Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions, page 6
May 19, 2024
Doctor Who 14x01 - Space Babies / La stazione spaziale dei bambini
Togliamoci subito il dubbio: lo so che la chiamano "stagione 1" affermando il fatto che questo sia un reboot, ma non prendiamoci in giro, non è davvero così e quindi qui proseguiremo la numerazione precedente, per cui questa diventa la stagione 14.
È però importante tenere presente che di fatto questa si propone come una "stagione 1" e quindi questa in pratica è una season premiere. Lo si nota dalla lunga introduzione con cui il nuovo Dottore spiega a Ruby i rudimenti della sua lore: Timelords, Tardis, viaggio nel tempo e nello spazio, eccecc. Naturalmente per chi conosce già DW tutto questo è superfluo, ma non risulta troppo pesante ed è giustificato dalla presenza a bordo della nuova companion.
Arrivando all'avventura vera e propria, personalmente posso dire che l'ho detestata. Non per la storia in sé (che ha i suoi problemi) ma perché ci sono dei neonati parlanti. E mi dispiace, io lo trovo uncanny alla massima potenza, non riesco davvero a vederli come cute o come divertenti: sono terrificanti e basta. Partendo da questo punto, è difficile riuscire a empatizzare con il resto della puntata, ho comunque provato a seguire tutto con distacco come se non fosse uno film dell'orrore.
Possiamo dire che la storia è effettivamente sciocchina, ma sappiamo bene che DW è anche questo: il camp è uno dei valori che la serie esprime al meglio, quando vuole, grazie anche a una lunga tradizione di scenografie implausibili e prop fatte in casa. Va bene così, lo amiamo per questo. Semmai, il dubbio è più sulla conclusione, che diventa eccessivamente melodrammatica, percorre territori già visti (quante creature erano "l'ultime della loro specie", anche ignorando il Dottore in sé, e sono state quindi infine risparmiate?) ma lo fa in maniera didascalica, senza davvero portare a una rivelazione o risoluzione autentica. Si arriva al finale wholesome senza davvero guadagnarcelo, ma solo perché il Dottore è di buon cuore (e questo Dottore, pare che lo sia più del solito).
Niente da dire sul Dottore in sé come personaggio e performance, certo dobbiamo ancora conoscerlo, ma l'interpretazione di Ncuti Gatwa è abbastanza caratteristica e personale, e finora è sembrato credibile e anche riconoscibile rispetto agli altri. L'assortimento con Ruby funziona... forse anche troppo. Considerando che si sono conosciuti letteralmente ieri nella cronologia della serie, sembra che siano fin troppo affiatati e in confidenza, e Ruby stessa è quanto mai disposta ad accettare l'incredibilità di ciò che la circonda senza porsi troppe domande. Ovvio che avere la companion che chiede continuamente cosa succede risulta noioso, ma così sembra invece di avere a che fare con qualcuno che già faceva questo di mestiere.
In definitiva, un episodio nel range del mediocre, certo non brutto ma nemmeno brillante. E forse qualcosa di azzardato per essere considerato "season premiere" visto che spinge un po' troppo in quella campiness che da DW ci si può aspettare, ma che forse non è digeribile da tutti gli spettatori, soprattutto quelli che la trovano come primo impatto. Voto: 6/10
March 11, 2024
Rapporto letture - Gennaio/febbraio 2024
Iniziamo a ristabilire la tradizione dei rapporti letture anche per il 2024, ovvero il 15esimo anno o giù di lì di blog. Che noia. Comunque, un inizio di anno abbastanza sorprendente, con alcuni titoli di livello e altri meno prevedibili ma mediamente interessanti.
Volevo leggere la novella di Amal El-Mohtar e Max Gladstone da tempo, ma stavo rimandando al momento più adatto, ed è stato il tragitto andata e ritorno a Viterbo per una presentazione. Sapevo già un po' cosa aspettarmi da
Così si perde la guerra del tempo
perché ne avevo sentito parlare, ma nonostante questo è riuscito comunque a coinvolgermi ed emozionarmi. Gli scambi epistolari contrapposti alle esperienze delle due protagoniste, la contrapposizione tra le fazioni e il modo in cui dalle provocazioni si passa alla comprensione profonda fanno di questo racconto una spirale travolgente. Forse le dichiarazioni d'amore a un certo punto si fanno un po' teatrali, e il plot twist finale non è del tutto un twist (o almeno, io che forse sono un po' sgamato sui paradossi temporali l'avevo intuito), ma sono sbavature minime in un lavoro di grande livello. Uno dei migliori esempi di storia d'amore in ambito fantascientifico. Voto: 8.5/10
Per staccare nettamente ho poi letto il romanzo di un autore italiano (anzi pistoiese) pubblicato da Polidoro. Il libro di Riccardo Romagnoli è quanto di più lontano potrebbe esserci dalle mie solite letture, perché si avvicina pericolosamente all'autofiction e si concentra poi sulla vita di un artista tanto emarginato quanto bohemien della Firenze degli anni 60. Ho letto
Cuore in esploso
perché mi era stato proposto di fare da relatore per la presentazione del romanzo (cosa che sta avvenendo sempre più di frequente, vedi sotto) e se il mio approccio era scettico, alla fine devo dire che ne sono rimasto se non altro sorpreso. La narrazione è limpida, serrata, e i personaggi sono veri, feroci. Non ci si sofferma su considerazioni morali ma si riporta le cose come sono, e in certi casi è inquitante vedere come erano. Il percorso artistico del protagonista (raccontato dal narratore che l'ha conosciuto e parla anche di sé in prima persona) è senza dubbio interessante e pone quesiti profondi sul valore dell'arte e il ruolo dell'artista. Sono convinto che per chi ama questo genere di racconti "di vita vissuta" possa essere una lettura di grande impatto, personalmente è piuttosto lontano da quello che cerco nella lettura quindi pur riconoscendone alcune qualità non posso dire che mi abbia sconvolto. Voto: 6.5/10
Torniamo nel confrotevole alveo della fantascienza con un tema classico del genere, le abduction.
