Alessio Brugnoli's Blog, page 268

February 13, 2014

Presentazione di The Magazine of Fantasy& Science Fiction


Questa sera, ore 19.00, al Centro Elsa Morante, polo culturale nell’avanguardia romana, sito nell’omonimo piazzale, la casa editrice Elara presenta l’edizione italiana di The Magazine of Fantasy& Science Fiction, storica testata americana di narrativa fantastica che in più di 60 anni di vita ha pubblicato i massimi autori del settore ed ha vinto i più prestigiosi premi letterari sia come testata sia per i racconti pubblicati sulle sue pagine.


Fantasy & Science Fiction è diventando nel tempo un punto di riferimento irrinunciabile per gli amanti del fantastico di qualità in tutte le sue forme: dal fantasy alla fantascienza, dal thriller sovrannaturale al moderno fairy tale ospitando autori come Isaac Asimov, Richard Matheson, Ray Bradbury, Neil Gaiman e moltissimi altri. L’edizione Italiana, distribuita con cadenza mensile nelle edicole, tra l’altro comprata e apprezzata dal sottoscritto, seleziona il meglio dell’edizione americana e presenta ai lettori del nostro paese una panoramica completa del fantastico contemporaneo di qualità offrendo loro sia i grandi nomi dalla fama ormai consolidata sia i nuovi autori di talento che saranno i classici di domani.


A parlarne, il buon Pier Luigi Manieri e Armando Corridore, editore dell’Elara e grande saggio nel campo della fantascienza.


Si chiacchierà di mondi lontanissimi e crisi energetiche su scala planetaria. Di computer a vapore e dischi volanti che atterrano all’Esquilino. Del mercato dell’editoria e di eroi e mutanti. E ancora, vampiri, elfi e zombie. Ma soprattutto delle grandi firme dell’immaginario.


Non si può mancare (se si riesce a scappare dal lavoro e dalle noiose incombenze del quotidiano…)


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Published on February 13, 2014 00:41

February 12, 2014

Cadenas

cadenas


 


Oggi, al Piccolo Apollo – Centro Aggregativo Apollo 11 c/o Itis Galilei ingresso laterale di via Bixio 80/b (angolo via Conte Verde) – Roma si inaugura FOCUS PREMIO SOLINAS DOCUMENTARIO PER IL CINEMA


Il Premio Solinas Documentario per il cinema è nato nel 2007  ed è  il primo premio in Italia per la scrittura di documentari di creazione concepiti per la sala cinematografica. L’obiettivo è quello di contribuire concretamente al pieno riconoscimento del valore artistico, culturale e spettacolare del cinema documentario nel nostro paese e sollecitare maggiore attenzione e risorse per la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione di documentari di creazione di lungometraggio.


Il 2013 è stato un anno importante per il Premio Solinas. Otto film, i cui progetti erano arrivati in finale in diversi concorsi del Premio, hanno vinto importanti premi nei principali Festival Internazionali: da Cannes al Festival Internazionale del Film di Roma, dal Salina Doc Fest al Torino Film Festival. Cinque di questi film sono stati finalisti o hanno vinto il Premio Solinas Documentario per il Cinema: Tir di Alberto Fasulo –Marco Aurelio d’Oro – Festival di Roma 2013, Dal Profondo di Valentina Pedicini –Premio Doc.it Prospettiva Italia doc – Miglior documentario, I Fantasmi di San Berillo di Edoardo Morabito – Miglior film – Torino Film Festival/Italiana doc 2013, Il Muro e la Bambina di Silvia Staderoli – Miglior film – Salina Doc Fest 2013, Nadea e Sveta di Maura Delpero – Premio Cipputi – Torino Film Festival/Italiana doc 2012 – Finalista ai David di Donatello per il documentario.


“Con l’istituzione di un Premio alla scrittura del Documentario volevamo creare un meccanismo virtuoso che impegnasse gli Autori a riflettere meglio sul proprio progetto, sul punto di vista e sul proprio sguardo rispetto alla realtà. Volevamo che questo potesse essere compreso dai produttori e dai possibili finanziatori. Questi successi raccontano che abbiamo vinto sia la battaglia creativa che quella produttiva e che il cinema del reale è capace di innovare,sperimentare, aprire nuove strade e parlare ad un pubblico più vasto, sempre più colto ed intelligente che necessita di nuovi sguardi e modelli”.


