Iaia Guardo's Blog, page 60
March 28, 2018
Ciambella marmorizzata al tè matcha con nocciole, noci, pistacchi e bacche di goji
È tutto lento talvolta e poi improvvisamente va veloce. È un anno cominciato strano, te lo confesso. Che non capisci bene tutto quello che è successo. Sandro, big ideas di Runlovers sì, l’altro giorno mi fa: “dai è solo l’anno dei grandi spaventi ma poi finisce tutto bene, hai visto?”. Non ho saputo dirgli che sì, poi finisce tutto bene perché niente finisce e inizia ma tutto scorre e cambia. Lentamente talvolta e poi improvvisamente veloce: sia nelle cose bellissime che l’esatto contrario. Non ti racconto nello specifico per non annoiarti e perché non avrebbe senso ma è come se insistentemente gli eventi volessero ricordarti in modo costante e il più delle volte con crudeltà quanto sia difficile ancora credere nei sogni e nella loro realizzazione. Che poi i sogni cosa sono? Che sapore hanno?
Per quanto mi riguarda solo un po’ di serenità, di tempo per ritrovarmi e accettarmi ma soprattutto per portare a termine gli obiettivi. Ecco io ho sviluppato un’ansia che prima non avevo: non riuscire a portare a termine i progetti. Stupido, no? Si deve vivere progettando ma si deve sempre tenere conto che non si possano terminare. Perché oltre il volere c’è anche un potere che molto spesso non dipende da me e da te. Arrendersi non è sempre da codardi, del resto.
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La verità è che io continuo a frignare perché mi manca papà. Da quel giorno per me è una lagna continua, hai visto? Erano i miei capelli di Sansone, gli spinaci di Popeye e pure la lacca per il ciuffo di Little Tony. Era la mia droga, papà. La mia musa, il mio motivatore e sostenitore. Non che intorno non abbia decine -davvero decine- di persone che mi supportino, incoraggino e amino come forse neanche merito ma la mia testa è sempre fissa lì in quel punto. Arrabbiata con la vita perché “me lo ha tolto”. Intristita perché non tornerò mai come prima. Stanca di pensare che non lo rivedrò mai più. E sì certo. Posso immaginarlo, ascoltare la sua voce, vederlo su una cassetta e pure sull’iphone. Ma non riesco a farlo perché è come gettare una cucchiaiata di sale in una ferita che getta sangue senza fermarsi.
A papà piaceva moltissimo la ciambella con i bicchieri. Era sempre felice quando la facevo. A volte cerco di cambiarla come in questo caso. Metto il matcha, aggiungo pistacchi. La faccio marmorizzata e non. Cerco di cambiarla come i miei giorni senza di lui ma.
Ma la ricetta quella vera aveva tutto un altro sapore. E io non la preparo di certo con lo stesso entusiasmo.
I ricordi? Sì. Sono fondamentali ma vivere e non ricordare è nettamente meglio.
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La Ricetta
3 bicchieri di farina
1 bicchiere di zucchero integrale di canna
3 cucchiai abbondanti di miele
1 bustina di lievito
3 uova
2 cucchiai abbondanti di tè matcha
1 bicchiere di yogurt intero bianco
nocciole, bacche di goji, uvetta, pistacchi, noci e qualsiasi cosa ti venga in mente è sempre una buona idea.
Lavora tutti gli ingredienti insieme senza un ordine preciso e poi sopra metti: nocciole, bacche di goji, uvetta, pistacchi, noci. In forno a 180-190 per 40 minuti circa. Prova stecchino e via.
Se vuoi fare l’effetto marmorizzato metti il matcha in una porzione di impasto soltanto e poi versalo su quella principale, girando un po’ lo stecchino in modo che in cottura faccia i movimenti. Carino, no?
March 26, 2018
Tutto sulle Colombe Pasquali
Se mi segui da un po’ sai che ho fatto disastri inenarrabili sia con il panettone che con la colomba. Ho provato diverse ricette e nell’archivio del blog ne puoi trovare tante (devo sistemare le anteprime per il template nuovo e sono in ritardo ma ti prego non dirlo a nessuno) ma mai nessuna degna di nota. Su YouTube e in rete è un impazzare continuo di colombe facilissime da preparare senza crearsi il minimo problema. E mi sono lasciata convincere che fosse la volta buona e che quest’anno avrei dato prova di un’improvvisa bravura. Così dal nulla, intendo. Come quando mi sono convinta che fossi in grado di mettere l’eyeliner. Che dovevo crederci. Che dovevo avere fiducia in me stessa. E ho comprato decine e decine di eyeliner dando prima la colpa alle diverse marche: è colpa della punta che si muove troppo, è colpa della punta che si muove poco, questo packaging mi fa tremare la palpebra e cose così. Aggrappandomi insomma anche a motivazioni poco credibili.
Fiera e motivata ho portato a tavola l’argomento di discussione e ho detto: Ehi tu che mi sopporti da quindici anni quest’anno mangerai la colomba più buona del mondo e la preparerò io!
Dopo due giorni sempre su quel tavolo c’era questo libro. Colombe e dolci di Pasqua di Italian Gourmet. Un malloppone di euro sessantadue, quindi neanche tanto economico, che mi faceva l’occhiolino sotto lo sguardo divertito del torinese. Conosco quello sguardo. Non è quello romantico che vuole dirti: “Amore, questo libruncolo ti aiuterà per il tuo coraggioso traguardo anche se di certo non avevi bisogno” ma più di “Ah ah ah come me la rido. Leggi un po’ sciocchina e rassegnati. Non potrai mai fare una colomba degna di questo nome!”. Solo che come ti ho già confessato io ero (e già il tempo verbale dovrebbe farti capire come è finitaI) motivatissima e non mi sono lasciata assolutamente intimorire dalla malvagità e perfidia di quell’attraente pelato dagli occhi verdi che per inspiegabili ragioni ancora gira per casa.
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Ho cominciato a sfogliarlo con curiosità e anche discreta passione. E via alla prefazione. E poi l’introduzione. E poi la nascita della colomba. E poi lo studio della colomba. E poi le origini longobarde. E poi i canditi, il cioccolato, il lievito madre, la lievitazione e pure il segreto di capovolgerle dopo la cottura in forni appositi (che io non ho ma tranquillo ho già chiamato l’architetto). Ho letto Marco Antoniazzi, Andrea Besucchio, Luigi Biasetto, Renato Bosco, Luca Cantarin, Vincenzo Tiri e Achille Zoia. Ma potrei farti ancora decine e decine di nomi perché è in pratica la sacra bibbia della Colomba vista dai pasticcieri italiani più famosi.
Arrivati a Iginio Massari che è all’inizio ma ho lasciato come ciliegina sulla torta ero affranta, apatica e forse anche tachicardica. “Non ce la posso fare”.
E ho capito che no. Non ce la posso fare a creare una colomba degna di questo nome ma al massimo un impasto buttato dentro la teglia di carta (ne ho comprate 89 credo su amazon) che ha la forma di una colomba. Ma la forma di una colomba è una colomba? E da qui parte l’amletico dubbio manco fossimo seduti in un foro greco insieme ai massimi esponenti filosofi. Lo vedi Diogene dentro la botte che mangia la colomba?
Il libro è davvero stupendo e non voglio di certo scoraggiare l’acquisto. Se mi leggi sai che possiedo tutti i libri di Italian Gourmet e quanto li ami. Solo che è davvero un libro molto tecnico e specifico; di certo è per gli esperti del settore (non io), per i professionisti (non io) e non per le povere donne maltrattate che subiscono violenza psicologica su colombologia e dintorni (io). Troverai all’interno non solo colombe come da titolo ma anche altri dolci pasquali e ricette. Il casatiello? C’è. E quello lo so fare. Non bene sicuramente ma riscuote sempre tantissimo successo.
Ti consiglio a pagina 220 le uova dipinte di Roberto Cantolacqua. Se leggi gli ingredienti dici: “sai che ce la posso fare?”. Poi vedi le foto. E pensi: “sai che ce la possono fare solo Michelangelo e Roberto?”. Però ecco è bellissimo sul serio. E onestamente proverò a fare una colomba. Sono indecisa tra tre e credo siano le uniche papabili per le mie scarse capacità. È bello vedere che ci siano colombe per tutti come è giusto che sia: senza glutine, senza zucchero, senza uova e molto altro. Marco Antoniazzi con Colomba Fabergé stupisce e diverse sono quelle tradizionali. Ognuno a modo proprio reinterpreta quella che è la regina indiscussa della Pasqua. Leggevo che negli ultimi anni la Colomba ha avuto un’impennata di vendite. Complice sicuramente il fatto che questo periodo storico sia -grazie al cielo- pieno di eccellenze in fatto di cibo. Che la gente si sia evoluta e conosca più i prodotti, chieda più informazioni e non si accontenti di prenderne dieci e infilarle nel carrello. Che punta, rispetto agli altri decenni, sicuramente più alla qualità. Questo ha fatto sì che gli standard si alzassero e che i prodotti diventassero più buoni e sul mercato anche molto più competitivi e con larga scelta.
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Italian Gourmet si distingue sempre come Guido Tommasi in fatto di food; credo sia un assioma. Ci sono diverse edizioni di rara bellezza per carità ma queste due sono in assoluto da citare. Come ti ho detto, seppur in tono scherzoso, questo volume può fare per te sì ma a patto che davvero tu sia un appassionato del genere, perché in termini di utilizzo -tolta la volta l’anno- credo non si possa. Certo è vero anche che ci sono altri dolci di Pasqua e che possono essere mangiati anche durante tutto il resto dell’anno ma in fondo si sa che la tradizione è tradizione.
