Iaia Guardo's Blog, page 55
March 20, 2019
Chelsea Bun alla ciliegia
I Chelsea Bun più buoni che abbia preparato, onestamente, sono quelli con la purea di mela. Davvero insuperabili. Questi che oggi mangiamo insieme in Inghilterra sono con la ciliegia. A ben pensarci per non fare lo stesso mio sbaglio abbonderei con il ripieno per renderlo più buono e gustoso. Non è un problema eccedere con il ripieno, anzi. La cosa che ho notato poi è che con le confetture o marmellate (di arance amare per l’esattezza) tendono a rimanere più secche. La purea di mela l’ho fatta in casa con le mele fresche e quest’umidità ha donato un gusto e una morbidezza che con la consistenza dei prodotti già in vasetto non si ottiene. Certo è che come accade con i cinnamon roll ci si dovrebbero dare delle ricchissime spennellate di burro ma francamente tanto bene alla salute non fa ed eviterei. Il segreto posso dirti è quello di rendere molto umido l’impasto altrimenti ti ritroverai tra le mani un Chelsea Bun buono sì ma un po’ secchino. Soprattutto se non vuoi fare la glassa sopra. Molti credono che la glassa sia un surplus ma in realtà senza quella si perde in elasticità. È necessaria insomma.
Ma cosa sono? Creati nel diciottesimo secolo al Bun House di Chelsea, vengono arrotolati come i Cinnamon Roll ma a differenza di questi hanno un involucro non troppo zuccherato perché l’interno e la glassatura adempiono perfettamente a questo compito, come ti dicevo giustappunto qualche riga più su. Sono assolutamente perfetti per una colazione ricca e di festa ma anche per un tè. Meglio se organizzato per bene con tovaglioli ricamati e teiere con tazze scompaiate subliminalmente. Ce lo meritiamo un tè elegante fatto di merletti e tazze. Ce lo meritiamo eccome questo momento.


I Buns:
250 grammi di farina tipo 0 o integrale
1 cucchiaino di zucchero semolato
2 cucchiaini di lievito di birra disidratato (l’ho fatto anche con il lievito per dolci e vengono buonissimi uguale)
1 cucchiaino di sale
20 grammi di burro
150 ml di latte tiepido
1 uovo sbattuto leggermente
Il ripieno
confettura di ciliegia
80 grammi di uvetta di Corinto
30 grammi di burro (facoltativo perché se non vuoi esagerare puoi omettere tranquillamente)
La copertura
3 cucchiai di zucchero semolato
3 cucchiai d’acqua
3 cucchiai di zucchero semolato
un cucchiaino di cannella in polvere
In un recipiente mescola la farina con lo zucchero, il lievito e il sale. Incorpora il burro e lavora un po’. Unisci il latte e l’uovo sbattuto. Impasta con le mani e poi su un piano infarinato; lavora per dieci minuti finché l’impasto sarà liscio ed elastico. Metti in un recipiente e copri. Lascia lievitare per un’ora finché tutto non è raddoppiato di volume.
Una volta trascorso il tempo stendi per bene l’impasto con un matterello e forma un rettangolo di ameno 30×25 cm. Distribuisci con l’aiuto di una spatola il burro fuso e sopra un po’ di confettura di ciliegia (o quella che preferisci) e in tutta la superficie metti l’uvetta. Arrotola per bene lasciando uno spazio di 2 centimetri su uno dei lati lunghi e dopo che hai arrotolato sigilla i bordi e taglia in 9 fettone di almeno 4 cm l’una. Disponi adesso i nove pezzetti su carta da forno e lascia lievitare ancora un’altra ora. A forno già caldo a 180 cuoci per 15 massimo 20 minuti.
Scalda lo zucchero in un pentolino con l’acqua a fuoco basso fin quando lo zucchero si è sciolto. Spennella questo composto sopra i Bun e se vuoi spolverizza ancora con la miscela di zucchero e cannella.
Cozonac
E sempre a proposito di meritarci un tè con delle delizie ti propongo, qualora te lo fossi perso, anche il Cozonac. Già con queste due preparazioni, qualche sandwich al cetriolo e salmone e un po’ di frutta fresca allestirai un tavolo di tutto rispetto.
March 19, 2019
La Babka al fondente
Sulla Babka al cioccolato ho ticchettato tanto. Non è pane ma neanche brioche. Non è una torta e non è una ciambella. Non è morbida nel senso spugnoso ma neanche troppo compatta. Non è dolce e neanche salata (questa versione al cioccolato però è sicuramente più dolce, sì). E’ buona. Qualsiasi cosa sia è una meraviglia buona. Sinteticamente: Babka. E Babka in polacco significa: Nonna.Trovo che il nome sia poetico, dolce e profondo e che riesca a riassumere perfettamente l’essenza di questa preparazione. Ho provato tutte le babka, ma soprattutto a quella ai semi di papavero che piaceva moltissimo al mio papà sono molto legata. Oggi però per questo nostro viaggio in giro per il mondo ti propongo la versione golosa. Sicuramente con tutto il cioccolato che nel periodo pasquale girerà senza sosta per casa questa rimane un ottimo modo per adoperarlo al meglio.
