Ella S. Bennet's Blog, page 16

November 10, 2021

Emily * Capitolo otto – quinta parte

A cena Emily quasi non toccò cibo, sazia com’era delle emozioni della giornata. Wood si mostrò premuroso come al solito ma non insistette perché mangiasse, comprendendone lo stato d’animo, che in certo senso rispecchiava il suo. Anche lui, infatti, era turbato dal legame che avevano stretto e dalla notte che li aspettava. Desiderava la moglie, non le pietanze che gli servivano i camerieri e nemmeno il vino di cui di solito era un estimatore.

La voleva e lei gli aveva fatto capire di volere lui, anche se, ovviamente, non sapeva bene cosa significasse. Glielo avrebbe mostrato con gioia, avvicinandola al piacere con delicatezza e attenzione. Ma non avrebbe nascosto la passione che lo muoveva, non doveva credere che i rapporti coniugali fossero un dovere.

Più tardi, mentre la cameriera l’aiutava a prepararsi per la notte, Emily sentì rinascere il timore dell’intimità con il marito, timore che si mescolava a quello di non essere abbastanza bella. La tormentava il pensiero che l’avesse sposata solo per proteggerla, gesto generoso, ma che quasi certamente avrebbe condannato entrambi all’infelicità. Ripensando però a quanto avvenuto poche ore prima durante la passeggiata, sentiva rinascere la speranza: l’aveva baciata con trasporto e le aveva confessato di essersi pentito della promessa di rispettarla.

Pochi minuti dopo che la cameriera era uscita, Wood bussò.

Gli rispose «Avanti» e si alzò in piedi. Lui chiuse la porta e fece un passo dentro la camera. Indossava solo la camicia bianca, un poco aperta sul petto, e i pantaloni, Emily non lo aveva mai visto così poco vestito. Rabbrividì, anche se non l’aveva nemmeno sfiorata.

La guardò negli occhi: «Ve lo chiederò solo una volta. Volete che resti o che vada nella mia stanza?»

Le aveva posto quella domanda perché doveva dimostrarle che poteva, ancora e sempre, scegliere se consumare il matrimonio o no, ma lo aveva fatto con uno sforzo di volontà, tanto che il modo era stato brusco. Temette di averla turbata, vedendo che esitava a rispondergli. Emily, infatti, era incerta, ma solo perché avrebbe voluto sapere cosa si aspettava lui. Infine gli tese le mani. Wood le andò incontro per stringerle e la pelle di lei bruciò al suo tocco.

Non voleva che se ne andasse. Voleva che la baciasse di nuovo come aveva fatto in riva al torrente. E voleva anche di più.

«Rimanete» sussurrò.

Lui si avvicinò ancora, quanto bastava per sfilarle dalle spalle la vestaglia di seta. Quando l’indumento cadde sul pavimento la baciò sulle labbra, poi sul collo e sulla pelle non coperta dalla camicia da notte. Emily tremava, travolta da mille emozioni. Poi d’improvviso Wood la sollevò fra le braccia e la depose sul letto.

«Non abbiate paura» le disse, vedendole spalancare gli occhi nella penombra rischiarata dalle candele. Le sedette accanto: «Non faremo niente che non vogliate.»

Emily gli mise una mano sulla sua: «Non ho paura di voi.»

Gli rivolse un lieve sorriso che lui ricambiò, prima di alzarsi in piedi e iniziare a spogliarsi.

Lei lo fissava, cercando di mostrarsi tranquilla, impresa difficile per il timore che continuava ad agitarla e l’apprezzamento per il corpo maschile che si stava svelando. Che Mr Wood avesse un fisico atletico e attraente se n’era resa conto da tempo, ma vederlo senza gli abiti era diverso. Era bello. E, almeno quella notte, era con lei.

Prima di togliere i calzoni Wood spense tutte le candele tranne una. Gli pareva che la moglie fosse a disagio e voleva tranquillizzarla. Emily continuava a guardarlo e per un attimo la colse il pensiero che una donna perbene non avrebbe dovuto ammirare così un uomo, neppure se quell’uomo era suo marito. In quel momento, però, non le importava niente. Voleva solo che lui la baciasse ancora e la carezzasse. Voleva tutto, qualunque cosa questo significasse.

Nudo, Wood si stese sul letto rivolto verso di lei, sostenendo il busto su un gomito. Emily percepì il calore del suo corpo e istintivamente gli si avvicinò, senza però avere il coraggio di alzare una mano per toccarlo. Lo fece lui: con delicatezza percorse il suo braccio dalla mano alla spalla e poi giù verso il seno. Lei rabbrividì, quelle sensazioni strane, inaspettate e meravigliose la spaventavano e la confondevano ma nello stesso tempo le pareva che niente avrebbe potuto essere più bello e non intendeva rinunciarvi.

Wood la baciò di nuovo e stavolta Emily si strinse a lui, assecondando e imitando i suoi gesti: non riusciva più a pensare e si abbandonò alle carezze del marito e al piacere inaspettato che la stava travolgendo.

Il mattino seguente, al risveglio, Emily era sola. Lo constatò con una punta di delusione ma anche con sollievo, non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi quando avrebbe rivisto Mr Wood, dopo la notte appena trascorsa. Ripensandoci, arrossì. Forse una moglie non avrebbe dovuto lasciarsi andare come aveva fatto lei, ma nonostante l’inesperienza le era sembrato che il marito lo avesse apprezzato e che anche lui avesse trovato appagante il loro amplesso. Certo non era amore, ma era sempre meglio di niente. Sospirò, mettendosi a sedere sul letto, proprio mentre la cameriera bussava prima di entrare per aiutarla a prepararsi.

Più tardi, quando incontrò Wood, questi le si rivolse con la consueta premura e non accennò in nessun modo a quanto avvenuto fra loro. Si sentì un poco delusa – aver consumato il matrimonio non cambiava dunque niente? – ma apprezzò il fatto che così fosse tutto più facile.

Gli sposi trascorsero a Dacres Hall le settimane che precedettero la loro partenza per l’India, salvo alcuni giorni in cui furono a Londra per partecipare alla cerimonia di nozze di lady Glennbourne con lord Rastermead, una festa con molti invitati, nonostante che la Stagione fosse finita da un pezzo, e che per Emily, contrariamente a quanto aveva temuto, fu una piacevole novità.

