Antonio Gallo's Blog: MEDIUM, page 107
December 18, 2018
Il secolo di mio padre ...

Questa è la storia di un libro particolare. Mi conferma l'idea che ogni uomo è un libro, ogni libro è un uomo. Il libro di cui parlo lo vedete qui riprodotto in tre immagini che corredano questo post. Un libro particolare, riflesso nella storia di cento anni, così come li raccontò il noto giornalista e scrittore Vittorio Feltri (con l'aiuto di Renato Farina), in una serie di fascicoli allegati al quotidiano "Libero" da lui fondato. Ancora oggi, se non erro, ne è il direttore.
In coedizione con la casa editrice DeAgostini, Vittorio Feltri raccontò, in un'accurata rassegna cronologica, gli eventi che caratterizzarono quei cento anni in una sorta di diario familiare, per mezzo di una accurata cronologia, corredata da numerose fotografie e documentati resoconti. Nulla di accademico, nessun orientamento ideologico, una buona accuratezza storica e narrativa, libera e sciolta, com'è nello stile e nella tradizione del miglior giornalismo italiano.

Non mancava mai di leggere attentamente ogni fascicolo che il quotidiano pubblicava. Quando arrivò alla fine, ordinai alla casa editrice la copertina per la rilegatura. Si ritrovò tra le mani una copertina che aveva il dorso molto più grande dello spessore dei fascicoli. Telefonai alla casa editrice e mi dissero c'erano stati dei problemi nell'allestimento del progetto editoriale e che ci dovevamo arrangiare. Ci consigliarono di acquistare il volume nella sua versione editoriale che avevano nel frattempo lanciato sul mercato. Confidavano che i lettori del quotidiano non avrebbero conservati i fascicoli e avrebbero acquistato il volume.
Qui arrivo al punto centrale di questo mio ricordo che è quanto mai personale. Se osservate bene la foto centrale noterete che nella sagoma del volume i fogli hanno un colore diverso. Alcuni sono grigi, altri sono bianchi. La pagine scure sono quelle del testo a stampa dei fascicoli, per un totale di 560. Le altre pagine, quelle con il dorso bianco, una settantina. Mio Padre, vero "maestro tipografo" inserì quelle pagine bianche dando forma e vita possibile ad un libro che altrimenti non avrebbe potuto essere rilegato nella sua forma migliore.
Pagine bianche che scorrono a partire dalla pagina 560 come si può facilmente vedere nella terza foto. Una soluzione ideale e, lasciatemelo anche dire, magistrale se pensate che Lui, qualche mese dopo "se ne andò". Ricordo che quando mi consegnò il volume rilegato mi disse che quelle pagine bianche erano bianche non a caso. Lui, le "sue pagine", nel "suo" libro, le aveva scritte. Ora dovevo scriverle io. Lui aveva fatto i conti con il "suo" secolo. Toccava a me continuare ...


Published on December 18, 2018 12:41
December 17, 2018
Il "Prigioniero" Gino de Filippo

