Antonio Gallo's Blog: MEDIUM, page 98

April 7, 2021

L’intimità pubblica della quotidiana liquidità

Il Libro
Un originale ossimoro come titolo per un ennesimo libro sui social. Ormai sono quasi venti anni che sono “social” pur non essendo mai stato il contrario. La mia “quotidiana liquidità” la alimento ogni giorno e non saprei vivere senza.
Quando ero giovane, anzi un infante, non mi stancavo mai di stare nella piccola tipografia di mio padre tra carte, inchiostri, lettere di piombo per comporre, tra tagliacarte e stampatrice, era una continua sfida per conoscere come si creava quella che veniva chiamata la comunicazione.
La sala della composizione era una sorta di “intimità pubblica” proprio come il titolo di questo libro. C’erano i testi scritti a mano, l’originale che poi doveva essere composto, lettera dopo lettera, sul compositore. Si mettevano insieme le righe, si creava la forma, ci si passava sopra il rullo del cilindro, si faceva la bozza, la si correggera e si passava alla stampa.
Oggi faccio tutto comodamente da casa, a modo mio, penso, scrivo, compongo, non solo stampo ma trasmetto tutto quello che ho pensato al mondo che sta là fuori. Non lo vedo, ma so che c’è. Se mi risponde qualcuno si crea quella intimità di cui parla l’autore del libro. Tutto diventa pubblico.
Carlo Bordoni pensa che questa comunità sia andata perduta. Io penso il contrario. L’ho ritrovata, la confermo, l’alimento e la condivido ogni giorno, con me stesso e con il mondo. Questo è quello che penso. Leggetevi anche la recensione che ho letto sul “Sole 24 Ore” e che riporto qui di seguito.
“Frammenti di vita, volti, sorrisi, emozioni, invettive e dichiarazioni d’amore…ogni giorno milioni di post sui social network alzano il velo sulla nostra quotidianità e travolgono ogni barriera tra pubblico e privato. Perché lo facciamo? Per stringere legami più profondi con amici reali e virtuali, contrastando quel processo di inarrestabile «desocializzazione» che dall’inizio del secolo sembra aver esacerbato, per dirla con Zygmunt Bauman, la solitudine del cittadino globale? Oppure, al contrario, condividiamo solo i pezzi migliori delle nostre giornate, del nostro corpo e della nostra vita professionale o sentimentale, filtrando i lati meno attraenti e scintillanti, perché negli altri collegati via social cerchiamo non affetto, vicinanza o solidarietà bensì, al contrario, ammirazione, plauso e talvolta persino invidia? I social network ormai egemoni, in altre parole, ci offrono la possibilità di costruire nuovi ponti e di recuperare o consolidare il contatto con gli altri? O invece, come prefigurava già agli albori dell’era social lo psicanalista Luigi Zoja, ci condannano all’inesorabile «morte del prossimo»?
Sono domande aperte, una risposta definitiva è forse impossibile. Tuttavia sono domande urgenti, che non possiamo non porci. Da oltre un anno, infatti, la pandemia costringe gran parte della nostra socialità dentro il perimetro rettangolare di uno schermo: smartphone, tablet e pc si sono imposti come mediatori indispensabili per lavorare, informarci (spingendoci pericolosamente a non dare più peso alle fonti e a far circolare innumerevoli fake news), comunicare con i nostri cari, discutere temi di rilevanza pubblica, partecipare a presentazioni di libri o altri eventi culturali transitati sul web per non sparire del tutto, divertirsi con gli amici, allacciare amicizie nuove o trovare nuovi partner grazie alle app di dating online (che hanno rimpiazzato le serate in discoteca, le feste, le cene da amici e così via). Come ci cambierà questa esperienza di immersione totale nella rete? Quando il vaccino consentirà di allentare (o addirittura eliminare) le restrizioni ai nostri comportamenti, ci scopriremo diversi?
Una mappa per orientarci in questo scenario difficile da decifrare ce la offre il sociologo Carlo Bordoni nel suo bel libro Intimità pubblica. La socialità digitale che in questo periodo ha consolidato la propria egemonia, ci avvisa Bordoni, non ha fatto che radicalizzare tendenze già in atto: l’individualismo estremo da tempo aveva trovato nei social network l’habitat ideale per trasformare in modo irreversibile il prossimo nell’avversario di una competizione senza fine o, ipotesi meno «aggressiva», nello spettatore al quale esporre della nostra vita solo the best of. Il Covid-19, con buona pace dell’ottimismo dei primi mesi all’insegna di «andrà tutto bene» e «ne usciremo migliori», ci ha allontanati gli uni dagli altri accelerando un processo che negli anni ha fatto piazza pulita di categorie chiave della convivenza civile quali «responsabilità» e «solidarietà». Ma non è una novità assoluta: oggi manteniamo il distanziamento (scegliete voi se definirlo sociale o fisico) per ragioni sanitarie, ce lo impongono i decreti governativi. Ma già nel 2002, per descrivere l’emancipazione dai vincoli e dalle gerarchie premoderne, il filosofo Roberto Esposito nel suo Immunitas. Protezione e negazione della vita, scriveva che «solo dissociandosi gli individui possono sfuggire ad ogni contatto mortale». «Ed è esattamente ciò che prevede il vivere nella società attuale — commenta Bordoni — mantenere le distanze, pensare per sé, isolarsi, non farsi coinvolgere».
Si radicalizza oggi un processo che nasce con la modernità. Ma c’è anche un salto, una soluzione di continuità in corso sotto i nostri occhi, dentro le nostre vite. «Iorestoacasa — scrive Bordoni — non è solo l’hashtag che ha imperversato durante il lockdown, coniugato in ogni lingua e dialetto conosciuto: è anche l’inizio di una nuova condizione esistenziale, verso la quale ci dirigiamo a ranghi serrati. La società che conoscevamo, con le sue regole e le sue abitudini, è sconvolta».
L’affermazione dell’individuo come soggetto titolare di diritti inviolabili e libero di scegliersi la propria vita, architrave dell’età moderna, l’ha nel contempo gettato in una condizione inedita di sradicamento, solitudine, volatilità e costante incertezza. L’immagine più celebre, usata e abusata per descrivere questa condizione di precarietà ontologica al volgere del nuovo millennio la offrì Zygmunt Bauman: la liquidità della vita, dell’amore, della società. Bordoni il pensiero di Bauman l’ha seguito da vicino nel suo evolversi, con Bauman ha lavorato e scritto, e dalla sua idea di modernità liquida si è anche allontanato proponendone il superamento in favore della nozione gramsciana di «interregno», la più adatta per un tempo come il nostro in cui «il vecchio non muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno — scrive Gramsci — si verificano i fenomeni morbosi più svariati». Tramontata la vecchia, rassicurante ma oppressiva idea di comunità basata sul sangue e sul suolo, ma insieme ad essa anche il suo contraltare, cioè la società composta da individui liberi e sciolti da ogni vincolo, oggi consegniamo alla rete i nostri bisogni contrastanti. Abbiamo di nuovo voglia di comunità, di sentire intorno a noi quella rete calda di affetti e affinità che offre riparo dall’incertezza in un mondo che è come un mare in tempesta. Ma non vogliamo rinunciare alla libertà assoluta del desiderio individuale reso egemone dal consumismo sfrenato che ha portato il principio di piacere, per dirla con Freud, in netto vantaggio sul principio di realtà. E così apriamo allo sguardo degli altri le porte della nostra intimità, radicalizziamo la violazione della nostra privacy che è del resto la ragion d’essere dei giganti del web. Ma non è chiaro se così facendo stiamo davvero rinunciando al privato in favore del pubblico perché vogliamo vivere «al plurale», o se al contrario stiamo estendendo il privato oltre ogni limite, fino alla dissoluzione di ogni spazio pubblico. Bordoni teme che questa incessante esposizione di sé finisca nello smartphone che teniamo in mano, l’unico vero interlocutore con cui dialogare, divertirsi e addirittura costruire la propria identità personale. Nessun interesse reale per l’altro ma solo tanto narcisismo in grado di reificare le emozioni e il corpo ormai «trasformato in cosa da immettere nel mercato dell’apparire al fine di ottenere un riconoscimento sociale in forma di like».
E tuttavia, a mio avviso, è pur vero che in quell’ansia di riconoscimento narcisistico, superficiale e quantificabile, si nasconde, distorta e quasi irriconoscibile, la traccia di una disposizione al noi e alla condivisione profonda, a quella «messa in pratica della felicità» che Aristotele identificava con la philia, l’amicizia «cemento della polis». Chinarsi su quella traccia esigua, sottrarla all’ombra fitta che l’avvolge e poi prendersene cura è il compito che attende ciascuno di noi. È l’opportunità che ci resta per provare malgrado tutto, pur immersi nella selva oscura di selfie e post, a riconoscere noi stessi specchiati negli occhi degli altri.”
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Published on April 07, 2021 13:14

