Viviamo in una distopia digitale?


Chiamatela come volete: distopia, anti-utopia, pseudo utopia, cacotopia, è comunque certo che il futuro ci insegue. E se il futuro batte il presente, annientandolo con la sua velocità, è chiaro che stiamo vivendo in un tipo di società mai vista e vissuta prima. Anche Qoelet, ne sono sicuro, dovrebbe ricredersi con il suo “niente di nuovo sotto il sole”. Spaventosa? Desiderabile questa società? Non possiamo dirlo ancora con certezza. Ovviamente le divisioni sono già molto forti tra chi ha ancora forza o voglia per pensare e cercare di comprendere quello che ci accade giorno dopo giorno.

Una cosa è comunque certa: sia sulla stampa cartacea che in rete, abbondano i tentativi per leggere quello che accade. Ma siamo sicuri che il tempo che passa scorre alla stessa maniera di sempre, in maniera lineare? Se sappiamo guardarci intorno, ci rendiamo conto che questo nostro tempo passa in maniera esponenziale. Detto in maniera ultrasemplice: al numero uno/1 non segue due/2, tre/3, quattro/4 … bensì  segue 2,4,8,16,36 … Questo sembra essere il percorso intrapreso dalla tecnologia digitale sempre più invasiva che mette in discussione i nostri rapporti con il potere, la libertà, la democrazia, la giustizia fino ad arrivare al cuore della nostra vera essenza di esseri umani.
Siamo in mano a identità chiamate “algoritmi” con le quali dobbiamo abituarci a convivere. Si intende che li abbiamo creati noi, li formiamo ogni giorno in maniera tanto consapevole quanto inconsapevole, ne siamo genitori e figli, ma presto potremo diventarne prigionieri se non sapremo quello che stiamo facendo.  Siamo governati al momento da un partito che ha fatto del controllo del web il suo universo mentale, una realtà fittizia nella quale vivono coloro che seguono i social media i quali, in gran parte, non danno spazio ad una lettura della vita in maniera razionale, ma solo per emozioni e immagini facendo politica dispensando promesse e programmi in maniera ossessiva anche se irrealizzabili.
Sembrava impossibile portare in Parlamento oltre trecento rappresentanti del cosìdetto popolo per mezzo di una tastiera di pc. Eppure è accaduto, come è anche successo che società sovranazionali abbiano, in soltanto un paio di decenni, preso il controllo imprigionando il pubblico in una rete di algoritmi segreti, grazie ai quali si possono venire a sapere i gusti, le idee e le tendenze culturali, umane e sociali, indirizzando chi li segue verso scelte mirate e volute. La conseguenza è che non siamo più noi a decidere, ma i nostri sentimenti, le nostre passioni, le nostre idee, la nostra cultura, con i vizi e le virtù, finiti in mano di qualcuno che può fare e disfare a nome nostro.
Partiamo da Amazon. Ne sono prigioniero ormai sin da quando iniziò a distribuire libri nel mondo. Mi rendo conto che non ne posso fare più a meno. Devo stare bene attento a quello che faccio in rete, dove navigo, cosa cerco, cosa penso e scrivo. Mi perseguita con le sue offerte che non riguardano ormai soltanto i libri, il mio bene primario. Ti può vendere di tutto. Amazon non è il solo che ci perseguita con il suo Alexa. Oggi, sul giornale ho letto che è stato abilitato anche fare il postino. La posta tradizionale, intendo. Dalla A alla Z, sono in grado di portarti anche una pizza in venti minuti! Dovunque tu sia. Vi pare poco?
Sono già pronte anche le macchine per pensare. Macchine che man mano che pensano, si fa per dire, imparano a "fare cose" sempre meglio. Avete notato che in autostrada sono scomparsi gli addetti ai biglietti, nelle ferrovie i bigliettai, presto scompariranno le banche. Tutto è online. Anche i pensieri. I “grillini” alimentano i loro cervelli utilizzando la piattaforma che usa il nome del filosofo francese, ma con lui ha poco o niente a che fare. Tanto, tra un comico brillante ed il figlio algoritmico di un informatico, anche se geniali, non c’è molta differenza. L’importante è che la “macchina per pensare” continui a macinare programmi ed algoritmi destinati a far nascere un novello Frankenstein. Scienza e cultura si unificheranno e sorgerà l’uomo nuovo. Gli scienziati potranno fare politica, i politici sapranno maneggiare la scienza in maniera migliore.
La tecnica travestita da scienza sembra destinata a dominare le nostre vite e la nostra intelligenza. Non ce ne rendiamo conto, ma viviamo già in un altro modo, o meglio, in una maniera non pensata da noi, ma da intelligenze artificiali. Cosa sono infatti quelle che chiamiamo le nanotecnologie, le ingegnerie genetiche? Realtà che alterano la nostra biologia. E non ci vedete anche in questo gioco digitale la mano della politica? Anzi, “sulla” politica? Qualcuno la chiama “post-politica”, che fa da sponda alla “post-verità”.
La domanda che nasce da una situazione del genere è semplice: che fine farà l’uomo comune? Sarà destinato a soccombere e scomparire in una battaglia del genere? In una economia che ha fatto dell’attenzione la sua principale forza di attrazione, con strumenti del tutto nuovi ed inaspettati quali Twitter, Facebook, Youtube e via discorrendo, in un mare infinito di dati, i famosi “big data”, la nostra attenzione è costantemente all’erta, in guardia, bombardata sin nel profondo della nostra psiche, alterando tradizioni, comportamenti, gusti, filosofie e religioni.
Ho letto che tra poco verranno messi in vendita frigoriferi con memoria digitale in grado di ricordarci quello che manca e di cui abbiamo bisogno. L’Intelligenza Artificiale metterà in dubbio il lavoro dei medici, le scelte amministrative ed economiche di una comunità. Un vantaggio? Penserete di avere servizi migliori? Possibile. Ma è anche possibile che in questa maniera diventeremo sempre più dipendenti da esse. L’uomo comune perderà la sua identità, se mai l’ha avuta. Diventerà un automa o un pupazzo nelle mani magari di un pazzo o di un comico. Ma queste macchine saranno democratiche, nel senso che l’uomo comune ha sempre dato a questa parola?
Dai dati, i “big data”, dal latino plurale “datum”, sta per nascere il “dataism” che farà fuori l’idea di gerarchia, democrazia e intelligenza. Il cittadino comune, io, voi che mi leggete, diventeremo un “dato” che formerà i “data”, una massa informe senza anima nè cervello. Ci forniranno quello che in massa pensano che vogliamo. Come massa, come singoli esseri umani. Ricostruiranno in tal modo la politica il nuovo modo di vivere. Dataficazione e tecnologizzazione creeranno la nuova democrazia: quella digitale. Cosa potremo fare per difendere la nostra identità? Cercare di mantenere sempre l’uomo, il cittadino, al centro del sistema. La tecnologia e la democrazia non dovranno essere contrastive, ma dovranno procedere su di un sistema “binario”, in maniera armonica. Utopia? Distopia? Uno, nessuno e centomila. Tutto sembra ritornare, sempre, anche se in forma diversa. Basta mantenere l’uomo sempre al centro. Connessione, Accesso, Controllo.
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Published on November 29, 2018 04:59
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Antonio   Gallo
Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.
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