-Annamaria Granatello – Direttrice artistica e Vice-Presidente Premio Solinas.


Apollo 11 e Premio Solinas vi presentano questo mese una selezione dei film realizzati a partire dai progetti premiati o menzionati in queste prime sei edizioni del Premio.


Si comincia stasera alle 20.30 con Cadenas di Francesca Balbo, documentario che descrive una giornata con le guarda-barriera dei passaggi a livello delle Ferrovie della Sardegna: la loro vita, il loro lavoro, il rapporto con il tempo e lo spazio della Ferrovia.


Il film inizia all’alba, con la prima corsa del treno e il viaggio assonnato e intorpidito della guarda-barriera verso il passaggio a livello. La catena che viene chiusa e aperta durante tutta la giornata fermando un traffico di macchine, trattori e animali é lo sfondo su cui si alternano i diversi personaggi. Ognuna delle guarda-barriera introduce uno degli aspetti di questa vita così bizzarra per chi non vi è immerso: la responsabilità, la ripetitività, il coinvolgimento della gestione famigliare nel lavoro, la solidarietà, l’ansia, le forme di socialità “interstiziale” declinate nel tempo che rimane tra un treno e l’altro. Ma anche le generazioni, i ricordi di un mondo che é cambiato radicalmente e di un lavoro che é rimasto identico, le prospettive per il futuro e la preoccupazione per i cambiamenti in corso.


Al termine della proiezione la registra parlerà della sua esperienza…


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Published on February 12, 2014 04:39

Pagina 99


Ho comprato i primi numeri di Pagina 99, il nuovo quotidiano. Premesso che è sempre bello quando in edicola c’è una voce in più, l’ho trovato interessante, sia per lo stile, sia per le tematiche trattate.


Di fatto, ha dato più visibilità all’economia, raccontata senza troppi tecnicismi, e alla cultura che alle solite beghe politiche italiane.


Il problema è quanto un approccio del genere, in un’ Italia dove gli articoli non devono far riflettere, ma rafforzare l’identità di fazione, può essere gradito… Speriamo che i miei concittadini mi stupiscano in bene


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Published on February 12, 2014 03:01

February 11, 2014

Horti Lamiani I


Ho visto una galleria di settantanove metri di lunghezza, il cui pavimento era costituito dalle più rare e costose varietà di alabastro e il soffitto sorretto da ventiquattro colonne scanalate di giallo antico, poggiate su basi dorate; ho visto un altro ambiente, pavimentato con lastroni di occhi di pavone, le cui mura erano ricoperte da lastre di ardesia nera, decorate da graziosi arabeschi eseguiti in foglia d’oro; e ho visto infine una terza sala, il cui pavimento era composto da segmenti di alabastro, incorniciati da paste vitree verdi. Nelle pareti di essa erano tutt’intorno vari getti d’acqua distanti un metro l’uno dall’altro, che dovevano incrociarsi in varie guise, con straordinario effetto di luce. Tutte queste cose furono scoperte nel novembre del 1875


Questo scriveva Lanciani in Fascino di Roma antica… I reperti, identificati con gli Horti Lamiani, dovrebbero essere sotto il piano stradale di via Foscolo, tanto per ricordare su cosa poggiamo i piedi ogni giorno all’Esquilino…


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Published on February 11, 2014 01:52

Cantonese all’Esquilino


Nel gruppo di glottologia che frequento, c’è un’interessante discussione sulle origini dell’etrusco, considerato come possibile evoluzione di una lingua franca, utilizzata nelle steppe dell’Asia per comunicazione commerciale tra una cultura nomade indoeuropea e una stanziale agricola.


Ipotesi che mi ha fatto riflettere su alcune osservazioni empiriche che sto compiendo sull’evoluzione linguistica della comunità cinese all’Esquilino.


Indagine che è partita dal notare alcuni piccoli particolari: dalla difficoltà da parte degli han locali, compreso Li il barista, a comprendere i turisti provenienti dalla Cina, ai cartelli nei locali


Cercasi cameriere capace di comprendere il Mandarino


alla fiorente microindustria cinematografica che sottotitola in cantonese i film recitati in mandarino.