April 6, 2021

Il pensiero negativo: una memoria senza futuro …

Il pensiero negativo: una memoria senza futuro …Marco Aurelio
“Quando ti alzi la mattina dì a te stesso: incontrerò ficcanasi, ingrati, egocentrici, bugiardi, gelosi e folli. Sono tutti colpiti da queste afflizioni perché non conoscono la differenza tra il bene e il male. Poiché ho capito la bellezza del bene e la bruttezza del male, so che questi malfattori sono anche simili a me. . . e che nessuno può farmi del male o coinvolgermi, né posso essere arrabbiato con gli altri o odiarli. Perché siamo fatti per la condivisione“. — MARCO AURELIO, MEDITAZIONI, 2.1
Puoi essere certo come un orologio che a un certo punto oggi dovrai confrontarti con qualcuno che sembra un coglione (come lo siamo tutti). La domanda è: sei pronto per questo?
Questo esercizio richiama alla mente una battuta dello scrittore del diciottesimo secolo Nicolas Chamfort, che ha osservato che se “ingoi un rospo ogni mattina”, sarai fortificato contro qualsiasi altra cosa disgustosa che potrebbe accadere nel resto della giornata.
Non sarebbe forse meglio saperlo in anticipo, proprio quando ti svegli, che le altre persone spesso si comportano in modo egoistico o ignorante (il rospo) piuttosto che doverlo ingoiare durante il giorno?
Ma c’è un secondo aspetto della faccenda così come nella citazione di Marco: “Nessuno può coinvolgermi nella bruttezza, né posso essere arrabbiato e odiare. “ Il punto è essere pronti a tutto in anticipo. Forse è così, poiché se sei preparato, sarai in grado di agire con pazienza, perdono e comprensione.
Il 7 aprile dello scorso anno ho scritto questo post che ripropongo per smentire la memoria, in attesa che accada il futuro. In effetti, da quel giorno, di quel verbale non ho saputo più nulla.
Se me ne occupo, lo faccio solamente per dimostrare a me stesso quanto possa essere infinita la stupidità umana. Aveva ragione la buona anima dell’Avvocato Gaetano Ferrentino, immaturamente venuto a mancare, in qualità di suo assistito, mi consigliava di aspettare gli eventi.
Quando mi invitò a scrivere al Prefetto esponendo il mio caso, in un mese di luglio di fuoco post pandemico, (almeno così credevamo!), ricevetti una risposta in forma di raccomandata che dovetti ritirare alla posta di Episcopio facendo una fila di oltre un’ora sotto un sole a 30 gradi.
Nella lettera venivo invitato a prenotarmi per essere ricevuto nel mese di agosto a Salerno e discutere del mio caso. Alla mia età e con tutto quanto avevo scritto nella lettera di denunzia, il mio consulente disse di lasciar perdere.
Ero deciso a saldare il conto non dovuto ed illegittimo, ma ad una recente richiesta fatta via PEC, non ho ancora ricevuto un riscontro a distanza di un anno.
Ecco l’occasione per scrivere di questo anniversario, mentre continua ad infuriare la diffusione del virus, continuano i contagi e i decessi, mentre continuiamo ad essere prigionieri della stupidità sia istituzionale che scientifica.
Aveva ragione Marco Aurelio duemila anni fa, continua ad avere ragione oggi, anche se la condivisione del vivere è diventata sempre più difficile. Adesso leggetevi i miei due post a futura memoria:
A futura memoria …A futura memoria
Dichiarazione a futura memoria. Lunedì 6 aprile alle ore 10,30 all’incrocio del Corso Amendola con via Matteotti a Sarno, il sottoscritto è stato fermato da una un persona in borghese che faceva parte di una pattuglia di Polizia Stradale (senza mascherina e senza paletta d’ordinanza) con la richiesta dei documenti.
Mi vengono contestate le ragioni della circolazione e mi chiede i documenti. Esibisco tutti i documenti necessari e la carta di autocertificazione come prevista dalla normativa vigente.
Mostro in allegato anche la documentazione della patologia da cui è affetta la mia consorte che è a casa ed ha bisogno di assistenza. Dichiaro che devo procedere a fare la spesa e recarmi al bancomat a poca distanza.
Il sottoscritto abita con la consorte nella frazione di Episcopio. Resto in macchina mentre procedono a distanza al controllo dei documenti.
Trascorre del tempo e vengo invitato a scendere dall’auto per firmare qualcosa che mi viene detto essere un verbale per il pagamento di una multa di 300 euro per avere circolato indebitamente.
Esprimo le mie rimostranze dicendo che avevo la documentazione richiesta dal caso, faccio presente la patologia di mia moglie, la necessità di fare la spesa, andare al bancomat (tra l’altro a poca distanza c’è il Banco di Napoli).
Mi viene risposto che mia moglie non è in macchina, che devo fare la spesa nelle vicinanze del mio domicilio. Mi indicano anche il supermercato ETE’ presso il quale potrei fare la spesa.
Firmo istintivamente una prima carta, mi rifiuto di firmare una seconda, mi danno un copia di quanto hanno scritto non in mia presenza, una copia in carta carbone verbale num. 700016471749 e mi congedano bruscamente.
Tralascio ogni commento sulla urbanità dei loro comportamenti, rimango basito e vado via.

