Alessio Brugnoli's Blog, page 265

March 12, 2014

Horti Mamiani


Parliamo oggi di un piccolo mistero archeologico dell’Esquilino, gli Horti Maiani, noti solo da testimonianze epigrafiche e brevemente citati in un passo di Plinio il Vecchio, il quale racconta della distruzione di una pittura colossale di Nerone che era stata collocata entro alcune costruzioni situate all’interno dei loro confini.


Perchè abbiano questo nome, è soggetto a diverse discussioni: per alcuni deriva dai proprietari originali, la Gen Maiana, provinciali immigrati da Aeclanum. Per altri, invece derivava da Maia, l’antica dea della fecondità e del risveglio della natura in primavera, a cui il primo maggio veniva sacrificata una scrofa gravida, in modo che anche la terra fosse ricca di frutti, di cui pare vi fosse un tempietto all’Esquilino


Da un’iscrizione databile all’età di Claudio sappiamo che erano amministrati, assieme agli Horti Lamiani, da uno specifico soprintendente, il procurator hortorum Maianorum et Lamianorum.


Quindi, a rigor di logica, devono essere nei pressi dei Lamiani


Da un’altra iscrizione, sappiamo come fossere confinanti agli Horti di Mecenate.


Quindi, vi sono due possibili ipotesi topografiche: o stanno proprio sotto i giardini di Piazza Vittorio (e quindi il discobolo Lancellotti era di loro pertinenza), oppure sotto l’isolato di Piazza Dante opposto al palazzo delle Poste.


Nel primo caso, dovrebbero essere ancora da scavare; nel secondo, non avendo Lanciani lasciato alcune testimonianze su ritrovamenti archeologici in quell’area, è possibile che fossero un semplice giardino, senza strutture architettoniche


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Published on March 12, 2014 03:12

March 11, 2014

Non realismo, ma coerenza narrativa


Uno dei complimenti che vedo più spesso diretti a Martin è quello di realismo. Cosa che mi fa scuotere il capo: l’orbita di Westeros, per avere quel clima, dovrebbe essere alquanto strampalata, le battaglie sono più scenografiche che reali, Tolkien ne comprendeva assai di più di tattica, i suoi personaggi, nel nostro mondo, sarebbero tutti sottoposti a TSO. Per non parlare di zombi e draghi.


Eppure, Martin riesce a tenerti ipnotizzato alla pagina: questo perchè l’idea di realismo, in un fantasy è tanto appropriata quanto la castità in un bordello. Lo stesso vale per la fantascienza… Che vuol dire essere realistici ? Attenersi al paradigma della fisica che va di moda in quell’anno…


In realtà, nella narrativa fantastica, più che il realismo, conta un’altra virtù: la coerenza. Lo scrittore fissa delle regole della sua ambientazione che vengono accettate tacitamente dal lettore.


Le violazioni possono esistere, ma devono essere ben motivate e ben scritte, qualcosa che vada oltre il deus ex machina. Martin può farmi rapire Tyrion dagli alien, ma la cosa non deve essere campata in aria…


Lo stesso vale per i personaggio: non conta che siano pazzi psicopatici, ma che colpiscano la nostra fantasia, che non ti lascino indiffenti. E se questo li rende diversi dal nostro vicino di casa, poco male…


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Published on March 11, 2014 03:01

In difesa di Flavia Barca


Come sapete, sono spesso sprezzante nei confronti della politica culturale o meglio della sua mancanza da parte del sindaco Marino.


La questione Mondrian a Circo Massimo, i problemi del Macro, la questione Palladium mostrano l’inadeguatezza del Sindaco e del suo assessore Flavia Barca. Però, ogni tanto, mi tocca spezzare una lancia a suo favore.


L’occasione, più unica che rara, nasce dalla lettera aperta dell’ artista e critico Gian Maria Tosatti alla Barca che affonda, pubblicata ieri su Art Tribune.


Condivido l’appello all’assessore a uscire dal suo ufficio e sporcarsi le mani, per farsi un’idea della multiforme e complessa realtà culturale romana che invece sembra ignorare totalmente.


