Fabrizio Ulivieri's Blog, page 125
January 5, 2018
"Isole di felicità - Laimės salos" Rūta incontra Dovilė

Dovilė Kurkulionytė era sua amica da tanti anni. Dai tempi del liceo. Entrambe poi si erano trasferite da Utena a Vilnius, dove avevano frequentato la stessa università e sposato i loro mariti più o meno della stessa età. Entrambi i lavoravano in polizia.
I loro destini avevano per lungo tempo proceduto per binari paralleli, fino al momento che Rūta con uno scarto aveva rotto questa simbiosi di vita separandosi da Marijonas.
Dovilė comunque aveva un rapporto tormentato col marito, che era un compagno perfetto fino a quando non si ubriacava. Allora scompariva di casa per due o tre giorni (talora anche una settimana) senza dare notizie. E quando ritornava (perché ritornava sempre) non sapeva dire che avesse fatto, dove fosse stato e soprattutto con chi fosse stato. Per quanto Dovilė si arrabbiasse con lui non riusciva, a differenza di Rūta a separarsene. Lo amava alla follia ed era disposta alla fine ad accettare tutto, anche l’umiliazione.
- Come va Rūta? Com’è avere la casa piena di amore? Io sono di nuovo sola. Lui è sparito da tre giorni. Lo odio! Hai tempo per vederci a pranzo.
- Mi dispiace Dovilė…immagino come stai. Per quello che mi riguarda sto bene. Con Diego ogni giorno è meraviglioso. Davvero ora la nostra casa è piena di amore come mai lo è stata. Io faccio la pausa alle 13. Ti va bene se ci vediamo a Post Scriptum in Gedimino Prospektas vicino a Carré…sai dov’è?
- Sì, lo so. Bene ci vediamo lì alle 13
Da buona lituana arrivò alle 13,30.
Rūta era un po’ arrabbiata. In fondo aveva solo un’ora per il pranzo e Post Scriptum non era proprio vicinissimo al suo lavoro.
- Dovilė mi dispiace, ti ho aspettato dieci minuti ma poi ho ordinato. Ho solo un’ora di pausa e devo ritornare al lavoro che da qui sono almeno 15 minuti. Forse anche venti….
- MI dispiace Rūta….ma ha chiamato lui. Era in lacrime. Mi ha chiesto scusa e vuole ritornare a casa…per questo ho fatto tardi
- Lo riprenderai?
- Sì?
- Davvero lo riprenderai un uomo che si comporta così?
- Sì, non posso vivere senza di lui. Impossibile. Senza di lui non esisto…
- Un po’ ti capisco. La vita senza amore non è degna di essere vissuta. Però se Diego si comportasse come tuo marito non credo lo riprenderei. E anche se lo riprendessi non lo rispetterei più…avrei perso ogni rispetto di lui
- Non ci riesco Rūta…tanto volte volevo chiudere con lui, ma mai ci sono riuscita. Ci siamo picchiati, ci siamo fatti male ma alla fine io ho bisogno di lui…e anche lui di me…va via ma sempre ritorna in lacrime…
Rūta provò un po’ di compassione per Dovilė. In fondo una donna così irresoluta e senza amor proprio andava compatita. Era una vittima di se stessa.
No, se Diego si fosse comportato così non l’avrebbe perdonato.
- Dovilė mi dispiace ma devo andare. E’ tardi
- Ti accompagno Rūta. Farò in po’ di strada con te. Ho tempo ancora. Io al mio lavoro sono padrona di me stessa. Almeno questa fortuna ce l’ho
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Published on January 05, 2018 06:48
January 4, 2018
"Isole di felicità -Laimės salos" - Il fuoco di Rūta

