Vera Q.'s Blog

October 25, 2020

ʟᴏɢɪᴄᴀ.

ʟᴏɢɪᴄᴀ.

- Chi non muore, si rivede.
Mi siedo compita sul treppiede e il giardino d'inverno mi circonda. Un piccolo spazio, neppure troppo curato. S'affollano i ficus, stretti. E una pianta di sterlizia soffoca accanto al tiglio africano.
La Vita mi guarda, ed alza le spalle. E molle si accomoda.
Occhieggia l'omero bianchissimo dal peplo a casaccio. Quel tocco decadente, drammatico. Insopportabile.
- È il mio ruolo esserci. E mi risponde dal suo scranno. Querula. Alito di rosa, e zucchero filato e filo spinato.
- Mi stai regalando dannazione, almeno te ne rendi conto?
- Hai scelto di vivermi. Puntualizza. Lei.
- Non ho scelto un bel cazzo di niente. Puntualizzo. Io.
Ma la Vita sbatte le palpebre. Piena, come l'estate.
- Beh, sei nata.
- Beh, non ho scelto di nascere.
- L'hai fatto, l'hai fatto eccome, signorinella! Avresti potuto non respirare e, adesso, non saresti qui ad espiare. E però hai dilatato gli alveoli con un urlo disperato. Ed hai gonfiato i polmoni con così tanta foga da esplodere in lacrime. E che cosa mai ci si può aspettare di amabile da un'alba che si compie nel pianto?

Vita 1 - Vera Q. 0

ᴠᴇʀᴀ ʀᴀᴄᴄᴏɴᴛɪ ᴅ'ᴀᴜᴛᴜɴɴᴏ ǫ.

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Published on October 25, 2020 16:32

October 13, 2020

ᴀᴜᴛᴏɢᴏʟ - sᴛᴏʀɪᴇ ᴅᴀ ᴘᴀɴᴅᴇᴍɪᴀ.

ᴀᴜᴛᴏɢᴏʟ - sᴛᴏʀɪᴇ ᴅᴀ ᴘᴀɴᴅᴇᴍɪᴀ.

Verso le 22:00, Vera si mise davanti allo specchio del bagno, accese la candela nera nerissima e spense la luce bianca bianchissima.
E il vano tramutò in antro. E perse i contorni.
- Sei sempre una gran gnocca, pronunciò ad alta voce rimirandosi vanesia. Frattanto, la fiammella rischiarava, molle, l'ambiente.
E Vera riempì i polmoni d'aria e divenne austera. Lei, il buio e la scintilla lucente.
- Bloody Mary, Bloody Mary, Bloody Mary.
Lenta, linda, scandì ogni sillaba, e in attesa che Mary la sanguinaria facesse la sua comparsa nello specchio, poggiò entrambe le mani sul lavabo.
- Non può venire. Soffiò una voce alle sue spalle.
E Vera sospirò.
- Ancora tu! E non le servì scandagliare la Notte siccome lo sfiato era il solito, il suo tormento: il signor Diavolo.
- In che senso non può venire? Aggiunse seccata.
E Satana le si affiancò.
- Sei sempre un gran gnocco, pronunciò ad alta voce rimirandosi vanesio. A sua volta.
- Beh? E Vera era impaziente.
- Ha il covid, e il Demonio era poco ciarliero.
- Daaaaai! Non le avete la mascherine all'Inferno?
- Certo, ma si soffoca con quella roba sulla faccia!
Vera lo trapanò in tralice: Non dirmi che là sotto siete un branco di no mask!
E Satana scrollò le spalle: in fondo, è poco più di un'influenza.
- Dio, sei più ottuso dei terrapiattisti!
- Nooo! Non nominarlo! Lo sai che non vede l'ora d'infilar...
E di fatto, così fu. Nemmeno il tempo di terminare la frase che Dio entrò a gamba tesa.
- Amici! E il Signore era paludato: mascherina, camice monouso, visiera e guanti.
- Una via di mezzo, no? Vera saettava con lo sguardo sui suoi due compagni di merende.
- Esagerato! Disse Satana.
- Non mi sta da Dio? Disse l'Altissimo.
- Un figurino! Hai imposto questa pagliacciata a tutti?
- Eccerto! E Dio rideva, e Satana rideva. Vedessi come s'industriano gli angeli per suonare le trombe!
- Siete pessimi! State scherzando su una questione serissima! Chiosò Vera. Palpabile il biasimo.
- Serissima per voi umani, a noi non ci fa un baffo. Replicò Dio.
- E Mary malata? La donna alzò un sopracciglio, eloquente.
- Ha il covid, è stata evocata da un asintomatico e ZAC! Precisò Satana.
- Non è una malattia vera, Vera. È soltanto una forma empatica.
- Eh?
- Empatia, quella cosa che ti fa mettere nei panni degli altri, do you know? E Lucifero rispose.
- Esatto, comprensione, solidarietà, identificazione, ecco! Quella roba da gonnelle frementi e Mary, si sa, è una mammoletta. Il Creatore schioccò la lingua sul palato. Altisonante.
- E allora siamo salvi! Noi umani dovremmo averla tutti! C'è ancora speranza!
E Dio la fissò.
E il Diavolo la fissò.
E lo scroscio di risa incrinò persino la ceramica del WC.
- Ma per favore, il Signore sollevò la visiera e abbassò la mascherina. Il sorriso splendente illuminò il locale: vi ho fatto a mia immagine e somiglianza, ma ti pare?

