Ella S. Bennet's Blog, page 28
October 13, 2020
Claire * ancora dal Capitolo 1
«Pensavo di andare a trovare lady Ravenridge, che ne dite? Voi siete la sua migliore amica.»
La domanda, quasi improvvisa, di Miss Glennrock sorprese Claire, ma solo un poco: Martha Stevens, la sua migliore amica, rimasta orfana e ospitata da parenti di bassa condizione sociale, aveva di recente sposato il marchese di Ravenridge ed era diventata perciò una gentildonna di alto rango, che non si poteva più guardare dall’alto in basso come Sophia aveva fatto quando l’aveva conosciuta a Lime Hall.
«Dubito che in questo periodo la marchesa gradisca visite» rispose, trattenendosi dall’aggiungere “certo non le vostre”: Sophia si era comportata in modo molto scostante con Martha nell’estate e Claire non credeva che all’amica facesse piacere rivederla.
«Avete ragione, è meglio se prima le scrivo un biglietto. Nelle sue condizioni forse preferisce non stancarsi.»
Claire non replicò e l’altra riprese a vantarsi delle proprie conoscenze e successi: «Sua grazia la duchessa di Mowstings dice sempre che è davvero contenta che sua figlia abbia un’amica come me. Trovo che quella ragazza sia così simpatica. Certo non si può definire una vera bellezza ma è graziosa e il titolo di suo padre è uno dei più importanti.»
Claire annuì e Miss Glennrock proseguì: «Anche lei debutterà questa primavera, potrei presentarvela.»
In quel momento, con sollievo di Claire, Mark e lord Granthwood si affiancarono a lei e a Sophia, evitandole così di rispondere e intromettendosi garbatamente nella conversazione che diressero sui monumenti e sui tanti luoghi della capitale che a loro parere necessitavano di una visita. Claire, che a Lime Hall aveva compilato una lista di ciò che intendeva ammirare o ammirare di nuovo, trovò i progetti dei suoi compagni in armonia con i propri e si unì con entusiasmo alla pianificazione dei primi itinerari, anche se avrebbe dovuto tollerare ancora la presenza di Sophia Glennrock.
Mentre i quattro si dirigevano verso l’uscita di Hyde Park, Claire scorse in lontananza una coppia e riconobbe nell’uomo sir Carlton. Con disappunto si accorse di arrossire. Lui però non dette segno di averla notata, così lei poté evitare di parlargli e di presentarlo ai suoi amici. Sicura che l’avesse deliberatamente ignorata, però, rimase incerta se sentirsi sollevata o indispettita. Non poté nemmeno soddisfare la curiosità di sapere chi fosse la donna che era con lui perché chiederlo ai suoi compagni avrebbe significato destare la loro curiosità – in particolare quella di Sophia – sul baronetto. Scosse il capo arrabbiata con se stessa. Non le importava niente di quel tipo arrogante e insolente che a Lime Hall le si era rivolto con così poco rispetto, tanto meglio se aveva appena finto di non vederla.
Rientrata in casa Claire non riuscì però a non ripensare alle due volte in cui aveva incontrato sir Carlton. Nell’intento di assicurare a Martha un futuro senza preoccupazioni e proteggerla dal matrimonio con un vecchio che i suoi parenti avevano progettato, aveva creato una situazione compromettente per costringere un certo gentiluomo a dichiararsi all’amica. Era stato un gesto avventato di cui si era pentita subito, anche perché nella trappola era finito l’uomo sbagliato e lei aveva temuto per la felicità di Martha, che era fuggita evitare un matrimonio riparatore; il gentiluomo compromesso, però, non si era tirato indietro: aveva chiesto l’aiuto di sir Tom Carlton per ritrovarla e l’aveva convinta a sposarlo, conducendola a Gretna Green, dove un fabbro aveva celebrato le nozze. Claire aveva parlato con il baronetto quando questi era partito alla ricerca di Martha e poi quando, di ritorno dalla Scozia, si era fermato alla residenza degli Allston per confermare al conte che il matrimonio era stato celebrato. Era stato allora che, in un momento in cui nessuno poteva sentirli, Carlton le aveva rivelato che Martha aspettava un bambino. Una confidenza indiscreta, forse, che Claire comunque aveva apprezzato, non fosse stato per lo sguardo accusatorio che l’uomo le aveva rivolto; sapere che lui era a conoscenza del ruolo che aveva avuto nel matrimonio dell’amica e che la giudicava sconsiderata e invadente la faceva sentire vulnerabile e non poteva perdonarglielo.
