Ella S. Bennet's Blog, page 32

June 8, 2020

Agatha Christie – Carte in tavola * Le mie letture

(titolo originale “Cards on the Table”; pubblicato nel 1936; trad. Grazia Griffini, edizione italiana da me letta del 1983)


Ho scelto di leggere questo romanzo perché fra i cinque che contano fra i protagonisti l’ispettore Battle è il terzo ad essere stato pubblicato. I primi due sono, nell’ordine, “Il segreto di Chimneys” e “I sette quadranti”.


In realtà questa storia vede ben quattro dei personaggi ricorrenti nei gialli della Christie: oltre all’ispettore Battle ci sono infatti Poirot, Ariadne Oliver e il colonnello Race.


La vicenda ha inizio con un invito a cena: Shaitana, un eccentrico collezionista cui piace assumere atteggiamenti mefistofelici, invita Poirot promettendo di mostrargli una collezione molto particolare ovvero quattro assassini. Quando l’investigatore belga si presenta a casa di Shaitana, vi trova anche la scrittrice di gialli Ariadne Oliver, il colonnello Race e l’ispettore Battle. Poco dopo arrivano gli altro quattro invitati, fra i quali si cela – stando alle convinzioni di Shaitana che lui stesso ha confidato a Poirot– almeno un assassino.


Dopo la cena vengono organizzati due tavoli di bridge, uno con i quattro investigatori e uno con i quattro presunti assassini, mentre il padrone di casa si mette a sedere in poltrona. Alla fine della serata, quando il soprintendente Battle si alza dal tavolo per tornare a casa e va a salutare Shaitana scopre che questi è morto, pugnalato con uno stiletto.


È subito chiaro che l’omicidio è stato commesso da uno dei quattro ospiti.


Il sovrintendente Battle, insieme a Poirot, Ariadne e Race, interroga tutti, senza ovviamente riuscire a individuare il colpevole. I quattro investigatori sono concordi nel ritenere che il movente dell’omicidio sia da trovare nel passato dei quattro ospiti perché Shaitana durante la cena aveva lasciato cadere un’allusione che avrebbe potuto mettere in allarme chi si fosse macchiato di un precedente delitto.


Tutti e quattro portano avanti le indagini, ritrovandosi per confrontare le informazioni acquisite. Il titolo “Carte in tavola” si riferisce sia a questo (ognuno mette a disposizione degli altri le proprie carte cioè scoperte) e al fatto che l’omicidio è stato commesso durante le partite di bridge, e, per forza di cose, dal giocatore che in quel momento era morto, ovvero aveva messo le proprie carte sul tavolo e poteva alzarsi e muoversi per la stanza.


Non manca qualche colpo di scena prima della soluzione finale e perfino un rapido tocco di rosa.


Il mio riassunto termina qui, perché detesto chi rivela troppo di un giallo… Una lettura piacevole, come la maggior parte dei gialli di questa scrittrice, almeno per chi apprezza il genere.


Pare che il personaggio di Ariadne Oliver sia una sorta di autoritratto, dipinto con molta ironia. È infatti una scrittrice di gialli che hanno come protagonista un investigatore finlandese, che però la stessa autrice (cioè Ariadne) afferma di tenere in scarsa considerazione. 


L’idea di Agatha Christie di far collaborare quattro dei suoi personaggi-investigatori è divertente e mette in evidenza i loro differenti caratteri e le loro differenti tattiche.


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Riporto adesso qualche brano in cui si può notare, ancora una volta, l’ironia della Christie e anche qualche tratto caratteristico di due dei personaggi.