Il suo editore è scomparso da tempo, ma l'autore di queste poesie è appena entrato nei suoi novanta anni. Continua a trascorrere i suoi giorni "alle falde del monte Saro", a Episcopio, una frazione della Città di Sarno, nella antica Valle dei Sarrasti. Nei giorni scorsi alcuni amici lo hanno festeggiato e per l'occasione hanno dato luogo ad un piccolo "amarcord". Amici, conoscenti ed estimatori di "Masta Gino" si sono ritrovati ed hanno potuto rendersi conto di quanto forte, esclusiva e speciale sia la vena creativa e comunicativa di questo uomo del Sud che si è fatto da sè.
Il critico Lanfranco Orsini, nella breve premessa al libretto che presentava ai lettori del tempo le poesie di Gino, scriveva che era il suo primo libro di liriche pubblicate all'età di trentacinque anni. Sembra quasi volesse dubitare che a quella età l'amore per la poesia posa durare. "Generalmente i poeti pubblicano la loro prima raccolta molto più giovani, essendo la poesia, in coloro che la coltiveranno per tutta la vita e in coloro che l'abbandoneranno poi per la prosa (della vita, o della letteratura) una manifestazione e un amore che si rivelano nella giovinezza o addirittura nell'adolescenza".
Così si esprimeva il critico, pur avvertendo che il De Filippo "fin dai quattordici anni ha cominciato a scrivere versi e a dipingere". A distanza di oltre mezzo secolo Gino De Filippo, oltre che scrivere versi e prose, non ha mai smesso di "comunicare" in tutti i modi possibili quello che nessuna scuola, nessuna accademia, nessuna ideologia avrebbero mai potuto insegnargli. Il buon Lanfranco Orsini non avrebbe potuto immaginare di vedere qui commentata la sua breve premessa a quelle 29 poesie mezzo secolo dopo.
Nè tanto meno il "Caronte II", in un numero datato 25 luglio 1965 del mitico settimanale letterario "La Fiera Letteraria" (alias Antonio Barolini) avrebbe potuto vedere confermato quello che aveva scritto sul giornale, in risposta ad una lettera che Gino gli aveva scritto a proposito di certi suoi "sconforti" che purtroppo sono di tutti i poeti: "Bisogna tener presente che la poesia nasce dalla "necessità di trovare un compenso" ossia dal desiderio di "integrarsi". E aggiungeva: "Questo significa che, il più delle volte, al poeta manca qualcosa e da questa consapevolezza nasce la poesia".
Insomma era un "buon poeta". Questa la conclusione. Di allora, mezzo secolo fa. Cosa avrebbero potuto/saputo aggiungere oggi, al vedere tutto quello che è stato capace di "comunicare" nei tanti modi, come ho avuto modo di scrivere in una breve antologia che raccoglie alcune sue delle tante opere pubblicata nel 2008 e intitolata "Alle falde del Monte Saro: il libro di Gino". Se guardiamo con attenzione le quattro tempere dell'autore che contiene il libretto con le 29 poesie, e se le confrontiamo con le immagini di soltanto alcune delle opere così come le riprodussi nella mia antologia, ci si potrà rendere quanto grande, vasta, ricca e variata sia stata la creatività del "buon poeta".
Il suo vero amore non è stata la poesia, la pittura, la grafica, l'intarsio, la progettazione, il disegno, con il dialetto o l'italiano, la penna, la matita o il pennello. Il suo principale "amore" è stata la comunicazione. Anzi "la necessità di trovare un compenso", ossia quel desiderio di "integrarsi" di cui parlava Barolini. Ma lui, Gino De Filippo, non sapeva che non sarebbe mai riuscito ad "integrarsi". I suoi tanti quadernoni, pieni di poesie, appunti, pensieri, ricordi, le sue continue memorie scritte sugli infiniti fogli dei giorni dei suoi anni, le sue tante tele e tavole colorate, smarrite nelle pieghe del tempo lo hanno tenuto "prigioniero" di se stesso, in una "prigione", però, che continua felicemente a tenerlo vivo. Questo libretto lo testimonia.

Published on December 17, 2018 09:19
December 11, 2018
Le due parole-sillabe più usate al mondo

Vi risparmio le etimologie di queste due parole, se parole si possono chiamare. Sono famose in tutto il mondo, in tutte le lingue anche quelle non alfabetiche. Due termini destinati a convivere. Non troverete mai uno solo. L'uno presuppone l'altro. Se sei "on", dovrai essere necessariamente anche "off", e viceversa. Si chiama dicotomia, dualismo, conflitto, ma anche convivenza, convenienza, condivisione. Essere "on" significa essere acccesi, in onda, di moda, energetico, compatto, pronto per ogni evenienza, attenti a ciò che accade. Il suo opposto "off" tutto il contrario e di più. In fondo uno dei tanti aspetti del dualismo di cui siamo fatti noi viventi, esseri umani destinati a nascere e morire, iniziare e finire, dormire e stare svegli, andare e venire, chiudere ed aprire, adamo ed eva, caino e abele, sole e luna, tramonto e alba, si e no, bianco e nero ... Potrei continuare all'infinito. Ecco, anche questa parola ha il suo contrario: finito. Meno male, altrimenti non avrei saputo come finire questo post che è un esercizio di scrittura creativa.