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October 11, 2020
Claire * dal capitolo 1
Seduta sulla poltroncina davanti alla toilette, mentre la cameriera finiva di pettinarla, Claire cercava di conciliare l’eccitazione di essere finalmente a Londra e di stare per vivere la sua prima Stagione con la consapevolezza di dover rispettare una miriade di regole che riteneva un inutile e scomodo fardello.
Suo padre, il conte di Allston, le aveva ricordato che in città non avrebbe potuto comportarsi con la libertà a cui era abituata in campagna, dove aveva trascorso la maggior parte della vita, ad eccezione dei periodi in cui aveva frequentato una raffinata scuola per signorine: «La prima impressione che la società si farà di te sarà quella che rimarrà nella mente di tutti: devi fare in modo che sia buona; dopo potrai anche commettere qualche piccola trasgressione e ti sarà perdonata. Non credo che sarà poi un grande sacrificio, in cambio dei divertimenti di cui potrai godere.»
Il conte le aveva poi promesso di regalarle un phaeton, un tipo di carrozza sportiva, non molto usato dalle signore perché considerato un poco pericoloso. Claire aveva apprezzato molto l’idea, era infatti una provetta amazzone e un’ottima frusta, avendo cavalcato e condotto un calesse fino da quando era bambina.
Quel pomeriggio si stava preparando per uscire con il visconte Huntgrave, il barone Granthwood e sua sorella Sophia Glennrock; il primo, Mark, era per Claire quasi un fratello, benché maggiore di lei di circa quattro anni, perché lo conosceva fino da quando era nata; gli altri due erano stati ospiti, con la madre e altre persone, durante l’estate a Lime Hall, la tenuta degli Allston. La giovane non apprezzava molto la compagnia di Sophia, con la quale sentiva di non avere molto in comune, ma per il momento doveva accontentarsi, era gennaio e non erano molte le famiglie già arrivate nella capitale.
Quando, poco dopo, i quattro giovani scesero dalla carrozza all’ingresso di Hyde Park, Miss Glennrock si affiancò a Claire e iniziò a discorrere quasi ininterrottamente: aveva vent’anni, uno più di lei ed era alla sua seconda Stagione. Esibiva perciò la propria esperienza e le proprie amicizie, salutando questa e quello e raccontando pettegolezzi sulle persone che incontravano.
Claire si limitava a rispondere con educate e adeguate esclamazioni alle chiacchiere della compagna senza prestare troppa attenzione mentre tendeva l’orecchio al dialogo fra i gentiluomini che le accompagnavano e che camminavano dietro di loro: parlavano di cavalli, argomento che l’appassionava.
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October 3, 2020
Mary Westmacott (Agatha Christie) – Ritratto incompiuto * Le mie letture
(titolo originale “Unfinished Portrait” pubblicato nel 1934; trad. Hilia Brinis)
Leggere questo romanzo dopo aver letto l‘autobiografia della Christie è quasi come leggerla una seconda volta, a parte una cornice che consente all’autrice di narrare le vicende della protagonista in terza persona. Ho scritto quasi perché se anche gli eventi narrati e i legami familiari siano praticamente identici, lo sono molto meno i personaggi, in particolare i due protagonisti. Una delle poche differenze – relativamente agli eventi – sta nel fatto che Agatha Christie prestò assistenza ai feriti e poi lavorò al dispensario dell’ospedale durante la prima guerra Mondiale mentre nel romanzo il marito non vuole che faccia servizio come volontaria e lei non lo fa.