Anche io ritegno il MAAM una realtà culturale da preservare e valorizzare, un grande e vitale laboratorio di innovazione.


Però, a differenza di Tosatti, che la posizione di Flavia Barca sul Macro e sull’accordo con l’Enel giusta e apprezzabile.


Il Macro è un grande patrimonio della città: se il Comune non ci vuole spendere un euro, è giusto che si rivolga a privati.


E l’Enel, grazie al cielo, non si è tirata indietro, portando avanti mostre, a volte contestabili, ma che hanno sempre dato respiro internazionale al Museo.


Mostre caratterizzate da un filo conduttore ben preciso, quasi futurista: una dimensione ironica, vitale che tenta di rompere le barriere tra Arte e Uomo Comune.


Valori che Artribune, portavoce di quel mondo vuoto,passatista e auto referente ben descritto da La Grande Bellezza, evidentemente rifiuta,


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Published on March 11, 2014 01:36

March 10, 2014

Viva Proust


Uno dei concetti che, per miei limiti, mi è più difficile da comprendere della fantascienza italiana è quello di cripto- proustiano.


Secondo l’accezione che gli do io, è il tipico vorrei, ma non posso… Ossia chi si atteggia a grande genio incompreso, spacciandosi più grande di ciò che è. Nella Vita, nell’Arte e nella Scrittura, di questi palloni gonfiati ne ho incontrati a bizzeffe.


L’unico modo, per sopravvivere al loro ego smisurato, è riderci sopra… Alla fine, ha ragione Fedro: scoppieranno come la rana che voleva imitare un bue.


Diversa è un’altra accezione del criptoproustiano


colui che cerca di fare letteratura letta dal mainstream, ma, dati i temi delle loro storie, potevano solo pubblicare con case editrici che pubblicavano la fantascienza.


Premesso che ho sempre molti dubbi sulla divisione in generi e categorie, io ritengo che la Fantascienza dovrebbe aborrire qualsiasi settarismo e parlare a tutti, ricercando storie e linguaggi universali, evitando di contemplare il proprio ombelico.


Limitarsi a sussurrare a pochi eletti, è negare il suo ruolo, ossia di proporre altri punti di vista con cui osserviamo il nostro quotidiano, evidenziando le sue contraddizioni


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Published on March 10, 2014 06:01

March 7, 2014

Ad duas lauros

ad_aduos


 


Sembra, ma avendo sentito questa notizia almento una quarantina di volte negli ultimi vent’anni, che dal 13 aprile le catacombe di San Marcellino e Pietro sulla Casilina siano aperte tutti i sabati e le domeniche.


Questo grazie ai restauri finanzaiti dall’Azerbaigian, con un accordo firmato il 16 giugno 2012 tra il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente della Pontificia Commissione di archeologia sacra e la fondazione Fondazione Aliyev dello stato asiatico.


Se fossero finalmente aperte, le catacombe Ad duas lauros meritano di essere visitate, sia per il mausoleo di Elena,madre di Costantino, sia per le numerose e splendide pitture: figure oranti, pastori con pecorelle, scene della salvezza dopo la morte con la rappresentazione di Giona che esce dalla balena. E ancora scene di vita quotidiana come l’immagine dei fossori cioè coloro che gestivano la catacomba.


Tra l’altro in quella catacomba, è stato trovato l’epitaffio di un clericus, risalente al 474 ed il graffito coevo Olympi lectoris de D(ominico) Eusebi locus est confermano l’antica esistenza del titulus Eusebi associato all’omonica chiesa dell’Esquilino


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Published on March 07, 2014 01:32

March 6, 2014

29 Gennaio


Conosco il dolore

e il paradosso

che chiamiamo

coscienza e Universo


Il nulla mi pervade

ma come naufrago m’aggrappo

alla speranza e all’inganno


Qualcosa ci sarà oltre la soglia

non la mia scintilla

ma quella di chi ho amato

per sfuggire al buio e al vuoto


Sarà il Nirvana

o la Terra dell’Estate

come una cerva anela

ai corsi d’acqua

io inseguo i passi

di chi mi ha preceduto


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Published on March 06, 2014 01:24