Wood era sempre molto pacato e cortese con lei, e a volte le sembrava che quasi non provasse emozioni, ma non era così, perché la notte, quando andava a trovarla in camera, cosa che non tralasciava mai di fare, si trasformava in un amante appassionato. Lei si adattava al suo comportamento, non trovando il coraggio di chiedergli quali fossero i suoi sentimenti né quello di mostrargli i propri e si limitava a ricambiare le attenzioni del marito come meglio poteva.

Lui, dal canto suo, continuava a mantenere l’impegno preso con se stesso di lasciare la giovane moglie libera di passare il tempo come preferiva, pretendendo la sua compagnia solo la notte. Lo incoraggiava che anche lei, innegabilmente, godesse dei loro amplessi: forse non sarebbe stato difficile ottenere il suo affetto.

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Published on November 10, 2021 15:33

November 3, 2021

Emily * Capitolo otto – quarta parte

All’avvicinarsi del matrimonio, lo stato d’animo di Emily oscillava sempre più fra il timore e l’aspettativa; le ore di attività in cui era impegnata nelle prove dell’abito da sposa e di quelli nuovi ordinati su insistenza del fidanzato, nonché in vari altri preparativi, si alternavano a momenti in cui le sembrava che gli orologi rallentassero e che l’evento che avrebbe cambiato la sua vita fosse remoto invece che tanto prossimo.

Di quando in quando usciva da sola a camminare nel giardino; benché fosse più vasto e molto ben tenuto, le ricordava quello di Sethgrave Park e il tempo trascorso a occuparsi dei fiori e si sentiva un po’ meno spaesata. Mr Wood e i suoi ospiti erano molto cortesi con lei ma questo non sempre bastava a metterla a suo agio. Soprattutto, però, era il pensiero del futuro ad alimentare i suoi timori: cosa avrebbe significato essere Mrs Wood nelle terre lontane dove il marito conduceva i propri affari? E – più importante di tutto – come sarebbe stato il rapporto con lui?

Il mattino fatidico, lady Glennbourne raggiunse Emily nella sua stanza quando la cameriera aveva appena iniziato ad aiutarla a vestirsi. La nobildonna fornì con garbo supporto e consigli e, soprattutto, con la sua vivace conversazione riuscì a distrarre un poco la giovane amica, la cui ansia cresceva all’approssimarsi del momento che attendeva con impazienza e preoccupazione nello stesso tempo.

«La vostra sarta conosce bene il proprio mestiere, ha scelto un modello e un colore che valorizzano il vostro personale e il vostro viso» disse lady Glennbourne quando Emily fu pronta, in un abito che era una vaporosa nuvola verde acqua, ornato di piccoli fiori ricamati qua e là in argento, come le eleganti scarpette di raso.

«Sì, è stata molto brava. Questo vestito mi fa sentire bella.»

«Mi avete fraintesa. Non dovete dare il merito della vostra bellezza al vestito perché sareste in torto, credetemi» replicò lady Glennbourne, mentre Emily si avviava verso la porta..

«Aspettate, avete dimenticato questa» la richiamò la cameriera, aprendo un astuccio e prendendo una collana di perle con un fermaglio di smeraldo, il regalo di nozze che Mr Wood aveva dato alla fidanzata la sera precedente.

«Siete perfetta» commentò dopo averle agganciato il gioiello.

Lady Glennbourne ne convenne, sorridendo. Emily prese un respiro profondo e uscì dalla camera.

Poco dopo percorreva gli ultimi passi che la separavano dall’uomo che stava per sposare.

Era al braccio dello zio, perché, essendo Davies il suo unico parente e la persona che l’aveva ospitata dopo la morte dei genitori, Mr Wood aveva ritenuto opportuno consentirgli di accompagnarla all’altare per non suscitare pettegolezzi inutili. Nessuno, infatti, era a conoscenza di ciò che lo zio aveva ordito contro la nipote ed escluderlo dalla cerimonia sarebbe apparso strano.

Nella piccola cappella di Dacres Hall c’erano lord Buntbury, alcuni vicini e poche altre persone, fra cui la ragazza scorse Timothy. La sua presenza le scaldò il cuore e le rese più facile tollerare la vicinanza dello zio, che sembrava, comunque, più a disagio di lei e che, dopo averla salutata, non aveva più proferito parola.

Wood tenne per tutto il tempo gli occhi fissi sulla fidanzata e sul suo accompagnatore, ammirando la grazia dell’una e controllando ogni gesto dell’altro, di cui diffidava anche in quella situazione. Si rilassò quando lei gli fu accanto e Davies andò a prendere il proprio posto fra gli altri convenuti.

Mentre il pastore iniziava a parlare, Wood immaginò di togliere lentamente quel raffinato vestito alla fidanzata e fu solo con uno sforzo di volontà che abbandonò quella piacevole fantasia per concentrarsi sulla funzione. Nei giorni precedenti aveva riflettuto a lungo sui propri sentimenti verso Emily e constatato che la loro intensità andava crescendo e che contrastarli non aveva senso: si stava innamorando o forse lo era già. Del resto era fortunato: stava per sposare la donna che amava e a cui forse non era indifferente. Aveva buone possibilità di conquistarne il cuore.

Una manciata di minuti dopo, Emily era sua moglie. Le prese entrambe le mani e avvicinò il viso al suo fino a che le loro labbra si incontrarono. Fu un bacio lieve, non era il momento né il luogo per qualcosa di diverso, ma bastò perché avvertisse il desiderio farsi prepotente. Lei ebbe la conferma di quanto forte fosse l’attrazione che provava per lui; socchiuse gli occhi, perché Wood non potesse leggere i suoi pensieri, così non si avvide dello sguardo appassionato con cui l’avvolse prima di porgerle il braccio per uscire insieme dalla cappella.

Nel pomeriggio, dopo il rinfresco, i pochi invitati lasciarono Dacres Hall. Anche lady Glennbourne e lord Rastermead rientrarono a Londra, dove avrebbero iniziato i preparativi per il loro matrimonio. Durante i giorni trascorsi come ospiti di Wood, infatti, la gentildonna aveva infine ceduto alle insistenze del suo cavaliere e accettato di sposarlo.

Salutando i due nobili amici, Emily pensò che di lì a pochi minuti sarebbe rimasta sola con Mr Wood. Non era la prima volta, certo, ma il fatto che fosse suo marito cambiava tutto. Cosa si aspettava da lei? E cosa avrebbe fatto? Sarebbe riuscita a celargli i propri sentimenti? Evitò di guardarlo e fissò la carrozza con lo stemma di lord Rastermead che si metteva in movimento.