E che questi preparati diventano tradizioni e ancor più buoni proprio perché non possono essere a nostra disposizione tutto l’anno.
March 21, 2018
Cracker (veg) con semi di zucca e olive in due minuti
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Sarà che ultimamente non smetterei mai di mangiare i famosissimi cracker con tre ingredienti di Attila Hildmann; te ne ho parlato su RunLovers e pure qui e come se non bastasse a tormentarti ho pure fatto il video. Quando mi ci metto sono davvero un assillo, lo so. In pratica con semi di lino, spezie e concentrato di pomodoro hai dei cracker buonissimi e anche un’ottima base per una “pizza” raw, qualora mettessi il tutto nell’essiccatore. A proposito di “pizza raw” tieniti pronto perché devo farti una mini enciclopedia. Prima di Natale io e Ombrettina mia adorata -approdata in Trinacria proprio Domenica con mio sommo gaudio- ci siamo cimentata nella preparazione della suddetta mischiando semi e verdure tritate manco fossimo le streghe di Eastwich. Il risultato è stato, che tu ci voglia credere o no, incredibilmente buono e sotto gli occhi sbigottiti di amici e parenti abbiamo condito con finto formaggio di anacardi, germogli e fiori eduli, oh! Se mi segui sul mio profilo instagram food e lifestyle iaiaguardo lo hai già visto.
Ho pure filmato il tutto e pure perso e ritrovato i file (dettagli, questi). Non so ancora se farti vedere il primo esperimento o magari girarne uno adesso con la tecnica leggermente migliorata ma è un dato certo che “pizze raw” si stiano per riversare qui. Tra l’altro ormai il mio mulino lavora a pieno regime. L’ho mostrato nelle storie di instagram ma presto farò un post apposito con tanto di video perché è un prodotto che merita.
Ora, dopo tutti questi buoni propositi e anticipazioni di pubblicazione posso dirti che anche questi cracker non sono niente male. Non semplicissimi con tre ingredienti ma sempre pochi come pochi sono i minuti che impiegherai per prepararli.
Puoi usare la farina che preferisci e anche i semi ma questa combinazione è davvero interessante e poi se sei un’appassionata di olive quanto me apprezzerai di certo questa punta gustosa e dolciastra che doserai a secondo delle spezie. Puoi farci anche dei cestini -come vedi in foto- da riempire con tutte le prelibatezze che ti vengono in mente. A me la prima cosa che compare nella testolina bacata è: guacamole! Per meglio dire polpa di avocado, pomodorini e semi di chia sopra con una spruzzata generosa di lime e scorza grattugiata. L’idillio! Poi sarà una mia fissa ma avocado e olive insieme rimangono una coppia vincente. Che ne pensi? Hai mai provato?
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Per 35 crackers circa
180 grammi di farina di farro
30 grammi di semi di zucca
30 grammi di olive nere snocciolate
3 cucchiai di olio di oliva
sale
mezzo cucchiaino di origano essiccato
75 ml di acqua circa
pepe se vuoi
spezie che preferisci
Metti la farina in un recipiente. Mescola con il sale, il pepe, l’origano essiccato e le spezie che hai preferito. Taglia per bene le olive e sminuzza un po’ i semi di semi di zucca e aggiungili alla farina. Versa l’olio e mescola per bene con un cucchiaio di legno. Aggiungi l’acqua e impasta per qualche minuto. Stendi infine lo stampo tra due fogli di carta da forno e poi taglia con la forma che preferisce: a quadrati, a losanghe, triangoli, stelline o qualsiasi forma ti piaccia. Cuoci a 170 per 20 minuti circa e poi lascia raffreddare.
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Ho tre account: lo storico maghetta con le illustrazioni, iaiaguardo con il food e l’appena nato maghetta.it per beauty e non solo; cura per se stessi, casa e cose.
March 17, 2018
Cucina Thai di Tom Kime
C’eravamo lasciati con la cucina Nikkei, ricordi? Che continua a rivelarsi un acquisto importante perché ho trovato davvero delle chicche interessanti a dir poco. È la volta di Cucina Thai della stessa linea. Guido Tommasi Editore firmato Tom Kime e fotografia di Lisa Linder. E io non lo conosco Tom Kime, malauguratamente. Avevo anche un altro suo libro sullo street food ma la vecchiaia avanza e i problemi correlati di memoria pure. Ha lavorato in ristoranti famosissimi di Londra e Sydney e viaggiato in tutto il mondo alla scoperta del miglior street food. Ha anche lavorato con Jamie Oliver, se proprio ne dobbiamo dire uno famosissimo che non ha bisogno di presentazioni e poi nel 2007 ha vinto la medaglia d’argento grazie al libro di street food di cui ti dicevo. Con il quinto invece ha vinto come miglior libro tra i migliori libri di cucina degli ultimi vent’anni. Proprio scritto così, eh. Quindi il fatto che io (e tu?) non lo conoscessimo fa di noi delle persone brutte ed è da questo punto che dobbiamo partire, ok?
Questo volume te lo puoi ritrovare in cucina spesso e sai perché? Ci sono ricette non solo interessanti ma anche molto semplici e sfiziose. Insomma partiamo subito con il dire che non è di quelli belli belli ma che poi non sfogli nel quotidiano o di quelli solo per le occasioni speciali. Questo volume puoi sempre averlo vicino perché raramente potrà deluderti e con qualche ingrediente un po’ più particolare in casa potrai fare diventare routine l’eccellenza. Sì, roba eccezionale come routine. Tom dice sin dalle prime righe che la cucina Thai è sensuale e ti rende felice e addossa la colpa -o il merito- proprio al peperoncino che è una presenza abbastanza fissa nei piatti. Se anche tu sei allergico alla capsicina come me o non ti piace basta non metterlo e sarà buonissima uguale. L’ovvietà ma la verità in un’affermazione velocissima, insomma. Certo è che ci “scoraggia” sin dall’inizio dicendo che la vera cucina thai è abbastanza semplice da riprodurre in casa . Abbastanza, eh. Non semplice ma abbastanza. E noi sappiamo che potrebbe significare: è difficilotta ma non posso dirtelo.
Questo fa di Tom un uomo onesto però e l’ho apprezzato. Sai perché? Perché anche io credo che la vera cucina thai (come tutte le cucine) da replicare sia pressocchè impossibile (vabbè io sono catastrofica, lo sai). Perché sono i prodotti locali a fare la differenza diciamolo. Mica troviamo il lemon grass della Thailandia o il peperoncino o le spezie che vendono al mercato galleggiante. Però noi siamo bravi e ci sappiamo accontentare di un qualcosa che non è oggettivamente ma soggettivamente sì. Con il cuore è un po’ thai, facciamo così? Credo sia quello che pensano le persone quando con trenta euro all’all you can eat si convincono di star mangiando sushi o cucina giapponese tradizionale.
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Non so se lo sai ma io per la cucina thailandese ho proprio un amore viscerale. Mi piace perché fondata sulla rigida legge dell’equilibrio e dei sapori diversi. Un po’ come nella cucina taoista di cui ti ho parlato per anni. Ci deve essere il piccante, il dolce, il salato, l’agro e l’acidulo. Devi sapientemente bilanciare per essere in grado di raggiungere quell’altissimo momento aulico dell’equilibrio perfetto. Questa perfetta armonia capace di scaldare poi il tuo cuore, la tua testa e la tua anima. Quella magia fondamentale che ti permette di nutrirti del tutto. Una filosofia. Una religione.
Tom ci dice pure le 12 esperienze indimenticabili da fare in Thailandia e quindi fare una gita a dorso di un elefante nella giungla del nord (Tom mi fai meno simpatia per questo, sappilo), un bel massaggio sdraiato a Bangkok, un cocktail Mai Thai su una terrazza che domina la spiaggia di Phuket, una birra Singha assistendo a un incontro di boxe thai, in bicicletta in campagna per fermarsi a mangiare una frittura croccante o le ali di pollo al profumo di galanga. Tu non sai cosa ho fatto io per trovare questa cosa qui: galanga. Un giorno te lo racconterò. In dispensa non può mancare il coriandolo, lo zenzero, i semi di senape, l’aglio e il basilico thai (eh). La curcuma, la cannella, il cumino, il coriandolo, il pepe e l’anice stellato. Insomma le spezie sono davvero alla base di tutto l’equilibrio thai. Riso basmati e jasmine e noodle di riso? Per forza. Poi se ti trovi anche la pasta di gamberetti, la polpa di tamarindo, la salsa di ostriche e il latte di cocco stai apposto. E ti dico che anche la fish sauce è facile da trovare soprattutto nei negozi etnici, che dovrebbero essere visitati più spesso perché trovi anche tantissimi prodotti a metà prezzo che magari ti rivende il bio. E per onestà queste cose vanno dette e divulgate, no?
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Il libro costa trenta euro e non sono pochi, dirai tu. Beh per grafica, foto, impaginazione e contenuto francamente sono niente. C’è un lavoro dietro che potrebbe far rabbrividire anche chi non è del settore. Trovo che sia davvero un acquisto irrinunciabile ma suppongo si sia capito. E poi già sai che parlo solo dei libri che mi piacciono molto e mi colpiscono.