Published on December 11, 2018 14:04
Review: Encyclopedia Britannica

My rating: 5 of 5 stars
Il 6 dicembre del 1768 venne pubblicato in Scozia il primo volume della Enciclopedia Britannica. Tempo fa venne annunciato che la più famosa enciclopedia del mondo non sarebbe stata più stampata. Ha vinto il digitale ... Mi viene voglia di fare un ... bibliocidio ... Come si fa a fare una recensione della Enciclopedia Britannica? Dovrei recensire anche i supplementi annuali di scienze e attualità che ho continuato ad acquistare fino a qualche anno fa. Eppure dovrò trovare il modo giusto per parlare di questa opera grandiosa che occupa tutta una parete del mio studio. Oggi tutto è digitale, "bits & bytes": guardare, toccare, sfogliare questi volumi sono una vera e propria goduria che soltanto chi soffre di bibliomania può capire. Ne riparleremo...
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Se penso che questa opera mi è costata tanti soldi in vari decenni, tanti volumi di aggiornamento sia per l'attualità che per le scienze Se penso che oggi questa enciclopedia è in vendita per una manciata di euri, mi pare una cinquantina, ed è anche online, mi viene da spararmi o da diventate analfabeta ...----Non so se avete capito bene che cosa intendo con la parola "bibliocidio". E' la sensazione/tentazione che mi ha afferrato quando nei giorni scorsi ho ricevuto in omaggio dalla rivista TIME, alla quale sono abbonato, un DVD della famosa Enciclopedia Britannica. E' un servizio di aggiornamento che questa enciclopedia ogni anno pubblica per le sue edizioni. Leggete bene e riflettere su cosa il DVD offre: accesso online ai 32 volumi della tradizionale enciclopedia cartacea contenente oltre centomila articoli; sedicimila voci per soggetto mirate all'utilizzo degli studiosi; dodicimila articoli riguardanti i temi della politica, lo sport, le scienze ecc. compresi tra gli anni che vanno dal 1994 al 2012; risorse di studio video audio, giochi e attività online, recensioni, indagini, analisi; centinaia di attività e giochi interattivi su varie discipline di studio come la matematica, le scienze, le arti; due dizionari linguistici completi; un dizionario inglese-spagnolo; circa tremila mappe dedicate alla economia, alla cultura ed alle statistiche mondiali di ogni nazione del mondo; mappe storiche dei paesi del mondo; accesso agli articoli di famosi collaboratori della enciclopedia come i premi Nobel; centinaia di biografie di uomini illustri e famosi criminali; carte per appunti online; migliaia e migliaia di immagini e clip video audio; collegamenti a migliaia di link mirati per approfondimenti e ricerche. Tutto questo alla portata di un semplice clic del mouse per il modico prezzo di 39 dollari e 95 centesimi (poco più di trenta euri, dico 30).
Ecco, così ho scritto qualche tempo fa e confermo ancora oggi dopo avere letto un articolo dello stesso tenore sulla magnifica rivista digitale AEON. Ti viene voglia di fare un bibliocidio, di mandare tutto in fiamme per la rabbia, il dolore e la delusione. Rabbia, dolore e delusione per avere spesso tanti soldi, perso tanto tempo nel fare le ricerche, quando poi oggi i testi me li posso gestire comodamente online come, quando e dove mi pare e piace. Eppure non me la sento di dare fuoco a tutti quei volumi, più di una cinquantina, tutti belli, lì allineati negli scaffali, in lucida pelle con incisioni in oro. Spero che non lo faccia qualcun altro quando sarò passato a miglior vita ... digitale!
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E poi, quasi dimenticavo: come catalogo questa opera qui su GoodReads? Il sistema mi offre tre opzioni: in lettura, letto, voglio leggere. Che faccio? dove metto tutti questi volumi? dico che li ho letti tutti? Sarei un folle. Più li guardo e più mi convinco che il tempo cambia davvero tutto. Ma restano sempre belli, eleganti, pronti ad essere aperti, sfogliati, invitanti a viaggiare nel mare infinito e sconosciuto della consapevolezza che sapere fa soffrire, ma è una sofferenza che guarisce ...
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Published on December 11, 2018 13:48
December 9, 2018
Vivere senza libri non si può