We Are the Ants
è un romanzo che utilizza il meccanismo dei rapimenti alieni per esprimere il disagio di un adolescente che deve capire cosa fare della sua vita, dopo che il suo ragazzo si è suicidato, i bulli lo prendono di mira (e uno di questi lo sfrutta come amante) e la sua famiglia va a rotoli. Gli alieni offrono al ragazzo la possibilità di salvare la Terra dall'imminente distruzione, se lui sceglie di farlo, e nel corso dei mesi di narrazione dovrà trovare la ragione per evitare la fine dell'umanità. La storia di Shaun David Hutchinson non si occupa certo di raccontare l'esobiologia degli alieni o le loro motivazioni, quello dei rapimenti è un pretesto per mostrare l'isolamento e l'inadeguatezza del protagonista, che soffre di terribili violazioni personali e non viene creduto. Che è poi un tema ricorrente nelle narrazion sulle abduction, cosa di cui abbiamo parlato anche in un episodio del podcast. Chi cerca storie di invasioni e battaglie con gli extraterrestri gli stia pure alla larga, perché qui ci si concentra principalmente sui traumi e le relazioni. Voto: 7/10
Torniamo poi all'ultima tornata di Nodi di Zona 42, con il racconto Trofeo di Emanuela Cocco, che anche questo ho avuto occasione di presentare e ho descritto come "Toy Story in casa di un serial killer". La novella viene presentata come un thriller/horror, perché raccontata dal punto di vista degli oggetti appartenuti alle vittime di un assassino di donne, tuttavia lo scopo della storia non è quello di creare suspense o tensione riguardo il mostro e la sua cattura, quanto di mostrare il lato nostalgico di questo legame tra gli oggetti e i loro proprietari uccisi, il che può apparire paradossale se ci si ricorda che si sta parlando di corpi smembrati e seppelliti in giardino. Se quindi i temi trattati sono forti, viscerali, la delicatezza e il ritmo della scrittura inducono quasi a provare pena (se non addirittura tenerezza) per il killer, senza arrivare però a romanticizzarlo come avviene spesso nei tanto seguiti prodotti true crime. Voto: 8/10
Ci stava a questo punto un'immersione nei classici e così mi sono rispolverato un testo di Alexandre Dumas. Forse vi stupirà sapere che in gioventù mi sono letto e goduto assai tutto il ciclo dei tre moschettieri, quindi tornare a leggere il suo romanzo "minore" Il signore dei lupi mi ha trasmesso una certa familiarità per il modo di raccontare. Questa storia è una delle poche di Dumas che contiene elementi soprannaturali, in questo caso in buona sostanza un patto col diavolo da cui il protagonista può ottenere di realizzare i suoi desideri che però lo portano su una strada di continua perdita e perdizione. Come ci si può aspettare da Dumas, il racconto è abbondante di descrizioni, digressioni, considerazioni del narratore, e ironia. Naturalmente chiunque si approcci sa quello che potrebbe aspettarsi, per cui non sto a fare troppi disclaimer sul fatto che è una narrazione molto lontana dai canoni attuali. Voto: 7.5/10
Avevo rimandato la lettura dell'ultimo romanzo di Alessandro Forlani da troppo tempo, e quindi mi sono preso qualche giorno per
Non tutti certo moriremo
. Ora, di Forlani io ho letto tutti i romanzi di ambito scifi e li ho sempre trovati notevoli. Mi rendo conto che non è un autore facile da leggere, bisogna in qualche modo "sbloccare" la sua poetica come lo si fa con Dick, e faccio un nome non a caso perché questo è sicuramente il libro più dickiano che abbia mai scritto. Non è un romanzo unico ma frammentato, singoli episodi che compongono un mosaico di personaggi tra loro interconnessi ma senza un arco narrativo definito, singole storie di apocalissi personali in una realtà che perde i suoi riferimenti temporali e cognitivi. Ci sono tanti riferimenti ad altri suoi romanzi, così come satira profonda e sottile verso molti settori, dai media all'insegnamento, dalle istituzioni all'editoria. Siccome i singoli episodi sono scollegati, l'ho letto dalla fine verso l'inizio, e ha comunque funzionato. Come sempre con Forlani, non so se consigliarne la lettura. È uno di quei libri di cui è difficile identificare il pubblico ideale, perché può far parimenti incazzare chi legge fantascienza (che non è nemmeno così vistosa) così come chi legge generalista. Quindi fate voi. Dimenticavo, è scritto in ottonari. Voto: 8.5/10
E per ultimo un altro libro letto per presentare l'autore Claudio Pozzani, che forse è il personaggio più editorialmente illustre che mi è capitato di conoscere finora, visto che è fondatore e direttore del più grande festival internazionale di poesia italiano, tradotto in 14 lingue e collaboratore per vari progetti con gente come Jodorowky e tanti altri che nemmeno conosco. Il che mi ha messo un po' in difficoltà quando mi sono dovuto approcciare al libro sapendo che poi ne avrei dovuto parlare, anche perché io di poesia so quello che mi hanno insegnato a ragioneria e temevo che questo romanzo ne facesse ampio uso. Al contrario, Confessioni di un misantropo è scritto in prosa asciutta, funzionale e immediata, che si concede solo qualche metafora, e procede spedita a raccontare a posteriori l'ascesa e caduta della "dittatura dei creativi", un regime che nel 2030 prende il potere e governa per otto anni, sovvertendo l'ordine sociale e istituzionale e combattendo (o più spesso: mitragliando) lobby, burocrati, raccomandati, pigri, e così via. La misantropia del titolo emerge sicuramente quando il protagonsita, unico sopravvissuto del quadriumvirato che ha messo in opera il golpe, arrivato alla fine della sua vita concede un'intervista in cui conferma la fedeltà in tutti i principi che hanno sostenuto la dittatura, che voleva scardinare valori quali la "dignità del lavoro" e imporne di nuovi come l'arte e la bellezza. La storia segue l'intervista e viene intervallata da flashback della rivoluzione e momenti personali del protagonista, che ha dovuto infine cedere al ritorno del solito sistema interiorizzato dalla popolazione, in una sorta di dittatura al contrario, che non opprime da fuori sui corpi ma da dentro nelle anime. Le idee ciniche ed estreme sono estremamente accattivanti, e nonostante il protagonista sia un personaggio volutamente sgradevole si finisce gradualmente per empatizzare con lui, tuttavia ho trovato che la storia avrebbe potuto dare più spazio a mostrare i cambiamenti imposti alla società, per farci credere che davvero si stava meglio "qvando c'era lvi". Poiché l'unica esperienza che facciamo della dittatura dei creativi è quella raccontta quarant'anni dopo, in mondo del 2070 che per la verità sembra molto quello del 1994. Sarà una mia deformazione professionale, ma quando vedo spunti fantapolitici e potenziali rivoluzioni innescate dalla tecnologia (visto che l'uso dei robot come forza lavoro è un punto cruciale del programma), mi piace sempre vederli in opera, cosa che qui mi è mancata. Rimane comunque un libro provocatorio che va volutamente contro le convenzioni del buon costume e le derive del politicamente corretto, cosa che ogni tanto è rinferscante. Voto: 6.5/10
January 6, 2024
Doctor Who Christmas Special 2023 - The Church on Ruby Road
E così dopo aver salutato il breve ma intenso 14° Dottore (ma l'abbiamo salutato davvero?) siamo pronti alla prima avventura di Quindici, interpretato dal giovane e brillante Ncuti Gatwa che abbiamo avuto modo di vedere già in azione in The Giggle.
Come molti episodi che introducono una nuova companion, anche questo si concentra principalmente su di lei, facendoci conoscere la sua vita e quotidianità prima di far irrompere il Dottore a salvare e/o sconvolgere le cose. Conosciamo quindi Ruby, orfana abbandonata davanti a una chiesa la viglia di natale, e adottata da una donna che si occupa di bambini abbandonati e se ne prende cura fin quando non vengono dati in affidamento. Abbiamo quindi fin da subito il mistero sulle origini di Ruby, che viene evidenziato anche dall'insistenza con cui si mostra la persona sconosciuta che lascia la neonata davanti la chiesa,e considerando che il Dottore era presente e non coglie l'occasione di scoprirlo, si può pensare che diventerà rilevante più avanti (ma potrebbe anche non esserlo: il Dottore potrebbe anche pensare che in fondo non importa, come è avvenuto per lui).
L'avventura è decisamente un monster of the week, con i monster che sono mostri più letterali del solito, infatti si tratta di goblin che goblinano, facendo dispetti, mangiando bambini e viaggiando con galeoni volanti, che li puoi anche giustificare dicendo che sono astronavi che viaggiano nel tempo (anche se non è proprio viaggio viaggio nel tempo), ma sempre goblin rimangono. Non è certo la prima volta che DW prende dei semplici mostri e li usa senza troppe spiegazioni, e questo non è un problema visto che a volte sono gli alieni a comportarsi da mostri quindi tanto vale non fare nemmeno finta. Interessante lo spunto delle concidenze e della sfortuna come concentrazioen di potenziale da sfruttare, anche se mi sembra che si sia espresso ben poco oltre la motivazione per cui i goblin volessero mangiare proprio quella bambina (e d'altra parte non spiega perché la sfortuna di Ruby passasse anche agli altri).
