Iaia Guardo's Blog, page 62
December 10, 2017
U Cucciddatu o Buccellato. Sulle tavole di Natale siciliane
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Il buccellato in Trinacria nel periodo natalizio non può mai mancare e sulle tavole che odorano di festa è uno dei protagonisti indiscussi. Ricorda moltissimi dolci regionali del periodo perché contenitore di frutta secca e meraviglie. Una vera bontà che rievoca i ricordi indimenticabili di infanzia fatti di tavolate, cugini urlanti, regali, zii, tavoli con gli uomini che giocano a briscola e le donne che chiacchierano. Le tombole con la bisnonna che non sente bene il numero e tutta la ricapitolazione di quelli usciti per i più distratti. È in quei momenti che molte parti caratteriali vengono fuori: il distratto, l’adolescente, il precisino e l’annoiato. Il Natale in fondo è uguale per tutti e nonostante il simpatico sarcasmo che si fa tra le tavole del nord e quelle del sud -io per prima per ovvie ragioni lo faccio- la verità credo stia proprio nell’unicità e al contempo nella profonda similitudine. Nei dolci stessi ci sono delle varianti certamente, come è giusto che sia, ma gira che ti rigira gli ingredienti sono quelli quanto i sapori. Il buccellato ricorda molto anche un dolce calabrese che la nonna preparava sempre insieme ai turdilli. È stata la prima volta per me, confesso. Nel palermitano credo sia un must assoluto, al contrario che nel catanese. C’è ma qualora non dovesse esserci non sarebbe un problema. Lo sarebbe nel caso in cui non ci fossero le crispelle (con la I) e le scacciate. Non arriverò a preparare le crispelle (con la I, sì) neanche quest’anno. Non ne sono sicura ma un dubbio prende spazio sempre più nella mia mente; qualora dovessi smentirmi questa cosa della E e della I va chiarita per sempre. È importantissimo! Come la questione della scaccia ragusana vs scacciata catanese e molte prelibatezze -tipo lo sfincione- che si differenziano da provincia a provincia. Quest’ultimo è salato a Palermo e dolce a Catania. Neanche la forma è uguale, giusto per dirla tutta.
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Il Nippotorinese mi ha regalato questo libro, molto raffinato ed elegante, di Italian Gourmet. Non appena finiremo questo tour de force delle meraviglie sicuramente te ne parlerò. Il pasticcere è il famoso Palazzolo. Ed è lui che firma questa meravigliosa ricetta. Il buccellato deriva dal latino e significa sbocconcellato. Un impasto di frolla molto sottile farcita in modo regale e corposa con uva passa, mandorle, scorze di arancia, fichi e altri tesori gustativi che portano, come dicevo, dentro di essi la magia del Natale. Ho preparato questo buccellato diverse settimane fa e ti dico subito che sono stata minacciata qualora non lo ripresentassi a Natale. Il dramma è che la lista del mio menu è talmente lunga che pare il primo cantico della Divina Commedia. È incredibile come ogni anno mi ripeta di non esagerare e alla fine esponenzialmente aumenti sempre più. Di anno in anno per l’appunto. Dovrò fare una sorta di decluttering; uso il termine perché va molto di moda. Giusto per farmi sentire sul pezzo, insomma. Ma come si fa? Come posso eliminare le sarde a beccafico? E come posso eliminare il filetto allo Wellington? Perché sì avrei deciso di fare sia carne che pesce; perché una parte della mia famiglia non mangia carne alla vigilia e un’altra parte (anche quella nordica) è abituata al contrario alla carne e la gradirebbe maggiormente. Dai: come si fa a fare decluttering? Sarei il disonore della famiglia e nonna non penserebbe che sono sua degna erede di esagerazione (fosse per lei ci sarebbero minimo quattro animali di specie diversa fritta solo come antipasto). L’idea del Natale veg è fallita miseramente quando mamma mi ha guardato con gli occhi che dicevano esattamente:
“Figlia mia ti disconosco”.
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Mamma ha detto che le crispelle con le acciughe e quelle con la ricotta, la scacciata con patate e salsiccia, cavolfiore e salsiccia e broccoli e salsiccia (tutte leggere insomma) DEVONO esserci altrimenti che Natale è? Ah. E immancabile pure il baccalà fritto. Già solo questo ci manderebbe tutti al Garibaldi (ospedale di Catania, of course) penserai tu. Ti stupirò dicendoti che no. Stanno tutti benissimo e verso l’una c’è anche chi comincia a ridacchiare e ipotizzare la spaghettata di mezzanotte o la scacciata riscaldata con due crispelle da inzuppare nel mascarpone del panettone. Quindi decluttering sì ma come direbbe nonna “mica dobbiamo morire di fame!” (regia, per favore il 118 grazie).
Ecco. Io devo fare pure il buccellato e della lista dei dolci neanche ti racconto altrimenti non mi credi. Il dramma è che.
È drammaticamente tutto vero. Però ecco, se vuoi ne parliamo dei dolci, eh. Oggi parliamo del buccellato però. Ti dico come l’ho fatto e se lo provi ti prego fammelo sapere (magari ci ricoverano insieme al reparto. Sarebbe molto bello, a ben pensarci).
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Ti lascio la ricetta del maestro però mi permetto di dirti che la frolla è molto complessa da realizzare quindi qualora ne volessi fare una tua di fiducia, che sai rendere al meglio, procedi pure senza problemi perché verrà buonissimo lo stesso.
La Ricetta
Composizione: Pasta frolla e Farcitura alla frutta
Per la pasta frolla: 213 gr di burro, 176 gr di zucchero a velo, 75 gr di uova intere, 16 gr di miele, 481 gr di farina W 130, 32 gr di tuorlo, 3 gr di pasta di arancia candita, 2 gr di pasta di limone candito, 1 gr di sale, 1 gr di ammonio di bicarbonato.
Finitura: gelatina neutra, arance e ciliegie candita e granella al pistacchio.
Per la farcitura alla frutta: 455 gr di fichi secchi, 90 gr di uva passa di pantelleria, 90 gr gherigli di noci, 60 gr di mandorle d’Avola sgusciate e tostate, 90 gr di confettura di albicocche, 125 gr di purea di zucca candita, 32 gr di vino marsala fine, 30 gr di cioccolato fondente in scaglie, 7 gr di alcolato al maraschino, 7 gr di alcolato all’arancia (puoi omettere come ho fatto io entrambi gli alcolati ed eventualmente allungare con poco latte), 4 gr di cacao, 1 gr di noce moscata in polvere, 1 gr di pepe nero in polvere, 1 gr di cannella in polvere, 1 gr di chiodi di garofano in polvere, una scorza di arancia grattugiata.
Impasta tutti gli ingredienti della pasta frolla a esclusione della farina che andrà aggiunta solo quando tutti gli altri saranno amalgamati bene. Lavora quindi il tempo necessario all’assorbimento poi stendi l’impasto su teglia e copri con pellicola. Conserva in frigorifero una notte intera.
Adesso proseguiamo alla farcitura. In una impastatrice a forcella miscela tutti gli ingredienti. Travasa quindi l’impasto ottenuto in un contenitore di policarbonato, copri con pellicola poi con un coperchio e fai maturare per 48 ore in modo che tutti i profumi si esaltino al meglio.
Adesso stendi la pasta frolla formando un rettangolo con spessore di circa un centimetro. Con la farcitura realizza un rotolo e appoggialo al centro del rettangolo. Spennella con acqua il bordo della pasta frolla dal lato lungo, richiudi sulla farcitura e arrotola bene. Con l’aiuto di due forchette, pizzica la pasta creando il tradizionale effetto pizzicato o beccatura. Cuoci in forno ventilato a 180 fino a doratura. Fai raffreddare e lucida con gelatina neutra. Decora con gli spicchi di arance candite, le ciliegie e la granella di pistacchio.
