31 luglio.
La preparazione della zuppa di ceci, cisrà in piemontese, iniziava all'alba del 31 luglio, siccome la cena era alle diciannove. Qualsiasi cosa accadesse, morti inclusi. E purtroppo non ricordo nessun 31 luglio piovoso, e nemmeno vagamente freddo, e nonostante la canicola, nulla avrebbe distratto nonna dallo spignattare dal sorgere del sole e dal farmi mangiare il sudore della sua fronte. Letteralmente.
Perché sì. Perché sua madre lo faceva. Ed anche la madre di sua madre: portava fortuna. Tutto qui. E sopratutto teneva lontano Berlic e Berloc. Oh, quanto ho fantasticato su codesti figuri che immaginavo come fauni dalla lingua di fuoco e lunghe corna ricurve.
E i ceci secchi, ceci provenienti solo e soltanto da Nucetto, vogliono dodici ore di ammollo, e una zuppa, per definirsi tale, richiede almeno tre ore di cottura, sicché alle quattro del mattino la giornata del 31 luglio aveva inizio.
Non per me, sia chiaro. Io ero dispensata da questa gravosa incombenza. Io avevo il compito di cambiare, e per la seconda volta, l'acqua ai legumi alle 12:00, e con che piglio lo facevo, del resto combattevo contro Berlic e Berloc.
E alle 16:00, nel tegame di coccio, la festa aveva inizio ed io ne facevo parte. Soffritto, rosmarino, salvia, bacche di ginepro (l'ingrediente segretissimo), ceci, lardo, brodo vegetale, sale, "e gira ogni tanto, e con il mestolo di legno". E una volta pronta, e lavica, una spruzzata di pepe e un filo di olio di oliva.
E non c'è zuppa senza pane. E se il crostino is for girl, la fetta di pane raffermo, abbrustolita e insaporita da almeno due spicchi di aglio, is for woman.
Così alle 19:00 in punto, nonna scodellava per nonno, per lei stessa, e per me, una gamella di minestra.
E vino rosso per tutti. Per la sottoscritta, annacquato.
E buona fortuna, e alla faccia di Berlic e Berloc.
E vista quanta prosperità ho avuto in vita mia, forse avrei dovuto inzupparmici dentro.
E negli anni ho riprodotto questa ricetta non so neppure quante volte. E la conosco. La conosco benissimo. E mai, mai ha avuto quel sapore.
E per quanto ci abbia provato, mi è stato impossibile riprodurre la nostalgia.
Vera Q.
Link ai miei ebook
Perché sì. Perché sua madre lo faceva. Ed anche la madre di sua madre: portava fortuna. Tutto qui. E sopratutto teneva lontano Berlic e Berloc. Oh, quanto ho fantasticato su codesti figuri che immaginavo come fauni dalla lingua di fuoco e lunghe corna ricurve.
E i ceci secchi, ceci provenienti solo e soltanto da Nucetto, vogliono dodici ore di ammollo, e una zuppa, per definirsi tale, richiede almeno tre ore di cottura, sicché alle quattro del mattino la giornata del 31 luglio aveva inizio.
Non per me, sia chiaro. Io ero dispensata da questa gravosa incombenza. Io avevo il compito di cambiare, e per la seconda volta, l'acqua ai legumi alle 12:00, e con che piglio lo facevo, del resto combattevo contro Berlic e Berloc.
E alle 16:00, nel tegame di coccio, la festa aveva inizio ed io ne facevo parte. Soffritto, rosmarino, salvia, bacche di ginepro (l'ingrediente segretissimo), ceci, lardo, brodo vegetale, sale, "e gira ogni tanto, e con il mestolo di legno". E una volta pronta, e lavica, una spruzzata di pepe e un filo di olio di oliva.
E non c'è zuppa senza pane. E se il crostino is for girl, la fetta di pane raffermo, abbrustolita e insaporita da almeno due spicchi di aglio, is for woman.
Così alle 19:00 in punto, nonna scodellava per nonno, per lei stessa, e per me, una gamella di minestra.
E vino rosso per tutti. Per la sottoscritta, annacquato.
E buona fortuna, e alla faccia di Berlic e Berloc.
E vista quanta prosperità ho avuto in vita mia, forse avrei dovuto inzupparmici dentro.
E negli anni ho riprodotto questa ricetta non so neppure quante volte. E la conosco. La conosco benissimo. E mai, mai ha avuto quel sapore.
E per quanto ci abbia provato, mi è stato impossibile riprodurre la nostalgia.
Vera Q.
Link ai miei ebook
Published on August 01, 2020 15:33
No comments have been added yet.