My rating: 5 of 5 stars
Ne sono convinto. Non si può vivere senza libri. Io, figlio di tipografo, di una famiglia di tipografi, continuo a vivere con i libri. Giorno dopo giorno, i libri digitali aumentano ma credo, che per il tempo che mi rimane da vivere in questo mondo, non supereranno mai quelli cartacei. Nonostante i progressi della Rete e degli strumenti di consultazione, dei mezzi per archiviare la memoria o semplicemente per leggere, i libri continuano a essere fedeli amici dell'uomo. Di essi è possibile innamorarsi. Utili per i regali, per meditare, per rifugiarsi.
Per i libri si sono commessi delitti, si sono fatte guerre sante, di religione e di sfruttamento. Raccoglierli può trasformarsi in malattia, collezionarli è contagioso, leggerli anche pericoloso. Eppure è impossibile vivere senza la loro presenza. Alberto Manguel, già direttore della Biblioteca Nazionale Argentina, scrittore e saggista, è convinto che ogni libro racconti una storia. Non soltanto quella che si legge tra le pagine (non è detto che sia la più interessante), ma qualcosa che si portano dietro. Io ho sempre pensato che ogni uomo è un libro. I libri hanno bisogno di spazio e dice bene Manguel. Deve scegliere quali volumi dovrà portare con sé e quali lasciare in un deposito, cioè abbandonarli, almeno momentaneamente. Deve trasferirsi. Per farlo, deve passarli in rassegna. E, come ricorda con un sorriso, è costretto ad ascoltare la loro voce.
Sarebbe banale credere che i libri siano degli oggetti silenziosi. Ogni volta che se ne sposta uno, ci si ricorda di un frammento di vita che ci lega a esso, magari di cose avvenute anni fa: un amore svanito, un successo o un problema, una gioia o un dolore. I libri non hanno la bocca ma siamo noi a ripetere le loro parole attraverso i ricordi. Manguel rammenta una frase del grande Borges: “Uno scrittore scrive quello che può, un lettore legge quello che vuole”. Parole piene di saggezza, giacché ognuno di noi, nel leggere, gode di una libertà che l'autore ignora: lui deve dare forma a qualcosa, noi possiamo immaginare, divagare, evocare dinanzi al suo lavoro. In fondo, il libro non è altro che un crocevia in cui tutti i verbi che abbiamo trascritto si danno continuamente un appuntamento.
Manguel a pagina 41 lascia una confessione: “Il giorno in cui salutai per l'ultima volta la mia biblioteca in Francia mi sentivo spaventosamente triste, e fiotti di ricordi di versi, relativi alla rabbia, alla vendetta e alla disperazione mi martellavano in testa, come se la biblioteca stesse aprendo i suoi libri per me in un ultimo gesto d'amicizia”. C'è poco da aggiungere.
Non importa se i nostri libri sono luccicanti o malconci, rilegati in pelle o umili tascabili, quel che conta sono le emozioni che ci hanno dato o che in essi abbiamo nascosto. Aveva ragione Flaubert che in una lettera a Mademoiselle de Chantepie, del giugno 1857, osservava: “Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere”.
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Published on December 09, 2018 13:28
•
Tags:
bibliomania
December 3, 2018
Un futuro da "stoico"

Perchè di questo si tratta. Sono due i libri, in effetti. Uno sullo stoicismo, con 366 meditazioni sulla saggezza, la perseveranza e l'arte di vivere, il tutto visto giorno per giorno, nell'arco di un anno. L'altro libro, invece, questo, appunto, è il diario che il lettore deve scrivere, sempre giornalmente, sulla falsariga di quello che l'autore, Ryan Holiday, ha proposto nell'altro libro.
Nel mio blog spiegherò l'operazione di lettura e scrittura che mi propongo di fare nell'arco dei prossimi giorni. Anzi, nel prossimo anno. Spero così, con il nuovo anno, di fare quello che non sono mai riuscito a fare nel corso di questi quattro decenni di letture e di scritture: portare a completamento un diario scritto per un anno intero. Lo stoicismo mi sembra essere non solo una filosofia tanto nobile quanto antica, ma anche il modo giusto per dare un senso al tempo che mi resta da vivere.
Ogni giorno dovrò impegnarmi a dare una risposta ad una precisa domanda che il libro mi pone nell'arco di ogni giorno che passa. A pensarci bene, dovrò rispondere a ben 366 domande (l'autore ne propone 366, ha calcolato anche l'anno bisestile!), suddivise in 52 settimane. Cosa ne verrà fuori davvero non so dire. So per certo che il tutto mi servirà per dare un senso a quello che faccio, leggo scrivo e penso. Vi pare poco? Se volete sapere come va a finire, seguitemi qui nella mia biblioteca o sul blog.

Lo stoicismo ci insegna che il più alto bene nella vita è il perseguimento delle quattro virtù cardinali; saggezza, temperanza, giustizia e coraggio. Sono le uniche cose che ci fanno sempre sentir bene e non possono mai essere usate per far del male. La chiave per una vita serena è la consapevolezza che alcune cose sono sotto il nostro controllo e altre no: sotto il nostro controllo ci sono i nostri valori, i nostri giudizi e le azioni che scegliamo di eseguire. Tutto il resto è al di fuori del nostro controllo e dovremmo concentrare la nostra attenzione e gli sforzi solo sulla prima categoria.
Seneca scrisse un saggio sullo stesso argomento, ciò che fa una vita felice, un insieme di sette "comandamenti a se stesso" (dal libro XX "Di una vita felice"). Questi formano un sistema utile per strutturare in maniera filosofica le nostre vite:
I) Considererò la morte o una commedia allo stesso modo. II) Disprezzerò le ricchezze quando le avrò e quando non le avrò. III) Vedrò tutte le cose come se appartenessero tanto a me quanto a tutta l'umanità. IV) Qualunque cosa possieda, non la possiederò avidamente, né la sprecherò incautamente. V) Non farò nulla per l'opinione pubblica, ma tutto secondo coscienza. VI) Sarò d'accordo con i miei amici, gentile e mite con i miei nemici: concederò il perdono prima che me lo si chieda, andrò incontro ai desideri di chi lo merita a metà strada. VII) Asseconderò la Natura. Lascerò questa vita, testimoniando che ho amato secondo coscienza e buone intenzioni.

