Andrea Viscusi's Blog: Unknown to Millions, page 62

November 10, 2014

Doctor Who 8x12 (season finale) - Death in Heaven

La settimana scorsa mi pronunciavo in termini molto positivi sulla prima parte del finale di stagione, e avevo aspettative abbastanza alte per quello che si sarebbe visto nella parte conclusiva. Purtroppo, il climax abilmente costruito in Dark Water si è sgonfiato ignobilmente nell'ultimo episodio, lasciandoci con l'amaro in bocca per un season finale piuttosto fiacco (forse il più moscio di tutte le stagioni moderne?).

Riprendiamo da dove eravamo rimasti: la rivelazione che ad architettare il complesso piano della Netherpshere convogliata nei Cybermen era il Master, e che quind il confronto finale sarebbe stato non solo con l'orda di cyborg ma anche con l'arcinemico storico del Dottore. Subito dopo l'uscita dei Cyberman, Dottore e Missy vengono fermati dalle forze dell'UNIT, che già stavano tenendo d'occhio la faccenda, ed entrambi vengono sedati e messi in sicurezza. Il Dottore viene inaspettatamente insignito del titolo di Presidente del Mondo, con l'autorità di disporre come meglio crede di tutte le forze armate del pianeta. Nel frattempo le "anime" della Nethersphere piovono letteralmente sui cimiteri di tutto il mondo, e assistiamo a una cyberzombie apocalypse, con i morti convertiti in Cybermen che escono dalle tombe e dagli obitori. Tra questi c'è anche Danny Pink, che però non ha ancora inibito le sue emozioni e si muove giusto in tempo per salvare Clara, che stava per essere sgamata nella sua pantomima di fingersi il Dottore. Ovviamente il Master riesce a liberarsi e fa precipitare l'Air Force One (o il suo equivalente), cosicché il Dottore ha l'occasione di recarsi proprio da Clara, che chiede il suo intervento per salvare/condannare Danny. Ovviamente anche Missy si ripresenta, e qui conclude il suo piano, consegnando al Dottore il controllo dell'esercito di Cyberzombie. Il Dottore è combattuto, ma alla fine tutto si risolve (più o meno) per il meglio. C'è però qualcosa che non va, e se si sommano tutte le storture ne esce un risultato molto incerto.

Si potrebbe partire dall'idea che basti "contagiare" dei cadaveri (a qualunque stato di decomposizione) perché si trasformino in Cybermen in pochi minuti, senza capire come riescano a produrre la fusoliera metallica e i complicati meccanismi di cui sono costituiti. È altamente improbabile, anche per uno show come Doctor Who che non ricerca sempre la coerenza, ma purtroppo non è il problema maggiore. Ciò che mi ha deluso più di tutto è stato come il Master (pur nella versione femminile) è stato trattato in questa puntata. È vero che il suo piano diabolico si compie, e l'interpretazione di Michelle Gomez è efficace (riprende molto il Master moderno di John Simm), ma il suo ruolo risulta quasi secondario. Avevo detto che mi sarebbe piaciuto avere un po' di backstory relativa al suo ritorno, ma non abbiamo saputo nulla, e quel che è peggio, alla fine viene ucciso (WTF!?). Va bene che la morte, soprattutto per un personaggio del genere, non è definitiva, ma il modo in cui viene levato di mezzo non ha niente di drammatico o improvviso, così come la reazione del Dottore è praticamente assente. Certo, Capaldi è un Dottore diverso da Tennant, ma appena dopo la polverizzazione di Missy sembra dimenticarsi del suo vecchio compagno/avversario.

Il che porta a un altro problema: e cioè che il Dottore è essenzialmente passivo in questo finale. Solitamente è lui a risolvere la situazione, mettendo in campo le sue abilità e la sue soluzioni geniali, ma qui invece, non fa praticamente nulla. Si limita a essere sballottato in qua e in là, rispondere alle provocazioni di Missy, e infine lascia la soluzione nelle mani di Pink, che di fatto ricopre il ruolo dell'eroe al posto suo. Questo non è un male assoluto, a volte il Dottore può non essere l'elemento determinante e il sacrificio di altri ricorre spesso, ma qui stiamo parlando di un season finale, lui deve essere il protagonista!

Altra cosa fastidiosa poi, più a livello di narrazione che della trama in sé, è il modo in cui Moffat ha voluto ingannare gli spettatori facendo credere che Clara potesse in effetti essere il Dottore. Io non ci avevo creduto davvero, ma è fastidioso introdurre un'affermazione del genere sapendo che si tratta solo di un inganno, e subito dopo mostrare la sigla con il nome della companion prima di quello del Dottore, e il suo volto sullo sfondo. La sigla è un elemento metatestuale, parla direttamente allo spettatore dall'esterno dell'universo narrativo, quindi cambiarla per dare credibilità a una menzogna costituisce un'autentica presa per il culo. Lo spettatore si può fuorviare, certo, ma dall'interno della storia, non attraverso componenti che attraversano il quarto muro. Così non si fa, a maggior ragione se l'inganno dura dieci minuti, giusto il tempo di creare un cold opening d'effetto.

Alcune cose mi sono piaciute, ad esempio il fatto che il piano di Missy/Master consistesse nel creare un esercito agli ordini del Dottore, cosa che dà un senso alla tematica del soldato/ufficiale che ricorre fin dall'inizio della stagione; il cameo del Brigadiere in versione Cyberman è stato forse il momento migliore (non fosse per il fatto che ha disintegrato il Master, cosa che rientra nel personaggio ma è stata trattata troppo superficialmente); e anche l'epilogo in cui Dottore e Clara si mentono a vicenda a sua volta non è male. Mi pare di capire che Clara chiude qui la sua parte, e forse è meglio così, perché la coppia sembra non sia riuscita a trovare un equilibrio stabile.