ᴠᴇʀᴀ ʀᴀᴄᴄᴏɴᴛɪ ᴅ'ᴀᴜᴛᴜɴɴᴏ ǫ.

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Published on October 13, 2020 04:26

October 7, 2020

ᴛᴀɪɴᴛᴇᴅ ʟᴏᴠᴇ.

ᴛᴀɪɴᴛᴇᴅ ʟᴏᴠᴇ.

Né piccola, né grande, ma soltanto afosa, la stanza accoglieva le quattro pareti bianco sporco.
Nord, Sud, Est, Ovest: una rosa dei venti. E nessuna bonaccia.
Dalle persiane sbarrate, un timido tentacolo di sole, grattava il pavimento. Il tondo di luce disegnato sulla graniglia ricordava un occhio senza pupilla. Le ciglia, le frange dello scendiletto.
Il Signore, frattanto, cementato alla sua croce, guatava l'abat-jour dal muro portante con la sua solita espressione dolente: un povero cristo o un povero diavolo. Un soprabito doubleface.
《Sei solo una puttana!》Un timbro maschile si sovrappose al ticchettio del cucù.
E la puttana mugolò sdraiata sul letto, discinta. La fronte tumefatta.
La donna era febbricitante e il bavaglio le impediva di respirare. Le gambe, oscenamente divaricate, erano imbrigliate alla pediera. Le caviglie strette nella morsa di una corda ruvida frenavano qualsiasi movimento. E l'eleganza di due nodi vaccai condiva il pasto nudo.
《Troia!》E l'uomo insisteva brandendo nella destra il cellulare. La sua Smith & Wesson.
《Parliamo di quanto sei troia, Sara?》 Aggiunse.
《Amore!》E la apostrofò in falsetto, e la canzonava.《 Vado con le amiche in vacanza, un'occasione imperdibile, l'Africa!》E costui si agitava, e smaniava. Un calcio alla sedia, e poi uno all'armadio. E dopo, dinoccolato, a saggiare ogni angolo della camera.
E Sara, nel mentre, sfioriva. Le occhiaie viola erano due lividi maturi.
《Oh, ma io l'ho capito! L'ho capito subito appena ti ho vista all'aeroporto》e la indicava con il telefono. Un dito indice tecnologico.
《Nemmeno un bacio, Sara, cazzo! Neppure un cazzutissimo bacio sei riuscita a darmi! Ti sei fatta accompagnare a casa, hai giocato la carta del fuso orario e un bel calcio nel culo al sottoscritto!》
Gli occhi dell'uomo zigzagavano dalla donna al cellulare. E piangeva, ed urlava, sguaiato. Ed urlava e piangeva, ferito.
《Ti sei fatta fottere da un negro, dillo, puttana! Mi hai tradito con un merdoso negro! E infatti, da allora mi eviti.》
E Sara appassiva, muta, nel morso di tela. Da una narice, un rivolo rosso le imbellettava il labbro superiore.
《Sto poco bene, ci sentiamo domani, non si tratta di te, devo capire.》E pazzo, il pazzo sragionava facendole il verso.
《Ma io so tutto! Ti ho seguita, ti ho vista entrare in ospedale, test di gravidanza, vero? Troia tu, e bastardo quel negro!》