Published on December 03, 2018 05:04
December 2, 2018
Un futuro da "stoico"

My rating: 5 of 5 stars
Questo libro l'ho "letto", adesso mi accingo a "scriverlo". Vi meraviglierete di quello che dico, ovviamente. Proprio così. L'ho "letto", adesso devo "scriverlo", devo scrivere il "mio" libro, quello che l'autore ha saputo con intelligenza propormi, tanto da farmi acquistare non solo questo, (che poi tutto sommato libro non è, è soltanto un diario), ma anche quell'altro libro su cui ha costruito il suo lavoro, la sua ricerca, sullo stoicismo.
Perchè di questo si tratta. Sono due i libri, in effetti. Uno sullo stoicismo, con 366 meditazioni sulla saggezza, la perseveranza e l'arte di vivere, il tutto visto giorno per giorno, nell'arco di un anno. L'altro libro, invece, questo, appunto, è il diario che il lettore deve scrivere, sempre giornalmente, sulla falsariga di quello che l'autore, Ryan Holiday, ha proposto nell'altro libro.
Nel mio blog spiegherò l'operazione di lettura e scrittura che mi propongo di fare nell'arco dei prossimi giorni. Anzi, nel prossimo anno. Spero così, con il nuovo anno, di fare quello che non sono mai riuscito a fare nel corso di questi quattro decenni di letture e di scritture: portare a completamento un diario scritto per un anno intero. Lo stoicismo mi sembra essere non solo una filosofia tanto nobile quanto antica, ma anche il modo giusto per dare un senso al tempo che mi resta da vivere.
Ogni giorno dovrò impegnarmi a dare una risposta ad una precisa domanda che il libro mi pone nell'arco di ogni giorno che passa. A pensarci bene, dovrò rispondere a ben 366 domande (l'autore ne propone 366, ha calcolato anche l'anno bisestile!), suddivise in 52 settimane. Cosa ne verrà fuori davvero non so dire. So per certo che il tutto mi servirà per dare un senso a quello che faccio, leggo scrivo e penso. Vi pare poco? Se volete sapere come va a finire, seguitemi qui nella mia biblioteca o sul blog.
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Published on December 02, 2018 23:06
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Tags:
stoicismo
November 29, 2018
Viviamo in una distopia digitale?

