Marco Manicardi's Blog, page 73

March 10, 2019

Allen

E in un libro che si chiama Come si diventa nazisti. Storia di una piccola città (1930-1935), del 1965, William Sheridan Allen dice che l’estremismo di massa, l’intolleranza, il desiderio disperato di un cambiamento radicale – tutti fattori che rendono impossibile una stabile democrazia – sono difficili da suscitare. E dice che quando nella comunità c’è sicurezza, gli agitatori politici si ritrovano a declamare in sale quasi vuote: è necessaria una paura ossessiva, l’improvvisa coscienza di pericoli fino a quel momento non sospettati, per riempire le sale di ascoltatori che vedano nell’agitatore colui che li salverà.


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Published on March 10, 2019 00:47

March 9, 2019

Quando è moda è moda

Era il 1994, avevo quindici anni, e una mattina prestissimo, che c’era ancora buio, i miei mi avevano caricato su un pullman della CGIL alla stazione delle corriere di Carpi per portarmi con loro a Roma a una manifestazione. Era la prima grande manifestazione contro Silvio Berlusconi e mi ricordo che quando siamo arrivati al Circo Massimo io non vedevo più la gente, che era tantissima, molta di più di quella che avessi mai incontrato in vita mia, tutta raccolta in un posto solo e per lo stesso motivo, ma io ero lì in mezzo a quella folla del Circo Massimo e davanti agli occhi avevo solo i cavalli che correvano frustati dagli aurighi e le bighe che si spintonavano in curva, eccetera. Ero fatto così, sempre con la testa tra le nuvole. 

Finita la manifestazione, avevamo il pomeriggio libero prima che il pullman ripartisse per riportarci nella bassa emiliana, e così avevo chiesto ai miei se potevo andare da solo in un posto lì vicino dove si teneva una fiera del fumetto. Non ero mai stato a una fiera del fumetto, ma avevo controllato bene sulla cartina e mi sembrava raggiungibile in pochi minuti a piedi dal parcheggio dei pullman. Mio padre mi aveva guardato e mi aveva detto vai pure, ma stai attento. E io ero partito sgambettando felicissimo, mentre i miei erano rimasti lì dal pullman a mangiarsi dei panini al prosciutto e dei tramezzini al tonno che si erano portati da casa.

Per fare prima avevo calcolato che, invece di seguire la strada, avrei dovuto tagliare a metà un campo non ben precisato, forse un parco, forse un terreno incolto che attendeva che qualcuno ci costruisse sopra una palazzina, non mi ricordo bene, poi dovevo costeggiare una specie di tangenziale trafficatissima e attraversarla da parte a parte senza farmi investire. Avevo fatto così, ero stato molto attento, ma avevo anche una fretta incontenibile addosso per riuscire a vedere più cose possibili della fiera prima di dover tornare al pullman, quindi mi ricordo che a un certo punto mi ero messo a correre e mentre attraversavo il campo incolto a tutta velocità ero caduto, sbam!, dritto in avanti e lungo disteso con le mani e le ginocchia per terra, che era sabbiosa e rossastra. Non mi ero fatto niente, quindi mi ero tirato su, mi ero spazzato alla meglio le mani e i jeans ed ero ripartito di corsa, avevo costeggiato la tangenziale, l’avevo attraversata ed ero arrivato alla fiera.

Là era stato davvero tutto bellissimo. Mi ricordo molto bene che in mezzo a un capannone avevano ricreato l’ingresso del n.7 di Craven Road e se ti mettevi in fila potevi suonare il campanello e sentire un urlo lancinante che rimbombava in tutto lo stabile. Mi ricordo che ero stato un paio d’ore a spulciare i fumetti ai banchetti e a valutare tutte le edizioni speciali, e alla fine avevo deciso di usare i pochi soldi che avevo per comprare il numero zero di Venom con una copertina argentata e due copie del numero 155 dell’Uomo Ragno, una con una copertina d’oro e l’altra di platino. Ero contentissimo.