La sensazione era che finalmente Rūta avesse trovato l’amore che cercava da tutta la vita. Tutto con Diego sembrava andare bene. Era stato così rapido ogni evento quasi da non credere ai cambiamenti. In due mesi si erano conosciuti, innamorati e avevano cominciato a vivere insieme.
A parte qualche problema con le principesse più o meno la convivenza funzionava.
- Ti manca il sole dell’Italia, Diego? – chiedeva Rūta sempre intimorita che Diego ci ripensasse e volesse tornare in Italia
- No, non mi manca. Non mi manca più niente di quel paese. Non ci stavo bene ultimamente. Non mi riconoscevo in niente
Quelle parole facevano stare meglio Rūta. La paura di perdere Diego era forte.
Tuttavia Diego non era completamente felice. I soldi che aveva messo da parte per viaggiare stavano finendo e il lavoro di artista di strada a Vilnius non rendeva molto e Rūta onestamente non era molto contento che lui passasse intere giornate per la strada a un angolo. Le pareva un lavoro da mendicante e non la rendeva felice che lui facesse ritratti alla gente, soprattutto alle donne. Diego era italiano e Rūta temeva che come tutti gli italiani fosse un donnaiolo.
Forse era questo il lato che maggiormente la disturbava. La gelosia e l’invidia che potesse parlare a tante belle donne lituane e straniere.
- Tu flirti con loro? – era la domanda frequenter che Rūta quasi ossessivamente poneva a Diego.
Un fuoco si impossessava di lei solo all’idea di lui che parlava con un’altra donna.
- Io ho fiducia in te ma non nelle donne. Le donne sono orribili quando decidono di avere un uomo
- Ma io non flirto con loro Rūta. Mi comporto normale…faccio solo il mio lavoro…
- Questo lo pensi tu ma loro forse no…loro forse vogliono di più…
Diego amava Rūta e per questo decise che Rūta era più importante di tutto. E lasciò il suo lavoro di ritrattista di strada.
Ma cominciò a diventare triste.
- Hai un problema con me?
- No, Rūta. Lo sai qual è il mio problema. Ho un po’ paura del futuro. Non ho un lavoro…
- Ti, ho detto che ti aiuterò io
- Sei la prima donna che vuole aiutarmi. Nessuna donna ha mai voluto. Non sei una donna comune Rūta
- Sì?
- Sì
- Com’erano le altre?
- Non avevano palle. Appena mi trovavo in difficoltà economica cominciavano a considerarmi un incapace
- Io non sono così
- Lo vedo
Poi Diego le strinse i polsi forte, si avvicinò e la baciò.
Rūta non poteva resistere. Sì senti sciogliere. Ebbe un brivido come se una finestra si fosse aperta e fosse entrato il gelo dell’inverno.
Rabbrividì.
- Diego, ti amo…lo sai?
Diego la tirò forte a sé e la baciò con vigore.
- Anche io, Rūta. Ti adoro. Norėčiau amžinai kartu[1]
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Published on January 04, 2018 05:44
January 3, 2018
Isole di felicità - Laimes salos: La gente felice è odiata dagli infelici

- Diego è più importante di noi! – le aveva vomitato in faccia Rebeka.
Rūta era rimasta di sasso. Per un attimo le era mancato il respiro. Le parole le erano rimaste in bocca. Era ammutolita.
Alla fine aveva risposto
- Ma che parli? Come puoi dire una cosa come questa?
Non potevano essere parole del cuore di Rebeka. Si rifiutava di crederlo. Erano parole di chi odiava lei e la sua nuova felicità.
Le figlie avevano da subito amato Diego. Aveva giocato con loro a Akla višta[1]. Aveva cucinato per loro patatine fritte che era andato a comprare a Maxima, una mattina che era rimasto a casa.
Loro dormivano e lui si era curato di scrivere un biglietto in lituano (che si era fatto dettare da Rūta) per avvertirle nel caso che si fossero svegliate mentre lui non era presente: esu Maximoje, tuoj grᶖšiu[2]
Fino a quella notte Goda e Rebeka avevano solo parlato bene di Diego.
Poi erano state dalla nonna. Poi il pomeriggio era venuto il padre quando a casa loro erano sole e la notte Rebeka le aveva detto quella frase inattesa e dolorosa.
Lei e Diego erano a letto. Diego guardava la TV e Rūta dormiva. Un urlo di Goda l’aveva svegliata. Era corsa in camera e aveva trovato Goda che si teneva con una mano il naso da cui colava sangue. Goda le aveva dato un pugno sul naso.
Aveva aiutato subito Goda a tamponare il sangue.
- Ma vuoi che tua sorella rimanga senza naso? Ma siete pazze? E’ le una di notte!
- Mi metteva le gambe nella mia parte del letto – aveva risposto Rebeka
- E tu per una stupidaggine del genere dai un pugno sul naso…ma hai perso la testa!!! –
Aveva dato uno schiaffo a Rebeka che allora le aveva detto
- Diego è più importante di noi!
Rūta fu contenta che Diego ancora non capisse il lituano perché avrebbe potuto offendersi, pensò.
Da quella notte di Natale che avevano fatto l’amore erano passati due mesi. Si erano quasi subito innamorati. Per un po’ Diego aveva continuato a abitare nell’hotel dove si era sistemato quando era giunto a Vilnius.
Poi lei aveva parlato alle figlie, aveva detto che aveva conosciuto Diego, che si amavano e desideravano vivere insiema.
- Diego sarà il nostro nuovo padre? – aveva chiesto Goda
- No, voi già avete un padre. Diego, sarà il mio compagno. Vivremo insieme. Vivrà con noi…
- Siamo eccitate mamyte. Finalmente ti vedremo felice. Le aveva risposto Rebeka
Come potevano dei simili cuori essere rosi dall’invidia?
No, non potevano essere parole spontanee. Dovevano essere state loro suggerite da persone che odiavano che lei fosse felice.
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Mosca cieca Sono a Maxima, torno subito
Published on January 03, 2018 08:02
January 2, 2018
"Isole di felicità -Laimės salos" SINOSSI

