio? Alcuni attimi, alcune singole idee: tutta la questioen del “mondo dei desideri” era interessante e avrebbe potuto reggere da sola, senza bisogno di mettere di mezzo la Rani e Omega e la stramaledetta Poppy; la rivelazione che i Timelord sono infertili (che peraltro si riaggancia alla lore degli audiodrammi/romanzi) aggiunge un elemento importante su cui si sarebbe potuto costruire; la ricomparsa dell’hotel temporale, un piccolo deus ex machina simpatico ed efficace; il Dottore che sceglie di alterare l’universo per salvare una singola vita (anche se per chi segue l’episodio è insignificante); l’incontro con il Tredicesimo Dottore, che incredibilmente mi è sembrata quasi più nella parte di Gatwa (che probabilmente quando ha girato la scena era già con la mente altrove).

Ma per il resto mi rimane un gran senso di vuoto e di vacuo, arrivo alla fine dell’era del Quindicesimo Dottore con la sensazione di non averlo conosciuto davvero, nonostante l’interpretazione e il carisma di Ncuti Gatwa fossero perfetti per il ruolo (molto più di Whitaker, per dire). Nonostante due stagioni in media discrete, ho quasi l’idea che di lui rimanga ben poco di concreto, forse solo il meme dei suoi continui piantini.

E dell’immagine finale, anche con tutte le teorie e le speculazioni che ci si possono costruire intorno, non voglio nemmeno perlare, perché ho il timore che questa possa essere l’ultima immagine che avremo di Doctor Who, e non è un bel lascito. Con Disney che, a quanot ne sappiamo, si sfila dall’accordo e BBC non così intenzionata a portare avanti la produzione, senza nessuna conferma ufficiale di una stagione 3, potrebbe passare molto tempo prima che arrivi davvero altro DW. Nel senso di decenni, se pure mai. Stavolta, come mai prima d’ora, anche ai tempi di Chibnall, ho la sensazione che non ci sia più nulla da salvare.

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Published on June 02, 2025 02:01

May 28, 2025

Rapporto letture - Aprile 2025

Da questo mese e fino a tutto luglio, le mie letture in questi rapporti saranno più limitate perché sono impegnato nella lettura di una serie di libri per un premio letterario, di cui chiaramente non posso parlare per non influenzare la giuria, ma che mi occuperanno buona parte del tempo dedicato alla lettura. Poi recupererò al momento opportuno quei libri in un rapporto letture extra, ma se ne parla tra parecchi mesi, e per ora vi beccate solo queste.

Cominciamo col botto perché dopo averl puntato per anni ho finalmente recuperato Futurama e la filosofia di Courtland Lewis (che in realtà è il curatore, ha raccolto articoli scritti da altri autori, più un paio suoi) pubblicato in italia da Blackie, che come si può ben intuire raccoglie una serie di riflessioni ricavabili dalla miglior serie animata ever di cui mi pregio di essere il più preparato fan italiano. La lettura è sicuramente ricca di spunti e permette di riflettere sulle idee che stanno alla base di molti episodi, ma forse in un certo senso si rivolge a un pubblico più casual dei fan assidui come me, infatti le numerose citazioni e le ripetizioni di battute e scene di episodi mi sono sembrate quasi eccessive, visto che le avevo già ben presenti. Tuttavia è sicuramente un mio problema di iperspecializzazione, mentre per lettori/spettatori meno fanatici può risultare illuminante rispetto al valore di Futurama e alla preparazione dei suoi autori. Gli arogmenti toccati vanno dal libero arbitrio all’identità, dal sesso ai paradossi temporali, dalla libertà all’alimentazione, dai limiti della tecnologia alla morte. Rimane un volume di “filosofia pop” accessibile a tutti e che magari può risvegliare un po’ di voglia di Futurama, di cui non c’è mai abbastanza. Voto: 7/10

