Michele Orti Manara's Blog, page 3
December 30, 2023
“cose da fare per farsi del male”: un diario di scrittura

Il prossimo 19 gennaio uscirà la mia nuova raccolta di racconti. Si intitola Cose da fare per farsi del male, è pubblicata da Giulio Perrone Editore, e quello che segue è una specie di diario di scrittura.
Nella primavera del 2019, circa un anno dopo l’uscita del Vizio di smettere, mi ritrovo con sei racconti nuovi e inediti, pronti da impacchettare e proporre a qualche editore. Nonostante le premesse (una raccolta di racconti? ahia; di un autore italiano ed esordiente? ahia ahia) Il vizio di smettere è andato piuttosto bene, e forse ubriaco di quel (micro)successo mi metto in testa che trovare un editore per la nuova raccolta non sarà troppo difficile. Che fessacchiotto. Ricevo in fretta i primi rifiuti, da parte di editori che mi piacciono molto. Incasso con falsissima signorilità e inizio a convincermi che abbiano ragione loro. I sei racconti sono tutti mediamente corti tranne uno, e mancano di coesione tra loro. Insomma, la raccolta così com’è non funziona.
Le possibilità a questo punto sono due: bruciare i racconti su una magnifica pira digrignando i denti, oppure rimettersi a scrivere. E siccome i racconti sono sul portatile e dargli fuoco sarebbe poco conveniente, non resta che la seconda.
Insomma arriva il 2020, ho continuato a scrivere, adesso ho otto racconti che nessuno vuole e inizio ad andare in confusione. Prima includo nella raccolta un racconto mooolto lungo che ho scritto nel frattempo – bella idea, bravo merlo; se già prima c’erano problemi di equilibrio, questo peggiora ulteriormente le cose. Di buono c’è che almeno me ne accorgo in fretta, e lo tolgo. Non pago, elaboro una maldestra cornice narrativa che riunisca i racconti, nella speranza che questo renda la raccolta più appetibile. Se sembra la mossa della disperazione, è perché lo è. Aggiungi un racconto, elimina un racconto, metti la cornice, togli la cornice. Sembro una versione sotto steroidi del maestro Miyagi, e infatti mi becco rifiuti da altro un paio di editori.
A tirarmi su il morale arriva una buona notizia: il mio primo – e a oggi unico – romanzo ha trovato casa (si intitola Consolazione, uscirà per Rizzoli all’inizio del 2022), e passo tutto il resto del 2020 a lavorare su quello.
Però quegli otto racconti raminghi, che tarlo, che tarlo.
Eliminata la goffa cornice narrativa con cui nel 2020 ho cercato di dare una posticcia uniformità alla raccolta, in un raro momento di lucidità torno a ragionare per racconti singoli – la dimensione in cui mi trovo più a mio agio. Tra l’estate e l’autunno del 2021 scrivo quattro racconti nuovi – uno di questi mi sembra una delle cose migliori che abbia mai scritto; quando troverò un editore per la raccolta (*se* lo troverai, *se*) decido che questo sarà il racconto di apertura. Oltre ad aggiungere questi quattro, mi chiedo se ci sia qualcosa da togliere. Per esempio, ce n’è uno che adesso mi sembra fuori posto. Non che non mi piaccia, anzi, ma non lega bene con gli altri e inizio a pensare che sarebbe meglio pubblicarlo da solo. Mica facile, però.
Nella primavera del 2022 sento parlare di una nuova casa editrice che si chiama Tetra e che fa proprio questo: pubblica racconti singoli, in piccoli volumetti quadrati. Propongo a Tetra il racconto-che-starebbe-bene-da-solo, e Tetra dice di sì (il titolo cambierà in L’odio migliore, uscirà nel 2023). La raccolta, intanto, è sempre lì, sempre immobile. C’è un aspetto positivo nell’averla montata e smontata così tante volte, ed è che ormai mi sono fatto un’idea abbastanza precisa della sua fisionomia. Di quello che le manca e di quello che è di troppo. Per esempio, c’è un altro racconto a cui per varie ragioni sono molto affezionato, ma che sembra un corpo estraneo in mezzo agli altri. A malincuore lo elimino dalla raccolta. Ma quando Andrea Temporelli mi chiede un testo per un’antologia a cui sta lavorando, glielo mando con grande piacere. Si intitola Gli altri, ed uscirà nel 2023 in Splendere ai margini (Oligo editore).
Arrivato a questo punto, non posso fare a meno di notare una cosa: tutto quello che esce dalla raccolta viene pubblicato da qualche parte. Ma non è che è la raccolta in sé ad avere addosso il malocchio? Sono una persona cocciutamente razionale per il 99% del tempo, ma nel restante 1%, come questa domanda dimostra, sarei disposto a credere più o meno a qualsiasi cosa.
Facendo due calcoli, dal 2019 al 2022 ho aggiunto alcuni racconti, ma soprattutto ne ho eliminati. La raccolta ne ha guadagnato in compattezza, ed è una scelta che paga. Alla fine del 2022 finalmente Cose da fare per farsi del male trova un editore: Giulio Perrone. Forse avrete sentito parlare del luogo comune secondo cui la firma di un contratto editoriale provoca una specie di ansiosa paralisi. Bene, per me è il contrario. Come mi è già successo con Il vizio di smettere, una volta che firmo vengo preso da una piacevole frenesia. Tra dicembre del 2022 e aprile del 2023 scrivo con grande piacere e altrettanta facilità quattro racconti nuovi. Forse il motivo per cui riesco a scriverli con questa scioltezza è proprio questo: adesso so esattamente quale sarà il loro ruolo, quale il loro rapporto con i racconti precedenti. Uno in particolare, dal tono apocalittico, sembra fatto apposta per chiudere la raccolta. Ed è li che finirà.
Resta solo un ritocco, un ultimo racconto che non mi convince del tutto. Devo lavorarci ancora, quindi lo elimino dalla raccolta. Restano dodici racconti, rigorosamente indipendenti, con sottotrame più o meno invisibili che li legano. Tutti più o meno nel recinto del realismo, ma in molti c’è almeno un accenno a qualcosa di ulteriore. La fisionomia definitiva di Cose da fare per farsi del male è questa, e adesso posso smettere di tafanarvi con questo sbilenco diario di scrittura.
Stappate pure.
Anzi no, abbiate pazienza, ora che ci penso manca ancora un ultimo tassello. In questa sfiancante girandola di aggiunte ed eliminazioni, solo una cosa è rimasta in sospeso: il racconto mooolto lungo (qualcuno direbbe: novella) a cui ho accennato in un retroscena precedente. Anche quello nel frattempo ha trovato un editore – e per me è un po’ come tornare a casa. Ma questa – come si suol dire – è un’altra storia, e ne riparleremo più avanti. Per ora, mi fermo qui.
Stappiamo.
December 19, 2023
cominciare male
«Mi vergogno terribilmente di come scrivevo agli inizi!» si lamentava con lui uno scrittore.
«Che dite!» esclamò Čechov. «Cominciare male è meraviglioso! Quando invece l’avvio è folgorante, allora sì che è finita!».