Attendiamo quindi lo special di Natale, con la speranza che la presenza di Nick Frost (curioso che parlassi di lui proprio nel post precedente, vale anche la pena ricordare che il suo solito compagno Simon Pegg è già apparso nella prima stagione del nuovo DW) nel ruolo di Babbo Natale possa ripulire il terreno e fare spazio per qualcosa di nuovo e più degno del personaggio. Per quello che mi riguarda, questo doppio finale, nonostante una prima parte intrigante, a conti fatti non può meritarsi più di un voto 4.5/10.
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Published on November 10, 2014 03:49

November 8, 2014

Coppi Night 02/11/2014 - Paul

Ho già affermato in passato di gradire i film interpretati dalla coppia Simon Pegg/Nick Frost: ho ritenuto La fine del mondo un film eccezionale, e anche gli altri due della Trilogia del Cornetto non sono male. In questo caso però la coppia non è diretta da Edgar Wright (che per dire, ha tirato fuori anche Scott Pilgrim vs The World ), quindi non ci si può aspettare la stessa combo vincente degli altri film, tuttavia anche il risultato finale non è nemmeno malaccio.
In Paul seguiamo l'avventura di due nerd autodichiarati (il film inizia con i due che vanno alla Comiccon di San Diego, basta questo a inquadrarli) e appassionati di ufologia, che si trovano ad accompagnare proprio un extraterrestre, il Paul del titolo, che sta fuggendo dagli agenti governativi che hanno intenzione di catturarlo e smembrarlo. Il particolare di rilievo è che Paul, pur essendo il esteticamente tipico Grigio a cui siamo abituati, si comporta diversamente da come ci si aspetterebbe da un alieno proveniente da una civilità capace di viaggio interstellare: è chiassoso, volgare, beve, fuma, e di certo non ha nessun interesse a porsi come maestro degli ingenui umani con cui entra in contatto. Molto diverso quindi dall'immagine classica che viene di solito veicolata degli alieni, più simile al Roger di American Dad che agli illuminati visitatori di Incontri ravvicinati.
Il film procede quindi sui binari della commedia, con i classici equivochi e situazioni paradossali, più una buona dose di battute su sesso e funzioni corporali (molto simili tra Umani e Grigi). Ben presto la storia si trasforma in una lunga carovana di inseguimenti, fino a quando tutti i personaggi (principali e secondari) si riuniscono nel finale. Nessuna trovata particolarmente originale, ma l'insieme funziona abbastanza bene, soprattutto se si è in grado di notare le decine di riferimenti ai classici della fantascienza, e in questo senso il film si rivolge probabilmente a un pubblico simile ai propri protagonisti. La cultura nerd, anche se ovviamente irrisa un paio di volte (l'occasione era troppo ghiotta), ne esce alla fine dei conti valorizzata, e sicuramente fa una figura migliore della religione, alla quale Paul si oppone con una certa insistenza.
Ne risulta comunque una visione gradevole, 90 minuti standard di intrattenimento un po' sopra le righe, con una commedia che non rivanga come al solito tra gruppi di amici e matrimoni.
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Published on November 08, 2014 11:04

November 6, 2014

Rapporto letture - Ottobre 2014

Mesata di letture altalenanti, questa. Roba interessante e roba che mi ha fatto penare... si capirà presto perché. Sovverto l'ordine delle letture, lasciando per ultimo quello che mi richiederà più tempo e pazienza per poter essere esaminato. Inoltre, prima di questi avrei letto anche un racconto di George R.R. Martin, scaricato gratuitamente tempo fa, di cui però non ricordo il titolo e che comunque ha influio poco sul resto.

Più riguardo a 12 Inframondi Iniziamo quindi da questo 12 Inframondi , che corrisponde alla seconda parte dello Year's Best SF 14 curato da David Hartwell e Kathryn Cramer, che raccoglie i migliori racconti pubblicati nel corso del 2012. In questo volume ci sono diversi lavori interessanti, tra i quali Alistair Reynolds, Ted Kosmatka, Ann Halam e Karl Schroeder/Tobias Buckell. I temi al solito sono variegati e rappresentano in modo efficace la produzione attuale (o da poco trascorsa) del panorama sf internazionale. L'unica pecca è che mi sarei aspettato di meglio dal breve racconto di Daryl Gregory, che finora mi aveva sempre notevolmente colpito. Voto: 8/10



Metto per secondo (anche se l'ho letto per ultimo) un'altra antologia, questa volta si tratta di Le 10 variazioni , un ebook gratuito rilasciato dalla Factory Editoriale I Sognatori (se non sapete di che si tratta, facevo qualche giorno fa un riassunto). La Factory ha chiesto al suo gruppo di autori di scrivere un breve racconto a partire da un incipit determinato. Sono state poi scelte 10 storie, che forniscono un'ampia panoramica di generi, temi e stili. Gli autori presenti sono in parte già stati pubblicati (sia dalla Factory che altrove) sia inediti. Forse non tutti i racconti erano propriamente nelle mie corde, perché si sa che io ho un notevole starting bias, tuttavia la raccolta nel suo complesso è di sicuro interesse. Considerando che si partiva da un pugile orbo e una ragazzina che lo sta cercando, non era facile prendere strade tanto diverse. Dal thriller alla fantascienza, dal grottesco al surreale, tutte le declinazioni hanno un loro valore e si bilanciano bene con le altre. Una buona raccolta che dovrebbe accontentare tutti i tipi di lettore, soprattutto quelli tirchi visto che è gratis... e in ogni caso un ottimo biglietto di presentazione della Factory. Voto: 7/10


