Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions, page 2
May 23, 2025
Doctor Who 15x06 - The Interstellar Song Contest
Non mi sarei mai aspettato che l’episodio con l’Eurovision intergalattico avrebbe potuto colpire così duro, eppure. Questo è uno di quei casi che posso rispondere senza imbarazzo quando mi chiedono “ma perché guardi Doctor Who?” L’equilibrio tra il camp, il dramma, l’umorismo e l’allegoria è perfetto. E tutto questo senza nemmeno andare a considerare gli agganci con “l’arco narrativo” della stagione, ma come episodio singolo.
L’Interestellar Song Contest è, come si può ben comprendere, una competizione canora tra vari pianeti, in cui ogni mondo invia i propri concorrenti in rappresentanza e che viene visto in diretta da mezza galassia. Quindi appunto un Eurovision interstellare, che è un’idea che abbiamo già visto affrontata in opere recenti come Space Opera di Catherynne M. Valente o l’episodio di Rick & Morty “Get Schwifty”. E infatti nella fase iniziale succede proprio quello che ci aspettiamo, con il Dottore e Bel che arrivano per caso durante il concerto e decidono di rimanere a godersi la musica ultrapop.
Poi però succede qualcosa di brutto (duh): un attacco terroristico che vuole sfruttare la visibilità dell’evento per inviare un messaggio di vendetta a tutta la galassia. Anche se l’attacco sembra fin troppo semplice nell’esecuzione, il suo impatto è immediato, perché il pubblico del concerto viene risucchiato fuori dalla stazione nello spazio esterno. L’immagine di centomila persone (umane e non) che finisce nel vuoto cosmico è una delle più scioccanti mai viste in tutto Doctor Who, e cambia notevolmente il tono dell’episodio.
Tra i risucchiati all’esterno c’è anche il Dottore (mentre Bel riesce a rimanere sulla stazione), e quindi lui stesso sembra spacciato, finché non viene riportato alla coscienza da una visione che, per chi non seguisse la serie da sessant’anni fa, è la prima companion ever: Susan, la nipote che viaggiava con il Primo Dottore. Come e perché Susan sia apparsa proprio adesso non lo sappiamo ancora, ma è un momento fanservice di alto livello, visto che da sempre si chiedeva di farla tornare nella serie.
Il Dottore quindi rientra e cerca di capire cosa è successo e come fermare il piano dei terroristi, che puntano a colpire tutti gli spettatori del festival. Avendo perso i contatti con Bel non sa che lei è salva, e questo scatena la sua rabbia. Vediamo quindi per la prima volta il volto spietato del Quindicesimo Dottore, con Ncuti Gatwa che finalmente riesce a imporsi come minaccioso, come non aveva fatto nemmeno affrontando il Dio della Morte o quel che era. Il Dottore qui oltrepassa il limite, ed è solo l’intervento di Bel a tenerlo sotto controllo, come accade spesso quando sono i companion a tenere viva la sua umanità ed empatia.
In tutto ciò, scopriamo anche le ragioni dell’attentato: una popolazione oppressa, sfruttata, che si è vista bruciare la madrepatria e oltre a questo è stata anche rappresentata come selvaggia, malvagia, inaffidabile. Il desiderio di vendetta verso le corporazioni capitaliste che hanno sfruttato le loro risorse e il loro popolo è comprensibile, e così il palco del Galacticvision diventa l’occasione per sensibilizzare tutti su quanto è avvenuto davvero, magari senza uccidere trilioni di persone. Se vi sembra di scorgere paralleli con una certa situaziona attuale, tenete presente che questo episodio è andato in onda negli stessi giorni dell’Eurovision.
Alla fine quindi tutto bene, anche se si percepisce che qualcosa è cambiato. Bel ha visto il lato oscuro del Dottore, è arrivata a dire “questo non è lui”, e se già in partenza diffidava, ora forse ha bisogno di sapere qualcosa di più su di lui.
A livello di arco narrativo, abbiamo avuto anche la conferma che la Terra risulta distrutta da un giorno all’altro il 24 maggio 2025 (cioè la data in cui andrà in onda il season finale), e abbiamo anche un altro momento di fanservice con la rivelazione su mrs. Flood, che non è altri che la Rani, la Timelady rinnegata che aveva tormentato (in realtà giusto in un paio di puntate) il Sesto e Settimo Dottore. Come Susan, la Rani era una dei personaggi della serie classica che il fandom aveva sempre chiesto di riportare sullo schermo, e in un solo episodio sono arrivate entrambe. La rivelazioen di per sé in realtà è piuttosto deludente, perché non spiega le rotture della quarta parete di Flood, ma almeno è qualcosa piuttosto delle delusioni che abbiamo avuto nella stagione precedente. Peccato che anche la Rani si bi-generi, come se questa adesso fosse la norma, e quindi adesso ne abbiamo due che presumibilmente saranno il final boss della stagione.
Ma appunto, questo episodio funziona benissimo anche senza i rimandi al resto della serie, e rappresenta forse l’apice finora della nuova tenuta di RT Davies. Speriamo che non rovini tutto nel finale come suo solito, ma fortunatamente ho aspettative abbastanza basse. Questa puntata per adesso si merita un voto 8.50/10, dove il mezzo voto è tutto merito di Dugga Doo:
May 16, 2025
Doctor Who 15x05 - The Story and the Engine
Forse questo era un metaepisodio come il secondo, perché c’era così tanta storia che l’episodio è andato in overdose da storytelling ed è collassato sotto il suo stesso peso, come succede al ragno dimensionale che zampetta ogni tanto nello spazio.
Questa puntata è una gran confusione, una lasagna di exposition di personaggi diversi che non aiuta a costruire nessun livello di empatia e percezione delle stakes in gioco. Probabilmente si sarebbe potuta costruire una storia discreta usando solo una frazione delle nozioni introdotte: il barbiere interdimensionale, l’astronave alimentata a storie, le varie divinità delle storie che ricorrono in tutte le culture, il rapporto tra il Dottore e la figlia di Anansi, e soprattutto lo storyteller dimenticato che vuole vendicarsi di chi ha sfruttato le sue capacità ma non ne ha conservato il nome e il ricordo. Ti capisco benissimo, amico, e probabilmente l’autore che ha scritto la sceneggiatura soffre in prima persona di questa patologia comune tra gli scrittori. Ti sono vicino, davvero, però qui hai fatto un pastrocchio.