Viene decorata con glassa alla vaniglia ma anche con mandorle e frutta candita. Molte volte odora di rum; io non l’ho messo ma se vuoi metterlo nell’impasto, perché ti piace, sicuramente aggiungerai un quid. Viene preparata la Domenica di Pasqua in Polonia principalmente ma non manca mai neanche in Bulgaria e Albania. Ci sono diverse tradizioni e molte sono associate proprio alla Pasqua, mentre per quanto riguarda quella natalizia viene legata alla Romania. Un intreccio che può essere insaporito con cannella, vaniglia e tutte le meravigliose spezie. Alcuni mettono anche i chiodi di garofano che rappresentano proprio la croce, simbolo pasquale per eccellenza.
La Ricetta
200 grammi di farina 00
230 grammi di farina Manitoba
8 grammi di lievito disidratato (ma se vuoi puoi usare anche quello fresco. Nel caso 18 grammi sono perfetti)
90 grammi di zucchero bianco semolato
230 grammi di latte intero
4 uova di media grandezza
100 grammi di burro
pizzico di sale
vaniglia
Ripieno:
280 grammi di fondente
2 cucchiai di cannella in polvere
70 grammi di burro
un uovo
Per spennellare occorre latte e uovo sbattuto.
Vai di gancio e planetaria. Separa i tuorli dagli albumi e metti i primi nel latte mescolando un po’. Nella planetaria metti la farina, lo zucchero, il sale, il lievito e la vaniglia e a filo il latte con i tuorli. Solo alla fine il burro che deve essere a pezzetti ma non troppo freddo. Lavora l’impasto a bassa velocità per almeno mezz’ora e aggiungi il burro pian pianino. Una volta che l’impasto è omogeneo e ben compatto lavora su un piano infarinato per qualche minuto e forma una grande palla. Lascia lievitare in un recipiente imburrato e coperto per almeno tre ore e comincia a preparare il ripieno che richiede davvero pochissimo tempo. Devi tritare grossolanamente fondente in un mixer e aggiungere la cannella e il burro molto freddo da frigo in modo da ottenere un composto sbricioloso.
Una volta che è trascorso il tempo di lievitazione devi lavorare l’impasto sul piano infarinato. Con un matterello ottieni un rettangolo e metti la farcitura su tutta la superficie lasciando il bordo di almeno 4 centimetri. Sbatti l’uovo e spennella per bene i bordi prima di arrotolare saldamente. Devi ottenere adesso due filoncini tagliando il rotolo a metà nel senso della lunghezza e poi intrecciare per bene sigillando le estremità con le mani facendo forza. Una volta ottenuta la treccia devi trasferirla su una teglia foderata con carta da forno e spennellare tutta la superficie con latte e uovo sbattuto. Cuoci per 45 minuti a 180 finché tutto è dorato ma prima di infilarla nel forno lasciala riposare 20 minuti. E ammirala, perché è davvero bellissima.
Cozonac e Babka
Cozonac e Babka, due lievitati incredibilmente buoni, semplici e bellissimi da vedere sulle tavole in festa.
Crispelle di Riso e Zeppole di San Giuseppe
Te lo dico onestamente, volevo saltare a piè pari questa festa. Non volevo neanche nominarla perché più passa il tempo e più patisco; così senza tanti giri di parole. Poi però l’altra mattina è successa una cosa.
Stavo lavorando intensamente e non mi sono resa conto dell’ora, del giorno e credo anche del luogo. In cucina ho trovato Pina, la santa donna che amo come una sorella e che si prende cura della mia casa ma più dell’anima, come ti ho detto. Con il suo dolcissimo sorriso mi ha mostrato un’alzata strapiena di queste meraviglie: le zeppole di San Giuseppe. Più volte avevamo detto di provarle. Nonostante tutto, sì. Però proprio quest’anno per via anche di una stanchezza fisica non indifferente (dovrei fermarmi ma non riesco) avevo sentenziato un secco: passo. In data da destinarsi avrei provato a fare le zeppole. Così era stato deciso. Anzi a dirla tutta non avrei neanche preparato le crispelle di riso, che da quando ho memoria sono sempre state presenti sulla tavola. Non è San Giuseppe, e festa del papà, senza le crispelle di riso a Catania. Ormai da anni tra l’altro fatte con l’infallibile ricetta di Pina che tanto piaceva a papà e che ho messo anche sul mio libro “Le Ricette di Maghetta Streghetta” edito da Mondadori.
Ho trovato Pina sorridente con un’alzata strapiena di zeppole; perfette come dipinte e con una ciliegina al centro. Una meraviglia. Incantata non sono riuscita a smettere di guardarle.