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December 9, 2017
Il mito della colazione a letto e un’idea che ti stupirà
[image error]Le molliche tra le lenzuola, il tempo “perso” a prepararla, il mito romantico che ci sta dietro e l’impossibilità di applicarlo alla realtà. Lo so. Lo pensavo pure io e detto da una che detesta fare colazione -pur professando a tutti i venti di farla- è proprio il colmo. Quando su RunLovers ticchetto almeno due volte al mese dell’importanza della colazione mi sento in colpa. Perché io che a stento riesco a buttar giù un caffè comincio con quella paternale antipatica che proprio non è da me. Sarà, come dico spesso, che il mio subconscio tenta di mandarmi dei segnali. Anche non troppo velati.
Solo che la colazione a letto ha davvero un altro sapore. Se avessi la possibilità di farla così ogni giorno (regia, le risate registrate grazie!) allora sì che farei poche storie e butterei giù chilate di bontà. Se questo rimane e rimarrà un sogno per me -e suppongo pure per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale e aliena- rimane il fatto che con il periodo festivo noi ce la meritiamo eccome questa coccola! Quindi carichi di ottimismo dobbiamo assolutamente credere che sia un nostro diritto inalienabile natalizio e che almeno in questi giorni, week end, ferie, ponti o qualsivoglia momento libero possiamo organizzarci eccome una bella colazione indimenticabile. Poco importa se soli o in compagnia perché la parola d’ordine è sempre la stessa: esistiamo anche noi. Possiamo fare delle cose anche per noi. Trattarci bene con un bel tovagliolo, prendere il servizio buono e non fargli prendere la polvere nella madia e autoregalarci pure un fiorellino.
Tra l’altro qualche settimana fa ho pure acquistato un libro ad hoc che potrebbe fare al nostro caso, ovvero per convincerci definitivamente: Colazioni a letto dello chef Andrea Golino di Giunti editore. Spero di potertene parlare presto perché propone deliziose brioche, frolle, shortbread e altre prelibatezze. Oggi però io volevo soffermarmi più che altro sulla velocità perché nell’opera di convincimento -mio e tuo- se mi metto a parlare di ricette leggermente complicate perdiamo in partenza, abbandoniamo e ci dirigiamo verso la macchinetta del caffè. Che ora con le capsule neanche la lentezza e il piacere della caffettiera. Nel mio caso è un bene, considerato che potrei farla esplodere essendo la nemica giurata di tutte le caffettiere, ma andiamo avanti.
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Tofu strapazzato, sì. Te ne ho parlato diverse volte e pure quando ho elogiato il tortino più buono del mondo (ok, sto esagerando ma se non lo hai provato faticherai a credermi. Comprensibile ma. Ma dovresti provarlo, dico sul serio).
Coccolati
Vorrei che facessimo proprio una scommessa. Ci stai? Dobbiamo solo provarci. Anche fosse un uovo alla coque semplicemente. Anche solo una spremuta. Anche solo un caffè e un biscottino. Poi magari continuiamo a sognare l’idillio del vassoio, del fiore, della tazza in coordinato e del giornale appena consegnato come nel magico momento fatato dei film americani. Che sta proprio lì dietro la porta insieme al gattino che gira intorno alla bottiglia del latte intero in vetro. Appena munto, esageriamo dai! È Natale!
Ed è pure domenica oggi. E sa quante domeniche abbiamo prima che sia la vigilia? Una. Ti è venuta l’ansia? Bene. Allora ti meriti assolutamente una colazione a letto. Ti ho convinto? (sai che per quanto mi riguarda sto quasi convincendomi e autosfidandomi giurandomi vendetta se non ne riesco a fare almeno tre?)
Prometto che in questi giorni documenterò la colazione a letto (unisciti al clan!) come prova tangibile che credo assolutamente in quello che sto dicendo. Al Torinese preparerò una selezione di formaggi e delle salsicce, perché lui non è tanto da uova strapazzate al mattino (si mantiene leggero quando è in vacanza e ho avuto modo di vederlo “spizzicare” qualcosina, sì) e io morirò felice con tre panetti di tofu strapazzati annaffiati da ettolitri di succo d’arancia, che amo. Fosse anche solo quello bevuto a letto sarebbe già una bella conquista.
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Certo è che se qualcuno arrivasse -alla Downton Abbey- con vassoio, fiore, giornale e piatto ricco appena svegli sarebbe la giusta ricompensa per le fatiche giornaliere ma è anche vero che le magie si possono creare. Perché non farlo?
It’s Happy Hour!
Un bicchiere con scritta motivazionale e un piattino che magari porta con sé dei ricordi. Scegliamo un oggetto per questa colazione che possa in qualche modo farci sentire avvolti dalla magia. Magari possiamo pure mettere da parte tre-quattro cosette come tazze e cucchiaini proprio per questo momento magico che vogliamo sia solo nostro. Io dico che ce la faccio e ce la facciamo, sai?
Perché mai non dovremmo riuscirci?!
Meno quindici e tutto va bene! Ci aspetta pure una colazione a letto ben presto. Cosa desiderare di più? (Nessuno dica: qualcuno che ce la prepari. L’ho pensato pure io ma non dobbiamo farci scoprire. Siamo PROPOSITIVI! E ottimisti!)
(Diventerò il Grinch perché questo ottimismo un giorno si esaurirà, me lo sento)
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Una zuppa/minestrina speciale e i menu di Natale (e pure una tombola!)
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Meno sedici a Natale e come non pensare ai menu? Con te che mi leggi posso parlare liberamente. Penso al menu da così tanto tempo che mi vergogno pure a dirlo (lo sapevo già da inizio novembre ma non dirlo a nessuno). Di base sulla mia tavola ci sono i prodotti gastronomici della tradizione siciliana e quelli di certo non possono mancare. Non voglio raccontarti nello specifico il mio menu perché lo farò in seguito ma chiacchierare più che altro su quanto sia comodo saperlo in anticipo e organizzarsi con qualche sorpresa.
Perché d’accordo la tradizione, sempre e comunque, ma un tocco etnico o innovativo sulle tavole è sempre chic e fa la differenza; anche con la nonna te lo posso assicurare. Certo, la mia è davvero ipermoderna e pronta a tutto. Ha pure detto che la mortadella veggie non era poi così male. Mi ha fatto giurare di non farlo mai più ma già che non mi abbia diseredato e disconosciuto è già tanto per me.
Ho un libretto, trovato in un inserto di una rivista di cucina, vecchiettissimo (mi piace troppo vecchiettissimo. A te?) che parla proprio delle ricette tradizionali delle tavole italiane per Natale. C’è il capitone fritto al limone, le capesante che non possono mai mancare nel nordest, i cannelloni con la zucca e la salvia, il vitello tonnato e il consommé con le crepes. Senza dimenticare i tortellini in brodo, i culingionis al formaggio, l’anara col pien (l’anatra ripiena), la faraona ripiena di salsicce e olive e così via. Più volte ho chiesto sulla mia pagina Facebook quale fosse il menu della vigilia e di Natale e ogni volta ho scoperto delle chicche davvero interessanti; ergo qualora passassi da qui e non mi avessi ancora raccontato la tua tradizione ti invito a farlo perché mi farai molto felice.
Preparare sempre le stesse pietanze, c’è poco da fare, è rassicurante e mette ancor più cemento per i ricordi di sapore, odori e persone ma quel tocco personalissimo contraddistingue chi prepara e per i più curiosi sarà un momento da celebrare ancora di più. La mia famiglia non mangia -alla vigilia- la carne; o meglio gran parte della mia famiglia per motivi religiosi -nonna compresa- la notte della vigilia (ma l’indomani sì) non mangia carne e quindi salta il sogno di fare il filetto alla Wellington o il tacchino ripieno; perché sì mi ero messa in testa di prepararli. Entrambi.