Chiamatela come volete: distopia, anti-utopia, pseudo utopia, cacotopia, è comunque certo che il futuro ci insegue. E se il futuro batte il presente, annientandolo con la sua velocità, è chiaro che stiamo vivendo in un tipo di società mai vista e vissuta prima. Anche Qoelet, ne sono sicuro, dovrebbe ricredersi con il suo “niente di nuovo sotto il sole”. Spaventosa? Desiderabile questa società? Non possiamo dirlo ancora con certezza. Ovviamente le divisioni sono già molto forti tra chi ha ancora forza o voglia per pensare e cercare di comprendere quello che ci accade giorno dopo giorno.
Una cosa è comunque certa: sia sulla stampa cartacea che in rete, abbondano i tentativi per leggere quello che accade. Ma siamo sicuri che il tempo che passa scorre alla stessa maniera di sempre, in maniera lineare? Se sappiamo guardarci intorno, ci rendiamo conto che questo nostro tempo passa in maniera esponenziale. Detto in maniera ultrasemplice: al numero uno/1 non segue due/2, tre/3, quattro/4 … bensì segue 2,4,8,16,36 … Questo sembra essere il percorso intrapreso dalla tecnologia digitale sempre più invasiva che mette in discussione i nostri rapporti con il potere, la libertà, la democrazia, la giustizia fino ad arrivare al cuore della nostra vera essenza di esseri umani.
Siamo in mano a identità chiamate “algoritmi” con le quali dobbiamo abituarci a convivere. Si intende che li abbiamo creati noi, li formiamo ogni giorno in maniera tanto consapevole quanto inconsapevole, ne siamo genitori e figli, ma presto potremo diventarne prigionieri se non sapremo quello che stiamo facendo. Siamo governati al momento da un partito che ha fatto del controllo del web il suo universo mentale, una realtà fittizia nella quale vivono coloro che seguono i social media i quali, in gran parte, non danno spazio ad una lettura della vita in maniera razionale, ma solo per emozioni e immagini facendo politica dispensando promesse e programmi in maniera ossessiva anche se irrealizzabili.
Sembrava impossibile portare in Parlamento oltre trecento rappresentanti del cosìdetto popolo per mezzo di una tastiera di pc. Eppure è accaduto, come è anche successo che società sovranazionali abbiano, in soltanto un paio di decenni, preso il controllo imprigionando il pubblico in una rete di algoritmi segreti, grazie ai quali si possono venire a sapere i gusti, le idee e le tendenze culturali, umane e sociali, indirizzando chi li segue verso scelte mirate e volute. La conseguenza è che non siamo più noi a decidere, ma i nostri sentimenti, le nostre passioni, le nostre idee, la nostra cultura, con i vizi e le virtù, finiti in mano di qualcuno che può fare e disfare a nome nostro.
Partiamo da Amazon. Ne sono prigioniero ormai sin da quando iniziò a distribuire libri nel mondo. Mi rendo conto che non ne posso fare più a meno. Devo stare bene attento a quello che faccio in rete, dove navigo, cosa cerco, cosa penso e scrivo. Mi perseguita con le sue offerte che non riguardano ormai soltanto i libri, il mio bene primario. Ti può vendere di tutto. Amazon non è il solo che ci perseguita con il suo Alexa. Oggi, sul giornale ho letto che è stato abilitato anche fare il postino. La posta tradizionale, intendo. Dalla A alla Z, sono in grado di portarti anche una pizza in venti minuti! Dovunque tu sia. Vi pare poco?
Sono già pronte anche le macchine per pensare. Macchine che man mano che pensano, si fa per dire, imparano a "fare cose" sempre meglio. Avete notato che in autostrada sono scomparsi gli addetti ai biglietti, nelle ferrovie i bigliettai, presto scompariranno le banche. Tutto è online. Anche i pensieri. I “grillini” alimentano i loro cervelli utilizzando la piattaforma che usa il nome del filosofo francese, ma con lui ha poco o niente a che fare. Tanto, tra un comico brillante ed il figlio algoritmico di un informatico, anche se geniali, non c’è molta differenza. L’importante è che la “macchina per pensare” continui a macinare programmi ed algoritmi destinati a far nascere un novello Frankenstein. Scienza e cultura si unificheranno e sorgerà l’uomo nuovo. Gli scienziati potranno fare politica, i politici sapranno maneggiare la scienza in maniera migliore.
La tecnica travestita da scienza sembra destinata a dominare le nostre vite e la nostra intelligenza. Non ce ne rendiamo conto, ma viviamo già in un altro modo, o meglio, in una maniera non pensata da noi, ma da intelligenze artificiali. Cosa sono infatti quelle che chiamiamo le nanotecnologie, le ingegnerie genetiche? Realtà che alterano la nostra biologia. E non ci vedete anche in questo gioco digitale la mano della politica? Anzi, “sulla” politica? Qualcuno la chiama “post-politica”, che fa da sponda alla “post-verità”.
La domanda che nasce da una situazione del genere è semplice: che fine farà l’uomo comune? Sarà destinato a soccombere e scomparire in una battaglia del genere? In una economia che ha fatto dell’attenzione la sua principale forza di attrazione, con strumenti del tutto nuovi ed inaspettati quali Twitter, Facebook, Youtube e via discorrendo, in un mare infinito di dati, i famosi “big data”, la nostra attenzione è costantemente all’erta, in guardia, bombardata sin nel profondo della nostra psiche, alterando tradizioni, comportamenti, gusti, filosofie e religioni.
Ho letto che tra poco verranno messi in vendita frigoriferi con memoria digitale in grado di ricordarci quello che manca e di cui abbiamo bisogno. L’Intelligenza Artificiale metterà in dubbio il lavoro dei medici, le scelte amministrative ed economiche di una comunità. Un vantaggio? Penserete di avere servizi migliori? Possibile. Ma è anche possibile che in questa maniera diventeremo sempre più dipendenti da esse. L’uomo comune perderà la sua identità, se mai l’ha avuta. Diventerà un automa o un pupazzo nelle mani magari di un pazzo o di un comico. Ma queste macchine saranno democratiche, nel senso che l’uomo comune ha sempre dato a questa parola?
Dai dati, i “big data”, dal latino plurale “datum”, sta per nascere il “dataism” che farà fuori l’idea di gerarchia, democrazia e intelligenza. Il cittadino comune, io, voi che mi leggete, diventeremo un “dato” che formerà i “data”, una massa informe senza anima nè cervello. Ci forniranno quello che in massa pensano che vogliamo. Come massa, come singoli esseri umani. Ricostruiranno in tal modo la politica il nuovo modo di vivere. Dataficazione e tecnologizzazione creeranno la nuova democrazia: quella digitale. Cosa potremo fare per difendere la nostra identità? Cercare di mantenere sempre l’uomo, il cittadino, al centro del sistema. La tecnologia e la democrazia non dovranno essere contrastive, ma dovranno procedere su di un sistema “binario”, in maniera armonica. Utopia? Distopia? Uno, nessuno e centomila. Tutto sembra ritornare, sempre, anche se in forma diversa. Basta mantenere l’uomo sempre al centro. Connessione, Accesso, Controllo.