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A futura memoria atto secondo …Atto secondo

Oggi, giovedi 16 aprile 2020, in tempo di “coronavirus”, a distanza di dieci giorni dalla prima memoria, mi accingo a scrivere un secondo post, dopo il primo, scritto qui al link in data 6 aprile.
Chi scrive, mentre si recava in auto in paese dalla sua abitazione nella frazione di Episcopio, in Sarno, per “situazione di necessità”, veniva fermato alle ore 11:40 in via Sarno-Palma, all’altezza dell’ingresso del Cimitero, da una pattuglia di Carabinieri.
Mi sono richiesti i documenti di rito, personali e dell’auto. Li esibisco unitamente alla carta di autocertificazione, come prevista dalla normativa vigente. Il giovane brigadiere, assistito dal suo collega, procede ai dovuti controlli e legge ad alta voce quanto era sul foglio di autocertificazione.
In pochi minuti, mi restituisce i documenti unitamente al foglio di autocertificazione debitamente da lui firmato e datato, mi congeda salutandomi militarmente con grande gentilezza. Prima di riaccendere l’auto e ripartire, gli chiedo il permesso di fare una confessione libera, spontanea e personale.

Faccio loro notare che appena dieci giorni prima, al centro del paese e in una situazione simile, una pattuglia di polizia stradale aveva proceduto a comminarmi un verbale per la somma di 300 euro dopo di aver esibito gli stessi documenti, nonostante le mie contestazioni, come si può leggere al link citato  innanzi.
Dopo un rapido e silenzioso scambio di sguardi, i due mi salutano militarmente e mi congedano. Io auguro loro buon lavoro e vado via.
Mi sento davvero fortunato di avere avuto per suocero un Carabiniere di nome Gerardo, Carabiniere e prigioniero di guerra, per non aver voluto collaborare con i tedeschi.
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Published on April 06, 2021 02:52

April 5, 2021

DAD, ovvero Disastro A Distanza?

Foto@angallo
MA DAD NON SIGNIFICA DISASTRO A DISTANZA. Nuova didattica. Invece di pensare al docente come a un obiettivo da sostituire, immaginiamo l’insegnante come «digital master», colui che fa vivere e costruisce le tecnologie.
Da un anno, gli studenti di tutto il mondo, dalle elementari alle università, con diverse intensità e declinazioni, si confrontano con la didattica a distanza. Mi sembra che nel contesto presente, che è quello di una crisi certo per sua natura contingente, in cui l’insegnamento “a distanza” è stato mediato da interfacce tecnologiche per un lungo periodo, si debba cercare qualche punto di riferimento per orientare la riflessione.
Per le qualifiche, non sono un luddista. Credo di essere il primo filosofo ad aver creato e diffuso una app (Chronogeoscope); ho sviluppato piccoli software educativi mirati (Astrini); contribuito a moduli educativi online per vari editori; co-diretto una tesi sperimentale su una app educativa con una start-up; e da due decenni lavoro con interfacce di gestione della didattica, anche adattando strumenti non didattici come i blog. Questo per dire che soffro come tutti per la classe ibrida o la classe a distanza, ma ne vedo i vantaggi.
Da dove partire? Il biglietto di ingresso, senza il quale la conversazione non può nemmeno cominciare, consiste nel dare la risposta a una domanda molto semplice: qual è la parte di attività scolastiche da sottrarre alla mediazione dei dispositivi digitali? Si noti che non formulo la domanda in termini di quali attività: non è questo il momento di decidere se alcune attività siano digitalizzabili, se altre non lo siano o possano/debbano non esserlo. La domanda è generale: una parte dell’insegnamento può/deve sottrarsi alla mediazione dei dispositivi?
La risposta “zero” dev’essere giustificata. L’onere della prova è di chi ritiene che tutte le attività scolastiche devono migrare, in un modo o nell’altro, verso il digitale. Se la risposta è “zero”, ovvero se si ritiene che tutta la scuola debba migrare verso un’incarnazione digitale, si devono chiarire alcuni concetti e guardare alcuni dati. Le classi di contrasto pertinenti sono:
- Digitale/Mediato da uno schermo: non tutti i processi mediati da uno schermo sono digitali, e non tutti i processi digitali sono mediati da uno schermo.
- Rappresentazione digitale di un processo/Migrazione digitale: non tutti i processi della vita possono migrare verso il digitale. Si può rappresentare digitalmente il cibo e l’attività aerobica, ma poi si devono mangiare molecole, non rappresentazioni di molecole, e si deve fare sport, non consumare rappresentazioni di eventi sportivi, se si vogliono migliorare i propri valori aerobici.
- Assistenza digitale/Migrazione digitale: non tutti gli interventi del digitale sono migrazioni sostitutive. Possiamo assistere l’attività sportiva digitalmente, per esempio giocando con la Wii. Ma il movimento che facciamo è comunque un evento non digitale. Possiamo assistere digitalmente la costituzione di una dieta, ma poi dobbiamo comunque mangiare, inghiottire molecole.
- Digitale mimetico/digitale creativo. Come il cinema non è teatro filmato, il digitale a scuola deve affrancarsi dalla logica imitativa, evolvere verso nuove forme ancora da inventare e da testare.
Dissipate queste possibili ambiguità, possiamo riformulare la domanda, e vedere se la risposta “zero” è ancora praticabile. Ovvero capire se l’intervento del digitale è sostitutivo (gli esercizi sono tutti questionari online?), rappresentativo (il corso viene registrato e visionato in separata sede?), assistivo (si usano risorse digitali per pianificare i tempi di lavoro, per interagire con i genitori, per fare ricerche online, per contare i passi o misurare l’attività aerobica?), o ancora imitativo (il manuale scolastico viene fornito sotto forma di un pdf, la DAD è soltanto un video in diretta dell’insegnante)? Il ruolo assistivo è compatibile con la preservazione di una parte non-digitale della scuola. Se sottratto il ruolo assistivo la risposta è sempre “zero”, questo significa che si deve entrare nel dettaglio delle forme di migrazione previste.
Ora, le domande che tipicamente vengono poste riguardano il come e non il perché, il mezzo e non il fine, la valutazione dell’efficacia del processo ma non la sua legittimità. Il compito delle scienze umane e sociali è di porsi domande sul perché e sul fine, sul valore. La crisi del 2020 ha mostrato che la scuola ha non due, ma tre funzioni fondamentali (lo si sapeva, ma l’argomento è stato a lungo tabù sulla terza).
La scuola ha (1) una funzione di crescita culturale/trasmissione di conoscenze; (2) una funzione di socializzazione/saper vivere insieme a persone diverse da noi e dalla nostra cerchia; e (3) una fondamentalissima funzione sociale: farsi carico degli studenti, alleggerire il carico delle famiglie, a volte addirittura offrire un tetto diurno e provvedere un pasto equilibrato. (Lo si è visto in Francia con circa mezzo milione di abbandoni scolastici durante il primo lockdown).
Bisogna allora capire in che modo il digitale interviene in questa ripartizione di funzioni, ma sempre ponendo la questione giusta, quella dello spazio che vogliamo lasciare al non-digitale. Per esempio, se gli allievi a casa usano in modo costante e compulsivo le tecnologie, la scuola è allora, nella sua terza funzione (ma certo anche nelle prime due), uno spazio di libertà dalla compulsione tecnologica, e come tale va protetta. Va protetta la “biodiversità culturale” delle pratiche e degli strumenti di insegnamento. “Si possono fare delle cose bellissime” con il mouse, ma anche con l’acquarello. E nessuno ha mai pensato di formare un musicista sostituendo un violino con un modello digitale di violino.
Se si cerca di immaginare un digitale creativo, ecco due piste possibili: la valorizzazione dell’insegnante e il lavoro di gruppo.
Invece di pensare all’insegnante come a un obiettivo da sostituire, potremmo pensare all’insegnante come digital master, colui che fa vivere e costruisce le tecnologie.
Il digitale creativo può anche intervenire per rompere le logiche di “valorizzazione tramite il voto” e di competizione inerenti al sistema educativo. Per esempio, creare delle “interclassi virtuali”, con allievi di diverse età e addirittura di diversi plessi scolastici, scelti algoritmicamente per massimizzare la diversità, e far competere i gruppi dando poi una notazione uniforme a tutti i membri del gruppo (eventualmente unendo il dispositivo alla jigsaw classroom, che attribuisce compiti a tutti i membri in modo da rendere tutti indispensabili.) Questo richiede un progetto, un approccio da designer all’istruzione.
Roberto Casati