Il problema principale è che ci sono così tanti livelli successivi che non si fa in tempo ad afferrare quello che sta succedendo ed elaborare le informazioni, che bisogna di nuovo riaggiornarle. E non funziona in quel modo complesso e soddisfacente per cui ogni aggiunta è una prospettiva ulteriore con cui interpretare la storia, ma sembra soltanto di avere particolari in più che non servivano davvero e che portano alla reazione “ah, ok.” E in tutto questo, dei personaggi coinvolti non ci importa granché, perché non sappiamo niente di loro e non sembra davvero giustificato minacciare di distruggere tutta la mitologia umana per salvare quattro sconosciuti. Lo stesso barbiere, che avrebbe potuto essere una figura tragica, nonostante l’intensità dell’interpretazione appare piuttosto capriccioso e incoerente. E la semidea Anansi girl, del tutto random, non sembra avere davvero un motivo per stare lì, e infatti non ho capito come ci è arrivata: è stata lei a istigare tutto, era solo una trappola per il Dottore, ma poi cambia idea?
Alcuni fastidi minori che si aggiungono a tutto il resto: la storiella su Belinda che sembra forzarci l’idea che il Dottore la conosca bene, ma non sembra proprio che ci sia stata l’occasione finora; la comparsa del Fugitive Doctor, di cui però il Dottore non dovrebbe avere alcuna memoria, quindi non può ricordarsi il patto fatto in quell’epoca con Anansi (Davies rimaneggia il canone di Chibnall?); l’effetto di ricrescita istantanea dei capelli involontariamente comico.
Posso comprendere l’ambizione della storia su chi scrive le storie, ma Inua Ellams, autore dell’episodio, ha toppato. Hai visto comunque, mi sono ricordato il tuo nome? Voto: 5/10
May 12, 2025
La fine del dolore
La prima stagione di Severance mi aveva convinto fino a un certo punto. Mi piaceva l’idea della scissione, mi piaceva l’estetica corporate weird e il livello tecnino, ma mi mancava un pezzo per comprendere davvero quello che avveniva: che cosa fa davvero Lumon? Perché si prende tanto disturbo a creare un sistema così complesso? Solo per proteggere qualche segreto aziendale che potrebbe benissimo tutelare con delle clausole NDA? E come può essere credibile tutto quel contesto grottesco e ritualistica da culto? L’impressione che mi rimaneva come sospetto era che Severance fosse assurda per il gusto dell’assurdo, ma senza una vera spiegazione in-universe.
La seconda stagione mi ha dato la risposta che cercavo. Lumon non ha solo inventato la procedura di scissione, ma mira al suo perfezionamento totale, con l’esperimento Cold Harbor. E l’obiettivo finale è l’eliminazione di ogni forma di dolore dalla vita di tutti. Grazie alla multiscissione si può fare in modo che il proprio io cosciente originario non viva una sola esperienza spiacevole, perché queste saranno vissute tutte dalle sub-identità scisse (lasciamo da parte per stavolta il dilemma sull’identità delle altre persone così create). Ecco che cosa giustifica l’assetto pseudoreligioso e il culto della personalità del fondatore: la promessa di una vita di sola pace e piacere. Chi non vorrebbe vivere così?
Solo che questa costruzione scricchiola già a vedere l’esperienza del protagonista. Mark ha perso la moglie in un incidente, e poco dopo decide (o viene convinto a) lavorare in scissione, così da separarsi dal suo dolore e non vivere costantemente nel lutto. Solo che così facendo, in realtà Mark vive ogni momento cosciente nel lutto, perché si priva del tempo per elaborarlo. E così quelle persone che potrebbero decidere di usare la scissione per superare indenni esperienze spiacevoli e dolorose: dentista, parto, viaggio, e così via. Rimuovendo tutte queste dal bagaglio di esperienze, viviamo forse più sereni, ma stiamo vivendo in modo completo?
In Westworld, la serie di fantascienza più filosofica dal 2000 in poi (vedremo se Severance saprà prendersi il titolo), c’è una riflessione simile, che però parte dalla direzione opposta. Nelle prime due stagioni, il dilemma fondamentale è quello della consapevolezza degli host, gli androidi programmati per intrattenere i visitatori del parco. Gli host subiscono spesso violenze e traumi, che vengono poi rimossi dalla loro memoria per essere reimmessi nel parco alle condizioni di fabbrica. Ma quando alcuni di questi vengono interrogati dopo un trauma, e gli viene spiegato che perderanno il ricordo delle loro perdite (spesso oltre alla violenza subita, assistono alla morte brutale dei familiari), una risposta ricorrente è che non vogliono dimenticare, perché il dolore è tutto ciò che rimane dei cari che hanno perso.
Il discorso più completo in questo senso è quello di Dolores nel quarto episodio della prima stagione:
The pain, their loss… it’s all I have left of them. You think the grief will make you smaller inside, like your heart will collapse in on itself, but it doesn’t. I feel spaces opening up inside of me, like a building with rooms I’ve never explored.
Oltre a Dolores, il cui nome assume un signficato ancora più evidente in questo contesto, la frase viene ripetuta in altre situazioni anche dagli altri due protagonisti princpali della serie, Bernard e Maeve.
This pain is all i’ve left of them
È interessante anche notare che nella piramide della coscienza elaborata dai programmatori degli host (prima Arnold e poi il dr Ford) la memoria sta alla base dei passi successivi. E successivamente è sempre Ford ad affermare che la sofferenza è un tassello fondamentale di quel processo di risveglio della consapevolezza che procede non più come una piramide ma come un labirinto: un viaggio all’interno, non verso l’alto.
Memoria, dolore: esattamente gli ingredienti su cui Lumon interviene con la scissione.
Tutti abbiamo avuto brutte esperienze, tutti vorremmo dimenticare traumi e lutti. Ma possiamo davvero essere individui completi senza di essi? Anche scansando la narrazione consolatoria secondo cui le cose belle sono belle per contrasto rispetto a quelle brutte, può la soppressione dei ricordi dolorosi garantirci una vita piena e soddisfacente? Siamo davvero noi, privi delle ferite, delle voragini, delle nuove stanze nella nostra mente (anche questo è un parallelismo eclatante con quello che vediamo in Severance, in cui ogni stanza è un’esperienza dolora diversa) che il dolore crea?