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Mi pare comunque che la scrittrice abbia accentuato, rispetto all’autobiografia, alcuni aspetti del carattere della protagonista, che nel romanzo si chiama Celia, e del primo marito, che ha il nome di Dermot. Celia è più remissiva rispetto a come si descrive la Christie nella biografia; di Dermot risaltano l’egoismo e una certa insensibilità mentre nell’autobiografia, benché il primo marito abbia in parte gli stessi difetti, la sua descrizione risulta più complessa e i lati positivi vengono messi più in evidenza. Nel romanzo Dermot risulta abbastanza negativo e Celia una donna fragile e poco determinata.
Ecco per esempio cosa scrive del personaggio Dermot:
In realtà, lui non la giudicava affatto. Non aveva nessuna opinione in proposito. Dermot non si soffermava mai a riflettere su come la pensassero gli altri. Parlare di pensieri e di sentimenti gli sembrava soltanto una perdita di tempo.
Ma andiamo con ordine: La storia, come dicevo, è narrata da un personaggio esterno, un ritrattista, che scrive a un’amica, Mary per raccontarle di una donna che ha incontrato. L’uomo, Larraby, ha visto una donna, a cui poi attribuisce il nome di Celia, seduta su una panchina; ha scambiato con lei un paio di frasi ma, dopo essersi allontanato, si è reso conto che qualcosa in quella donna gli ha fatto pensare al suicidio e allora è tornato di corsa sui suoi passi per impedirle di compiere quel gesto. Le ha parlato, le ha chiesto perché vorrebbe uccidersi, le ha fatto ammettere di essere una codarda perché vuole sfuggire alla vita, le ha detto che anche lui ha attraversato un momento simile… Poi, con l’intento di distrarla dall’intenzione suicida, l’ha convinta a raccontargli la sua storia, che lui a sua volta narra all’amica Mary, componendo un ritratto della donna.
A mio parere la figura femminile che ne esce è fragile, sconfitta. Nel romanzo Celia rimane talmente ferita e delusa dal proprio matrimonio e dalla figlia da non riuscire a ricostruirsi una vita davvero soddisfacente, tanto che dopo dieci anni dal divorzio è di nuovo sull’orlo del suicidio. Alla fine del romanzo, dopo che ha confidato a Larraby, uno sconosciuto, la sua storia e i suoi sentimenti, lui ha l’impressione che si sia in qualche modo liberata e che sia pronta a tornare nel mondo, a trentanove anni, per diventare adulta.
Si potrebbe immaginare che la Christie abbia trasferito in questo romanzo ciò che non le era piaciuto di se stessa per potersene liberare, dipingendosi e dipingendo marito e figlia in modo più impietoso – forse troppo? Forse più sincero? – di quanto non appaia nell’autobiografia. O forse sono solo davvero solo personaggi a cui ha fatto recitare parte della propria vita.
Del resto il divorzio dal primo marito è avvenuto nel 1928, il secondo matrimonio è del 1930 e questo romanzo è del 1934, mentre l’inizio della stesura dell’autobiografia
risale a parecchi anni dopo, quando cioè – forse – il tempo trascorso aveva reso tutto meno doloroso. Di certo la Christie non è stata incapace di ricostruirsi una vita: anche se dopo il divorzio ha passato dei momenti difficili, si è ripresa, ha iniziato a viaggiare da sola e ha conosciuto e sposato Max Mallowan.
Complessivamente ho trovato la lettura triste e quasi angosciante, per il modo di affrontare o meglio subire, gli altri da parte della protagonista. Forse era la sensazione che l’autrice voleva comunicare, forse solo quanto ho recepito io.
