Andrea Indini's Blog, page 99

March 1, 2019

Che brutto tempo che fa

Andrea Indini




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Published on March 01, 2019 23:41

Le toghe rosse contro Salvini: "In Italia deriva razzista e xenofoba"

Andrea Indini




Magistratura democratica processa il governo: "Segnale di oscurantismo e violazioni senza precedenti". Attacchi a testa bassa a dl Sicurezza e legittima difesa


L'attacco arriva da Mariarosaria Guglielmi che, aprendo il congresso di Magistratura democratica a Roma, ha accusato il governo gialloverde dei peggiori crimini. Un'invettiva, quella fatta dalla segretaria delle toghe rosse, che rinfaccia a Matteo Salvini e a Luigi Di Maio di portare il Paese "verso un nuovo assetto normativo e culturale fortemente regressivo per i diritti e per le garanzie e verso una manomissione dei principi dello Stato di diritto che priva la giurisdizione del suo ruolo di garanzia e di terzietà".


La relazione della Guglielmini è infarcita di posizioni ideologiche e riassume i malumori che negli ultimi mesi i giudici progressisti ha più volte esternato attaccando i vertici del governo Conte. Dalle politiche per contrastare l'immigrazione clandestina alle misure a sostegno della vita, Magistratura democratica impallina i principali provvedimanti approvati dall'attuale esecutivo. "In pochi mesi il volto del nostro Paese è cambiato - è l'allarme lanciato dalla Guglielmini - e sembra essersi interrotto il percorso che ha condotto sin qui la nostra democrazia". Dopo le elezioni del 4 marzo 2018, secondo le toghe rosse, in Italia si sarebbero imposti "due radicalismi simmetrici": quello sovranista, incarnato dalla Lega, che "ha intercettato il risentimento e gli ha offerto un bersaglio e un nemico, rappresentato dallo straniero", e quello del "radicalismo egualitario e camaleontico dell'antipolitica", portato avanti dai Cinque Stelle, che hanno "assecondato il ribellismo e gli umori del momento". Più che una relazione, insomma, è un atto d'accusa. Una vera e propria arringa. Che, però, in calce ammette (forse, con una punta di amarezza) "la sconfitta della sinistra" che oggi ha perso "il suo popolo".


Pur senza mai nominarlo, il principale imputato di Magistratura democratica è Salvini. "Con il suo inesauribile trasformismo - lo accusano - può scendere a compromessi persino sulla pelle dei migranti abbandonati al loro destino in mare". Le parole usate contro il leader leghista sono violentissime. "Con la chiusura dei nostri porti e la messa al bando delle Ong si è consumata una violazione senza precedenti degli obblighi giuridici e morali di soccorso e di accoglienza, che derivano dal diritto interno ed internazionale". Poi, ricordando i casi della nave Aquarius e della Diciotti, la Guglielmini parla addirittura di "un'inversione morale" che, "in pochi mesi e con pochi gesti", ha "annientato intere esperienze di integrazione e di inclusione". "Abbiamo così distrutto intere comunità cresciute intorno al valore dell'accoglienza e alle opportunità che la pacifica convivenza offre a tutta la collettività - continuano le toghe rosse - abbiamo privato 'persone' di diritti, non per quello che fanno ma perchè diverso dal nostro è il Paese dove sono nate e dal quale sono state costrette a fuggire".