Ivan Bunin, A proposito di Čechov
traduzione di Claudia Zonghetti
Adelphi, 2015
December 14, 2023
la cercatrice d’oro di Goldfields
Si chiamava Goldfields, era una città fantasma: i saloon sprangati con le assi, cento abitanti. Le sorgenti d’acqua erano contaminate dall’arsenico, lo sono ancora. Questo l’abbiamo scoperto dopo. La matrigna di Jim aveva il cancro, forse per l’arsenico nell’acqua. Il padre di Jim stava vendendo la sua collezione di monete un po’ per volta per pagarle le cure mediche. Lei è peggiorata e lui l’ha messa su un aereo per l’ospedale oncologico, ma era troppo tardi. È morta.
Due settimane dopo, hanno mandato un messaggio a Jim riguardo al padre: c’è un’emergenza medica, vieni subito. Abbiamo guidato per trentasei ore di fila. Ma quando siamo arrivati era morto anche lui.
Non avevamo idea che esistesse una cosa che si chiama: tariffa scontata per lutto. Avevamo già attraversato cinque Stati in macchina quando qualcuno ce ne ha parlato. Jim ha detto: “Abbiamo già guidato tanto, tanto vale continuare”.
Dopo ventiquattro ore gli è venuto sonno e mi ha lasciata guidare. Ma lui non riesce a dormire in macchina, quindi dopo tre ore si è rimesso al volante. Alyce continuava a mandarci messaggi sul telefonino chiedendoci di tornare a casa. Le ho detto di fare i compiti e smettere di preoccuparsi. Non aveva idea di quanto fossimo lontani.
Dove siete?, continuava a dire. Pensava che fossimo in New Jersey. Dove? In Nevada?, continuava a chiedere.
Va’ a prendere una cartina, ho detto io.
Non sapevamo cosa avremmo trovato una volta arrivati lì.
Lisa, la sorella di Jim, quella che io chiamo la cercatrice d’oro, aveva guardato dappertutto in cerca di quel che restava delle monete, voleva più soldi perché si era occupata di lui. Ha detto che non aveva soldi per seppellirlo. Ha detto che dovevano usare i soldi delle tasse per cremarlo.
Quando siamo arrivati lì, continuavamo a trovare monete in giro per casa. Mucchi di monete. Lisa, la cercatrice d’oro, non le aveva trovate. Non aveva saputo dove cercare. Si è portata via tutte le armi, però, prima che arrivassimo noi.
L’altra sorella di Jim, l’esecutrice del testamento, ci ha detto (dal New Jersey) di raccogliere tutti i suoi documenti. Jim non ce la faceva, non era in grado. Entrava in camera del padre, si sedeva e rimaneva immobile. Non riusciva a fare altro. Alla fine l’ho fatto io. Lo conoscevo, ma non eravamo così intimi. Ho guardato tutti i documenti, li ho divisi, separati per anno.
Ho detto a Lisa: “Dovresti vedere uno psichiatra; dopo essergli stata così vicina, l’unica cosa che vuoi è la sua collezione di monete? Perché non l’hai presa prima che morisse?”.
Lei pensava di dover ricevere di più perché si era occupata di lui. Ma non era scritto così nel testamento.
Abbiamo guidato trentasei ore di fila anche al ritorno. Investire il cervo tornando a casa è stata l’ultima goccia per Jim. Si è messo a imprecare.
L’altra sorella, l’esecutrice, voleva che andassimo in New Jersey. Jim continuava a dire no, vogliamo tornarcene a casa. Lei insisteva perché ci andassimo. Alla fine lui ha detto che saremmo andati. È stato quando eravamo in Pennsylvania e abbiamo preso lo svincolo per il New Jersey che abbiamo investito il cervo. La macchina era a noleggio, quindi abbiamo dovuto aspettare la polizia per fare denuncia. Si era rotto un fanale. Costava mille dollari ripararlo. L’assicurazione non l’avrebbe pagato perché c’era una franchigia di mille dollari.
Jim voleva soltanto la fibbia di una cintura che glielo ricordasse. La fibbia d’argento di una cintura. Io ho detto alla sorella, la cercatrice d’oro: “Dovresti andare da uno psichiatra”.
Il padre di Jim teneva un distributore d’acqua fredda in casa. Mi sono sempre domandata perché lo tenesse. Adesso lo so.

