Iaia Guardo's Blog, page 59

February 11, 2019

Giappone: Il Ricettario di Nancy Singleton Hachisu

 



Riprendere a scrivere per la Libreria di Iaia è per me non solo commovente ma importante. È ripartire da qualcosa di solido. Di fondamentale. E voglio farlo partendo da questo volume, anche se ti confesso che ero un po’ combattuta con il nuovo di Ottolenghi (il prossimo articolo sarà a lui dedicato). Giappone: Il Ricettario mi è stato consigliato -come spesso accade- da Amazon. Onestamente non mi occorre, pensavo mentre già avevo premuto aggiungi a carrello, un altro ricettario giapponese. Non li ho mai contati ma suppongo che tutti quelli in circolazione sono già belli lì che sistemati nelle librerie. Proprio per questo però non potevo rinunciare all’ennesimo. Divorato in pratica in poche ore, me ne sono innamorata. Partiamo dal presupposto che perdere la testa è facile nel momento in cui lo hai tra le mani. La copertina è fatta come la stuoietta di bambù. Cinquecento pagine di Phaidon che garantisce già di per sé una qualità altissima. Il prezzo non è affatto esagerato come si potrebbe immaginare ma di sicuro si colloca in una fascia medio alta.


Ci sono poche notizie che riguardano l’autrice Nancy Singleton Hachisu. In questi giorni poi il sito pare avere dei problemi e della biografia neanche l’ombra. Originaria della California, da trent’anni vive con la famiglia in una fattoria del Giappone. Diventata un’autorità nell’ambito della cucina nipponica negli Stati Uniti e nel suo paese d’adozione.



Nell’introduzione spiega che questo libro è frutto di tre anni di lavoro:


“Più che autrice mi sento il medium che ha reso possibile la condivisione della cucina di questo paese” spiega, visto che le persone che hanno ruotato per la realizzazione -cuochi, fotografi, editore- sono davvero tanti. Ha suddiviso il Giappone in aree che conosce, l’autrice, e in cui vivono alcuni degli chef che più ama. Li ha contattati e quindi chiesto le ricette tipiche. Ha coinvolto signore anziane, chef e ha svolto ricette specifiche e molto mirate. Nancy sostiene di aver ricevuto informazioni di inestimabile valore grazie alle contadine con cui ha sorseggiato tè e trascorso momenti indimenticabili. Ci sono tante ricette con daikon, bardana e radici di loto. Ma la cucina giapponese ha come dogma “meno è meglio” quindi potrai togliere -dice Nancy- senza alcun problema e godere appieno di queste meraviglie contenute nel volume. Le foto sono strepitosamente belle, minimal in pieno stile nipponico e semplicemente perfette, senza girarci intorno. C’è la storia della cucina giapponese che parte dal periodo Jomon, circa 12.000-400 A.C. Si parla di materiali, ingredienti e cotture. Si passa al periodo Yayoi sin a quello di Nara (710-794) con gli albori della salsa di soia quando il Buddismo viene introdotto in Giappone attraverso la Corea nel periodo Kofun.



C’è un’interessantissima parte storica che ti conquisterà sino ad arrivare al primo vero capitolo: Zensai-Antipasti con il Negi al burro, spiedini di semi di ginkgo, ciuffi di carota piccanti e insalata di daikon e tonno. Le fave saltate, gli involtini di Konnyaku e Kombu con umeboshi.


È chiaramente, superfluo sottolinearlo, un libro esclusivamente rivolto a chi ama la cucina giapponese ed è interessato a dilettarsi in questa arte. Ci sono sì delle preparazioni “occidentali” e non troppo “complicate”, se per complicato si intende “cercare ingredienti” ormai di facile reperibilità. Fortunatamente gli etnici sono tanti in città e i biologici hanno sempre una grandissima qualità di delizie da tutte le parte del mondo.


Esiste un ricchissimo glossario con la spiegazione degli ingredienti e degli utensili. Ci sono zuppe meravigliose che non vedo l’ora di provare e che onestamente in nessun ricettario giapponese avevo visto, e ripeto ne ho davvero tantissimi e non solo in lingua italiana. Mi ricordano molto quelle dei monaci buddhisti e riprende in più parti la cucina taoista.


Crocchette di Kabocha, Melanzane fritte con umeboshi, frittelle con zenzero rosso, frittelle di porri e polpette di riso al miso (che sembrano deliziose e devo fare al più presto). Le crocchette di riso, le polpette di pollo fritte con nori e quelle di soia o al salmone. Ci sono tutti i sensi e tutte le cotture in un naturale equilibrio di perfezione.



I capitoli sono suddivisi in: Zensai, Antipasti. Nimono, Stufati. Aemono, Insalate e contorni. Namamono, Crudo. Mushimono, Al Vapore. Sunomono, Marinate. Itamemono, Stir-fry. Agemono, Fritto. Tsukemono, Sott’aceto e sotto sale. Yakimono, Alla griglia. Nabemono, Piatti unici. Menrui, Spaghetti. Kanmi, Dessert. Gohan, Riso. Shefu, Chef.


È davvero un grande problema cercare anche solo di sintetizzare tanta meraviglia. L’impaginazione è sempre quella di Phaidon (che amo particolarmente) e che ricorda moltissimo il volume India. Non ci sono i segnalibri, peccato. Che per questo tipo di volume sono sempre un surplus.


La foto dell’okonomiyaki è incantevole quanto la ricetta e vorrei prepararla insieme a te uno di questi giorni.


Questo volume è un mondo incredibile e una raccolta di inestimabile valore, tuttavia come già accennato è un libro molto specifico che può essere apprezzato solo ed esclusivamente da chi il Giappone lo ha cucito nel cuore. E da chi vuole osare in cucina sempre e comunque.