Più riguardo a Infezione genomica E così si arriva alle note dolenti. Il libro che mi ha fatto soffrite tanto il mese scorso è stato Infezione Genomica , Premio Odissea 2010 scritto da Giovanni Burgio. Voglio premettere fin da subito che se mi seguite sapete che non sono uno di quelli che gode a leggere delle schifezze per poi recensirle parlandone male, anzi, la media delle mie valutazioni è sicuramente sopra la sufficienza, raramente grido al capolavoro ma anche i voti negativi sono rari. Però se mi trovo effettivamente a leggere qualcosa di brutto, contro tutte le mie aspettative, non posso nemmeno fare finta di nulla. Ecco, la parola "brutto" credo che si adatti bene al libro in oggetto, perchè al di là della trama e dello svolgimento, è anche la forma, dalla struttura fino al livello ortografico/grammaticale, a essere superficiale e poco (per nulla) curata. L'abbondanza di refusi e sconcertante, ma non ci si limita a questi: ci sono errori impressionanti come "in cinta" e "hai c'entrato il punto", ci sono nomi che cambiano da una frase all'altra, dialoghi che saltano battute, e in generale una sciatteria davvero fastidiosa. Non mi metto a fare esempi citando pagina per pagina, ma mi sono fatto gli angolini, per quando verrà fuori chi dice "eh dai, esageri, non sarà così terribile", ma invece lo è proprio, quindi non mi sfidate. Questo già di per sé rende faticosa la lettura, ma il tutto si somma a una storia che in effetti ha un appeal davvero molto ridotto: c'è un'idea alla base di tutto, abbastanza interessante, peccato che lo sviluppo della trama non serva a esplorare l'idea stessa, che solo nella parte finale, composta da ritagli di giornale e un diario ritrovato da un personaggio secondario, emerge nel suo potenziale, quando ormai è troppo tardi. Lo svolgimento poi è approssimativo, con personaggi che si alternano ma su piani temporali che non coincidono, i due filoni principali della storia (uno in Italia e uno in Germania) non si collegano mai, e quelli che dovrebbero passare per i cattivi vengono sistemati per una ragione che non c'entra niente con le loro colpe reali. La mia impression è questo libro sia stato scritto e mai riletto, né dall'autore, né dalla giuria che lo ha voluto premiare (!!!), né dall'editor prima che andasse in stampa, perché non è possibile che io a una prima occhiata noto tutte queste cose e nessuno prima di me ne sia stato capace. Anche senza voler discutere i motivi che hanno portato all'assegnazione di uno dei maggiori premi di genere italiani (ho già fatto in passato un'analisi del genere e non mi voglio ripetere sennò sembra che rosico), credo sia oggettivo che questo libro è il prodotto di una pubblicazione frettolosa e poco curata. A mio avviso anche la scrittura non è stata fatta con criterio, perché molte volte sembra che l'autore sia andato avanti aggiungendo paragrafi ed eventi senza una scaletta precisa, seguendo quello che gli veniva in mente al momento. Ci sono un paio di esempi eclatanti, in cui durante un dialogo (buona parte del libro è composta di dialoghi) un personaggio saluta l'altro, poi questo gli dice delle altre cose, poi l'altro saluta di nuovo, questo continua, lui saluta, e così via, per almeno quattro volte. Ma non è solo questo, i problemi sono davvero tanti e purtroppo non c'è un singolo aspetto che possa salvare l'opera nel complesso, tanto meno l'oggetto-libro. Mi limito a questo, anzi, ho già scritto troppo, e come sempre (specialmente in questi ambienti) quando parli male di una cosa ti devi aspettare ritorsioni da ogni direzione, ma come lettore mi sono sentito francamente disprezzato, quindi non potevo scrollare le spalle e buttare giù. Voto: 3/10
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Published on November 06, 2014 05:12

November 3, 2014

Doctor Who 8x11 - Dark Water

Attenzione: spoiler pesanti a seguire. È evidente che qualunque recensione contiene spoiler, ma in questo caso le rivelazioni non si riferiscono solo all'episodio in questione ma anche a tutto l'arco narrativo seguito dalla stagione, e la risposta alle due domande che aspettavano una risposta fin dal primo episodio: chi è Missy, e cosa è il "paradiso" di cui è a capo? Quindi se non l'avete ancora visto, torante più tardi.


Partiamo col dire che per essere la prima parte del season finale credo che riesca a far crescere bene la tensione, montandola su più fronti paralleli. Si parte con la morte accidentale (forse anche un po' ridicola) di Danny Pink, che basta a far esplodere in Clara tutto il risentimento accumulato ultimamente nei confronti del Dottore. Arriva al punto di mettere in atto un ricatto e letteralmente tradirlo, ma per quanto possa essere impossibile, la ragazza rimane comunque un passo indietro rispetto al Time Lord. Quindi ok, Danny è morto: andiamo a riprenderlo!

L'idea è stimolante, se si considera che il viaggio nell'aldilà è un topos della narrativa epica, e qui l'epicità è quello che si cerca. Chiaramente questa "Terra Promessa" non è un vero e proprio regno ultraterreno, ma qualcosa di concezione fantascientifica, una megasimulazione in cui le personalità (anime?) dei defunti vengono implementate. Si fa riferimento al fatto che i morti rimangono coscienti, e incapaci di comunicare implorano di non essere cremati, ma non ho ben capito se questo è effettivamente vero o solo un altro inganno concepito da Missy per tenerli buoni. Anche perché mi pare che alcuni dei morti che abbiamo visto arrivare nella Nethersphere erano stati effettivamente disintegrati in modo completo (come il soldato all'interno del Dalek distrutto dai suoi anticorpi).

L'obiettivo ultimo di questa operazione è acquisire le coscienze, epurarle di emozioni e amennicoli vari, e impiantarle all'interno delle corazze metalliche dei Cybermen. Un piano quantomai contorto ma forse meno sanguinoso dell'upgrade fisico solitamente operato da questi cyborg, che può essere condotto quindi senza destare troppo clamore: un'infiltrazione subdola perfettamente nelle corde con il suo artefice (ci arriviamo tra un minuto). Ne risulta quindi che il nemico finale della stagione, o almeno il suo braccio armato, è costituito proprio dai Cybermen, che, boh, non mi entusiasma poi tanto. I Cybermen a mio avviso hanno smesso di essere spaventosi molto tempo fa, e nella nuova serie non hanno mai rappresentato una minaccia seria. È vero che l'ultimo redesign operato alla fine della stagione 7 (Nightmare in Silver) li ha resi più essenziali e inquietanti (peraltro mi pare che il logo della 3W sia una riproduzione dell'occhio di un Cyberman), ma da qui a dire che siano un villain degno da finale di stagione ce ne passa. Non è forse un caso che la scena in cui i cyborg iniziano a riversarsi sulle strade riprende molto esplicitamente quella dell'episodio The Invasion, in cui era il Secondo Dottore ad affrontarli.