E però Sara scosse la testa, flebile. I lunghi capelli erano saldati al cuscino, senza vita. Un grumo di foglie secche.
《E la figlia del primario ha la precedenza su chiunque! Fra quanto papino ti darà la lieta novella?》
Il silenzio, di botto, li avvolse. Un'esplosione benedetta. Fuori, altrove, il latrato di un cane scandiva il tempo. Dentro, il respiro rumoroso dell'uomo provocava lo spazio. Un microcosmo di materia oscura.
《Ma ormai non ha alcuna importanza, Sara》proseguì il baubau 《perché io ti amo. E faremo alla vecchia maniera.》
Sicché, afferrata una gruccia di metallo, l'uomo si calò nei panni di una mammana di paese: 《non ho trovato ferri da calza, tuttavia non è certo questo il momento dei formalismi.》
E la donna sgranò gli occhi. E principiò a sobbalzare. Su, giù, e ancora e di più. Il corpo tremava, e il viso vibrava. E l'urlo afasico di chi è vittima, violò persino l'Inferno.
《E dopo, ci dimenticheremo di tutto. Dell'Africa, dei negri, di quanto sei puttana, e ogni cosa tornerà come prima.》E le tolse la museruola e la baciò di forza. La lingua, brutale, le scivolò nella gola. Il peso del tale la premeva al materasso. E Sara cercò di ritirarsi. E finalmente, gridò.
Come un macigno, il pugno dell'orco trovò il mento della principessa: uno scontro frontale. E seguì uno schiaffo, e continuò con un altro.
Ma il cellulare trillò e lo scempio finì: babbino gracchiava dall'altra parte del cavo.
《Sara, tesoro, sono papà, non muoverti di casa, sto inviando un'unità infettiva: sei positiva all'ebola.》
E il mostro sputò per terra, atterrito. Lo sguardo cinereo. E con le dita si scavava le fauci: pulire, levare, disinfettare.
E Sara rise, finalmente, e un fiotto di sangue fuoriuscì dalla gorgia. E il ghigno sornione di chi è carnefice, violò persino il Paradiso.
E deve essere amore, se ti senti sciogliere dentro.
Ma in taluni casi, è soltanto febbre emorragica.

ᴠᴇʀᴀ ʀᴀᴄᴄᴏɴᴛɪ ᴅ'ᴀᴜᴛᴜɴɴᴏ ǫ.

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Published on October 07, 2020 12:15

October 4, 2020

Una domenica.

Nel mio mondo di sposa in lutto, Dio e Diavolo sono la stessa cosa e niente è più frustrante del partorire demoni che neppure mi chiamano madre. Ma forse è per questo che andiamo d'accordo: è il luogo delle questioni sospese, dei viaggiatori senza biglietto e dei quasi.
E sono qui per colpa mia. E mi dono un'infelicità più grande. E non ho altro che questo amaro presente dove, come uno spettro, vago in tutt'altra luce temendo d'incontrarmi.

Vera Q.

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Published on October 04, 2020 04:58

September 25, 2020

ʟᴀ ғʀᴇᴛᴛᴀ.

ʟᴀ ғʀᴇᴛᴛᴀ.