@Il Sole 24 Ore Domenica 4 aprile 2021

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Published on April 05, 2021 12:03

La dinamica del piromane

Intorno alle ore 11.00 del giorno del Signore di lunedì in Albis 2021, un filo di fumo si levava nella valle di fronte alla mia casa di Novella, nel così detto “polmone verde della Costa d’Amalfi”, Comune di Tramonti. Un sospetto mi è passato per la mente, ma non conoscendo bene la normativa comunale dei fuochi, non ho ritenuto opportuno telefonare a chi di competenza per non creare allarmismi. Il solito contadino che brucia le sue sterpi.

Elicottero

Un’ora dopo quel filo di fumo si è rivelato un principio di incendio di un piromane interessato ai fuochi. Compare un elicottero. Il contenitore d’acqua che riversa si dimostra ben presto inutile. In poco tempo, l’incendio minaccia di attaccare le case sottostanti.

Primo Canadair

Ed ecco che compare un Canadair, anzi due. Tutti e tre si alternano nel raccogliere acqua nel mare di Maiori e lo versano sull’incendio spegnendo i piaceri del piromane, ma riempiendo le tasche di migliaia di euro a chi, in poco più di tre ore ha soddisfatto il suo business. Mi sono ricordato di Totò e della sua famosa esclamazione “E io pago!!!”

Secondo Canadair

La dinamica del piromane was originally published in La vita è tutta un blog: “unideadivita” on Medium, where people are continuing the conversation by highlighting and responding to this story.

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Published on April 05, 2021 07:54

April 3, 2021

Un mondo sempre più nuovo …

Un mondo sempre più “nuovo” … Il libro
Sono molti i libri ai quali, nella mia biblioteca digitale su GoodReads, ho dato l’etichetta/tag di futuro.
Se n’è oggi aggiunto un altro che vedete qui di fianco, non sarà di certo l’ultimo, mentre sono sicuro che sulla scena del mondo, in ogni lingua, continuano ad uscire libri su libri su questo argomento.
Una delle parole più usate è, appunto, questa: il futuro. Un’ansia sempre viva di costruire un “nuovo mondo”, se non proprio un “mondo nuovo”, con un futuro diverso, che possa essere, però, sempre più nuovo e più diverso da quello vissuto da chi lo vive e ne scrive, nell’attesa vissuta e nella continua disillusione.

Era l’anno del Signore 1962 quando, in una rivendita di libri e giornali di “Smiths & Sons”, in una stazione della metropolitana di Londra, comprai questo libro di Naomi Mitchison che vedete qui sotto. Non sapevo chi fosse questa scrittrice. Mi attrasse il progetto che si leggeva sulla copertina. Una trentina tra scrittori, scienziati, poeti e intellettuali del tempo cercavano, sotto la sua direzione, di stendere una mappa della conoscenza sul mondo del futuro. Quello che avrei poi vissuto.

In effetti, era quello che mi accingevo a fare, vivere, il futuro, oggi passato. Io, poverocristo, giovane lavoratore emigrante meridionale, studente infermiere in un ospedale mentale a nord di Londra, mi accingevo a vivere quello che oggi so essere il mio passato. Con un libro pensavo che quella mappa della conoscenza potesse aiutarmi a scoprire il futuro in quel tempo che riscopro oggi di aver vissuto, a distanza di oltre mezzo secolo, alla maniera di Proust.

Speravo di capire non solo quali fossero le intenzioni dell’umanità, come si proponeva l’ambiziosa Naomi, ma quale futuro il destino mi avrebbe assegnato di vivere. Storia, origini della vita, anatomia e fisiologia, matematica e economia, architettura, musica e filosofia, insomma il mistero della vita e il futuro del mondo. Questi i temi del libro.

Ho letto in una recensione del libro, magicamente ritrovata oggi grazie a Google, che il libro era scritto in 160 mila parole, in 400 pagine. Per soli 15 scellini mi parve un buon investimento. Oggi mi ripasso tra le mani il libro della studiosa scozzese Naomi Mitchison, passata a miglior vita alla veneranda età di 101 anni, lo sfoglio e lo confronto con un altro libro, questo in formato digitale, che proietta la sua visione del nuovo mondo ben oltre il futuro mio prossimo venturo.

Il libro

Se per me e per il “mio futuro”, le date sono sono state il 1962, giorno dell’acquisto del libro-mappa e l’oggi 2021, quelle del prof. Paolo Perulli, autore di “Nel 2050: Passaggio al nuovo mondo”, sono il 1989 e il 2050.

In breve, gli interrogativi che si pone sono gli stessi che si poneva la scozzese: “Come sopravviveremo alle sfide che l’uomo sta ponendo alla Terra? Saremo più ricchi o più poveri, più sicuri o più indifesi, vivremo meglio o peggio?”

Domande di sempre, alle quali temo non potrò dare o trovare ragionevoli risposte, come ho potuto, in un modo od un altro, nei miei limiti, dare a quelle poste dalla mappa del libro inglese.

Il prof. Perulli intravede il “mondo nuovo” di Huxley memoria, non so quanto “brave”, nel 2050. Temo, con tutta la mia buona volontà ed intenzioni, non potrò verificare le risposte.
Lui non parla di “mappa” per il futuro come la scozzese. Lui usa un’altra parola, nuova e affascinante; “paradigma”. Dice di ispirarsi all’idea di Leibniz che immagina un dio umano che forgia il migliore dei mondi possibili.

A dire il vero, non mi pare che sia una idea molto nuova. Ma arrivati a questo punto devo ammettere che io non ho mappe o paradigmi da offrire. A chi poi? forse solo a me stesso ed alla mia ignoranza riguardante un mondo che a mio parere si ullude di essere sempre più nuovo.