Lydia Davis, La cercatrice d’oro di Goldfields
in Osservazione sulle faccende domestiche
Traduzione di Adelaide Cioni
Mondadori, 2022
November 29, 2023
pantano
Poco tempo dopo cominciai a correre un po’ meno su e giù per il teatro e ad ammalarmi di silenzio. Sprofondavo in me stesso come in un pantano. I colleghi mi inciampavano addosso, stavo diventando un ostacolo ambulante. L’unica cosa che facevo bene era lucidare i bottoni del frac. Una volta un collega mi disse: «Sbrigati, ippopotamo!» Quella parola cadde nel mio pantano, mi rimase appiccicata e cominciò ad affondare. Poi me ne dissero altre. E quando ormai mi avevano riempito la memoria di parole come pentole sporche, evitavano di urtarmi e mi giravano attorno per schivare il mio pantano.

Felisberto Hernández
La maschera, in Nessuno accendeva le lampade
Trad. it. di Francesca Lazzarato
La nuova frontiera, 2012
November 14, 2023
franco sgocciolìo
Aprì il pieghevole e lo fece scivolare sotto le chiappe in ossequio a una consolidata tecnica familiare. Per tirchieria che spacciava per praticità, zia Ernesta ricopriva le sedute predilette dal marito prostatico con pagine scelte del bollettino parrocchiale, anziché foderarle con traverse usa e getta o asciugamani, così da limitare i disastri del pover’uomo a cui una pallottola sul fronte albanese unita all’ammirazione per le classi alte – come diceva l’ufficiale: “Un gentiluomo non ha mai fretta” – impedivano di correre in bagno prima che un’innocente perdita raggiungesse la consistenza del franco sgocciolio. La sola idea di acquistare e indossare dispositivi assorbenti offendeva entrambi i coniugi. I parenti non volevano mai fermarsi dagli zii a prendere il caffè, offerto per pura convenzione. “Siam passati per un saluto veloce. Guarda, non ci sediamo neanche”.