“Sono buonissime!”, ha detto. Pina mi ha fatto questa sorpresa e.
E io sono rimasta, come spesso accade con lei, senza parole.
E con fatica, ti confesso, mi sono imposta che no. Crispelle e Zeppole -nonostante tutto- devono stare lì. Perché non ti festeggio con te fisicamente accanto, Vita mia. Ma che tu sia qui, appiccicato stretto al mio cuore. E che tu sia sempre il più importante sopra ogni cosa è l’unica costante certezza della mia vita. Sempre. E imperituramente.
La Ricetta delle zeppole
100 grammi di burro
150 grammi di acqua
150 grammi di farina
5 uova di media grandezza
pizzico di sale
zucchero a velo per servire
La crema pasticcera che preferisci
In un pentolino versa l’acqua e il burro e poi il pizzico di sale. Porta sul fuoco e gira fin quando il burro è sciolto. Appena inizia a bollire aggiungi la farina e gira velocemente. Ottieni un impasto molto compatto e lascia intiepidire togliendo dal fuoco.
A fuoco spento aggiungi le uova una alla volta, l’impasto che devi ottenere è denso e cremoso. Riempi la sac a poche con una punta classica a stella e sulla carta da forno forma le zeppole con movimenti circolari facendo due giri e lasciando il centro vuoto perché poi gonfierà in cottura.
Cuoci a 200 già caldo per 15 minuti e poi abbassa a 190 per 8-10 minuti circa finché saranno dorate.
Prepara la crema pasticcera che preferisci per poi metterla sulle zeppole quando saranno fredde e chiudi con ciliegina e zucchero a velo.
La Ricetta delle Crispelle di Riso
500 ml di latte intero (si può fare anche 250 ml di acqua e 250 ml di latte)
150 grammi di riso
6 grammi di lievito per dolci
un’arancia non trattata
70 grammi di farina 00
2 stecche di cannella
un pizzico di sale
zucchero a velo per chiudere
miele da mettere sopra le crispelle una volta cotte
Cuoci il riso in una pentola con il latte. Aggiungi un pizzico di sale e le stecche di cannella, che toglierai quando il riso comincerà ad assorbire i liquidi. Fai cuocere a fuoco moderato per 25-30 minuti. A quel punto il riso si sarà compattato. Stendilo su una pirofila e lascialo raffeddare. Aggiungi la scorza grattugiata, la farina e il lievito. Gira per bene e se tutto risulta troppo duro aggiungi poco latte ma senza esagerare. Molti usano il lievito di birra sciolto nel latte con un po’ di miele. In tal caso il composto dovrà riposare un po’ di più. Forma dei bastoncini di 6 cm circa e friggili in olio bollente. Scolali per bene e servili caldissimi con zucchero spolverato sopra e miele (anche fredde le crispelle sono buonissime ma calde, diciamolo, hanno tutto un altro sapore).
March 18, 2019
Cozonac e il viaggio verso l’isola di Pasqua
Maghetta stava sulla mensola del caminetto mentre osservava giù. Si era addormentata e non sapeva come fosse finita lassù. Di fronte a lei dentro lo specchio del mobile sembrava ci fossero le onde del mare. Vicino a questo c’era una valigia aperta e vuota.
Improvvisamente cominciarono a volare dei libri e dall’armadio volarono sciarpe, cappelli, costumi e cappelli. Pure l’ombrellino, il coniglietto Tuppete e i biscottini fatti dalla nonna avvolti dentro un fazzoletto pieno di merletti. La valigia si chiuse stringendo le cinghie fortissimo e cominciò a volare. Volò su sin allo specchio e poi di colpo si fermò.
Prima di essere risucchiata. Maghetta non credeva ai suoi occhi. Si sistemò il vestito tutto arrotolato e strizzò gli occhi per capire se stesse ancora dormendo. Scese giù dal caminetto e si avvicinò allo specchio. Più si avvicinava e più sentiva odore di cioccolato. Lo specchio non rifletteva la sua sua figura ma onde di mare. E in fondo in fondo una piccola mongolfiera che sembrava avere il telo ricamato dalla sua nonna tanto era bello. All’improvviso un vortice. Velocissimo. Era cominciato il Viaggio. Quello che l’avrebbe portata sull’isola di Pasqua.
Da domani, 18 Marzo, fino al 21 Aprile che sarà Pasqua viaggeremo insieme tra meraviglie. Una ricetta al giorno sul blog intorno ai mondi, idee extra qui su Instagram e non solo, sorprese nascoste, illustrazioni e racconti. Un viaggio che spero ti porti sorrisi e luce. Non serve la valigia, che come vedi si prepara da sola, ma fantasia e voglia smisurata di bellezza. Sei pronto/a?
Comincia il viaggio!