Published on November 29, 2018 04:59
November 24, 2018
Un tipo umano tutto italiano ...

La Rete è l’oceano infinito dell’informazione universale quotidiana, senza limiti o confini di lingue, ideologie, religioni. Un mare sempre più “magnum” che può essere tanto melma quanto acqua chiara. Dipende da chi ci naviga, cosa si cerca, da dove si viene, dove si vuole andare. Luoghi nei quali puoi tanto diventare prigioniero o annegare, quanto imparare a vivere e pensare.
Newslist.it è uno di questi ultimi, un posto dove “non si clicca, si legge”, fondato e diretto da Mario Sechi. Informazione vera, utile, libera, che si legge indipendentemente da quello che si pensa, senza pregiudizi e tanti “clic”, appunto. Ma a pagamento. La vera informazione ha un costo ed un prezzo. C’è una rubrica che fa la sintesi della situazione e che aiuta chi legge a tirare i remi in barca da questo oceano in tempesta. Invita a riflettere. Il brano che segue è stato appena pubblicato e ve lo rilancio, sperando che il direttore non mi denunci per avere “copiato ed incollato”. In esso c’è il “ritratto di un tipo tutto umano da studiare con grande attenzione”.
Il SottosopraC'è un tipo umano tutto italiano da studiare con grande attenzione. La letteratura d'appendice della politica potrebbe definirlo come l'elitaria declinazione del "Franza o Spagna, basta che se magna", ma qui parliamo di sagome rarefatte, ombre sempre pensose e accigliate, sfrecciano nelle pagine di storia senza mai entrarvi neanche per sbaglio, vanno e vengono tra gli editoriali, attraversano le epoche, i ristoranti, le presentazioni dei libri, gli appelli, tutta la coreografia del buffet e del velluto. Sì, sono decisamente più raffinati, edulcorati, ovattati, industrializzati con capitale altrui. Spolpano amabilmente ogni regime che passa.
Ai tempi del Cavaliere erano tutti anti-Lui, lo definivano come un mostro della natura, oggi lo trattano come uno statista dalla tempra europea; quando Prodi era a Palazzo Chigi e no, non andava bene nulla, il professore di Bologna, giammai, noi siamo blairiani, perdinci, e oggi lo stampano come l'unica stagione presentabile del centrosinistra; venne il momento di mister sfrontatezza, D'Alema, e fu sbranato perché non si può, dai, è un comunista e tutti quei Lothar a Palazzo Chigi, che brutti, poi se la tira troppo e ha il sarto sbagliato su, oggi lo intervistano sul futuro della sinistra; ci fu un istante sognante di Veltroni, ma no che dici mai, quello fa il cinematografaro non ha il polso per guidare il paese, e oggi registrano i suoi sospiri dall'esilio come a un vecchio saggio buddista nel suo monastero; il mite e educato Enrico Letta, impaginato come Sua Perfezione, andò in esilio à Paris, lo difesero in tre ai Parioli, e ora viene ascoltato come un oracolo dalla Città dei Lumi; arrivò Matteo Renzi, maremma mia, e dissero in coro ecco, finalmente un fatto nuovo e energetico, cinque minuti dopo lo etichettarono come un cafone neppure di Firenze e dieci minuti fa lo hanno intervistato sul domani del Progresso e il futuro à la Obama; a Paolo Gentiloni toccò la sorte del cardinale felpato, stimato in privato, un rosso porpora poi dimenticato in un collegio elettorale del centro dell'Urbe, in mezzo al traffico e alla monnezza pentastellante oggi e di tutti gli altri ieri, incastrato in uno spartitraffico dove viene registrato in loop il suo sospiro sulla moderazione della classe dirigente, ah; del Senatur, dell'Umberto Bossi che scartavetrava manifesti secessionisti dissero che era un troglodita in canottiera sull'orizzonte della Costa Smeralda, ma ne coglievano e incolonnavano la novità politica anche nei rutti; del Bobo Maroni notavano la sua passione per il sax, il celodurismo gentile, non il fatto che fu un signor ministro e governò bene la Lombardia, così oggi viene consultato come leghista proto-dissidente in riserva establishment; del Matteo barbuto, quel Salvini che sembra