Festeggiando nel salone vittoriano di certo sarebbe stato pomposo e adeguato al contesto. Il camino, le poltrone in pelle marrone, i lampadari e la tavola molto sfarzosa ed esagerata richiedono effettivamente questo. Sto disquisendo circa la possibilità di fare anche delle portate di carne per la parte di famiglia che al contrario può mangiarla. Del resto una delle cose che mi piace di più è che il nostro nucleo familiare è molto aperto di vedute. C’è chi non mangia carni rosse, chi come me non mangia nessun tipo di carni, chi non mangia il pesce e così via. Se per qualcuno può sembrare fastidioso e urtante tutto questo, per altri -come me- diventa oltre che una sfida ai fornelli un motivo in più per distinguersi e godere appieno del proprio gusto. C’è forse qualcosa di più sacrosanto e importante, in questo caso, che assecondare il proprio gusto e palato? No. Ed è bellissimo non giudicare il “diverso”.
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La Ricetta
Ho fatto questa zuppetta-minestrina all’interno della Crock Pot. Ho fatto marinare due mele tagliate a tocchetti in olio extra vergine d’oliva con pepe, polvere di chiodi di garofano, sale e curry per qualche ora in frigo. Ho tagliato le patate e la zucca e poi messo tutto insieme nella Crock Pot. Ha cotto a livello basso per 4 ore circa e la cosa che mi è piaciuta di più è stata che la zucca pur rimanendo morbidissima quasi crema è rimasta a tocchetti. Magia della Crock Pot. Te la mostro questa zuppetta/minestrina che non so come chiamare perché è nata all’improvviso con ingredienti che avevo in casa. Intesa come una ricetta svuotafrigo a dirla tutta, è diventata una papabile candidata per la notte di Natale.
Credo che si possa fare anche un ottimo chutney con questi ingredienti, ma in quel credo c’è una certezza che vedrai presto perché ne ho fatti, e molti, di deliziosi barattoli che contengono spezie mediorientali e che ti fanno viaggiare mentre intingi verdure e qualsivoglia meraviglia.
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La Tombola!
Si parte oggi con le tombole! Ogni giorno controlla perché saranno a sorpresa fino al sei Gennaio! E molte volte non lo scriverò neanche sul titolo. Saranno a fondo post, quindi è meglio sempre dare una sbirciatina. Ti ricordo che fino al 25 Dicembre ci sarà una ricetta al giorno. Poi se sopravvivo a questo Natale -dico tutti gli anni così e poi purtroppo ce la faccio- continuerò a oltranza almeno per tutte le feste, ma a prescindere dalle ricette le tombolate ci saranno eccome!
Il premio di oggi è una Crock Pot!
Ne ho scelto una piccola da 2,4 lt così se hai prolemi di spazio non ci saranno problemi; ma ti assicuro che puoi cucinare anche per 4 persone, parlando di contorni. Ho visto il modello, lo conosco ed è davvero molto valido (l’ha preso una mia amica). Vince il numero 60!
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Come funziona la tombola?
Lasci quanti più commenti vuoi. L’importante è che non siano più di tre di fila, altrimenti giochi solo e il bello dov’è? Qualora ci fossero più di tre commenti da parte dello stesso utente, vince il commento successivo. Se non hai mai commentato e mi leggi silenziosamente non porti il problema del tipo “non partecipo perché altrimenti pensa che sia solo per il regalo etc etc”, perché vedo i numeri, so che ci sei e non pretendo niente. Magari questa è una buona scusa per conoscerci e soprattutto per ringraziarti dell’affetto. Comprerò i premi su Amazon, perché nelle passate edizioni ci sono stati diversi problemi visto che spedivo personalmente e con la vita impegnativa e frenetica che faccio ho fatto molta confusione, e di questo mi dispiace. Per questo motivo una volta proclamata la vittoria (lo farò nel post stesso all’interno dei commenti) aspetto la tua mail a info@maghetta.it con il titolo “CRETINA HO VINTO LA TOMBOLA” (ti prego fallo altrimenti ti perdo tra le varie mail), e indirizzo a quale spedire. Provvederò immediatamente all’acquisto e spedizione.
Non è un giveaway, nel senso comune del termine. Non mi sponsorizza nessun brand. Non ho contatti con le aziende. Scelgo quello che mi piace, di cui ho parlato durante l’anno o che semplicemente vorrei far provare a te. I prodotti sono stati acquistati da me e non richiedo nulla ai partecipanti (iscriviti, clicca, fai questo e quello). È una tombola e una chiacchierata tra amici. Non vi è alcun tipo di estrazione perché occorrerebbe un notaio ed è per questo che dirò in anticipo il numero vincitore. In modo che tutto possa essere chiaro e limpido e alla luce (delle luccette di Natale, sì).
Per qualsiasi dubbio scrivimi qui sotto nei commenti. Non parteciperò alle tombole per non creare confusione con il conteggio ma di sicuro qualche chiacchierata ce la faremo. Grazie infinite per essere qui. Vorrei fare un regalo a ognuno di voi ma questo è il mio unico modo. Vi abbraccio forte. Spero di meritare tutto questo, perché siete davvero meravigliosi. Un bacio grande.
December 8, 2017
5 Film che un Foodie non deve mai perdere (soprattutto a Natale!)
Se mi leggi da un po’ sai che in fatto di cinema sono stata definitivamente plagiata dal Nippotorinese ormai tredici anni or sono. Se prima mi facevo andar bene tutto, con lui l’impresa è diventata ardua. Cinefilo d’eccezione (e anche criticone, uff!) ha inequivocabilmente cambiato il mio modo di vedere -e di conseguenza apprezzare- visioni e film. La cosa è strana, sai? Perché io sono una maniaca ossessiva che difficilmente si fa influenzare in determinati ambiti. Ho sempre avuto le idee molto chiare riguardo a quello che mi piacesse o no. E non faccio parte della schiera di donne indecise davanti a una scelta. Scelgo sempre immediatamente e non ho ripensamenti. Se una cosa mi piace accade nel giro di mezzo nano nano secondo. Se non mi piace con il tempo posso per carità ricredermi ma, dai, difficilmente. Ho gusti ben definiti e chiari. Il Nippotorinese come spesso ho raccontato mi ha offerto una visione più vasta per non dire infinita, l’impegno e quel cinema “di nicchia” -odio scomodare il termine ma il preambolo è già sin troppo lungo per quello di cui devo ticchettare oggi- che molto spesso viene visto come solo per intellettualoidi che amano raccontarsi le inquadrature al rallentatore e i piani sequenza. Mi ha fatto innamorate della critica cinematografica e grazie a lui ho conosciuto appassionati e veri geni. Del resto io e il Nippotorinese ci siamo conosciuti proprio in un forum di cinema: Pigrecoemme.
A tal proposito mi permetto di ricordarti che se ti piace il cinema e hai voglia di leggere cose interessanti che non trovi facilmente esiste Slow Film, che è scritto giustappunto dal genio succitato di Giuseppe. Quella che segue è una chiacchierata su film molto leggeri da guardare se sei un appassionato foodie, magari approfittando delle serate natalizie. Perché quindi il noioso preambolo sul cinema impegnato e su come io sia cambiata e blablabla? Per darmi un tono e far credere che blablabla? No. Semplicemente per dire che non sono più abituata alle visioni “commerciali” -sempre per abbrevviare eh- e che non mi emoziono più se non con Wong Kar Wai o Kitano o Kubrick.
Ho dovuto recuperare con Pier (il Nippotorinese sì, perché ogni volta che lo chiamo con il suo nome tutti a dirmi chi è. Mi fa sempre molto ridere) decenni di mancanza culturale cinematografica e una volta fatta la full immersion ho avuto dubbi pure su Pretty Woman. Mai su Dirty Dancing però. Passato del tempo ho cominciato a trovare un equilibrio e capire che non tutti i film possono essere firmati da Wong Kar Wai, che come hai dedotto è una divinità per me e così dovrebbe essere per il resto dei mondi, ma che anche Pretty Woman ha un suo perché. ho mischiato passato e presente e riesco a essere, al contrario di Pier che è antipaticissimo e non ha visto Pretty Woman, una bizzarra via di mezzo tra cinema impegnato e pellicole da dare in pasto a chiunque segue risata isterica.