Gli immigrati cinesi di Piazza Vittorio, provengono dal Guangzhou e già dall’origine, si confrontano con due substrati linguistici: il cantonese, lo Yue, la lingua nativa e il mandarino, il Putonghua, il cinese ufficiale, basato sul dialetto di Pechino.


Lingue che, a sentire Li, e devo prenderlo in parola, sono dissimili tanto quanto il Portoghese e l’Italiano, anche come pronuncia.


Gli immigrati cinesi a Piazza Vittorio stanno compiendo una serie di operazioni: la sostituzione del substrato mandarino, visto come un’imposizione forzata, con quello italiano e una serie di modifiche relative al cantonese.


A quanto pare, vi è una semplificazione tonale e dei suoni sillabici, che tende a omologarsi a quella italiana, una perdita di sinonimi a favore di prestiti dal dialetto “romanesco”, modifiche della grammatica e della costruzione della frase, anche questa calcata sull’italiano.


Sarebbe interessante approfondire due temi: questi fenomeni stanno avvenendo anche in altre comunità cinesi, generando varianti locali del cantonese ? E’ un fenomeno tipico di qualsiasi comunità di emigrati (se dovessi pensare agli italo americani, direi di sì) ?


P.S. Qualcuno potrebbe dirmi… Ma tu scrivi fantascienza, che te frega della linguistica ? E’ che per il romanzo a quattro mani con Giorgio Sangiorgi, mi sto divertendo anche a impostare le modifiche linguistiche di una società post apocalittica


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Published on February 11, 2014 01:28

February 10, 2014

Dopo la fine del Mondo

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“Nella fase finale del ventesimo secolo abbiamo avuto l’opportunità, prima accessibile solo attraverso la teologia o la finzione narrativa, di vedere oltre la fine della nostra civiltà, di scorgere, in una strana sorta di retrospettiva prospettica, come si presenterebbe la fine: come un campo di sterminio nazista, o un’esplosione atomica, o una wasteland ecologica o urbana. E se siamo stati in grado di vedere queste cose è solo perché esse sono già accadute”. (James Berger)


Il 15 febbraio 2014, alle ore 18,30 presso Isola Gallery_Lab, si inaugura la personale di Massimiliano Ercolani titolata Dopo la fine del Mondo, a cura di Emmanuele Jonathan Pilia e imperniata sull’idea di “Apocalisse”, una rovina ormai alle spalle dove la civiltà ha già iniziato a raccogliere i brandelli di ciò che rimane del Mondo per tentare di riplasmarne le membra.


Considerevolmente posteriore alla fine della catastrofe, i nuovi costruttori hanno dovuto affrontare il peso del vuoto di memoria storica, per cui ci si è dimenticati dell’esistenza stessa di un’architettura precatastrofe, tanto che la sua storia è divenuta leggenda e mito. Come Perduta ogni forma di sviluppo scientifico-tecnologico, tutto ciò che rimane è la falsa utopia di un mondo le cui uniche tracce lasciate, sono riutilizzate per ricostruire nuove forme di alloggio.


Per quanto affascinante, l’idea di ricostruire un mondo sulle sue ceneri è solo un’aneddoto narrativo che ci consente di descrivere un mondo che ha superato la sua più terribile crisi economica lasciandosi alle spalle ogni forma di istituzione. Il movimento culturale dei makers ci stimola a riflettere quale forma assumerà un’architettura non vincolata da leggi e da normative, ma dalla necessità e dalla volontà di recuperare i pezzi di un mondo ormai sgretolato. Riprendendo l’idea situazionista della New Babylon di Constant, Massimiliano Ercolani disegna una dimensione alternativa ed evocativa, in cui antiche carene di enormi transatlantici, scocche di strani velivoli, addirittura carcasse di satelliti artificiali, vanno a formare spazi architettonici liberi da ogni vincolo. Strane costruzioni tecnologiche, assomiglianti più a curiose astronavi che a dei veri e propri edifici, vengono assemblati su uno spazio neutro, astratto, libero da pregiudizi di ogni sorta: i disegni vanno ad assumere una conformazione a metà strada tra la composizione pura e l’elaborato tecnico. Gli oggetti assemblati da Ercolani sembrano quasi galleggiare su tavole grafiche che fanno da sfondo e supportano il peso visivo del progetto, rendendo impossibile intuire la scala o il funzionamento dei vari componenti, che eppure ci appaiono familiari e confortevoli.