Come ti ho preannunciato su Instagram Iaiaguardo, da oggi fino al 21 Aprile ovvero quando sarà Pasqua, ci sarà un contenuto al giorno -qui, su instagram e sul canale youtube– e un viaggio attraverso le tradizionali Pasquali di tutto il mondo e non solo. Anni fa abbiamo fatto un Tour Pasquale prettamente italiano e tra casatielli, pupi cull’ova, cuddure, stiacciate, torte pasqualine, pastiere e torte al formaggio abbiamo percorso insieme, io e te, tutta la penisola. Quest’anno vorrei farne uno -come quello Natalizio del 2014- intorno al globo. Dalla Russia alla Finlandia passando per il Messico e la Grecia senza dimenticare i meravigliosi paesi mediorientali; alcune ricette saranno tipicamente pasquali, mentre altre scelte per essere inserite e contestualizzate.
Spero che la mia selezione ti piaccia e che questo viaggio, ti confesso faticoso dal punto di vista organizzativo, sia entusiasmante e capace di farti sognare. A proposito di questo vorrei ricopiare la caption scritta, come ti dicevo, su instagram perché rappresenta il biglietto di partenza.
“Da ormai cinque anni esatti non mi concedo una vacanza. Ho dovuto imparare tutto da capo. A vivere in un altro modo. A diventare anche un’altra persona. Ad assumermi -questo l’ho voluto- le mie responsabilità. Non ci sono state più mattine spensierate poggiandomi sulle spalle di papà ma erano le mie che dovevano essere e diventare belle forti e anche molto capienti. Passare da figlia unica viziatella che poteva permettersi di dedicare il tempo alle proprie arti e ai propri sogni a responsabile di vite altrui e lavori strettamente -perché è così- legati a un mondo maschile, è stato a dir poco scioccante. Mi avessero detto cinque anni fa che sarei arrivata qui nonostante tutto senza perdere completamente la ragione non ci avrei creduto. Mi avessero detto che ci sarei riuscita e che con grandi complimenti da parte di tutti avrei portato avanti il nome di papà, mi sarei fatta una grande risata isterica. E invece.
Adesso ho quasi trovato un equilibrio. Quasi, sì.
Ho prenotato la mia prima vacanza in questa seconda vita e lo farò ancora e ancora senza smettere. Mi sono messa in testa di partire da dove tutto sembrava finito. E con la consapevolezza di me stessa che ho adesso so che lo farò.
Ti racconto questo per dirti quanto sono brava? No. Non lo sono più di nessun altro.
Ti racconto questo perché negli anni grazie a te ho potuto viaggiare ugualmente. Attraverso disegni, cibo e parole. Sul Blog diverse volte, se mi leggi da un po’, sai che ho organizzato veri e propri tour: natalizi, pasquali e molto altro. È stato un modo per non fermarmi con il cuore visto che fisicamente rimanevo paralizzata, più che immobile. È stato un modo per viaggiare ugualmente non smettere di fotografare, disegnare e scrivere. Perché le ragioni che mi portano a fare tutto questo sono strettamente personali; quella che più volte ho definito la terapia più efficace.
Non ho mai voluto essere qualcosa di specifico. Non mi sono mai voluta dare un’etichetta. Ho solo voluto essere vera. Lo scorso anno non sono riuscita a fare il Tour Pasquale e neanche l’anno precedente e quello ancora. Ho lasciato libri da pubblicare da parte. Ho lasciato quello che era giusto fare non solo per me. Ho imparato a essere meno egoista e a non pensare solo ai miei sogni. Quest’anno mi sono impuntata e costretta a esserlo un po’, però. Per questo motivo partiremo insieme, come i vecchi tempi, con un tour tra disegni, cibo e ricordi. Un viaggio intorno al mondo con più di 40 ricette. Dal 18 Marzo fino al 21 Aprile, infatti, ci sarà una ricetta al giorno e un contenuto qui e sul Blog. Tornerò, come ho promesso a molte di voi, su Youtube cercando di filmare giusto qualche preparativo e alla fine di questo viaggio “virtuale” prometto che ti porterò con me anche in quelli reali. Perché ti porto sempre con me. Soprattutto nel cuore.
E se a qualcuno tutto questo potrà sembrare patetico e melenso sono felice. E sono felice perché significa che sono diversa e lontana dai motivi altrui che spingono la sovraesposizione qui.
Il mio motivo è sognare, farti sognare. Farti mangiare, senza paura. E viaggiare. Con una mongolfiera, sommergibile e tappeto volante, ancora meglio”.

Cozonac
Il Cozonac è il dolce delle feste bulgare, rumene e anche albanesi. Molti lo attribuiscono alla cucina rumena ma in realtà appartiene alla cultura e tradizione di molti paesi dell’Est. Si tratta di un pane dolce arrotolato con ripieno di noci, cacao e frutta secca con la presenza di semi di papavero; molti dolci dell’Est, e lo abbiamo visto insieme più volte, hanno la presenza di questi deliziosi granelli. Una preparazione che piacerà moltissimo alle persone che non amano i dolci troppo stucchevoli e leziosi; il sapore prevalentemente sa di pane ma poi il ricco contenuto esplode in bocca. Molto scenografico, è perfetto per le tavole in festa.