Il romanzo ha una premessa (di Larraby) ed è diviso in tre parti, ciascuna a sua volta suddivisa in capitoli; sia le parti che i capitoli hanno dei titoli. La prima parte e la terza (che si intitolano entrambe “L’isola”, perché è su un’isola che Larraby incontra la donna) sono scritte in prima persona da Larraby e raccontano le sue interazioni e il suo dialogo con la donna; la parte centrale (“Tele”) narra in terza persona la storia di Celia, come se Larraby dipingesse tanti quadri.
Il racconto che Celia fa a Larraby durante la notte è soltanto un mero rimembrare, un saltare da un episodio all’altro. E a proposito del ricordare il pittore scrive all’amica Mary:
È una questione curiosa, se ci pensi bene, quella delle cose che decidiamo di ricordare. Una scelta da parte nostra ci deve pur essere, anche se inconscia finché vuoi. Prova a ripensare al passato, a un anno qualsiasi della tua infanzia. Ricorderai cinque o sei episodi. Non erano importanti, probabilmente; perché, su trecentosessantacinque giorni, avrai ricordato proprio quelli?
E poi ancora, mentre riporta la storia narratagli da Celia:
Quali sono le cose che si ricordano nella vita? Non le cosiddette cose importanti. No, sono i piccoli particolari, le inezie, a lasciare un’impronta persistente, a non lasciarsi scrollare via.
Credo anch’io che sia così, che – a parte i grandi eventi – ricordiamo molti piccoli accadimenti, brevissime scene, particolari di poco conto che, chissà perché, hanno colpito la nostra fantasia e quindi la nostra memoria.
September 29, 2020
Claire * un possibile incipit
Sto scrivendo una storia di ambientazione Regency, non molto lunga, che ha come protagonista Claire, la figlia dei conti di Allston, amica di Miss Martha Stevens (protagonista di “Un marito per Martha“).
Lo scambio di lettere fra le due amiche riportato qui sotto potrebbe essere l’incipit di questa storia.
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Mia cara Claire,
sono contenta di sapere che presto sarete a Londra anche voi, non vedo l’ora di riabbracciarti.
Come ti ho scritto nella mia ultima lettera ho passato giornate piacevoli con la famiglia di mia cognata, ma la confusione mi stanca un po’. La gravidanza procede bene, solo che mi trovo meglio nella quiete della mia casa. La mia casa! Sapessi quanto ancora mi suoni strano chiamarla così, benché siano ormai trascorsi diversi mesi da quando mi sono sposata. Ravenridge è molto premuroso, anche troppo a volte, non è certo l’uomo rigido e severo che sembrava a Lime Hall.
Temo che non potrò essere presente al ricevimento che segnerà il tuo debutto e mi dispiace molto, ma spero che potremo scambiarci spesso visita. Sono sicura che avrai un successo fantastico e già aspetto di sapere tutti i dettagli di quella festa e di tutte le altre a cui parteciperai.
In questo periodo anche sir Carlton è qui nella capitale, cosa insolita a quanto afferma mio marito, perché solitamente non rimane mai a lungo nello stesso luogo; viene spesso a casa con Ravenridge e talvolta si ferma a cena con noi.
Aspetto con impazienza una tua visita
a presto
Martha
*** *** ***
*** *** ***
Amica mia,
anch’io non vedo l’ora di rivederti e di sentire dalla tua voce com’è essere la marchesa di Ravenridge.
Mi addolora che non potrai essere presente alla mia festa e immagino che non ti incontrerò a nessun’altra riunione mondana: la tua compagnia mi mancherà molto, non avrò nessuno con cui parlare davvero. Mi consolerò venendoti a trovare spesso e raccontandoti tutto.