Fortunatamente, a insaporire il tutto c'è Missy, aka Misstress, femminile di Master. Ed eccoci qua, finalmente abbiamo scoperto chi ha manovrato i fili di tutta la stagione (e forse anche oltre). Abbiamo anche la dimostrazione che un Time Lord può cambiare sesso durante una rigenerazione, idea che era stata ventilata ma mai confermata, e che credo aggiunga un altro particolare interessante (basta che il Dottore non diventi mai femmina, non credo sarebbe appropriato). L'ipotesi Missy = Master girava quasi dall'inizio, e l'unico ostacolo era proprio l'incognita che potesse o meno cambiare sesso. Era abbastanza sicuro che fosse un Time Lord, e le ipotesi cadevano su Rani, Susan o Romana, le uniche Time Lady conosciute. D'altra parte il Master ha usato tecniche diverse anche in passato per forzare la propria resurrezione, e in effetti dopo il confronto finale con Rassillon non lo avevamo visto morire, ma solo sparire insieme agli altri Time Lord. Mi sembra comunque più credibile questa ipotesi piuttosto che quella sorta di rito satanico con cui era tornato in vita in The End of Time. Mi piacerebbe che il prossimo episodio si aprisse con una sorta di flashback in cui viene mostrato come il Master sia sopravvissuto/fuggito e abbia acquisito un corpo femminile, per poi insediarsi a capo della Terra Promessa, ma dubito possa succedere. E chissà se sente ancora the sound of drums?

C'è un ultimo particolare che mi piace evidenziare, ed è la sottotrama dedicata proprio a Danny. Sapevamo fin dalla sua introduzione che aveva alle spalle qualche brutto segreto, e abbiamo finalmente scoperto che si tratta del suo senso di colpa per aver ucciso in un'operazione militare un ragazzino presumibilmente innocente. Non che sia mosso a compassione dal dramma del soldato che ha fatto cose terribili (tanto più che la cosa è stata portata avanti in modo piuttosto didascalico), ma l'idea che nell'aldilà, fittizio quanto si vuole, si possa incontrare e dover rispondere a coloro a cui si è fatto del male è sicuramente di forte impatto, e un motore a mio avviso efficace nel muovere le azioni di Mr. Pink.

Quindi nonostante qualche pecca, la puntata funziona come sottostrato per il climax finale. Penso che si saranno un altro paio di sviluppi interessanti (penso a Clara che nel trailer afferma di non essere mai esistita, e la scoperta del modo in cui il Master l'ha "scelta"), quindi a meno di boiate ritengo ci si possa aspettare un finale degno di una stagione in ultima analisi abbastanza cupa. Non voto perché la valutazione ha senso solo dopo la seconda parte.
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Published on November 03, 2014 03:53

October 30, 2014

Black Swan

È da un po' che non metto un racconto-lampo qui sul blog, perché tutto sommato mi pare che ci siano cose più interessanti di cui parlare, e se proprio volete leggere la mia narrativa andate a vedere nelle pubblicazioni e vi scegliete qualcosa (sì, anche a gratis, pidocchiosi che non siete altro...). Ma ogni tanto fa bene staccare dalla routine, quindi oggi mi sento di buttare lì una storiella claustrofobica di paranoia da astronave. Non fatevi ingannare dal titolo, non include scene lesbo tra Natalie Portman e Mila Kunis.


Black Swan
SYSTEM CHECK: OK HULL CHECK: OK ENGINE CHECK: OK CRYOCELL CHECK: OK
Desmond lesse le righe di testo che il computer gli chiedeva di verificare a ogni inizio del periodo di veglia. In alto, in un angolo, era presente il numero progressivo del periodo, dal quale, calcolando l'alternanza delle dodici ore di veglia con le otto di sonno, poteva ricavare che il viaggio finora era durato quattordici anni, dieci mesi e un paio di settimane.E ne mancavano ancora più undici, prima che la Black Swan raggiungesse Vega.Undici anni in cui avrebbe continuato a eseguire le stesse operazioni, ogni periodo, dieci ore sveglio e otto ore dormendo. Un ciclo infinito, senza possibilità di uscita.Perché era toccato a lui?Soffermò lo sguardo sull'ultima riga: la criocella funzionava alla perfezione, come tutto, del resto. Desmond si voltò a osservare la cella. Nell'angusto spazio abitabile della nave, bastava girarsi per trovare qualsiasi cosa. Aveva imparato a memoria ogni dettaglio di quell'ambiente, riusciva a riconoscere alla perfezione tutti i particolari. Paradossalmente, l'unica cosa che non poteva vedere era se stesso, visto che l'abitacolo non conteneva nessun tipo di superficie riflettente. L'unico modo di scorgere il suo stesso volto era osservarlo ritratto sul tesserino di riconoscimento che era incluso sul pettorale della tuta.Al di là del vetro temperato spesso sei centimetri della criocella poteva scorgere la sagoma di Kelvin, il suo compagno di missione, sospeso in ibernazione fin dal lancio in orbita. Per lui, il viaggio sarebbe durato solo un battito di cuore, e poi si sarebbe risvegliato, fresco e giovane, come se non fosse passato nemmeno un minuto, mentre Desmond nel frattempo era invecchiato di venticinque anni, accudendolo quotidianamente.Non solo: Desmond avrebbe dovuto anche accompagnarlo nelle prime delicate fasi di recupero, quando, emerso dalla lunga ibernazione, Kelvin sarebbe stato troppo confuso per ricordare chi fosse o dove si trovasse. Gentilmente, pazientemente, Desmond avrebbe dovuto scongelare i suoi ricordi cristallizzati dal criosonno.Perché era toccato a lui? Era profondamente ingiusto, che di due professionisti equivalenti, lui fosse stato scelto per quel sacrificio.E allora, dopo quattordici anni, pensò che forse poteva rimediare l'ingiustizia. Forse avrebbe potuto risvegliare Kelvin, e convincerlo che lui era Desmond Bowman, incaricato della manutenzione della Black Swan. Dopo quattordici anni, poteva pur chiedere il cambio...Forzò il sistema, e avviò la procedura di scongelamento. Si preparò ad estrarre il corpo inerte di Kelvin, ma quando i vapori della criocella si dispersero notò qualcosa di insolito.Il viso del collega non corrispondeva a quello riportato sul pettorale della criotuta. Eppure, in qualche modo gli era familiare.Capì troppo tardi, quando l'altro aveva già riaperto gli occhi: se si escludeva la barba incolta, quel volto corrispondeva all'immagine sulla sua tuta. Davanti a lui c'era il vero Desmond Bowman.
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Published on October 30, 2014 04:20