Poi avevo guardato l’ora, avevo calcolato bene i tempi ed ero tornato al pullman dove mi aspettavano i miei con tutti i loro compagni pronti a ripartire, perché era novembre, le giornate erano corte e stava già venendo buio. Mia mamma mi aveva squadrato per bene, aveva fatto una faccia sconsolata che diceva più o meno che due maroni cos’hai combinato, ma poi, visto che ero solo sporco di terra e non mi ero fatto niente, aveva alzato le spalle e mi aveva fatto salire al mio posto.


Qualche anno dopo, poi, due o tre al massimo, avevo chiesto dei soldi ai miei per andarmi a comprare un paio di jeans. Era un periodo che era appena venuta fuori la moda dei jeans lisi, un po’ strappati, ma soprattutto fintamente sporchi. Che i miei mi avevano chiesto cosa mai ci fosse di bello e interessante in un paio di pantaloni sporchi per andare in giro in mezzo alla gente. E io mi ricordo che gli avevo risposto che se si ricordavano bene, qualche anno prima, quando eravamo a Roma in manifestazione e io ero andato da solo alla fiera del fumetto, ero caduto e mi ero sporcato, e poi avevo girato mezza giornata per Roma tra la gente con dei pantaloni sporchi di terra. Secondo voi, gli avevo detto, quelli che voglio comprare adesso non assomigliano molto a quelli che avevo addosso qual giorno là? Lo sapevamo tutti che Roma era piena di stilisti, e io mi immaginavo che qualcuno di loro mi avesse adocchiato, si fosse appuntato in testa la faccenda dei pantaloni sporchi di terra e se la fosse tenuta per rimuginarci sopra e magari lanciare una moda nuova qualche anno dopo. Ero davvero convintissimo di questa cosa.

Lo sono ancora.


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Published on March 09, 2019 01:04

March 8, 2019

Tolstaja

E su una pagina del proprio diario Sof’ja Tolstaja, moglie di Lev Nikolàevič Tolstoj, scriveva che nella sua anima stava avvenendo una battaglia fra il desiderio ardente di andare a Pietroburgo a sentire Wagner e altri concerti e il timore di dare un dispiacere a Lev Nikolaevič e di sentirsi questo dispiacere sulla coscienza. Quella notte aveva pianto a causa di quella pesante sensazione di mancanza di libertà che gravava sempre più su di lei. Di fatto, naturalmente, era libera. Aveva soldi, cavalli, vestiti, tutto: avrebbe potuto fare le valigie, salire in carrozza e andare. Era libera di leggere le bozze, di comprare le mele per L. N., di cucire i vestiti per Saša e le camicie per il marito, di fotografarlo in tutte le pose, di ordinare il pranzo, di sbrigare le faccende di tutta la famiglia; era libera di mangiare, di dormire, di tacere e di rassegnarsi. Ma non era libera di pensare a modo suo, di amare quello e quelli che sceglieva lei stessa, di andare dove le interessava e dove si sentiva spiritualmente a proprio agio; non era libera di occuparsi di musica, non era libera di cacciar fuori dalla propria casa quelle innumerevoli persone inutili, noiose e spesso molto cattive e di ricevere persone buone, piene di talento, intelligenti e interessanti. In casa loro non avevano bisogno di persone simili: con cui bisognava misurarsi e porsi su un piano di parità, mentre lì si amava stare in posizione di superiorità e insegnare… E per lei la vita era poco allegra, difficile… Ma poi scrive che non aveva usato la parola giusta: «allegria». Che non aveva bisogno di quello. Aveva bisogno di vivere una vita ricca di contenuto, tranquilla, e invece viveva nervosamente, con difficoltà e in modo vuoto.

Così scriveva su una pagina del proprio diario Sof’ja Tolstaja, moglie di Lev Nikolàevič Tolstoj, l’8 marzo del 1898.