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Published on April 03, 2021 08:51

April 2, 2021

Un’ombra sull’oceano del mondo …

Un’ombra sull’oceano del mondo …Foto@angallo
“Se esiste un Paradiso per me, sono sicuro che è dotato di una spiaggia.” Così ha scritto Jimmy Buffett. Non so bene chi sia, ma conta cosa ha pensato ed io con lui. Cammini sulla battigia, quel limite che segna il confine tra la terra e il mare. Non mi stanco mai di farlo, ogni mattina. Uno spettacolo che si ripete, sempre lo stesso, ma mai uguale a quello del giorno prima.
Come la vita del resto. Giorno dopo giorno, ti sembra che siano tutti uguale quei momenti, quelle ore, il sorgere del sole, il colore del mare, il volo degli uccelli, la lontananza delle barche, lo sciabordio delle onde, il colore dell’acqua, il suono del vento, lo scorrere delle nuvole, i colori del cielo, il profumo della sabbia, i sapori del mare.
Il mare, lo chiami mare e ti ricordi che il cugino americano Jimmy lo chiamava “the ocean”. Lui viveva dall’altra parte del mondo, per lui il mare era l’oceano. Stamattina il mare mi sembrava l’oceano.
Un’ombra è calata sia sul mare che sull’oceano. La mascherina sulla roccia segnalava la presenza del nemico. Era da qualche parte, ma non sapevo dove. Un’ombra sull’oceano del mondo …
etimo.it

Sandro Penna, Il mare è tutto azzurro

Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.

**

Costantino Kavafis, Mare al mattino

Mare al mattino, cielo senza nubi
d’un viola splendido, riva gialla; tutto
grande e bello, fulgido nella luce.
Mi fermerò qui”.

**

Rafael Alberti, Il mare

Il mare. Il mare
Il mare. Solo il mare!

Perché mi hai portato, padre,
in città?

Perché mi hai sradicato
dal mare?

Nei sogni la mareggiata
mi tira il cuore.
Se lo vorrebbe portare via.

Padre, perché mi hai portato qui?

**

Giorgio Caproni, Albaro

Se al crepuscolo, almeno,
ci fosse, dietro i vetri, il mare…
Amore…
Tremore
in trasparenza…
Se almeno
questo fosse il rumore
del mare…
Non
lo sopporto più il rumore
della storia…
Vento
afono…
Glissando…
Sparire
come il giorno che muore
dietro i vetri…
Il mare…
Il mare in luogo della storia…
Oh, amore.

etimo.it

Avete presente quella immensa distesa blu, bagnata, con delle onde continue che si infrangono senza sosta sulla spiaggia? Quello è l’oceano. Atlantico, Pacifico, Indiano… questi sono i tre bacini oceanici più grandi. Se Colombo non avesse navigato attraverso il blu dell’oceano nel 1492, l’America non sarebbe stata scoperta. Sede di squali, sirene, barche a vela e tsunami, gli oceani ricoprono la maggior parte della superficie terrestre. Puoi usare l’oceano anche per descrivere qualcosa di esteso e senza limiti, come un oceano di fan scalmanati in un concerto rock.

“Raccogli una tazza d’acqua dall’oceano: Lì mi troverai” (Jack Kerouac)

“Così come le onde non possono esistere di per se stesse, ma sono sempre una parte dell’ondeggiante superficie dell’oceano, così io non vivrò mai la mia vita per se stessa, ma sempre nell’esperienza che sta accadendo attorno a me. È una dottrina scomoda che la vera etica sussurra al mio orecchio. Sei felice, essa dice, quindi vieni chiamato a dare molto.” (Albert Scheweitzer)

“Sono andato per tracciare i contorni di un’isola e invece ho scoperto i confini dell’oceano.” (Ludvig Wittgenstein)

“Sì, qual è il più profondo, il più impenetrabile dei due? L’oceano o il cuore umano?” (Lautremont)

“Dio, non servono più le stelle: spegnile una a una. Smantella il sole e imballa la luna. Svuota l’oceano, sradica le piante. Ormai più nulla è importante.”
(ALessandro D’avenia)

“Rifrangiti, scuro e profondo oceano blu, rifrangiti. Diecimila flotte spaziano invano su di te. L’uomo segna la terra con le sue rovine, ma il suo controllo si ferma sulla riva.” (Lord Byron)

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Published on April 02, 2021 07:57

March 30, 2021

L’essenzialismo del Covid 19

Il libro
Aveva 14 figli. C’era stata una pandemia. Aveva un fastidioso disturbo allo stomaco. Stava prendendo lezioni di filosofia. Lui era l’imperatore di Roma. Il suo dominio si estendeva per circa 2,2 milioni di miglia quadrate e comprendeva oltre 120 milioni di persone per le quali era sia responsabile che incaricato di governare. Come fece a gestire il tutto? Come fece senza perdere la testa? Sappiamo che una domanda ha giocato un ruolo enorme nel suo comportamento. Riguarda l’essenzialità. “La maggior parte di ciò che diciamo e facciamo non è essenziale”, scrisse Marco Aurelio nelle sue famose “Meditazioni”. “Se riesci a eliminare ciò che non è essenziale avrai più tempo e più tranquillità. Chiediti in ogni momento: ‘È necessario?”

Quanto o quanto poco lavori, dove vivi, come sono il tuo matrimonio o le tue relazioni, le tue idee politiche, come spendi i tuoi soldi, quali sono i tuoi obiettivi, il modo in cui è organizzata la tua vita, le cose che occupano spazio nel tuo cassetto della spazzatura, in una parola i pensieri che ti passano per la testa. Chiediti su tutto ciò che fai, dici e pensi: “È necessario? È essenziale?” “Deve essere così?” “Perché lo sto facendo?” “Cosa succederebbe se cambiassi?”. Ci chiediamo di continuo perché non facciamo del nostro meglio. Ci chiediamo perché non siamo felici. Ci chiediamo perché le cose sono difficili. È perché stiamo facendo troppo, o stiamo facendo le cose sbagliate, anche nel modo sbagliato?

Guardate l’intelligente e sintetico disegno della copertina del libro che ha scritto Greg McKeown su quell’arte o disciplina chiamata essenzialismo impiegata per acquisire non il di più, ma il meno: essentialismo. A sinistra della immagine il caos, la confusione, la spazzatura. A destra, nel cerchio, l’essenziale. Una parola che, guarda caso, rivela la sua … essenzialità.

Vogliamo arrivare in un luogo in cui la nostra vita possa essere definita da essa, un luogo dove possiamo fare solo ciò che deve essere fatto, nel modo migliore. Bisognerà sentirsi a proprio agio nel dire “No”. Significherà tagliare il grasso inutile dalla vita, forse anche ferire alcuni sentimenti. Ma va bene. Presto ci si renderà conto che quando diciamo di no a qualcosa, stiamo dicendo di sì a qualcos’altro.