 


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Published on February 11, 2019 02:37

February 10, 2019

Pizza raw vegan con crema di anacardi, paprika e germogli


Faccio un po’ di confusione in questi giorni perché molti post, come questo, erano già preparati. Intendo con titolo, foto e ricetta ma senza ticchettio giornaliero. Mi sono sempre organizzata così negli anni: fotografavo le ricette di cui mi interessava parlare, sistemavo le foto, ticchettavo le ricette velocemente per non dimenticarle nel caso non fossero prese da libri, davo un titolo e poi archiviavo nell’attesa di poterne scrivere e pubblicare.


Ne ho davvero tanti adesso in standby da mesi e molti ero convinta che fossero stati pubblicati. Altro che sciocchi modi di dire: qui si tratta proprio di vecchiaia, c’è poco da fare. Riprendere in mano tutto, ti confesso, è più complicato di quanto potessi  immaginare. Se è vero che risalire in bici anche dopo vent’anni -come nuotare- garantisce la perfetta riuscita della pedalata stabile, non è vero che la velocità sia immediatamente la stessa. Sconfortante sì ma la parola demordere non compare nel mio vocabolario. Abbattersi, sì. Sacrosanto. C’è. Demordere, mai.


Su instagram ho già raccontato poi della disavventura durante il trasferimento del nuovo sito, ovvero quando sono passata -grazie sempre al prezioso aiuto di Sandro Siviero di RunLovers al maghetta.it. Non ti tedio con i dettagli ma molte foto sono state disperse e quindi più del sessanta per cento (e sono ottimista) dei post è sprovvisto di immagini. Per te che vuoi approfondimenti in un atto di sublime masochismo: avevo conservato le foto (non chiedermi il perché) su un dominio esterno (gikitchen) e a dominio scaduto (non ho letto la mail di rinnovo perché credevo fosse rinnovo automatico) è stato immediatamente acquistato da dei simpatici burloni. Il dramma? Le foto sono state tutte cancellate e neanche firmando un assegno circolare a più cifre potevo riavere indietro i link delle foto. Un DRAMMA, sì.


Fortuna – sono un’inguaribile ottimista- vuole che io abbia conservato ogni singola foto dal 2004 sino ai giorni nostri e quindi non è un problema ma di fatto in un archivio di 3133 post -per l’esattezza- la situazione terrorizza un bel po’. Non ho il tempo -e soprattutto la voglia- di lamentarmi perché in fondo sono sciocchezze risolvibili con tanta pazienza. In settantadue anni dovrei riuscire a ripristinare tutto e quindi che problema c’è?


Humour inglese a parte, scusa. Se dovessi trovare dei post senza immagini sappi che pian pianino ci sto lavorando. Adesso dimmi per favore che sono stata brava e matura a non buttarmi in un angolo piangendo sei giorni di fila al grido di “rimettetetuttelefotovipregorimettetelesubito!”.


(in realtà l’ho fatto ma non è servito a nulla)



Questa pizza raw -crudista, sì- l’ho fatta diverse volte insieme alla mia amata Ombretta. Condita in diversi modi la base, siamo riuscite a perfezionarla sempre più. Mi piace moltissimo e trovo che sia deliziosa. Non voglio convincerti perché, giustamente, potresti storcere il naso. Non è chiaramente una pizza -è sempre bene ribadire l’ovvio- se non per concetto e “forma” ma il gusto risulta piacevole e particolare. Ti lascio il video vlog fatto mesi fa proprio in occasione di queste foto, sperando di farti trascorrere un tempo piacevole insieme.




Video

Nel video io e Ombretta ai fornelli ti mostriamo con piacere il procedimento. Ti lascio le dosi della base perché per il condimento puoi davvero dare largo sfogo alla fantasia.


Alla regia: Iaia Guardo


Chef: Ombrella Blasucci in Guardo (ci siamo sposate, sì)


 


300 grammi di semi di lino tritati finemente (se hai la farina di semi di lino è meglio. In quel caso tritane un terzo e aggiungi due terzi di farina. Miscelazione perfetta), la parte umida la decidi tu (carote o zucchine) e un pochino di acqua. Orientativamente le proporzioni? Sei parti di “elemento umido” e quattro parti di semi.


Per la crema di anacardi ti lascio il video. Noi abbiamo poi condito con verdurine, tofu affumicato, germogli di barbabietola e rucola. Una bontà che non si può credere se prima non la si assaggia.


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Published on February 10, 2019 12:17

February 9, 2019

Biscotti salati per il tè con lo stilton e noci. E chiacchiere come un tempo.

Chi mi segue sul Blog, ho notato, spesso non lo fa su instagram o viceversa. Allo stesso modo chi mi dà il piacere di esserci su Facebook non lo fa su twitter o viceversa. Negli ultimi due anni ormai è indubbio che i social si siano letteralmente ristretti e canalizzati solo ed esclusivamente verso instagram. Ed è lì che effettivamente mi sono concentrata. Questo però non significa che tu abbia letto il mio cambio di alimentazione di cui ho diverse volte parlato -e blaterato- sia nelle caption delle foto che nelle storie. Storie che in fondo sostituiscono, senza tanti giri di parole e abilità di strategist, YouTube. Su instagram puoi scrivere, in quindici secondi twittare frasi o parole, fare video e tv come su YouTube e sciorinare stati d’animo e opinioni litigando come nei bar -mai frequentati, inciso- di Facebook.


Mi piacerebbe dedicare un post al mio cambio d’alimentazione e lo farò. Un cenno però devo darlo, altrimenti se ti dico che lo Stilton mi è piaciuto potresti cadere in un abisso di incomprensione. A causa di una fortissima carenza vitaminica, di diverse reazioni allergiche aggressive e un periodo che va da Agosto 2018 sino ai giorni nostri ho dovuto integrare degli alimenti. Dal 2010 sino a Novembre 2018 ho seguito una dieta totalmente vegana (in pochi episodi -da Agosto 2018- ho provato a prendere del latte. Tentativi falliti miseramente). Sottolineo totalmente perché ormai fa così moda dire “sono vegana ma una volta al mese mangio i würstel di pollo”, o “sono vegana ma una volta al mese faccio una fettina di carne e un po’ di parmigiano” che pare doveroso sottolinearlo e dare un senso reale. Anche la frase “sono vegana” -mai pronunciata- potrebbe farti cadere in un abisso di parole e incomprensioni; per questo motivo ho sempre sostenuto “seguo una dieta vegana”.