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Published on March 08, 2019 04:49

March 7, 2019

Bravi

E in un libro che si chiama Sud 1982, del 2008, Adrián N. Bravi dice che c’era da fare il punto della situazione, piuttosto; e per fare il punto della situazione, in quel mese d’inverno del 1982, non serviva il futuro, serviva solo smussare il passato e accettarlo per quello che era. Entrare nel domani con la schiena, come diceva suo padre.


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Published on March 07, 2019 05:23

March 6, 2019

Il nervoso (burocratico)

Tipo quando ti chiedono una «firma leggibile».


Musica: 



__________

Le altre puntate del nervoso sono qui.


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Published on March 06, 2019 05:34

March 5, 2019

Così va la vita (senza censura)

Una cosa che mi ricordo del 1997, o forse era già il 1998, è che stavo sveglio la notte, quasi sempre, e avevo sentito dire da qualcuno che dopo la mezza sarebbe passato ogni tanto il video di Smack My Bitch Up senza censura. Non mi ricordo se poi l’avessi visto davvero o se era solo una balla, se provo a sforzare la memoria mi sembra che fosse vero, ma non è detto. Perché c’è da dire che se c’era una cosa che non mancava mai a notte fonda in televisione, verso la fine degli anni novanta, erano le tette.

Comunque, adesso, se uno vuole vederlo senza censura, in rete lo trova senza problemi; è anche molto bello, secondo me, guardandolo bene col senno di poi. Però c’è da dire che se c’è una cosa che non manca mai a qualsiasi ora del giorno e della notte in rete, in questo periodo, sono le tette.

Così va la vita.


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Published on March 05, 2019 06:14

March 4, 2019

Chiang

E in un racconto intitolato Storia della tua vita, del 1998, che è anche dentro a un libro che si chiama Storie della tua vita, del 2002, Ted Chiang dice a un certo punto che la protagonista del racconto si ricorda una battuta che aveva sentito una volta da un’attrice comica, e diceva così: «Non sono sicura di essere pronta ad avere bambini. Allora mi sono rivolta a un’amica che ne ha. ‘Supponi che io abbia dei figli’, le ho detto. ‘Che farò se da grandi mi danno la colpa di tutto quello che gli va storto nella vita?’. Si è messa a ridere e mi ha detto: ‘Che significa se?’». Era la sua battuta preferita.


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Published on March 04, 2019 05:08

March 3, 2019

Note to self

Mai, mai, mai, ma proprio mai regalare un giocattolo nuovo a tuo figlio il sabato sera. Poi il giorno dopo ci tiene davvero tanto a farti sapere quanto ti vuole bene e quanto ti ringrazia e quanto è felice, tipo alle 6:30 o giù di lì.


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Published on March 03, 2019 01:02

March 2, 2019

Šklovskij

E in un libro che si chiama Zoo o Lettere non d’amore, del 1923, Viktor Šklovskij dice che Chaplin diceva che la situazione più comica per un uomo si verifica quando questi, trovandosi in una posizione incredibile, finge che non sia accaduto nulla. E Šklovskij dice che, per esempio, è comico un uomo che, penzolando a testa in giù, cerca di aggiustarsi la cravatta. E che noi tutti viviamo, cercando di aggiustarci la cravatta.


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Published on March 02, 2019 01:58

March 1, 2019

La New Wave italiana (il blogroll – 4 / l’onda lunga – 3 / e un’altra cosa)

Pensavo che quello di venerdì scorso fosse l’ultimo post sull’argomento, invece son saltati fuori degli altri link di blog rinati o rinascenti che vado ora a elencare, in rigoroso ordine alfabetico, così come sono stati aggiunti o spostati nel gruppetto della New Wave italiana del mio feedreader (uso feedly, quello gratis, se vi interessa).




Fed’s Bolsoblog – Anche lui col suo blog.
Riccardo Polesel – Cosa fa un esperto in marketing e comunicazione?
Spalmare per fermare il declino – Una quotidiana guerra con la legge di gravità.