Nel primo Ariadne parla dei suoi romanzi:


«… Quello che importa, in fin dei conti, è un certo numero di cadaveri! Se la storia sta diventando un po’ piatta e noiosa, non c’è di meglio di un po’ di sangue per ravvivarla. Qualcuno sta per raccontare qualcosa… ed ecco che lo uccidono prima che ci riesca. È un sistema che funziona sempre alla perfezione. Lo metto in tutti i miei libri… naturalmente sotto diversa forma. E poi, la gente adora i veleni che non lasciano tracce e gli ispettori di polizia non molto brillanti e le ragazze legate mani e piedi, in cantine dove filtra un gas di scarico oppure entra a cascata dell’acqua (a dir la verità è un modo comodissimo di uccidere chiunque), e c’è un protagonista che è capace di mettere fuori combattimento da tre a sette farabutti con una mano sola. Ormai ho scritto trentadue romanzi… e, naturalmente, sono tutti uguali, come sembra che abbia osservato il signor Poirot… mentre nessun altro se n’è accorto… e se rimpiango una cosa… è che ho voluto che il mio investigatore fosse un finlandese. Non è che ne sappia molto sui finlandesi! Tanto è vero che continuo a ricevere lettere dalla Finlandia di gente che mi fa notare qualcosa di impossibile che ha detto o fatto il mio personaggio. Sembra che in Finlandia leggano un sacco di romanzi polizieschi. Immagino che la colpa sia di quegli inverni lunghissimi, nei quali la luce del giorno è molto ridotta. Invece in Bulgaria e in Romania non sembra che leggano affatto. Sarebbe stata un’idea migliore se avessi deciso che il mio investigatore fosse un bulgaro.»


In questo dialogo (fra Poirot e il maggiore Despard, uno degli indiziati), invece, vediamo Poirot brillare per la consueta modestia


«… In certe cose è un errore mostrarsi testardi. Se una persona ha fatto uno sbaglio tanto vale che lo riconosca.»

«Tuttavia, ho l’impressione che voi, maggiore Despard, non dobbiate commetterne spesso, di sbagli!»

«Ne facciamo tutti, signor Poirot.»

«Alcuni di noi» ribatté Poirot con una certa freddezza, «ne fanno meno di altri.»

Despard lo guardò attentamente, ebbe un lieve sorriso, e domandò: «Vi è mai capitato di prendere una cantonata, signor Poirot?»

«L’ultima volta successo ventotto anni fa» disse Poirot in tono pieno di dignità. «Ed anche allora, le circostanze erano tali che… ma non importa.»


di nuovo Ariadne, interrotta da una visitatrice mentre stava scrivendo:


«… Vi ho forse interrotta, o… qualcosa di simile?» mormorò con il fiato mozzo.

«Bé, sì e no…» disse la signora Oliver. «Come potete vedere, effettivamente sto lavorando. Ma quel mio sciagurato finlandese si è cacciato in un terribile imbroglio. Dopo una serie di deduzioni brillantissime ricavate da un piatto di fagiolini, adesso ha appena finito di scoprire un veleno mortale nel ripieno di salvia e cipolle dell’anatra che si mangia di solito per San Michele e adesso mi è venuto in mente, come una folgorazione, che a San Michele, ormai, l’epoca dei fagiolini è già finita.»


e infine di nuovo su Poirot, la descrizione di un suo biglietto da visita:


Era uno dei suoi biglietti da visita più vistosi e pretenziosi. In un angolo vi erano stampate le parole “Investigatore Privato”. Li aveva scelti appositamente in quello stile per ottenere un colloquio con le persone appartenenti al cosiddetto “gentil sesso”. Praticamente nessuna donna, che fosse ben sicura della propria innocenza o no, si sarebbe mai lasciata sfuggire l’occasione di dare un’occhiata a un investigatore privato e di scoprire ciò che desiderava.

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Published on June 08, 2020 13:57

June 6, 2020

Prossime letture #8

Per rimanere in tema fra le mie prossime letture ci sono gli altri tre romanzi gialli di Agatha Christie in cui è presente l’ispettore Battle di Sciotland Yard, ovvero: “È troppo facile“, “Verso l’ora zero” e “Carte in tavola“. In quest’ultimo romanzo sono presenti in realtà diversi dei protagonisti dei gialli della Christie, infatti oltre a Battle troviamo Poirot, la scrittrice di gialli Ariadne Oliver e il colonnello Race.