Lettura casuale che ho scovato non mi ricordo come, There Is No Antimemetic Division è una serie di racconti ambientati nell’universo della SCP Foundation (universo condiviso di scrittura alla X-Files, per intendersi), scritti nel corso di alcuni anni da qntm e qui raccolti in un uinco volume. Queste storie si concentrano in particolare sulla divisione antiemetica, ovvero quella sezione della SCP che si occupa delle entità che attaccano la conoscenza e la memoria, rimuovendo la propria stessa presenza dalla mente: gli antimeme, appunto. La questione è: come combatti un nemico a cui non puoi nemmeno pensare? Che ha già vinto appena ne diventi consapevole? I racconti sono interconnessi con alcuni protagonisti principali e giungono a una minaccia memetica cosmica, in grado di imporre la sua non-esistenza su tutta la civiltà umana… come probabilmente ha già fatto in passato, ma ops ce ne siamo dimenticati. Si tratta di storie ricche di idee, plot twist e mindfuck, ed è stata una delle letture più avvincenti dell’ultimo periodo. E non devo essere l’unico a pensarlo, perché questo libro (con opportune revisioni per sganciarlo dall’universo SCP) uscirà quest’anno pubblicato da Penguin, e le mie fonti dicono che arriverà anche in Italia. In compenso, per volontà dell’autore, i racconti originali rimarranno sul portale SCP, ed esiste già una miniserie su youtube che copre il primo arco narrativo. Leggetelo prima di dimenticarlo. Voto: 9/10

Vabbè, che vi devo dire. Questo è uno di quei libri che non ero sicuro di aver letto, nel senso che ne ho una nozione abbastanza solida, ma se ne parla così tanto che non ricordo più se la mia idea veniva dalla lettura del libro o soltanto dall’averne sentito così tanto. Di fatto non ho una copia precedente di questa nuova traduzione, ma la stessa cosa vale per molti libri ceduti tra un trasloco e l’altro, e non escludo che il me stesso passato potrebbe aver lasciato andare anche un Ursula K. Le Guin. Insomma, in ogni caso una rilettura ci voleva. E come mi è successo in tempi recenti quando ho riletto I promessi sposi, Dune, Solaris, anche con La mano sinistra del buio ho (ri)scoperto qualcosa di più grande di come me lo aspettavo. Di questo libro si è detto tutto e non serve che aggiunga io qualcosa, posso solo segnalare come un aspetto che sicuramente non avevo recepito (se davvero l’avevo letto) era l’importanza e la centralità dell’ambiente, di come il pianeta ghiacciato (non per niente si chiama Inverno) sia una componente essenziale della storia e del worldbuilding, cosa che me lo fa quasi paragonare a Dune in questo senso. Nuff said.

Io non sono il destinatario di questo libro. Avevo accolto con interesse la notizia della pubblicazione di Orbital, il romanzo di Samantha Harvey vincitore del booker prize e tradotto da NNE, ambientato sulla stazione spaziale internazionale. Ma leggendolo mi sono trovato di fronte a qualcosa di estremamente vacuo e asettico. Mi sembra a malapena classificabile come romanzo, nel senso che non ci sono “eventi” in questo libro, non c’è nient che succeda, solo questi astronauti piuttoso stereotipati che se ne stanno lassù a riflettere su come si sta bene nello spazio. Probabilmente il fatto di essere piuttosto abituato alle narrazioni di astronauti e stazioni spaziali mi aspettavo qualcosa di più, ma al di là del mio livello di patenza, qui mi sembra che manchi proprio del materiale. È una raccolta di suggestioni, un lungo tumblr narrativo che poteva durare venticinque pagine e trasmettere lo stesso mood. La scrittura è buona, evocativa e con qualche bella frase motivational, ma chiuso il libro si dissolve come polvere di stelle. Mi aspettavo ben altro, anche senza necessariamente dover spingere sulla hard scifi. Voto: 5.5/10

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Published on May 28, 2025 07:10

Unknown to Millions

Andrea Viscusi
Il blog di Andrea Viscusi since 2010

Libri, fantascienza, serie tv, Futurama, Doctor Who
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