La Ricetta
Per l’impasto:
250 grammi di farina manitoba
250 grammi di farina 00
10 grammi di lievito di birra fresco
80 grammi di zucchero
180 grammi di latte intero
110 grammi di burro
2 uova
vaniglia in polvere, un cucchiaino
un pizzico di sale
Per il ripieno:
140 grammi di noci sgusciate e tagliate a pezzetti
20 grammi di cacao amaro in polvere
20 grammi di cioccolato fondente
80 grammi di zucchero
60 grammi di latte intero
In un pentolino sciogli nel latte il cacao amaro in polvere e lo zucchero e poi aggiungi il fondente. Aggiungi infine le noci tagliate a pezzettini e quando è tutto ben amalgamato metti da parte.
Adesso miscela le farine insieme e setacciale. Sciogli il lievito con un po’ di zucchero in 50 grammi di latte intero tiepido. Nell’impastatrice metti la farina, il lievito con il latte, le uova e lo zucchero e il latte che è rimasto, sempre leggermente intiepidito. E ancora la vaniglia cominciando a lavorare. Solo durante la lavorazione a bassa velocità aggiungi il burro a temperatura ambiente ma non troppo sciolto. Se serve un altro po’ di farina aggiungila senza problemi. Quando l’impasto si stacca dalle pareti infarina il piano e lavoralo un altro po’. Forma una palla e metti dentro un recipiente infarinato. Riponi in frigo una notte e lascia riposare.
Prendi l’impasto e mettilo fuori dal frigo fin quando è a temperatura ambiente. Dividilo in due parti e poi fai due rettangoli. Farcisci con il ripieno di noci e cioccolato ma lascia libere naturalmente le estremità. Avvolgi i due rotoli girandoli uno sull’altro come fosse una corda e poi poggia in uno stampo tipico da plumcake di forma rettangolare. Lascia lievitare per altre due ore. Trascorso il tempo: cuoci per quaranta minuti a 155 gradi o finché è dorato, perché dipende dalla lievitazione e dal forno. Alla fine lucida tutto con un pennello da pasticciere con acqua e zucchero e taglialo solo quando è freddo.
March 17, 2019
Il Roastbeef (nella slow cooker) con il chutney di Zucca
Sono foto fatte nell’inverno 2017 (credo) che non ho mai pubblicato; sai già che ho un ricchissimo archivio, considerato che fotografo quasi tutto quello che viene servito da me qui in casa e che negli ultimi anni non ho seguito una pubblicazione così serrata come gli anni precedenti. Moltissime preparazioni non vedranno luce qui sul blog proprio perché non vorrei accumulare così tanto da ritrovarmi a pubblicare ricette di mesi prima-se non anni come in questo caso- e mettere da parte il vero presente. Già faccio fatica a capire chi e dove sono al mattino, ci manca solo lo spazio temporale falsato (risate tragiche in sottofondo). Ho fatto quindi una piccola selezione e magari una tantum o in doppia uscita giornaliera o settimanale te ne metto qualcuna; quelle che spero possano essere più interessanti, chiaramente. Quando si tratterà di dolci scriverò tutte le dosi precise ma nel caso del salato, come oggi, o in quelle preparazioni che non richiedono dosaggi precisi te li racconterò semplicemente.
Questo roastbeef per esempio con il chutney di zucca era piaciuto tantissimo. Lo avevo accompagnato a piccoli biscottini salati fatti di brisée con un po’ di salsa di ciliegino, sale e pepe. Ho provato diversi chutney, lo sai. Saranno dieci anni che non smetto di farli e innamorarmene. Ho capito però -e voglio condividere con te questo mio piccolo segreto in cucina- che non funzionano affatto le ricette dei chutney. Non è assolutamente -e non può essere- una ricetta precisa fatta di sei chiodi di garofano e quattro carote. Dipende -e non accade in tutte le preparazioni- innanzitutto dal gusto dell’ingrediente e dalla stagione. Dalla tipologia di spezie, anche. Bisogna assaggiare e anche qui avere un minimo di “esperienza” perché i chutney più delle confetture cambiano e trasformano il sapore dopo il raffreddamento e il tempo trascorso.
In questo caso specifico ho cotto i pezzetti di zucca con una bella cipolla grande. Ho messo anche della cipolla rossa di Tropea e mezza mela con due carote. Per il contrasto ho aggiunto la scorza grattugiata di due arance biologiche e anche una di un limone. Le spezie sono state curry, curcuma e zenzero fresco grattugiato (non troppo ma dà freschezza) e chiodi di garofano. Un pizzico di cannella e pepe nero con sale. Aceto e zucchero per l’agrodolce, immancabile.