October 28, 2014

Doctor Who 8x10 - In the Forest of the Night

Vedendo il trailer di questo episodio avevo pensato che si sarebbe trattato di una versione dark di una o più fiabe, immaginavo avesse qualche collegamento con Cappuccetto Rosso, e magari Hansel e Gretel, o Pollicino, insomma, tutte quelle che si svolgono nei pressi di un bosco. La cosa avrebbe avuto senso nell'arco di una stagione che già altre volte ha preso dei temi classici dell'immaginario collettivo (come il mostro sotto il letto) declinandoli opportunamente in chiave sf. Le cose si sono mostrate però diversamente, anche se qualche accenno a questo collegamento tra uomo e foresta è stato fatto. Durante la visione invece, quando cercavo di capire cosa stesse succedendo, a un certo punto ho pensato "Vashta Nerada!", e ho voluto credere che questa puntata si ricollegasse al migliore episodio ever del nuovo Doctor Who . Ma neanche questo è successo.

Comincio elencando ciò che questa puntata non ha fatto, perché se devo descrivere quello che c'è stato la recensione si farebbe molto breve e poco simpatica. Perché ci sono parecchi aspetti che rendono In the Forest of the Night il più brutto episodio della stagione attuale, e certamente uno dei peggiori degli ultimi anni. L'idea di una vita vegetale cosciente e impegnata a mantenere vivo il pianeta ha un suo fascino, ma qui si esprime in modo troppo semplicistico. Intanto una gigantesca foresta che copre tutto il mondo (anche i deserti africani, a quanto si vede) nello spazio di poche ore non si può onestamente accettare. Soprattutto se si considera che nessuno se ne è accorto: com'è possibile che su tutta la Terra non ci fosse una persona sveglia a vedere una sequoia di trenta metri crescere nel giro di venti minuti? In secondo luogo, i danni che questa crescita abnorme provocherebbe nei luoghi civilizzati (per fare un esempio, il centro di Londra) sarebbero incalcolabili, basta vedere come si riducono le strade quando le radici affiorano. Infine, se anche volessimo accettare tutto questo, e riconoscessimo agli alberi (o quei fuochi fatui che ne rappresentano la coscienza) il ruolo di guardiani del pianeta, allora, dov'erano finora? Tutte le volte passate che, tanto nella storia reale che nello show, la Terra si è trovata in pericolo (a volte la minaccia era simile a quella mostrata qui), dov'erano gli alberi salvatori? Senza contare che, a mio avviso, un pianeta così completamente verde avrebbe un tasso di ossigeno tanto alto da favorire la combustione, non evitarla...

Insomma, non ci siamo quanto a nucleo narrativo. E nemmeno tanto con lo svolgimento. A parte il fatto che credo ne abbiamo avuti abbastanza, in questa stagione, di episodi con ragazzini come co-protagonisti, ma oltre a questo il triangolo Doctor-Clara-Danny inizia a stufare, visto che non porta da nessuna parte. Cioè, io lo so dove porta, con ogni probabilità il ruolo di mr. Pink è fare da solida àncora di salvezza per quando Clara vorrà abbandonare il Dottore (momento che si avvicina, a quanto pare), però appunto, rimarcare così tanto la differenza di atteggiamento tra i due nei confronti del Time Lord e delle avventure da lui ricercate si fa frustrante. Questo peraltro è uno di quegli episodi in cui Clara è effettivamente stupida e ottusa, quando altre volte si dimostra invece sorprendentemente audace e sveglia. Tutto ciò contribuisce a rendere ancora più irritante quello che si vede, e quando non c'è una trama abbastanza forte da sorreggere tutto la visione diventa sgradevole.

Rimangono poi due cose da spiegare: il titolo, che io non ho capito a cosa si riferisca, a meno che non sia una citazione di qualcosa, che comunque non mi sembra ci azzecchi tanto; e soprattutto, ma da dove è uscita fuori la sorella morta della bambina che sussurrava agli abeti!? Voto: 4/10
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Published on October 28, 2014 07:15

October 25, 2014

La mia esperienza con la Factory Editoriale

Mi ritaglio cinque minuti del vostro sabato pomeriggio per un breve post che riassuma quello che potreste esservi persi della mia esperienza con la Factory Editoriale I Sognatori . Non sto a ripercorrere tutta la storia, che è iniziata l'estate dell'anno scorso, mi ha portato in breve tempo alla pubblicazione di Spore e ha celebrato il suo primo anno di attività con il Factory Day 2014, una manifestazione letterario-culturale tenuta a Viareggio a fine agosto. Voglio spendere questo post perché vista dall'esterno forse la Factory non appare diversa da molte altre case editrici, piccole ma agguerrite, che si affacciano ogni tanto nel panorama underground italiano. Ma vivere quotidianamente l'esperienza dal dentro è un'altra cosa, e vorrei provare a farlo capire a chi è solo di passaggio e magari incrocia la realtà della Factory senza sapere cosa c'è dietro.