I titoli che ti propongo oggi appartengono a questi estremi e a quello che sta in mezzo. Se sei un appassionato foodie di certo alcuni li avrai visti ma nel caso contrario ti stai perdendo qualcosa di veramente bello e interessante sotto diversi punti di vista. Sono cinque visioni che puoi facilmente reperire in quanto praticamente tutte presenti nel catalogo Netflix, escluso quello della Signora Toku che però trovi su Sky on Demand.
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Amore cucina e curry
Amore cucina e curry, dal titolo originale Hundred Foot Journey, dura 122 minuti ed è stato prodotto in India, Emirati Arabi Uniti e USA. Un film che è un adattamento cinematografico del romanzo Madame Mally e il piccolo chef indiano, che non ti nascondo vorrei leggere. L’autore è Richard C. Morais. C’è una strepitosa -come sempre- Helen Mirren che a me piace tantissimo giusto, per fornire una notizia priva di interesse. Om Puri, Manish Dayal e Charlotte Le Bon. Quando ho visto la locandina su Netflix sapevo già che non sarei riuscito a finirlo perché -per alcuni dei motivi succitati prima e altri ancora che grazie al cielo non ti ho detto- mi sarei annoiata a morte. E invece mi sono ritrovata a ridere di gusto, a innamorarmi delle storie d’amore che nascono e si distruggono tra diversità e passioni comuni. Sino alla fine quando un pianto liberatorio mi ha fatto letteralmente innamorare di questa semplicità. Ovvia, per carità. Nessun colpo di scena. Nessuna inquadratura che ti faccia battere il cuore. Nessuna fotografia che ti faccia ripensare a dei colori ma. Ma colorato al punto giusto, divertente, commovente e seppur scontato, davvero una storia da non perdere. Una famiglia indiana dopo un tragico incidente intraprende un viaggio in Europa in cerca di una vita migliore. Arrivati nel sud della Francia decidono di aprire un ristorante indiano; peccato che si ritrovano a far concorrenze a Madame Mallory -Hellen Miller- che dirige un ristorante stellato di fama internazionale. Amicizia, amore e colore. E quel curry sembra proprio di sentirlo, sai? La fatica e il sudore in cucina. Ho letto da qualche parte che è una versione molto simile a Chocolat in quanto il regista è lo stesso: Lasse Hallstrom. Peccato che io Chocolat non l’abbia visto (e neanche Le regole della casa del sidro), ergo senza alcun tipo di influenza per quanto concerne la regia l’ho apprezzato molto. Con una cioccolata calda, un plaid e i tuoi affetti sul divano questo film sarà una vera scoperta a Natale. E non solo.
La cuoca del presidente
Meno “sdolcinato” e romantico ma non per questo da perdere è sicuramente La cuoca del presidente. Hortense, elegante e molto regale, diventa la cuoca del presidente e quindi cuoca personale all’Eliseo. La storia di una donna appassionata e forte che diventa quasi il cliché della difficoltà che il genere ha in cucina, luogo maschile incontrastato. È una commedia francese e questo già fa capire l’eleganza, i tempi e perché no i possibili dialoghi. La storia è realmente accaduta e parla di Daniele Delpeuch arruolata a fine anni Ottanta. Una storia fondata sulla riservatezza e i ricordi in un continuo flashback che interseca il passato, il presente e chiaramente il futuro. È una storia che parla della rigidità che si deve avere per l’alta cucina. Della dedizione e mai improvvisazione. Di quanto sia importante scegliere gli ingredienti non solo dei propri piatti ma anche della propria vita. Mi è piaciuto inaspettatamente tanto nonostante non ne abbia apprezzato molto la fotografia e alcuni momenti. Ci sono stati attimi che mi hanno toccato il cuore fino allo fine.
Le Ricette della Signora Toku
Non mi dilungherò molto su Toku, che si è fatta largo nei miei ricordi per sedersi e rimanerci. Ne ho parlato diverse volte e nello specifico qui, qualora volessi approfondire. Tratta dal romanzo di Durian Sukegawa (che non vedo l’ora di leggere, sinceramente) questa storia è una vera e propria magia. È proprio il periodo giusto per commuoversi, emozionarsi ed entrare in punta di piedi a far parte anche tu di una favola. Perché di questo si tratta. Trasformare il buio in luce, grazie all’amore e alla cura. Dove i fagioli non sono semplici ingredienti che raccogli meccanicamente dalla dispensa, ma doni della natura capaci di innamorarsi, raccontarsi e soprattutto donarsi. E in virtù proprio del dono che ti fanno bisogna rispettarli. Toku è talmente dolce che potrebbe pure passarti in mente di chiamare tua figlia così. Così profonda e tenera che desidererai diventare come lei, o perlomeno migliorarti. Tra ferite incolmabili, abbandoni e sorrisi c’è un piccolo dorayaki profumato ripieno di fagioli che ti farà dimenticare tutto. Per un attimo anche i dolori più grandi.
Samurai Gourmet
Ero indecisa se inserire o meno Samurai Gourmet, ma se dovessi mai stabilire le visioni più belle di quest’anno sarebbe non ti dico solo sul podio ma addirittura al primo posto. È stata la serie che mi è piaciuta di più. Pure di Stringer Things, per dire. So che stai pensando “cose” su di me in questo momento. Ma sai cosa? Una storia a volte -a mio modestissimo e umilissimo parere- è facile da scrivere. Più complessa è e più diventa “fattibile”. Perché puoi contorcerti tra mille dettagli, inventarti milioni di legami ed estrapolare infiniti colpi di scena. Pure incomprensibili. Per una persona creativa è davvero un giochetto. Poi certo occorre filtrare, “declutterare” come si usa dire in questo momento storico e capire cosa tenere o cosa no. Scrivere un prodotto semplicissimo e al tempo stesso creativo è più complesso. Tirare le somme. Stringere. È difficilissimo. Parlare di un pensionato e di un samurai, come è stato fatto, in un alternarsi di epoche senza cadere nel ridicolo. Essendo interessante come un documentario e al tempo stesso avvincente -per quanto possa esserlo la vita di un pensionato- come una serie tv: impossibile. Certo è che se non mastichi il cinema orientale o visioni del genere tutto potrà apparirti strampalato e a tratti surreale e ridicolo, ma se avrai la pazienza di proseguire e la curiosità di apprezzare qualcosa che è diverso da te e da tutto il resto capirai quale magia, profondità e anima si possano celare dietro una visione del genere. Non fidarti mai di me in generale, perché sono una persona poco affidabile e non ho mai avuto paura di dirlo. Sono scostante, molto egoista e distante ma. Ma fidati di me quando ti consiglio un film o un piatto perché lo faccio sempre con tutto il cuore. Samurai Gourmet non solo te lo consiglio ma te lo consiglio su tutto. Per tutto il resto: ne ho parlato qui.
Julie & Julia
L’ho visto diverso tempo fa. Parlo proprio di anni e avrei voglia di rivederlo. Amo Meryl Streep. È la mia Jack Nicholson in gonnella. Loro due mi hanno rubato il cuore decenni fa e sono ancora lì. Se dovessi fare due nomi farei sempre e solo i loro due. Credo non mi deluderebbero neanche in un film cinepanettone, in un mondo assurdo parallelo. La storia di Julia Child che trasferitasi a Parigi rimane incantata dalla cucina francese e di Julie Powell che apre un blog. Cosa hanno in comune? Nulla apparentemente. Innanzitutto sono due momenti diversi. Il 1949 contro il 2002. Julie ama le gesta di Julia e non solo vorrebbe diventare come lei, ma più di lei. Una differenza generazionale? Non solo. Un parallelismo di due epoche diverse, con due donne molto diverse nell’approccio e nel sentimento unite dal sacro richiamo al fornello.
Non ti nascondo che la scena in cui Julie guarda il suo blog all’inizio quando ancora nessuno era andata a leggerla mi ha fatto stringere lo stomaco. Ho provato le sue stesse sensazioni.