Alla fine di gennaio arriverà nella capitale an che Arabella Robe rtson : la ricordi, immagino. È una delle poche ragazze del collegio con cui ho avuto rapporti di quasi amicizia dopo che te ne sei andata e penso che sarà piacevole frequentarla anche a Londra, anche se non quanto trascorrere il tempo con te.
L’idea del debutto mi emoziona ma meno di quanto avevo immaginato. Probabilmente perché non riesco più a considerare in modo romantico la prospettiva di sposarmi e quindi non mi preoccupa l’impressione che darò ai vari gentiluomini. Negli ultimi tempi mi sembra invece molto attraente una vita come quella di lady Patience, penso che rimanere da sola soddisferebbe il mio desiderio di indipendenza, cosa a cui dovrei rinunciare se decidessi per il matrimonio, visto che, essendo donna, dipenderei in tutto e per tutto da mio marito. Non credo sia facile trovare qualcuno come mio padre, che non ha mai imposto a mia madre le proprie decisioni preferendo prenderle insieme a lei.
Sono felice di sapere che Ravenridge si prende molta cura di te e che veglia sul tuo benessere.
A presto, ti abbraccio
Claire
September 22, 2020
Prossime letture #13
Dopo aver letto, nel tempo consentito dal prestito, “La mia vita” di Agatha Christie, ebook scaricato con il MLOL, ho letto anche “Frederica” della Heyer (su cui scriverò un commento appena possibile).
Ho inziato a leggere “Ritratto incompiuto” di Mary Westmacott alias Agatha Cristie (sempre via MLOL) e ho inserito nella prossima lista delle riletture alcuni fra i primi gialli della Christie, fra cui il primo in assoluto, ovvero “Poirot a Styles Court“; gli atri due sono “Poirot e i quattro” e “L’assassinio di Roger Ackroyd“.
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September 21, 2020
Agatha Christie – La mia vita * Le mie letture
(titolo originale “An Autobiography” pubblicato nel 1977 postumo; trad. Maria Giulia Castagnone)
“La mia vita” è l’autobiografia di Agatha Christie, che l’autrice scrisse durante un periodo di circa quindici anni.
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Ho trovato il testo interessante per vari motivi, non solo per conoscere la storia della scrittrice (che definirei tutt’altro che noiosa e banale, anche a prescindere dai libri pubblicati) ma per la descrizione della società – o meglio una certa parte della società – dell’Inghilterra tardo vittoriana (la Christie è nata nel 1890 e morta nel 1976 e la regina Vittoria, nata nel 1819, è morta nel 1901) e della vita in Inghilterra, in particolare durante il periodo delle due guerre mondiali.
Inoltre l’autrice spiega come ha avuto l’idea per alcuni dei suoi romanzi e in qualche caso spiega le prime riflessioni che hanno trasformato l’idea in una vera possibile trama.
La narrazione, come avverte la stessa autrice all’inizio, non è omogenea, nel senso che dedica molte più pagine al racconto di alcuni periodi della sua vita piuttosto che ad altri. In “Ritratto incompiuto“, uno dei romanzi firmati con lo pseudonimo Mary Westmacott ha scritto quella che sembra una spiegazione calzante:
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Molto spazio è dato all’infanzia, alla giovinezza, al tempo della prima guerra mondiale. Non c’è alcun cenno al periodo in cui, dopo la fine del primo matrimonio, scompare. Poco, in fondo, parla dei suoi libri e del successo che ottengono, mentre del primo, “Poirot a Styles Court”, elenca i rifiuti ricevuti dagli editori prima di trovare quello che lo pubblicherà.
Styles è il nome che i coniugi Christie danno all”ultima casa – che ha la fama di portare sfortuna – in cui abitano, prima della separazione (perché Archibald Christie si è innamorato di un’altra donna):
Archie propose di chiamare la casa Styles, in omaggio al libro “Poirot a Styles Court”, che aveva inaugurato la mia carriera.