Wood le disse: «Venite, Emily, rientriamo» e non le restò che prendere il braccio che le offriva. «Potremmo fare un breve giro in calesse, se non siete stanca. Non è ancora troppo tardi e vorrei mostrarvi un angolo suggestivo» le propose prima di varcare la soglia di casa. L’aria smarrita che Emily non era riuscita a nascondere lo aveva indotto a cercare un modo per tranquillizzarla. L’atteggiamento passivo che lei aveva assunto da quando il pastore li aveva uniti in matrimonio gli suscitava dubbi sgradevoli e avrebbe voluto chiederle perché mai lo avesse sposato, visto che da quando erano usciti dalla cappella sembrava quasi una vittima destinata al sacrificio. Cominciava a credere di aver frainteso quelli nei giorni passati che gli erano apparsi segnali incoraggianti e gli avevano fatto credere che la sua attrazione fosse almeno in parte ricambiata.

Lei gli rispose subito di sì, grata di rimandare per un altro po’ il tête-à-tête che la inquietava tanto, una passeggiata non era la stessa cosa che trovarsi insieme, soli, in una stanza.

Andarono nelle rispettive camere per indossare qualcosa di adatto e comodo e, quando uscirono di nuovo, il calesse, portato nel frattempo da uno stalliere, li aspettava davanti all’ingresso. Wood aiutò Emily a salire poi si mise alla guida della coppia di bai che lei aveva già avuto modo di ammirare nella stalla. Conduceva i cavalli con mano ferma, invitandoli a un trotto tranquillo e la giovane iniziò presto a rilassarsi e a gustare la passeggiata. Rimasero in silenzio, un silenzio che si fece via via più amichevole, fino a che raggiunsero la riva di un torrente, dove si fermarono e scesero; Wood portò i cavalli vicino all’acqua in modo che potessero bere. Voltandosi per tornare dalla moglie si accorse che lei lo stava fissando. L’espressione del suo viso era più serena e l’aria le aveva tinto di rosa le guance.

«Perché mi guardate così?» le chiese.

«È come se vi vedessi per la prima volta.»

«E vi piace quello che vedete?»

Emily arrossì, annuendo.

Wood pensò che forse, allora, non era pentita del passo compiuto, ma solo confusa. Doveva capire quanto poteva osare senza turbarla o, peggio, allontanarla da sé. Le si avvicinò e le mise un dito sotto il mento, incapace di resistere alla tentazione di toccarla.

«Volete provare se vi piace anche questo?» domandò poggiando le labbra su quelle di lei.

Emily fu colta di sorpresa, ma non indietreggiò.

Wood, allora, le passò un braccio intorno alla vita: «E questo» mormorò.

Il bacio fu stavolta una dolce invasione, che lei accolse dapprima con stupore e curiosità e poi cercando di rispondere. Lui la stringeva a sé, le mani che fremevano dal desiderio di accarezzarla, cosa che però non fece perché si era riproposto di non avere fretta e di darle il tempo per tirarsi indietro in qualunque momento. Quando si allontanarono un poco per riprendere fiato le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed Emily sentì le lacrime premerle sotto le palpebre per quel gesto semplice e tenero. Si sforzò di trattenerle e lui vide un’ombra passarle sul viso: «Che avete mia cara?» le chiese, preoccupato. «Ho forse osato troppo? So di avervi fatto una promessa e state certa che la manterrò.» Fece una pausa. «Anche se mi costerà molto» aggiunse piano.

Emily scosse il capo. «No.»

«No che cosa?»

«No a tutto.»

Le sorrise, incoraggiandola a chiarire la sua risposta: «Credo che dovreste spiegarvi meglio.»

«Non avete osato troppo.» Poi si interruppe, avvampando, sotto lo sguardo intenso di lui. Infine si fece coraggio: «E per la promessa non importa. Non dovete mantenerla per forza.»

Wood si impedì di esultare a quelle parole e, rimanendo calmo, replicò: «Ne riparleremo dopo, non voglio che vi sentiate obbligata. A niente.»

Lei esitò, prima di dire con un filo di voce: «Ma io vi dispenso dal mantenerla. Voglio essere vostra moglie. In tutti i sensi.» Aveva le guance in fiamme e gli occhi lucidi, non gli era mai sembrata tanto bella. La baciò di nuovo e lei si abbandonò al suo abbraccio. Subito dopo Wood decise di tornare indietro, non avrebbe saputo sopportare ancora a lungo quella dolce tortura senza chiedere di più e non voleva che la prima volta di Emily fosse sull’erba, ma nella sua accogliente camera e in un letto comodo e pulito.

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Published on November 03, 2021 10:58

October 30, 2021

Vecchi libri

Vecchi libri, dalle copertine telate…

su cui forse scriverò qualcosa

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Published on October 30, 2021 14:53

October 28, 2021

Emily * Capitolo otto – terza parte

Il giorno seguente, mentre viaggiavano verso Dacres Hall, Wood descrisse a Emily le zone che attraversavano; lei ascoltò, sforzandosi di porre qualche domanda, imbarazzata e a tratti turbata dal trovarsi vicini, per così lungo tempo, nello spazio ristretto della carrozza. Dal canto suo, lui si era rifugiato in quell’argomento neutro perché parlare lo aiutava a non immergersi di nuovo nei pensieri che gli avevano tenuto compagnia la notte e che riteneva opportuno evitare stando accanto alla fidanzata. Giunti in vista della residenza Wood tacque; Emily guardò la costruzione, che fino ad allora aveva visto solo da lontano, e ne ebbe un’impressione di solidità e pensò che in certo senso somigliava al suo proprietario.

Si sentirono entrambi sollevati quando entrarono in casa e si separarono per ritirarsi nelle rispettive stanze.

La camera che era stata riservata a Emily era la più bella di quelle per gli ospiti, arredata in gradevoli colori pastello dalle sfumature calde. Una donna sulla trentina, scelta per essere la sua cameriera personale, aiutandola a disfare i bagagli, osservò che sarebbe rimasta lì pochi giorni, perché presto, una volta diventata Mrs Wood, si sarebbe trasferita nella camera padronale. Emily lasciò che l’altra chiacchierasse, ascoltandola distrattamente, mentre seguiva il corso dei propri pensieri. Pensieri che, comunque, non si discostavano dalle nozze imminenti e dal dubbio, che non l’abbandonava mai, di stare per commettere un grave errore.