È incredibile come a volte non credere in se stessi sia l’unico ostacolo. Ricordo esattamente il momento in cui ho deciso di trasformare i miei fumetti e parlare di cibo. Ricordo il motivo per il quale l’ho fatto. Sento ancora la paura. Espormi, raccontarmi, cucinare. Io che non sapevo neanche aprire una caffettiera. E forse non la so aprire neanche adesso.
L’ho fatto per me. Esclusivamente per me.
Non l’ho fatto per mostrarmi più brava o per guadagnare qualcosa che non fosse: la mia libertà. Il mio perdono. E l’ho ottenuto. A volte me ne dimentico ma adesso sono più le volte che lo ricordo.
Buona visione. E mi raccomando se ne vedi uno dimmelo! Qui o sulle Instagram stories, che sono i posti più veloci e che onestamente leggo di più. Un bacio.
December 7, 2017
Pepparkakor con mamma che gira intorno all’albero
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Natale è biscotti. E pur esistendo un’infinita varietà sono in pochi a essere difficili da surclassare. D’accordo il cioccolato, va bene i macaron con la loro eleganza, sì agli occhi di bue e ai cantuccini ma.
Ma parlavamo anche che Natale in fondo è semplicità. Natale è Hygge.
Mettendo Gingerbread nel campo cerca del sito ne escono di tutti i tipi, decorazioni e colori. Mi sono resa conto che non avevo mai pubblicato la ricetta dei miei Pepparkakor preferiti, che onestamente risale a più di un decennio fa e non ricordo neanche lontanamente da dove l’avessi presa perché trascritta sul quaderno magico, e oggi sono qui nella giornata dell’Immacolata Concezione a rimediare. I Pepparkakor sono molto simili come sapore, per certi versi, ai Gingerbread ma il procedimento è diverso. Sono perfetti come quest’ultimi per decorare casa, l’albero e da regalare. Il luogo d’origine è la Svezia e occorre tanto ma tanto zenzero in polvere. Scegline uno di ottima qualità e farà la differenza. Zenzero, spezie, cannella e noce moscata (e anche chiodi di garofano e cardamomo per me. Senza questi due cambia moltissimo tutto).
Perfetti per la colazione ma anche per essere inzuppati nel tè, i Pepparkakor sono i biscotti in assoluto più natalizi insieme ai cuginetti succitati. Amo l’idea di un vero e proprio centrotavola composto con i Pepparkakor. Di metterli dentro un barattolo riciclato e chiuso magari con dei ritagli di stoffa che rievocano il patchwork e dei nastri, corde grezze e foglie. Agrifoglio e perché no gli stessi chiodi di garofano a mo’ di decorazione.
A proposito di Natale è Hygge ho trovato su Amazon -e in seguito ho ricevuto un preziosissimo regalo al riguardo- un libro davvero interessantissimo che ha riscosso particolarmente successo anche nelle mie storie di Instagram. Ha destato curiosità e la cosa è assai comprensibile in quanto offre svariati e interessanti spunti per un Natale che punta alla magia della semplicità. Al calore delle piccole cose che per quanto scontate e ovvie possano sembrare non lo sono affatto.
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Il libro in questione è Natale Hygge di Christiane Bellstedt Myers con le fotografie di Caroline Arber. Regali speciali e idee per decorare, dalla Scandinavia con Amore. Il prezzo è di 16 euro ed è della Logo edizioni. L’autrice è cresciuta nelle campagne del Canada dove realizzare oggetti fatti a mano era parte della vita di tutti i giorni. Sono passati venti anni e una nazione, perché adesso vive nel Regno Unito, e da nove -di anni gestisce il Cozi Club invitando i membri a casa propria per realizzare insieme oggetti e progetti che variano a seconda delle stagioni. I suoi lavori sono comparsi su riviste molto famose, tra cui Country Living, Homes and Antiques. Mi dispicae non avere il tempo per parlartene più nello specifico ma magari in uno dei video che girerò in questi giorni sarà mia premura mostrartelo.
Regalare barattoli di biscotti
Ho notato che all’interno di questo libro ci sono tantissime idee anche per decorare la cosa più semplice quanto bella come un barattolo di biscotti. Cucire a mano un guanto come decorazione richiede pochi minuti e pochissima manualità ma l’impatto visivo è a curato, elegante ed estremamente raffinato. Anni fa avevo fatto la collana di Gingerbread e anche di agrumi, che erano molto piaciute, e allo stesso modo regalare una collana di Pepparkakor dovrebbe rimanere in cima alla lista. Che tornando indietro come fai a non pensare al braccialetto pieno di caramelle con l’elastico? Ricordi?[image error]
Immacolata Concezione
Ho capito da poco, lo confesso cospargendomi il capo di cenere e anche un po’ di zenzero, cosa fosse esattamente perché ti confesso che ero un po’ confusa al riguardo. Adesso mi è tutto chiaro. L’otto dicembre Anna, mamma di Maria, ha concepito senza peccato quella che sarebbe diventata custode del Messia. Non ho mai parlato strettamente di religione. Di me si sa che sono cresciuta prima in un asilo di suore, poi elementari e medie in un collegio cattolico. Non starò qui ad annoiarti ma nel tempo mi sono fatta delle domande, data delle risposte, rifatta delle domande, ridata delle risposte e ancora quel tempo non è finito ma senza ombra di dubbio alcuno se dovessi definirmi sono attualmente un’atea convinta. Dall’età di quattordici anni circa. Questo però non fa di me una persona disinteressata alla religione, anzi mi ha sempre molto affascinato il potere che ha sulla vita e sulle menti delle persone. A me è rimasto un ricordo molto bello delle figure religiose. Voglio bene a Gesù come se ne vuole al più grande dei supereroi. A me rimane, insomma, l’idea che sia la più bella favola mai raccontata nell’eternità.
In questi giorni mi sono messa in testa di capire perfettamente -o quasi- quale fosse stato il momento in cui la data dell’Immacolata Concezione sia stata abbinata alla tradizione: facciamo l’albero tutti insieme. Ho letto diverse leggende riguardo la tradizione e mi piacerebbe capire se tu ne sai qualcosina in più e ti va di raccontarmelo.
Perché l’albero si fa l’otto dicembre?
A Milano il sette per Sant’Ambrogio, a Bari il sei perché è San Nicola e in alcune luoghi si decora addirittura a poche ore dalla Vigilia. Non in tutta Italia per altro si fa l’otto e pare che -giustamente- ogni famiglia abbia la propria tradizione. Il vero “motivo” -durante le mie ricerche seppur brevi, purtroppo- non ho capito quale sia ma molto probabilmente credo che si debba ricondurre al fatto che l’Immacolata sia l’inizio del percorso che porta poi all’Epifania, dopo quattro settimane esatte.
Sperando di saperne di più rimane il fatto che nella mia famiglia si è sempre fatto l’albero l’otto dicembre. Ho avuto già modo di raccontartelo e anche se non rispetto la tradizione perché al momento lo faccio seguendo un planner di impegni strettissimi (leggi: quando ho tempo e sono meno disperata e frenetica) questo giorno rimane speciale e nel cuore. L’immagine è proprio di lei. Di mamma che gira intorno all’albero attorcigliando le luci.
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La Ricetta
550 grammi di farina
190 grammi di burro
150 grammi di miele
140 grammi di zucchero di canna integrale
30 grammi di zucchero bianco
2 cucchiai rasi di cannella
1 cucchiaio e mezzo di zenzero
chiodi di garofano e cardamomo in polvere
1 cucchiaio di lievito per dolci
200 grammi di acqua
Dentro un pentolino metti l’acqua con il miele e poi aggiungi lo zucchero e le spezie e porta a ebollizione. Adesso spegni il fuoco e aggiungi il burro a pezzi finché sarà fuso. In un recipiente o in una planetaria lavora la farina, il lievito e poi aggiungi il composto di zucchero e miele piano piano ancora a temperatura alta. Mescola fino a quando l’impasto diventa omogeneo e forma una palla. Avvolgi in pellicola e conserva tutta la notte. Una volta trascorso il tempo l’impasto ha acquistato davvero tantissimo sapore. Infarina il piano e procedi alla realizzazione dei biscotti. Poggia su carta da forno e fai cuocere a 180 già caldo per 10 minuti ma dipende da spessore e grandezza. Appena dorati -minuto più minuto meno- tira fuori e fai raffreddare.