…
Styles esercitò su di noi lo stesso influsso di sventura che aveva esercitato sui precedenti proprietari. Percepii appena entrata che qualcosa non andava, ma attribuii questa mia sensazione alle decorazioni…
È un peccato, a mio parere, che pochissimi cenni siano dedicati ai sei romanzi rosa, quelli firmati Mary Westmacott. La scrittrice infatti si limita a dire che è stanca di romanzi polizieschi
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Un racconto abbastanza dettagliato è invece quello dei viaggi compiuti dopo la separazione da Archie Christie (di cui Agatha mantiene il cognome per continuare a firmare così i suoi romanzi gialli) e di quello in Mesopotamia, durante il quale conosce Max Mallowan, un archeologo di tredici anni più giovane, che diventerà il suo secondo marito. La scrittrice lo segue in molti dei suoi viaggi e lavora con lui durante gli scavi; Mallowan pubblica i risultati dei suoi lavori in “Nimrud and its Remains“.
Fra le altre cose che dice di sé, la Christie elenca ciò che non sa oppure sa fare:
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Comunque la sensazione che ho avuto e che si è acuita mentre annoto questi miei brevi commenti sul libro è che nonostante tutto quello che Agatha Christie racconta la persona Agatha Christie resti quasi del tutto nascosta. Magari è un’impressione sbagliata, dovuta anche al fatto che di solito non leggo autobiografie. Ma già il fatto – assolutamente lecito, ovviamente – di scegliere cosa narrare e cosa no è un modo di rimanere, almeno in parte, in ombra.
September 17, 2020
Agatha Christie – origine di Poirot
Sto leggendo “La mia vita”, l’autobiografia di Agatha Christie (trad. Maria Giulia Castagnone), interessante sotto vari punti di vista.
Fra le altre cose la scrittrice racconta cosa ha ispirato alcuni dei suoi romanzi, in particolare del primo, e la genesi dell’investigatore che diventerà uno dei più famosi, Poirot.
Dopo aver avuto una prima idea per una storia gialla e per alcuni dei personaggi, si dedica a immaginare l’investigatore, ritenendolo una figura fondamentale al quale avrebbe fornito una specie di spalla. Deve essere un personaggio nuovo, diverso dagli altri. Nella parrocchia vicino a cui abita vivono dei rifugiati belgi…
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L’investigatore deve possedere una serie di qualità e caratteristiche, fra cui: avere buona conoscenza del crimine, essere ordinato, meticoloso, preciso e molto intelligente. E avere un nome che non sarebbe sfigurato nella famiglia Holmes:
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Il romanzo, “Poirot a Styles Court”, viene inviato dalla scrittrice a un editore, Hodder e Stoughon, che lo rifiuta seccamente. Viene così spedito a un secondo editore e di nuovo rifiutato. Letto dal marito (il primo), Archie Christie, e da lui trovato buono, viene spedito a Methuen, dove aveva lavorato un amico di Archie ma non ha maggior fortuna. Agatha comunque non si arrende:
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Passa il tempo, la guerra (la prima mondiale) finisce, la scrittrice diviene madre di una bambina, Rosalind; dopo circa due anni dall’invio del romanzo viene convocata dalla casa editrice Bodley Head per il manoscritto “Poirot a Styles Court”: se modificherà il finale il libro verrà pubblicato.
E così avviene, nel 1920… per il piacere delle lettrici e dei lettori che apprezzano i romanzi di questa scrittrice – con o senza Poirot.
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excessivism:“ The Peacock Room Castello di Sammezzano in Reggello, Tuscany, Italy. ”
September 10, 2020
L’abbazia di Northanger – Jane Austen * citazione #1
Ho iniziato a rileggere “L’Abbazia di Northanger” di Jane Austen, la cui prima lettura risale qualche decina di anni fa e che credo di non aver mai riletto (almeno non per intero). Mi sono trovata fino dalle prime righe avvolta in un’ironia frizzante e talvolta graffiante che non ha pari negli altri romanzi della scrittrice. Davvero molto piacevole e divertente, un’arguta immagine della società inglese in cui viveva la Austen.