La salma errante di Pio IX


Pio IX, nel suo testamento, aveva dato specifiche disposizioni per la sua sepoltura


“… Il mio corpo divenuto cadavere sarà sepolto nella Chiesa di S. Lorenzo fuori le mura, e precisamente sotto il piccolo arco esistente contro la la così detta graticola, ossia pietra nella quale si designano anche adesso le macchie prodotte dal martirio dell’illustre Levita (San Lorenzo). La spesa del monumento non deve eccedere quattrocento scudi. Fuori del modesto monumento si vedrà scolpito un triregno con le chiavi: poi una epigrafe concepita nei termini seguenti: – Ossa et cineres Pii P.IX Sum: Pont: vixit ann: … in Pontificatu an: … Orate pro eo – Lo stemma gentilizio sarà un teschio di morte.”


Tuttavia il Papa non aveva fatto conto con i posteri: Di fatto era diventato un simbolo di troppe cose.


Così, dopo i suoi funerali in San Pietro, a cui parteciparono più di 300.000 romani e si svolsero senza grossi problemi, cominciarono ad arrivare offerte da ogni dove, per costruirgli un mausoleo monumentale nella basilica di San Lorenzo.


Mentre si costituiva una apposita Commissione per l’ “Opera del Sepolcro di Pio IX” che ebbe per Presidente il conte Giovanni Acquaderni e per consulente artistico il celebre archeologo G. Battista De Rossi, l’ultimo Papa Re fu posto nel loculo delle sepolture provvisorie dei papi, che fino al 1920 circa si trovava da secoli sopra la porta dei cantori, alla sinistra della Cappella del Coro in San Pietro.


Qui i papi giacevano fino alla morte del successore o finchè non fosse stato ultimato il monumento funebre destinato ad accolgierne definitivamente il feretro. Il loculo dei “provvisori” sarà tappato dalla statua marmorea di papa Pio X, e spostato quindi a lato della vicina Cappella dell’Annunciazione: li fu deposto, ultimo papa, Leone XIII, in attesa di partire per il Laterano, sua ultima dimora. Negli anni ’60, anche questo secondo loculo sarà tappato: dall’enorme altorilievo bronzeo di Manzù, raffigurante papa Giovanni XXIII.


I lavori della tomba di Pio IX, situata accanto a quelle di papa Zosimo, Ilaro e di Sisto III, durarono tre anni: il 13 luglio 1881 fu deciso di trasferire nella basilica presso il Verano. Su richiesta del Prefetto di Roma, per evitare incidenti, il tutto avvenne di notte.


Alle 23, il feretro papale fu estratto dalla sua tomba provvisoria nelle Grotte Vaticane e deposto sul carro funebre. A mezzanotte, il carro, parato di rosso e trascinato da quattro cavalli, comparve in Piazza San Pietro, seguito da pletora di carrozze piene di cardinali.


Ovviamente, passare inosservati era una pia illusione. Un fuoco di bengala, come se fosse un segnale convenuto, illuminò la piazza. Appena arrivata alla spina del Borgo, il carro si trovo circondato da migliaia di romano con torce accese che avevano improvvisato un corteo funebre.


D’un tratto le finestre di piazza Rusticucci a di via Borgo Nuovo si illuminarono. Una folla di persone, un’altra folla, cominciò a dirigersi verso il feretro, al grido


” Il Papa nel Tevere”


I papalini non gradirono e cominciò così una delle più lunghe risse della storia umana, tra Borgo e Verano di strada ce ne è parecchia, con i poveri carabinieri costretti a prendere schiaffoni da tutte le parti.


Come picchiatori si distinsero in particolare modo i Padri Teatini di Sant’Andrea della Valle, uno spaccò un grosso cero in testa al povero Depretis, che con le mani nei capelli non sapeva che pesci prendere, il tutto nei pressi di Palazzo Braschi, e nel campo avversario alcuni domestici di Adriano Lemmi.