Carla era sempre mangiata dalla fretta.
Un niente fatto di decisioni avventate. Di pancia.
E quella sera, il sonno tardava ad immobilizzarla alle coltri, e Carla consumava le lenzuola con i talloni.
Non che avesse chissà quali pensieri a tartassarle la mente, anzi, non si era mai sentita così leggera, ma le gambe, oh, le gambe non le davano tregua. E pedalavano irrequiete macinando chilometri sul materasso. E il crampo, e lo scatto, e il torpore: un tormento. Sicché, alle sei e quindici, Carla affrontò la questione di petto, per una volta. E si alzò dal suo letto di spine per recarsi in cantina. Lei, e la vestaglia.
La luce del seminterrato gracidò rumorosa al suo passaggio e al canto stonato si aggiunse un fastidioso baluginare intermittente.
Ed infilò la chiave nella toppa, e spinse con forza la porta gonfia d'umido ché non è mai una questione di segreti, bensì di nascondigli.
E dunque, nella pace di quel luogo soltanto suo, Carla si accomodò sull'impiantito di cemento e accese una candela nera.
- Non erano questi gli accordi, disse al Buio. Irriverente.
- Già stanca del giro di Do? E il Buio rispose. Irriverente.
- Ieri, al crepuscolo, mi avevi promesso gambe svelte per affrontare un mondo che corre, e però mi ritrovo perseguitata dalla smania di zampettare la notte!
- Beh, il tuo desiderio non ha tenuto conto del fuso orario. Dovevi essere più specifica.
- Fuso orario? E che razza di stronzata è? La mia era una metafora, pensavo che fosse ovvio!
- Carla dovresti saperlo, chi non ha testa, ha gambe. E questo è quanto.
- Prego?
Ma il Buio si fece Luce: il Sole era sorto. E il discorso morì divorato da un raggio impertinente sbucato dalla piccola finestra.
E Carla tornò in casa, sfinita e stranita.
E qualcosa non andava, e la vescica premeva, e il lavoro chiamava.
E distrattamente si guardò nello specchio dell'ingresso, e la testa non c'era più. E rimirava chissà come un corpo decapitato e vivo. E non provava dolore.
E sì, "chi non ha testa ha gambe".
E raccattò un altro paio di ciabatte: quei quattro piedi, in qualche modo, andavano protetti.

ᴠ͏ᴇ͏ʀ͏ᴀ͏ ʀ͏ᴀ͏ᴄ͏ᴄ͏ᴏ͏ɴ͏ᴛ͏ɪ͏ ᴅ͏'ᴀ͏ᴜ͏ᴛ͏ᴜ͏ɴ͏ɴ͏ᴏ͏ ǫ͏.

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Published on September 25, 2020 14:55

September 19, 2020

Marzo 2020: CoronaVeras, l'inizio.

Marzo 2020: CoronaVeras, l'inizio.