Per il suo pubblico tutto sommato I Sognatori si può definire una casa editrice di piccola dimensione, ma nondimeno virtuosa, perché punta su talenti italiani da coltivare e proporre coraggiosamente su canali alternativi (per scelta editoriale non distribuisce direttamente in libreria). Voglio dire, nel suo primo tris di pubblicazioni ci sono rientrato io, con una raccolta di racconti di fantascienza: l'antitesi del bestseller. Eppure l'intenzione si è confermata anche in seguito, con la stampa di libri che in buona parte sfidano i trend di mercato. Da questo punto di vista quindi probabilmente I Sognatori possono essere assimilati ad altre case editrici passate o attuali, come la Gargoyle che fu (non quella attuale, le mitiche Edizioni XII e la nuova arrivata Zona 42 (cito quelle più attive nella letteratura fantastica perché è il settore che conosco meglio). E tanto dovrebbe bastare.
Quello che però non emerge all'esterno è il modo in cui la casa editrice lavora, che giustifica la sua definizione di "Factory Editoriale". Senza addentrarsi troppo nello specifico, basta sapere che il gruppo di autori riunti dall'editore compone una nutrita squadra che mette a disposizione le proprie capacità per tutti gli altri. È stato grazie a questo gruppo che sono riuscito a organizzare la mia prima presentazione al Caffè Letterario Volta Pagina di Pisa (e per inciso, questo pomeriggio sarò di nuovo lì, per la presentazione di Y di Claudio Selva), e ho stabilito contatti per altri eventi simili in posti diversi (dovrei riuscire a dare qualche dettaglio presto). Certo, io sono stato tra i primi a poter approfittare di questa rete, ma lo stesso vale per gli autori che sono stati pubblicati in seguito. La cosa straordinaria è che, se alla partenza del progetto il principio su cui ci si basava (o almeno su cui io stesso pensavo di contare) era il semplice do ut des, ovvero uno scambio di "favori" reciproci di cui alla lunga tutti avrebbero beneficiato, a distanza di un anno posso dire che non è più così. Adesso, un successo della Factory è un successo che percepisco come mio, perché dopo aver conosciuto (attraverso il forum dedicato e di persona) gli autori che compongono il gruppo, il rapporto si è evoluto oltre la collaborazione professionale. Tanto che adesso, quando ancora cerco di stabilire contatti per prossimi eventi o promozioni, la mia logica non è più "come posso spingere il mio libro?", ma "come posso spingere la Factory?"
C'era dello scetticismo all'inizio del percorso, quando Aldo Moscatelli ha lanciato dal suo blog l'idea e poi ha composto la squadra. Io stesso non ero certo sicuro al cento per cento che l'approccio fosse vincente (e forse non posso ancora dire che lo sia in tutto), ma adesso so con certezza che la direzione è sicuramente quella giusta. Qualcuno, soprattutto chi ha una minima conoscenza dei meccanismi editoriali, può ravvisare nella formula della Factory un modo furbo dell'editore per liberarsi del lavoro e delle responsabilità che spetterebbero a lui. Beh, in parte è vero, ma tutto sommato se il fine è quello di diffondere e vendere i libri pubblicati, e la condivisione (ancora più che la suddivisione) dei compiti lo rende più facile, qual è il problema? È meglio fossilizzarsi su posizioni sterili, o impegnarsi personalmente per ottenere un risultato migliore a beneficio di tutti? In secondo luogo però, bisogna anche considerare che l'editore si comporta in tutti i sensi come tale, e non c'è dietro nessun sistema ingegnoso di EAP o vanity press che sia: il gruppo si consulta, propone, valuta, ma poi la decisione finale spetta al capo, che di fatto stabilisce la linea da seguire. Ciò non vuol dire nemmeno che ci sia una dittatura incontestabile, anzi, già in diverse occasioni le proposte dell'editore sono state bocciate dal gruppo, o viceversa una proposta di un membro è stata accolta come parte integrante del "regolamento interno".
Quando sono approdato nella Factory io ero forse uno degli iniziali 80-90 membri (ad oggi sono molti meno, forse poco più di 50) con maggiore esperienza di pubblicazioni e mercato editoriale. Questo per chiarire che non mi sono fatto abbagliare dalla prospettiva della rapida e facile pubblicazione (poi di fatto è stato così, ma per un caso!), e sapevo bene che c'era da dubitare fortemente. Avevo già partecipato a più presentazioni, anche di editori "professionisti", ma non si era mai trattato di eventi ben organizzati come quelli che sono riuscito a realizzare con gli amici factoriani. Ad oggi posso quindi dire che l'idea era azzeccata, non fosse altro per questa intensa rete di collaborazione e rapporti umani che si sono instaurati nel gruppo. Io so che fino a fine 2015 non potrò nemmeno prendere in considerazione l'idea di pubblicare qualcos'altro per I Sognatori, ma non per questo smetto di seguire le iniziative e sostenere i miei compagni. Si parla spesso di come l'editoria sia un settore sterile, marketizzato, dove la qualità non rappresenta un criterio essenziale e la barriera tra i tre soggetti coinvolti (autore - editore - lettore) risulti invalicabile. Qui il sistema è diverso, perché gli autori sono i primi lettori, e l'editore consulta gli autori, e i lettori rispondono direttamente all'editore, e così via. Senza stare a scomodare i paradigmi del socialismo, a me sembra solo un sistema pragmaticamente efficace e soddisfacente per tutte le parti in gioco.
Con tutto questo non sto facendo uno spottone per dire "ehi, guardate quanto siamo bravi e innovativi, leggeteci!". Il pubblico deve giustamente valutare solo sulla base di quanto viene pubblicato e letto, e a essi non si risponde con nient'altro che la qualità. Ma per chi ha la curiosità di sapere come ha fatto il libro che tiene in mano ad arrivargli in mano, questo breve resoconto credo sia interessante. La Factory Editoriale non sarà la panacea in grado di risanare l'editoria, non arriverà mai a competere con i big del settore, i suoi autori non verranno mai invitati da Fazio e probabilmente ci sarà ancora molto da dover mettere a punto e imparare. Insuccessi ce ne sono stati e ce ne saranno, ma niente che non ci si aspettasse, quando ci si muove in un settore così saturo e distorto in partenza. La mia esperienza, finora, è stata una delle più complete e soddisfacenti dal punto di vista "autoriale", e mi ha portato senza dubbio a maturare molto non solo come scrittore, ma anche come "operatore artistico" in genere (perché quando ti sbatti due mesi per organizzare una presentazione nella biblioteca a 40 metri da casa tua impari molto). E non è certo merito esclusivamente mio, ma di tutte le persone disponibili, competenti, eclettiche, sopra le righe, con cui mi sono trovato a condividere il percorso.
Se seguite regolarmente questo blog ci sono buone probabilità che abbiate letto Spore (se non è così, dovreste sentirvi un po' delle merde), e per quanto mi riguarda non avrei altro da richiedervi. Ma fidatevi di me quando vi dico che questi ragazzi meritano di essere conosciuti, e se sfogliate i profili degli autori o il catalogo troverete sicuramente qualcosa di interessante. Le anteprime free abbondano ed è da poco disponibile anche il primo ebook collettivo gratuito, quindi il giudizio potete formarlo in autonomia senza rimetterci più di un'oretta del vostro tempo. You'll thank me later.
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Published on October 25, 2014 05:54