- Sai - disse a sua madre per interrompere quei pensieri di fuga - vorrei che un giorno qualcuno, uno scrittore, magari famoso, scrivesse di me, delle mie figlie, della mia vita, della nostra vita...dove non succede nulla eppure succede tutto anche se in apparenza non sembra così. Credo non sarebbe facile rappresentare un soggetto simile.
Una volta ho letto uno scrittore giapponese, Tanizaki Junichiro...lo conosci?
Sentí la sorpresa della madre a quella domanda che tuttavia rispose con un composto "No".
- Beh è famoso nel mondo per aver scritto temi sessuali. Il suo libro più importante è "La chiave" un libro a sfondo altamente erotico...ma ha scritto anche un altro libro bellissimo "Neve sottile" che è la storia della vita quotidiana di quattro sorelle a Osaka a cavallo fra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. E' un romanzo dove non c'è sesso e non succede nulla se non i fatti quotidiani, la vita e i sentimenti di ogni giorno...come la mia...l'unica cosa forte della mia vita sono infatti i sentimenti con cui affronto i giorni e le menzogne di chi mi circonda. Sono poche le persone sincere vicine a me...
Esiste la felicità? Che cos'è la felicità? Il libro si interroga sul tema della felicità e analizza la vita quotidiana di una piccola famiglia lituana nelle implicazioni della Lituania post indipendenza: Ruta, la mamma, Goda e Rebeka, le figlie.
Il concetto di felicità emerge in modo antiaristotelico, non più come un in-vista-di-cui ma come un sottrarsi per connettersi e migliorare esponenzialmente il proprio stato di felicità.
Un libro di contenuto caratterizzato da una scrittura veloce.
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Published on January 02, 2018 20:58
January 1, 2018
Isole di felicità (Laimės salos) - Rūta incontra l'amore?

Trovò quell'artista a metà di Pilies gatvė.
Faceva ritratti.
Vide alcuni dei ritratti che esponeva. Le piacquero subito
- Sono bellissimi! - disse in italiano come ormai le succedeva ormai da tempo quando si emozionava.
- Tu parli italiano? - le rispose l'artista
- Sí, un po' - e sorrise
- Brava. Sei di Vilnius?
- Sí. Tu sei italiano?
- Sí
- Di dove?
- Di Parma
- Non conosco la città. Ne ho sentito parlare ma non la conosco
- Beh non è male. Dovresti venirci
- Ma che ci fai a Vilnius?
- Giro l'Europa del Nord. Sono arrivato a Vilnius da due giorni. Mi è piaciuta l'atmosfera natalizia della città e ho deciso di rimanerci ancora un po'. Faccio ritratti...mi aiuta un po' a vivere. Vuoi un ritratto ?
- Vorrei ma non posso. Non ho soldi pe pagarti
- Hhhmmmm...a te lo farò gratis. Sei una bella ragazza
Rūta rise. Era proprio un italiano. Era simpatico. E bello...
Ebbe netta la sensazione che sempre provava ogni volta che si trovava faccia a faccia con quella tentazione: innamorarsi e soffrire? O fuggire?
Non fuggí. Non era mai fuggita davanti a quella sensazione è non vi era un motivo per farlo ora.
La bellezza degli italiani la spaesava, la confondeva, la eccitava.
Rūta non aveva grossi tabù e aveva anche fame. Troppo tempo che non aveva sesso.
Finì subito a letto con lui.
Le figlie erano a Utena per Natale. E la sua casa era vuota.
- Buon Natale - le augurò Diego la mattina quando sisvegliarono
- Buon Natale a te - rispose Rūta
Lo sguardo di Diego era cambiato rispetto alla sera. Era dolce e di continuo la cercava con gli occhi e le dava piccoli dolci baci sul collo.
- Sono stanco di girare il mondo Rūta
- Che vuoi dire?
- Mi vorrei fermare?
- Vorresti qui?
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Published on January 01, 2018 03:12
December 29, 2017
Non mi manchi Italia