Poi, me lo stavo dimenticando da qualche settimana, c’è anche:



Giorgio Barbetta – che non ha un feed cui iscriversi, quindi, alla maniera antica, bisogna salvarlo nei preferiti e cliccarci sopra ogni tanto per sapere se ha scritto qualcosa di nuovo (di solito vale la pena di farlo).

E infine un’altra manciata di blog tra quelli che non hanno mai smesso ma che secondo me ultimamente scrivono di più (è solo una mia impressione). Li metto qui sotto, sempre in rigoroso ordine alfabetico così come sono stati aggiunti o spostati nel gruppetto dell’Onda lunga italiana del mio feedreader (lo stesso feedly di cui sopra).



Alcuni aneddoti dal mio futuro – un blog anni ottanta (ha sempre scritto un sacco, ma ha cambiato indirizzo; se siete iscritti al vecchio feed, come lo ero io, aggiornatelo).
SlowFilm – Cinema a bassa fedeltà.
Ufficio Reclami – Ella lo colpì con un mestolo (anche lei aveva cambiato indirizzo).

E sarebbe finita qui, sennonché nei giorni scorsi mi sono arrivate minacce di ritorsioni fisiche per non avere ancora citato:



Squonk

Non l’avevo ancora fatto un po’ per rispetto a quello che considero uno dei miei padri putativi digitali, un po’ perché volevo metterlo in una categoria a parte di un post che non ho ancora scritto, quello sui fondatori, i progenitori, i Grandi Maestri, il proto-punk e il pre-war blues della blogsfera. Non so se mai lo scriverò, quel post, quindi tanto vale salvarsi le tibie così.

In realtà, bisogna dirlo, il blog di Squonk l’avevo già linkato nel primo blogroll postato ormai più di un mese fa. Dopo la parola “Musica” c’era un asterisco, se uno ci cliccava arrivava su un post di Squonk intitolato A volte ritornano dove si dicono parole di verissima verità come:


C’è qualcosa da dire, soprattutto c’è qualcosa di dicibile in un modo che valga i due minuti e quaranta secondi di lettura che nessuno mai ti restituirà? Non lo so. Se devo essere sincero no, non credo se non in rarissimi casi. Ma in fondo è sempre stato così, lo era anche quando qualcuno pensava – in modo apparentemente sincero – che scrivere un post al giorno o alla settimana fosse il piccolo ma pur sempre imprescindibile contributo al cambiamento dal basso, alla costruzione e alla condivisione dell’intelligenza collettiva. E anche allora, quando ci leggevamo l’un l’altro in cento e ci pareva che fossero centomila, quelli più saggi sapevano che il bello stava nel non crederci davvero, nel non prendersi sul serio, nel giocare a gratis. Gli altri ci hanno fatto una carriera o hanno passato un paio di anni ospiti non paganti e non pagati di questo o quell’aperitivo. Poi hanno lasciato il campo libero, che è rimasto vuoto per un sacco di tempo, e adesso – se per caso o per bisogno non so e tutto sommato non m’interessa – in quel campo qualcuno rimette piede, alzando un po’ di polvere con la punta della scarpa.


E poi, sempre nello stesso post, avevo fatto partire “Polvere” dei Decibel, che ci stava bene.

Starebbe bene anche adesso, ma per non ripetermi faccio uno sgarro alla regola che mi ero dato di postare un video di New Wave italiana (quella musicale) in accompagnamento alla New Wave italiana (quella della blogsfera) e metto qui una foto iconica dagli archivi di quell’anno blogsferico,  blogfestaiolo e glorioso che fu il 2010 :


(Riva del Garda, Blogfest 2010, finale del WriteCamp)


Per chi vuole qualcosa di più spudorato (proprio nel senso di privazione del pudore da parte dei protagonisti) c’è anche un video, che però forse è un po’ insensato se non si conosce il contesto (ma è molto bello lo stesso).

Ciao.


__________

Le altre puntate piene di link sulla New Wave della blogsfera italiana sono qui.


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Published on March 01, 2019 03:31