Certo, c'è pure il momento musical. Che, devo dire, sono riuscito anche ad apprezzare. Credo che sia la prima volta che il Dottore canta. Si è visto ballare qualche volta, ma a mia memoria dal 1963 non aveva mai cantato, quindi sfruttare il talento di Gatwa per un pezzetto musicale non è una cattiva idea (ammesso che non diventi una cosa frequente, eh). Da apprezzare anche la prontezza di Ruby che riesce ad assecondare il groove senza preavviso, vero spirito di avventuriera. Semmai, ho il dubbio che mettere una sequenza del genere in quello che è il reboot della serie potrebbe confondere un po' di gente sulle intenzioni e i mezzi di DW... sempre che non sia davvero previsto un cambio di tono così deciso. Staremo a vedere.
La parte "drammatica" dell'episodio dura poco e non è niente di troppo complicato né originale, la solita timeline alternativa brutta che il Dottore si adopera per abortire. La sua reazione mi è sembrata fin troppo teatrale in queto caso, forse Gatwa deve ancora calibrare il personaggio quando è serio piuttosto che piacione. Notevole che la soluzione per liberarsi dei goblin sia impalare il loro re sul campanile di una chiesa, a dimostrazioen che questo Dottore non ha poi grandi scrupoli a trucidare creature viventi e senzienti, che peraltro avevano anche apprezzato la sua musica.
Dopodiché il Dottore ci fa il solito abbocco di far finta di andarsee da solo ma comunque rimane lì ad aspettare Ruby. Momento "bigger on the inside" e si vola. Tutto bene, tranne quell'ultima battuta che rompe la qurata parete e fa sospettare sull'identità della vicina di casa, sulla quale si sono già accumulate le teorie: Rani, Susan, River, Master, Ruby stessa. Personalmente credo che non ci sia una risposta, nel senso che potrebbe essere tranquillamente solo una battuta senza conseguenze così come un setupo generico da tirare fuori all'occorrenza per poter dire poi tra tre anni "visto, avevamo programmato fin dal primo episodio il ritorno di xyz!". Insomma, credo che per adesso non abbia senso specularci sopra, perché non c'è una risposta definita.
In definitiva, un episodio sicuramente gradevole e un'ottima performance dei due nuovi protagonisti. La coppia Gatwa-Gibson sembra già molto affiatata, per cui mi aspetto una buona continuazione della stagione 14 (o 1bis, se preferite). Non so però se questo fosse stato il mio primo episodio di DW se avessi pensato che sarebbe valso la pena continuare, ma forse solo perché sono vecchio e cinico. Voto: 6.5/10
January 4, 2024
Rapporto letture - Novembre/dicembre 2023
Ultimi colpi del 2023 per un anno di letture che tutto sommato posso considerare soddisfacente. Se da una parte ho scoperto libri che mi sono piaciuti in modo inatteso, dall'altra ho avuto anche modo di godermi la lettura in compagnia di qualche schifezza, mantenendo saldo il contatto con la parte trash dell'editoria. Per un recap più specifico dei libri migliori e peggiori dell'anno vi rimando all'episodio del podcast, mentre qui adesso parliamo degli ultimi libri dell'anno.
Il primo libro che leggo di Tullio Avoledo è il suo primo romanzo. Avevo trovato L'elenco telefonico di Atlantide nella sua prima edizioni al salone del libro, ed essendo lui un autore che volevo scoprire ho pensato che fosse il momento di leggerlo. Devo dire che mi ha sorpreso, forse perché avevo aspettative diverse... in realtà non so bene cosa mi aspettavo, qualcosa di più "letterario" e meno "popolare", invece mi sono trovato con un thriller storico soprannaturale davvero godibile, una lettura che mi ha ricordato certe cose che leggevo in adolescenza di Michael Crichton, o anche Wilbur Smith, o certi Stephen King. La vicenda quotidiana del protagonista sconvolta da forze più grandi di lui che in qualche modo coinvolgono divinità egizie e nazisti (i nazisti ci stanno sempre bene) è avvincente e un efficace page-turner, tipologia di narrazione a cui di solito sono abbastanza refrattario ma che qui mi ha preso bene. Ci sono anche dei limiti, un protagonista forzatamente sopra le righe, dialoghi un po' troppo da film action, finale che non chiarisce del tutto la vicenda e in l'epilogo assolutamente non necessario (al limite del "era tutto un sogno"). Inoltre come dicevo più nel dettaglio nel video sul canale, si sente davvero tanto il cambio di sensibilità dal 2003 a oggi non solo per come sono trattati certi argomenti (battute omofobe e razziste) ma anche per la struttura e lo svoglimento della storia. Ciò non impedisce di godersi la storia ma forse sarebbe più difficile da proporre a un pubblico contempraneo. Voto: 7/10
Siccome poi era da tanto tempo che non leggevo qualcosa del mio mentore Christopher Priest, mi sono preso uno dei libri che avevo in attesa da anni e ho letto il suo prequel/crossover di La guerra dei mondi e La macchina del tempo di H.G. Wells, The Space Machine. Priest è stato davvero abile a scrivere una storia come l'avrebbe scritta Wells in quell'epoca, con lo stesso tipo di narrazione e di struttura (e avendo letto molto altro di Priest, so bene che normalmente non scrive così, quindi è una scelta deliberata). La storia è quella di due giovanotti che un po' per caso si trovano sbalzati sulla macchina del tempo e finiscono su Marte (anche se ci mettono un po' a capirlo), e vivono sul pianeta abbastanza da scoprire i preparativi per l'invasione della Terra. Seguono quindi i marziani e cercando di fermarli, unendo le forze con lo stesso Wells e convergendo quindi verso il finale che già conosciamo della guerra dei mondi. Un romanzo godibile se si è appassionati delle storie classiche di HG Wells e della sua protofantascienza, con momenti carichi di tensione ma anche lunghe descrizioni di città, marchingegni e relazioni umane. Simpatico il modo in cui Priest ha sovvertito la damsel in distress, con questa damigella vittoriana che rifiuta le avance del gentleman, anche quando si trovano in situazioni di estremo pericolo (comunque alla fine scopano). Voto: 7.5/10
Dopo due romanzi lunghetti avevo voglia di qualcosa di più breve e quindi ho ripescato un'antologia che avevo sugli scaffali da tempo,
Nostra Signora degli Alieni
, una raccolta di racconti di "fantareligione" di autori italiani (uso il maschile esteso perché appunto, sono tutti uomini tranne una) curata da Walter Catalano e Gian Filippo Pizzo. È stata una tragedia. Molti racconti sono davvero miseri nel concept (viaggi nel tempo, gesù un varie salse, divinità che si rivelano, roba che va bene per i primi racconti che scrivi a dodici anni), in molti casi la scrittura è appena sufficiente e si percepisce spesso quel tocco di male gaze e oggettificazione della donna che non manca mai nelle raccolte boomerone. Alcuni racconti sono brevissimi ma anche senza alcun nucleo, per esempio quello in cui un giornalista va su una stazione spazione e scopre che c'è un altarino di san nicola; that's it. Ci son due-tre racconti meritevoli (Kremo, Carducci/Fambrini, Ricciardiello), gli altri vannod al mediocre allo scadente. Voto: 5/10
Altro racconto breve nell'ultima settimana dell'anno è stata
L'impronta