All'ennesima news catastrofica sull'evoluzione del virus, Vera prese una decisione. L'unica decisione. Del resto, era sua la colpa.
Così, disegnato il sigillo sul foglio, chiuse gli occhi e trillò: allora?
E la stanza non si mosse. E la voce della donna rimbalzò sul muro antistante e si spense sulla carta da parati. Eppure chi doveva, aveva sentito.
- Sessanta minuti! E qualcosa prese vita dal pavimento. Qualcosa con un umorismo anni '80.
E l'essere, da piastrella, divenne forma. Due gambe, due braccia e una testa. Su tutto, le lunghe corna ricurve avevano un che di ipnotico.
- Avevo detto: serve un'e-p-i-f-a-n-i-a, e Vera scandì ogni sillaba dall'utero, "un'epifania che colpisca e lasci tutti senza fiato, non un'epidemia che colpisca e lasci tutti senza fiato!
La creatura si grattò il naso adunco. Le unghie nere erano aghi aguzzi.
- Ah. E Satana scrollò le spalle. Sai che queste corna mi impediscono di sentire bene!
- Si vabbè, lallero. Vera arricciolò le labbra. Una smorfia come un'altra.
- Eh, ho capito male, ho capito. Il Diavolo si fece cavernoso. Il timbro risuonava. Un tamburo atavico.
- Ma se ti ho mandato un messaggio anche su WhatsApp con tutto il testo! E c'era la doppia spunta blu!
- Ma quella è stata Lilith, è gelosa, il cellulare ormai è in mano sua, mi ha persino cambiato la password per accedere. E comunque aveva senso: un'epidemia che lasci tutti senza fiato.
- Vuoi un caffè? Vera guardò Satana negli occhi.
Un mare nero ondeggiava tra le sclere infuocate.
- Ma hai le capsule della Lidl, vero?
- Ho le capsule della Lidl, sì. E la donna sbuffò e si alzò dalla sedia.
- E sia, e però con la stelvia ché mi sto rimpinzando di anime e sono ingrassato.
E dunque, la piccola gigantesca questione mollò gli ormeggi per qualche minuto. Giusto il tempo di imbibire la sala di aroma tostato.
- E adesso? Domandò la matrona nuovamente Regina del suo scranno. Possiamo far cessare questo gran casino che, perdonami, è soltanto colpa tua? Hai il preventivo dell'Amplifon e le possibilità economiche per dotarti di un un apparecchio acustico decente.
- Non sono sordo! Protestò il sordo. E non c'è più sordo di chi non vuol sentire.
- E per il resto ne devo parlare con Lui. Satana puntò l'indice verso il soffitto. E più in alto. Lassù.
- T'immagini? E Satana trangugiò. Tutto. Caffè e tazzina. E la bocca era una voragine rubino. Un gorgo senza fondo.
- Come minimo, e Lucifero borbottava, tirerà in ballo la prelazione dei quaranta giorni e delle quaranta notti. È talmente fissato con il numero quaranta.
- In ogni caso, Vera tagliò corto, non hai fatto altro, no? Quaranta giorni e quaranta notti di follia e poi tutto finisce, giusto? E sigillò la questione con un'occhiata eloquente.
- Veramente quella sera... Puntualizzò il Demonio.
- Veramente quella sera ti sei scolato anche due bottiglie di Chianti... Puntualizzò la donna.
- Ecco, quella sera, e il Diavolo deglutì, mi hai detto che dopo Pasqua sarebbe stato necessario un finale col botto.
Vera sbatté le ciglia. Una volta. Poi una seconda. La vena centrale a solcare la fronte pulsava. TUM-TUM! TUM-TUM!
- Maiale. Rispose incredula.
- Eh? Rispose incredulo.
- Maiale che fa il botto! Otto il maialotto che fa il botto! Il gioco da tavolo per bambini! Tu sei assolutamente, completamente sordo! Hai farfugliato: quello risorge, ogni anno dà il solito party e non mi invita, su Amazon trovo qualche boiata da fargli recapitare che sottintenda un insulto? Ed io ti ho suggerito Otto il maialotto che fa il botto visto che puoi giocartela sulla bestemmia più gettonata!
Vera vomitava parole. Fuoriuscivano dalle labbra come stelle filanti.
- Eh... Replicò il Male. Abbacchiato.