Per l’indomani erano attesi lady Glennbourne e lord Rastermead, gli amici invitati al matrimonio in qualità di testimoni. Mr Wood glieli aveva descritti come persone affabili e cortesi, ma la prospettiva di conoscerli l’intimidiva ed era certa che la loro presenza l’avrebbe fatta sentire ancor più fuori posto, essendo così poco abituata a frequentare persone di rango.

I due nobili si rivelarono invece gentili e cordiali, proprio come aveva detto Wood. Lady Glennbourne si assunse anche il compito di offrire a Emily suggerimenti su come comportarsi con il ton e con i domestici e su quale abbigliamento preferire nelle varie occasioni. Emily ne apprezzò la compagnia e i preziosi consigli, invidiandole al contempo la disinvoltura e la sicurezza con cui trattava Mr Wood e lord Rastermead nonché chiunque altro, qualunque fosse la classe sociale di appartenenza.

«Con il tempo anche voi non avrete difficoltà ad assumere l’atteggiamento adatto in ogni occasione e a farvi valere» le assicurava la gentildonna quando lei le manifestava la sua ammirazione, incoraggiandola nel contempo ed essere comunque se stessa.

Una mattina le due si trovarono a parlare delle regole a cui le donne dovevano attenersi se non volevano divenire oggetto di critiche o peggio e si trovarono d’accordo nel definire ingiusto che invece agli uomini fosse consentito di tutto. Poi lady Glennbourne confidò a Emily: «Una vedova come me ha un po’ più di libertà, a patto di non avere problemi economici e di comportarsi con discrezione. Adesso posso permettermi cose che a una signorina e spesso a una moglie non sono concesse.»

«Da quanto tempo avete perso vostro marito?»

L’altra socchiuse gli occhi un istante, quasi a rievocare un’immagine, poi le raccontò: «Da quasi quattro anni. Era molto più vecchio di me e poco dopo il matrimonio ha contratto una malattia che in dieci mesi lo ha portato alla morte, morte che è stata comunque prematura. Ho provato dispiacere perché era una persona buona e perché il nostro era un matrimonio, benché combinato, non era infelice. Lord Glennbourne è stato generoso, lasciandomi la sua proprietà non vincolata al titolo e una cospicua rendita.» Si interruppe, di nuovo come per inseguire un ricordo. «Ho portato il lutto che gli dovevo ma dopo ho deciso che avevo il diritto di vivere a modo mio, prima di diventare un’anziana signora.»

Emily la guardò con aria interrogativa e lady Glennbourne aggiunse, inclinando il capo: «Capite cosa intendo?»

«Credo di sì.»

«Forse no» sorrise l’altra. «Siete molto innocente, come lo ero io quando mi sono sposata. Ma voi siete più fortunata di me, Thomas è giovane e vi renderà felice.»

Emily rimase in silenzio e lady Glennbourne riprese a parlare, questa volta di moda e di abiti, catturando di nuovo la sua attenzione.

Il pomeriggio ricevette una visita di Timothy, che Wood aveva fatto avvisare del suo arrivo a Dacres Hall da uno dei servitori; era preoccupata che l’anziano stalliere avesse avuto problemi con Mr Davies a causa della sua fuga ma lui la tranquillizzò e le fece anche capire che considerava il suo fidanzato una persona a posto. La loro conversazione fu, come sempre, cosparsa di molti silenzi, ma niente avrebbe potuto fare ad Emily più piacere del tempo trascorso insieme al suo burbero amico e, alla prima occasione, ringraziò Wood per aver favorito il loro incontro.

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Published on October 28, 2021 15:12

October 23, 2021

Clara Reeve – Il vecchio barone inglese * Le mie letture

(titolo originale “The Old English Baron, a Gothic Story”, pubblicato nel 1777; trad. Sergio Marconi, versione italiana da me letta del 2017, Neri Pozza Editore)

Il libro mi ha incuriosita perché scritto da una donna e diversi anni fa (nel 1777), quando per le donne scrivere e pubblicare non era certo facile.

La vicenda narrata, descritta nella sinossi, è piuttosto semplice, e già leggendo quelle poche righe è abbastanza facile intuire – almeno secondo me – quale sia il segreto sulle origini del giovane Edmund.

Mi ha colpita il fatto che questo segreto viene svelato circa a metà del libro e tutta la seconda metà racconta il modo in cui Sir Philip Harclay aiuta Edmund ad avere giustizia. C’è un duello, ma prima devono essere individuati dei testimoni imparziali, scelti fra nobili di specchiata onestà; poi questi gentiluomini devono assistere alla confessione dell’uomo che ha commesso dei torti nei confronti di Edmund; nonostante aver ammesso la propria colpevolezza, l’uomo è restio a pentirsi e a risarcire il giovane e alla fine viene quasi costretto a recarsi in Terrasanta; la restituzione a Edmund di ciò che gli è stato tolto viene effettuata in modo da non arrecare ingiustizie a persone innocenti ed è quindi oggetto di particolare attenzione.

Quello che volevo sottolineare è la profonda differenza fra vari romanzi scritti in tempi recenti e questo in relazione a passaggio di condizione del protagonista. Ne “Il vecchio barone inglese” questa avviene nello spazio di circa metà romanzo, invece che in poche pagine quando non in poche righe come nelle storie moderne.

Un’altra caratteristica che distingue storie scritte nei secoli precedenti è il continuo riferimento alla provvidenza e alla virtù. Non per caso, credo, inizialmente il titolo del romanzo era “The Champion of Virtue” (fonte Wikipedia): secondo me era più aderente al senso dell’attuale, anche se il vecchio barone è in effetti uno dei protagonisti. Infatti il testo è pervaso da concetti (o messaggi, forse) come: Edmund è virtuoso e tali sono anche coloro che gli vogliono bene; la virtù viene premiata; la provvidenza ha i suoi tempi e suoi modi ma alla fine la giustizia trionfa… temi che nei romanzi attuali non si trovano mai o quasi.

Dunque “Il vecchio barone inglese” è una storia d’altri tempi in tutti i sensi, per il periodo in cui è ambientata e per il modo in cui è scritta; vi ho trovato poche descrizioni sia di luoghi che di personaggi, mentre molte degli stati d’animo e delle emozioni.

Qualche esempio (ebbene sì, ci sono molte lacrime e commozione, Edmund piange diverse volte per gratitudine):

Edmund diede sfogo alle sue emozioni in un’estasi di gioia e di gratitudine.

Come si fu allontanata, le emozioni di Edmund, a lungo trattenute, proruppero in lacrime e in esclamazioni. Si inginocchiò e, giungendo le mani, rese grazie al cielo per la rivelazione.