Viceversa, quando pensiamo di dire di sì a una cosa, dobbiamo capire tutte le cose a cui stiamo dicendo di no. Quindi potremo far arrabbiare alcune persone dicendo di no, ma renderemo anche le altre persone molto più felici. Importante è conoscere come funziona la “sintesi essenzialista”. Quando non distinguiamo tra ciò che è e ciò che non è essenziale, come si decide a cosa dire si e a cosa dire di no? Di solito, per impostazione predefinita, filtriamo le opportunità in base a ciò che è più redditizio o più impressionante. Ricordiamoci di quello che disse Seneca:

“Ci viene detto che la vita è breve e l’arte è lunga … Non è che abbiamo poco tempo da vivere, ma che ne sprechiamo molto. La vita è abbastanza lunga e ce ne è stata data una quantità sufficientemente generosa per il risultato migliore soltanto se il tempo fosse tutto ben investito.Quando è sprecato nel lusso incurante e speso in nessuna buona attività, siamo poi costretti dall’ultima costrizione della morte a renderci conto che è passato prima che sapessimo che stava passando. Così è: non ci viene data una vita breve, ma la rendiamo breve. Non siamo mal forniti, ma ne sprechiamo. Proprio come quando una ricchezza ampia e principesca cade su un cattivo proprietario, viene sperperata in un attimo, ma ricchezza comunque modesta, se affidata a un buon custode, aumenta con l’uso, quindi la nostra vita si allunga ampiamente se gestita adeguatamente “.

Una cosa in cui la pandemia ci ha aiutato è che ci ha mostrato, nella maggior parte dei casi senza il nostro consenso, cosa significa fare di meno. Meno voli. Meno cene fuori. Meno incontri. Meno reddito. Meno commissioni. Si potrebbe sostenere che COVID-19 è stato il più grande esperimento di stile di vita forzato nella storia. Ha infranto così tante delle nostre supposizioni su ciò che è e non è essenziale.

Ma questa cosa non può essere fatta da remoto, a distanza? Certo che sì. Oh, non potrei vivere senza i miei bambini. Bene, ora devi tenerteli tu a casa ed accudirli ed educarli. Oh, non avrò mai tempo per fare quello voglio. OK, eccolo qui. Hai tutto il tempo che vuoi, sei in isolamento. Abbiamo dovuto pagare con meno.

Abbiamo dovuto reinventare il modo in cui venivano fatte le cose. Abbiamo dovuto riorganizzare tutto. Alcune parti di questo comportamento sono state difficili da sopportare. Alcune imposizioni ci hanno reso tristi e soli. Ma altre parti sono state decisamente liberatorie. Questo è il problema di “less”, “meno”, per questa ragione chiediamo a Marco Aurelio la versione della domanda: è necessario?

Perché per quanto siano stati duri gli ultimi mesi di un isolamento che continua, significa anche che abbiamo la possibilità di continuare a pensare a noi stessi, a guardare altri tramonti dalla veranda sul retro di casa, altre cene in tranquillità, altre scritture più mirate, su argomenti più importanti, nuovi contatti a distanza che dovranno essere confermati di persona, più apprezzamento per le persone e le cose che contano veramente.

“Fare l’essenziale”, ha detto Marco, “porta una doppia soddisfazione: fare di meno, meglio”. Quindi prendiamoci un minuto oggi e facciamoci la domanda di Marco.

È necessario? È essenziale? Ho davvero bisogno di farlo? E se avessi detto di no? E se avessi rinunciato? Cosa succederebbe?

Troveremo la risposta. In molti casi, è no, non è essenziale. Non è importante, né necessario. E dicendo di no, non stiamo “sottraendoci” alle nostre responsabilità. Al contrario, siamo più in forma, meglio in grado di adempiere effettivamente ai nostri doveri importanti: verso la famiglia, il lavoro, noi stessi e anche verso gli altri. E questo è il vero doppio vantaggio.

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Published on March 30, 2021 21:30

March 29, 2021

Quid est homo?

Giovanni Leone Sempronio o Semproni (Urbino, 1603-Urbino, 1646) è stato un poeta, scrittore e letterato italiano. Studiò legge a Bologna, ove frequentò l’Accademia della Notte, assumendo il nome di Vigilante. Ritornato nella città natale, entrò a far parte dell’Accademia degli Assorditi di Urbino, col nome accademico di Fuggitivo. Oltre a una raccolta di sonetti, pubblicati inizialmente nel 1633 e poi in edizione accresciuta nel 1648, vicini agli stilemi di Giovan Battista Marino, e ad alcune rime, compose il poema Boemondo, pubblicato postumo, nel quale agiscono i personaggi della Gerusalemme liberata del Tasso, e la tragedia Il conte Ugolino, ispirata al noto episodio descritto nel canto XXXIII dell’Inferno dantesco.

QUID EST HOMO?
Giovan Leone Sempronio/Oh Dio, che cosa è l’uom? L’uom è pittura/di fugaci colori ornata e cinta,/che in poca tela e in fragil lin dipinta/tosto si rompe, e tosto fassi oscura./O Dio, che cosa è l’uom? L’uom è figura/dal tempo e de l’età corrotta e vinta/che in debil vetro effigiata e finta,/a un lieve colpo altrui cade e non dura.
È strale, che da l’arco esce e san passa;/è nebbia, che dal suol sorge e sparisce;/è spuma, che dal mar s’erge e s’abbassa./È fior che nell’april nasce e languisce;/è balen, che nell’aria arde e trapassa;/è fumo, che nel ciel s’alza e svanisce.

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QUID EST HOMO?
O God, what is this thing, this man? A painting/adorned and framed with fleeting colours; man as/brittle lines on a short reach of canvas;/soon dissundered pixels, light soon fainting./Oh God, what thing is man? A figure feigned/in effigy depicting an age vanquished/and the wash of corrupted times; feebly-paned,/felled by the lightest blow; to be relinquished.
He is the flighted arrow the pierced breast halls;/mist ascending from the soil to vanish;/spume on the ocean that rises and falls./A flower nascent with April, in languish;/smoke that soars to the heavens and palls;/a lightning-flash blazing, extinguished.
(trans. Michael Haldane)
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Published on March 29, 2021 14:23

L’arte di invecchiare come Galileo …

L’arte di invecchiare come Galileo …L’Arte di Invecchiare con Piacere
La consapevolezza, nota in lingua inglese come “mindfulness", è un esercizio che dura tutta la vita e più invecchiamo, più apprezziamo la pratica.
Questo libro intitolato “Galileo & The Art of Aging Mindfully” rivela come il padre della scienza moderna abbia introdotto una nuova era nella comprensione consapevole di noi stessi e del nostro posto nell’universo.
L’autore Adam Ford rivolge il suo telescopio verso le stelle per rivelare una fusione naturale di scienza e spiritualità e per offrire la sua prospettiva sull’invecchiamento. Domande su tempi e sull’esistenza, espressi in maniera profonda insieme a intuizioni spirituali vengono condivise con saggi consigli. Aggiungete una costellazione di intuizioni meditative, Adam dimostra come il nostro viaggio esistenziale con l’invecchiamento sia la naturale opportunità di sperimentare i veri benefici in maniera …consapevole.

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Mindfulness is a lifelong exercise and the older we get the more appreciative we can become of the practice. Galileo & The Art of Ageing Mindfully reveals how the father of modern science introduced a new era in our mindful understanding of ourselves and our place in the universe. Adam Ford turns his telescope towards the stars to reveal a natural fusion of science and spirituality and to offer his own perspective on ageing. Questions of deep time and existence, and spiritual insights are shared alongside wise notes to his grandchildren. Add in a constellation of meditative insights, and Adam proves how our existential journey with ageing is the natural opportunity to experience the true benefits of mindfulness.