 


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Published on June 06, 2020 11:01

June 5, 2020

Agatha Christie – I sette quadranti * Le mie letture

(titolo originale “The seven dials mystery”; pubblicato nel 1929, edizione italiana da me letta del 1970)


In questo romanzo ritroviamo alcuni personaggi e luoghi de “Il segreto di Chimneys”: lord Catheram (il proprietario di Chimneys) e sua figlia Helen detta Bundle, l’ispettore Battle di Sctland Yard, il sottosegretario agli esteri George Lomax.

Ho scelto proseguire le mie riletture da questo romanzo proprio perché sulla lista dei personaggi riportata all’inizio ho notato che ce n’erano alcuni in comune con il primo. Inoltre ho scoperto su internet che l’ispettore Battle è presente in altri tre romanzi e quindi proseguirò le mie riletture con quelli.


Anche in questo caso l’ispettore Battle, per quanto titolare delle indagini, resta un po’ – almeno apparentemente – in secondo piano; protagonista è infatti Bundle, dinamica e intraprendente giovane donna, che insieme ad alcuni giovani cerca di scoprire un assassino.

La trama, a mio parere, è abbastanza fantasiosa, nel senso di non molto realistica, ma la lettura è piacevole e i delitti ben congegnati (naturalmente).


È un testo in cui l’ironia è molto presente, tanto da avermi ricordato la Heyer e perfino la Austen.


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Voglio riportare qualche esempio per fornire quella che reputo una dimostrazione. Non ricordavo che la scrittura di Agatha Christie avesse anche queste note, forse perché trattandosi di gialli la mia attenzione era stata focalizzata sui misteri da risolvere. Invece in effetti, l’ironia è sempre presente; del resto anche Poirot stesso ne è il simbolo – non perché sia lui a fare uso di ironia ma al contrario perché si prende terribilmente sul serio.


Ma ecco gli esempi.


Nelle primissime pagine Lady Coote, che con il marito ha preso in affitto per un periodo la dimora di Chimneys da lord Catheram, esce in giardino per chiedere una cosa al giardiniere, Mac Donald.


Lady Coote rimase ferma un momento, con la sua aria tragica, sul terrazzo; poi raccolse tutto il suo coraggio per rivolgersi a Mac Donald, il capo giardiniere che dirigeva da vero autocrate la proprietà. Mac Donald era un capo, un principe, fra i giardinieri: conosceva il proprio compito, che era quello di governare; e governava da despota.

Lady Coote gli si avvicinò con un po’ di nervosismo.

«Buon giorno, Mac Donald.»

«Buon giorno, Milady.»

Parlava come debbono parlare i capi giardinieri, tristemente e con dignità. Sembrava un imperatore a un funerale.


Una ventina di pagine dopo lord Catheram, dopo aver ripreso possesso di Chimneys, dice a sua figlia, a proposito di Mac Donald:



«Cerco di guarirlo dalla convinzione di essere il Padre Eterno. Ma è un’impresa disperata. Credo che i Coote abbiano contribuito a peggiorarlo. Non è tipo da lasciarsi impressionare nemmeno da un rullo compressore…»



e infine, a una quarantina di pagine dalla conclusione, ancora su Mac Donald e lord Catheram che gioca – malamente – a golf:



Con un noncurante colpo di mazzuolo Lord Catheram rimosse un’immensa porzione di prato. Mac Donald, che stava venendo verso di loro, si fermò di botto e cercò di riparare il malfatto lanciando al padrone un’occhiata che avrebbe dovuto farlo sprofondare venti metri sottoterra, se non fosse stato un giocatore di golf.