Nel mirino della corrente di sinistra della magistratura non finiscono solo le norme su immigrazione e sicurezza. Ovviamente, non viene risparmiata nemmeno la riforma della legittima difesa, che dovrebbe diventare legge nelle prossime settimane. In questo caso, Salvini e i suoi vengono accusati di sovvertire "il sistema dei valori della nostra Costituzione". E ancora: il disegno di legge Pillon sull'affido viene definito "oscurantista" e paragonato a quella "sub-cultura, fortemente ideologizzata, che ha prodotto le iniziative contro l'aborto e gli attacchi in nome dei valori della famiglia 'tradizionale' alle unioni civili, al biotestamento, alla laicità dello Stato". A Luigi Di Maio, invece, Md rinfaccia il reddito di cittadinanza. Dulcis in fundo, i probositi di riformare il sistema giudiziario vengono visti come azioni "eversive" da fermare al più presto, preservando così lo strapotere delle toghe. "Vi è un attacco mirato a singoli magistrati per screditarne l'operato ed offrirli alla gogna pubblica dei social - è la conclusione della Guglielmi - con continui tentativi di delegittimare l'intervento giudiziario".





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Published on March 01, 2019 02:01

Le toghe rosse contro Salvini: "In Italia deriva razzista e xonofoba"

Andrea Indini




Magistratura democratica processa il governo: "Segnale di oscurantismo e violazioni senza precedenti". Attacchi a testa bassa a dl Sicurezza e legittima difesa


L'attacco arriva da Mariarosaria Guglielmi che, aprendo il congresso di Magistratura democratica a Roma, ha accusato il governo gialloverde dei peggiori crimini. Un'invettiva, quella fatta dalla segretaria delle toghe rosse, che rinfaccia a Matteo Salvini e a Luigi Di Maio di portare il Paese "verso un nuovo assetto normativo e culturale fortemente regressivo per i diritti e per le garanzie e verso una manomissione dei principi dello Stato di diritto che priva la giurisdizione del suo ruolo di garanzia e di terzietà".


La relazione della Guglielmini è infarcita di posizioni ideologiche e riassume i malumori che negli ultimi mesi i giudici progressisti ha più volte esternato attaccando i vertici del governo Conte. Dalle politiche per contrastare l'immigrazione clandestina alle misure a sostegno della vita, Magistratura democratica impallina i principali provvedimanti approvati dall'attuale esecutivo. "In pochi mesi il volto del nostro Paese è cambiato - è l'allarme lanciato dalla Guglielmini - e sembra essersi interrotto il percorso che ha condotto sin qui la nostra democrazia". Dopo le elezioni del 4 marzo 2018, secondo le toghe rosse, in Italia si sarebbero imposti "due radicalismi simmetrici": quello sovranista, incarnato dalla Lega, che "ha intercettato il risentimento e gli ha offerto un bersaglio e un nemico, rappresentato dallo straniero", e quello del "radicalismo egualitario e camaleontico dell'antipolitica", portato avanti dai Cinque Stelle, che hanno "assecondato il ribellismo e gli umori del momento". Più che una relazione, insomma, è un atto d'accusa. Una vera e propria arringa. Che, però, in calce ammette (forse, con una punta di amarezza) "la sconfitta della sinistra" che oggi ha perso "il suo popolo".


Pur senza mai nominarlo, il principale imputato di Magistratura democratica è Salvini. "Con il suo inesauribile trasformismo - lo accusano - può scendere a compromessi persino sulla pelle dei migranti abbandonati al loro destino in mare". Le parole usate contro il leader leghista sono violentissime. "Con la chiusura dei nostri porti e la messa al bando delle Ong si è consumata una violazione senza precedenti degli obblighi giuridici e morali di soccorso e di accoglienza, che derivano dal diritto interno ed internazionale". Poi, ricordando i casi della nave Aquarius e della Diciotti, la Guglielmini parla addirittura di "un'inversione morale" che, "in pochi mesi e con pochi gesti", ha "annientato intere esperienze di integrazione e di inclusione". "Abbiamo così distrutto intere comunità cresciute intorno al valore dell'accoglienza e alle opportunità che la pacifica convivenza offre a tutta la collettività - continuano le toghe rosse - abbiamo privato 'persone' di diritti, non per quello che fanno ma perchè diverso dal nostro è il Paese dove sono nate e dal quale sono state costrette a fuggire".