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Non ti preoccupare. Accade a tutti, prima o poi. L’invecchiamento avviene. Lo sappiamo tutti e a volte ci godiamo i frutti e le libertà che porta. Ma è anche umiliante sperimentare come i nostri corpi cambiano, dimenticando nomi o fatti, o rendendoci conto che il mondo si sta muovendo sempre più rapidamente intorno a noi, senza essere alla guida di una macchina! Ma resistere a ciò che non possiamo controllare aggiune solo disagio e infelicità come lamentarsi degli inevitabili cambiamenti del tempo non cambia la loro realtà.

Comunque tu avverti il tuo invecchiamento, è possibile viverlo in maniera diversa. La consapevolezza ci aiuta ad abbracciare il cambiamento accettandone l’inevitabilità. Il processo c’è e accade in ogni momento. Questa esperienza di vita si accumula che lo vogliamo o no. Come lo usiamo dipende da noi. Ma il cambiamento è sempre possibile. Comunque ti senti di invecchiare, è possibile viverlo con un maggiore facilità. Una semplice formula rimane il miglior consiglio medico: alimentazione sana, esercizio fisico regolare e sonno adeguato. Ora sappiamo anche che il cervello continua a crescere e cambiare per tutta la vita ed è influenzato dai nostri schemi abituali.

Inizia con la scelta. Hai vissuto in un certo modo per molto tempo; oggi ci sono nuove considerazioni su cui agire. Puoi scegliere come navigare su questo nuovo terreno. Ecco alcuni strumenti validi per aiutarti lungo il viaggio

1. Rimani connesso
Rimanere in contatto con gli altri può richiedere una maggiore pianificazione oggi rispetto al passato, ma l’impegno sociale rimane vitale. Gli studi suggeriscono che un adulto su cinque si sente cronicamente solo e che la solitudine è sempre correlata a una salute precaria. Qualunque sia la tua situazione, ritagliati diligentemente del tempo con la famiglia, gli amici o la comunità. Ricordati anche la connessione, porta all’accesso equindi alla necessità che tu debba saper controllare le tue azioni.

2. Prenditi cura della tua mente
L’apprendimento continuo può aiutare a prevenire il declino cognitivo con l’avanzare dell’età. Sostieni vecchi hobby, antiche attività, creane delle nuove, prova o segui percorsi diversi. Considera di fare volontariato o di utilizzare la tua esperienza per offrire servizi di consulenza nella tua comunità. Affronta i problemi di salute mentale se si presentano con la consapevolezza di quello che stai facendo. Il rischio di depressione aumenta con l’età. Meno tempo al computer e alla televisione per una migliore salute mentale (e fisica).

3. Rivaluta la tua dieta
I bisogni del corpo cambiano nel corso della nostra vita e la nostra dieta dovrebbe riflettere questo. Forse una volta eri in grado di mangiare o bere quello che volevi, ma ora i cibi piccanti ti danno fastidio allo stomaco, la tua tolleranza all’alcol è diminuita o aumenti di peso più facilmente. La consapevolezza è uno strumento utile per esplorare le tue abitudini con il cibo e sostenere passi costanti verso la creazione di nuovi gusti he soddisfino le tue esigenze odierne.

4. Muoviti di più
La massa muscolare inizia a diminuire già all’età di 30 anni, ma l’esercizio fisico può contrastarlo. Diversi studi hanno rilevato che solo 30 minuti di intenso allenamento, a intervalli tre volte alla settimana, ripristina la salute cellulare dei muscoli degradati dall’invecchiamento. L’esercizio supporta anche la densità ossea, l’equilibrio, l’agilità, aiuta a dormire meglio e può evitare la depressione. E considera questo: l’aumento di peso correlato all’età è spesso attribuito erroneamente a un metabolismo che cambia, quando può derivare da una ridotta attività fisica. Anche 10 minuti, più volte alla settimana, migliora il tuo umore nel momento e aumenta anche la forma fisica e mentale a lungo termine. Quindi, muoviti!

5. Trova la tua formula per dormire
I bisogni e gli schemi del sonno cambiano nel corso della nostra vita. Potresti trovarti a richiedere più sonno, o forse meno. Forse un pisolino di mezzogiorno di 20 minuti è ora ciò che ti mantiene in equilibrio. La qualità del sonno è inoltre compromessa dall’eccessivo consumo di alcol, caffeina e schermo e può essere influenzata da problemi di salute come sintomi della menopausa, bruciore di stomaco o farmaci. E indovina cosa? Il sonno spesso migliora con la meditazione regolare.

6. Pratica la consapevolezza
Lo stress è uno dei maggiori fattori di rischio per la salute nella nostra vita, con un forte impatto sia sulla salute mentale che su quella fisica. La meditazione consapevole è uno dei modi migliori per ridurre lo stress e migliorare il tuo benessere emotivo. Migliora anche la concentrazione, supporta il cambiamento delle abitudini e può aiutare a proteggere la tua memoria. Ricorda, non esiste un modo “perfetto” per meditare. Va bene quando la tua mente vaga, proprio come va bene se ora ti siedi su una sedia invece che su un cuscino. Qualunque cosa accada, è normale.

Inizia, ovunque tu sia
Una delle migliori verità sull’invecchiamento è che non siamo mai troppo vecchi per imparare! E se usassimo la nostra prospettiva in maniera più saggia per esaminare le abitudini che ostacolano la nostra capacità di accettare il cambiamento, abitudini come la resistenza, la razionalizzazione e la procrastinazione? Concentrarsi sulla dieta e sull’esercizio ti aiuta fisicamente e offre opportunità per apprendere nuove abilità. Mantenere o espandere le tue cerchie sociali fornisce stimoli, connessione e forse nuove esperienze. La meditazione consapevole aiuta il tuo cervello, in parte riducendo al minimo i pregiudizi di negatività, il che rende i pensieri spiacevoli. Più appiccicosi di quelli più piacevoli (posso adattarmi e godermi la vita).

Adesso prova a leggere tutto quello che hai letto in inglese!

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Aging happens. We all know it, and sometimes we enjoy the fruits and freedoms it brings. But it’s also humbling to experience our bodies changing, forgetting names or facts, or realizing that the world is moving ever more swiftly around us — and we’re not necessarily driving the car! But resisting what we can’t control only adds to discomfort and unhappiness — and lamenting the inevitable shifts of time doesn’t change their reality.

However you feel about growing older, it’s possible to experience it with a greater sense of ease.

Mindfulness helps us embrace change through accepting its inevitability while also actively pushing back where we can. Aging is here, and happening in every moment. This life experience accumulates whether we want it to or not. How we use it is up to us.

Change Is Always Possible
However you feel about growing older, it’s possible to experience it with a greater sense of ease. One simple formula remains the best medical advice we have when it comes to aging well: healthy nutrition, regular exercise, and adequate sleep. We also now know that the brain continues to grow and change throughout our lives, and is influenced by our habitual patterns.