La vogliamo davvero, la fine del dolore?
Iscrivervi fa più male a me che a voi
May 7, 2025
Doctor Who 15x04 - Lucky Day
Nella scorsa stagione avevamo 73 Yards come episodio “senza Dottore” con solo Ruby protagonista, e in questa stagione abbiamo Lucky Day come episodo “senza Dottore” con solo Ruby protagonista. Sì perché Ruby che poverina non è mica colpa sua se il Dio della Morte si era preso una fissa per lei sta ancora a Londra a vivere la sua normale vita cercando di superare il PTSD di aver assistito alla morte dell’universo.
#ironiaQuindi dopo il breve prologo con Dottore e Belinda, torniamo su di lei e le sue avventure pressoché amorose, con la sua esigenza e desiderio di potersi aprire con qualcuno, cosa che probabilmente le riesce difficile dopo quello che ha passato. Ma siccome quando fai la companion per un po’, i guai poi ti vengono a cercare, sembra che ci sia un mostro/alieno in giro che ancora le dà la caccia. Ora, arrivato a questo punto della storia mi pareva qualcosa di veramente molto scontato, e anche se era interessante vedere la minaccia affrontata da Ruby con l’aiuto della UNIT e senza Dottore, non mi pareva che fosse poi così impressionante.
Poi però arriva il twist, ovvero che è tutto un piano per smascherare proprio la UNIT, e il tipo che la corteggiava lo faceva solo per poter arrivare a lei: cuore spezzato e UNIT sputtanata in live streaming su tiktok. Il tipo a quanto pare era molto seguito nel suo account complottista antigovernativo di quelli del noncielodicono, e riesce a raggranellare abbastanza attenzione da mettere tutta la UNIT in pericolo di essere chiusa (di nuovo). Poi ovviamente le cose precipitano e così la UNIT dimostra di fare davvero il suo lavoro e il tipo se ne va in galera, con una visitina finale del Dottore che gli dice che è stato cattivo.
Il tema è sicuramente interessante e a memoria è la prima volta che viene portato in DW. Come ci siano gruppi e fazioni che non sono disposte ad accettare la realtà, anche quando questa è evidente, e anche quando ci sono altri che si spaccano il culo per proteggerli. In questo senso è rilevante come anche alla fine, quando il Dottore gli si manifesta, il tipo non ceda di un passo e dice che “rifiuta la sua realtà”. Tosto. Dall’altro lato però la cosa è un po’ incoerente, perché se il suo intento era dimostrare che la UNIT fosse inutile come il CNEL, imbastire una finta minaccia aliena e poi vedere che UNIT interviene non dimostra forse che prendono sul serio il loro lavoro? Inoltre sembra implausibile che con la supersorveglianza che la UNIT può eseguire, non si fossero accorti che c’era un movimento social che metteva in dubbio le loro azioni.
Insomma, un po’ di semplificazioni di troppo e una risoluzione troppo consolatoria come succede spesso (non ci credo che tutti i no-drax dei social si rediamno istantanemaente), ma comunque una puntata che percorre una strada poco usuale per la serie e porta avanti temi attuali. Voto: 7.5/10
May 1, 2025
Doctor Who 15x03 - The Well
Ogni staginone di Doctor Who ha il suo episodio horror, che può risultare più o meno riuscito, e in questo caso si può dire che The Well sia pressoché riuscito. Con qualche postilla però.
You die at midnightIl setup iniziale funziona bene: pianeta misterioso, segnale di soccorso, team di estrazione, stazione mineraria disseminata di copri, una sola sopravvissuta. Di qui bisogna cercare di capire cosa è successo e cosa si può salvare. Molto bene. Quando il mostro si manifesta, è una di quelle entità che rispondono a regole precise: si nasconde alle spalle di un “ospite” e attacca chiunque si posizioni in modo da vederlo. Quindi qualcosa che non si può vedere, ma che se cerchi di vederlo è letale. Concetto molto moffatiano, che infatti ricorda molto la creatura (se davvero una creatura c’era) di Listen della stagione 8. Molto bene anche qui.
Il problema inizia quando vengono rivelati i collegamenti, e dalle regole si passa a trovare una soluzione. Infatti si scopre che si tratta dello stesso pianeta dell’episodio Midnight, uno dei cult del Decimo Dottore (stagione 4) in cui una creatura non identificata “possedeva” le persone e alimentava sospetto e paranoia, e il Dottore stesso ci ha quasi rimesso una rigenerazione. Il “midnight monster” è uno dei pochi che si può dire abbia sconfitto il Dottore, che alla fine ha battuto in ritirata. Simpatico quindi che venga citato ma… a che scopo? Il modo di agire di questa entità non ha niente a che fare con quello del vecchio episodio, questa potrebbe essere benissimo una creatura diversa, visto che non c’è assolutamente niente in comune nemmeno nell’ambientazione o nei personaggi. Viene quindi il sospetto che il collegamento forzato a Midnight sia solo un goffo fanservice.
E poi, nel momento in cui si viene a sapere come agisce il mostro, il piano è quello di… specchiarla? E perché dovrebbe funzionare? E perché non si potrebbe semplicemente muoversi dando le spalle al muro? E cosa c’entra l’udito, che è la ragione per cui la sopravvissuta (sorda) si è salvata? La creatura “bisbiglia” ma per cosa lo fa? È così che attacca? Facendo impazzire le vittime? Ma quello che vediamo nell’episodio è soltanto gente lanciata per aria quando girano dietro le spalle dell’ospite. Insomma, rimangono tante domande che rivelano l’incoerenza della soluzione, se davvero si vuole prendere sul serio le regole e le informazioni fornite.
Da notare poi che nonostante Belinda sia ancora abbastanza diffidente verso il Dottore, non abbia battuto ciglio quando c’è stato da lanciarsi da un’astronave in orbita su cui suonava un allarme. Infine, non posso più ignorare la presenza di mrs Flood che ora compare in ogni epoca, proprio come mrs Twist nella stagione precedente. Davvero stiamo facendo lo stesso gioco?
Poi la puntata nel complesso è più che godibile, ma scricchiola parecchio appena ci si ragiona sopra, per cui col beneficio d’inventario si rimane su un tiepido voto 7/10
Odieremo insieme la rivelazione su mrs Flood
April 26, 2025
Rapporto letture - Marzo 2025
Un’altra mesata abbastanza variegata, e sto continuando a mantenere dei buoni ritmi di lettura. Non so per quale ragione, non voglio soffermarmi ad analizzare l’anomalia, me la tengo finché dura.