Sono consapevole di aver scritto in realtà poco e niente sul romanzo, ma mi resta molto difficile farlo, trattandosi di un giallo. Dirò però qualcosa sull’inizio…


A Chimneys, ospiti dei coniugi Coote, vi sono fra gli altri alcuni giovani; fra questi Gerald Wade, che si alza sempre tardi e scende a fare colazione per ultimo; gli amici decidono di fargli uno scherzo e riempirgli la camera di sveglie programmate in modo che suonino ogni mezz’ora; così ne acquistano una per uno per un totale di otto. Quando Gerard si addormenta uno di loro si infila in camera sua e mette le otto sveglie sotto il letto. Ma il mattino seguente Gerald è ancora in ritardo… solo che stavolta ha una giustificazione inoppugnabile: è morto. E le sveglie, non più otto ma sette, sono disposte in fila sulla mensola del caminetto… Morte naturale o accidentale? Helen comincia a indagare, coinvolgendo alcuni degli amici del defunto Gerald.

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Published on June 05, 2020 11:13

June 4, 2020

Ragione e sentimento – Jane Austen * impressioni di lettura #2

(titolo originale “Sense and Sensibility”, 1811; trad. Pietro Meneghelli; edizione da me letta ebook del 2010)[image error]


Un esempio, riferito alla moglie di sir John; lui ama avere sempre ospiti in casa, lei invece preferirebbe non averne tanti; questo brano riguarda l’invito che sir John ha fatto ad Elinor e Marianne:



Lady Middleton fu gettata in una considerevole agitazione dall’idea di ricevere così presto una visita di due signorine che non aveva mai visto in vita sua, senza avere alcuna garanzia in merito alla loro eleganza, e neppure sapere se fossero sufficientemente distinte, dato che le assicurazioni in proposito di suo marito e di sua madre valevano meno di niente. Il fatto che fossero parenti peggiorava ulteriormente le cose; e i tentativi della signora Jennings di consolarla dicendole di non badare tanto alla loro eleganza, poiché dopo tutto erano cugini, e si sarebbero sopportarti a vicenda, non potevano dunque avere un buon esito. Visto che ormai era impossibile impedire che venissero, Lady Middleton si rassegnò con tutta la filosofia di una donna beneducata, accontentandosi di rivolgere a suo marito un gentile rimprovero, cinque o sei volte al giorno.



Questa è la descrizione della camera che la signora Jenninng mette a disposizione di Elinor e Marianne nella sua casa di Londra (Charlotte è un’altra figlia della signora Jennings): trovo l’ultima frase davvero irresistibile.


La casa era bella e ben arredata, e alle due signorine fu subito messa a disposizione una camera assai comoda. Era stata quella di Charlotte, e sul caminetto era ancora appeso un paesaggio in fili di seta colorati da lei ricamato, a riprova del fatto che i sette anni trascorsi in una grande scuola di Londra erano andati a buon frutto.


Durante il soggiorno a Londra la famiglia di sir John Middleton si incontra con quella di John Dashwood e la Austen dipinge così l’intesa fra le rispettive mogli:



Lady Middleton fu ugualmente soddisfatta della signora Dashwood. C’era una sorta di freddo egoismo, sia nell’una che nell’altra, che le attirava reciprocamente, cosicché simpatizzarono a vicenda, assumendo un comportamento insulsamente convenzionale e mostrando una generale mancanza d’intelligenza.