Capitolo uno? Finger food. E via di involtini primavera che fanno parte dello street food un po’ ovunque in Oriente. Segue un’illustrazione che ti spiega come fare gli involtini. Inutile stare a dire che adoro, giusto? Chao Tom che sono crocchette spezzate di gamberi in gambi di citronella. E qua ti volevo. Sai perché ti dicevo un libro di tutti i giorni? Perché ci sono idee e preparazioni base interessantissime e basta togliere magari qualche spezia o “elemento di disturbo” e con queste chicche riesci a far mangiare pesce e verdure, due alimenti ostici e risaputi, anche ai più piccini. Bello, no?
Frittelle di mais e curry. Si chiamano Tod Man Khao Pad e con qualche cucchiaio di mais, due uova e curry vengon fuori delle meraviglie da gustare. Gamberi fritti al tamarindo che è sempre un alimento da scoprire e buonissimo (e che trovi agli etnici facilmente), polpette di pesce alla thai e pollo. Il capitolo due è dedicato alle insalate ed è strapieno di meraviglie. C’è l’insalata di noodle con gamberi e anacardi tostati, l’insalata agra e speziata di manzo con riso tostato e coriandolo e tantissimo altro. Capitolo tre: carni arrosto alla griglia, affumicate o salate. Capitolo 4: pesce e frutti di mare. Tra condimenti, verdure e salse si arriva ai dolci.
La marinata speziata per il pollo, le verdure saltate in salsa di ostrica, la zucca speziata con il miele e la tagliata di manzo con zenzero e cocco sono solo alcune delle idee che da “complicato non ce la farò mai” a “semplice, gustoso sano e inusuale” è un attimo.
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I toni dell’azzurro che a volte ti sembra di essere dentro un libro di Donna Hay mentre altre volte in uno della Stewart ma che poi ha una propria personalità. Mi piacciono le foto ravvicinate e dall’alto. Con i toni del grigio ed è tutto un po’ freddo. Sembra che ci sia, e sicuramente c’è, anche un’armonia tra le parole e le immagini. Mi piacciono le piccolissime introduzioni ma che vanno dritto al punto, anche se io amo queste interminabili parole che raccontano di più. Ti accontenti, ecco. Non resti deluso. Speri di saperne di più ma ci sta.
Trovo che questo libro sia perfetto per chi ama essere un po’ estroso in cucina e vuole osare. Per chi vuole cominciare a metterci del peperoncino e pure dell’agro. A chi si è un po’ stancato del piattume. Trovo che questo libro sia adatto a chi è strega dentro. A chi vuole sbirciare nel pentolone e dosare le spezie. Imparare pian pianino senza fretta. Io l’ho amato e lo amo. E continuerò ad amarlo in attesa di andare a comprare il galanga al mercato galleggiante.
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March 6, 2018
Organizziamo i pasti per vivere sereni, felici e in salute, soprattutto
Ehhhhh. Sono tornata! E lo dico con voce da Freddy Krueger quando tutti credevano fosse finito a pezzetti nella fornace e invece. Con la sua maglia a righe e il cappellone, più sorridente che mai. Non la faccio tanto lunga perché le spiegazioni ci sono state e anche troppe, dirai tu giustamente tu, e partiamo. Da dove? Dai tanto amati planner.
Tutti i planner settimanali li trovi qui; ma cosa sono questi planner? Piccoli schemini che spero possano esserti d’ispirazione per organizzare i tuoi pasti durante la settimana al fine di guadagnare tempo, sorrisi e soprattutto salute. Nello specifico e del tassello mobile ho parlato su RunLovers. Il tassello mobile è diventato per me una vera e propria filosofia d’esistenza. In breve: non è tanto un promemoria fiscale da seguire come un dogma. È un tassello mobile che puoi usare a tuo uso e consumo, come ti viene meglio; avendolo però non dovrai scervellarti su cosa, come e quando cucinare – un po’ come il guardaroba capsula che consiste nell’organizzarsi i vestiti per tutta la settimana- e soprattutto avrai sempre tutto pronto in casa. Ci prenderai la mano pian pianino, te lo assicuro, e tutto il tempo guadagnato lo spenderai per far cose belle, interessanti e soprattutto per coccolarti e prenderti cura di te.
Generalmente allego un formato pdf con la spiegazione della ricetta ma questa settimana visto che si tratta di preparazioni di ridicola esecuzione scriverò direttamente pochissime specifiche qui. Tu fammi sapere però per favore come preferisci: se il pdf o se qui direttamente sul blog, perché molte ragazze conservano il link piuttosto che il pdf, che pare essere più comodo; magari faccio un piccolo sondaggino su Instagram. Ti ricordo che dopo diversi confronti ho deciso di tenere il secondo account –iaiaguardo– oltre quello storico Maghetta e lì blatero molto più riguardo al cibo, dintorni e vita in genere.
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Bruschetta con pomodori, olive, feta e cipolla rossa
La bruschetta è sempre un’idea divertente, gustosa e buona per il pasto. Può diventare un piatto unico e puoi recuperare il pane avanzato semplicemente scaldandolo in padella. Con un filo di olio o no poco importa. Anche semplicemente scaldato al forno (se grill ancora meglio). Pomodorini, olive verdi, cipolla rossa e feta sbriciolata ti faranno sentire in vacanza. Esattamente a Mykonos; che poi tu sia in ufficio è un altro discorso.
Filetto di vitello e verdure grigliate
Ti annoia grigliare le verdure? Eppure è rilassante e nel frattempo puoi far asciugare lo smalto o tenere una bella maschera viso in tessuto addosso con il reggimaschera, magari. Il filetto di vitello puoi arricchirlo con della curcuma e delle spezie mentre lo passi in padella e le verdure grigliate pure, in modo da sembrare ancora più gustose e appetitose.
Gnocchi al pesto
Io li farei con il pesto di avocado, sai? Frulli avocado, basilico, aglio se ti piace e via. Non c’è bisogno neanche dell’olio -se non un minimo nel caso- perché la parte grassa e cremosa la mette il frutto. Sale e pepe. Condisci gli gnocchi di patate ed è fatta.
Insalata di patate lesse con uova sode, fagiolini e avocado in salsa di yogurt greco
Oh. Appena la provi questa insalata non puoi più farne a meno. Lessi le patate e le uova e pure i fagiolini. Tagli l’avocado a pezzetti e raccogli tutto in un contenitore. Per condire? La salsetta che non ti farà rimpiangere la maionese, anzi. Abbandonerai la maionese e farai solo questa salsetta. In una ciotolina piccola metti lo yogurt bianco naturale greco (ma anche quello normale classico) e aggiungi un po’ di senape, olio se vuoi e sale. Assaggi a quel punto e giri per bene, aggiustando fin quando non ottieni il gusto che ti piace di più. Buonissima anche con le erbette tritate finemente.
Piadina con rucola, crudo e robiola
Chiaramente ho inserito una piadina come piatto unico ma puoi condirla chiaramente come ti piace. Sapendo già però cosa andrai a mettere potrai comprare dei buoni prodotti e fare un pasto di alto livello. Buonissima anche con guacamole, salmone, pezzetti di pomodoro e semi di chia.
Crumble di zucchine o verdure a scelta e pesce spada arrosto
Ti dico un segreto. Quando servo il pesce spada arrosto con una cremina senapata di mango impazziscono tutti. Mi sa che te la racconto la prossima volta. Che ne dici? Oggi semplice così alla piastra ma accompagnato da una vera chicca. Te ne ho parlato qui e la ricetta è semplicissima. Una volta imparato il crumble di zucchine entrerà a far parte della tua routine perché te ne innamorerai.
Pizzette di melanzane e french toast
È Domenica! Una pizza leggera senza carboidrati! Delle pizzette di melanzane avrai noia se mi segui. Ma davvero come si fa a resistere? Basta tagliare a fette le melanzane, mettere il pomodoro e la mozzarella. Foglia di basilico e girata di olio e via in forno. Una bontà inaudita! Il french toast lo puoi personalizzare come preferisci ma la base è: pancarrè passato nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato. Imbottisci con formaggio e prosciutto crudo e via. O su carta da forno e poi in forno per una versione più light oppure olio rovente e via. Due minuti da una parte (ma anche meno) e due dall’altra.
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Frittata di albumi e parmigiano con un tuorlo e insalata mista
Se compri gli albumi confezionati io lo giuro non ti parlo più. Giusto per cominciare. Meglio un albume vero, ok? È una battaglia la mia. Non incentiviamo il commercio di questa roba VERGOGNOSA (ho sempre paura di chi scrive in maiuscolo ma qualche volta serve). Quindi con il tuorlo che resta eventualmente ti fai una bella maschera viso o ristrutturante ai capelli. Usare due o tre albumi per un tuorlo è un’ottima idea perché così eviti i grassi, aumenti la quota di proteine e la frittata viene più morbida. Se metti poi su carta da forno e in forno la frittata (in questo caso fornata. Ok non fa ridere) è ancor più light e ti assicuro buona.
Ceci e yogurt con cumino
Uno dei miei cavalli di battaglia. Quando presento ceci yogurt e cumino tutti mi guardano come dei lemuri insonni increduli. Occhi sbarrati e silenzio ma poi alla prima cucchiaiata cadono come mosche. Prendi dello yogurt bianco naturale non zuccherato (anche greco) e lavora con olio (facoltativo), sale e semi di cumino. Poi condisci i ceci. Anche quelli in scatola. Meglio se in vetro dell’Alce Aero. Se li prepari tu ancora meglio ma quest’ultimi sono davvero degni di nota nonostante tu sappia che non amo molto il concetto di: scatola o pronto.