Le lacrime di Edmund testimoniarono che si trattava della verità; fu obbligato a coprirsi il viso. Poi levò al cielo le mani giunte e rimase in preda a una forte emozione durante tutta questa parte del racconto.

Edmund si inginocchiò, prese la mano del barone e se la premette alle labbra: «Fiore degli uomini, dei genitori e dei benefattori!» disse. «Per voi sarò sempre un figlio, che io abbia o meno l’onore di esserlo legalmente; nessuno dei vostri veri figli può provare un sentimento di amore e rispetto più forte del mio».

E non va dimenticato il fantasma, che c’è davvero nell’ala disabitata del castello: è proprio a causa o per meglio dire grazie a lui che Edmund scopre il segreto che lo riguarda.

Sinossi

Nell’Inghilterra di Enrico VI, Sir Philip Harclay, rientrato in patria dopo una lunga assenza, parte per il castello dei Lovel nel tentativo di scoprire che cosa sia accaduto al suo caro amico Lord Lovel, che da diversi anni ha smesso di rispondere alle sue lettere. Giunto sul posto, apprende non soltanto che l’amico ha perso la vita nella spedizione militare contro i ribelli del Galles al seguito del re, ma che Lady Lovel, in attesa di un figlio, si è lasciata morire dal dolore alla notizia. Titolo e proprietà dell’amico sono stati ereditati da un cugino che, dopo avervi vissuto per un breve lasso di tempo, si è disfatto del castello vendendolo al cognato, il barone Fitz-Owen. Nel suo soggiorno presso la magione Sir Philip fa la conoscenza di Edmund Twyford, il figlio di un contadino che il barone Fitz-Owen ha preso stabilmente in casa, facendogli impartire la stessa istruzione dei figli. Edmund è un giovane di bell’aspetto, intelligente, brillante e imbattibile nel tiro con l’arco e nel maneggiare la spada. Inizialmente benvoluto dall’intera famiglia, Edmund cade presto in disgrazia a causa dell’invidia covata dai parenti del suo benefattore. Resosi conto dell’astio ingiustificato che i suoi parenti nutrono per Edmund, il vecchio barone propone che il ragazzo dimostri il proprio valore dormendo per tre notti in un’ala abbandonata del castello, dismessa da anni e sicuramente infestata dai fantasmi. Si vocifera, infatti, che chiunque metta piede in quelle stanze resti terrorizzato da misteriosi rumori e da strane apparizioni. Edmund rifiuta di credere a quelle che considera solo sciocche leggende e accetta la sfida, inconsapevole che, proprio in quelle stanze, si imbatterà in un terribile segreto. Un segreto che ha a che fare con le sue stesse origini…

Scritto nel 1777, Il vecchio barone inglese ebbe notevole influenza sulla stesura di Frankenstein di Mary Shelley e viene oggi considerato un classico della letteratura gotica.

L’autrice

(dalla quarta di copertina e da Wikipedia)

Clara Reeve (Ipswich, 23 gennaio 1729 – Ipswich, 3 dicembre 1807) è stata una scrittrice inglese, una degli otto figli del reverendo William Reeve. Ha pubblicato almeno 24 volumi in 33 anni di carriera come autrice; cinque di questi erano romanzi ma è conosciuta principalmente per il romanzo gotico Il vecchio barone inglese. Tra le sue altre opere figurano il romanzo epistolare The School for Widows (1791), e la sua innovativa storia del romanzo, The Progress of Romance (1785).

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Published on October 23, 2021 22:09

October 21, 2021

Emily * Capitolo otto – seconda parte

Titubante, Emily seguì la governante per raggiungere il salotto, dove l’attendeva Mr Wood. L’occhiata di apprezzamento che le rivolse le suscitò un’inattesa soddisfazione ma riuscì a malapena a rispondere al suo saluto. Lui le offrì il braccio per condurla in sala da pranzo.

Durante la cena parlarono poco e solo di argomenti impersonali, anche per la presenza del cameriere. Quando si accomodarono in salotto, finito di mangiare, lui si versò del porto.

«Ne volete?» le chiese.

Emily rifiutò con un cenno del capo, anche se forse bere un sorso di quel vino liquoroso le avrebbe infuso il coraggio necessario per affrontare la conversazione che l’attendeva. La presenza di Mr Wood l’aveva di nuovo confusa e non era più sicura di voler mantenere la risoluzione maturata poche ore prima in camera, nonostante avesse ben chiari i motivi che gliel’avevano suggerita.

La sua incertezza aumentò quando Wood si accomodò sulla poltrona di fronte al divano su cui si era seduta, il bicchiere in mano e il busto un poco proteso verso di lei.

«So che non avete avuto molto tempo per riflettere» esordì con tono di voce pacato «ma è necessario che sappia se ritenete il nostro matrimonio possibile. Non possiamo ignorare che per qualche altro mese Mr Davies è il vostro tutore e questo, nel caso in cui non voleste sposarmi, mi pone due problemi.»

Lei rimase lo guardò con aria interrogativa e Wood le spiegò: «Se si venisse a sapere che siete sotto il mio tetto senza uno chaperon la vostra reputazione sarebbe rovinata.»

Emily annuì, era vero, non poteva eludere certe regole fondamentali, anche se riteneva che nella sua situazione non fossero poi così importanti. «E l’altro problema?» chiese.

«Intendo proteggervi da vostro zio e se non posso farlo come marito devo trovare in fretta un altro modo che però, come ho detto, vi metta al riparo da ogni illazione e pettegolezzo.»

«Capisco.»

Emily era sorpresa e incredula: quell’uomo che quasi non la conosceva e da cui era fuggita le aveva appena assicurato che, in ogni caso, si sarebbe preso cura di lei. Era molto più di quanto chiunque avesse fatto, compresi i suoi genitori, per i quali allevarla era stato soprattutto un dovere da compiere seguendo determinati principi. Aveva sbagliato nel giudicare Mr Wood un orco. Certo, non era nemmeno un principe azzurro: le aveva parlato di protezione, non di sentimenti. Ma mentre la ragione le diceva che quelle promesse erano molto più concrete e importanti dell’amore che aveva sognato prima di William, al cuore non bastavano.

Lui si alzò e le sedette accanto; le prese una mano chiudendola fra le sue e carezzandole lievemente il polso con il pollice, dicendo con dolcezza: «Vedete, Emily, sarebbe tutto più semplice se diventaste mia moglie.»