Qui, dopo che John Dashwood si è lamentato parlando in più occasioni con questo e quello (anche con Elinor) delle spese che ha sostenuto e deve sostenere, l’autrice descrive un ricco pranzo da lui offerto e dà la sua caustica opinione sui partecipanti:



Il pranzo fu sontuoso, i domestici numerosi, e tutto testimoniava dell’inclinazione allo sfarzo della padrona di casa e delle possibilità del marito di accontentarla. Nonostante i miglioramenti e le aggiunte che stavano facendo a Norland, nonostante il fatto che il suo proprietario una volta era stato a un passo dal vendere in perdita se non avesse avuto in mano qualche migliaio di sterline, nulla mostrava il minimo segno di quell’indigenza che quelle confessioni avevano cercato di evidenziare; non si vedeva traccia di povertà, se non nella conversazione; ma lì la carenza era considerevole. John Dashwood non aveva molto da dire, per suo conto, che valesse la pena di ascoltare, e sua moglie ancora meno. Ma questo non era poi tanto grave, dato che era più o meno così anche per tutti gli altri visitatori, che dovevano tutti fare i conti con qualche deficienza che impediva loro di essere simpatici… mancanza di assennatezza, naturale o acquisita, mancanza di eleganza, mancanza di spirito… o mancanza di carattere.



Adesso mi diverto a fare qualche confronto…


La trama infatti mi richiama alla mente abbastanza quella di “Orgoglio e pregiudizio”, forse perché le protagoniste sono due sorelle – soprattutto una delle due – e perché certe situazioni mi sembrano piuttosto simili.


Elinor, per quanto meno sagace, ricorda Lizzie, mentre Marianne si avvicina a Jane. Willoughby è simile a Whickam, anche lui è un seduttore e ama la bella vita; Willoughby addirittura lascia dietro di sé una ragazza sedotta mentre Whickam a tanto non arriva (magari perché Darcy riesce a fermarlo prima).


La signora Dashwood, per quanto decisamente diversa dalla signora Bennet, è comunque piuttosto ingenua, affidandosi meno alla ragione di quanto lo faccia la figlia maggiore; si lascia infatti affascinare quanto la diciassettenne Marianne da Willoughby e non riesce a suggerire alla ragazza un comportamento un poco più prudente.


Infine Lucy Steele, che non perde occasione per sottolineare ad Elinor di essere fidanzata con Edward e di essere da lui amata, ricorda con la sua malignità la signorina Bingley.


Il colonnello Brandon, invece, a parte essere legato affettivamente con la ragazza rovinata da Willoughby, non mi pare che abbia alcuna affinità con Darcy.


Una rilettura piacevole e interessante, quasi una prima lettura perché non ricordavo molto della precedente. E poi ogni volta è comunque un po’ come la prima volta, secondo me. Questa sotto è la copertina del libro della prima lettura.


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Published on June 04, 2020 11:38

June 3, 2020

Prossime letture #7

In realtà si tratta già di letture in corso… Sto infatti leggendo un rosa storico, “Il nuovo vicino di Lady Gabriella” di Sophie Barnes, e ho iniziato anche “I sette quadranti” di Agatha Christie, un’indagine che vede fra i personaggi l’ispettore Battle di Scotland Yard. È la seconda storia in cui compare questo ispettore, dopo “Il segreto di Chimneys”. Ve ne sono altre tre, le prossime a sui intendo dedicarmi.


Nelle prime pagine del romanzo di Agatha Christie ho trovato una nota ironica che mi ha ricordato la Heyer e in pare anche la Austen. Vi saprò dire.


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Published on June 03, 2020 06:11

June 1, 2020

Ragione e sentimento – Jane Austen * impressioni di lettura #1

(titolo originale “Sense and Sensibility”, 1811; trad. Pietro Meneghelli; edizione da me letta ebook del 2010)


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In questi giorni ho riletto “Ragione e sentimento” e riporto sul blog qualche impressione; per non pubblicare un articolo troppo lungo lo divido in due parti: la prima sostanzialmente con la trama e la seconda con citazioni e brevi osservazioni.


Per prima cosa due parole sulla trama; Chi non conosce il romanzo e non volesse rovinarsi la lettura forse non dovrebbe leggere gli articoli.