Fusi di pollo al miele e spezie con patate
Se vai nelle mie instagram stories su iaiaguardo troverai due versioni (nell’archivio in evidenza alla voce secondi): una in pentola e una in slow cooker ma la sostanza non cambia. Filo d’olio (facoltativo), fusi o cosce di pollo (pure disossate, sì), succo di arance succose per 500-600 grammi di carne e una bella arancia tagliata a pezzi, curcuma, curry e zenzero in polvere ma pure le spezie che ti piacciono di più e due belle cucchiaiate di miele. In pentola verrà tutto molto più appiccicoso e glassato.
Quinoa con pomodoro, mais, olive nere e cipolla
Ho scritto questa ma puoi metterci avocado, tonno o qualsivoglia alimento ti piaccia di più. L’importante è inserire la quinoa che diventa un piatto unico davvero performante e gustoso.
Farro perlato con tonno, pachino e olive
Stesso discorso della quinoa. Inserire il farro è sempre una buonissima idea e così diventa pure un piatto unico degno di nota e di gusto.
Filetto di salmone con verdure grigliate
Sempre su iaiaguardo instagram, il mio secondo profilo che sta prendendo vita, ho messo un salmone all’indiana marinato nello yogurt e spezie che ha avuto tanto successo e che ti consiglio. Ma un po’ di volte al mese concediti un filetto grigliato con delle verdure. Il salmone è gustosissimo in svariati modi ma anche il più semplice non è da sottovalutare.
Clicca per la magia
February 6, 2018
Kantaro: Il rappresentante goloso
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Il Noioso Preambolo
L’unico risvolto positivo del malessere che per settimane mi ha tenuto incollata al divano, come rare volte in vita mia è accaduto, è stato quello di poter fissare a oltranza il televisore acceso. Ma anche spento perché a volte lo fissavo come un lemure narcotizzato a occhi sbarrati. La tv l’accendo in poche occasioni e se mi segui sai che dalle ore 14:45 alle ore 15:30 non esisto. Non importa che ci siano riunioni, che io debba lavorare, che il tetto stia per crollare. Tre quarti d’ora li dedico alla mia Maria; e non a caso lo dico in questo momento perché l’amata De Filippi con il suo programma cult Uomini e Donne mi provoca effetti estasianti e rilassanti come una sostanza stupefacente. I neuroni in caduta libera fanno bene e nel mio piccolo consiglio caldamente questa teoria a tutti. Non importa seguire i veri accadimenti ma tutto quell’urlare, ballare, sbraitare, fraintendersi e venir meno -in un sol colpo eh- alle regole civili base dell’educazione e del confronto, a me -te lo dico onestamente- rilassa. Rimango così stordita che poi riparto alle 15:31 con una forza e un vigore che neanche saprei descrivere. Random in tv guardo Masterchef e mi concedo altro tempo di trash-terapia nel caso dell’Isola dei famosi o Grande Fratello. Mi piace però seguire dei pezzi e non assiduamente in modo che la mia confusione aumenti -nel non capire assolutamente nulla- tanto quanto il relax neuronale. Pur avendo Sky, Netflix e qualsiasi cosa perché va detto che sono un’abbonata seriale (gli amici più intimi mi chiamano “Miss aggiungi al carrello”) non amo particolarmente doparmi di ogni serie di visione. Se mi leggi da un po’ sai che, angolo trash e venerazione Maria a parte -The Queen-, sono una spettatrice esigente. Non mi entusiasmo così tanto per le serie tv e più se ne parla più perdo interesse nel vederle. Non sono una che “devo finirla perché l’ho cominciata” o “devo guardarla perché ne parlano bene”; quando si verifica quest’ultima ipotesi tendo a rimandare a quando il polverone è andato a scemare e per gli spoiler neanche mi preoccupo perché ho pochissimo tempo per leggere i social (è già tanto che li adoperi per pubblicare e il mio tempo lo dedico a rispondere, eventualmente) e l’account personale Facebook che devo avere per gestire la pagina del Blog non va mai in Home ma rimane fisso su Gikitchen. A meno che non mi citofonino e mi dicano: “Sai che x della serie Y muore alla terza puntata della quarta serie?” proprio non saprei. E anche in quel caso non è che mi importi minimamente. Del resto se mi dicessero che Renzo e Lucia alla fine si sposano non per questo non vorrei leggere il romanzo. Comunque non è vero, eh. Non si sposano. O forse sì. Questo non voleva essere uno spoiler.
Perché questa introduzione noiosissima? Perché sono logorroica è la risposta esatta, l’unica forse che dovrei dare, ma in realtà anche perché qualora non mi avessi mai letto prima riguardo visioni, film, serie etc è giusto darti un minimo di basi per capire che spettatrice sono. Non sono una dall’entusiasmo facile e non ho neanche comprato un gadget del Trono di Spade. Pensa che mi sono addormentata sistematicamente a ogni serie e mi faccio fare i riassunti random da amici e parenti. Quando mi dicono “ma vedilo dai!” so che devo andare su wikipedia e in quattro righe è fatta. Allora quale serie mi ha fatto impazzire, dirai tu. Beh.
The Following l’ho trovata geniale e se si fossero fermati alla seconda ci saremmo risparmiati chiacchiere inutili. Una delle mie preferite indiscutibilmente. Stranger Things prima che scoppiasse la psicosi di massa. Dexter ma alla quarta serie gli ho detto ciao. American Horror Story ciao alla terza. Non sono una che ti ama sempre e a prescindere, diciamo. Sono una che va conquistata costantemente. E ora troviamo in questo esatto secondo l’aggancio con Kantaro Ametani e su quello che voglio raccontarti oggi. In più, come se non bastasse, il lunghissimo e noioso preambolo sulla caduta neuronale avrà un senso andando avanti. Stupefacente come sembri tutto calcolato, non è vero? Ma non lo è.
Kantaro: il rappresentate goloso
Samurai Chef mi ha fatto innamorare sempre di più. Ogni puntata faceva crescere il mio sentimento sino a portarlo a un’elevazione tale che potrei scomodare anche quella spirituale di Petrarca e Dante. Delicato, poetico e profondo, Samurai Chef è stata una delle mie serie preferite se proprio vogliamo dire un titolo. In cuor mio spero ci sia una seconda serie solo per la fame di rivedere e rivivere ancora ma razionalmente spero che il tutto si fermi qui in modo da lasciare questo ricordo da coccolare. Quando ho visto che un’altra serie -dedicata al food- giapponese era disponibile su Netflix mi sono quasi commossa. Inconsciamente credo mi aspettassi una replica di Samurai Chef in chiave dolce tra riso, mochi e matcha. Quanto di più sbagliato perché già l’aspettativa -come in tutto- tende a darne un giudizio contaminato.
Kantaro è diametralmente opposto. Ha una sana dose di quello che un italiano potrebbe volgarmente definire trash ma in realtà trattasi di sconfinata e surreale fantasia estrema nipponica. È un fumetto vivente a tutti gli effetti, visto che questa serie è la trasposizione visiva di un manga. Kantaro il rappresentate goloso è uno scapolo affascinante che comincia a lavorare nel settore vendite di una casa editrice. All’attore che lo interpreta sono state tirate via le sopracciglia e rifatte di sana pianta come nel fumetto proprio per dare uno sguardo inflessibile e severo che si trasforma soltanto dopo una cucchiaiata di dolci. Appassionato di dolci a livello maniacale a causa di un passato complesso che verrà raccontato nelle ultime puntate, Kantaro è in realtà un blogger di fama nazionale. Nessuno sa che c’è lui dietro a uno dei blog più affermati che parla di dolci, consistenze e sensazioni. Anche se qualcuno, come accade nelle storie dei super eroi, mina alla sua riservatezza. Ci sono tutti gli ingredienti per essere davvero una storia interessante. Una vita segreta parallela all’altra perfetta e inattaccabile. La precisione e la perdita di controllo. Come in uno specchio Carrolliano dove tutto non è come sembra.
A metà serie non me ne sono innamorata e a tratti l’ho trovata anche ripetitiva e pesante ma se ho continuato è stato perché speravo ci fossero dei colpi di scena. Un senso che non avevo colto. Devo dire che in effetti poi, sul finale, mi sono ricreduta. È oggettivamente esagerata, surreale e delirante a dir poco, ma ci sono picchi di genialità che ti faranno sorridere e ti catapulteranno dentro quel manga che tanto ha avuto successo e che ha portato alla trasposizione in immagini della sua storia. C’è una fastidiosa forma allegorica sessuale, infine, che non ho gradito particolarmente ma fa parte della narrazione giapponese ed è per questo che non girerei tanto intorno all’argomento. Del resto Lamù in versione originale -e solo il cielo sa quanto io amassi Lamù-, come molte altre visioni della nostra infanzia, in originale era leggermente smaliziata, per così dire.