Ti aspetto sulle Stories
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December 6, 2017
Una passeggiata nel bosco con il panbiscotto integrale di farro
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Meno diciotto a Natale. Le guance si stanno cominciando ad arrossare e anche il naso, vero? Il respiro è diverso e cominci a fare quei fumetti che da piccola ti sembravano una magia. Posso dire che a me lo sembrano tuttora? Sarà per questo che nelle spiegazioni troppo dettagliate -un po’ come con la fisica- non mi sono mai trovata. Perché quello è un piccolo sbuffetto magico. Una nuvoletta che viene dal cuore e che espelli. Un piccolo sogno, nel cuore, che prende la forma di una nuvoletta e va via in cerca di realizzazione. Non può essere una questione di temperatura, dai. Freddo. Caldo. Cose strane insomma.
Mi piacerebbe vivere vicino agli alberi più alti dell’Etna. Non solo a Natale ma soprattutto, sì. Affacciarmi e fare uscire dal cuore milioni di questi sbuffetti e metterli in viaggio. Preparare una cioccolata calda con le mani gelide perché Koi è fuori a giocare con la neve. Poter raccogliere dei piccoli rametti e fare delle decorazioni naturali. In un libro settimane fa ho visto anche dei nanetti fatti con i rocchetti che usano le sarte. Bastano dei rocchetti, un po’ di panno lenci o stoffa e del cotone idrofilo o qualcosa che ci somigli. Non sono mai stata un’amante dello stile Homemade, o aspetta mi spiego meglio. Mi piace moltissimo ma è inutile negarlo sono un pochino più gnegnegne. Subisco eccessivamente il design e la moda che con homemade e low cost poco c’entrano. Da un lato è un difetto, mi dico. Dall’altro lato non tanto, mi controbatto. Chissà quanti lati ci sono. Infiniti suppongo.
Non avevo mai avuto così voglia di fare una ghirlanda con le mele selvatiche, per dire. Pare che nei boschi ce ne siano tante e forse qualcosa potrei trovare in determinate zone. Adesso che sono grande -frase agghiacciante per quanto mi riguarda- so però quanto valore abbia una semplice passeggiata. Nel mio trantran quotidiano fatto di chiamate, mail, scambio di ruoli perché sono un po’ papà e un po’ quello che è rimasto di me, anche solo una passeggiata sembra una cosa complicata. Come una piccola vacanza; e in effetti lo è. Un Natale naturale fatto di sottopiatti di faggio e betulla, l’odore del muschio come quello che mamma metteva nel presepe qualche anno fa e quel gelo che ti fa ghiacciare la schiena, le gambe, la testa che quasi non capisci più nulla.
Non posso andare su Amazon e comprare con un click un chilo di mele selvatiche del bosco appena raccolte e neanche dei legnetti. Però posso credere fortissimo, magari mandando uno sbuffetto di quelli in giro, che se non ci riesco quest’anno a fare la passeggiata nel bosco posso farla magari il prossimo. O magari dopo questo Natale.
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La Ricetta
160 grammi di frutta disidratata tagliata a pezzettini piccoli: albicocche, fichi, uvetta, mirtilli rossi etc.
500 grammi di farina di farro semi integrale
1 bustina di lievito per dolci
2 tuorli
130 grammi di zucchero di canna integrale
150 grammi di burro morbido a temperatura ambiente (a pomata)
140 grammi di nocciole o mandorle tritate, come preferisci
260 grammi di formaggio fresco spalmabile
un pizzico di sale
aroma che preferisci: cannella, vaniglia o spezie (un’aggiunta pepata sarebbe un tocco di classe in più)
L’uvetta passa, se la usi, lasciala rinvenire in poca acqua calda per dieci minuti e poi usala eliminando l’acqua. Se vuoi che i frutti disidratati siano più morbidi fai lo stesso anche con loro. Metti nel robot da cucina o su un piano da tavolo la farina, lo zucchero, le mandorle o le nocciole tritate, il pizzico di sale e il lievito e poi aggiungi le uova, il formaggio e infine il burro. In pratica metti tutti gli ingredienti -prima i secchi- e comincia a lavorare per bene fin quando ottieni una pasta liscia. Lasciala riposare all’interno del recipiente (o sul tavolo da lavoro) coprendola per 20 minuti. Trascorso il tempo lavorala per bene su un piano infarinato e piegala formando un rettangolo bello grande. Disponi su carta da forno sopra una teglia e fai cuocere a 190 per un’oretta. Per ammorbidire la crosta a metà cottura come sempre puoi spennellare leggermente con del burro fuso ma è un’operazione facoltativa. Lascia raffreddare e servi con una generosa spolverata di zucchero a velo.
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Un tè speciale che sa di zenzero
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Quando parlo del tea time -l’ora del tè- qualcuno storce ancora il naso. Sembra essere d’antan, sorpassato e roba per donne annoiate che non lavorano. Posso garantirti che non è così e che come in tutto occorre passione, impegno e voglia di stupire se stessi prima di tutto. Mi piace ribadire che tutto questo vada fatto per se stessi perché ci credo profondamente da egoista quale sono. Sì, perché non mi vergogno di ammettere da sempre che la mia componente egoistica è radicata e forte. Non significa che vada a ledere -o perlomeno non volontariamente- chi amo ma mi impongo per certi versi di ricordarmi. Ricordarmi di me.
Amo posizionare i tovagliolini e scegliere il tè, decidere cosa servire, come abbinare e la teiera che sarà protagonista. Amo i bollitori, tanto da averli ovunque, che siano elettrici o da fornello. Se dovessi mai scegliere la cosa che più mi rappresenta non avrei dubbi ed è proprio la teiera. Sogno una casa che scoppia di teiere e se mi conosci intendo: che scoppi ancora di più. Non basta mai lo spazio per le teiere e non è mai troppo quello che dedico loro. Le osservo come fossero borse, le amo e scelgo sempre con cura e non riesco a smettere di sognare quel Ritz. A quel momento. Che ho avuto modo di raccontarti qui.
I sandwich al salmone e al cetriolo. Il ricordo di Downton Abbey, che è stata una delle pochissime serie che mi appassionato e che ho amato, dei gialli della Christie e di quell’ambientazione vittoriana, che credo non ci sia più bisogno di sottolineare mi fa battere il cuore. Nel mio ufficio, che spero presto potrai vedere perché a giorni girerò il video con Guido architetto cuginoso e genio che mi ha supportato e che mi continua a supportare perché le sorprese non sono finite, oltre al salone e alla cucina in pieno stile vittoriano leggermente rivisitato c’è anche un angolo con degli scacchi piccoli piccoli che si alternano e rincorrono. Lì ci sarà la mia sala da tè; che definire sala è eccessivo ma. Micro sala da tè. Sto cercando un tavolo a tre piedi che ho in mente e lo potrei disegnare (e forse finirà così anche se vorrei acquistarlo d’antiquariato perché voglio che abbia della vita dentro e non che nasca con me) e delle poltroncine magari dello stesso colore del Ritz, altrimenti ci penserà il tappezziere. Voglio rinchiudermi lì e sorseggiare Rooibos. Voglio estraniarmi e vivere in un altro tempo. Rifugiarmici e recuperare quel tempo.
Il tè, non smetterò mai di ripeterlo, come la tisana o l’infuso ha un potere meditativo importantissimo che è sbagliato sottovalutare. Come lo è non organizzare un tè tra amiche o semplicemente con chi ami. Anche per la cena, sai? Potrai sorseggiare tè magari a basso contenuto di caffeina e deliziare/ti con sandwich dolci e salati, con biscotti, muffin e torte salate. Quest’anno voglio proprio organizzare un tè con solo le donne della mia vita. Ne mancheranno alcune perché lontane da questo triangolo in mezzo al mare ma in quel caso c’è una cosa ancora più forte della presenza: il ricordo.