Ho seguito una dieta totalmente vegana dal 2011 al 2018 e in precedenza una totalmente vegetariana dal 1998 circa. Non ho mai segnato la data ma ricordo perfettamente che già dal 2000 non mangiavo carne e pesce da moltissimi mesi. Il dimagrimento di ottanta chili, i disturbi alimentari, la depressione per la morte di papà (Pollyanna levate!) e via! Inutile specificare che il mio corpo ha subito degli abnormi cambiamenti e -mea culpa- non essendo stata sempre ligia con integratori et similia mi sono ritrovata con una carenza spaventosa di D3 soprattutto e B12. Livelli vergognosamente bassi. Dico solo che la D3 era a 4 come valore. Anemica e non specifico tutta la cartella clinica, mi hanno posto -le persone che mi amano e i miei dottori- davanti una scelta. E io ho scelto me. Ho deciso che al momento devo ascoltare e non solo ascoltarmi. Seguo quindi una dieta vegetariana e cerco di non ossessionarmi come sempre con un solo alimento in determinati periodi. È molto difficile per me. Psicologicamente è stato -e non ti nascondo- lo è ancora ma grazie all’aiuto di chi mi sta accanto sto scoprendo anche dei sapori e delle sfumature. Sto imparando a far pace con determinati alimenti per troppi anni demonizzati e condannati. Che sia una nuova fase alla ricerca dell’equilibrio questo non posso garantirmelo ma è diventato un percorso introspettivo importante che non voglio e non posso minimizzare.


Tutto questo per dirti che questi biscotti, che faccio da anni per accompagnare il tè, non li avevo mai mangiati. Mi piaceva il profumo, la consistenza e l’aspetto rustico che ricordava i cugini scones. Quando li sfornavo immaginavo sempre il sapore in bocca e quale sarebbe stato il tè giusto da abbinare. In base al gusto e non solo all’istinto.




Senza saperlo -incosciamente quindi-avevo una lista delle cose che avrei voluto assaggiare. Questi erano in cima alla lista. Il primo morso è stato incredibile. Il secondo lo ricordo ancora. Lo Stilton, o Blue Stilton, è un formaggio a pasta dura erborinato del Regno Unito e adesso sì che riesco a capire perché sia sempre servito accanto al tè insieme ai sandwich con il cetriolo, gli scones e le altre delizie (qui ne trovi dieci di ricette e anche un video).


Immaginare di essere in una contea a sorseggiare caffè in un cottage improvvisamente ha avuto anche un sapore. Non solo un odore. Devo ricordarmi sempre di questi biscottini. Mi hanno insegnato molto.


 



 


La Ricetta

Per 12 biscotti circa



120 grammi di gherigli di noci
120 grammi di Stilton
un uovo
70 ml di latte intero
un pizzico di sale
9 grammi di lievito per dolci
250 grammi di farina 00
70 grammi di burro a temperatura ambiente a pomata

Metti dentro un recipiente il burro a pomato e setaccia sopra la farina. Aggiungi il lievito e il sale e lavora. Aggiungi pian piano il latte e infine l’uovo. Adesso impasta con le mani per bene e aggiungi poi metà della dose dello Stilton a pezzetti e metà delle noci. Dividi tutto in dodici palline circa e poggia su carta da forno in teglia. Appiattiscile adesso un po’ con le mani e poi pressaci sopra il restante Stilton e noci. Spennella infine con un altro po’ di latte e inforna per 18 minuti circa a 220 gradi già caldo. Sono perfetti quindici minuti dopo la cottura e deliziosi nelle ore seguenti.


 


 


 


 


Il video

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Published on February 09, 2019 01:27

February 8, 2019

Plumcake marmorizzato vegan al cioccolato e banane

Li ho provati tutti i banana bread. Con cioccolato o senza. Veg o no. Con il cocco o meno. Al sapore di vaniglia, speziato o semplice cannella. Il Coconut Banana Bread è uno dei miei preferiti però oggi ti lascio il mio preferito che è al cacao sì ma marmorizzato. Mi sono resa conto di non aver mai lasciata questa ricetta qualche settimana fa. Ho rimediato sul profilo iaiaguardo instagram e lo faccio anche qui con vero piacere. Mi piace, oltre al fatto di essere velocissimo da preparare, perché è molto soffice e umidino, goloso ma leggero e perfetto sia con il caffè che con il tè; che sia nero, bianco o verde poco importa. È una base che si può declinare in molti modi, infatti: senza aggiungere il cacao o sostituendolo con il matcha, aggiungendo solo pezzi di fondente o una generosa spolverata di buccia grattugiata freschissima di agrumi. Poco importa se arancia o limone. Si può glassare e ricoprire, imbottire di marmellata o crema alla nocciola. Si possono fare piccoli tortini monoporzione da servire per una colazione o merenda davvero speciali. Diciamo pure che è il mio plumcake a base di banana semplicemente perfetto. La maturità delle banane può comprometterne la consistenza, chiaramente. Decidi tu in che modo ti piace di più. Io le metto non troppo mature.





La Ricetta

300 grammi di banane abbastanza mature, 80 ml di “latte” vegetale (io uso quasi sempre quello di avena per questa preparazione), 180 grammi di zucchero di canna integrale, 2 cucchiai di olio di semi di girasole (o oliva), 180 grammi di farina 00, 1 cucchiaino di vaniglia (o cannella. Aroma che preferisci), 1 bustina di lievito per dolci (se non vuoi adoperarlo 1/2 cucchiaino raso di bicarbonato), un pizzico di sale e 3 cucchiai di cacao amaro in polvere. ✨✨


Lo faccio sempre nella planetaria con il kitchen aid ma è un composto che non deve essere lavorato tanto quindi puoi farlo come preferisci, anche senza l’aiuto di fruste elettriche. ✨✨ Lavora le banane con lo zucchero, l’olio e il latte. Aggiungi la vaniglia. Quando il composto è liscio aggiungi la farina pian pianino meglio se setacciata precedentemente con il lievito (o bicarbonato) e il sale.