Kantaro non devi perderlo se ami il cibo e i dolci perché ce ne sono davvero tanti e inquadrati con sublime maestria. Ti ritroverai com me, credo proprio, ad aver voglia di un gelato, di un parfait, di una torta o di una spatolata di cioccolato fondente. Anche nelle esagerazioni più estreme di goduria massima in fondo penserai che quell’eccesso lo hai provato anche tu perché nella nostra vita -che fosse dolce o salato- un cibo consolatorio che ci ha fatto stare bene al primo morso di sicuro c’è stato. Che fosse una cucchiaiata di minestra, una forchettata di pasta o come nel mio caso -che sono amante dei dolci- un bel gelato grondante, appagante e riempitivo. Anche di dolori.
Se dai una chance a Kantaro e ai suoi estremi scoprirai una personalità in continuo cambiamento. Se ti va di ascoltare tutta la sua storia vedrai che dietro a quella voglia di dolce c’è stata una fortissima rigidità che nonostante tutto non l’ha completamente plasmato e travolto. E se dai una possibilità a Kantaro ti ritroverai a vedere scene un po’ alla Megaloman ma con gelatina di matcha e fagioli azuki che arrivano come asteroidi. Ci sono citazioni che secondo me ricalcano moltissimo Star Wars, ma questo è un mio personalissimo giudizio. Ci sono principesse da scoprire, eroi da salvare, bambini da redarguire a suon di dolcezze. Ci sono arredamenti occidentali mischiati all’antico Giappone. Ci sono curiosità per un paese che di certo non ha la tradizione dolciaria italiana e francese, che sono poi protagoniste. Si mischia tutto come in una ciambella sfornando un prodotto dal gusto molto particolare ma non per questo dal sapore spiacevole.
Anzi.
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Le illustrazioni le ho pasticciate io e mi appartengono.
January 30, 2018
Sparizioni, ritorni al vegetarianesimo, biscotti speciali e Auguri Amore Mio. Papà.
Oggi 30 Gennaio sarebbe stato il compleanno del mio amatissimo e unico infinito amore papà. Riprendo a scrivere non a caso quindi. Per la prima volta in quattordici (quasi) anni di blog, di cui otto (quasi) esclusivamente di food, non ho scritto il post del primo Gennaio con i pancake, quello degli auguri, la calza della befana, le tombolate di fine e inizio anno e di questo mi scuso profondamente: fosse solo per la preoccupazione che ho destato, di cui mi dispiace immensamente e che al contempo mi rende onorata e grata perché riflesso di un affetto incondizionato -e vorrei sottolineare ricambiato e moltiplicato- che ho sempre sperato di meritare, lo stesso che diventa una solidissima base per cercare di fare sempre meglio nel mio piccolo. È stato un Natale iniziato troppo presto, avendo fatto l’albero a inizio novembre, e finito ancora prima. A pochi giorni dal Natale, come avevo accennato nel mio ultimo post, Koi non è stata bene e tra ecografie, supposizioni e preoccupazioni anche l’apparecchiatura natalizia e la festa della Vigilia nel salone vittoriano, a cui io, Guido e Peppe in particolar modo abbiamo lavorato duramente per un anno, è stata frettolosa, triste e poco curata. Non ci siamo lasciati troppo abbattere e il Natale lo abbiamo festeggiato ugualmente; anche e soprattutto perché la mia Koi non si è arresa neanche un attimo. Ho ballato con Nonna musica disco anni 70 e 80 e solo questo è valso la serata e la fatica emotiva. Koi, come dicevo, fortunatamente si è ripresa piano piano e la diagnosi è stata migliore di quello che si era previsto ma nel contempo è arrivata una bella tiroidite e l’influenza che mi ha immobilizzato a letto per due settimane tra febbre, tachicardia, ansia e non ti nascondo anche molta preoccupazione per dettagli che è inutile trascrivere in questo contesto. Inoltre un brutto incidente a una mia carissima amica che mi ha destabilizzato a dir poco.
In questi frangenti, e solo in questi sottolineerei purtroppo, ti ricordi quanto la frenesia, l’organizzazione e i programmi siano oggettivamente delle chimere. Un assioma? Sì. Ricordarsene, per certi versi come è giusto che sia, nella quotidianità pur essendo un assioma è un’altra cosa. Come se non bastasse mentre i miei ormoni ballavano “Funky Town” un po’ come me e la nonna -durante la vigilia di Natale- portandomi crisi di pianto immotivate, tristezza infinita e sbalzi preoccupanti che mi facevano apparire al mondo esterno come una novella Jack Nicholson, alla nonna si è fermato il cuore per qualche istante. Una vena ostruita. Una corsa in ospedale. E tante brutte notizie che ci hanno fatto credere di dover cominciare il 2018 con l’assenza definitiva di quella che è in assoluto il pilastro portante di tutta la mia famiglia. Sono ottantotto anni tra esattamente tre giorni, calabrese, forte e presente mentalmente più di quanto lo possano essere persone molto più giovani. Vederla passare dal saltellare con i Gazebo e disco anni 80 al respirare attaccata alla bombola d’ossigeno con gli occhi spenti è stato raggelante. Mi ha catapultato nuovamente in un incubo. Intendo incubo semplicemente visivo perché quello emotivo lo vivo ogni giorno; il trauma di papà non mi ha mai abbandonato e a fatica ho capito che sarà così per sempre. Ognuno, come in tutto, riesce a trovare un equilibrio (anche semplicemente apparente) sempre diverso. Può toccare sì delle corde, e pure delle note, simili a qualcuno di diverso da noi ma diciamolo: la composizione musicale del dolore e dei sentimenti non è mai uguale in nessun caso.
Chi mi legge da un po’ sa che non amo condividere il dolore. Neanche una febbre. Ho fatto giusto una storia su Instagram a inizio dell’anno perché la forza -e solo di questo si trattava- di rispondere a tutti proprio non ce l’avevo; una volta che mi è stata diagnosticata la tiroidite ho tenuto a tranquillizzare perché spesso la non comunicazione porta a immaginare cose ben peggiori da quelle realmente accadute.
Adesso che nonna sta meglio (i dottori dicono che è davvero una roccia e che un’altra non ce l’avrebbe fatta), adesso che Koi sta meglio (mi sa che ha preso dalla bisnonna, fortunatamente) e adesso che mi sono imposta e convinta di stare meglio (mi sa che non ho preso da loro sai?) ho trovato l’unico input di forza per ricominciare e ripartire. Del resto come potevo non riceverlo in questo giorno così importante, seppur doloroso?
Mi sento un po’ spaesata, posso confessartelo? Non scrivo da quasi un mese e nonostante sia un po’ come la bicicletta forse una piccola rotellina oggi mi occorrerebbe. Che poi non ho mai avuto le rotelline laterali di sostegno, sai? A parte il triciclo quando ero piccina intendo, perché papà non ha voluto assolutamente che io le avessi nella bici “da grande”. Come quando a mamma ha assolutamente vietato di darmi i braccioli e già a tre anni sapevo nuotare sola. Anche a due diceva papà, ma a lui piaceva un po’ esagerare (anche a me, dai). Cielo, quanto mi manca. Anche adesso non riesco a smettere di avere quel nodo alla gola e quelle lacrime. Quelle lacrime che cerchi di ributtare indietro quasi a voler significare di avere un contegno. Macché.
Sarà sempre così e non voglio rimproverarmene perché questo dolore della sua assenza che mai mi abbandona diventa, è vero, una solida base per tutto il mio masochismo e tristezza ma al tempo stesso la forza di reagire. Oggi sostanzialmente sto applicando il secondo utilizzo di questa solida base, insomma.
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Vorrei raccontarti di quello che è accaduto in questo mese. Delle scelte che ho preso e delle sensazioni che mi hanno portato a diventare, come accade a tutti del resto, ancora diversa. Che “più grande” credo sia sbagliato; non voglio diventare mai grande. Magari semplicemente esserlo qualche volta ma ho fatto la promessa a papà che sarei rimasta anche quella bimba di tre anni senza braccioli. Quella bimba che credeva di diventare una stilista famosa a sei. Quella bimba che continuava a dire “da grande voglio fare la scrittrice e la disegnatrice”. Non ho mai cambiato idea. Mai. Che fossero vestiti o case. Che fossero racconti di me o di altri. Inventati e non. Io da grande volevo fare la scrittrice e la disegnatrice. Non ci sono riuscita, sai? Ma ogni giorno ci credo. Ci credo che un giorno se lo vorrò davvero accadrà.
Credo che, al contrario di quello che si possa pensare in questo ridicolo periodo storico, io non abbia competenza alcuna. Perché non ho studiato per averle. Non sono due corsucci e tre aggiornamenti o come nel mio caso un libro pubblicato per la più grande casa editrice italiana e numeri/contatti/impression ma uno studio che mai finisce. Io non sono oggettivamente quello che volevo essere ma a modo mio, pur facendo altro, ci credo. Ci credo sì che un giorno, volendolo, ce la farò.
Spesso mi chiedo: ma cosa sono allora?
Rifacendo la carta d’identità il tipo del comune conoscendomi ha scritto “imprenditrice”. Mi si è gelato il sangue. Non me lo ha chiesto. Mi sono sentita impotente e attonita. Volevo avvicinarmi al vetro e dire “scusi può scrivere che volevo fare la scrittrice e la disegnatrice e che ci sto lavorando e che?” ma inesorabile la sentenza era arrivata.
Anche ieri dal notaio alla voce “professione” mi sono trovata per certi verti costretta a scrivere: imprendi…
Se lo era papà però perché lo sono anche io? Si fa per eredità? Anche qui c’è una lobby? Papà lo è diventato davvero ma con tantissima fatica, lavoro, sudore. Ma io? Io che volevo fare la scrittrice e la disegnatrice con studio e competenze mi ritrovo a esserlo per alcuni mentre per altri sono ancora un’altra cosa. E quasi sono io a dover convincere che non è così. Una vita a sapere cosa sono ma a cadere costantemente in una sorta di commedia degli equivoci.