Vivo a Vilnius una nazione identitaria dove ancora la gente è dello stesso colore, dove ancora parlano tutti la stessa lingua e pensano tutti come pensano secondo la loro razza e cultura, dove tutti hanno lo stesso odore e lo stesso sudore. Vivo lontano dall'Italia, un bellissimo paese che non ha più identità martoriato dalle divisioni secolari e dalla nuova immigrazione selvaggia che non cessa e pare aumentare, un paese vecchio retto da vecchi, che ho lasciato perché non capivo più.
Non mi manchi Italia.
Published on December 29, 2017 22:54
December 28, 2017
Fabrizio Ulivieri - la forza della scrittura mai banale e noiosa

"Fabrizio Ulivieri - la forza della scrittura mai banale e noiosa"
Una nuova pagina Facebook dello scrittore Fabrizio Ulivieri, collegata a Instagram, dove si troveranno esempi di scrittura forte e di contenuti mai banali e noiosi. Una scrittura controcorrente rispetto all'impersonalità, piattezza e assenza di originalità della scrittura contemporanea che appesta le librerie e rende inutili le menti che leggono schemi ripetuti all'infinito.
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Published on December 28, 2017 06:26
Isole di felicità (Laimės salos) - Rūta ritrova la felicità

Da giorni sentiva il mondo felice che si era costruito sfaldarsi, decomporsi e quasi svanire.
La mattina si svegliava in preda al panico le pareva che il suo corpo non esistesse. Allora si toccava il volto, le orecchie le labbra e il naso e trovava conferma alla sua esistenza. Tuttavia continuava a sentirsi insostanziale.
Quando camminava per la strada evitava di calpestare le grate dei tombini perché temeva che a causa della sua insostanzialità potesse scivolare attraverso le feritoie e finire nella fogna.
Sul filobus si era convinta che la sua carne si sciogliesse e rimanesse solo una pozzanghera di lei sul sedile.
La cosa più atroce era il pensiero che fra lei e la plastica del sedile non vi fosse differenza.
Aveva perso fede in quella felicità che si era costruita faticosamente giorno dopo giorno e quel panico angoscioso cresceva in modo esponenziale, accelerato come vivesse di vita propria.
Di nuovo incontrò Inga in un caffè.
L'aveva chiamata durante il lavoro.
- Inga ho bisogno di vederti
- Rūta hai la voce triste. Che succede?
- Giorni strani Inga. Giorni che mi perdo. Non ho più direzione. Ho paura di scomparire
Sì incontrarono al nuovo caffè in Vokiečių gatvė. Piccolino ma accogliente quattro tavoli in tutto.
Rūta era voluta andare lí perché l'atmosfera era positiva e i colori dell'arredamento confermavano una luce morbida che la distendeva. Lí sentiva di poter trovare aiuto al suo smarrimento. Trovare un supporto esterno per ricreare la felicità a cui amava consegnarsi in passato. Quelle piccole isole che la sostenevano al dolore di vivere. Dalla solitudine e di vivere. E ora dalla paura di perdersi.
Entrò finalmente Inga. Stranamente quasi in orario.
Entrò con quell'aria sfacciata di chi si sente a posto con il mondo, di chi è ben radicato nel mondo e non dubita nemmeno per un momento di esserci. Una specie di immortalità la sua.
- Rūta. ..
- Inga. ...
- Rūta credevo di trovarti peggio....dalla tua voce al telefono...era orribile. Mi hai fatto paura
- Mi ha rinfrescato essere qui. Mi distende qui...e volevo vederti...solo vederti mi trasmette sicurezza...quella che sempre mi manca
- Non sapevo che la mia visione fosse terapeutica - e rise forte in quella maniera esagerata che era la sua vita.
Il suono della risata di Inga restaurò e ripiantò nel mondo Rūta. Prese a sentire che fra lei e la plastica della sedia gli universi erano separati. Erano due cose distintr e non vi era possibilità di equivocarsi, finalmente.
L'atmosfera del caffè e la risata di Inga le avevano dato sufficienti informazioni. La sua isola di felicità non era solo opera sua come aveva creduto. Doveva connettersi a altri felici se voleva essere felice.
- Hai fatto altre foto Rūta?
- No, ma se vado in Italia ne farò
- Vai in Italia?
- Vorrei
- A me non piace l'Italia
- A me sí...ma ti capisco è un paese che ami o odo. ..molto lituani sono come te, anche Marijonas
odiava l'Italia ma da dopo che sta con la sua nuova compagna vi è già andato tre volte. Ora ha detto
che gli piace molto...ha cambiato idea - e rise Rūta questa volta
Inga non poté resistere a vedere il volto trasformato di Rūta
- Che bello vederti ridere. E' una gioia immensa per me. Sentirti al telefono con quella voce...
In quel mentre si aprì la porta che si portò dentro una folata di gelo. Era - 25 fuori.
Entrò un gruppo di italiani chiassosi. Dovevano essere del sud a giudicare dall'accento.
Vi erano due bambini nel gruppo che presero a strillare. Ma non disturbavano Rūta. Anzi la resero ancora più allegra.
Amava quel caffè di Vokiečių gatvė, ci stava bene ogni volta che veniva. E tuttavia non ricordava mai il nome.
Era un’ isola di felicità più grande della sua e aumentava esponenziale il piacere di esservi.
Inga ancora rideva nonostante le urla dei bambini e l'ultimo refolo di gelo che perdurava nell'aria.
- Oh! - le sfuggì dalle labbra, ma non era un lamento
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Published on December 28, 2017 05:51
December 22, 2017
Succhi gastrici e effetti collaterali (Microstorie e microriflessioni in tempi di crisi) - La cantante