October 22, 2014

Coppi Night 19/10/2014 - Ralph Spaccatutto

Forse è un mio problema, o forse soltanto una fase passeggera, ma l'insofferenza che provo ultimamente nei confronti dei film, soprattutto quelli più popolari, mi sta portando a preferire di gran lunga la visione di un bel "cartone", termine con il quale intendo tutto il cinema d'animazione che a mio avviso, negli ultimi anni, spesso ha molto più da dire rispetto al resto. È per questo che al mio turno del Coppi Club ho proposto un'intera rosa di film d'animazione, e per inciso me ne sono visti un paio nel frattempo (non avevo ancora visto Il gigante di ferro, stupido che ero!).
In effetti avevo già visto Ralph Spaccatutto poco dopo la sua uscita, ma ho voluto proporlo e alla fine è stato questo a spuntarla. Il titolo mi aveva attirato fin dall'inizio perché la sua prospettiva sul mondo dei videogiochi, intesi soprattutto come i vecchi arcade da sala giochi, era estremamente interessante. Non mi posso definire un videogiocatore, ma le mie ore ce le passo (anche in questo caso, a periodi, alternando fasi di picco ad altre di stasi), e graziaddio faccio parte (per un soffio) di quella generazione che ha messo le mani sul Commodore 64, il Dreamcast e il Super Nintendo. Insomma, conosco tutti i giochi "classici" della storia, e soltanto vedere i riferimenti a questi sparsi per tutto il film basterebbe a ritenersi soddisfatti.
Ma il film non si limita a questo, e gli autori sono stati più bravi che furbi, perché in effetti sarebbe stato anche troppo facile fondare un'intera storia sul senso di nostalgia provato dagli spettatori vedendo Qbert e Bowser. La storia di Ralph, cattivo dei videogiochi intenzionato a redimersi, è molto più complessa di quanto possa apparire in partenza, e se all'inizio può sembrare che il film non porti da nessuna parte, arrivati alla fine si realizza che l'eroe ha compiuto l'intero percorso di riscossa-affermazione-caduta-rivincita tipico di tutte le saghe epiche. Se al di là delle citazioni il livello delle gag è forse più adatto agli spettatori più piccoli, la storia una volta dipanata interamente ha una complessità che richiede un impegno ben maggiore, così come i momenti più drammatici raggiungono un'intensità notevole (all'interno del contesto). La forza maggiore di questo film è forse la coerenza con cui il "mondo segreto" dei videogame viene illustrato, con i suoi meccanismi e le sue regole, e come gli eventi si costruicano proprio sulla base di queste regole, o sulla loro deliberata elusione. Questo è quel tipo di coerenza che appunto non ritrovo in molti dei film moderni, e basta rileggere quanto dicevo di The Winter Soldier per capire a cosa mi riferisco. È chiaro che il livello di credibilità è diveros, ma fatte le giuste proporzioni, all'interno del suo universo narrativo Ralph è molto più coerente di Capitan America. C'è anche da dire che forse lo svolgimento della trama non è del tutto equilibrato, e che probabilmente la parte centrale fatica a trovare una collocazione, con la presenza della bambina come controparte di Ralph che risulta piuttosto irritante, almeno fino a quando non si inizia a scoprire che c'è qualcosa di più di quello che si vede inizialmente. Tutte le rivelazioni sono poi concentrate negli ultimi venti minuti, quando forse avrebbero potuto essere diluite meglio per mantenere l'attenzione viva anche nelle parti precedenti. Tuttavia, come molti altri "cartoni", Ralph Spaccatutto non si può definire un film per bambini. La sola presenza di tanti riferimenti ai videogiochi degli anni 80-90 basta da sola a far capire che il pubblico ideale è maturo, di almeno 30 anni o giù di lì, e che forse solo per poter approdare sul mercato il tiro è stato poi corretto cercando di rendere il prodotto appetibile anche al pubblico più giovane. La classica situazione in cui il genitore usa la scusa del "porto i bimbi al cinema" e poi esce lui coi lacrimoni.
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Published on October 22, 2014 23:00

October 20, 2014

Doctor Who 8x09 - Flatline

Ogni tanto Doctor Who ci propone un episodio in cui il protagonsita della serie è per lo più assente, e a sbrigarsela in sua assenza devono essere gli altri personaggi, companion attuali prima di tutto. Nella nuova serie, a parte il caso eclatante e ormai cult di Blink, ci sono anche altre istanze simili, come Fear Her nella seconda stagione, Turn Left nella quarta, The Girl Who Waited nella sesta. In Flatline ci risiamo, e stavolta il Dottore è impossibilitato a partecipare all'azione perché non può fisicamente uscire dal Tardis, che ha avuto un insolito collasso dimensionale e adesso è molto più piccolo on the outside. Il Dottore in effetti non è del tutto assente, e riesce a comunicare con Clara, ma diventa lei l'agente sul campo, tenuta ad affrontare la minaccia in corso e dirigere (possiblmente salvare) i malcapitati di turno.

Il nemico in questo caso è uno di quei pochi antagonisti che riescono ad andare oltre la comprensione del Dottore stesso: forse esseri di un altro universo, creature bidimensionali che si affacciano sul nostro universo 3D e cercano di interpretarlo. Non è del tutto chiaro se gli esseri transdimensionali siano davvero ostili o se le vittime da loro provocate sono soltanto un indesiderato effetto collaterale dei loro tentativi di contatto. Il Dottore prova a comunicare con loro, ma il tentativo non dà risultati apprezzabili, per cui ci si trova a dover affrontare il problema in modo pragmatico: questi flatlandiani malefici stanno facendo del male, e anche se questo risultato fosse involontario, devono essere fermati.