La trama in breve è questa: due sorelle, di diciannove e diciassette anni, Elinor e Marianne Dashwood, rimaste orfane di padre, sono ospitate per un periodo, insieme alla loro madre e a una sorella più piccola, Margaret, dal fratellastro John che ha ereditato Norland, la casa paterna (il signor Dashswood aveva avuto un figlio dalla prima moglie e tre figlie dalla seconda).


La Austen descrive così John e la moglie:



Non era un giovanotto cattivo, a meno che avere un temperamento piuttosto freddo ed egoista non significhi essere cattivi; in genere era rispettato, perché adempiva ai suoi doveri in modo appropriato. Se avesse avuto una moglie più amabile, sarebbe stato rispettato anche di più; e sarebbe divenuto migliore, perché quando l’aveva sposata era molto giovane, e molto innamorato. Ma nella signora Dashwood i difetti del marito era accentuati: era infatti più meschina ed egoista di lui.



Da questo si comprende bene come la vedova Dashwood e le tre figlie non si trovino poi troppo a loro agio a Norland; inoltre Elinor ha stretto una speciale amicizia con Edward Ferrars, cognato di John; la moglie di quest’ultimo si premura di informare la madre di Elinor che Edward dovrà fare un matrimonio di alto livello, altrimenti la madre lo diserediterà.


La vedova Dashwood coglie l’occasione offerta da Sir John Middleton, un lontano parente, per lasciare Norland e prendere in affitto un villino nel Devonshire, vicino a Barton Park, l’abitazione dei Middleton.


Qui le quattro donne conoscono la famiglia di Sir John e alcuni suoi amici fra cui la suocera, la signora Jennings e il trentacinquenne Colonnello Brandon che da subito si innamora di Marianne, la quale però lo considera vecchio e non ha nessun interesse per lui. La Austen ci presenta così la suocera di Sir John:



La signora Jennings era una vedova provvista di una cospicua fortuna. Aveva solo due figlie, le aveva rispettabilmente sposate entrambe, e non le rimaneva altro da fare che unire in matrimonio tutto il resto del mondo. Nel perseguire la sua missione era estremamente zelante, tanto quanto consentivano le sue possibilità, e non perdeva alcuna occasione per progettare matrimoni tra tutti i giovani che conosceva. Era molto acuta nello scoprire le simpatie, aveva tratto piacere dal suscitare il rossore e lusingare la vanità di molte signorine facendo insinuazioni sulla loro capacità di attrarre questo o quell’altro giovanotto; e il suo giudizio attento le consentì, non appena fu arrivata a Barton, di affermare con fermezza che il Colonnello Brandon era innamoratissimo di Marianne Dashwood. L’aveva sospettato fin dalla prima sera che avevano trascorso insieme, a causa dell’attenzione con cui lui l’aveva ascoltata mentre cantava per loro; e quando la visita fu ricambiata e i Middleton pranzarono al villino, il fatto fu confermato dall’attenzione con cui lui l’aveva nuovamente ascoltata. Sì, era così. Ne era assolutamente convinta. Sarebbe stato un matrimonio eccellente, perché lui era ricco e lei era bella. La signora Jennings aspirava a vedere il Colonnello ben sistemato fin da quando la parentela con Sir John l’aveva condotta a fare la sua conoscenza, ed era sempre ansiosa di trovare un buon marito per ogni ragazza graziosa.



Qualche tempo dopo l’arrivo delle Dashwood al villino, in seguito a una caduta, Marianne conosce il giovane e affascinante Willoughby, di cui in breve si innamora. Da parte sua Willoughby si comporta con lei come se fossero fidanzati, tanto che tutti i conoscenti pensano che sia così. Un giorno però Willoughby parte improvvisamente per Londra, dopo aver salutato in fretta Marianne e la sua famiglia, lasciando capire che per lungo tempo non tornerà in quella zona e gettndo Marianne nello sconforto.