Intanto riporto un primo brano, la descrizione della protagonista, Catherine Morland a quindici anni; durante l’infanzia era stata insignificante ma con l’adolescenza il suo aspetto era migliorato., tanto che le era capitato di sentirsi definire “quasi” graziosa:
Sentirsi definire “quasi” graziosa è un grande complimento per una fanciulla che per i primi quindici anni della sua vita è stata solo insignificante: un complimento maggiore di quanti possa mai riceverne una che è stata bella fin dalla culla.
E poi qualcosa sul destino di Catherine, che non sembra purtroppo avviato verso un’avventura emozionante…
Aveva raggiunto l’età di diciassette anni senza aver ancora visto alcun amabile giovanotto che avesse attratto la sua sensibilità, senza aver ispirato alcuna vera passione e persino senza aver suscitato alcun sentimento di ammirazione che non fosse assai moderato e transitorio. Che cosa strana! Ma le cose strane si possono ben spiegare quando se ne cerchi attentamente la causa. Non c’era nessun lord nel vicinato, e neppure un baronetto. Non c’era nessuna famiglia tra le loro conoscenze che avesse raccolto e allevato un bambino accidentalmente trovato alla porta — non c’era, anzi, alcun giovanotto le cui origini fossero ignote. Suo padre non aveva pupilli e lo squire della parrocchia non aveva figli. Ma quando una giovane donna è nata per diventare un’eroina, la pervicacia di quaranta famiglie del circondario non glielo impedirà. Dovrà accadere senz’altro qualcosa, e accadrà, che metta un eroe sulla sua retta via.
Il testo che sto leggendo è nell’ebook pubblicato da eNewton Classici nel novembre 2010, “Tutti i romanzi” di Jane Austen; la traduzione de “L’abbazia di Northanger” è di Elena Grillo.
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September 7, 2020
Agatha Christie – Il segugio della morte * Le mie letture
(titolo originale “The Hound of Death” pubblicato nel 1933; edizione italiana da me letta del 1982, traduzione Giuseppe Lippi)
Questo libro è una raccolta di racconti che hanno in comune il tema dell’occulto, del mistero e della pazzia. In alcuni casi si tratta davvero di qualcosa di occulto (spiriti, maledizioni), in altri ciò che sembrava misterioso si rivela essere un inganno ben congegnato, in altri ancora si parla di persone con gravi problemi psichici. Naturalmente non vi svelerò quali racconti appartengono a un gruppo o all’altro per non rovinarvi il gusto di leggerli nel caso non li conosceste.
Posso però dire che hanno tutti un intreccio notevole; per alcuni la conclusione mi è sembrata più ovvia (probabilmente perché ero riuscita a immaginarla) mentre per altri l’ho trovata più intrigante perché mi ha sorpresa. Alcune storie sono molto drammatiche, in particolare “L’ultima seduta” mi ha generato ansia dalla prima all’ultima parola.
I racconti che mi sono piaciuti di più sono “Il Segnale Rosso” e “S.O.S.”.
Nell’edizione italiana che ho letto (Oscar Mondadori) c’è un’interessante postfazione di Giuseppe Lippi, in cui viene analizzato il fenomeno psichico – o l’artificio – a cui è ispirato ciascun racconto.
Questi i titoli delle storie
Il Segugio della Morte
Il Segnale Rosso
Il quarto uomo
La zingara
La lanterna
La radio
Testimone d’accusa
Il mistero del vaso azzurro
Lo strano caso di Sir Arthur Carmichael
Il Richiamo delle Ali
L’ultima seduta
S.O.S.
Da “Testimone d’accusa” è stato tratto nel 1958 l’omonimo e famoso film di Billy Wilder, con Marlene Dietrich, Charles Laughton e Tyrone Power.
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