Attila, dicono che sia un troglodita con la felpa e il randello, un fascista che mangia niente meno che salsiccia e cipolla, lo intervistano mentre gioca a biliardino e non si chiedono come mai il buzzurro abbia il 36.2 per cento dei consensi (Corriere di oggi) e loro, gli elegantoni oxbridge, sono con zero tituli e tanto tanto tanto sapere che cola da tutti i pori; gli piaceva parecchio il Gianfranco Fini, poi ci fu un problema a Montecarlo, cose immobiliari; era tutto un cinguettìo con il Follini e fu un fenomeno solido come i frollini nel cappuccino; facevano affidamento sul Casini e di quelli ne abbiamo in effetti visto e sentito tanti in questi anni; venne la stagione della Grande Crisi e lodarono in colonne austere il loden di Monti, lo dimenticarono in tipografia, oggi ne fanno uso come inchiostro da schizzare sul nuovo corso; a King George Napolitano chiesero il bis in ginocchio da te, lui parlò a Montecitorio con la frusta e fu esaltato, ma poco tempo dopo riferirono in eleganti caratteri bodoni che era un monarca e basta che torni la democrazia; di Sergio Mattarella non sanno ancora che fare, ne riportano diligentemente ogni velina - e naturalmente nessuna critica - ma già bisbigliano in corridoio che egli, il Presidente, lascia troppo fare ai buzzurri; tempo fa arrivò il Grillo a cavalvare la loro anti-politica da salotto, la grande scoperta editoriale della casta, e lui, quel comico genovese, la fece schizzare in splatter sul muro della realtà politica, ne scaturì un ciclopico Vaffanculo e perfino un movimento, al quale appese Cinque Stelle e la Rete, tutto andò benissimo per fare il gran casino e rovesciare la Casta, secondo il disegno degli intelligenti a prescindere, ma oggi no, santi numi, questo totalitarismo digitale che infastidisce le meningi vuote, vi prego, fatelo terminare; del Di Maio dissero che sembrava niente meno che Andreotti e l'iperbole è oggi dimenticata; amano Draghi, si capisce, figura che rasenta la perfezione: lontano, austero, come loro incardinato nella turris eburnea, il banchiere centrale fa comodissimo là, sulle rive del Meno, un riferimento astratto serve sempre alla commedia del ceto sapiente.
Consumati tutti i modelli, ora questo tipo sovrumano è proiettato in una dimensione ulteriore, sempre avanti, dove non c'è democrazia, non c'è il fastidioso ronzio del voto, ma un rassicurante, asettico silenzio, una sala operatoria con i chirurghi in guanti bianchi, grafici da caleidoscopio che vanno su e giù, il ballo dello spread e i rosario dei sacerdoti della Commissione Ue. Che si compia anche questo miracolo, che si sfiammino anche gli ultimi arrivati. Così, quando tutto sarà incenerito, spianato, in un apocalittico Ground Zero di macerie fumanti, gli Illuminati senza Tempo e senza Storia, alzeranno lo sguardo e con un terrore sbiancante e tremolante diranno: perbacco, li abbiamo fulminati tutti, non toccherà davvero a noi governare?

Published on November 24, 2018 03:04
November 23, 2018
Come leggono i veri lettori

In una realtà liquida e volatile come la nostra, ecco come leggono i veri lettori:
1. Anteprima. Osservare la copertina, il titolo, le immagini, il testo, la presentazione, l'indice, il corredo bibliografico
2. Domande. Quelle canoniche, tradizionali: "chi-cosa-quando-dove-perchè" alle quali far seguire -come? per dedurre il senso.
3. Predire. Chiedersi a questo punto cosa si vuole e cosa offre il testo.
4. Dedurre. Immaginare i dettagli, la storia, fare confronti, ricercare il senso di chi scrive.
5. Collegare. Fare collegamenti con quanto si conosce, sulle proprie esperienze e conoscenze.
6. Riassumere. Organizzare i riferimenti, tessere le conclusioni.
7. Ricapitolare. Ripensare a quanto si è letto. Quello che è piaciuto, il perchè e cosa si è appreso di nuovo.

Published on November 23, 2018 08:29
MEDIUM
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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