Ungi la teglia da plumcake (20×10 è perfetta) e versa il composto lasciandone da parte un pochino. Il composto rimasto lavoralo con il cacao amaro e tre cucchiai di acqua bollente. Versa quindi la parte al cacao sopra quella alla vaniglia e con uno stecchino di legno se vuoi gira formando ghirigori (oppure versa semplicemente sopra se vuoi ottenere uno stacco più netto tra i due gusti. A me piace bella pasticciata!).


Inforna a 180 già caldo per 50/55 minuti ma dipende dal forno. Per essere sicuri Santo stecchino di legno ci aiuterà! Se lo infili dentro il plumcake e viene fuori asciutto è l’ora di tirare fuori dal forno, lasciare raffreddare e gustare.


 


 

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Published on February 08, 2019 00:06

February 7, 2019

Cinnamon Rolls al Cacao e Uvetta


Foto mosse e fatte di fretta, ma con tanta passione sempre.


Ho visto questa ricetta sul libro di Csaba Dalla Zorza “Cioccolato”; di cui vorrei parlarti presto all’interno della Libreria di Iaia. In realtà vorrei fare proprio una raccolta di tutti i suoi libri come ho fatto con Jamie Oliver. La ricetta, racconta l’autrice, le è stata regalata da una collega tedesca in occasione del Salone del Mobile di Milano ma in versione bianca. Con il tempo Csaba l’ha modificata fino a renderla così: al gusto di cacao. Non so cosa sia successo, te lo dico chiaramente senza girarci intorno, ma a me i cinnamon roll sono lievitati in modo abnorme formando una sorta di torta. Ho seguito scrupolosamente le istruzioni e usato la quantità di lievito indicata. I tempi? Quelli scritti, indi per cui non capisco. Il risultato visivo è strepitoso e anche il gusto, nonostante non ricordino i classici cinnamon roll, è davvero buono. Qualora la provassi fammi sapere – se hai voglia – se anche a te hanno lievitato così tanto, mi farebbe piacere. Mi sono ripromessa di riprovarli, comunque, al più presto perché la cosa mi ha incuriosito parecchio.Perfetti, questi cinnamon roll, per un tè speciale. Di quelli speziati. A tal proposito mi viene in mente un fumante chai che lascia in bocca quel sapore di pepe e zucchero che tanto mi piace.


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 



La Ricetta

Per 10 persone circa:


125 grammi di purea di patate, calda

60 grammi di burro

180 ml di latte

70 grammi di yogurt intero

20 grammi di lievito fresco di birra

1 uovo

600 grammi di farina

50 grammi di cacao amaro in polvere

35 grammi di zucchero

1/2 cucchiaino di sale

40 grammi di uvetta

2 cucchiai di sciroppo d’acero

60 grammi di burro

1 cucchiaio di cannella e 4 di zucchero


Fai bollire le patate e poi sbucciale. Prepara la purea passandola fine e mettila in un recipiente con il burro. Mescola per bene. Metti in un recipiente il latte, lo yogurt e aggiungi il lievito. I liquidi devono essere a temperatura ambiente. Mescola quindi per bene e poi aggiungi l’uovo. Sbatti per un po’ e amalgama bene al purè di patate. Metti in una ciotola grande la farina e il cacao setacciati insieme e aggiungi poi lo zucchero, l’uvetta, il sale e impasta aggiungendo i liquidi un poco alla volta. Devi impastare bene ed è meglio adoperare un mixer. Lascia lievitare per un’ora coprendo con un canovaccio leggermente inumidito. Accendi il forno a 180 e prepara lo stampo imburrandolo. Stendi l’impasto su un piano infarinato e disponilo a rettangolo per bene come si fa per la classica preparazione dei cinnamon. Sciogli adesso in un pentolino lo sciroppo d’acero con il burro e usalo per spennellare l’impasto. Cospargi quindi con zucchero e cannella e poi arrotola il rettangolo dal lato lungo e taglialo a metà. Taglia ciascuna metà in cinque pezzi e disponi le girelle che hai ottenuto dentro lo stampo. Lascia lievitare altri 15 minuti e poi inforna per 30-40 minuti al massimo.


 

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Published on February 07, 2019 03:12

February 5, 2019

Le Olivette di Sant’Agata con il fondente e caffè bollente


Dopo aver parlato delle Minne di certo non potevamo non ricordare le olivette di Sant’Agata. In questi anni te ne ho parlato diverse volte e questa ricetta, riconfermatissima, in realtà te l’ho già lasciata. Oggi con una piccola variante golosa al gusto di cioccolato che ti sorprenderà. Catania festeggia la sua amata Sant’Agata riversandosi nelle strade -tra banchetti pieni di torrone, caramelle, specialità dolciarie e vairegatissimo street food- nonostante la pioggia battente inarrestabile degli ultimi giorni. La Festa di Sant’Agata è debitrice di parecchi aspetti dei culti della classicità e ci sono moltissimi riferimenti chiaramente alla cultura greca; del resto siamo pur sempre nella Magna Grecia, no?


Non mi ero mai appassionata, come quest’anno, alla storia di questa donna così amata e sentita tra lava e mare; legata, come dicevo, alla cultura greca in modo praticamente indissolubile. Complice Laura, diventata l’anno scorso la mia assistente personale dopo essere già zia e soprattutto amica (devo raccontarti un sacco di cose, sì), appassionata della tradizione e devota mi sono lasciata totalmente affascinare da questa narrazione incredibile. Ci sono chiaramente diverse versioni ma la leggenda dei martiri di Sant’Agata hanno un gusto di una tale forza che diventa per certi versi motivante. Una donna coraggiosa, un’eroina, che non si è fermata davanti a nulla e ha lottato con una forza inimmaginabile affidandosi a se stessa e alla fede. Sarà che ormai sto invecchiando, o semplicemente che con il passare del tempo si ascolta tutto in modo diverso e maturo. Mi sono ripromessa di approfondire l’argomento. Agata, mi ha davvero sorpreso. Inaspettatamente.