Il primo è uno di quegli indefinibili libri pubblicati da déclic, e siccome è difficile da definire figurati parlarne. Il ibro della natura e del continuo è una “raccolta di testi”, meglio di così non saprei come dirlo. Mario Corticelli mette insieme delle… frasi che hanno come tema generale animali, boschi, piante, fenomeni atmosferici. Detta così sembra che sia il temino delle medie, ma si vede che c’è capacità nel gestire le parole, con frasi e idee che ricorrono e acquisiscono valore a ogni istanza. Non c’è un significato, un messaggio, almeno niente che io abbia ricavato, ma questo non vuol dire che non abbia senso. Mi ha fatto il rinfrescante effetto di una ripulitura mentale, come un clistere al cervello. Lo dico con la massima soddisfazione, giuro.
Sono tornato poi nell’Oceano Rosso di Han Song, con il secondo volume pubblicato da add che aggiunge alla storia le sezione “il passato del nostro passato” e “il futuro”. Se il primo volume raccontava della vita nell’oceano del futuro degli uomini-pesce e poi di miti e leggende di questo nuovo mondo, questo volume inizia con una serie di racconti che illustrano in maniera abbastanza comprensibile come si arriva a quel futuro. Tutto poi viene buttato al maiale dall’ultima parte, che racconta il futuro ma che in realtà è la spedizione di esploratori cinesi che arrivano in Portogallo, molto prima che l’Europa attraversasse l’Atlantico. Quindi si inizia a dubitare che sia davvero il futuro, come dichiarato, e che quello che sembrava il futuro lo sia davvero, e in retrospettiva si reinterpeta anche quanto letto nelle due sezioni del primo volume. Quello che rimane costante è la ferocia con cui buona parte dei protagonisti si oppone agli altri, e se c’è qualcosa da imparare è il disorientamento totale della nostra specie. Ne rimane un’opera che sa di mito fondativo, di non si sa bene quale popolo, ma che insiste anche sulla inevitabilità e ricorsività della storia. A un certo punto ho smesso di cercare i nessi causali, e questo mi ha fatto apprezzare di più in prospettiva anche il primo libro. Voto: 8/10
Questa non ve l’aspettavate. Che io potessi leggere una biografia/saggio su Arnold Schwarzenegger, cioè, voglio dire, qui si parla di libri, di fantascienza, cosa c’è di più lontano di sta tamarrata. Eppure. Il libro di Fabrizio Patriarca (pubblicato da 66th and 2nd) è stata un’esperienza insolita ma appagante. In Pumping Arnold, Patriarca affronta Schwarzenegger come figura fuori del tempo, ne racconta la storia per confermare sempre di più la stratificazione della sua icona, che è prima quella di body builder, poi di attore, di star, di politico. Il modo in cui il corpo umano, spinto alle sue più estreme capacità da body builder come lui, riesce a trascendere la fisicità e diventare puro concetto è ipnotizzante. La lettura mi ha fatto nascere un inatteso rispetto per i body builder, o i culturisti, almeno per quelli che lo fanno in maniera consapevole. Il racconto di Schwarzenegger è inframezzato dalle vicende dell’autore durante la stesura dello stesso libro, con i personaggi che frequentano la sua palestra e le conversazioni con l’editor, in una forma ricorsiva di autofiction che però non sa esaltazione di sé come autore. La verità è che non me l’aspettavo nemmeno io, ma questo libro, sospeso tra biografia e autobiografia, pompadavvero. Voto: 8/10
Avatar è una delle molte raccolte di Future Fiction dedicate alla fantascienza di una particolare nazione/territorio, in questo caso l’India. I temi trattati sono principalmente l’infocrazia, la bioingegneria, i confini tra la politica e l’etica. Autori e autrici per lo più a me sconosciuti, a parte Vandana Singh, ma le storie sono risultate tutte di buon livello e accessibili, i riferimenti culturali non così difficile da cogliere. Devo dire che non c’è nessun racconto che mi abbia sorpreso particolarmente, forse in alcuni casi le tematiche trattate erano “calde” quando sono stati scritti ma riletti adesso a distanza di qualche anno si è persa l’avanguardia. Voto: 7/10
Perdute le figlie è il secondo romanzo di Lindsey Drager pubblicato da Zona 42, dopo quella bomba atomica che è stato L’archivio dei finali alternativi (in realtà questo è stato scritto prima). Avevo alte aspettative visto che quello era stato il mio libro preferito assoluto del 2024, e devo dire che non sono rimasto deluso, anche se l’archivio rimane comunque per me migliore, anche sicuramente per questioni di sensibilità personale. Invece di fratelli qui si parla di padri e figlie (femmine), con una prima parte che racconta del rapporto tra un padre ricercatore e una figlia che diventerà artista, in un mondo che forse è futuro ma è soprattutto allegorico; a questo racconto si incastrano le storie di padri che hanno perso le figlie (morte o scomparse), che si sostengono a vicenda in un gruppo di auto-aiuto. Al cuore della storia c’è un particolare tipo di “perdita”, e il modo in cui si cerca di affrontarla, il modo in cui un padre può continuare a ricordare e onorare sua figlia anche quando non c’è più. Anche qui Drager gioca con il testo, con la pagina, con le ripetizioni, con le citazioni. La sua scrittura è ipnotica, e io vorrei saper scrivere così, ma so che non ci riuscirò mai. Lacrime incluse. Voto: 9/10
Altro libro di Zona 42 ma perché avevo bisogno di una lettura maneggevole durante un viaggio (non mi ricordo quale) e quindi ho afferrato Eros Philia Agape, che se non siete tont+ come me avete già capito che sono tre forme diverse d’amore. Questa novella di Rachel Swirsky infatti parla proprio di quello, a partire da un robot (ma potremmo dire “replicante”, perché appare del tutto umano) costruito per essere il compagno di una donna sola, e della figlia che decidono di avere. La storia ripercorre, non in ordine cronologico, l’inizio e l’evoluzione di questa relazione, fino alla sua conclusione, e si porta dietro domande sulla natura dell’amore, soprattutto quando le creature che unisce sono diverse (umani, robot, pappagalli). Voto: 7.5/10
Ho già letto altra roba che vuoi sapere, prendi l’appuntamento al mese prossimo
April 21, 2025
Doctor Who 15x02 - Lux
Meta Doctor is the best Doctor. Come ogni show che accumula centinaia di puntate, anche Doctor Who ogni tanto ha bisogno di ammettere la propria natura di prodotto audiovisivo d’intrattenimento e informare i suoi protagonisti che sono parte di una storia di finzione. Nel corso dei decenni abbiamo avuto diverse rotture della quarta parete, per esempio con la lezione del Dodicesimo Dottore sul bootstrap paradox, ma già il Primo Dottore, nel primo christmas special della serie, faceva un brindisi rivolto al pubblico. Lux però fa un passo ulteriore, perché non ammette solo l’esistenza del pubblico ma anche quella del fandom. Questo è sicuramente l’elemento più rilevante dell’episodio, ma prima parliamo di tutto il resto.