Marta Cai
Tipo psicanalisi
Tetra, 2023
October 18, 2023
masticare una cipolletta
Le pantofole le danno sollievo ma la deprimono sempre. Le mattonelle bagnate con la striscia della scopa sono ancora piú deprimenti. Le ragazze sole non si arrendono se hanno una coscienza politica. Lavarsi bene le mani e le braccia, fino alle bretelline. Mezzo bicchiere di rosatello, niente pane né pasta, una mela, la sigaretta, il caffè moka, il giornale radio popolare, la luce accesa anche nel corridoio, la finestra della cucina con la tapparella alzata, le tendine a metà, i vetri azzurri che riflettono le insegne del corso e dei viali. Molte musiche vengono da ogni parte, ma poco dopo si attenuano e molte cessano. L’acquaio è pulito e silenzioso. Non aspetta niente, non c’è nessun disastro in giro, il piatto della frutta si chiude preciso intorno ai pomi e lascia sporgere una banana. Proietta sulla parete un’ombra compatta ma tenera, tagliata in vari angoli e cubi da pittura moderna. Prepara la scheda lí accanto: donna in fabbrica che anche cucina e studia. Che quando vede una banana non pensa sempre al cazzo. Il tavolo di cucina non è solo utile per una coppia e una famiglia. Il latte non lo sopporta e può permettersi di non tenerlo, può spogliarsi come vuole, appoggiare i seni sullo schienale della seggiola, grattarsi il didietro, arrotolarsi i capelli sulla tempia, tirar fuori la lingua fino al naso, mordersi le labbra. Non da sciattone perditempo, ma da donna cosciente di sé. Non adopera deodorante ma colonia. Può divertirsi e aiutarsi a pensare con uno stuzzicadenti, ma poi usa il dentifricio di farmacia. Può bere una grappa polacca e masticare una cipolletta come le pare, quando vuole un uomo vicino sa come procurarselo e come trattarlo e farsi trattare da brava femmina amorosa con tante tinte rosa. Non rimpiange il compagno di due anni di convivenza. Non cerca un uomo fisso, non vuole prendere la pillola per il comodo degli altri. Sa quando può scopare. Non prende tranquillanti né pastiglie contro l’appetito. Non si tinge i capelli e li taglia in modo tradizionale, né lunghi né corti, non ha bisogno di depilarsi. Ha il ciclo regolare. Anche se fa tardi la notte a leggere e a discutere, a fumare molto e anche a scrivere. Si fa qualche spinello con indulgenza leggera e consapevole. Non ha voglia né paura della droga. Capisce che ci sia al mondo chi voglia prenderla e che ci possa morire. Non ha ben capito la cosí detta ideologia della droga. Sa che della droga approfittano i potenti, in ogni modo, anche a produrla e a venderla. I giovani sono molti, soli e infelici e vogliono un papà che li sopprima cullandoli tra le braccia. I giovani sono anche dei figli di puttana. Sta facendo la scheda pensando ai giovani che non vanno piú in fabbrica, che non pensano mai piú alla politica, che smerdano tutto, i libri, il cinema, il teatro e anche lo sport. Vanno alla partita in migliaia per scontrarsi tra loro sulle gradinate senza nemmeno guardare il giuoco. Si incantano nel metrò a scarabocchiare come scimmie o a specchiarsi nei finestrini. Le tredicenni si truccano come battone e tirano mini gonne a metà del culo per la malizia di veder scoppiare gli uomini, anche quelli di casa, e gli gonfiano in faccia con tutta la bocca aperta i palloncini della cicca, carnosi e lucidi che poi gli colano dai labbri e dal mento, e allora girano e rigirano la lingua. Non sognano tanto di scopare quanto di apparire e di ballare sexi come le stelle della Tv.

Paolo Volponi, Iride
in I racconti
Einaudi, 2017
September 26, 2023
non una cattiva idea
Due vagabondi coperti di stracci di lusso – cenci di cachemire inglese – si sono rifugiati in una caverna in cui il salgemma ha formato stalattiti e stalagmiti. Uno dei due sta preparando una cena austera e magra – diciamo quasi spartana -, rigirando sul fuoco il contenuto di mezza lattina di carne tritata insieme a certe sostanze straordinarie e difficilmente immaginabili; foraggio, per esempio. L’altro, che volta spalle al suo compagno d’avventure, dice guardando la pioggia: «Ho un’idea geniale per vivere ricchi e felici come maragià a spese del nostro credulo Controllore per dieci anni e una settimana».
«Ah si, che idea?».
«Non ci mancheranno manicaretti, vini squisiti, donne e palazzi».
«Che idea, che idea, che idea?».
«Gli diciamo che abbiamo scoperto il segreto della pietra filosofale e che, per produrre la polvere di proiezione, ci servono dieci anni; in questo tempo non ci mancheranno ricchezze né manicaretti, lui pubblicherà le nostre opere e finanzierà il nostro film. Passati i dieci anni, gli chiediamo una settimana di proroga; sicuramente ce la concederà: per gli ultimi ritocchi, gli diciamo; poi ci suicidiamo.
«Be’, non è una cattiva idea».