Lei fu percorsa da un brivido e desiderò potersi abbandonare alle sensazioni che le suscitavano la vicinanza e il tocco di Mr Wood. Erano la promessa di qualcosa. Qualcosa di più forte, di più bello, di più intenso. Qualcosa che solo con lui avrebbe potuto assaporare. Fra i loro occhi passò come un dialogo silenzioso ed Emily intuì che anche lui era turbato, il suo sguardo era carezzevole e intenso.

«Sposatemi» la invitò, la voce calda e appena roca. Le sfiorò con le lebbra il dorso della mano, senza smettere di guardarla.

Emily sentì un’ondata di calore irradiarsi dal punto in cui la bocca di lui si era posata sulla sua pelle e, mentre il rossore le saliva alle guance, mormorò: «Sì, vi sposerò, Mr Wood.»

Lui soffocò un sospiro di sollievo: «Thomas. È il mio nome e mi piacerebbe che lo usaste.»

Dopo un istante le baciò ancora la mano, poi la lasciò, riprendendo un atteggiamento composto e parlandole con la consueta cortesia distaccata, tanto che la giovane si chiese se non avesse frainteso tutto, pochi istanti prima.

«Come avete capito è opportuno che il matrimonio venga celebrato entro pochi giorni» le disse. «Mi sono procurato una licenza speciale poche settimane fa, perciò non abbiamo alcun motivo di aspettare.»

«Così presto?» balbettò lei.

«Prima sarete mia moglie e prima sarete al sicuro da Davies.»

«Va bene» disse piano Emily, che per qualche istante aveva scordato che quel matrimonio aveva lo scopo di sottrarla alla tutela dello zio.

Lui aggiunse: «Ci sposeremo nel Hertfordshire con una cerimonia intima, se siete d’accordo.»

Lei annuì, titubante. Stava accadendo tutto così in fretta.

«Sono stanca» mormorò. «Adesso vorrei ritirarmi.»

«Naturalmente, è stata una lunga giornata, per voi. Penseremo domattina a ciò di cui avrete bisogno.»

Emily annuì e si alzò. Lui fece altrettanto poi le posò con delicatezza le labbra sulla fronte: «Buonanotte, Emily.»

«Buonanotte, Thomas» gli rispose, sempre più confusa.

Poco dopo la giovane era di nuovo sola nella sua stanza e si chiedeva se avesse male interpretato i gesti e gli sguardi di Mr Wood. La sensazione che anche lui fosse attratto da lei l’aveva convinta ad accettare la sua proposta, anche se forse l’avrebbe fatto comunque. Non era più sicura di niente, ma sapeva che non aveva paura di lui e che il proprio cuore, immemore della delusione provata a causa di William, era pronto ad abbandonarsi all’affetto per l’uomo che sarebbe diventato suo marito. La cosa la spaventava perché aveva paura di soffrire ancora ma nello stesso tempo le pareva che la prospettiva di un rapporto poco più che formale fosse ben più misera.

Aveva deciso il suo destino in pochi minuti e poteva solo sperare di non aver commesso un errore.

Si coricò tormentata dai dubbi ma la stanchezza ancora una volta le regalò un sonno profondo.

Passato in biblioteca, Wood si versò di nuovo da bere, stavolta un brandy. Alzò il bicchiere in una sorta di brindisi a Miss Harrison, Emily, che lo aveva stupito piacevolmente acconsentendo al matrimonio senza troppe esitazioni: un bel passo avanti dal momento che poche settimane prima era fuggita per non sposarlo. Evidentemente era bastato che le parlasse e le spiegasse la situazione per convincerla a diventare sua moglie. Questo lo incoraggiava a sperare di non dover mantenere la promessa di rispettarla che le aveva fatto, promessa di cui era pentito e che del resto era inutile, perché non l’avrebbe comunque costretta a qualcosa che non volesse anche lei.

Quando la giovane aveva pronunciato il suo nome nel salutarlo si era limitato a darle un casto bacio, ma per un istante aveva immaginato di condurla in camera e farla sua, senza aspettare la prima notte di nozze. Ogni volta che le era vicino sentiva il desiderio di lei salire come una marea e imporsi un comportamento distaccato e galante fingendo indifferenza gli costava sempre di più. Qualche settimana prima aveva pensato davvero di sposarla soprattutto per proteggerla da Davies, ma le cose erano cambiate e l’attrazione che provava per lei diveniva sempre più intensa, come il fastidio che lo pervadeva ogni volta che gli tornava alla mente il nome di Marshall, anche se lei aveva affermato di non tenere più al giovanotto. Non poteva essere geloso di lui.

Oppure sì?

Il pensiero lo sorprese a tradimento. Riempì di nuovo il bicchiere senza però portarlo alle labbra e lo fissò senza vederlo. Si stava dunque innamorando della ragazza? Strinse le dita intorno al cristallo all’idea di quella complicazione inattesa e inopportuna. Era ancora in tempo per contrastare quel sentimento nascente? E in che modo avrebbe potuto riuscirci?

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Published on October 21, 2021 09:50

October 11, 2021

Emily * Capitolo otto – prima parte

La governante fece portare in camera un vassoio colmo di cose appetitose e questa volta Emily non rifiutò di servirsi. Mrs Plenderer approvò il suo appetito e si congedò soddisfatta.

Finita la colazione la giovane guardò il braccialetto, stupita che l’idea di considerarsi fidanzata a Mr Wood non le paresse più così terribile, anzi. Lo aveva creduto un orco, ma si era sbagliata, era invece la prima persona che la trattava con gentilezza e premura e lei non era più tanto impaziente di lasciare la sua casa.

Ripensando alla strana emozione che la coglieva quando i loro corpi, si chiese perché quel contatto le suscitasse una sensazione tanto intensa. La risposta a un tratto le parve ovvia: era attratta da Mr Wood, più di quanto lo fosse mai stata da William. Avrebbe dovuto capirlo subito. Arrossì, turbata da quella consapevolezza.

Lui non doveva saperlo, però, perché per quanto fosse cortese e volesse aiutarla non era interessato veramente a lei, altrimenti non le avrebbe promesso che non avrebbero consumato subito il matrimonio: per quanto fosse inesperta sapeva che per gli uomini il rapporto fisico era molto importante. L’ironia della sorte era dunque che, nel momento in cui la proposta di matrimonio le pareva sempre più allettante, si trovava a doverla declinare. Non poteva sposare un uomo a cui era indifferente, mentre lei già si sentiva attratta da lui; non voleva soffrire e ancora meno correre il rischio che l’attrazione si trasformasse in un sentimento non ricambiato.