Sulla leggenda dell’olivo ci sono diverse versioni. La più conosciuta è quella che la vuole in fuga dai suoi inseguitori trovare riparo sotto un olivo selvatico nato sotto i suoi occhi capace di proteggerla e nutrirla. L’olivo la sfamò con i suoi frutti ed è per questo che Catania si riempie di piccole e deliziose olivette a base di mandorla e zucchero.


 



Ricetta

Per 8 persone circa: 250 grammi di mandorle spellate, 150 grammi di zucchero, pochissima acqua e colorante alimentare verde.  Zucchero per decorare.


In un recipiente versa lo zucchero e nel frattempo frulla le mandorle spellate fino a ridurle in farina. Unisci la farina di mandorle allo zucchero e aggiungi pochissima acqua. Comincia a impastare. L’acqua non dovrà superare il mezzo bicchiere e l’impasto dovrà risultare piuttosto compatto e non troppo molle. Aggiungi quindi il colorante (prediligi quello in gel) e amalgama per bene sino a ottenere un composto dal colore omogeneo. Conserva in frigo per 20 minuti il materiale ottenuto e poi passa alla formazione delle olive facendo dapprima delle palline e poi ovalizzandole un po’. Passale nello zucchero che hai distribuito su un piatto e conserva in frigo prima di servire. Non si mangiano fredde ma a temperatura ambiente. Queste olivette fresche, al contrario di quelle reperibili nei bar e nei panifici, è meglio conservarle in frigo. Anche fuori dal frigo ma non vicino a fonti di calore. Se sei goloso come me tuffale nel cioccolato fondente. Sono divine!


 


 

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Published on February 05, 2019 03:20

February 4, 2019

I minnuzzi ri sant’Àjita

Pan di spagna, ricotta di pecora, cioccolato e canditi. Le cassatelle. Le Minne. Minnuzze. I minnuzzi ri sant’Àjita o ri Virgini. I seni di Sant’Agata. Il martirio subito con la feroce amputazione delle mammelle da Sant’Agata. Un omaggio di luce e dolcezza da un’angosciante e infernale momento di buio. 


La città è ormai in festa. In ogni pasticceria primeggiano -nonostante tu possa trovarle tutto l’anno- insieme alle olivette di pasta di mandorla; te ne ho già parlato tanti anni fa lasciandoti una ricetta ma vorrei parlarne in maniera approfondita domani. Dolcissime e leziose, le minnuzze; come gli sfarzosi e incredibili dolci della tradizione siciliana. Con il giusto equilibrio però, senza abusare e nauseare soprattutto. Pastose e incredibilmente deliziose. Le cassatelle sono le protagoniste indiscusse di questi giorni. Nella loro semplicità visiva nascondono strati di particolare abilità.



Sant’Agata, santa protettrice della città di Catania, compare nel Martirologio dai tempi antichissimi. Una donna dalla fede incrollabile che subì inaudite violenze e per questo diventata simbolo. Le furono estirpati i seni e fu sottoposta al massacro con i carboni ardenti, così ancora oggi il suo ricordo racconta la forza e il coraggio delle donne. I Catanesi la amano e venerano e ogni 5 Febbraio si riversano per le strade portandola in trionfo tra devoti e miscredenti. Sant’Agata è tra le feste più antiche e suggestive e ogni anno moltissimi turisti vi assistono. Da Catanese mi vergogno a dire che non ho mai avuto occasione di vedere da vicino questa manifestazione d’amore e devozione; il perché è presto detto: da claustrofobica (leggermente agorafobica) sarebbe un massacro anche solo pensare di poter fare trenta centimetri senza cadere per terra in preda al panico. Non ti nascondo però che sogno di andarci. Devo solo trovare una piccola mongolfiera con cui poter seguire il fercolo e gustarmi un percorso ricco di tradizione, leggenda e storia.  Minna in catanese significa seno. Sì, i catanesi orgogliosamente mostrano le minne di Sant’Agata tutto l’anno in onore della loro protettrice e nel ricordo costante e devoto. Piccole cassatelle interamente ricoperte di glassa che odorano di limone, hanno scaglie di buonissimo cioccolato fondente e si sposano benissimo con un tè nero bollente o un caffè.


 


La Ricetta

A differenza della cassata tradizionale invece che il pan di spagna come base c’è la frolla ma esistono diverse versioni. Oggi ti lascio quella con la frolla.


Per la pasta frolla: 300 grammi di farina, 130 grammi di burro a temperatura ambiente, 130 grammi di zucchero bianco semolato, 1 uovo e 2 tuorli di media grandezza, un pizzico di sale e vaniglia pura.


Per il ripieno: 550 grammi di ricotta di pecora, 60 grammi di canditi (facoltativi perché non in tutte le cassatelle ci sono). 100 grammi di scaglie di cioccolato fondente di ottima qualità e 100 grammi di zucchero a velo


Per la glassa: 400 grammi di zucchero a velo, 2 cucchiai di succo di limone, 2 albumi (altrimenti fai con acqua quanto ne occorre), le ciliegie candite per decorare.


Impasta la frolla. Meglio se frulli in un mixer il burro freddo con la farina e poi lavori in spianatoia aggiungendo i tuorli (tieni da parte gli albumi per la glassa) e lo zucchero. Non lavorare troppo come si fa con la frolla, già sai. Avvolgi in pellicola e tieni in frigo almeno 40 minuti. Nel frattempo prepara il ripieno. Setaccia la ricotta con un colino a trame fitte (se lo fai la sera prima ancora meglio) e montala con lo zucchero a velo fino a ottenere una nuvola setosa e morbidissima. Puoi fare tutto anche senza montare e solo lavorando tutti gli ingredienti ma in questo modo il ripieno apparirà più leggero e morbido. Dopo aver lavorato zucchero e ricotta aggiungi il cioccolato e i canditi. Puoi scegliere anche solo le arance candite perché in connubio con il fondente diventano un idillio.