L'idea che stà alla base di questo episodio è una delle più interessanti finora, e il modo in cui non si riesca a stabilire un contatto al di là dell'estrema alienità di questi esseri è affascinante. Anche il modo in cui il Tardis reagisce a questo scombussolamento dimensionale è degno di nota, e sottolinea uno dei tanti "poteri" della macchina del tempo che spesso vengono dati per scontato. Il Tardis è per definizione (Time and Relative Dimensions in Space) un apparecchio che permette di alterare le dimensioni spaziali degli oggetti, e il suo essere bigger on the inside ne è la prova più immediata (il Quarto Dottore, a suo tempo, spiegò a Leela come questo era possibile), ma a volte questa sua capacità può provocare degli inconvenienti, come nell'avventura del Primo Dottore Planet of the Giants, dove tutti i viaggiatori erano stati ridotti alla dimensione di insetti. Personalmente gradisco sempre quando le storie si focalizzano su un aspetto del Tardis, che è un personaggio centrale almeno quanto il Dottore stesso. Inoltre bisogna riconoscere che l'avversario di questo episodio non è un semplice mostro/alieno di un altro pianeta/tempo, ma qualcosa di più complesso, che richiede uno sforzo maggiore per essere compreso. Si tratta di un approccio più "maturo", che forse potrà anche mettere in difficoltà qualche spettatore ma ribadisce che lo show si è evoluto da quando ha ripreso nel 2005 e portava in scena alberi umani e alieni scoreggioni.
Quello che magari potrebbe non andare giù a molti fan è il ruolo da protagonista di Clara. Molti si sono lamentati che la sua presenza in questa stagione è fin troppo pesante, e che sembra quasi che lo show segua le sue avventure in giro per l'universo piuttosto che quelle del Time Lord che se la porta appresso. Questo episodio pende pericolosamente in questa direzione, quindi può apparire per certi versi indigesto, però io non lo reputo debole in questo senso, perché anzi il fatto che Clara abbia dovuto fare le veci del Dottore, e ricoprirne il ruolo in sua assenza, ha contribuito a mostrare qualcosa che già era stato visto in Kill the Moon, che essere un eroe, quello che arriva e salva tutti, non è facile, e comporta spesso scelte pesanti, oltre che una serie infinita di menzogne.

La puntata si conclude con un altro teaser di Missy, e stavolta lei parla direttamente di Clara, dicendo di aver scelto bene. Non è dato di sapere per cosa la ragazza sia stata scelta, e in che senso Missy l'abbia scelta (scelta per diventare companion del Dottore, e quindi pilotata in quella direzione? scelta per qualcosa che dovrà fare in seuito?), ma altri indizi si aggiungono al plot che si svolgerà, ormai tra un paio di puntate, e chiuderà l'ottava stagione, che a mio avviso finora si sta dimostrando più stabile di molte delle precedenti (sicuramente più della settima). Voto: 7/10
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Published on October 20, 2014 10:37

October 15, 2014

Coppi Night 12/10/14 - Coffee and Cigarettes

Non sono molti il film nella storia del Coppi Club che vantano il discutibile primato di non essere stati visti fino in fondo: Coffee and Cigarettes è tra questi, un ristretto club che conta solo un altro titolo: Assolto per aver commesso il fatto, film con Alberto Sordi visto agli albori del Club.
Diciamo subito una cosa, che in realtà ho già detto molte altre volte: io non sono un cinefilo, un esperto di cinema, arte, fotografia o sailcazzo, io non so nulla-di-nulla di storia della cinematografia, non so come si chiamano i diversi tipi di inquadrature e dal punto di vista tecnico mi limito a riconoscere un film in bianco e nero da uno a colori. Il mio parere quindi è sempre ed eslcusivamente quello dello spettatore "generico", forse un po' più smaliziato del normale, che ha un occhio in più per certi meccanismi e strutture che spesso vengono ignorate.
Però.
Però dai, cioè. Stiamo scherzando? Questo non è un film. Checcazzo, questa è una telecamera lasciata accesa in una stanza, e di solito si vedono personaggi e storie più interessanti nel circuito chiuso dei market pakistani 24/7. Io non so quale fosse l'intenzione del regista, ma questa serie di scenette che non solo non hanno un collegamento, ma nemmeno un punto di partenza e di arrivo. Voglio dire, ce n'è una, non mi ricordo se la quinta o la sesta, in cui tutto quello che si vede è questa ragazza che legge il giornale con il caffè sul tavolino, e il cameriere che arriva per riempirle il caffè ma si ferma perché lei non vuole. Nient'altro. Niente. Altro. E questa è solo la più clamorosa, ma quelle precedenti non sono da meno, Benigni o Iggy Pop che sia. Un altro corto dei 12 che compongono il "film" (ma di cui ne ho visti solo 6, forse ho iniziato e poi abbandonato il settimo) ci sono due neri, non ho capito se sono parenti o solo amici, sempre in un bar, si trovano lì e uno dice "mi hai chiamato perché qualcosa non va" e l'altro "no va tutto bene" e poi "no, qualcosa non va", "no, davvero, tutto a posto", "davvero tutto a posto?", "sì tutto a posto", "ok allora ciao".
Cioè, cosa mi dovrebbe rimanere di tutto ciò? Io siccome non mi reputo l'ultimo degli imbecilli, ho pensato "boh, magari mi è sfuggito qualcosa", e per la prima volta sono andato su google a cercare qualche recensione per capire se davvero avevo sbagliato io approccio. Ma niente, il film è mediamente apprezzato perché dice che sia ironico e che mostri le ossessioni e le consuetudini e le idiosincrasie della vita moderna. Scopro addirittura che uno dei cortometraggi ha vinto anche un premio, una palma d'oro o roba simile.
Ma per cosa? Perché è girato bene? Ma si tratta di un film o di un'operazione chirurgica? È un'opera, qualcosa che dovrebbe trasmettere delle sensazioni e idee allo spettatore, o il bilancio di un'azienda? Non lo so, io davvero non ci arrivo e boh, sarà un limite mio, nessuno lo mette in dubbio. Ma io con questa roba non voglio averci a che fare, e forse è quasi peggio questo di quel trashume che mi capita di vedere di tanto in tanto, perché qui c'è la pretesa di fare ARTE . In questi casi sì che mi sento di dirlo: andate a lavorare.
E poi si può sapere quella cosa di brindare con le tazze del caffè, chi ve l'ha messa in testa?
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Published on October 15, 2014 23:40

Unknown to Millions

Andrea Viscusi
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