Qualche tempo dopo Elinor e Marianne sono invitate dalla signora Jennings ad andare a Londra con lei per alcune settimane; una volta nella capitale Marianne scrive a Willoughby alcuni biglietti senza mai però ricevere risposta. Scopre ben presto che lui è fidanzato con una signorina molto ricca e soffre moltissimo per questa cosa. Il colonnello Brandon rivela a Elinor, affinchè lo dica a Marianne con l’intento di consolarla, che Willoughby circa un anno prima aveva sedotto una ragazza (affidata alle cure di Brandon) inducendola a fuggire con lui per poi abbandonarla senza denaro benché incinta.


A Londra le due sorelle conoscono altre due sorelle, parenti della signora Jennings; la minore delle due, Lucy Steele, confida a Elinor di essere fidanzata segretamente da quattro anni con Edward Ferrars. Elinor è molto addolorata per questa rivelazione ma, anche se è sicura che Edward sia innamorato di lei, ritiene che debba rispettare l’impegno preso con Lucy. Nemmeno Lucy è pero una nuora approvata dalla madre di Edward che, appena scopre del fidanzamento, disconosce e disereda il figlio maggiore a favore del minore, Robert. Di questi Elinor ha un’opinione decisamente bassa:



Elinor fu d’accordo con lui in tutto e per tutto, non ritenendo meritasse l’onore di una opposizione razionale.



Il colonnello Brandon fa sapere a Elinor, in quanto amica di Edward, che mette a disposizione del giovane una parrocchia che è vacante, rammaricandosi che abbia una rendita non troppo elevata (solo duecentocinquanta sterline l’anno) e l’incarica di riferire l’offerta a Edward. Questi, la cui intenzione era stata da tempo quella di prendere i voti, accetta ed Elinor pensa che potrà sposarsi presto.


Le due sorelle, accompagnate dalla signora Jennings, una figlia di lei, Charlotte, il marito di questa e il colonnello Brandon lasciano Londra dopo qualche giorno per essere ospitate nella tenuta di Charlotte prima di proseguire per il Devonshire. Giunti lì però Marianne si ammala di una febbre infettiva molto grave tanto da far temere il peggio. Durante il periodo in cui è malata Willoughby giunge a chiedere notizie di lei e a spiegare a Elinor di essere stato davvero innamorato (e di esserlo ancora) di Marianne ma aver dovuto accettare di sposarsi per denaro.


Marianne per fortuna migliora e torna a casa con la madre (che nel frattempo ha raggiunto le due figlie) ed Elinor. Qualche tempo dopo le sorelle Dashwood e la loro madre vengono a sapere che il signor Ferrars si è sposato e ritengono che Edward si sia unito in matrimonio con Lucy Steele; ma presto giunge proprio Edward a far loro visita e rivela che Lucy ha sposato suo fratello Robert, essendo questi divenuto più ricco di lui, diseredato dalla madre.


Così Edward è libero di proporsi a Elinor e di sposarla.


Tempo dopo, ormai diciannovenne, Marianne sposa il colonnello Brandon. La Austen impiega solo una pagina scarsa per raccontare di come Marianne muta opinione riguardo al matrimonio con il colonnello ma molte di più per narrare di come la signora Ferrars madre, che inizialmente aveva disconosciuto Robert come figlio, si dimostri più disponibile verso di lui e Lucy (che la blandisce per interesse) che verso Edward ed Elinor.


Benché il resoconto che ho fatto della trama non sia breve, è comunque un riassunto dei fatti principali, probabilmente ad esclusione di qualcuno, che magari mi è parso meno rilevante.


Questo è il primo romanzo che Jane Austen ha pubblicato, la cui stesura è durata diversi anni. Si nota subito l’ironia dell’autrice – penso che si senta anche dalle citazioni che ho fatto – rivolta soprattutto verso le persone grette e insincere. Talvolta si prende gioco anche di altri personaggi che non hanno tali difetti e allora lo fa in modo più bonario, meno feroce, a mio parere.