, uno degli ultimi Nodi di Zona42 di Andrea Cassini. Cassini l'ho già letto ed editato in altre occasioni, quindi so di potermi fidare della sua scrittura, in questo caso la sua narrazione è affidata tutta a personaggi non umani, animali che popolano un bosco (chiamato appunto "impronta") e che vedono il loro territorio in pericolo per le attività umane. Io sono sempre un po' scettico con gli animali antropomorfizzati nei pensieri, per cui mi ci vuole un certo sforzo di fiducia per seguire una storia basata su quesa premessa, ma superato questo ostacolo (che credo sia una sensibilità molto personale) dire che la storia funziona. Non si tratta di un racconto basato sul plot, è più un racconto corale con le voci e le esperienze di animali diversi che devono scegliere se e come cambiare, perché come dicono "gli animali non cambiano". Forse la dicotomia "natura buona / uomini cattivi" è un po' semplicistica, ma si sente che viene proposta per rispetto nei confronti di una parte del pianeta che spesso ignoriamo. Voto: 6.5/10
Infine, terminato proprio il 31 dicembre, abbiamo l'ultimo esponente del viaggio nel self del 2023, ovvero Fabio Suraci con il suo romanzo fantasy, primo volume di una serie di x,
Melissa e il popolo Celdi
. Si tratta di un middle grade piuttosto classico, con protagonista ragazzina predestinata che finisce un un altro mondo e qui fa cose e vede gente. Tutto sommato funziona, ma ha qualche problema piuttosto evidente. Il primo è la lunghezza e la prolissità: un buon 30% della storia è tagliabile, soprattutto la prima parte, antecedente all'arrivo nel mondo fantastico, in cui seguiamo la protaognista e la sua famiglia e la sua amica e la sua scuola in una serie di eventi di cui non ci interessa niente e che non hanno nessun impatto sulla storia. E al di là di questo, anche nella maggior parte delle sequenze ci si dilunga troppo su aspetti del tutto secondari che non arricchiscono in nessun modo la narrazione. Questo diventa un problema soprattutto se si pensa che il libro si rivogla idealmente a un pubblico di 8-11 anni (già un adolescente troverebbe stucchevoli molte delle situazioni e la stessa protaginista e il suo attaccamento morboso all'amica, con cui ha un rapporto credibile sol per una bambina di 6-8 anni, non certo per una di 15). Ci sono poi dubbi nella gestione del plot (twist che non sono tali perché il lettore li aveva caiti ben prima dei protagonisti, che quindi ci passano per idioti, deus ex machina e mancanza di tensione in quallunque scontro) e incoerenze nel mondo e nel sistema magico, che non sembra avere limiti ma che funziona a tratti seguendo regole arbitrarie che sembrano inventate di volta in volta in base alle necessità. Infine la scrittura è decisamente da migliorare, a parte la prolissità spesso ci sono anche ambiguità nei soggetti, dialoghi implausibili, tantissimo show-then-tell, e livello di umorismo poco efficace, anche per dei bambini. Se si considera questo libro come rivolto a quella fascia di età può anche avere un suo senso, ma avrebbe comunque bisogno di una decisa sforbiciata e una bella ripulita. Voto: 5/10December 23, 2023
Doctor Who 60 Special 3 - The Giggle
Arrivati alla parte conclusiva degli special del sessantesino di DW, sapevamo già tutti chi sarebbe stato l'avversario terribile e misterioso: il Toymaker. In una delle operazioni periodiche di ripescaggio di vechi nemici, il Toymaker arriva addirittura dall'epoca del Primo Dottore, un'entità sovradimensionale il cui unico scopo è quello di giocare e sfidare nuovi avversari. È questo che fece secoli fa, nel suo incontro con il Dottore in cui venne battuto. A distanza di tanto tempo, il Toymaker ritorna e vuole il rematch.
Le premesse per una storia epica ci sono tutte, e il casting di Neil Patrick Harris per interpretare un ruolo del genere promettevano bene, oltre al fatto che sapevamo che sarebbe comparso anche il nuovo Dottore di Ncuti Gatwa. Purtroppo però questa puntata non funziona del tutto, soprattutto nella gestione della minaccia posta dal villain.
L'episodio inizia con un cold open in cui vediamo un antefatto negli anni 20, in cui il Toymaker si invischia nell'invenzione della televisione in modo da impiantare un suo messaggio subliminale in tutte le trasmissioni video (come questo sia tecnicamente possibile non è chiaro, ma crediamoci pure). Questa cosa una volta attivata nel 2023 porta tutta la popolazione mondiale a ritenere di avere ragione (quindi di "aver vinto") e causa quindi il collasso delle istituzioni. Forte come idea, perché rappresenta in modo macchiettistico la malattia dell'epoca dei social, in cui tutti urlano per far sentire più forte le proprie cazzate, e da qui si sarebbe potuta costruire una puntata di forte critica sociale. Peccato che invece questa cosa si vede solo nei tre minuti prima dei titoli, e il resto dell'episodio si svolge tutto nella sede UNIT, senza nessun contatto col mondo esterno.
Lo stesso Toymaker è piuttosto inutilizzato. Da una parte il personaggio è stato rappresentato fin troppo folle, e per quanto l'intrpretazione di Harris sia eccellente e il balletto sulle Spice Girls già un cult, questa resa del personaggio lo fa assomigliare più al Master psicopatico di John Simm che alla creatura serafica ed eterna che dovrebbe essere (e che era) il Toymaker. Inoltre, per essere un'entità cosmica appassionata di sfide, si accontenta davvero di poco: gli unici giochi che propne al Dottore sono un'estrazione di carte e il lancio della palla. Manca proprio la sfida vera e propira, il confronto tra intelligenze mostuorese, la battle of wits che ci si aspetterebbe come degna conclusione dello scontro tra questi antichi nemici. Invece niente di tutto questo, il Toymaker si limita a minacciare e provocare (e sparare un laser). Curioso che il senso di sfida si sia percepito di più nell'episodio precedente in cui il Dottore e Donna avevano come nemici dei semplici "mostri". Inoltre anche il modo in cui il Toymaker alla fine viene sconfitto non è costruito sulla presena di due Dottori, non è una consegenza del trucco di avere una sfida estesa a due avversarsi che non è in grado di gestire. Perde perché... gli scappa una palla di mano. Tutto qui. So epic.
Dobbiamo poi parlare ovviamente della bi-generation, la soluzione pensata da RT Davies per tenersi David Tennant sempre in riserva. Il lato positivo di questa nuova modalità di rigenerazione è stato vedere i due Dottori incontrarsi e parlarsi, e la chimica tra Tennat e Gatwa è stata subito esplosiva, così come i momenti più seri in cui il Quindicesimo dice al Quattordicesimo che è il momento di prendersi una pausa. E se è confortante vedere il nostro amato Ten/Fourteen starsene in pensione con la famiglia Noble, il fatto che anche lui abbia un Tardis funzionante nel giardino di casa invalida un po' l'ide che debba fermarsi e riprendersi da millenni di battaglie e tragedie. Mi sa un po' di soluzione paracula, con cui Davies si è assicurato di poter portare (un altro) David Tennant nella serie all'occorrenza.
Il cameo di Melanie non mi ha suscitato nessuna emozione se non una punta di timore, perché Mel è stata la peggior companion ever. Da notare il setting per qualche altro nemico da arco narrativo ("the one who waits") e il ritorno di (un altro) Master. C'è stato anche un breve accenno alla possibilità di retconizzare il timeless child, con il Toymaker che afferma di aver giocato con le origini del Dottore, ma non è niente di confermato, probabilmente solo un modo per confondere le acque e poter in futuro dire "ecco, vedete, l'avevamo detto".