- Eh, cosa?
- Il 29 aprile un asteroide grande quanto l'Everest sarà in rotta di collisione con la Terra. Sai com'è... finale col botto...
- E ma, Cristo, però!
- Sthhhh! Non nominarlo che poi s'intromette!
E però dal tetto, un rumore secco tagliò di netto la conversazione.
I due s'ingoiarono gli occhi. E un lungo, lunghissimo sospiro li bollò complici.
Prima ci furono i tuoni, poi i fulmini, poi il suono delle trombe, poi lo sciame di cavallette, poi la pioggia di rane, e dopo le zanzare, e in seguito le mosche ed infine, a soggiorno devastato, Cristo fece la sua entrata trionfale. In bermuda e cappello da baseball.
- Chiamato? Azzardò obliquo. La bella copia di Lurch, il maggiordomo degli Addams.
- No! Risposero in coro la madama e Lucifero.
- Ma sei come il prezzemolo! E lei sprizzava bile.
- Ma origli in continuazione! E lui sprizzava bile.
- Gnè, gnè, gnè. E Cristo si posizionò al centro della stanza.
- Vogliate scusare la mise, alle 16:00 ho la solita partitella. Scapoli contro ammogliati! E sorrise, feroce e bellissimo. E miriadi di stelline luccicanti saturarono l'ambiente.
- Intendi rimettere a posto il mio salone o cosa? Vera si puntellò il mento con l'indice. E carotava l'intruso con quel suo piglio rapace.
- Certo, e però voglio sapere di che cosa stavate parlando!
- La pandemia, l'asteroide... ho fatto un gran casino. Satana si sturò un orecchio con la biro. Sento poco, mi dicono.
- Per l'asteroide, nessun problema, non è in calendario, per la pandemia... E il Signore corrugò la fronte.
- Per la pandemia? E Vera lo incalzava.
- Isaia, capitolo 26, versetto 20: “Va’, o mio popolo, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l’indignazione”. E versetto 21: “Poiché, ecco, l’Eterno esce dalla sua dimora per punire l’iniquità degli abitanti della Terra; e la Terra metterà allo scoperto il sangue che ha bevuto, e non terrà più coperti gli uccisi”.
E Cristo allargò le braccia: - è volere di Dio! Aggiunse teatrale.
- Cioè tuo. Precisò il Diavolo.
- Cioè mio, di papà e dello Spirito Santo.
- Tu devi farti curare, eh. Vera lo apostrofò pietosa. Questa questioncella delle personalità ti è decisamente sfuggita di mano.
- Raga, non posso farci niente. Per una volta che tutto torna, non posso rimetterci la faccia, dai.
Dio giocherellava con i boccoli biondi. Le dita esili, definite. E... e poi, lui, e Satana balzò agli onori della cronaca, me l'ha servita su un piatto d'argento!
- Io? Io sono sordo! Che c'entro io!
Vera si stropicciò il volto con il palmo della mano.
- Mi state dicendo che devo abituarmi a convivere con qualcosa che mi vuole morta?
E Gesù annuì, e Lucifero annuì. E Vera incrociò le braccia al petto.
- Vedrò cose agghiaccianti, vero?
E Gesù annuì, e Lucifero annuì.
- Complottisti, no vax, no mask, Satana principiò un triste elenco di brutture.
E Vera stirò le braccia lungo i fianchi.
- Benefici? Ci sarà un qualche beneficio, no?
- Eccome, la sofferenza è un dono, Cristo prese la parola, e morte, carestia, depressione, e follia, e il tutto non necessariamente in quest'ordine, fortificano!
- Quanta morte? Domandò la donna con un filo di voce.
- A distesa, s'intromise il Demonio.
- Come i canarini regalati ai minatori. Chiosò Dio.
E Vera inspirò di ventraglia: era troppo, persino per lei.
- Ricchi, poveri, giovani, vecchi, bambini, famosi, e non, ed uno, nessuno e centomila.
- Ma... , Vera spalancò le labbra vermiglie.
- Ma? Chiesero curiosi gli "Dei".
- Ma quindi anche Silvio?
E gli Eterni scoppiarono a ridere. Sornioni.
- Seeeeh! Lui vi seppellirà tutti!
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Published on September 19, 2020 13:07