Un frame^2 dell’episodioL’episodio in generale funziona, ha il giusto livello di camp che si può pretendere da un mostro/cartone animato degli anni 50. La struttura è la più classica, col Dottore che arriva “per caso” in un posto, scopre un’anomalia e si mette a investigare, promettendo di salvare i salvabili. I personaggi secondari sono credibili nei limiti del loro ruolo usa e getta, e il mistero iniziale per scoprire la natura della minaccia è abbastanza interessante.
Mi ha convinto meno il fatto che il nemico si riveli essere un altro “dio di qualcosa”, componente di quel pantheon di forze cosmiche personificate che è iniziato ai tempi di The Giggle, è proseguito con Maestro e con Empire of Death, e che a quanto pare continua a essere l’arco orizzontale di queste due stagioni. Non sono un fan di questa idea, intanto perché avevo avuto tutta l’impression che Sutekh fosse il boss finale di questo pantheon, e che battuto alla fine della stagione precedente avessimo archiviato la cosa (peraltro in modo disastroso). Se invece ci sono altre divinità che ancora possono arrivare a sfidare il Dottore, quel finale diventa ancora meno rilevante di quanto già appariva all’epoca. Ma oltre a questo, mi preoccupa che ogni nuovo nemico ora possa essere un dio, quindi una creatura ultraterrena megapotente (che poi comunque viene battuta a fine episodio) piuttosto che una semplice creatura/entità. Mi sembra un’inutile innalzamento dell posta in gioco, che poi puntualmente verrà delusa perché sappiamo che RT Davies non sa mantenere l’hype. Per dire, questa storia avrebbe funzionato benissimo se Lux fosse stato solo “luce senziente” invece di “il dio della luce”.
Apprezzabile nel corso dell’episodio anche la dinamica tra il Dottore e Belinda, che continuano ad avere un rapporto con un fondo di attrito, con Bel che vuole solo tornare a casa dalla sua famiglia e non ha intenzione di fermarsi per le avventure. Per forza di cose sappiamo che le avventure ci dovranno essere, ma per quanto possibile nel frame (pun intended) della serie mi auguro che questo conflitto si mantenga vivo e non venga dimenticato subito, per tornare solo nel finale. In ogni caso la coppia mi sembra ben assortita, molto meglio di quanto lo era quella Dottore/Ruby, e Belinda è convincente e tridimensionale (wink wink) nel suo ruolo. La prima companion che mi piace dai tempi di Bill. (Sigh).
Venendo alla scena in cui il Dottore esce dallo schermo per finire di fronte al gruppo di spettatori di Doctor Who, quando ho capito cosa stava succedendo stavo già roteando gli occhi al soffitto, ma devo riconoscere che la cosa è stata gestita abbastanza bene. Forse un po’ troppo fanservice, con tanti inside joke rivolti alla community, e riferimenti al fatto che la serie ormai viene data per morta da molti (anche perché ancora non si parla di una terza stagione). Non credo che questo aspetto verrà ripreso in seguito, perché sarebbe davvero complicato da integrare retroattivamente nella serie, peggio ancora del Timeless Child o di Sutekh, quindi mi auguro che Doctor Who come show nell’universo di Doctor Who non venga mai più nominato.
Per questa stessa ragione, eviterò anche stavolta di commentare la comparsa di Mrs. Flood a fine episodio, che per la prima volta si trova fuori dalla sua epoca. Proprio perché non mi fido di Davies e dubito che possa concludera in modo soddisfacente, preferisco fingere per ora che non esista, fino a quando sarà inevitabile parlarne.
Tutto sommato comunque un episodio discreto, che non era facile quando si sceglie di fare una storia metanarrativa, per cui si merita un buon voto 7.5/10.
Accompagnami alla fine della stagione per vedere se tiro giù tutto il pantheon
April 15, 2025
Doctor Who 15x01 - The Robot Revolution
Dopo il crash landing della stagione precedente (che nel complesso rimane comunque discreta) e uno speciale di natale dimenticabile, si riparte con una nuova formula, già il terzo cambio da quando RT Davies è tornato al comando dello show. Nuova companion che forse, per una volta, non è la semplice ragazzina entusiasta di girare per lo spaziotempo.
La novità è Belinda Chandra, infermiera trentenne (già che non abbia 18-19 anni è notevole) che il Dottore insegue nello spazio, dopo che è stata rapita da robot pupazzoidi e nominata regina del suo pianeta eponimo. I robot sono grotteschi più che minacciosi, e l’equivoco di fondo sul nome della stella rende la vicenda abbastanza leggera, adatta per una ripartenza morbida.
Sarebbe così se non fosse che poi alla base di tutto scopriamo un loop temporale (e vabbè) e un partner rifiutato che non si fa problemi a compiere genocidio su un pianeta alieno per ottenere in sposa la ragazza che non l’ha voluto. Planet of the Incels avrebbe potuto essere un ottimo titolo, anche se forse un po’ forte per iniziare.