E il ricordo molto spesso viene evocato grazie anche all’ausilio del tè. Tanto tempo fa ti ho raccontato dei miei tè insieme a papà ormai venti anni fa. Degli After Eight. Delle risate e pure dei panini. Tutto si mescola e perdura. Non svanisce mai. E la mia mente razionale a volte, fissando il fondo di un tè, comincia a vacillare perché sembra quasi che prenda vita davvero. Che quasi cominci a vedere lettere e capitoli della tua vita.
Sei giorni esatti a un compleanno che mi spaventa. Perché ogni anno che passa mi spaventa sempre di più. Non sono pronta forse. Ma lo sarò sicuramente con una buona tazza da meditazione in mano. Oggi ti propongo queste trecce profumatissime allo zenzero che erano scritte nel Sacro quaderno di Bodrum, quindi reperite chissà dove. Piacciono sempre moltissimo e spero che tu potrai dirmi lo stesso.
Allora che ne dici? Lo organizzi pure tu un tè speciale questo Natale?
Le curiosità
L’alzata è del catalogo (credo) continuativo di Ikea
La teiera è di tantissimi anni fa e non ricordo assolutamente. Credo di averla comprata fisicamente alla Coin
Le tazze sono Pip
La lattiera e il piattino sono di Maisons du Monde, collezione abbastanza datata
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La Ricetta
150 grammi di farina
75 grammi di farina integrale
1 cucchiano di lievito in polvere
15 grammi di zenzero in polvere (la metà se vuoi che si senta meno perché 15 è tantino)
125 grammi di burro morbido a pomata
70 grammi di zucchero di canna integrale
30 grammi di noci tritate
1 uovo leggermente sbattuto
pizzico di sale
Setaccia la farina integrale e bianca insieme. Aggiungi il lievito e il pizzico di sale. Aggiungi il burro a temperatura ambiente, molto cremoso, e unisci poi lo zucchero e le noci. Lavora per un po’, aggiungi l’uovo e continua a lavorare. A mano o con il robot. La palla deve essere perfettamente liscia. Avvolgila nella pellicola trasparente e lascia in frigo per 30 minuti almeno. Una volta trascorso il tempo accendi il forno a 180 e infarina il piano. Lavora un pochino con le mani l’impasto e prelevandone qualche pezzetto fai dei rotolini e procedi alla creazione delle trecce. Disponile a distanza di 5 cm circa l’una dall’altra sulla carta da forno che hai messo sulla teglia e inforna per 12-15 minuti finché dorate. Lascialw raffreddare. Sono buonissime anche ricoperte di cioccolata fondente (come potrebbe essere altrimenti del resto?!).
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December 4, 2017
Kanelbullar per colazione, grazie. Che mancano venti giorni
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Meno venti al Natale.
Quest’anno mi sono interessata, come mai avevo fatto, a San Nicola. Il papà di Pier si chiamava Nicola.
San Nicola di Myra, vescovo, ha dato origine alla tradizionale figura di Babbo Natale, che è un personaggio certamente noto al di là del mondo cristiano. Il papà di Babbo Natale, se non Babbo Natale stesso a ben pensarci, è conservato proprio qui in Italia tra Bari e Venezia. Distribuiva cibo e doni ai meno fortunati e aveva una folta e lunga barba. Con un bastone pastorale, suo emblema, simbolo del vescovado e tre sacchetti di monete. Si mischiano tradizioni, culture e leggende sino ad arrivare al più noto Santa Claus, comune nel mondo anglosassone e nel folklore popolare. La creazione di Babbo Natale studiata a tavolino per i più piccini è vera sì (quanto è triste scriverlo?). C’entra pure la Coca Cola sì. Eppure la magia di questa figura affonda in qualcosa di più profondo ed è sempre molto toccante ricordarlo. Anime che dedicano la vita agli altri; che adesso con questo cinismo, sarcasmo e velocità tra un click e l’altro può pure essere ai limiti del patetico ma io l’emozione la sento. Il mio cuore reagisce e tanto basta per essere felice. Sarà sciocco per alcuni, lo so, ma non per me.
A proposito di tradizioni nordeuropee: ma i Kanelbullar? Vogliamo non farli? Sono praticamente un obbligo e conquisteranno tutti. Puoi prepararli con netto anticipo per le colazioni speciali del Natale, magari decidendo di surgelarli. Dolci nati in Svezia e conosciuti in tutto il mondo. Con zuccherini sopra o lamelle di mandorle -o senza niente come nel mio caso- vengono tradizionalmente consumati nella fika, la tradizionale pausa caffè con il dolce. È un verbo svedese, fika, e significa letteralmente “uscire a bere caffè”, sottotitolo: con un dolcetto accanto. Ecco quel dolcetto nella stragrande maggioranza dei casi è proprio questa delizia.
Curiosità
La teiera stupenda che vedi in foto è un prezioso regalo del mio amico Seby che l’ha acquistata all’Expo di Milano per me
L’alzata è in argento ed è un regalo della mia mammina
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La Ricetta
Per 10 Kanelbullar circa
500 grammi di farina bianca
25 grammi di lievito di birra
250 ml di latte intero
30 grammi di zucchero bianco
80 grammi di burro
un pizzico di sale
un cucchiaino di cardamamo in polvere e qualche chiodo di garofano sbriciolato
due uova piccole sbattute
Il ripieno:
90 grammi di burro
1 cucchiaio di cannella
1 cucchiaino di vaniglia Bourbon o in polvere
100 grammi di zucchero
un pizzico di sale
Il latte devi scaldarlo leggermente ma deve essere più che altro tiepido. Una volta fatta l’operazione aggiungi il lievito di birra sbriciolato con le mani. Aspetta 30 minuti e nel frattempo tira fuori il burro dal frigo in modo che sia a pomata, ovvero molto cremoso. Mescola 450 grammi di farina con il sale e lespezie e con l’aiuto dell’impastatrice lavora il latte con il lievito insieme alla farina che aggiungerai poco per volta. L’impasto risulterà molto appiccicoso ma non preoccuparti. Copri direttamente il recipiente del robot da cucina con la pellicola e lascia riposare per un’ora al caldo. Nel frattempo prepara il ripieno con gli ingredienti lavorando bene il burro (del ripieno) a temperatura ambiente e magari assaggiando in modo da poter aggiustare di spezie. Tieni il ripieno sempre in luogo fresco e asciutto. Quando ha finito di lievitare procedi all’intreccio. Infarina il piano e stendi con un matterello. Forma un rettangolo e metti lungo tutta la superficie -tranne i laterali troppo vicini al bordo- il ripieno. Piega la pasta e ripiegala su se stessa. Adesso decidi tu come attorcigliare i tuoi Kanelbullar.
Io ti consiglio di fare un giro su Youtube perché ci sono diversi video di intreccio al riguardo. Mi sono fustigata per essermi dimenticata di farlo (ma lo farò). Puoi pure fare delle bellissime trecce o arrotola diverse striscette e poi chiudi a ciambella. Posiziona per bene le tue meraviglie distanziandole un pochino sulla teglia e con l’uovo sbattuto spennella per bene la superficie. Lasciale lievitare ancora 40 minuti almeno e poi a 190 già caldo cuoci per 14-16 minuti fin quando sono dorate. In molti spennellano con lo sciroppo d’acero leggermente intiepidito ma se non lo hai sai che va bene anche un pochino di miele? Il gusto sarà diverso certamente ma con la cannella sta benissimo.
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December 3, 2017
Un tortino semplice e delizioso che ti sorprenderà
Meno ventuno e sta pure per arrivare il mio Compleanno. NON SONO ANSIOSA OK? *disse spaccando la tastiera e mangiando il mouse. SONO CALMISSIMA OK? NESSUNO DICA CHE SONO ANSIOSA OK? OK? OK?