Tira fuori la sfoglia dal frigo e stendila infarinando il piano e il matterello. Fodera degli stampi tondi piccoli leggermente unti e riempi con il ripieno. Chiudi poi con un piccolo cerchio che farà da tappo e diventerà l’involucro perfetto. Cuoci a forno già caldo 190 per 20-25 minuti finché dorato. Lascia raffreddare su una griglia e nel frattempo prepara la glassa.


La glassa la preparo sempre con lo sbattitore elettrico o la planetaria. Il segreto è sempre quello: fare montare gli albumi a nel fermissima e poi aggiungere lo zucchero a velo e il succo di limone. Una volta ottenuta la glassa ricopri bene le minne (mi raccomando devono essere freddissime) e via. Ciliegina sopra e la minuzza è pronta.


 

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Published on February 04, 2019 02:49

February 3, 2019

Una ricetta con le zucchine antica e profumata

La zia Immacolata una volta fece recapitare, a me e Pier, un piattino stracolmo di questa delizia. Non avevo mai visto questo piatto e sin da subito ne rimasi colpita. In realtà poi mamma mi spiegò che lo aveva preparato anche lei diverse volte, passando a quanto pare inosservato ai miei occhi. Senza sminuire la precisione di mamma in cucina, c’è da dire però che il piatto della zia Immacolata, sorella di Nonna materna Argelia Angela, era composto con meticolosità e cura da lasciare estasiati. Zia ha cresciuto mamma, perché dopo essersi trasferiti dalla Calabria a Catania i miei nonni gliela affidarono per il troppo lavoro. Per questo motivo non è solo una zia ma una mamma a tutti gli effetti per la mia. E nel mio cuore un’anima speciale perché gentile, tenera e forte. Una donna che ha sofferto le peggiori pene in questa vita -perdendo anche il suo adorato figlio- ma che nonostante questo ha conservato un cuore pieno di bontà.


Pier ne rimase così colpito che lo richiese addirittura, questo piatto, il giorno del suo compleanno, con somma gioia da parte di mamma e zia che ormai lo hanno fatto diventare simbolo. Non è certo periodo di zucchine ma quando le vedo -o mamma le vede- non resistiamo e le acquistiamo sempre. Devono essere quelle verdi molto chiare, perché ho già provato con quelle scure e il gusto cambia e di molto. L’ultima volta che le ho mangiate è stato subito dopo Natale e le foto risalgono proprio a quel periodo. Mi perdonerai spero se le adopero ugualmente, perché non avendo avuto il tempo purtroppo di scrivere qui sul Blog non ho potuto -ahimè- conservarne il ricordo fotografico, neanche di una singola foto. Non voglio fare quindi progetti per questo anno che verrà: ho imparato con fatica e dolore che farli è da sciocchi. Si vedrà con il tempo se riuscirò ad attivare questo contenitore di ricordi capace di farmi stare bene o no. Inutile dire quale sia la mia speranza. Piano piano. Senza promesse, ansia e planner. Sto lavorando tantissimo e se mi segui un po’ su instagram (nel mio secondo profilo -al momento divenuto principale- iaiaguardo) sai già l’azienda mi ha ormai fagocitato. Un giorno ti racconterò meglio, promesso. Adesso Sto lavorando alla realizzazione del mio show room e sono molto presa, motivata e immersa.


 



La Ricetta

Prendi le zucchine verdi chiare e taglia le parti esterne. Le parti interne conservale per farne una zuppetta o una minestra o quel che ti piace di più. Sbollenta in acqua bollente salata le parti esterne e nel frattempo prendi della mollica e mischiala a menta tritata e sale. Io per far sì che il composto sia più omogeneo metto dentro il frullatore la mollica e le foglie di menta. Metto anche dei pezzettini di crosta di pane per dare una nota croccante, ma davvero pochi senza esagerare. Non far cuocere le zucchine molto perché devono avere carattere. In una teglia disponi prima le zucchine e poi cospargi con le molliche. Ancora una volta zucchine e poi molliche. Condisci con un po’ di aceto di vino bianco mischiato a olio e il piatto è servito. Se ti piace il parmigiano -mamma lo mette a volte- quando frulli mollica e menta. Una delizia che nella sua semplicità ti conquisterà. Ultima nota: a chi piace l’aglio questa è la preparazione giusta. Nel mio caso no. Non fa per me.


Spero che entri a far parte della tua tradizione casalinga. Te la lascio con amore.


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Published on February 03, 2019 11:07

November 10, 2018

Advent Calendar Detective e il Christmas Tea Lover’s Advent Calendar di Fortnum & Mason

“Il suo sguardo era apparentemente svampito ma penetrante e il naso dritto conferiva alla sua espressione un’aria vigile e decisa. Il mento era tondo, tipico della donna arguta e sagace. Le mani, invariabilmente macchiate d’inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi, possedevano un tocco straordinariamente delicato, come ebbi occasione di notare quando lo osservavo maneggiare i fragili strumenti della sua ossessione: i calendari dell’Avvento” ( da La scienza della deduzione, secondo capitolo di Uno studio in rosso. Leggermente rivisitato).


Quest’anno mi sono ripromessa di chiudere l’anno in bellezza, o perlomeno provarci. Dopo un anno di fatiche mentali e fisiche che mi hanno completamente stravolto -e l’assenza dal blog ne è un fulgido e validissimo esempio immediato- mi sono rimboccata le maniche, guardata allo specchio e detto esattamente queste testuali parole “Ti sei ridotta uno schifo, Iaia mia. Almeno sul finale abbi un minimo di decoro, santocielo!”.

E piena di buona lena, ordunque, ho deciso che bisognava partire da qualcosa che avesse davvero un peso importante. Un senso. Un punto fermo per ricordarmi che non ero del tutto sfacciata, sfinita, invecchiata, affranta, stanca, esausta, svuotata e infine ma non per importanza esaurita, vuota e debilitata.