Alla fine, dopo tanti occhi neri, il feretro arrivò a destinazione…. I cappuccini di San Lorenzo, temendo il ripetersi degli incidenti, fecero una mandragata: nel 1883 presero Pio IX dalla tomba, e lo seppellirono in un punto anonimo della cappella funeriaria, una decina di metri sottoterra


Precauzione esagerata: pochi giorni e, come succede sempre a Roma, le acque si calmarono. Però, o per pigrizia o per il fatto che la prudenza non sia mai troppa, i cappuccini non tirano mai fuori la salma dal suo nascondiglio. Questo però ufficialmente…. Da chiacchiere che girano per San Lorenzo, sembra che negli anni Trenta, la bara del Papa fosse tirata fuori e portata in processione nel quartiere, sino alla Basilica dell’Immacolata.


Comunque sia andata, passarono gli anni e se ne perse memoria, finchè, dopo il bombardamento del 1943, fu deciso di controllare le condizioni del corpo di Pio IX… Immaginatevi la faccia di chi si trovò davanti la tomba vuota.


Grazie al cielo, un cardinale, all’epoca informato della vicenda, aveva segnato l’esatta posizione della sepoltura provvisoria nel suo diario. Nel 1947 un suo nipote, mentre sistemava l’archivio di famiglia, trovò tale indicazione e la comunicò ai cappuccini.


Nel 1948 furono eseguiti dei sondaggi e fu ritrovata la bara, ma per le emergenze del restauro, non fu spostata.


Nel 1956, fu deciso di provvedere finalmente al trasloco nella tomba vera. Notizia che però all’epoca sembra essere passata inosservata.


Nel 2000, in occasione della beatificazione, il corpo di Pio IX fu di nuovo tirato fuori  ed esposto provvisoriamente in una sala sopra al chiosco: a quanto pare, l’archiatra pontificio dell’epoca sia era fatto trasportare dall’entusiasmo, nell’imbalsamarlo… Così il cadavere risultava incorrotto: viso e mani furono coperte da una sottile lamina d’argento.


Subito dopo, l’ultimo Papa Re fu piazzato di nuovo nella sua tomba, trovando, si spera, il suo riposo definitivo.


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Published on March 06, 2014 01:14

March 5, 2014

Peplumpunk


Per riprendere il discorso sulla narrativa fantascientifica ambientata nell’antica Roma, do evidenza a un intervento del buon Pier Luigi Manieri


Mah, al di là delle perplessità che mi suggerisce il nome ( e perché non Peplum Punk??? ), tutto può andar bene a patto che a raccontare i romani siano studiosi dell’Antica Roma se possibile italiani e che clichè come il senatore sadico e cospiratore, la schiava guerriera, l’eroe romano ma non di nascita che un po’ ama e un po’ disapprova l’Urbe siano banditi. Insomma, se si può, ci si tenga il più lontano possibile da ROMA e dal Gladiatore. Ma pure da certi autori italiani di una nota casa ed. romana che hanno trasformato le Termopili in una soap opera gay…niente contro i gay, sia chiaro ma contro le soap opera camuffate da romanzo fantasy storico, si. Non mi convince molto questa reiterata replica di topos. Alla fine, le differenze si esauriscono con la sostituzione del treno colla biga.


Pier Luigi ha ragione: se si vogliono sfruttare pienamente le potenzialità dell’ambientazione, bisogna andare oltre il superficiale scenario, da film peplum: bisogna comprendere come la società romana, poi quale, visto che in tutta la sua storia ha avuto cambiamenti di ogni genere, è profondamente diversa dalla nostra, come valori, lingua, idee e visione del Mondo.


E’ una realtà tanto estranea, quanto quella di un qualsiasi mondo alieno: per evitare di essere banali, bisognerebbe conoscerla a fondo… Per questo, poco mi azzardo ad ambientarci qualcosa, se non a valle di uno studio matto e disperato.