Insomma, alla fine è comunque un episodio gradevole, ma in sostanza solo grazie alle interpretazioni convincenti dei protagonisti Tennant, Harris e Gatwa. Spogliato di questo, la storia avrebbe mostrato tutta la sua inconsistenza, e il finale si dimostra piuttosto anticlimatico per una serie di speciali celebrativi. Forse il Toymaker avrebbe meritato un doppio episodio, uno per affrontare la minaccia sul pianeta e una per battere la sua sfida, invece di un raffazzonamento così rapido. Comunque la premessa e la promessa per il Quindicesimo Dottore, che "sta bene" grazie alla riabilitazione del Quattordici (che presumibilmente al momento della rigeneraizone "confluirà" in Quindici) è intrigante. Forse la stagione 14 sarà davvero un reboot che partirà con un Dottore non più appesantito dai fardelli del passato... ma mi chiedo quanto possa durare, anche Chibnall ci aveva provato all'inizio della stagione 11 e non ha funzionato (ma era pur sempre Chibnall). Voto: 6.5/10
December 8, 2023
Doctor Who 60 Special 2 - Wild Blue Yonder
Dopo un primo episodio del 3-part-special che serviva soprattutto a riprendere il ritmo e familiarizzare con il ritorno della serie (nel senso, il ritorno della serie come dovrebbe essere), e che aveva per lo più un tono leggero e avventuroso, questo nuovo episodio cambia drasticamente di tono e punta su una storia carica di tensione, mistero e rischio. Se siamo abituati a considerare Dotcor/Donna come la coppia più "frivola" della serie, bisogna ricordare che nelle occasioni in cui c'è stato da mostrare situazioni drammatiche il loro legame si è rivelato ancora più forte (come The Fires of Pompei o Silence in the library), e questo episodio ce lo dimostra di nuovo.
Wild Blue Yonder è una di quelle storie claustrofobiche, con un nemico subdolo e sfuggente, che fa percepire davvero il pericolo in cui può incorrere il Dottore (e relativi companion) nelle sue avventure, soprattutto quando si confronta con avversari di cui non conosce niente. È facile tracciare un parallelismo tra quetso episodio e Midnight, proprio della stagione quattro, in cui il Dottore si trovava confinato in uno spazio ristretto, e subiva l'attacco di una creatura misteriosa capace di imitare gli altri. Stavolta succede qualcosa di simile, anche se più esplicito, ma la variabile in più è la presenza di Donna, che in Midnight se ne stava alla spa.
L'astronave al confine dell'universo è uno scenario già impressionante, e per chiarire da subito la mavità della situazione (wink wink), il Tardis sparisce portandosi via anche il sonic, lasciando così Dottore e Donna a trovare una soluzione senza particolari gadget (anche se poi il Tardis fa comunque la sua parte di deus ex machina). Per cui quando iniziano a mostrarsi i misteri e abbiamo l'apparizione dei due mostri mutaforma, è ancora più importante sforzarsi per trovare una soluzione che proviene solo dalla velocità di ragionamento e reazione... e qui sta il vero twist dell'episodio (forse un po' sottoutilizzato), il fatto che proprio la ricerca della soluzione sia una sconfitta in sé, perché favorisce anche il nemico. Mi sarebbe piaciuto che si facesse un passo in più in questa direzione, e che la battaglia finale fosse una battle of wits a parti invertite (con le copie che ragionavano meglio degli originali, e magari sceglievano autonomamente di annientarsi), piuttosto che concludersi con una corsa e un'esplosione. Comunque vedere i successivi confronti e le classiche situazioni di sospetto in stile La Cosa (o anche Murder on the Planet Express) è stato davvero appagante.
È stato bello vedere i personaggi in crisi, doversela cavare separatamente e puntare tutto sulla loro capascità di conoscersi e riconoscersi. In questo senso mi è sembrato un po' fuori fuoco il fatto che alla fine il Dottore scegliesse la Donna sbagliata (a meno che non mi sia sfuggito che l'abbia fatto apposta), ma presumo che fosse solo per far sembrare imminente la fine di Donna (non ci ha creduto nessuno, sorry). I momenti di cristi di Fourteen si sono rivelati intensi, e in un certo senso hanno mostrato che questo Dottore ha comunque una personalità diversa da Ten, non è soltanto una sua riproposizione ma una versione più matura, un po' come la faccia che porta.
Notevole anche la distruzione dell'universo operata in Flux e i riferimenti velati al Timeless Child (il fatto che il Dottore non sia originario di Gallifrey), a significare che Davies non è intenzionato a retconizzare tutto quanto messo in opera da Chibnall. È una decisione controversa, molti si sarebbero aspettati che tutte le modifiche al canon sarebbero state ignorate, ma così lui ne riconosce l'esistenza, il che potrebbe anche portare a scelte interessanti. Vuoi vedere che alla fine Davies ci risovle anche le porcate delle tre stagioni precedenti con due o tre battute di dialogo buttate lì.
Ora non resta che aspettare il ritorno del Toymaker e l'arrivo del nuovo nuovo Dottore, con tutte le altre eventuali sorprese che forse la BBC è riuscita a non far leaker. Voto: 8/10
December 3, 2023
Doctor Who 60 Special 1 - The Star Beast
E così un anno dopo siamo di nuovo qui a parlare di Doctor Who, e per la prima volta dopo molti anni, ne parliamo con un minimo di entusiasmo e speranza. Non sto a fare tutto il riassunto delle puntate precedenti, è sufficiente ricordare che per me la conduzione di Chris Chibnall e le tre-ish stagioni del Tredicesimo Dottore di Jodie Whitaker sono state disastrose. E non devo essere stato l'unico a pensarlo visto che qualcuno ai piani alti ha pensato di fare un bel resettone, rimettendo al comando Russel T Davies e riportando David Tennant e Catherin Tate per riacchiappare i fan persi lungo la strada. E non solo loro, in realtà, perché questa nuova stagione è intesa come un soft reboot della serie, anche grazie al passaggio su Disney+, tanto che stanno proponendo contenuti dedicati a chi non ha mai seguito DW e la numerazione delle stagioni riparte da 1. Non sarà così per me, passati gli special, io continuerò a contare dalla stagione 14.
Questo quello che è successo nell'universo produttivo di DW. Nell'universo narrativo invece, abbiamo Tennant, che non è più Ten-nant ma ora Fourteen-nant, che ricompare a Londra proprio davanti a Donna, che aveva abbandonato quindici anni fa dopo averle cancellato la memoria con la promessa che non l'avrebbe mai più rivista, pena la friggitura del suo cervello umano troppo limitato per contenere il potere di un timelord. Questo dà l'avvio a qualche buona gag nel momento in cui il Dottore vuole starsene lontano da Donna ma è costretto dagli eventi ad avere a che fare con lei.
La trama non è poi così complessa, si tratta di un classico monster of the week che si gioca la carta della cuteness, e in cui anche il "twist" è abbastanza deducibile. Ho avuto piacere però di vedere come quei particolari che normalmente in una storia sono considerati come secondari (il fatto che i colpi delle armi non danneggiassero l'auto) sono diventati invece una parte importante della narrazione, è qualcosa di estremamente rinfrescante dopo anni di pistole di Checov a salve a cui ci aveva abituato Chibnall.
Naturalmente il momento che tutti stavamo aspettando nella puntata era il risveglio di Donna, che sapevamo essere inevitabile, e per quanto la sequenza sia ben gestita, con la coppia Doctor/Donna che spara technobabble a raffica come solo loro due insieme sanno fare, forse proprio questo aspetto è quello più deludente dell'episodio, ovvero la soluzione al problema della prevista friggitura del cervello. Il problema è che da una parte viene offerta una soluzione semplice ma credibile (avendo una figlia, ha trasferito a lei parte della sua natura Timelord, e quindi può sopportare la parte che resta), dall'altro su questa si rilancia dicendo che lei in quanto donna ha il potere di "lasciare andare", e quindi puff!, tutto passato. Che stupido il Dottore, con la sua identità maschile, a non capire.
A parte la non necessità di questa ulteriore spiegazione favolistica, mi è sembrato sminuente nei confronti del Dottore, che fino a poche ore prima era una Donna, e che di certo non ha un'identità di genere incasellata nel binarismo come lo intendiamo noi (e questo è stato suggerito già da tempo nella serie moderna), affermare che lui non possa capire in quanto uomo. Alcuni dei fan più tradizionalisti si sono indignati anche da altre parti dell'episodio, il dialogo sui pronomi, e l'insistenza sul non-binarismo, ma quelli a mio avviso per quanto un filo didascalici sono comunque tematizzati bene nella storia. Questo appunto finale invece l'ho trovato pedante e un po' incoerente rispetto anche al messaggio che si voleva lanciare.