Massimiliano Ercolani riutilizza qualsivoglia componente per ricostruire il suo mondo. Ventiquattro visioni, ventiquattro elaborati grafici a cavallo tra l’illustrazione, l’installazione e il disegno tecnico, accompagneranno il visitatore che sarà costretto a percorrere le rovine dell’antico ordine, in attesa di vederne uno nuovo, di un mondo che sta già sorgendo.


ISOLA GALLERY_LAB è un contenitore culturale diretto da Barbara Martusciello – e con la collaborazione di Emmanuele Jonathan Pilia per la sezione Architettura e il coordinamento generale di Chiara Zocco – con un fitto programma di mostre e attività che si svolgono in quella che fu la sede della storica Rome New York Art Foundation, attiva dal 1957 al 1964, che oggi, come Isola Gallery – di Giovanni Minio e Salvatore Savoca -, è una realtà multilevel che avvicina il Cycling e il Green World alle arti visive.


 Info


Dopo la fine del Mondo | Massimiliano Ercolani- A cura di Emmanuele Jonathan Pilia

Inaugurazione: 15 febbraio 2014, ore 18,30


Fino al 23 febbraio 2014 – Orari: lun.-sab. 10-13 e 16-20, e su appuntamento

Isola Gallery, Piazza San Bartolomeo all’Isola n. 20 (Isola Tiberina) Roma


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Published on February 10, 2014 01:08

Impressioni III (La legge di Stevino)

stevino


 


Mi ricordo la legge di Stevino

che qualcosa tratta su fluidi e forze

pressioni stanche ed incerti equilibri


Basta un’equazione, simboli e sguardi

per calcolare e dare senso al tutto


La vita è più complessa fugge incerta

a ogni proporzione in un caos ignoto


Così illude lo sguardo nello specchio

e la sibilla, con lusinghe e sogni

che nel grigiore sfumano lontani


Non ci rimane che l’arido inverno

che opprime e decompone il cuore stanco

nell’inutile attesa dell’estate


Eppure ogni anno rinascono i fiori


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Published on February 10, 2014 00:47

February 6, 2014

Non è un racconto semplice


Ieri sera mi sono accorto di una recensione su Noccioline da Marte


Un breve racconto che non ha ne capo ne coda. Folle, inutile e boh… Difficile da definire, anche se è scritto in maniera scorrevole. Noccioline di Marte è una lettura che si inizia e si finisce solo per passare del tempo, che ti lascia poco e ti fa sorgere una sola e semplice domanda, “Perchè?”.


Qualcun altro potrebbe ironizzare sulla pessimo rapporto tra recensori e grammatica, invece provo rispondere alla provocazione con un’altra domanda.


Perchè si legge fantascienza ?


Se è per divertimento ed evasione, scopo nobilissimo, purtroppo Noccioline da Marte non è adatto: perchè tutto si può dire, tranne che sia semplice.


Se invece si vuole riflettere, giocare con lo scrittore a trovare gli easter egg, interrogarsi sul rapporto tra esistenza e percezione, Noccioline fa per voi.


Perchè è un viaggio nella follia e nella solitudine, dove il Reale e Immaginario si confondono e ci si interroga su quanto accade veramente e quanto nella mente del protagonista…


Però, per far questo, serve fatica e impegno… E se queste due cose vi spaventano, evitare pure questa novella.


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Published on February 06, 2014 02:18

Tutsi e Hutu



Ieri sera il mio amico Davide Denti, in occasione del processo sul genocidio del Ruanda, ha dato evidenza su FB a questa notizia


“Contrariamente a quanto viene comunemente detto, Hutu e Tutsi all’origine non sono delle etnie, ma categorie sociali, i primi agricoltori, i secondi allevatori. Sono i coloni a creare le etnie, facendo della minoranza Tutsi la comunità dominante”


Purtroppo non è così semplice: però da l’occasione per riflettere sull’idiozia del concetto di etnia e di tutto ciò che vi costruiamo sopra.