L’unica cosa razionale da fare era stendersi sulla chaise longue -chiedendo a Koi il permesso perché è ormai sua come il resto della casa e della mia esistenza tutta- e ragionare sul da farsi focalizzando per punti le priorità della mia vita.

Ecco.




La priorità della mia vita al momento è il Natale. Sono nata sotto le luci dell’albero. Un assioma constatare che vista la mia morte fisica e psicologica apparente io potessi proprio rinascere ancora una volta.

Bingo! (solo io penso alla scena della pallottola spuntata quando lo dico o c’è qualche adorabile psicotico in sala da venerare?)

Sulla chaise longue ho capito che io avevo una missione. Io servivo ancora all’umanità e forse anche a me stessa. Io dovevo inforcare immediatamente il mio impermeabile da investigatore privato, rispolverare le mie lontani origini londinesi (inventate, chiaramente. Ma nel tempo qualche Londinese nel mio albero ci sarà stato, no?), sfoderare le tazzine più pregiate soprattutto quelle basse dove entra solo un decilitro di acqua e foglie e la metà la versi sul maglione e.

E trasformarmi nell’Advent Calendar Detective.

Tu dirai: e che cos’è?

Te lo spiego subito.

Non lo so. Ma in un’era dove si è fotografi dopo tre foto su instagram, make up artist dopo aver truccato la cugina per le feste e caricato il video su youtube e chef tre stelle dopo aver aperto un blog su una piattaforma a casa e fotografato la frittata, chi mai avrebbe osato dirmi che non potevo essere l’Advent Calendar Detective più famoso e bravo del mondo?

Del resto sono l’unica.


 




Mi sono munita quindi di carta gold e via con il plafond illimitato: “è per l’umanità!” urlavo mentre meccanicamente compivo l’azione che mi riesce meglio “aggiungi a carrello”, “aggiungi a carrello”, “aggiungi a carrello” e. Aggiungi a carrello, sì.

Ho comprato una quantità industriale di calendari dell’Avvento. Ho pure fatto il calendario dell’Avvento del calendario dell’Avvento (che puoi guardare e scaricare su Laboratorio). Li ho presi con i trucchi, con le creme, con i tè, con i lego, con i puffi e pure con gli smarties. Ho la casa piena di calendari dell’Avvento e ho già prenotato una visita perché conscia del fatto che mi ridurrò con il tunnel carpale durante l’apertura di tutti questi calendari.

Però io indagherò per te. Passerò il mese di Novembre a ticchettare. A dirti cosa ho scoperto. A spiegarti cosa si cela dietro le caselle e se ne vale la pena o no. Riuscirò a sondare, interrogare e vivisezionare ogni singolo prodotto. Interrogherò amici, parenti e passanti. Metterò a dura prova tutti affinché io possa aiutarti nell’arduo compito della scelta del calendario dell’Avvento più calendario dell’Avvento migliore che ci sia.

La tua Advent Calendar Detective munita di cappotto cammello Max Mara rigorosamente (ma non quello con la cintura che sembro un sacco dell’immondizia, ti prego) è pronta a tutto. Il tuo Natale è al sicuro. Dalle truffe, dagli inganni e dalle orribili caselle che potrebbero influenzare negativamente la tua giornata. 
E se tu, fissando questo schermo, vuoi dirmi “Iaia ma io non lo faccio il calendario dell’Avvento” pensa che sei responsabile. Sei responsabile del mio avvenire e della mia risalita psicofisica.

Illudimi.

Dimmi che è un’idea geniale.

Mentimi.

Esaltati insieme a me e ringraziami perché niente ti è stato più utile.

Fai la tua buona azione quotidiana e non focalizzare razionalmente il punto. Vaneggia e delira. Ci è rimasto questo, amici miei, e dobbiamo prendercelo con tutte le nostre forze.




 Christmas Tea Lover’s Advent Calendar


 


Dopo averti spiegato esaustivamente (anche troppo) il perché di tutto questo entusiasmo circa i calendari dell’Avvento, comincio con il presentarti il primo: Christmas Tea Lover’s Advent Calendar di Fortnum and Mason. Ne ho visti diversi di calendari dedicati ai tè e avremo modo di parlarne. Rimangono i miei preferiti, data la mia passione per il prodotto e la filosofia in sé, e per gli appassionati del genere diventano un regalo prezioso. Hai la possibilità infatti di gustare diverse varietà, se non addirittura ventiquattro diverse, di una marca specifica e capire in un sol colpo quale prodotto incontri maggiormente i tuoi gusti. Nel caso di Fortnum and Mason che possiede un catalogo pressoché immediato è presto detto: un’occasione imperdibile! Ci sono, è vero, i pacchetti degustazione e quello più famoso è composto da ben 60 bustine -seppur con diverse ripetizioni- ma l’idea di aspettare, sorseggiare e immaginare il successivo come un prezioso regalo rimane magica e riesce ad aggiungere quel tocco di sapore in più. Ha un prezzo di 25 sterline. Il cartone non è rigidissimo ma abbastanza resistente. Le caselle si aprono senza difficoltà e non si rischia -come spesso accade- di frantumare o aprire erroneamente altre caselle. All’interno ci sono illustrazioni dal gusto vittoriano fatte eccelsamente in pieno stile inglese, che ti faranno sognare. Non manca la teiera, dei volatili e la corona senza dimenticare le Christmas cake, l’arancia essiccata, l’orologio che ti riporta a Wonderland e il tacchino. Animali fantastici e creste di uccelli colorati e ondulati insieme ad agrifogli e tazze ricolme di tè. Solo per le illustrazioni, ricreate, ne vale la pena. Ma non contenti di tutta questa bellezza di linea all’interno trovi davvero degli ottimi tè in 24 sulky bags; che fanno comunque la differenza. Certo non sono foglie ma neanche quell’orrende bustine commerciali, che perdonami, non reggo. Non ho mai retto. E suppongo mai reggerò neanche con tanta pazienza. Trovi il Christmas Tea, il Ruby red infusion e il Gunpowder. C’è il Moroccan mini, Darjeeling ftgfop, Earl grey immancabile, Assam tgfop, Camomilla (buonissima!), Infuso di albicocca lavanda e miele (di una bontà inaudita), Breakfast blend, Liquirizia e menta con limone (infuso), Rose pouchong e molto altro. Gli infusi di Fortnum & Mason all’interno di questo calendario garantiscono una valida alternativa a una bella sfilza di tè, perché diciamocelo c’è chi (come me purtroppo) non potrebbe reggere 24 giorni filati di tè nero. Questa varietà di gusti e sapori sapientemente miscelata ti fa pensare che non siano buttati a caso ma proprio studiati sino ad arrivare al gusto più forte e speziato come quello del Christmas Tea finale. Una sorta di percorso che farà esplodere come luci di Natale le tue papille gustative. Ti anticipo che di calendari dell’Avvento di F&M ne ho presi diversi. Ti parlerò di quello al cioccolato e anche quelli di legno. La vastità è entusiasmante. Lo shop online, come ho spesso ribadito, è celere e affidabile. Ti dicono una data e quella è. Ho potuto constatare che soprattutto gli Inglesi sono maniacalmente precisi nelle consegne. Sin da subito ti indicano -quasi tutti i siti- la data di consegna e raramente sbagliano. Soprattutto con Fortnum & Mason non ho mai avuto problemi di alcun genere. Ho preso qualsiasi cosa in qualsiasi stagione. Che siano stati cioccolatini, addobbi in vetro, teiere, accessori delicatissimi non ho mai contestato un arrivo. Non è mai arrivato nulla di rotto, scheggiato o vagamente usurato. È sempre stato tutto perfetto a livello maniacale. In questi giorni sto aspettando anche dei decori natalizi molto delicati e ti saprò dire. Avendo fatto decine di ordini posso però asserire senza dubbio alcuno che la precisione e l’accuratezza sono prerogative di questo shop online. Senza contare poi il nome di Fortnum & Mason in sé.