Comunque, si tratta davvero di una pecca di pochi secondi in un episodio che per tutto il tempo funziona. Anche se certamente non è niente di complesso e profondo, The Star Beast ha tutte le caratteristiche tipiche di DW, e riaccende l'amore che si era assopito nelle stagioni precedenti. La chimica tra i due protagonisti è eccezionale (ma Ten/Donna sono sempre stati la migliore coppia), la musica è tornata presente, le gag funzionano (finalmente si torna a sghignazzare in DW!), c'è il giusto livello di grottesco e campiness... insomma, è tutto quello che era mancato questi anni. E potrebbe essere anche quello che può portare altro pubblico a scoprire e innamorarsi della serie. Voto: 7/10
November 6, 2023
Rapporto letture - Settembre/Ottobre 2023
Rapporto letture di mezza stagione, con prevalenza di autori italiani e occasionali testi non di narrativa. Dopo l'estate ero partito un po' a rilento anche per gli altri impegni (lo sapete che è uSciT0 iL mIo nVovO L1brO, vEro?) ma poi su ottobre ho recuperato, per cui la media di almeno due-libri-due al mese l'ho mantenuta. Non so più er jaguaro de 'na vorta.
Primo libro consumato è settembre, emerso da un sondaggio su instagram, è
Buio padre
, il nuovo romanzo di Michele Vaccari uscito qualche mese fa per Marsilio. Di Vaccari avevo abbastanza apprezzato il romanzo precedente
Urla sempre primavera
, che conciliava elementi di distopia e ucronia in una storia che copre un secolo e più generazioni di una famiglia. Questo nuovo libro ha un tono diverso, anche se si percepiscono alla base temi simili. La storia è quella di quattro adolesenti, poco più che maggiorenni, che dopo un nubifragio che colpisce il loro paesino di provincia si trovano a notare le anomalie lasciate dal disastro, che hanno a che fare soprattutto con i loro genitori che iniziano a comportarsi in modo strano. È a suo modo una storia di formazione, anche se più che concentrarsi sulla crescita si occupa del distacco, quel momento in cui ci si allontana dalla vita di ragazzi e si inizia a prendere la responsabilità di quello che avviene nel mondo. Il rapporto coi genitori e in particolare coi padri è quello più determinante nella storia, che ha anche elementi fantastici che spaziano dalle possessioni demoniache alla rete neurale dei funghi parassiti. La storia è buona, in alcuni tratti però ho percepito che ristagnasse un po' e forse avrebbe potuto essere un po' più corta senza perdere niente. Inoltre rispetto al romanzo precedente di Vaccari mi è parso più "docile", USP era arrabbiato, passionale, a volte forse anche troppo, ma si sentiva che veniva dal cuore, mentre qui forse c'è stato più controllo, che però ha smussato alcuni degli angoli più pungenti. In qualche caso mi è sembrato che si tentasse un po' troppo di intercettare lo slang e la cultura GenZ, per esempio coi diversi riferimenti alle canzoni di trapper. Voto: 7/10
In parallelo alle altre letture, mi portavo dietro da qualche mese anche
Cecità
, proprio quello, di quell'autore che tutti conoscono. Ricordavo vagamente di aver visto, in un'altra era un altro mondo, il misconosciuto film (nonostante cast di spessore) tratto dal romanzo di José Saramago, che avevo apprezzato abbastanza. Dopo aver letto il libro non ne sono più molto sicuro, anche se comunque il libro di per sé mi ha comunque presentato qualche difficoltà. Ora, per quanto possiate venirmi a dire che Saramago sia un ottimo scrittore, che ha fatto la storia della letteratura eccecc, io comunque pagine intere di walloftext e dialoghi sparsi nel testo senza nessun segno comunque li soffro. Nonostante questo, la storia mi ha coinvolto abbastanza, soprattutto per la coralità ben eseguita, e questo è certamente merito dell'autore, che in quei rari momenti in cui vuole aumentare la tensione è capacissimo di farlo. Ho avuto però l'impressione che dopo la sequenza della prigione l'autore non sapesse bene come portare avanti la storia, e la parte finale mi è sembrata troppo corta da un lato (nel senso che non presenta sviluppi rilevanti) e troppo lenta dall'altro (nel senso che non presenta sviluppi rilevanti). Per cui nell'ultima parte ho abbastanza arrancato e il ricordo che mi è rimasto del libro è agrodolce. Voto: 6.5/10
E vendiamo a quello che tutti i frequentatori storici del blog stanno aspettando, ovvero l'unica recensione onesta repereibile del Millemondi estivo con i racconti di autori italiani. Stavolta il volume Coloni dell'universo aveva come tema la colonizzazione di altri mondi, quindi le storie sono più o meno tutte inquadrate in questo topos. Come d'abitudine, cerco di dare un commento di almeno una riga per ogni racconto. Paolo Aresi propone una storia abbastanza classica, di colonie extramondo che sembrano l'eden ma nascondono un segreto; niente di sorprendente ma efficace; Il racconto di Davide Camparsi invece mi ha conquistato, ma d'altra parte lui è un autore che con me ha sempre funzionato (infatti lo avevo convocato per il primo numero di Specularia): scenari contrapposti di colonizzazione che corrispondono a diversi "mondi ideali" che sono proiezione dei bisogni dei diversi giovani protagonisti, cresciuti appositamente per esplorare in remoto nuovi pianeti; Chora di Francesca Cavallero è ambientato sempre nella stessa ambientazione di Morjegrad in cui si trovano i suoi precedenti romanzi e racconti, una storia sostanzialmente action, con personaggi che sono sempre i duri dei film e un certo gusto per il gore: non direi che sia brutto, ma non è il tipo di cose che non mi interesano e alla fine mi lasciano poco. Il racconto di Franci Conforti invece mi ha stupito, l'ho trovato abbastanza diverso da quello che ho letto di suo finora, e all'inizio mi stava divertendo questa sorta di dramma da osteria in una locanda spaziale. Anche il modo in cui è stata interpretata la colonizzazione mi è sembrato abbastanza originale, ma ho sofferto un po' per la passività del protagonista e il finale non del tutto allineato all'impianto della storia; Di Lorenzo Iacobellis non credo di aver mai letto niente prima, e devo dire che questo racconto mi ha impressonato... inizialmente: una nave colonizzatrice naufragata che forza gli umani superstiti a vivere sul corpo di un gigantesco alieno, costruendo su questo le proprie comnità. Sicuramente il racconto più carico di sense of wonder, che però inizia a sfaldarsi quando dopo quaranta pagine la storia inizia a fare salti di anni e decenni per arrivare a un finale che sembra contraddire quanto promesso (dopo tutti gli sforzi fatti per ottenere il controllo delle bestie e far progredire la società, perché tornare sulle astronavi?); La musa inquietante di Alessandro Montoro è un monster of the week, in cui il monster peraltro sono pari pari gli angeli piangenti di Doctor Who, assortimento di personaggi macchiettistici capitanati da un eroe tormentato, e riferimenti letterari/artistici/musicali a pioggia ma fuori contesto; Il racconto di Maico Morellini è un tipico raconto di Maico Morellini: diretto, lineare, effiace. Non rimarrà nella storia ma fa quello che dovrebbe fare un buon racconto di fantascienza. Peccato che il twist finale sia in pratica lo stesso del racconto precedente di Montoro: chiaramente non è colpa di nessuno degli autori, ma mettere di seguito due racconti che hanno al nucleo la stessa rivelazione fa perdere valore a entrambi; Daniela Piegai scrive un racconto che avrebbe anche degli elementi interessati, con queste vite artificiali costruite appositamente per coltivare talenti (una cosa simile a quella che avevo fatto io in Cattivi genitori), mi permetto però di suggerire che non sia in nessun modo attinente al tema della colonizzazione; L'altro confine della notte di Franco Ricciardiello parte da un'idea