Il Roastbeef nella slow cooker
Il roastbeef, stando a quello che mi è stato detto perché sai che non mangio carne, nella slow cooker è piaciuto eccome. L’importante è “chiuderlo” come nella cottura tradizionale in forno prima in padella. A me piace farlo nel tegame de Le Creuset, perché per qualche oscura ragione come ti ho mostrato in diversi Food Vlog viene più saporito (sarà dovuto certamente al materiale). Quindi olio extra vergine d’oliva e roastbeef a fuoco medio alto che si chiude in tutte le direzioni. Poi invece di procedere con carta forno e liquidi della padella nel forno si fa lo stesso procedimento ma mettendo tutto nella crock pot. La cottura lentissima di cinque ore a velocità minima farà sì che la carne risulti semplicemente perfetta.
Posso dirti che sei ore a modalità bassa, per intenderci, fa sì che la cottura sia media. Rossastra dentro ma non troppo. Avendo diverse slow cooker e avendo provato il roastbeef in tutte e tre posso dirti che il modello (perché varia la temperatura) può influire e che quindi la prima volta bisogna prenderci un po’ confidenza. Senza neanche sottolineare l’importanza del peso.
Un chilo e duecento grammi è quello che ho cucinato io.
March 16, 2019
Maccheroni con spada, olive e ricotta salata
*calma ispira espira. SO che sei sconvolto dal formaggio sul pesce. Anche io. Ma la ricetta tradizionale è proprio così e come si dice a Catania “la ricotta salata non è solo un formaggio”. Sta a un livello diverso, sì.
Ci hai fatto caso che sto pubblicando più primi piatti? E ti stai preoccupando (giustamente), scommetto. Il fatto è che davvero mi sto allenando e forse (sottolineato) per la prima volta seriamente. È diventata una sfida. Se prima mi divertivo moltissimo a prendermi in giro e ridere di me quando si parlava dell’atavico rapporto conflittuale con la preparazione dei primi, adesso mi sono incaponita e voglio capire se sia davvero una relazione impossibile. Devo confessarti che meno persone se la danno a gambe levate quando vedono un mio piatto di pasta e che il Nippotorinese non ha mollato il colpo alla prima forchettata; magari alla quarta ma è già un traguardo, no?
Poi con mia immensa sorpresa qualche volta capita pure che mi dica: “sai che è buona?”. Poi continua con: “avrebbe dovuto cuocere un pochino di più” (perché tendo a farla troppo al dente attenendomi strettamente ai tempi di cottura perché non assaggio), “avresti dovuto legarla meglio”, “avresti..” e via così. Sorprendentemente me la cavicchio meno peggio con la norma e con le preparazioni sicule: che il dna prenda il sopravvento sfidando l’impossibile? Devo proprio ragionarci su, perché ho capito che davvero il dna è una sorta di incredibile magia. Non me ne capacito, a dire il vero. Cominci a fare gesti che solo mamma, cominci a dire cose che solo papà. Così all’improvviso. A me è stato fatto notare che quando sto in piedi ferma ad ascoltare gli altri assumo una particolare posizione con i piedi, che solo papà. Deduco che forse la provenienza, soprattutto così marcata da un’isola, possa inevitabilmente influire anche con gli ingredienti del luogo. Del tipo che io e la ricotta salata siamo amiche e con il cavolo nero, per ovvie ragione, no (anche se mi piace da impazzire e mi danno perché qui trovarlo è un po’ come andare alla ricerca del Sacro Graal).
Con questo piatto -rifatto diverse volte- giusto per fare un esempio me la sono quasi cavata e per questo motivo voglio raccontartelo. Tu che sai fare la pasta so già che non hai bisogno delle mie spiegazioni e sicuramente andrà meglio a te.
La Ricetta
Che più semplice non si può. Calcoliamo circa una fetta di pesce spada a persona tagliata un po’ alta. A cubetti regolari. Serve poi un’ottima salsa e se di ciliegino è meglio. Delle olive nere, quelle grandi e molto succose e morbide. Una pasta corta ma i maccheroni belli grandi rigati sono perfetti.
In una padella metti dell’olio extra vergine d’oliva e i pezzetti di pesce spada con le olive tagliate più volte. Lasciali cuocere giusto qualche minuto e poi aggiungi la salsa di ciliegino con pochissima acqua (giusto per lavar via i residui dalla bottiglietta, sì). Lascia cuocere fin quando il condimento della pasta è pronto. Lascia in padella tutto così allunghi con l’acqua di cottura mentre scoli la pasta (due minuti prima dei tempi di cottura). Tuffa la pasta nella padella e gira per bene. Condisci solo nel piatto con un po’ di ricotta salata.