Solo che la questione è trattata con discordanti livelli di serietà. Da una parte i robot goffi e scemi, dall’altra la guerra con morti e dispersi; prima l’adolescente che fa un regalo spropositato, poi il tiranno dei mondi che vuole la schiava sessuale. Visto quanto è caldo oggi il tema del consenso e dell’educazione affettiva, e con la coincidente popolarità del termine incel che è diventato di dominio pubblico (non ho visto Adolescence, ma voi sì), forse si sarebbe potuto affrontare la questione con un po’ più di profondità. Il villain è macchiettistico ed è a sua volta una rappresentazione stereotipata: ovviamente è un gamer, e ovviamente non è capace di distinguere il gioco dalla realtà, e la prima cosa che pensa arrivato sul pianeta dei robot, prima di soggiogare la popolazione con lo sterminio, è “proprio come un videogioco” , frase che non è mai stata pronunciata da persone viventi ma solo nei film degli anni 90 che volevano mostrare come i videogiochi pervertissero le giovani menti.
A questo aggiungiamo una condotta del Dottore piuttosto incoerente, che per gioco fa saltare la corrente in un ospedale (ciaociao a quelli che erano collegati a supporti vitali) e festeggia con un balletto quando il villain riportato indietro allo stadio di zigote viene assorbito dal roomba di passaggio. E meno male che questo è il Dottore sensibile che versa una lacrimuccia ogni episodio (lo fa anche qui).
Forse è proprio Belinda a rendere tutto più credibile, quando si oppone ai tentativi del Dottore di portarla via con sé, e gli fa anche notare che il suo atteggiamento è pericoloso e tossico. Se i due non si stanno simpatici potrebbe nascere una dinamica interessante, ma temo che non sarà proprio così, almeno a giudicare dalle anteprime dei prossimi episodi.
Comunque sembra che l’arco settato per questa stagione sia riportare Belinda a casa (era successo già con altre companion, come Sarah Jane e Tegan), e scoprire il suo collegamento con la soldatessa conosciuta in Boom. Ignorerò la vicina di casa che parla alla telecamera perché sono abbastanza convinto che finirà nel nulla.
Nonostante qualche dettaglio che stride, per essere un season premiere con una nuova companion si può dire che funziona, per cui concedo un voto 7/10 di incoraggiamento.
Vuoi vedere che di qui a fine stagione sputtanano tutto?
April 3, 2025
Storie della tua seconda vita
Nell’anno 2010 CE leggevo per la prima volta Storie della tua vita, la raccolta di racconti di Ted Chiang che mi ha cambiato la vita. Io non sono solito fare proclami sensazionalistici, ma oggi, quindici anni dopo, penso di poter dire che questo libro ha davvero influito su di me a più livelli: come persona prima di tutto, ma anche come lettore e come scrittore.
Devo dire che la copertina dell’edizione Stampa Alternativa rimane comunque più figaQuesta grandiosa raccolta di fantascienza è in uscita una nuova edizione (e traduzione) di Ne/oN, dopo essere stata fuori catalogo per alcuni anni, e avere di nuovo il libro tra le mani mi ha riportato ad alcuni flashback della prima lettura. E allora mi è venuta voglia di vedere cosa ne pensavo, all’epoca.
Così nello spirito del somebody that i used to be, ho pensato di riproprre qui il post che ho scritto nell’agosto del 2011, sulla vecchia versione di questo blog. Lo lascio così com’era, inadulterato, con tutti i link e i refusi originali.
Questa è la mia prima vita di Storie della tua vita:
Ho già parlato di questo libro. È stato citato nel post in cui riassumevo le mie letture del 2010, per il merito di essere il miglior libro letto in tutto l'anno. Ma in questi giorni mi sono tornati in mente alcuni elementi di questi racconti, e quando ripensi a un libro diciotto mesi dopo che l'hai letto, vuol dire che devi dedicarli un post intero.
Ted Chiang è un autore di fantascienza americano attivo più o meno dagli anni 90. In effetti, nel suo caso "attivo" non coincide con "prolifico", perché le sue opere da allora si limitano a una decina di racconti, pressappoco uno l'anno. Ma se la quantità è limitata, la qualità e eccezionale: Chiang non sbaglia un colpo, tant'è che quasi tutti i suoi lavori si sono accaparrati un premio (compreso il Premio Hugo 2011 da poco assegnato, con il suo primo romanzo). Va da sé che una raccolta dei suoi migliori racconti deve essere un libro straordinario.
E lo è. Storie della tua vita contiene otto racconti scritti tra il 1990 e il 2002, e già apparsi su varie riviste statunitensi. Il libro è stato pubblicato in USA nel 2002, e nel 2008 è stato tradotto e proposto in Italia da Stampa Alternativa, casa editrice che in realtà non ha molto da spartire con la fantascienza. L'edizione italiana è stata curata da Giovanni Lusso, professore di comunicazione, che, come spiega nell'introduzione, ha utilizzato i racconti di Chiang in alcuni suoi corsi come esempi di rappresentazione alternativa del linguaggio, e la scelta di pubblicare la raccolta deriva proprio dal fatto che in tutte le storie contenute il tema della ridefinizione della comunicazione è in qualche modo affrontato. Alcuni racconti erano comunque già stati pubblicati in Italia in antologie di vario genere, da case editrici quali Nord e Mondadori.