…And It Begins with Choice
You’ve lived one way for a long time; today, there are new considerations to act on. You get to choose how to navigate this new terrain. Here are a few proven tools to help you along the journey

1. Stay connected
Maybe your kids are older and you aren’t in touch with parents around school as much, or you no longer go to an office daily. Staying in touch with others may require more planning now, but social engagement is vital. Studies suggest up to one in five adults feels chronically lonely, and that loneliness correlates with poorer health. Whatever it takes, diligently carve out time with family, friends, or community.

2. Care for your mind
Ongoing learning may help prevent cognitive decline as you age. Sustain old hobbies, try out new ones, or take a class. If you are not working as much, consider volunteering or using your experience to offer consulting services in your community. Address mental health concerns if they arise; the risk for depression increases with age. Less computer and television time also correlates with better mental (and physical) health.

3. Re-evaluate your diet
The body’s needs change throughout our lives, and our diets should reflect this. Maybe you used to be able to eat or drink whatever you wanted, but now spicy foods upset your stomach, your alcohol tolerance has dropped, or you gain weight more easily. Mindfulness is a useful tool for exploring your habits with food and supporting steady steps toward creating new ones that meet your needs today.

4. Move more
Muscle mass starts receding as early as age 30, but exercise can counteract that. One study found that just 30 minutes of intense interval training three times a week restored the cellular health of muscles degraded by aging. Exercise also supports bone density, balance, agility, helps you sleep better, and can stave off depression. And consider this: Age-related weight gain is often misattributed to a changing metabolism, when it may stem from lessened physical activity. Even 10 minutes, several times weekly, improves your mood in the moment, and also increases mental and physical fitness in the long run. So, get moving!

5. Find your sleep formula
Sleep needs and patterns change throughout our lives. You may find yourself requiring more sleep, or perhaps less. Maybe a 20-minute midday nap is now what keeps you balanced. The quality of your sleep is also undermined by excessive alcohol, caffeine, and screen use, and can be affected by health issues like menopausal symptoms, heartburn, or medications. And guess what? Sleep often improves with regular meditation.

6. Practice mindfulness
Stress is one of the biggest health-risk factors in our lives, greatly impacting both mental and physical health. Mindfulness meditation is one of the best ways to reduce stress and improve your emotional well-being. It also improves focus, supports habit change, and may help protect your memory. Remember, there is no “perfect” way to meditate. It’s OK when your mind wanders, just as it’s OK if you now sit in a chair instead of on a cushion. Whatever happens, it’s normal.

Get Started, Wherever You Are
One of the best truths about aging is that we’re never too old to learn! What if we use our slightly wiser perspective to examine habits that hinder our ability to embrace change — habits like resistance, rationalization, and procrastination? Focusing on diet and exercise helps you physically and offers opportunities to learn new skills. Maintaining or expanding your social circles provides stimulation, connection, and maybe new experiences. Mindfulness meditation helps your brain, in part by minimizing negativity bias, which makes unpleasant thoughts (Aging is awful!) stickier than more pleasant ones (I can adjust and still enjoy life as I age).

If we choose it, we might even find this new landscape, and all the paths and vistas it affords, a welcome change.

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Published on March 29, 2021 09:38

March 27, 2021

L’antivirus personale: scrivere sempre, per imparare a capire e pensare

La Verità 27 marzo 2021
Queste due domande, con le relative risposte, concludono una lunga intervista apparsa sul giornale “La Verità” concessa a Maurizio Caverzan da Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, famoso esperto nel campo della ricerca sul tentato suicidio, dell’epidemiologia psichiatrica e della psichiatria sociale. Già collaboratore di Franco Basaglia, il padre della salute mentale, da quando ha lasciato l’università si considera un uomo libero e non subordinato. Dopo una esperienza vissuta da giovane tra droga e terrorismo, con suo padre ebbe modo di vedere l’invasione dei carri armati sovietici a Praga. Sempre comunque progressista e antifascista, quella violenza sovietica ebbe per lui la stessa violenza del nazismo. Ricorda con grande piacere l’esperienza professionale vissuta con Basaglia, per lui un eroe dei diritti dell’uomo, oltre che un luminare della psichiatria.

Nella visione della realtà che stiamo vivendo, Crepet pensa che quando iniziò a lavorare con Basaglia c’era il dbattito per l’abolizione della classi differenziali e poi quello per la chiusura dei manicomi. Oggi, dice che si indigna quando vede quella stessa indifferenza e cinismo che i politici hanno nei confronti dei bambini quando li secludono a casa, costretti a studiare davanti alla tv o al pc sotto tortura.

Maria Montessori e Don Milano sarebbero scandalizzati. Tutti tacciono anche se dice che ha avuto modo di parlarne invitato al Senato. Ma è stato come se tutti fossero impermeabili, a nessun politico, imprenditore, intellettuale importa granchè dei ragazzi di come sono stati costretti a vivere e studiare in questi ultimi mesi. Nessuno si ritiene responsabile di quello che sta avvenendo. In Germania la Merkel ha chiesto scusa.

Lui ha chiesto le dimissioni del ministro Speranza che invece va avanti come se avesso sconfitto il Covid. Questa società che ci stanno imponendo, una società di continuo lockdown, è come una via crucis che produce due tipi di comportamento. Rabbia e immobilità generano paura che produce paralisi, come il veleno di un serpente. Siamo entrati in un periodo che lui chiama “coma farmacologico”. Ci somminstrano le elemosine, i sostegni, la cassa integrazione e sopspendono i mutui.

A settembre dovremo fare i conti con 10 milioni di non dipendenti statali e rischieremo una guerra civile. La pandemia ha aumentato patologie già diffuse prima, come la depressione, mancanza di autostima, ansia, panico, insonnia, calo della libido. Tutto a causa delle ore che siamo costretti a passare davanti ad uno schermo. Il cervello funziona in rapporto a uno schermo, una cosa che non si era mai verificata prima.

Il primo passo verso una possibile demenza con perdita della memoria breve, incapacità di concentrarsi, mal di testa, irritabilità e difficiltà a relazionarsi. Una nuova patologia che andrà oltre la pandemia. Con i vaccini la pandemia finirà, queste sindrome invece non cesseranno, se non cambieremo il sistema di funzionamento della scuola e del mondo del lavoro.

Il preannunziato libro “Oltre la tempesta” ci farà capire quanto sia stata stupida, oltre che criminale, l’idea di quello slogan che abbiamo sentito suonare e cantare per diverse settimane “andrà tutto bene”. Nulla sarà più come prima, non sarà nè potrà essere un “copia e incolla” del passato. Gran parte della nostra vita sarà destinata ad essere digitale in tutti i suoi significati previsti ed imprevedibili.

Uno scenario che fa la somma del Distance Learning, dell’Intelligenza Artificiale e della Robottizzazione. Lo scenario sociale sarà questo. Al centro di quello individuale, l’antivirus che ognuno di noi ha a sua disposizione, ma non sa o non vuole usare, è quello che riguarda il senso di questo mio post e di tutto quello che, dai tempi del Commodore 64, in un altro secolo, che dico?, in un altro millennio cominciai a fare: scrivere non più e non solo con la penna ma in bits & bytes.

Scrivere, scrivere, scrivere sempre, per imparare a capire e pensare.

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Published on March 27, 2021 08:21

MEDIUM

Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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