August 1, 2020

31 luglio.

La preparazione della zuppa di ceci, cisrà in piemontese, iniziava all'alba del 31 luglio, siccome la cena era alle diciannove. Qualsiasi cosa accadesse, morti inclusi. E purtroppo non ricordo nessun 31 luglio piovoso, e nemmeno vagamente freddo, e nonostante la canicola, nulla avrebbe distratto nonna dallo spignattare dal sorgere del sole e dal farmi mangiare il sudore della sua fronte. Letteralmente.
Perché sì. Perché sua madre lo faceva. Ed anche la madre di sua madre: portava fortuna. Tutto qui. E sopratutto teneva lontano Berlic e Berloc. Oh, quanto ho fantasticato su codesti figuri che immaginavo come fauni dalla lingua di fuoco e lunghe corna ricurve.
E i ceci secchi, ceci provenienti solo e soltanto da Nucetto, vogliono dodici ore di ammollo, e una zuppa, per definirsi tale, richiede almeno tre ore di cottura, sicché alle quattro del mattino la giornata del 31 luglio aveva inizio.
Non per me, sia chiaro. Io ero dispensata da questa gravosa incombenza. Io avevo il compito di cambiare, e per la seconda volta, l'acqua ai legumi alle 12:00, e con che piglio lo facevo, del resto combattevo contro Berlic e Berloc.
E alle 16:00, nel tegame di coccio, la festa aveva inizio ed io ne facevo parte. Soffritto, rosmarino, salvia, bacche di ginepro (l'ingrediente segretissimo), ceci, lardo, brodo vegetale, sale, "e gira ogni tanto, e con il mestolo di legno". E una volta pronta, e lavica, una spruzzata di pepe e un filo di olio di oliva.
E non c'è zuppa senza pane. E se il crostino is for girl, la fetta di pane raffermo, abbrustolita e insaporita da almeno due spicchi di aglio, is for woman.
Così alle 19:00 in punto, nonna scodellava per nonno, per lei stessa, e per me, una gamella di minestra.
E vino rosso per tutti. Per la sottoscritta, annacquato.
E buona fortuna, e alla faccia di Berlic e Berloc.
E vista quanta prosperità ho avuto in vita mia, forse avrei dovuto inzupparmici dentro.
E negli anni ho riprodotto questa ricetta non so neppure quante volte. E la conosco. La conosco benissimo. E mai, mai ha avuto quel sapore.
E per quanto ci abbia provato, mi è stato impossibile riprodurre la nostalgia.

Vera Q.


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Published on August 01, 2020 15:33

July 17, 2020

Sola.

Una persona gentile ha fatto un'affermazione che mi ha colpita: vorrei saper scrivere come te.
Ed è stato strano, e insolitamente bello.
E non ho avuto cuore di dirle che per scrivere come me, occorre essere me. E che per essere me, occorre essere unici. E che per essere unici, occorre essere soli.
E magari fosse il plurale di Sole, che a sua volta è il plurale di sòla, se non altro sarei una truffa esplosiva.
Io sono semplicemente sola, soprattutto quando sono in compagnia. E questo proprio perché non posso essere me se non da sola. Ma anche essere me, quando non sono sola, mi farebbe essere sola.
Insomma, sono solo una sola senza sòla che si trova da sola sulla Sila a piantare sale senza Sole.
E nessuno merita questa punizione. Nemmeno io. Ma non posso evitarlo.

Vera Q.


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Published on July 17, 2020 04:00

July 16, 2020

Pensieri e parole.

C'è un momento preciso, d'estate, nel quale la luce disegna, netta, i contorni delle case e delle cose.
Ed io, fortemente miope, vedo. E vedo distintamente.
E quando vedo, provo un profondo senso di malessere.
E non riesco a gestire l'esplosione del Tutto. Perché tutto è troppo e di quel tutto io, da troppo, ne vedo solo una parte.
E mi soffoca. È smarrimento. E la potenza del bello mi dà vertigine.
E ne sono attratta in modo maniacale, come se mi trovassi sulla cima di un grattacielo, e ciò che mi tormenta non è il terrore dell'altezza, ma desiderio di buttarmi di sotto.

Vera Q.
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Published on July 16, 2020 15:08

June 18, 2020

Ancora in vita.

Fingo. Nella maggior parte dei casi, io fingo.
Sorrido, e rido addirittura.
E parlo, e sembro presente e in parte lo sono. O vorrei esserlo. Ma non sono lì, e vorrei tanto sapere dove collocarmi.
E ascolto, quello sempre: mi piacciono le parole. E però non so più se mi interessa il contenuto o la forma. Perché sono morta, ma non del tutto. E sono anche viva, ma non del tutto.
E fingo di essere come gli altri. Suicidandomi a salve.
E rimango a galleggiare, nuda, nella mia affabile cortesia invernale: nessuno vuole l'angoscia né il fastidio di una scarpa stretta, ed io ho così tante caramelle zuccherose da offrire! Fino a nausearti.

Vera Q.
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Published on June 18, 2020 13:53