Cerchiamo quindi di ricostruire la storia della zona…


Intorno al 1000 a.C. la zona dei grandi Laghi viene colonizzata da popolazioni bantù, che marginalizzano e sottomettono gli abitanti orginali della zona, i pigmei Twa che ancora oggi vivono vivono in situazioni di estrema povertà e marginalizzazione sociale e politica.


Queste popolazioni bantù sono caratterizzate geneticamente da una predisposizione genetica all’anemia drepanicitica, legata alla resistenza alla malaria, il che può fare ipotizzare come loro patria ancestrale le paludi del medio Niger.


Intorno al 500 a.C. alcuni clan nilotici cominciano una loro migrazione verso sud, anticipando quella dei Masai del XVI secolo d.C.


Questi clan giungono, con tutte le loro mandrie, nella regione dei Grandi Laghi intono al 100 a.C. mantenendo come tratto distintivo genetico la capacità di digerire il lattosio.


Pur mantenendo la loro base economica, si integrano con la popolazione bantù preesistente, adottando usi, costumi e lingua; i matrimoni misti tra i due gruppi, con i nilotici di gran lunga meno numerosi, sono la normalità, creando una popolazione unitaria.


Intorno al XV secolo alcuni clan, come ad esempio gli Abaganwa, spesso, ma non esclusivamente costituiti da pastori, prendono il potere, fondando staterelli tribali: come legittimazione al loro dominio accentuano la loro origine “nilotica”, intesa non in senso razziale, ma in senso religioso, come discendenza da un eroe sacrale e civilizzatore.


Questa ricostruzione “politica” della storia che nella pratica si traduceva in una complessa stratificazione della società tribale, viene accentuata dai colonizzatori tedeschi a inizio Novecento, i quali, per giustificare tutte le loro le loro fisime razziali, il si inventano i Tutsi, fantomatici discendenti di razza hamitica, ovvero di pelle nera ma originariamente affine ai caucasici, giunto nell’Africa subsahariana da nord, attraverso l’Egitto e il Corno d’Africa.


Questi Tutsi si sarebbero affermati con la conquista bellica sui camiti bantù, gli Hutu intesi come esponenti di una razza inferiore.


I clan dominanti, vedendo in questa tesi un ulteriore puntello al loro potere economico e sociale, la accettano integralmente, adottando la denominazione introdotta dai colonizzatori.


E per dare realtà concreta a questa entità mitologica, gli antropologi tedeschi mentono spudoratamente sui dati statistici, creando la leggenda dell’altezza dei Tutsi.


I Belgi, per portare avanti la loro solita strategia del dividi et impera per gestire le colone, accentuano questa divisione inventata dai tedeschi, dando potere economico e priorità di impiego e istruzione ai presunti tutsi. Divisione che trova la sua consacrazione nel 1933 quando i belgi inseriscono l’etnia di appartenenza (Hutu e Tutsi) sui documenti di identita’ ruandesi.


Di fatto, più che una contrapposizione etnica, è una su base sociale e politica: se è possibile un paragone, è con le guerre civili che flagellano la fine della Roma Repubblicana.


P.S. Confrontando la foto originale con il dipinto, si possono notare a occhio gli imbrogli degli antropologi tedeschi e belgi


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Published on February 06, 2014 02:00

February 5, 2014

Impressioni II (moto browniano)

browning


 


E’ gennaio il mese più duro e crudele

che scorre lento dimenticandosi

il profumo dei fiori e i bei colori

E le nebbie indolenti racchiudono

misteri dolori e solitudini

che ogni stagione il cuore sedimenta.


Ci inganna il sabbah delle lente ore

con il sole fallace che violenta

la terra dipinta da sonno e notte


E naufrago affogo tra vecchi libri

in cui ancora sognavo di capire

il mondo il nulla e il suo cupo mistero


Lo sguardo affoga tra le derivate

e gli integrali, cercando gli schemi

e orme di vecchi e triti esperimenti


Rifletto su cilindri ed ingranaggi

ogni cosa mi appare un meccanismo

nemico di libertà e dell’arbitrio


così mi trovo incerta particella

vagare tra caotici gorghi e flussi

dell’incerto e vago moto browniano

che illusi chiamiamo società e vita


 


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Published on February 05, 2014 00:36

Alessio Brugnoli's Blog

Alessio Brugnoli
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