che mi è sempre piaciuta, ovvero della nave generazionale che arriva alla sua destinazione e scopre di essere stata preceduta da altri coloni che hanno sviluppato tecnologie di viaggio più avanzate; da qui nasce la contrapposizione tra i due gruppi: i nuovi coloni, aggressivi carnivori capitalisti contro i coloni già stabiliti, amorosi vegani socialisti. Purtroppo questa contrapposizione mi è sembrata fin troppo manichea e la colonia solarpunk così virtuosa da essere detestabile. Inoltre alla fine il conflitto si risolve per cause esterne quindi non c'è nessun ravvedimento o compromesso, soltanto la necessità di piegarsi alle condizioni ambientali; Il racconto di Laura Silvestri mi è sembrato uno dei più equilibrati, che riesce a costruire un ambientazione stratificata e personaggi credibili con motivazioni relatable, e che infine si conclude nel modo giusto; Quello di Giampietro Stocco invece mi è sembrato sovradimensionato, una lunga epopea di coloni su un mondo ostile, battaglie avventure e un nemico sconosciuto che si rivela essere un'intelligenza immateriale. Niente che non si sia visto già centinaia di volte; Il racconto di Silvia Treves mi ha un po' confuso, all'inizio ho faticato a orientarmi, ma la prima parte con il viaggio della protagonista mi ha incuriosito. La seconda parte però rallenta anche troppo e porta a un epilogo un po' sottotono rispetto alle aspettative iniziali; Discorso simile per Il silenzio del cielo di Alessandro Vietti, che per tutto il racconto riesce a costruire un'ottima tensione, anche grazie alla voce narrante che si rivolge al lettore (e a un ignoto personaggio all'interno della storia). Peraltro alcuni dettagli fanno supporre che la storia sia ambientata nello stesso universo di Essere ovale che era nel primo Millemondi italiano, ma la storia è comunque autonoma e funziona bene nel descrivere questa colonizzazione gestita dalle altissime e benevole IA terrestri... peccato che poi proprio le ultime righe non sembrano chiudere la vicenda, tanto che ho avuto il dubbio che mancasse una pagina nella mia copia. Peraltro anche qui, a poca distanza due racconti in cui il pianeta alieno è abitato da nuvole senzienti sarebbe stato evitabile in fase di selezione. Nel complesso devo dire comunque che questo volume mi è sembrato migliore rispetto ai due precedenti, che invece avevo trovato piuttosto mediocri. Qui la maggior parte dei racconti sono comunque sufficienti e parte forse un paio di casi non mi sembra che ci siano abissi incolmabili.
Continuo con autori di casa, stavolta però con qualcuno che non ha niente a che fare con la narrativa di genere. Ho letto in anteprima
Le madri della sapienza
, romanzo appenapubblicato da Wojtek, perché avrei dovuto fare da relatore a Eduardo Savarese alla sua presentazione alla libreria Il Giardino delle Parole di Pistoia. Si tratta di un romanzo fantapolitico (ho sentito usare in giro l'aggettivo "distopico" ma no, non lo è) in cui il neo eletto presidente del consiglio, conservatore e tradizionalista nonostante sia nato da genitori omosessuali tramite gestazione per altri, si scontra con l'ordine monastico non riconosciuto delle Madri della Sapienza, fondato da tre amici gay che si sono isolati in un convento su un'isola e da qui professano amore, tolleranza e libertà di scelta. Il plot per la verità non è così denso, e molta della narrazione si rivolge a rievocare il passato dei personaggi, le loro relazioni passate e i collegamenti che esistono tra di loro, a volte all'insaputa degli altri. È una storia in cui è difficile trovare assoluti, ogni personaggio si colloca su uno spettro di diverse scale di valori, quindi anche i conflitti in corso non sono di facile soluzione. Ci sono anche elementi soprannaturali, da creature fantastiche a magia nera a, forse, una presenza divina molto reale. Sentendone parlare l'autore ho potuto trovare diverse chiavi di interpretazioni che solamente dalla lettura non avevo individuato, il che mi ha portato a capire meglio il messaggio di fondo, ma rimane il fatto che in alcuni casi ho trovato l'esperienza dei protagonisti (tutti benestanti e ben posizionati) difficile da empatizzare, con i loro drammi inquadrabili nell'alveo dei first world problems. Poiché questo vuole essere un "libro sapienziale", forse valutarlo con i parametri della narrativa non è del tutto appropriato, tuttavia visto che qui parlo della mia esperienza di lettura gli assegno un voto 6/10
Passiamo al reparto non-narrativo del bimestre, e penserete che si tratti di non-fiction, e invece no! Perché After Man è speculative evolution, quindi a suo modo una forma di fiction scientifica... sì insomma, l'avete capito, sempre di fantascienza si tratta, anche se proposta in altra forma. Il volume illustrado di Dougal Dixon è un classico assoluto, che gira dagli anni 80 e che io conoscevo già da tempo, perché il mio interesse per le questioni evolutive mi aveva portato a "recuperarlo" e leggerlo. Vederlo finalmente portato anche in italiano da Moscabianca è una grande soddisfazione. Si tratta di un atlante degli animali di 50.000.000 di anni nel futuro, in un mondo in cui l'uomo si è estinto e le specie animali supestiti hanno continuato a popolare il pianeta, cambiando forme e occupando ambienti. Il libro è suddiviso per habitat, e mostra la fauna delle varie zone del pianeta in quest'epoca futura. Il lavoro di Dixon è davvero immaginifico e stimolante e a mio avviso è uno dei migliori esempi di come si possono applicare i principi della scienza conosciuta per arrivare a risultati assurdi ma credibili. Un cult assoluto per tutti gli appassionati di animali, biologia, evoluzione, paleontologia, geologia, ecologia. Insomma se state su questo blog vi piace per forza.
Infine, arrivo alla rivelazione dell'anno. L'archivio dei finali alternativi balza di diritto tra i migliori libri letti dell'anno. Questo romanzo (per la verità piuttosto breve) di Lindsey Drager pubblicato pochi mesi fa da Zona 42 mi aveva incuriosito con la sua premessa di narrazioni successive della fiaba di Hansel e Gretel sincronizzate al passaggio della cometa di Halley. Mi attirava la parte metanarrativa che si intravedeva nell'idea di fondo, ma non mi aspettavo che mi avrebbe devastato come ha fatto. In effetti la narrazione alterna diverse epoche che coincidono tutte col passagigo della cometa, e in ognuna di queste abbiamo personaggi che hanno un legame stretto (di solito fratelli, a volte anche gemelli) che affrontano insieme qualcosa, e da qui si ottengono le diverse riletture di Hansel e Gretel. Ma non pensate che sia un semplice retelling di quelli che vanno ora, questo libro è davvero metanarrativo perché mette in scena archetipi e li fa diventare personaggi reali, ma anche viceversa. Sfiora così tanti argomenti forti (il rapporto genitori-figli, il legame tra fratelli, il cambiamento climatico, la discriminazione, la paura della morte, la speranza, il potere delle storie, la ciclicità) senza sprecare parole, evocandoli appena con poche frasi che però rimangono incise nella mente del lettore. Erano anni che un libro non mi colpiva così. Penso addirittura che potrei rileggerlo a breve. Poiché la narrazione è tutt'altro che canonica e in molti casi le frasi sono quasi esortazioni rivolte a chi legge, forse anche questo a suo modo è un libro sapienziale, ma stavolta sincronizzato sulla mia sensibilità. Voto: 10/10October 7, 2023
Futurama 8x10 - All the Way Down / Fino in fondo
Questo non è un season finale. O almeno, non del tutto. Era già stato concepito come mid-season finale, perché si sapeva fin da subito che la stagione 8 sarebbe stata divisa in due blocchi (broadcast season 11 e 12), per cui il decimo episodio sarebbe stato l'arrivederci all'anno successivo.