OK?
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Tortino con il tofu speziato strapazzato
Questa ricetta è uno dei miei assi nella manica (e non è che ne abbia tanti checchesenepensi) perché al Torinese non va bene mai nulla; soprattutto in fatto di tofu et similia. Come non capirlo, dirai tu. Lo direi pure io ma nella posizione in cui mi trovo capisci bene che non posso e devo continuare a lamentarmi come è giusto che sia. Ti dico subito che questa ricettina facile e velocissima ti salverà -soprattutto nelle feste- in caso avessi tra gli ospiti un vegetariano (se vegano basterà una brisèe o una sfoglia -perché esistono anche in commercio qualora non volessi prepararle- facilmente reperibili). Del tofu strapazzato ho parlato in diversi video e post; basta semplicemente passare una forchetta sul panetto di tofu e sbriciolarlo. Se il tofu è di una consistenza morbida -perché ce ne sono di diversi tipi- ancora meglio.
Marinare o no? (sì)
Basterà lasciare marinare il tofu una notte in una ciotolina con olio extra vergine d’oliva, abbondante curcuma e curry, un po’ di sale e pepe. Coprire con pellicola e il gioco è fatto. Puoi anche saltare questo passaggio e condire immediatamente prima di cuocere ma naturalmente il tofu marinato nelle spezie acquisirà un sapore nettamente più forte, deciso e inutile girarci intorno: buono.
Trascorso il tempo di marinatura, metti il composto in una padella antiaderente e cuocilo. Non c’è bisogno di aggiungere olio perché c’è già. Assaggialo e regola di spezie e sale qualora non dovesse convincerti il sapore. Nel frattempo prendi della brisèe o della sfoglia, decidi tu, e se vuoi aiutati con le classiche teglie da muffin. A me piace fare così perché il tortino viene più definito ma sai che non sono fiscale nell’enunciazione delle ricette, soprattutto di questo tipo. Mi piace pensare che tu ci metta del tuo perché la fantasia di ognuno è sempre bene non mortificarla. Da cose nascono nuove cose e cose ancora all’infinito.
Potresti pure fare dei cornetti, per dire.
Una volta che il tofu è cotto sistemalo nelle porzioni di sfoglia o brisèe e richiudi per bene. Si chiude senza l’ausilio dell’olio ma qualora volessi esserne proprio sicuro puoi sbattere un uovo, aggiungere un pochino di latte e spennellare i bordi e anche la superficie. Ti assicuro che non è un lavoro di precisione. Più i tortini sembrano rustici e più li trovo adorabili.
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Inforna a 180 per 40 minuti massimo -dipende dalla grandezza- giusto il tempo di fare cuocere la sfoglia o la brisèe e servi ben caldi. A me piace servirli molto salati e speziati. Ti assicuro che nessuno crede ci sia del tofu dentro. Davvero. Ne rimangono rapiti e anche il torinese ha fatto il filo a questi tortini, ca va sans dire.
Adesso lo so che stai pensando: Iaia ma una torta intera, no? Certo che sì MA (lo vedi questo MA lampeggiante) è diverso sentirsi crollare un muretto di tofu strapazzato in bocca in mezzo a quel buonissimo involucro piuttosto che ritrovarsi una poltiglia sbriciolata che cade a destra e sinistra. In questo modo si contiene la bontà ivi contenuta in un unico morso. Che ne dici? Ti ho convinto?
Curiosità
Ogni volta che pubblico questi piatti stupendi ricevo moltissime richieste di informazioni. Sono un regalo della mia dolcissima amica Mary. Sono degli anni venti ed è un regalo preziosissimo che mi ha fatto in quanto il padre, antiquario, li diede a lei in dono. Mary, sempre con la sua sconfinata generosità, ha voluto omaggiarmi di qualche pezzo. Un tesoro prezioso che custodisco gelosamente.
Il runner pelosino che riscuote sempre successo è di Maisons du Monde, le posate sono di una vecchia collezione di Zara Home, il centrino è fatto dalla mia bellissima zia Luci all’uncinetto e il bicchiere è Maisons du Monde (questa collezione, 2017).
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Ancora Tortino?
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December 2, 2017
Mugcake -la torta nella tazza- con la crema di nocciole (-22)
Le mugcake hanno conquistato il mondo. Sono lontani i tempi in cui ci stupivamo di queste deliziose tortine all’interno della tazza che esplodevano -in senso figurato- nel microonde in tutta la loro bontà. A me sono esplose pure ma non prenderla come una cosa pericolosa. Semplicemente con i miei vari esperimenti ho fatto sì che alcune riuscissero a distribuirsi perfettamente sulle pareti del micro più che nella tazza. Su Youtube ho fatto diversi esperimenti in diretta e le risate si sentono ancora.
Quella che ti propongo oggi è una base classica a cui va aggiunta la crema di nocciole. Nello specifico quella della Rapunzel, che ultimamente mi sta facendo perdere il controllo. Fosse per me ne mangerei solo un barattolo la mattina e uno la sera. Per mantenermi leggera mezzo al pomeriggio ma siccome sono morigerata e oculata la merenda la salto. Posso ricevere dei complimenti?
Adesso so che in commercio ci sono le bustine già pronte ma seriamente: che ci vuole a farla in casa? Occorre solo una cosa a dirla tutta: la pazienza di testare il proprio microonde e le proprie tazze. Questo sì. Perché facendola in casa -e non “artificialmente” con bustine e ingredienti che non servono a nessuno- si deve necessariamente testare il materiale che si ha a disposizione. Dopo il primo fallimento, quasi certo e per certi versi giusto, vedrai come sarà semplice. Una volta trovata la tua base perfetta allora sì che potrai darti alla Mugcake mania più sfrenata!
Controlla sempre che le tazze possano andare nel microonde
Una banalità? Non direi. Purtroppo non tutte le tazze sono adatte al microonde. Generalmente quelle Ikea sì -benedetta sia sempre- ma non è così scontato che lo siano. Questo potrebbe essere già il primo problema. Non tanto per la riuscita della torta quanto per la tua salute perché di certo bene non fa. Molti microonde poi purtroppo non raggiungono gli 800 watt ma i 600 o i 750 e questo potrebbe irrimediabilmente compromettere la riuscita della mugcake. Ora non è che io sia qui per scoraggiare, ci mancherebbe, ma magari così si possono ricevere piccole risposte insperate a micro drammi da micro (mi piace micro grammi da micro. Posso brevettarlo?). Mi è capitato infatti di parlare -nelle storie di Instagram- con delle ragazze che non riuscivano o che con la mia ricetta non si erano trovate bene. Disquisendo circa materiali, potenze et similia si è arrivate a capire che dipendeva proprio dalla strumentazione.
Quindi non arrenderti e testa. Non avere paura di aggiungere un altro po’ di latte piuttosto che di farina. Male che va avrai “rovinato” pochi ingredienti, per quanto la cosa non possa essere piacevole e giusta me ne rendo conto, ma pian pianino troverai le dosi giuste. Parola di giovane marmotta!
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Curiosità:
La tazza è di Zara Home
Il nano è un prezioso regalo di Charlie
Il tagliere è Ikea
Il cucchiaino è Ikea
La crema di nocciole è Rapunzel e secondo me è la migliore (e no. Non faccio product placement a pagamento)
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La Ricetta
1 bel pezzotto di burro (20 grammi circa)
1 cucchiaio scarso di crema di nocciole
1 uova
3 cucchiaio di farina
1 cucchiaio di zucchero
3 cucchiai di latte intero
1/2 di cucchiaino di lievito in polvere
Mischia tutto direttamente nella tazza. Metti nel micro a 800 per 3 minuti (ma dipende sempre dal micro e dalla tazza c’è poco da fare) e il gioco è fatto. Come tutte le mugcake va consumata immediatamente altrimenti cementa. E ho usato il termine cementa non a caso.
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