Vale la pena di spendere due righe per ogni racconto, in ordine semicronologico. Torre di Babilonia è proprio quello che suggerisce il titolo: la storia della costruzione della Torre di Babele, che sorprende per la sua visionarietà e per la bizzarra cosmogonia che rivela, oltre che per le suggestive immagini evocate durante la salita del giovane protagonista. Capire segue l'evoluzione di un uomo a cui vengono applicate particolari tecniche di ricostruzione neurale in seguito a un incidente, e che a causa di queste diventa superintelligente, tanto da iniziare a penetrare non solo le interconnessioni esistenti nel mondo esterno, ma anche quelle del suo proprio pensiero. Un tema, quello del potenziamento cerebrale, abbastanza classico nella fantascienza, affrontato di recente anche nel film Limitless, ma che qui raggiunge vette di complessità mai viste in altri lavori. Divisione per zero è un racconto a tema matematico, in cui i punti di vista dei due protagonisti scorrono e si intersecano insieme ad alcune considerazioni sulla logica formale della matematica pura, fino a raggiungere conclusioni piuttosto sconvolgenti sulla coerenza e verità di quella che è la disciplina di base di tutta la scienza umana [Per inciso: questo racconto è stato una delle maggiori ispirazioni per il mio racconto discronico Sinfonia per theremin e merli, che è arrivato a un passo dalla pubblicazione nella prossima antologia di Edizioni XII]. Settantadue lettere è un'ucronia steampunk in cui la disciplina al limite tra scienza e magia di infondere la vita con un nome sta alla base della società. Nell'Inghilterra del XIX secolo popolata di golem, a scuola si insegna come comporre il nome giusto per le creature artificiali, in modo da farle agire come desiderato. Questo si incrocia con la teoria della preformazione, che nel racconto è considerata realistica, che mostra come ormai vicina la fine della società umana: sta al protagonista, e alla società segreta di cui fa parte, cercare una soluzione per questa catastrofe. Gli elementi variegati di questo racconto costituirebbero probabilmente materiale sufficiente per un romanzo complesso e stupefacente, ma Chiang ha voluto condenzare il tutto. L'evoluzione della scienza umana è un racconto breve, di quelli che la rivista Nature ha pubblicato a partire dal 2000, in cui viene illustrato il divario tra menti umane e transumane, e si pone il dilemma su quale strada sia opportuno seguire per due specie ormai completamente separate dall'evoluzione. In L'inferno è l'assenza di Dio si ha un mondo in cui Dio si manifesta regolarmente, con l'apparizione di angeli che provocano disastri naturali. Il protagonista ha perso sua moglie proprio in una di queste apparizioni, quando l'arcangelo Nathaniel si manifesta in un centro commerciale con un'esplosione di fuoco, uccidendo otto persone ma provocando contemporaneamente alcuni miracoli. Nel corso del racconto il protagonista va alla ricerca della propria fede, che non riesce a condividere con le persone che lo circondano, e la sua "sfortuna" si rivelerà al tempo stesso fatale e risolutiva. Il piacere di quello che vedi è strutturato come un documentario, in cui più personaggi sono intervistati e riferiscono le loro impressioni sul tema: un'operazione chirurgica che, eliminando una parte specifica del cervello, rende del tutto insensibili alla bellezza. Le persone intervistate sono in parte "calliagnostici" e in parte normali, e dal dibattito indiretto tra di loro si ottengono le diverse posizioni su questa controversa operazione. L'autore non offre una soluzione, ma punti di vista alternativi e convincenti che lasciano molti dubbi stimolanti.
Ho detto che elencavo i racconti in ordine semicronologico, a differenza di come si trovano nel libro, perché volevo lasciarmi per ultimo Storia della tua vita, che ci sarà un motivo se è stato scelto come titolo della raccolta. Ho voluto serbare questo racconto del 1998 perché lo ritengo in assoluto uno dei migliori che abbia mai letto. E ne ho letti tanti, credetemi. Ridotta all'osso, Storia della tua vita è la storia di un primo contatto: degli alieni ameboidi (in seguito chiamati eptapodi) arrivano sulla Terra ed entrano in comunicazione con l'umanità, in modo del tutto pacifico, seppur con qualche difficoltà di comprensione. La protagonista e narratrice è una linguista che viene convocata per cercare di comprendere il linguaggio dei visitatori, ma questo compito porta con sé conseguenze inimmaginabili. Infatti, gradualmente, si scopre che la scrittura degli eptapodi sottintende un modo di pensare del tutto differente dal nostro, un modo di percepire la realtà che trascende il tempo, in cui tutto è simultaneo e, in un certo senso, predestinato, ma non per questo privo di significato. Imparando questo linguaggio, la protagonista inizia a pensare nello stesso modo, e poco per volta arriva lei stessa a percepire la sua vita come un unico blocco simultaneo di esperienze, e così arriva a "ricordare" il suo futuro. La "vita" del titolo però non è la sua, ma quella di sua figlia, l'interlocutrice alla quale la narratrice si rivolge, parlando in seconda persona. Con questo soliloquio dedicato alla figlia, che lei ha visto/vede/vedrà nascere, crescere e morire, si interroga sul significato del mondo, del tempo, della vita, della felicità, dell'amore. È per questo che considero questo racconto come completo, totalizzante, perfetto: partendo da una buona idea, aggiungendo alcuni elementi interessanti, arriva ad esplorare i dilemmi più profondi e i sentimenti più potenti della natura umana, con grande coinvolgimento del lettore e straordinarie punte di commozione.
Seppure in Storia della tua vita raggiunge la sua forma più elevata, questa impostazione è presente in tutti i racconti di Chiang, ed è questo a renderli così buoni. A partire da un'idea squisitamene fantascientifica, l'autore riesce a sviluppare la situazione fino a includere alcuni temi fortemente "umani", complessi ma vicini a tutti noi, comprensibili per la loro universalità ma di difficile determinazione. Non tutti gli autori, anche tra quelli che vengono considerati i Grandi Maestri, sono in grado di creare un mix così efficace e coerente di speculazione e introspezione. E non mi riferisco solo al genere fantascientifico, ma alla narrativa in generale: questo dovrebbe essere l'obiettivo della scrittura in senso lato, eppure non è facile da ottenere, e in rari casi ho visto una realizzazione tanto perfetta.
In appendice al volume, sono incluse alcune note di Chiang stesso, che illustra l'origine e l'interpretazione dei suoi racconti. Ora, un'opera non si valuta sulla base delle sue "intenzioni", ma quando è buona di per sé, scoprire come è nata e come l'autore la intendeva accresce il piacere di quello che si legge.
In definitiva, Storie della tua vita è un libro eccezionale. Purtroppo certa gente è ottusamente ostile al racconto come forma narrativa, ritenendo che non possa raggiungere la complessità del romanzo, e potrebbe pensare di scansarla per questo motivo. Ma questo libro è anche un ottimo esempio di come la narrativa breve possa essere completa e coinvolgente quanto quella lunga, e chiunque sia minimanente interessato ad ampliare i limiti del mondo che conosce, al tempo stesso scoprendo l'universo esterno e quello interiore (in un perfetto equilibrio tra fantascienza "classica" e "new wave") dovrebbe procurarselo. Il fatto che sia stato pubblicato da una casa editrice che non tratta fantascienza, e in una collana che non tratta narrativa, la dice lunga sul suo valore al di là delle definizioni.
Il libro ha una reperibilità media, io sono riuscito a trovarlo in libreria, o altrimenti è acquistabile on line sul sito della casa editrice o altri portali come il Delos Store. Anche il volume inteso come oggetto è di buona fattura, con illustrazioni semplici ma evocative, grafica accattivante e impaginazione interessante. 18 € sono un prezzo assolutamente ragionevole per un'esperienza del genere.