Alberto Laiseca, La quadratura del cerchio, il moto perpetuo, la pietra filosofale
in Uccidendo nani a bastonate
Traduzione di Loris Tassi e Lorenza di Lella
Arcoiris, 2017
September 11, 2023
gli altri
Tutto da rifare.
Le capesante che da secondo scivolano indietro e diventano antipasto, il sugo della pasta da allungare un po’, e una gita fuori programma alla pescheria, dove cercare qualcosa che sia rapido da preparare ma che si faccia comunque onore.
Tutto fattibile, certo.
Tutto fastidioso.
«Se dove si mangia in due si mangia in tre, dove si mangia in quattro si mangia in sei, no? È matematica…» ha detto poco fa Zeno al telefono, il tono scherzoso almeno in superficie, mentre io stavo già dando gli ultimi ritocchi al sugo.
«Sì, se il cuoco è Gesù Cristo» ho pensato io, indispettita dalla faciloneria con cui cercava di vendermi come gustoso qualcosa di indigesto, e soprattutto dal fatto che nel conto dei commensali avesse dimenticato, di proposito o meno, di contare Alessia. Come se fosse facile ignorarla, poi, soprattutto quando c’è gente a cena.
«D’accordo, qualcosa mi inventerò» ho risposto invece, già proiettata verso il cambio menu. «Però non faccio a tempo a passare a prendere Alessia dai tuoi, a questo punto. Passa tu dopo il lavoro, ok?» ho detto, e intanto pensavo: prendo il tonno, fette di tonno da fare alla griglia, con semi di sesamo e la salsina senape, miele e soia.
Senape e miele ce l’abbiamo, ma la soia? Ce n’è abbastanza? Sarà mica scaduta? Controllare, e nel caso, fare anche un salto alla drogheria.

Quello che avete appena letto è l’incipit del mio racconto contenuto in Splendere ai margini (Oligo editore, a cura di Andrea Temporelli). Gli altri racconti sono di Isabella Bignozzi, Davide Bregola, Davide Brullo, Marta Cai, Gabriele Dadati, Valentina Di Cesare, Riccardo Ielmini, Danilo Laccetti, Enrico Macioci, Matteo Marchesini, Andreea Simionel e Andrea Zandomeneghi.
September 4, 2023
ciò che è minuto
Pratica il Non-agire, bada a non fare niente, assapora il senza-sapore; considera il piccolo come grande, il poco come molto! Intacca il difficile là dove è facile; fai grande ciò che è minuto!
Le cose più difficili del mondo prendono avvio da ciò che è facile; le cose più grandi del mondo prendono avvio da ciò che è minuto.
Perciò il Santo non fa mai niente di grande, e così può compiere il grande. Ora, colui che promette alla leggera raramente mantiene la parola. Colui che considera facili molte cose troverà certamente molte difficoltà.
Perciò il Santo, pur considerando tutto difficile, alla fine non troverà difficoltà.

Tao tê ching
traduzione di Anna Devoto; a cura di J.J.L. Duyvendak
Adelphi, 197
August 29, 2023
piccoli disastri
Se Matilde non c’era, mi mancava in maniera insopportabile, così come mi risultava odiosa la presenza del mio corpo e del suo, a pochi metri nella stessa stanza. Il nostro peso comune entrava in contrasto con l’ampiezza dell’appartamento, o forse generava un’interferenza o uno slittamento temporale da qualche parte. Il terreno franava impercettibilmente. Si inclinavano il pavimento e gli oggetti sopra i tavoli fino a scivolare a terra. Gli acquari gocciolavano e alcuni pesci morivano in silenzio, quasi dormendo. Le nuvole scorrevano di poco più vicine alla terra. Anche noi morivamo, per quanto come i pesci sembrassimo soltanto addormentati. Anche noi ci avvicinavamo alla terra. Si producevano ovunque piccoli disastri; qualcosa nel mondo perdeva le sue leggi. Probabilmente ci credevo troppo importanti, eppure avevo l’impressione che un elemento dovesse frapporsi tra noi per tenerci insieme; magari un figlio o un gattino. Continenti. Una bambina. Ero come un esiliato che non trova pace in terra straniera ma non riesce comunque a tornare a casa; sogna qualcuno che lo chiama ma quando si volta è solo: erano le voci della sua testa, ma non chiamavano il suo nome.

Valentina Maini
La regola dei terzi
Tic Edizioni, 2023