March 15, 2019
Pasta con il macco
Sul mio secondo profilo instagram, quello dedicato al food e lifestyle, la scorsa Estate ho cominciato SICILIAIA. Un viaggio attraverso i profumi di Sicilia tra ricordi, sapori e cultura. Ho già scritto qualcosina sulla Pasta con il Macco ma sono davvero tante le versioni e questa, la più semplice, è in assoluto la mia preferita. Come faccio a non condividerla con te?
Sai che ho una passione smisurata per il macco di fave. Ma cos’è? Fave secche spezzate che cuoci in acqua -non troppa- fin quando si sfaldano definitivamente creando una crema deliziosa; crema che poi puoi aromatizzare con il finocchietto selvatico qualora fosse il periodo, con rosmarino o semplicemente con olio extra vergine d’oliva e una girata di pepe fresco. E tanto sale.
Si può fare anche il macco di fave fresche, neanche a dirlo. Stesso procedimento. Lo amo. Lo amo come poche cose al mondo. È tra i miei piatti preferiti insieme ai ceci, ai broccoli e ai cavolfiori. Dopo il fortissimo dimagrimento sono passata dal junk food sfrenato al ritorno dei sapori antichi. E ne sono felice e devo ammetterti anche orgogliosa. Se dieci anni fa mi avessero detto che avrei mangiato macco e cotognata, per non parlare della mostarda, mi sarei fatta una risata rumorosa.
Il macco è delizioso e qui in casa lo preparo spessissimo in tutte le stagioni -con le fave secche intendo- e chiunque lo abbia provato (forestiero, dico) ne è rimasto folgorato. Nella sua semplicità è sorprendente. Si può servire fondamentalmente in tre modi: così semplice dopo averlo ridotto in purea (una delizia! Ticchetto e penso che voglio correre verso il frigo, ti dico solo questo), con la pasta -ovvero tuffato dentro la pasta simil tagliolini ma anche pasta corta- in modo che formi una crema compatta o fritto. E sul fritto ci sono due varianti tradizionali famosissime. Mi spiego meglio. Almeno spero.
Il macco? Fritto!
Il macco, come la polenta, cementa raffreddandosi. Però non si uniforma perfettamente come la polenta e quindi non puoi tagliarlo e arrostirlo, per intenderci. Si sfalda un po’. Però a tocchetti e cucchiaiate puoi friggerlo e tieniti pronto: puoi friggerlo con tutta la pasta.
Questa è una vera leccornia da provare, di una semplicità e bontà imbarazzante. Dopo aver fatto la pasta e tuffato dentro il macco, giri per bene e lasci raffreddare. Una volta compattato il tutto dopo il tempo di raffreddamento, taglia e friggi in olio bollente. Bisogna provarlo per capire la bontà di questa delizia. Ti assicuro che non è difficile da preparare.
March 14, 2019
Il pesce spada alla messinese nella Slow Cooker
Del pesce spada alla messinese abbiamo già parlato diverse volte; qui in casa si fa spesso soprattutto perché è una preparazione che piace molto alla mia mamma. Gli ingredienti immancabili sono: cipolla, pomodoro, capperi e olive nere di quelle grandi e succose. L’ottimo pesce spada fresco neanche lo dico. La preparazione del pesce spada alla messinese, come sempre accade, prevede o meno degli ingredienti. La versione più ricca vuole che il tutto sia spolverizzato con pangrattato misto a farina di mandorle e prezzemolo. Ti confesso che questa versione in casa si è fatta diverse volte e anche con grande successo ma generalmente si preferisce la versione semplice, ovvero senza.
Ho sempre fatto la ricetta nel modo classico ma, come sai, ormai da anni appartengo alla temibilissima setta della Slow Cooker. Avendo molto lavoro e poco tempo e volendo provare se anche nella slow cooker si potesse ottenere un piatto interessante, mi sono detta: facciamolo. E in men che non si dica ho messo nella crock pot: filo d’olio extra vergine, pezzo di pesce spada tagliato piuttosto alto, della cipolla a fette sottili e dei datterini (ma sono perfetti anche i ciliegini) a metà. Capperi e un po’ di sale e via. Sono bastate due ore con il mio modello alla posizione High e quindi alla temperatura massima per ottenere un ottimo pesce spada alla messinese. Mamma, come me del resto, si preoccupava che si sfaldasse troppo (come accade col pollo ma dipende dal taglio) e invece il risultato, contro ogni aspettativa disastrosa, è stato a dir poco perfetto.
I miei assaggiatori di fiducia mi hanno detto che forse il pesce, in questo caso specifico, rimane più saporito perché passato in padella di certo acquista un altro sapore (un po’ come avviene con il ragù se il soffritto non lo fai prima in padella e poi lasci cuocere dentro la slow cooker per ore). Di fatto rimane un’idea semplice, facile, salutare e molto gustosa che spero possa piacerti nel caso in cui la volessi provare.