Ogni anno nel primo post che scrivo dico sempre che ci saranno tante novità. Non voglio farlo quest’anno, sai?
Non voglio e tecnicamente non posso. Mi sono resa conto che il web e i social diventano sempre qualcosa di più distante dal mio modo di essere, pensare e concepire e sono quasi certa di voler fare dei piccoli passi indietro. Se mi segui su Instagram ti sarai reso conto che ho preferito perdere molti follower e interesse da parte del “””pubblico””” e dedicarmi a un account con neanche cinquemila followers, rispetto a centocinquantamila non comprati sottolineato, giusto per sentirmi meno in ansia e sovraesposta. A un certo punto è cominciata a girare la testa con tutti questi numeri e la cosa, pur lusingandomi, mi ha terrorizzato invece che fomentato. Non giudico chi prova sensazioni diverse e su queste costruisce certezze, ci mancherebbe. So però che a me è accaduto il contrario. Il range maggiore mi ha spaventato e mi ha fatto perdere le certezze e non il contrario, come pare di norma accada. Questi passi indietro consistono credo nel voler tornare qui. Dedicarmi con maggior forza e vigore a tutto questo. Alla mia prima forma di comunicazione, quella che mi è rimasta nel cuore, ovvero sul Blog. Una forma più lenta, riservata, per una nicchia, un’élite. Queste storie veloci come flash e con un contenuto interrotto che ti fa sentire inadeguata per certi versi proietta qualcosa che non mi rispecchia. Una ricetta nelle storie di Instagram fa perdere tutta quella poesia che potrebbe esserci in un lungo filmato ininterrotto di chiacchiere e deliri come accade invece in una delirante videoricetta o senza neanche metterlo a paragone con un flusso di parole, immagini e illustrazioni -per quanto mi riguarda- come accade infine sul Blog.
Ho sempre voluto essere una cucina dove ti siedi e. E deliri con me. In un flusso di idee, emozioni e racconti. Non ho mai voluto “essere una ricetta”, una preparazione, una maestrina che ti dice cosa fare, come fare, quando farlo e perché farlo. Ho sempre voluto essere un’amica, pur conoscendone il valore profondo e il significato, che trovi cliccando quando ne hai bisogno. Forse ho sempre voluto essere quello che nei fatti e nella realtà faccio fatica.
Se i blog siano destinati a morire questo non lo so, ma la cosa più importante sinceramente è che non me ne importa. Come non me ne importa che non piacciano, che le persone non li leggano, che i post siano troppo lunghi e che la comunicazione/i social media strategist dicano altro. La strategia comune non deve mai surclassare quella personale. La mia strategia personale è: essere serena, felice e sentirmi ancora quella bimba piena di sogni. Non voglio ringraziare per ennemila impressions credendo che sia quello un successo ma rispondere a un commento in modo vergognosamente prolisso, scusarmi perché ho perso la mail, rispondere dopo un mese o due ma sempre dando importanza e valore al singolo.
Forse è un retaggio del lavoro “imposto”. La mia azienda (quanto costa dirlo) fa il dettaglio e l’ingrosso. E so che una lampadina molte volte ha più valore di una fornitura a un ente.
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Quindi non so se ci saranno tante novità perché sto prendendo le misure, facendo dei passi indietro e decidendo cosa sia meglio per me. E sempre per questo motivo, cambiando argomento per non ammorbarti e perché credo di aver detto tutto, ne approfitto per accennarti -poi farò dei post appositi e dedicati sicuramente- che per motivi di salute ho deciso di forzarmi a ritornare a un regime semi vegetariano. Semi vegetariano perché certamente la mia dieta rimarrà quella abituale, ovvero totalmente veg. Non so se riuscirò a inserire le uova (anzi lo so e la risposta è NO categorico ma voglio fare quella che ha la mente aperta. Mi reggi il gioco per favore?) ma una tantum del latte sì. Per latte intendo giusto per andare nello specifico: yogurt. Magari bianco e greco qualche volta per una piccola assimilazione di proteine animali che stando ai fatti mi aiutano. Dicevo appunto che non voglio ammorbarti più di quanto abbia fatto ma tra accertamenti, analisi e compagnia bella il mio endocrinologo (che amo, di cui mi fido ciecamente e che mi ha sempre seguito) mi ha indirizzato verso questa strada. Quest’anno saranno praticamente vent’anni che faccio un regime vegetariano -con questa parentesi dal 2010- vegana. A conti fatti (mamma mia non ci avevo mai pensato!) altro che parentesi! Venti anni quasi ben ripartiti in un bel cinquanta e cinquanta, mancava poco ma.
Ma, appunto. Ho fatto questa scelta perché potrebbe aiutarmi a stare meglio. Perché potrebbe aiutarmi con dei valori che sono importanti. E perché, te lo dico, potrebbe darmi alcune chance in diverse situazioni personali su cui non mi soffermo (ma ci siamo capiti mi sa) che al momento non ho. Non che uno yogurt possa cambiare un mondo ma senza andare troppo nello specifico: se un dottore mi dice che sto andando male e che non va bene e soprattutto che potrei fare meglio io semplicemente lo ascolto. Con quella dose di infinita umiltà. A volte ne occorrerebbe un minimo per salvare situazioni disastrose, del resto. Comunque di questa novità ti parlerò. Come ti parlerò anche di come questo possa essere una risoluzione e al tempo stesso un grosso problema per la mia intolleranza ai latticini. Piano piano il corpo si abituerà mi dicono -specifico nelle mie condizioni- e tanto mi basta per provare.
Ti ho annoiato abbastanza? Spero di no ma nel caso me ne scuso. Un piccolo aggiornamento dopo un mese era dovuto e soprattutto voluto.
Già da oggi mi metterò a completa disposizione per rispondere alle centinaia, perché di questo si tratta se non addirittura più ma non vorrei fare quella che vuole a tutti i costi esagerare, di mail/instagram/messaggi che mi sono arrivati. Non amo particolarmente concentrare l’attenzione su di me in questo modo, anzi tutt’altro. Solo che davvero è stato molto difficile e per certi versi lo è. Non per questo però bisogna mollare, mi direbbe papà e avrebbe ragione. Come sempre, sottotitolo.
[image error]Ogni anno per il 30 Gennaio faccio sempre qualche ricetta che amava particolarmente papà. Di questi biscotti con l’avena ne ho parlato e riparlato milioni di volte e basta mettere nel campo cerca “biscotti avena” che ne vengon fuori davvero di tutti i tipi: veg e non. Oggi te li propongo in una versione con i cranberry, il cioccolato fondente e i fichi secchi che onestamente sono piaciuti tantissimo.
E che in cuor mio sono piaciuti anche a papà.
Auguri Vita mia. Auguri Amore mio.
Per 20 Cookies medi
240 grammi di zucchero di canna grezzo
280 grammi di burro morbido a temperatura ambiente
3 uova di media grandezza
360 grammi di farina bianca 00
200 grammi di avena (vengono buonissimi anche con il muesli)
300 grammi di cioccolato fondente tagliato finemente
150 grammi di mirtilli rossi (cranberry o frutta disidratata)
150 grammi di fichi secchi tagliati piccolissimi
10 grammi di bicarbonato
un pizzico di sale
Tutto insieme. Forma. In forno a 180. Più facile di così?!
Grazie.
Di tutto. Ti voglio bene, ma questo già lo sai.
December 25, 2017
Il Panettone dell’ultimo momento e gli imprevisti
Non ho scritto in questi giorni, perché come spiegato velocemente e doverosamente nelle storie di instagram (chiacchiero più su iaiaguardo che su maghetta) qui ci siamo presi un brutto spavento perché Koi è stata male. Presunta torsione intestinale, notte di inferno al pronto soccorso veterinario, flebo, ecografie, lastre, pianti e sinceramente quel panico che fatico ormai a gestire dopo la disgrazia avvenuta al mio amato papà.
Gli imprevisti accadono, succedono ed è giusto così. L’altro giorno una ragazza nei messaggi privati delle storie, che mi stanno emozionando come poche cose accadute qui nei social in quanto intime, dirette e profonde che legano in modo mai accaduto prima, mi ha scritto un messaggio tanto breve quanto incisivo “in un mondo di maiunagioia ci sei tu che non ti lamenti mai e porti sempre un sorriso e positività”. Non mi piace, e lo sai se mi leggi, sbrodolarmi con complimenti ricevuti e fare screenshot su quanto la gente mi dica chebravachebellachesei ma onestamente questa sorta di messaggio è innegabilmente un balsamo per il cuore, un incentivo e soprattutto un incoraggiamento di cui non nascondo di avere bisogno con tutta questa stanchezza e masochismo prepotente che continuano a fagocitarmi.
Koi adesso sta meglio. Ha solo una brutta gastrite che dobbiamo curare e un’infezione. Tra antibiotici, protettori gastrici, fermenti in capsule e birilli ce la stiamo cavando abbastanza bene. Sembra un barboncino anni ottanta perché l’hanno depilata -non troppo bene- da parte a parte e ha tutto il pancino scoperto come fosse Britney Spears. Le manca la gonnellina a piegoline, il top e un corridoio del liceo dove intonare “Oh, baby, baby!!!”