Mr Wood si era detto convinto che avrebbero instaurato un rapporto soddisfacente. E le aveva parlato di denaro, case e viaggi, come se fossero gli unici aspetti importanti. E certo aveva ragione, in un matrimonio di convenienza era così. Solo che quanto aveva appena scoperto cambiava tutto e non poteva più accontentarsi di quello, non con lui.

Immersa in quelle riflessioni si accorse di essersi assopita sulla poltrona solo quando, a un tratto, un bussare discreto la fece sobbalzare.

Era Mrs Plenderer, seguita da un valletto che portava un baule. La governante indicò al giovanotto dove posarlo poi lo congedò, prima di rivolgersi a Emily: «Miss Harrison, questi sono alcuni dei vostri abiti che Mr Wood ha fatto portare da Dacres Hall. Così potrete cambiarvi per scendere a cena.»

«I miei abiti?»

«Quelli che avete ordinato a Mrs Dixon

Emily annuì, cercando di non mostrarsi stupita, e l’altra aggiunse: «Immagino che desideriate fare un bagno. Vi farò portare il necessario e vi aiuterò a vestirvi.»

La ragazza stava per rispondere che era abituata a fare da sola ma nel vedere gli abiti tirati fuori dal baule da Mrs Plenderer tacque perché i bottoncini per chiuderli erano dietro e lei non avrebbe potuto agganciarli da sé. La governante li appoggiò tutti sul letto, con i rispettivi accessori, poi ne lasciò solo uno, riponendo gli altri nell’armadio. Emily seguì i suoi gesti con sollievo perché non avrebbe saputo quale fosse opportuno scegliere.

Quasi un’ora dopo era pronta per la cena: indossava un vestito azzurro chiaro, semplice ma raffinato; il nastro sotto il seno era di una tonalità più scura, come la balza sopra l’orlo, su cui erano ricamati piccoli fregi floreali in celeste pallido. Mrs Plenderer le aveva anche acconciato i capelli con grazia ed Emily stentava a credere che la figura elegante riflessa nello specchio fosse proprio la sua.

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Published on October 11, 2021 14:52

September 27, 2021

Emily * Capitolo sette – sesta parte

«Dunque adesso la questione è solo fra voi e me» disse allora Wood, con una nota di sollievo nella voce.

«Quale questione?»

«La mia proposta di matrimonio. Dovete ancora scegliere se accettarla o rifiutarla. Come vi ho detto non vi obbligherò in nome dell’accordo che avevo stretto con vostro zio.»

«Non suona molto convincente dopo che mi avete trattenuta in casa vostra mentre vi avevo chiesto di farmi uscire per andare al lavoro.»

«Non vi ho costretta a rimanere, vi ho semplicemente convinta.»

«Con la scusa che mio zio potrebbe trovarmi.»

«Non è una scusa e lo sapete.»

«Ne ha eccome. Non sopporto le persone come Davies e Cox e sarei felice di impedire loro di nuocervi. E, come vi ho detto, sareste la moglie ideale per un vagabondo come me: siete giovane e non avete legami familiari, perciò vivere lontana dall’Inghilterra per mesi non dovrebbe essere un sacrificio per voi.»

Emily sospirò senza ribattere.

«Dal nostro matrimonio otterrete solo dei vantaggi» disse ancora lui.

«Ne parlate come di un affare.»

«Non lo è forse?»

«Quello che dite è orribile» esclamò Emily.

«Perché? Dovete sapere cosa posso offrirvi, prima di prendere la vostra decisione. Oltre a Dacres Hall ho un’altra residenza in Inghilterra e una vasta tenuta in India. Sarete ricca e viaggerete insieme a me.»

Lei scosse appena il capo: «Perché volete sposarmi?»

«Il mio istinto mi suggerisce che sareste una moglie adatta a me» rispose Wood come se fosse ovvio ed Emily lo fissò stupita, obiettando: «Avete appena detto che il matrimonio è come un affare e ora parlate di istinto?»

«È seguendo le mie intuizioni che mi capita di fare gli investimenti migliori; le vostre azioni mi hanno rivelato molto del vostro carattere e sono convinto che una nostra unione sarebbe soddisfacente per tutti e due» le spiegò fissandola con intensità, consapevole di quanto apparisse fredda la propria dichiarazione. Non voleva parlare di desiderio e attrazione, temendo di spaventare la ragazza.

«Inoltre il matrimonio vi metterebbe al sicuro da vostro zio e da chiunque altro volesse farvi del male» aggiunse.

«Non posso sposarvi solo per questo» replicò Emily. «E nemmeno voi potete. Non ha senso.»

Lusingata per l’interesse che lui le dimostrava ma anche un poco imbarazzata, Emily si alzò di scatto, dirigendosi verso la finestra più lontana, riflettendo in silenzio. Era vero, se avesse sposato Mr Wood lo zio non avrebbe più potuto farle niente. E anche in quel momento, in quella casa, pure se non del tutto convinta, si sentiva protetta. Ma era un rischio affidare la sua vita a un uomo che conosceva appena. Certo lui si stava dimostrando paziente e cortese e non le aveva rimproverato niente, né la fuga né l’amicizia per William. Ma sarebbe stato sempre così comprensivo? O avrebbe diretto la sua vita senza tener conto della sua volontà?

«Se non vi importa più niente di Marshall cosa vi trattiene dall’accettare la mia proposta?» insistette Wood.

Emily esitò: «Non so niente di voi.»

«Come vi ho detto sono ricco e viaggio molto, e vi chiederò di venire con me. A parte questo, vi assicuro che non pretenderò di imporvi i miei gusti e le mie scelte, sarete molto più libera che con un altro uomo.»

Emily pensò anche che un matrimonio di convenienza l’avrebbe tenuta al riparo da delusioni come quella causata da William. Era davvero tentata di accettare. Ma quando Mr Wood fosse stato suo marito avrebbero dovuto condividere il letto e l’idea la spaventava. Aveva immaginato di farlo con William perché credeva di amarlo e di essere ricambiata, ma con l’uomo che aveva davanti era tutto così diverso… Arrossì a quei pensieri e quando la voce di lui la riscosse le sue guance si imporporarono ancora di più perché pareva che – di nuovo – le avesse letto nella mente: «Non dovete temere i rapporti coniugali. Se lo desidererete aspetteremo di conoscerci meglio prima di consumare il matrimonio.»