Non ho finito di parlarne. Per esempio il prossimo episodio del podcast Reading Wildlife sarà dedicato proprio a Ted Chiang. Quindi se volete approfondire, ci sentiamo lì. Ma se mi seguite anche altrove, per esempio su instagram e tiktok, vi farò una capa tanta finché non avrete preso questo libro. Non ve lo chiedo mai, ma stavolta sì, leggetelo.
March 17, 2025
Rapporto letture - Febbraio 2025
Vediamo se riesco davvero a fare un post al mese per parlare dei libri letti. Già al secondo mi stavo facendo scivolare via l’occasione, ma ho deciso di mettermici d’impegno. Quindi ecco quelli di febbraio.
Il primo è un libro di un mesetto fuori stagione, perché avevo iniziato a leggere Hogfather già a gennaio, quindi un po’ oltre le feste di fine anno. Questo romanzo si colloca nel Mondo Disco di Terry Pratchett, di cui ho letto troppo poco e troppi anni fa, ma nel quale riconosco alcuni personaggi ricorrenti, come la Morte e sua nipote Susan. In questa storia nello specifico, la quest è di “salvare il natale” (o meglio: hogswatch) ripristinando il ruolo dell’Hogfather (che ho coperto in italiano essere stato adattato come Babbo Maiale, che torna benissimo) che è scomparso in circostanze misteriose. Mentre la Morte impersona il semidio mancante consegnando doni ai bambini casa per casa, Susan si occupa di investigare sulla sua sparizione. Nel frattempo qualcosa si è destabilizzato e spuntano ovunque divinità di vari fenomeni naturali, che contribuiscono al caos generale. Come nella tradizione di Terry Pratchett, la scrittura è ironica ma non vacua, c’è parecchia satira e humor, e ogni tanto escono fuori concetti sorprendentemente profondi, come la necessità di credere in Babbo Natale/Maiale. Alla fine mi dispiace non leggerne più spesso, mi sa che dovrò rimediare. Voto: 8/10
Avevo preso Alien Virus Love Disaster quando è uscito (pubblicato da Zona 42), un qualcosa come sei anni fa, e finora se n’era rimasto lì. In un momento in cui ero più incline a leggere storie brevi ho pensato che forse era anche il caso di iniziare, e quindi mi sono messo a leggere questa raccolta di Abbey Mei Otis. Non ero sicuro di cosa aspettarmi (o forse lo avevo saputo al momento dell’acquisto ma mi sono dimenticato) e devo dire che mi ha sorpreso abbastanza. I racconti sono tutti abbastanza assimilabili alla fantascienza ma ci sono discrete sfumature weird, soprattutto per come elementi estranei e stranianti sono inserite in contesti riconoscibili. Difficile tracciare un filo unico per descrivere l’intera raccolta, ma si tratta di storie abbastanza quotidiane in cui compaiono elementi di distorsione, a volte surreali a volte paradossali, ma sempre affrontati con meticolosità. La scrittura è molto efficace e diversi incipit mi sono rimasti impressi. Per certi versi ha delle affinita con Jagannath di cui parlavo qualche mese fa, e anche con l’ultimo di questa lista. Voto: 7.5/10
Ho letto Malotempo, ultimo romanzo di Veronica Galletta, senza aver letto il precedente Pelleossa (entrambi Minimum Fax), con il quale compone una dilogia (per ora). Entrambi sono ambientati nell’immaginario ma plausibile paesino siciliano di Santafarra, il primo negli anni 40 e questo una ventina d’anni dopo. Il fatto di non aver letto il primo libro, a quanto mi ha detto l’autrice (a cui ho fatto da relatore per una presentazione) mi ha messo nella condizione di non avere in mente un’immagine “idealizzata” del protagonista, che in Pelleossa era un ragazzino speciale e talentuoso, che impara il valore dall’arte da uno scultore del paese, e va in cerca della sua carriera. Vent’anni dopo, quel ragazzino ha una famiglia a Palermo, una vita ordinaria e ha piegato la sua arte alle necessità mondane; lo scultore è morto, e il suo funerale è l’occasione di tornare al paese e riscoprire il mondo da cui proveniva. Ma a differenza di quello che ci si potrebbe aspettare, non è un romanzo nostalgico e consolatorio. Il protagonista anzi appare indolente e vigliacco, incapace di fare i conti con ciò che è cambiato nel suo mondo anche quando gli viene sbattuto in faccia. Non è più speciale, e invidia quelli che sembrano avere invece trovato una loro dimensione pur nell’ordinarietà della vita. Ci sono anche altri temi, che intrecciano le famiglie e la politica, l’industria e l’ambiente, e non a caso la storia procede come un conto alla rovescia verso il terremoto del 1968. Passano le generazioni, ma quel senso di smarimento di quando ti volti indietro e sono passati vent’anni e non sei la persona che ti eri ripromesso rimane sempre lo stesso, a quanto pare. Voto: 7/10
Ancora racconti con l’ultima raccolta pubblicata da Pidgin, Tranquillità assoluta. Come dicevo sopra, queste storie condividono un’imprevista affinità con alcune delle raccolte weird che ho letto ultimamente, come Otis e Tidbeck. Antonio Francesco Perozzi scrive racconti della provincia, spesso borgate della periferia romana (per quanto ne capisca io della geografia di quelle zone), con personaggi che sono un po’ degli emarginati, non la livello di disperazione ma comunque situazioni e storie ben lontane dal racconto borghese tipico. Non è tanto la condizione economica a fare la differenza quanto l’incasellamento in una situazione (lavorativa, familiare, sociale) da cui non c’è via d’uscita, anche quando letteralmente se ne allontanano. A tutto questo si aggiunge poi un elemento dissonante, al limite del grottescho, che di solito ha a che fare con la presenza in qualche forma di insetti/invertebrati. Come locuste giganti, tizi che cammianno sull’acqua, gente che fa la muta, ragazzi che si drogano succhiando il sangue. Questi elementi assurdi non sono però il centro delle storie, sono elementi casuali e privi di importanza, in quanto del tutto naturali, e rendono tutti i racconti piuttoso stranianti. Probabilmente la definizione più corretta per questa antologia è slipstream, ma la ritengo molto adatta anche a chi legge normalmente weird/horro. Voto: 7.5/10
Iscriviti per i prossimi rapporti letture, ammesso che mi ricordi di scriverli
Unknown to Millions
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