Erano previste due tombole super pre natalizie (ah le ultime due sono state vinte da Alessandra Ssandrici e Elisa Ellllllisa. Iaia ha visto tutto e provvederà immediatamente. Biscottina bellissima e Rina mi dicono se sono arrivati i premi per favore? Non ho avuto un minuto perdonatemi) ma visto quello che è successo ci rifaremo in questi giorni. Che ne dite? Era in programma anche il post perfetto scritto con tazza di tè in mano fumante e musica rilassante dove vi facevo gli auguri. Vi ringraziavo. Insomma tutto programmato certo, ma come diceva papà “i programmi, Vita mia, non esistono”. Ed è proprio così. Non esistono. Ed è giusto per certi versi perché tutti dobbiamo dribblare dolori, affrontare paure e lottare contro noi stessi e l’ignoto. Ci dà forza per essere migliori e solo da come riusciamo a gestire l’imprevisto e il dolore mostriamo chi siamo. Io, te lo dico onestamente, man mano che passa il tempo mi sento un pochino più forte. E se mi impongo di esserlo è solo per rendere orgoglioso il mio papà. Certo se mi avesse visto isterica l’altra sera con il pigiama mentre urlavo in macchina “Koi stai tranquillaaaaaaaa!!! Tranquilla amore mio!!!!!!!” (era dolorante e molto ma era lei a tranquillizzare me dandomi bacetti stanchi e affaticati. E pensando “è proprio isterica, questa umana. Pazienza”, ne sono certa) e poi inveire contro la veterinaria perché non era stata gentile (e a dirla tutta non lo era stata, davvero) non sarebbe stato propriamente fiero di me. Anche lì però sono esperienze e da incomprensioni possono nascere anche dialoghi sereni e importanti.
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Per il post tranquillo con tè fumante e musica rilassante dico che passo. Passo verso capodanno se sei d’accordo. Adesso però scrivo due righe veloci perché sono appena arrivati da Torino: Sacra Dottoressa Suocera, Amore cognatoso Paola e fidanzato Architetto Andrea.
Veloci ma con il cuore. E sentiti più che mai.
Grazie
Grazie. Grazie sempre per tutto quello che fai per me. Che fate per me. Grazie per portarmi in casa preparando le ricette. Grazie per i messaggi pieni di confidenze. Grazie per dirmi sempre “Iaia ma stai tranquilla. Anche se mi hai risposto dopo un mese lo so che sei fatta così”. Grazie per la comprensione, l’affetto e la costanza. Grazie per farmi sentire parte della tua vita e amica. Per la fiducia, che spero sempre sia ben riposta, e la curiosità dei progetti che molte volte vanno in porto solo perché incentivata da te. Grazie anche se non mi scrivi ma lo fai quando sai che ne ho bisogno. O che ne hai bisogno tu e ti assicuro che è quello che più conta.
Grazie per avermi fatto restare Maghetta nonostante gran parte della mia vita sia Grazia Giulia Guardo. Grazie perché se ritaglio dello spazio per credere ancora ai miei sogni e continuare a essere Maghetta è solo merito tuo, te lo assicuro.
Tutto quello che gira intorno a questa scatola magica è merito tuo. Sei tu il motore. Io l’avviatore delle macchine. Ricordi quello della città incantata negli scantinati? Ecco. Ci sono pure gli esserini della polvere che mangiano caramelle e Koi, barboncino anni 80, che ti saluta e ringrazia per tutto l’affetto e l’interessamento.
Da parte mia, del Torinese, di Koi e della mia mamma senza dimenticare mai il mio amato papà: Grazie.
Perché in questa casa se c’è Maghetta, i sorrisi, e la voglia disperata di vivere per sempreunagioia piuttosto che maiunagioia, è solo grazie a te.
Buona Vigilia e Buon Natale a te, i tuoi cari e tutti i tuoi amici pelosetti.
Un bacio grande,
Maghetta, Iaia, Grazia, Grazia Giulia Guardo.
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E La Ricetta del panettone, Iaia?
Del panettone dell’ultimo momento di Csaba magari ti parlo un’altra volta. La ricetta non mi ha convinto, stranamente. Si è molto sgonfiato e il sapore non è stato entusiasmante. Sicuramente avrò sbagliato io qualcosa. Si parlava di imprevisti, no? Ed è giusto anche così. Un panettone dell’ultimo momento riuscito male. A ricordarci che va bene anche così e che non siamo perfetti e bravi a fare qualsiasi cosa. Anzi, per quanto mi riguarda, è proprio una ricorrenza costante: sbagliare.
Trinca con arancia, albicocche, anice stellato e pepe rosa e il rito della candela
Questo post è stato scritto il 21 Dicembre
Santa Signora Pina, al secolo conosciuta come mia amata badante dal nome abbreviato in Pinù, mi ha detto che la trinca è il pezzo migliore. A Catania si dice “ti ha trattato dalla parte della trinca” per sottintendere che qualcuno ti abbia trattato davvero molto bene. Per me capire i diversi nomi dei tagli di carne è impresa ardua assai. Mi destreggio malissimo e avere un torinese in casa che ne capisce è davvero molto complesso. Stiamo ore a parlare delle differenze per poi arrivare sempre a un unico punto: lui è preparatissimo e io no. Bene, però grazie a Pina so che in Sicilia se dico trinca dico il meglio. Non ho visto questa ricetta da nessuna parte, te lo dico onestamente altrimenti come sempre faccio scriverei la firma. Il fatto è che avevo in casa: arance e albicocche essiccate e come spezie mi sono inventata questo anice stellato e pepe rosa.
Il risultato è stato sorprendente e mi hanno fatto tutti dei gran complimenti; tanto che mi hanno chiesto di riproporre questo piatto a Natale. Se non fosse che gran parte della mia famiglia per tradizione e suppongo questione religiosa non mangia (solo il 24 mentre il 25 sì) carne a Natale avrei servito questa trinca profumatissima proprio la Vigilia.
Sono la persona meno indicata per raccontarti un piatto di carne ma posso dirti che davvero poche volte ho ricevuto questi complimenti. Ero restia a farla nella crock pot e volevo trattarla come un roast beef, quindi facendolo chiudere in pentola e poi terminando la cottura in forno. Poi avevo pensato di fare lo stesso ma invece del forno ovviare con la crock pot. E invece mi sono ritrovata per mancanza di tempo a mettere tutto direttamente nella slow cooker e via.
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Puoi speziare come preferisci e ottenere un risultato trionfale in tavola con minimo sforzo. Poi l’effetto delle arance cotte lentamente è così bello, festoso e natalizio, no? Mi sarebbe piaciuto, te lo dico onestamente, glassarle in padella perché allora sì che sarebbero state ancora più gustose da mangiare ma essendo un primo esperimento -riuscito sorprendentemente bene- mi riprometto di farne uno leggermente più elaborato e raccontarti le reazioni.
L’emozione della cera
In questi ultimi due giorni devo far sciogliere delle candele bianche perché vorrei ottenere quell’effetto “squagliato/cadente” che tanto mi piace e che aggiunge un tocco di magia alla tavola. Non so se piace anche a te ma quel ricamo che si forma, quasi fosse un merletto, sulla lunghezza della candela lo trovo di impareggiabile effetto. Ho scelto i fiori, i centrotavola e domani ti racconterò un po’ di più di questo mio menu natalizio. Sono emozionata, felice e sotto pressione ma ribadisco: felice. Mi manca da togliere il fiato papà ma come sempre mi convinco che lui stia vedendo tutto questo e stia apprezzando come ha sempre fatto. A papà piaceva moltissimo il mio modo di apparecchiare, di servire, di scegliere e la cura che mettevo nelle cose. Non mi chiedeva mai perché lo facevo, se ero stanca e che potevo fare di meno. Non era mai nulla di esagerato per lui semplicemente perché sapeva che ero io. Nessuna forzatura e stanchezza se è tutto nel tuo cuore e nella tua testa.
Oggi mentre leggerai queste brevi righe scritte purtroppo più velocemente di quanto avrei sperato sarò nella cucina vittoriana (ma come lo chiamiamo il nuovo ufficio? Proprio non riesco a decidermi ed è strano perché generalmente -come è accaduto con l’iperuranio- sono molto produttiva e svelta in queste decisioni) per decidere gli ultimi dettagli. Per lavare tutto il servizio da 24 (anche se saremo 20), per sistemare tutte le posate e i bicchieri e moltissimo altro. Questo perché apparecchierò domani con un anticipo di 2 giorni sì. Non sarà una tavola facilissima da comporre e per quello che ho in mente forse avrei dovuto cominciare ad apparecchiare sette giorni fa.
Voglio che la tavola -dove virtualmente a capotavola c’è e ci sarà sempre papà- sia ricchissima di amore, straripante di complicata semplicità e adornata da purezza. Ho una splendida famiglia che merita un Natale magico e un altro festeggiamento per questo nuovo ufficio e vita che si prospettano. Per noi tutti, intendo. Perché in fondo il Natale è ancora credere che tutto sia possibile. Ricominciare, migliorare e costruire. Crederci nonostante tutto.
So che è difficile per alcuni non perché lo immagino ma semplicemente perché lo è per tutti. In ogni famiglia, cuore e testa c’è solo voglia di rinchiudersi. A ognuno manca qualcuno e qualcosa. Se hai una cosa te ne manca in un’altra come in un loop. Una tavola bella imbandita non è più ricca di una apparecchiata con un tozzo di pane. È tutto quello che si vuole fare, vedere ed essere. E dietro ogni cosa ce ne sono altre. E altre ancora.