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Published on March 01, 2019 01:50

February 28, 2019

A Bruxelles è partito il pressing per espellere il partito di Orban dal Ppe

Andrea Indini




Su iniziativa dei paesi nordici, è iniziato il pressing per richiedere l'espulsione del partito Fidesz. L'offerta della Meloni


Lo scontro, a Bruxelles, ora si consuma sul diritto di Viktor Orban di restare nel Partito popolare europeo (Ppe). A volerlo sbattere fuori, stando a quanto riferisce l'agenzia Ansa, sarebbero i paesi del Nord Europa che, in queste ore, hanno appunto iniziato a far pressioni per ottenerne l'espulsione. Per il momento, secondo l'agenzia Agi, la pratica non è stata ancora avviata, ma a Bruxelles qualcosa si sta già muovendo. Tanto che Giorgia Meloni ha già teso la mano al premier ungherese invitandolo "nella grande famiglia dei conservatori e sovranisti europei".


I malumori nei confronti di Orban all'interno del Partito Popolare europeo hanno iniziato a maturare dopo gli attacchi sempre più netti del primo ministro ungherese all'Unione europea e ai suoi vertici, in particolar modo a Jean-Claude Juncker, anche lui membro del Ppe. Proprio oggi, replicando alla campagna intitolata Anche tu hai il diritto di sapere cosa sta preparando Bruxelles, che smaschera le politiche messe in campo dalla Ue per accogliere gli immigrati, la Commissione europea ha accusato il governo di Orban di "distorcere la verità". Il braccio di ferro va avanti ormai da troppo tempo e ora, all'interno del Ppe, i paesi nordici vorrebbero passare alle vie di fatto. "L'ipotesi di un'espulsione del partito Fidesz - riferiscono all'Agi fonti del Partito popolare - saranno discussi dall'assemblea politica del 20 marzo prossimo, in occasione del consueto prevertice che anticipa i Consigli Ue".


Nei giorni scorsi i partiti popolari del Nord Europa hanno scritto diverse lettere sia al capogruppo Manfred Weber sia al presidente del partito, Joseph Dauhl, per chiedere che venga presa in considerazione l'ipotesi di cacciare Fidesz dalla famiglia popolare europea. Per il momento non è stata ancora avviata alcuna procedura formale per l'espulsione del partito ungherese, anche se la componente del Nord Europa sembra determinata a chiedere una resa dei conti. "Il conto alla rovescia per il Fidesz è finalmente iniziato", ha detto all'Agi l'europarlamentare finlandese Petri Sarvamaa. "Per quasi dieci anni c'è stato un dialogo per portare Orban in linea con i nostri valori e principi, ma il risultato in Ungheria è che la situazione dei diritti fondamentali e dello stato di diritto si sta deteriorando - ha detto all'Ansa Anna Maria Corazza Bildt, eurodeputata del partito moderato svedese - ha voltato le spalle ai valori del Ppe e ora è il momento di considerare se appartiene o meno alla nostra famiglia".


Nelle ultime settimane addosso a Orban sono piovute pesanti critiche anche da parte della Cdu tedesca. Ma fonti interne al Ppe ritengono improbabile che l'espulsione di Fidesz venga decisa prima delle elezioni europee di maggio. "Indebolire adesso il Ppe, strattonato a destra dalle componenti sovraniste - spiegano - sarebbe un errore". Se Orban e il suo partito dovessero essere espulsi dal Ppe, Fratelli d'Italia proporrà, infatti, all'Alliance of Conservatives and Reformists in Europe (Acre) di accoglierlo "nella grande famiglia dei conservatori e sovranisti europei". "Siamo fermamente convinti - ha scritto la Meloni su Twitter - che questa sarebbe la sua casa ideale".