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Published on June 01, 2020 14:36

May 29, 2020

Agatha Christie – Il segreto di Chimneys * Le mie letture

(titolo originale “The Secret of Chimneys”, trad. Alberto Tedeschi: pubblicato nel 1925, edizione italiana da me letta del 1981)


Un giallo alquanto fantasioso, dato che la scrittrice si inventa un piccolo stato dell’Europa orientale, la Herzoslovacchia, il cui governo è passato da monarchia a repubblica con l’uccisione del re e potrebbe tornare ad essere nuovamente monarchia, con a capo un parente ed erede del sovrano defunto, grazie a una restaurazione che alcuni stati occidentali, la Gran Bretagna in testa, sono intenzionati a sostenere (perché interessati allo sfruttamento del petrolio che di recente è stato scoperto nel sottosuolo herzoslovacco)


Su questo sfondo si muove Anthony Cade, un cavalleresco avventuriero, incaricato da un amico di consegnare a un editore le memorie del defunto conte Stylptich, uomo politico herzoslovacco e trovare una certa Virginia Revel per restituirle compromettenti lettere d’amore.


Dall’Africa, in cui i due amici si incontrano, Cade si reca a Londra dove vari personaggi cercano di comprare o rubare le memorie del conte e qualcuno si impadronisce delle lettere che in realtà non sono state scritte da Virginia Revel.


Comunque Cade conosce. in una circostanza alquanto insolita. Virginia e, come lei, raggiunge la località in cui si trova Chimneys, una residenza nobiliare di proprietà di lord Caterham. A Chimneys si ritrovano alcuni diplomatici inglesi, uomini d’affari e l’erede al trono di Herzoslovacchia: qui avviene un secondo omicidio, e viene perciò chiamato un ispettore di Scotland Yard. Si scopre inoltre che nella tenuta potrebbe essere nascosto il diamante Kohinoor (rubato e sostituito con una copia) e che il famoso ladro internazionale soprannominato re Victor starebbe cercando di impadronirsene.


La storia procede con vari colpi di scena, molti degli ospiti di Chimneys possano sembrare sospetti e di alcuni di loro si scopre via via che non sono chi affermano di essere…


Mi fermo qui per non fare spoiler.


Il romanzo è piacevole e si “beve”, c’è anche una venatura di rosa la cui assenza, a mio parere, avrebbe tolto colore.


Come si può capire dal breve riassunto il protagonista è sostanzialmente Anthony Cade; assenti Poirot e Miss Marple, ma non se ne avverte la mancanza.


Nota a margine: il defunto re della Herzoslovacchia aveva sposato una ballerina e questo fato, unito all’invenzione del piccolo stato europeo, mi ha richiamato alla mente il film “Il principe e la ballerina” con Laurence Olivier (anche regista) e Marilyn Monroe.


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Published on May 29, 2020 13:47

May 28, 2020

Prossime letture #6

Questo romanzo giallo di Agatha Christie sarà una delle mie prossime riletture, come accennavo in questo post.


Il segreto di Chimneys” (“The Secret of Chimneys”) pubblicato nel 1925; la mia edizione è del 1981, nella traduzione di Alberto Tedeschi.


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Published on May 28, 2020 08:21

May 27, 2020

Ragione e sentimento – Jane Austen * citazione

Questo non è proprio l’incipit del romanzo, è un brano nelle prime pagine, la descrizione di John Dashwood, fratellastro (per parte di padre) delle due sorelle protagoniste del romanzo, Elinor e Marianne. Romanzo pubblicato per primo, nel 1811.


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Published on May 27, 2020 09:53

May 26, 2020

Mansfield Park – Jane Austen * Incipit

Pubblicato nel 1814, l’ho letto qualche decina di anni fa e non lo ricordo molto bene, ho iniziato a rileggerlo qualche mese fa ma l’ho lasciato da parte. Lo riprenderò.


 


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Published on May 26, 2020 15:22