Ma se c’è il coraggio di crederci allora c’è tutto.
E io ci credo sempre e sempre di più. Soprattutto quando sono sicura di non crederci più.
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Ti ricordo che ho due account Instagram
E oggi ti farò sbirciare tutto nella cucina e nel Salone Vittoriano. Se ti va mi trovi nelle storie. Ti aspetto!
MAGHETTA e
Se ti fa piacere commenta e scambiamo anche quattro chiacchiere lì, perché il maledetto algoritmo se non commenti o non interagisci con me ti farà ben presto scomparire maghetta e iaiaguardo dalla timeline. Grazie infinite.
La Ricetta
Il macellaio mi ha dato un pezzo di trinca intero e io l’ho messa nella crock pot con abbondante succo di arancia, olio extra vergine d’oliva, anice stellato, pepe rosa, sale grosso macinato sul momento e una manciata di albicocche. Quello che ne è venuto fuori è stato un secondo di carne molto apprezzato.
December 21, 2017
Una ciambella morbida dal cuore fondente e una barba soffice come le nuvole
Di questa preparazione ho parlato settimane fa su RunLovers, esattamente qui.
E no, oggi non esce il mio articolo su RunLovers ma domani perché proprio qualche ora fa si consumava il seguente teatrino:
Sandro Siviero, grande capo di RunLovers: “Giovedì tu vai con che pezzo?”
Iaia Guardo, grande scema di Maghetta: “Ehh. C’è tempo ancora. Sai che non lo so?!”
Sandro Siviero, grande capo di RunLoves: “Iaia è domani Giovedì”
Iaia Guardo, grande scema di Maghetta: “Giovedì chi? Domani quando? Cosa stai dicendo? Chi? Ma? Io? Scherzi?”
No. Non scherzava. E mentre io giravo con la mia pelliccia verde e decidevo di mettere il glitter alle unghie intuivo che era l’ultimo post su RunLovers prima di Natale, che non avevo ancora scritto tutti i pezzi per il mio Blog, che avevo lasciato in asso tutti i santi che mi sopportano in giro per il web e che dulcis in fundo dovevo pure organizzare le diverse tombole e soprattutto quella natalizia. In mezzo ci metti che ho deciso di fare un super inventario nella mia azienda e che trenta aitanti maschietti sono lì in attesa di mie direttive.
Ma seriamente: una con la pelliccia verde che odia il verde e che ha nelle mani una french glitter (e odio i glitter) come può anche lontanamente pensare di dare delle direttive se non sa neanche che giorno sia?! E allora è l’alba di giovedì 21 e io, dopo aver fatto delle storie su instagram che parlano di un fantomatico get ready with me, sono qui a dirti: Grazie. Grazie perché nonostante tutto questo ricevo messaggi bellissimi (e piango costantemente) e di incoraggiamento, pacchettini regali che non so seriamente neanche perché meriti e tante di quelle cose che -GIURO- non so da dove cominciare. Dovrò cominciare purtroppo dalle cose pratiche tipo capire dove sono i venti coprisedia perché tanti saranno i miei ospiti domenica sera, capire come essere presentabile per l’arrivo della Dottoressa Suocera, sdoppiarmi e chiedere a Hermione la giratempo per rispondere a tutte le chiamate, le email e i biglietti e non dimenticarmi nessuno. Poi puntualmente dimenticherò, mi mortificherò e in un loop infinito non avrò pace tra commozione, gratitudine ed esaurimento nervoso.
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Ieri è arrivato GC, grande cucina, la rivista di cucina che mi piace di più. Quella dei grandi chef e che parla di Natale a tre stelle e di Magorabin, ovvero “lo chiamavan Mago” e io tutta esaltata mi sono detta: un tè e sfogliare GC sarebbe un bel regalo. Per qualche secondo insomma credo di poter compiere gesta di tal tipo ma poi vengo catapultata in dimensioni sconosciute e comincio a delirare senza neanche sapere esattamente dove mi trovi, chi abbia davanti e via discorrendo. Ne approfitto per ringraziare tutte le ragazze che mi hanno rassicurato ieri sulla vicenda pupù di gatto e Koi; davvero sono rimasta senza parole (come sempre). Chiedo perdono se non ho risposto e ringraziato personalmente ma lo farò nel momento in cui il Torinese si innervosisce di più: a pranzo.
Lui parla e io rispondo ai commenti e ai messaggi. Nel menage di coppia è una mossa azzardata, ma vuoi mettere? Meglio zitella e con voi. Che con lui e senza di voi. E dopo questa perla saggia e romantica ti lascio il seguente quesito (e pure una sorpresa a fondo post).
Tu hai già scelto la playlist di Natale? E se sì: la fai su Spotify? E se sì: ci scambiamo i nick e tutto così ascoltiamo la stessa musica per un momento struggente e romantico?
Ma sei a conoscenza del fatto che esiste il Supremo, ovvero un panettone farcito di gelato al pistacchio che non è il classicone anni ottanta ma una bomba calorica e di gusto con tanto di panna, canditi e solo il cielo sa cosa e io sto tentando di corropompere il pasticcere per farne una versione vegana? E che se mi dirà di no lo chiuderò in cantina e passerò il resto della mia vita in gattabuia per sequestro di persona e di panettone?
Ma secondo te se faccio la parmigiana domani posso congelarla fino a domenica? Se mi leggi sai che ho paura del freezer però visto che avevo pure paura del verde e dei glitter e direi che ho superato la prova abbondantemente potrei provare a surgelare, no?
Ti mancherò dopo Natale quando scomparirò dal blog e dai social per almeno tre anni?
Possiamo abbracciarci e farci un pianterello isterico in modo da scaricare la tensione? (quindi un pianterello di 98 ore MINIMO)
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La Ricetta
2 bicchieri di farina
1 bicchiere di cacao amaro in polvere
1 bicchieri di noci intere (da tritare)
1 bicchiere di latte intero
1 bicchiere di zucchero di canna integrale
1/ 2 bicchiere di olio evo
1 bustina di lievito in polvere
100 grammi di cioccolato fondente tagliato a quadratini
3 uova
Lavori tutti gli ingredienti insieme e metti a 180 per 40 minuti circa. Fai la prova stecchino ed è servita. Conserva in un luogo fresco e asciutto anche per 4 giorni (ma tanto la finirai in ancor meno tempo, dai).
E Tombola sia!!!!
Sì un’altra Tombola e oggi vince il numero 33
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Sì un’altra Crock pot perché quest’anno ne ho parlato tantissimo e ti ho incuriosito. So che in moltissimi sono felici dell’acquisto, che si sono fidati di me e che tutto questo è quanto di più lontano da product placement a pagamento e altro. Come vecchie amiche. E sentirmi dire “mi fido solo di te” per me vale tutto. Non c’è prezzo. Non c’è niente che possa superare “mi fido solo di te”.
E io mi fido di te, del tuo giudizio, dei tuoi consigli e di tutto quello che questa eterna magia regala.
Se hai dubbi sul funzionamento della tombola ti prego fallo presente perché sono sempre felice di rispondere ma in sostanza quando si arriverà al numero 33 la tombola sarà vinta. I commenti non sono purtroppo numerati in questo nuovo template e ci stiamo lavorando (è praticamente impossibile intervenire sul codice per questa cosa) ma io dal pannello di controllo vedo tutto. Gli altri anni davo un formato pdf a disposizione di tutti. Qualora ci fossero dubbi lo farò. Se non l’ho fatto è sempre per la questione di fiducia da parte di entrambi e poi onestamente perché non ho avuto molto tempo ma sono sempre pronta e a disposizione per chiarimenti.
Un bacio e che sia una giornata glitterata e sfavillante! Noi ci vediamo sulle storie di Instagram perché lì deliro molto spesso!
Ti ricordo che ho due account Instagram
MAGHETTA e
Se ti fa piacere commenta e scambiamo anche quattro chiacchiere lì, perché il maledetto algoritmo se non commenti o non interagisci con me ti farà ben presto scomparire maghetta e iaiaguardo dalla timeline. Grazie infinite.
Nasce la sezione Uomo su La Cura
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Sandro Siviero, grande capo di RunLovers, mi ha dato l’onore di cominciare/inaugurare la Rubrica Uomo su La Cura. Ti sembrerà assurdo ma sono seguita anche da una parte maschile, seppur nettamente inferiore e sui diversi social da quando ho pubblicato la Cura mi è stato chiesto se avessi pensato a una sezione così. Ecco sì, ma non ero organizzata. Lo sto facendo e cominciare con lui, firma prestigiosa e uomo barbuto più famoso del web è per me un regalo immenso.
Sandro è la firma del sito di Running più famoso di Italia ma ti assicuro che è un grandissimo scrittore. Non sa scrivere solo di tecnica e running. È geniale nei racconti e nella costruzione di fiabe. È sorprendente nelle storie e da anni è diventato mia musa per tantissimi progetti. È il mio migliore amico e da anni non smette di stupirmi per tutta la sua sconfinata meraviglia (e ha anche un labrador nero di nome Mirtilla. La migliore amica di Koi, sì. Solo che Mirtilla è nordica, buona e obbediente e non indisciplinata, pasticciona e monella come Koi).
Clicca per la magia
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