Se Viktor #Orban e il suo partito #Fidesz dovessero essere espulsi dal #PPE, Fratelli d'Italia proporrà all'@ACREurope di accoglierlo a braccia aperte nella grande famiglia dei #conservatori e #sovranisti europei. Siamo fermamente convinti che questa sarebbe la sua casa ideale


— Giorgia Meloni ن (@GiorgiaMeloni) 28 febbraio 2019





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Partito popolare europeo
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Published on February 28, 2019 08:27

Savona vuole la Turchia nella Ue. Scoppia il caos, barricate di Fdi

Andrea Indini




LEGGI IL DOCUMENTO

Savona: "Ankara è un interlocutore fondamentale". Il documento depositato in parlamento. La Meloni a Salvini: "Non si resta al governo con chi vuole islamizzare l'Europa"


Il documento porta la firma di Paolo Savona. E prevede l'allargamento dell'Unione europea all'area dei Balcani Occidentali e, soprattutto, alla Turchia. Un'idea che, appena è stata pubblicata dalla Stampa, ha subito scatenato una strenua opposizione da parte di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni ha, infatti, chiesto a Matteo Salvini di far ritirare subito la relazione e di chiedere un chiarimenti politico: "Non si resta al governo con chi vuole islamizzare l'Europa".


Il documento La partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Relazione programmatica è stato depositato da Savona in parlamento e apre uno scenario che rischia di creare nuove fratture nell'esecutivo. Le prime barricate all'idea di far entrare la Turchia nell'Unione europea sono state alzate dai parlamentari di Fratelli d'Italia. Ma all'interno dello stesso governo i leghisti non hanno mai appoggiato l'idea di far mettere piede al Sultano Recep Tayyip Erdoğan nei palazzi del potere europeo. Non più tardi di qualche settimana fa, come ricorda la Stampa, proprio Salvini aveva accusato il Consiglio d'Europa di non aver mai mosso un dito quando a Strasburgo si parlava di annoverare tra i Paesi membri anche la Turchia che, aveva detto in quell'occasione, "non sembra un faro di democrazia e diritti". "Aprire le porte dell'Europa alla Turchia è escluso - aveva poi spiegato il leader leghista in una intervista - abbiamo già abbastanza problemi di integrazione per far entrare in casa nostra questo Cavallo di Troia".


Savona sta per lasciare il ministero per gli Affari europei. Nelle prossime ore traslocherà in Consob. Prima di andare via, però, ha lanciato una proposta che mette in imbarazzo l'intero esecutivo (leggi il documento). Perché, pur ammettendo "tutte le difficoltà" dell'operazione, l'economista vede il governo di Ankara come "un interlocutore fondamentale" per Bruxelles su "sicurezza" e "politica regionale" nel Medio Oriente, nel Golfo e persino "in quadranti più distanti, come il Corno d' Africa". Non è la prima volta che il tema di allargare l'Unione europea alla Turchia viene messo sul tavolo. Ma il capogruppo di Fratelli d'Italia in Commissione Esteri della Camera, Andrea Delmastro, vuole andare a fondo per capire se questa è la posizione ufficiale del governo Conte. "È la solita manina o siamo in presenza di un atto di sottomissione?", si chiede. E invita Salvini a fermare "questo atto di islamizzazione dell'Europa". "Altrimenti - promette - ci penseremo noi: piuttosto ci incateneremo in Parlamento per difendere la nostra civiltà".





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Giorgia Meloni
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Published on February 28, 2019 03:40

February 27, 2019

Nel tempio del tatuaggio dove si riscoprono i simboli tribali

Andrea Indini
Giuseppe De Lorenzo




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Nel tempio del tatuaggio



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I migliori tatuaggi di Claudio



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I migliori tatuaggi di Sonia

A Milano, nello studio di Claudio Pittan, rivive l'antica arte del tatuaggio. Lo stile giapponese e i simboli delle isole del Pacifico tornano attuali con grande maestria