E consci di questa circostanza, gli autori (in questo caso l'episodio è scritto da David X. Cohen, il principale creatore della serie [sì, più di Matt Groening]) hanno spinto al massimo sulle potenzialità di Futurama con un episodio che dimostra che quando vogliono possono creare storie con forti concept hard sci-fi bilanciata dalla componente emotiva.
Per la verità ero un po' scettico all'inizio quando ho appreso che All The Way Down avrebbe trattato il tema delle realtà simulate, perché è un argomento inflazionato e soprattutto ultimamente, con l'avvento delle IA generative, se ne sta parlando molto a tutti i livelli, anche nella cultura "mainstream". Uno degli esempi più recenti è l'episodio della nuova stagione di Black Mirror Joan is Awful, in cui i personaggi scoprono progressivamente di vivere in sottolivelli di realtà simulate. Il problema è che l'idea è davvero vecchia, e se al mainstream è arrivata adesso, per chi mastica la scifi se ne parla almeno da sessant'anni, basta pensare a Simulacron 3 di Daniel Galouye. Per cui avevo timore che l'episodio si basasse sul plot twist del "abbiamo sempre vissuto in una simulazione!"
Invece non è così: la simulazione viene dichiarata fin da subito perché è un device introdotto all'inizio dell'episodio dal professore, e dopo una sequenza iniziale pixelata con Fry e Leela in vacanza in Italia (Roma, costiera amalfitana, Venezia, Pisa) si viene subito introdotti all'idea che ci possano essere livelli inferiori di simulazione, e che quindi anche quello che vediamo sia esso stesso una simulazione. E quindi il proposito diventa quello di capire e dimostrare se l'unvierso sia una simulazione o meno. (Incidentalmente, l'idea di base e le tesi proposte sono molto simili a quelle di cui parlavo nel mio racconto Pixel che si trova nell'antologia L'esatta percezione.)
E qui sta la vera forza dell'episodio. Di fatto questa è una puntata senza una missione, senza un macguffin, senza un avversario: è una fitta contrapposizione di idee e di propositi, con tutti i personaggi che si confrontano a loro modo con la possibilità di non essere "reali". Quello a soffrirne di più inizialmente è Bender, che si sente già "meno reale" degli altri in quanto artificiale, costruito, progettato. E il principio del cogito ergo sum non lo soddisfa confrontandosi con la "naturalezza" degli altri. Proprio per questo è lui a prendere maggiormente a cuore la causa dei simulati, promettendo di preteggerli sia dalla sospensione della simulazione sia dalla conoscenza della limitatezza del loro universo.
Poi però proprio quel desiderio di scoprire la verità mette in pericolo la stabilità dell'unvierso, e allora Bender stesso deve intervenire, scendendo nel livello inferiore. Ed è qui che avviene il vero twist, portato avanti da Fry, che non è certo il più sveglio di tutti ma ha cuore. Il dilemma viene risolto realizzando che non c'è soluzione, che le regole dell'universo sono comunque immutabili, e che per quanto si possa essere non "reali" se quello che sentiamo è vero per noi, allora non serve sapere altro. In Westworld esprimevano questo sottile concetto filosofico con "if you can't tell, does it matter?", qui dicono "i feel therefore i am", sentio ergo sum, ed è una soluzione bellissima a un enigma che rischia di consumare la stabilità di chiunque. La scena finale con la musica in sottofondo è uno dei tipici finali emotional di Futurama e ci ricorda di nuovo la potenza di questo show, che anche se a volte si perde un po' per la strada (e gli ultimi episodi avevano fatto temere il peggio) riesce sempre a regalare momenti indimenticabili e spunti di riflessione.
Se finora la stagione 8 aveva avuto delle buone storie ma nessun capolavoro, All the Way Down entra di diritto tra i migliori episodi di sempre, ed è già un instant classic. Volendo si può obiettare che forse manca un po' di focalizzazione su Fry, il cui apporto finale è determinante, e che la parte iniziale ci mette un po' per arrivare al punto, ma considerando che è un episodio costituito da persone che s parlano il risultato è eccellente. Ci vediamo tra un anno circa, e intanto chiudiamo con un soddisfacente voto: 9/10
September 27, 2023
Futurama 8x09 - The Prince and the Product / Il principe e il prodotto
È abitudine piuttosto consolidata che ogni stagione di Futurama abbia un episodio "antologico" suddiviso in tre miniepisodi non-canon, nella tradizione degli special di Halloween dei Simpson. Questi miniepisodi sono spesso degli hit-or-miss, perché se da una parte danno l'occasione di fare qualcosa di più creativo, dall'altra questa libertà assoluta rischia di deragliare completamente. Se nelle prime occasioni le Anthology of Interest hanno dato buoni frutti come Bender umano o l'invasione dei videogiochi (concept ripreso poi dall'orribile film Pixels), in seguito gli altri special sono stati più deludenti, con alcuni minimi assoluti come The Futurama Holiday Spectacular.
Ma anche queste defaillance possono essere rivalutate al confronto di The Prince and the Product. Questo episodio soffre sotto tutti i punti di vista. Abbiamo una cornice narrativa molto scarna, in cui Fry e Leela fanno consegnano un pacco a un King of Space, il cui principe fa innamorare Leela tanto da portarla a lasciare Fry e decidere di sposarsi con lui. Da qui ci si potrebbe aspettare che Fry si opponga, ma in realtà è deciso a combattere per la libertà di Leela di sposare che vuole, e infatti sfida il re a duello per affermare questo suo privilegio. Dopo il duello con twist piuttosto insulso, si scopre che Leela era sotto un incanteismo ma non è certo magia, come rivela il Professore, era un "incantesimo scientifico". Fine puntata.
All'interno di questa abbiamo dei break pubblicitari che reclamizzano giocattoli tradizionali: pupazzetti a carica, macchinine e paperelle di gomma. Agli spot segue un miniepisodio in cui i personaggi hanno la forma e la natura di quegli stessi giocattoli, per cui abbiamo i personaggi trasormati in pupazzetti a carica, macchinine e paperelle di gomma. Già lo spunto di per sé è davvero stiracchiato, ma volendo fare qualcosa di inedito e fuori dal canone, si potrebbe anche accettare. Il problema è che le storie stesse sono piuttosto casuali e poco sensate, e non sfruttano il fatto di avere i personaggi trasformati in quegli oggetti specifici. Per capirsi, nel caso di Reincarnation, ognuno dei tre miniepisodi si sviluppava sulle caratteristiche specifiche di quello stile di animazione particolare. Qui invece non è così, per cui la storia non solo sembra inutile ma non è nemmeno costurita sulla premessa della "trasformazione" dei personaggi. Nemmeno le dinamiche tra i personagi e le gag, a parte forse un paio di casi isolati, hanno a che fare con la natura dei giocattoli. Quindi alla fine della microstoria si ha la sensazione di aver soltanto visto qualcosa privo di logica e struttura, una digressione fantasiosa ma non molto divero dalla storiella che un bambino di sei anni potrebbe inventarsi per i suoi giocattoli.
E chiusa questa confusa parentesi si torna alla cornice di Fry becco e bastonato. Altra sofferenza.
Mi dispiace ma questo si candida come uno dei peggiori episodi ever della serie. Voto: 2/10
Unknown to Millions
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