 


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Published on March 05, 2014 02:36

Cleopatra Esquilina


La Venere Esquilina fu ritrovata nel 1874 nell’omonimo rione presso l’odierna piazza Vittorio, in una sala sotterranea degli Horti Lamiani, da cui proviene anche il ritratto di Commodo come Ercole e il il vecchio Pastore che porta un agnello, in via Foscolo, all’altezza del Krisna 13. Probabilmente Massenzio, desiderosi di ristrutturare la Villa Imperiale, le aveva fatte trasferire in magazzino, in attesa della fine dei lavori. Purtroppo per lui, venne Costantino a rompergli le uova nel paniere.


All’epoca fu interpretata come Venere-Iside, in questi anni invece si sta affermando un’ipotesi alternativa: la statua come ritratto di Cleopatra.


Gli indizi sono numerosi: la presenza del serpente, richiamo all’ ureo, segno del potere regale dai faraoni ai Tolomei. Il vaso cui è appoggiato il panno di cui si è servita la bagnante per asciugarsi è di tipo egizio, posto su una cassetta di profumi ornata di rose, sacre ad Iside come ci racconta Apuleio nelle Metamorfosi.


Alcune imperfezioni fisiche, che danno l’idea di una donna reale, che ha appena affrontato una gravidanza. O il prognatismo del labbro inferiore, tipico della famiglia dei Tolomei


La statua dall’Esquilino risulta essere copia del tempo di Claudio (figlio di Antonia Minore, nata a sua volta da Antonio, futuro compagno di Cleopatra) dall’immagine dedicata da Cesare nel Foro che da lui prendeva nome, accanto al simulacro di culto di Venere Genitrice. Tra l’altro, dati i recenti risultati degli scavi archeologici, come gli elementi della base del monumento equestre di Cesare, che cavalcava un Bucefalo plasmato da Lisippo per Alessandro o le statue di Cesarione identificate recentemente, fa pensare che i timori di Bruto e Cassio non fossero così campati in aria..


Fu poi trasferita negli Horti Lamiani dal buon Caligola, nel suo tentativo di fondare la legittimità del suo potere, ricollegandosi alla regalità faraonica


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Published on March 05, 2014 02:04

March 4, 2014

Sandalpunk


Negli ultimi giorni, sia per la pubblicazione di De Bello Alieno di Davide Del Popolo Riolo, sia per la prima edizione italiana di Roma Eterna di sua Maestà Silverberg, sta tornando di moda parlare di sandalpunk,ossia quel genere di racconti fantascientifici, ambientati in un’antica Roma in cui è avvenuta una sorta di rivoluzione industriale.


Se nello steampunk il punto di partenza è di solito la realizzazione della macchina analitica, nel sandalpunk è invece l’eolipila di Erone, l’antenata della nostra turbina a vapore.


Il problema è perché l’equites dell’epoca avrebbe dovuto investire in un’impresa del genere i suoi sesterzi: affinché la turbina a vapore possa essere competitiva, bisogna ipotizzare una produzione industriale standardizzabile, in cui vi è necessità di produzione di massa, in cui il capitale umano da un valore aggiunto trascurabile e in cui vi sia richiesta di mercato.


Condizioni difficili da trovare nell’antica Roma: le uniche possibilità sono nella produzione tessile, magari per l’esercito, o la produzione delle anfore, in cui è possibile anche ipotizzare un ciclo di produzione integrato…


Quindi in questa Roma ipotetica, il promotore della rivoluzione industriale romana, potrebbe essere un ricco liberto della famiglia senatoriale dei Laecanii e magari le prime fabbriche potrebbero essere localizzate nell’Istria e nella Dalmazia.


Inoltre, trascurando i problemi che avrebbero senatori ed equites a salvare la ricchezza industriale da imperatori avidi, una rivoluzione industriale del genere, almeno inizialmente, avrebbe impatti limitati: la diffusione oltre gli specifici ambiti di produzione e l’effetto valanga sulle altre tecnologie sarebbe molto più lento che nel nostro Ottocento.


In uno scenario del genere, i romanzi sandalpunk, più che Verne, ricorderebbero il Satyricon di Petronio


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Published on March 04, 2014 02:44

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Alessio Brugnoli
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