Tatau. Ta-tau. Il ritmo del tatuaggio rimbalza sulla pelle: incide la carne e lascia traccia nella storia. Simboli tribali che a Milano rivivono nello studio di Claudio Pittan, un tempio che ha riscoperto l'arte millenaria del tatuaggio facendola rivivere in tutte le sue innumerevoli sfaccettature (guarda il video). Nel negozio di Milano, dove tra le pareti nere fiammanti lavora uno dei più richiesti tatuatori d'Italia e d'Europa, Sonia Giottoli ha ricreato un piccolo museo di reperti che riportano alla luce un lontano passato. In una bacheca di vetro posta all'ingresso si possono ammirare orecchini del Borneo e del Triangolo d'Oro, bacchette hari con cui i maestri giapponesi "inserivano inchiostro nero" (irezumi), collane indiane fatte con le vertebre di serpente e labret degli esquimesi che per duemila anni sono rimasti conservati sotto i ghiacci. Segni tangibili di un'evidenza che non sempre la nostra società riesce ad accettare: da sempre l'uomo ha cercato di modificare la realtà corporea con tatuaggi o piercing.


Da trent'anni Pittan è sulla scena e i suoi tatuaggi giapponesi sono una novità nel panorama internazionale. Per ben due volte è stato premiato quale migliore tatuatore d'Italia e i riconoscimenti gli sono arrivati dalle principali fiere del Vecchio Continente. "L'evoluzione del mio stile – ci racconta – è stata continua. Ho sempre cercato di migliorare nel disegno, ma soprattutto ho sempre cercato di capire il significato dei tatuaggi che faccio". Oggi per avere un suo disegno sulla pelle bisogna mettersi in coda e avere pazienza, ma quando arriva il momento e si varca l'ingresso del suo studio di via Vetere si spalanca un mondo arcaico. A far da sottofondo è il persistente brusio delle macchinette che incidono la pelle dei clienti. Pittan, che dopo essersi fatto incidere la schiena da Horiyoshi III con la tecnica tebori (scolpire a mano), si è specializzato nell'arte del tatuaggio giapponese. Sul suo lettino prendono vita draghi, demoni, samurai e principesse (guarda il video). Per terminarli, come spesso accade, servono diverse sedute durante le quali nasce un rapporto di confidenza tra il tatuatore e il tatuato (guarda la gallery). "Un rapporto molto stretto – spiega Pittan – che, in alcuni casi, può sfociare in una duratura amicizia".


A dividere lo studio con Pittan c'è appunto la Giottoli che, dopo aver lavorato a stretto contatto con il samoano Paolo Sulu'Ape conosciuto durante una convention a Bologna più di vent'anni fa, si è specializzata nell'arte del tatuaggio tribale dei popoli che vivono nel Pacifico. È lì che ha imparato la simbologia del martellante picchiettio ta-tau che oggi le macchinette a elettrocalamita non sanno più riprodurre ma che ripercorrono con estrema eleganza un rituale fatto di simboli e significati che si conservano ancora oggi. E così, in un sapiente lavoro di simmetria, riprendono vita le tradizionali creature del tatuaggio delle varie culture del Pacifico. Sfogliando i lavori fatti in questi anni ecco che i disegni si alternano alle geometrie tahitiane. Queste ultime hanno un fascino senza precedenti (guarda la gallery). I tiki, per esempio, sono guardiani che proteggono chi se li fa tatuare dalla propria parte oscura. Sono una sorta di "bilanciatori" di energia. E ancora: le lucertole che simboleggiano le messi e i frutti della terra, il dente di pescecane dio dei mari, la tartaruga che tutela la fertilità, la conchiglia sacra sulla quale vengono date le offerte agli dei. E, infine, ci sono i mathai, occhi che aumentano la percezione visiva.


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In tutti i disegni della Giottoli emerge una continua ricerca ad andare a fondo nella storia del tatuaggio. Perché, come si può vedere sulla mummia Otzy, già nel 3mila avanti Cristo l'uomo ha provato a modificare il proprio aspetto esteriore. D'altra parte, come spiegano gli stessi sociologi, una delle prime reazioni istintive dei bambini è prendere un pennarello o un pastello e colorarsi il volto, le braccia o le gambe. Il tatuaggio è, insomma, qualcosa di ancestrale che ognuno di noi ha dentro di sé. Deve solo permettergli di uscire allo scoperto.