Già questo calendario l’ho messo in palio due volte nelle tombolate che sto organizzando sul profilo instagram iaiaguardo. Ti invito pertanto qualora non mi seguissi anche lì –mi trovi anche su maghetta– a farlo, in caso ti facesse piacere, perché entro fine Novembre ne metterò in palio altri. Di questo tipo nello specifico esattamente due.


 


 


Su Instagram mi trovi:

Su maghetta: illustrazioni


Su iaiaguardo: Food, Lifestyle


Su maghetta.it: casa, moda e tutto quello che riguarda la cura


 


 



La risposta alla domanda: “Ma cosa ne farai di tutti questi regalini che troverai nelle caselle?”: Condividere e donare è una delle cose che mi rende più felice. Dare mi rende felice più di avere. Ho tutti i difetti possibili e pure quelli inimmaginabili. L’unico pregio che mi riconosco è la generosità.

Video su questo calendario

Se riesco questo pomeriggio filmo un video così te lo faccio vedere meglio. Che ne dici? Se ti fa piacere seguimi su YouTube.

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Published on November 10, 2018 03:15

April 30, 2018

Rainbow Waffle. Ricominciare da un arcobaleno morbido

Si è capito che con i waffle ho un problema. Quella che segue non è una vera e propria nuova ricetta perché ho usato sempre lo stesso impasto, che ti lascio sotto, ma più una speranza di colore, ecco. Perché non è che c’eravamo proprio lasciati in allegria. Ci sono ancora -purtroppo- lavori al sito (che ne richiede tanti e troppi) e con questo spostamento definitivo di server che accadrà questa settimana non dovrei (speriamo) parlare più di queste cose tecniche noiose. Mi ha davvero destabilizzato un bel po’ avere una casetta tutta mia; bello per carità ma sistemare i mobili, gli arredi e soprattutto la cantina è stato faticoso a dir poco. Come una casa vera, sì!


Ci siamo quasi però, dai. In alcuni post molto datati non troverai più le immagini. Una storia lunga che ti risparmio su cui ho pianto un bel po’. Sistemerò anche quelli perché fortunatamente da brava maniaca ossessiva ho conservato tutto l’archivio fotografico catalogandolo per bene con mesi e date. Riprendere in mano però il sessanta per cento dei miei contenuti farebbe rabbrividire anche il più stoico nordico (infatti Sandro Siviero è collassato).


Mi sono presa una giornata solo per me e per il blog, però. Scriverò, sistemerò e sopratutto organizzerò i festeggiamenti del primo anno -perché manca sorprendentemente poco- di questa nuova prima casetta in proprio.


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Un arcobaleno dopo tutte queste tempeste ce le meritiamo un po’, no? Nel frattempo, visto che ricevo sempre tantissimi messaggi, ti avverto che è vero sono latitante sul blog ma non su instagram -soprattutto iaiaguardo – e che se dovessi mancarti potrai guardarmi, ascoltarmi e leggermi. Faccio sempre diverse storie, pasticci, deliri e da un po’ ho ricominciato con delle vere fermatempo.


Devo raccontarti ufficialmente di me e Ombretta ma quello merita un post a parte. Devo raccontarti anche dei waffle con la paprika che abbiamo fatto e degli scones davvero speciali insieme a dei biscotti con i petali di fiori. Sono davvero troppe le cose quindi inspiro. Assaporo questo arcobaleno con te e.


Si riparte.


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La Ricetta?

In pratica te ne ho parlato allo sfinimento



200 ml di latte vegetale
160 gr di farina 0 (o quella che preferisci)
1 cucchiaino e mezzo di lievito
60 ml di olio vegetale (anche con la metà vengono buonissimi. Un po’ meno soffici)
sale e pepe se vuoi o spezie che preferisci

Il colorante alimentare solo se vuoi provare a costruire un arcobaleno ma non occorre. Spennelli la piastra ed è fatta.


 


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Published on April 30, 2018 07:33

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Iaia Guardo
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