L’affermazione rassicurò Emily ma le provocò anche una fitta di delusione su cui non ebbe modo di soffermare l’attenzione perché Wood si mosse verso una delle librerie alle sue spalle e, aprendo un cassetto, estrasse un’elegante piccola scatola che le porse: «L’ho preso per voi pochi giorni fa.»

Lei, istintivamente, allungò la mano per ritrarla subito dopo, scuotendo il capo: «Non posso accettare un regalo da voi.»

«Potete, invece. Fino a che non rifiuterete la mia proposta siete ancora la mia fidanzata» replicò lui alzando il coperchio e mostrandole il contenuto: un braccialetto di perle con uno smeraldo sulla chiusura, raffinato e sobrio. Non fu la preziosità dell’oggetto, quanto il fatto che lui avesse pensato a portarle un dono, a indurre Emily, dopo un’ultima esitazione, ad allungare il braccio perché Wood le agganciasse il gioiello al polso, consapevole del significato del proprio gesto. Le sue dita le sfiorarono la pelle e lei rabbrividì a quel contatto; subito dopo un fremito caldo le salì nel ventre e poi più su mentre le sue guance si coloravano di rosa. Guardò il bracciale e poi, abbassando la mano, lui. Le sorrideva appena, con un’espressione impenetrabile su viso.

«Grazie» gli disse piano.

«A voi, Emily.»

Era la prima volta che la chiamava per nome e lei sentì di nuovo quello strano ma piacevole calore salirle dentro. Confusa, mormorò: «Vorrei stare un po’ da sola, adesso.»

Mr Wood annuì e suonò per chiamare Mrs Plenderer a cui chiese di accompagnare Emily in camera. Seguì con lo sguardo la giovane allontanarsi, certo che avrebbe accettato di sposarlo: non sembrava più tanto ostile e aveva ben compreso il pericolo rappresentato da Davies. Forse ancora non si fidava del tutto di lui ma gli aveva creduto per quanto riguardava lo zio e quel Marshall.

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Published on September 27, 2021 15:39

September 19, 2021

Prossime letture #17 * romanzi di Agatha Christie

Nuovi propositi di lettura per le prossime settimane, limitatamente ai romanzi delle Regina del giallo, mentre sto leggendo “Hercule Poirot indaga”.

La parola alla difesa (1939-40)

Alla deriva (1948)

Dopo le esequie (1953)

In tutti e tre i romanzi è Hercule Poirot a indagare.

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Published on September 19, 2021 10:41

September 16, 2021

Emily * Capitolo sette – quinta parte

Wood proseguì: «Siete una giovane donna sola e indifesa. E vostro zio una persona senza scrupoli. Mi aveva concesso la vostra mano solo perché la mia proposta gli era sembrata più conveniente e comoda di altri suoi progetti; io ho rispettato la mia parte dell’accordo ma a quanto pare lui, approfittando della vostra fuga, non intende onorare la sua.»

La ragazza scosse il capo, se solo avesse potuto svuotare la mente dai pensieri e timori che l’affollavano… nell’ultimo anno erano successe troppe cose: la morte dei genitori, la solitudine a Sethgrave Park, la delusione causata da William e adesso la rivelazione che lo zio aveva cercato di venderla. E quell’uomo quasi sconosciuto sembrava l’unico a interessarsi della sua sorte. La gentilezza con cui le si rivolgeva la stupiva e non riusciva a cogliervi alcuna nota falsa. Avrebbe tanto voluto credergli ma come poteva correre quel rischio dopo che le due persone che avrebbero dovuto esserle più vicine, lo zio e William, l’avevano tradita?

«Perché, se davvero volevate aiutarmi, non mi avete parlato delle intenzioni di mio zio?»

«Quando ho capito che i miei sospetti erano fondati c’era poco tempo, Cox era vostro ospite e non avevo idea di quali impegni avesse già preso con Davies, così ho pensato che fosse meglio spiegarvi ogni cosa al mio ritorno da Londra e dopo la cerimonia.»

Lei rimase in silenzio, riflettendo su quella spiegazione. Era plausibile che Mr Wood volesse sposarla per difenderla da Mr Cox? Forse, ma non ne comprendeva il motivo, si conoscevano appena. Prima che potesse chiederglielo lui ruppe il silenzio: «Ditemi qualcosa di Mr Marshall, adesso.»

Emily sobbalzò nell’udire quel nome.

«Cosa sapete di lui?» chiese sorpresa e allarmata.

«Davies pensava che foste fuggiti insieme.»

Emily fu sfiorata dal dubbio che fosse stato Mr Wood a costringere William ad abbandonarla ma solo per un momento, perché se il giovane l’avesse davvero amata niente avrebbe potuto dividerli.

«Cosa gli avete fatto?» domandò comunque.

«Vostro zio lo ha pagato perché se ne andasse, ovviamente senza di voi. Condizione che a quanto pare lui ha accettato.»

«Non vi credo» mormorò lei anche se era il contrario, solo che ammetterlo le costava troppo.

«Penso che Mr Davies non mi abbia mentito su questo punto. Se fossi in voi non mi cruccerei per Mr Marshall, certo non teneva a sufficienza alla vostra amicizia» ribatté lui, contrariato perché lei stava difendendo quel giovanotto che non lo meritava.

«Mentre voi sì?» replicò Emily.

«Abbastanza da sottrarvi ai vostri rapitori, ricordate?»

«Potreste essere stato d’accordo con loro e aver finto di liberarmi perché mi fidassi di voi.»

Lui sorrise ed Emily scoprì che i suoi occhi chiari non erano così freddi come le era sembrato fino ad allora. Le parve perfino di scorgervi qualcosa di simile alla tenerezza.

«Vorrei che vi fidaste di me, sì. Ma non certo perché vi ho ingannata, sarebbe un controsenso, non vi pare?»

Sembrava quasi divertito all’idea e lei si sentì sempre più propensa a credergli. Certo se avesse voluto farle del male ne avrebbe avuto tempo e modo.

Tornato serio, Wood le chiese a bruciapelo: «Siete ancora innamorata di Marshall?»

«Perché dovrei rispondervi?» I suoi sentimenti per William erano svaniti e forse non erano mai stati molti profondi, ma protestò per l’indiscrezione della domanda.

«Forse perché siete ancora fidanzata con me, anche se non per vostra scelta.»

Emily decise che non aveva senso tacergli la verità e poi ammetterla con qualcun altro sarebbe stata una liberazione: «Non provo più niente per Mr Marshall» mormorò.

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Published on September 16, 2021 15:01