Stare in scena è una smania, un orgasmo che inizia già molto prima, appena stai dietro le quinte e aspetti. Una smania come prima di un viaggio tanto atteso. Come quando indossi un vestito comprato per far crepare d'invidia le pettegole.
«Culo. Fica. Aria. Voce. Corpo» mi ripeto sempre prima di salire sul palco. Serro stretti i glutei. Provo una sorta di piacere tra le cosce e sento salire la voce da tutti i muscoli del corpo. La gente pensa che io canti con il cuore. Io canto con il culo e la vagina. Ma questo non lo sanno. Quando canto ho orgasmi. Per questo mi dicono che la mia voce ha timbri cupi, rari... ma non sanno nulla del suo parto. È frutto di orgasmi. È un ascensus che principia dal piacere. È sporca di umori. Mi rende lupo. Mi rende regina. Mi dà la forza attraverso l'arroganza della scena.
La carne è incompatibile con la modestia: l'orgasmo fa di un santo un lupo.
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Published on December 22, 2017 02:46
December 21, 2017
Succhi gastrici e effetti collaterali (Microstorie e microriflessioni in tempi di crisi) - La santità della disperazione

“No se muera vuestra merced, señor mío, sino tome mi consejo y viva muchos años, porque la mayor locura que puede hacer un hombre en esta vida es dejarse morir, sin más ni más, sin que nadie le mate” (Don Quijote)
La disperazione è una sirena. La sua voce incanta e attira il naufrago verso il suo letto di onde cullanti.
“Aujourd’hui maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas” (A: Camus L’étranger).
Parole terribili di una solitudine disperante su questa terra. Le più terribili che siano mai state scritte. Un grido che nessuno sente. La visualizzazione immediata di uno stato assurdo. E-straniamento senza via di uscita. Eppure una beatitudine entro cui abbandonarsi quasi felice di quell’e-straniamento. Di una consapevole distanza dal mondo che ti esclude per sempre, che intacca, crudele, ogni tuo progetto di vita.
La disperazione è in fondo santità del proprio stato di abbandono.
«Sono finito in questo letto di onde che mi cullano. Potrei affogarvi e tuttavia galleggio e non muoio. Le correnti mi cullano e mi amano.»
Il disperato non è mai solo. È sempre in presenza di sé: del suo stato di assurdità, di melanconia, di una morte continua che mai uccide definitivamente.
Il disperato è un Santo perché perennemente crocifisso a quello stato di beatitudine.
Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo
(Sandro Penna)
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Published on December 21, 2017 06:12