Se non hai la slow cooker e lo vuoi preparare nel modo classico metti tutto nella pirofila e inforna a 200 per 20 minuti massimo. Il pesce, se fresco e di ottima qualità, non deve mai cuocere tanto ma questo lo sai già. C’è chi lo preferisce con del vero e proprio sughetto ma quello è a tua discrezione. I pomodorini comunque rilasceranno il succo e sarà buono ugualmente.
March 13, 2019
Due contorni a cavallo tra l’inverno e la primavera
Non dovevo fotografare questa preparazione (si vede dalla padella buttata lì per caso? Non fotografo mai le pentole, in effetti), solo che guardandola mi sono resa conto di aver fatto inconsciamente qualcosa di tipicamente invernale unito strettamente alla primavera. Una zuppa di ceci con la zucca e le spezie e poi un contorno a base di carote, carciofi e piselli con latte di cocco. Davvero tutto semplicissimo e nulla da spiegare, ma mi è sembrato un momento da immortalare. Speciale nella sua quotidianità.
E allora mentre mamma sistemava i bicchieri e il Nippotorinese tagliava il pane sono corsa a prendere la macchina che ferma il tempo e click. Velocemente.
Per la zuppetta di ceci e zucca ho usato dei ceci che avevo cotto il giorno prima nella slow cooker senza alcun tipo di condimento: solo acqua e ceci. Un po’ di sale alle fine e pure senza olio. La zucca l’ho fatta al forno a dadini. Ho riunito insomma questi due avanzi. Ho prima passato col frullatore a immersione la zucca con del brodo vegetale, poi ho unito la purea di zuppa e i ceci in un pentolino e aggiunto spezie e sale. Curcuma, curry come nella zuppetta. Olio a crudo e via.
Per il contorno ho messo in padella un filo di olio e i cuori di carciofi precedentemente sbollentati. Le carote a listarelle (che lascio sempre croccanti) e i piselli freschi. Un po’ di latte di cocco e poca acqua ogni qual volta servisse. Curcuma, curry come nella zuppetta.
Semplice, sano e nutriente. Sono i pranzetti che piacciono a me.
March 12, 2019
La torta al cavolfiore con lo yogurt
Sai che ci sono ondate di ricette tutte uguali. Ne abbiamo parlato spesso. Accade così: che ci si influenza, ovviamente, a vicenda e che le uscite di alcuni libri con determinate preparazioni condizionino la pubblicazione. Negli ultimi mesi la torta di Cavolfiore ha preso il sopravvento e se è accaduto è per una ragione: Ottolenghi. Finalmente si parla un po’ di più del grande maestro. Sai, se mi leggi da un po’, che qui lo si veneri da decenni e che tutte le sue pubblicazioni siano delle vere e proprie Bibbie. Sulla Libreria di Iaia ho parlato di diversi volumi -ahimè non tutti ma giuro rimedio- del grande Yotam. Una delle sue preparazioni che a catena è diventata virale è proprio la torta di cavolfiore che negli anni avevo provato diverse volte. Poi si è trasformata in quella che ti propongo oggi, con la promessa che anche io la farò -magari in videoricetta- nella versione classica e conosciuta. In realtà mamma -e tutta la nostra famiglia- essendo appassionatissima di cavolfiore (io ne vado matta) ce lo ha sempre proposto in tutte le vesti: polpette in pole position, torte salate, zuppe, frittelle e qualsivoglia meraviglia. Per non parlare della versione “affucata” sicula con le olive nere e il pecorino siciliano. Con la sfumata di vino, chiaramente.
Quella di Ottolenghi è saporitissima perché c’è una generosa quantità di cipolla e di tante spezie con carattere, che io onestamente non metto se non un po’ di cumino. La versione che oggi ti propongo quindi è quella di famiglia, che come differenza ha anche l’essere contenuta all’interno di una gabbia di brisèe. Potrebbe andar bene anche la sfoglia.
Taglia una cipolla. Taglia un cavolfiore. Con olio extra vergine d’oliva fai andare nell’olio il cavolfiore e allunga con un po’ d’acqua quando serve. Aggiungi sale, pepe e cumino in polvere fin quando il cavolfiore non è ben cotto. Lascialo raffreddare. Unisci in una terrina (o se vuoi un effetto più vellutato e morbido in un frullatore. Anche a immersione va bene. Ma io qualche pezzetto lo lascerei) il cavolfiore e 4 uova. Un po’ di pecorino che si sposa benissimo ma se vuoi qualcosa di meno aggressivo il parmigiano grattugiato andrà benissimo. Gira per bene e aggiungi se vuoi -per un po’ di morbidezza in più- giusto mezzo vasetto di yogurt naturale bianco non zuccherato. Gira tutto per bene e versa sulla base di brisèe che hai messo su carta da forno in teglia. A 190 per 30-40 minuti e la torta è servita. Se vuoi spennellare i bordi ripiegati della brisèe verranno lucidi e ancora più croccanti.

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