[[video 1595483]]





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tatuaggio







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Claudio Pittan
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Published on February 27, 2019 23:20

Viaggio nel tempio del tatuaggio

Giuseppe De Lorenzo
Andrea Indini

I tatuaggi tribali e quelli giapponesi: così lo studio Pittan fa rivivere un'arte sacra






tatuaggio







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Claudio Pittan





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Published on February 27, 2019 23:06

Migranti, blitz di Fdi e Forza Italia: bloccato il "Global Compact"

Andrea Indini




Alla Camera passa la mozione di Fdi: impegna il governo a non sottoscrivere il "Global Compact". Leg e M5s si astengono, ma i grillini si spaccano


L'astensione della Lega e del Movimento 5 Stelle spiana la strada a una serie di misure sul contenimento dell'immigrazione. Tra cui, forse il più significativo, quello che impegna il governo Conte a non sottoscrivere il "Global Compact", il documento che le Nazioni Unite vorrebbero imporre a tutti i Paesi dell'Occidente affinché riconoscano il diritto a emigrare sempre e comunque. Un pezzo di carta che, se controfirmato, rischia di essere un vero e proprio trapollone per l'Italia. A stopparlo, una volta per tutte, è stata la mozione presentata da Fratelli d'Italia (la prima firma è del capogruppo Francesco Lollobrigida) che ha ottenuto il via libera della Camera ache con il voto favorevole di Forza Italia.


Il "Global Compact" ha la pretesa di garantire uguali diritti a tutti gli immigrati, anche a quelli economici che entrano illegalmente nel nostro Paese. Se l'Italia l'avesse accettata, avrebbe dunque rinunciato a distinguere tra chi, in base alla Convenzione di Ginevra, deve essere accolto perché in fuga da guerre e carestie e chi, invece, può essere respinto perché irregolare. Lo scorso dicembre, su pressione di Matteo Salvini, il governo gialloverde aveva disertato la conferenza di Marrakech convocata dalle Nazioni Unite per far firmare agli stati membri il documento che avrebbe fatto riprendere, in misura massiccia, le partenze verso l'Italia. Oggi, però, il parlamento ha fatto un passo successivo, grazie alla mozione targata Fratelli d'Italia, impegnando l'esecutivo a non sottoscrivere, né ora né in futuro, il "Global Compact". "Finalmente ce l'abbiamo fatta - esulta Giorgia Meloni - non ci sarà alcuna invasione in Italia. L'immigrazione non sarà mai un diritto fondamentale".


La mozione, approvato con 112 voti a favore, 102 contrari e l'astensione di 262 deputati, ha provocato un forte scossone nei Cinque Stelle che hanno visto alcuni parlamentari dell'area ortodossa rompere le fila e votare con le opposizioni in dissenso. Si tratterebbe di Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Valentina Corneli e Doriana Sarli. "La scelta dell'astensione - raccontano all'agenzia AdnKronos - fonti parlamentari - avrebbe suscitato un forte malcontento tra le fila pentastellate". Altri grillini avrebbero, invece, lasciato l'emiciclo in polemica con la linea del Movimento. La sinistra subito cavalcato i dissensi dei Cinque Stelle per chiedere al premier Giuseppe Conte di venire in Aula a riferire. "È grave che non sia la maggioranza a decidere su una questione così rilevante per la politica estera del Paese", hanno lamentato da LeU. Il piddì Ivan Scalfarotto, invece, ha accusato l'esecutivo di "non avere una politica estera" e di lasciare che "questioni delicate come la firma del Global Compact siano dettate dal voto di Fratelli d'Italia e Forza Italia".


Al di là delle prese di posizione della sinistra, la mozione votata oggi non solo mette un argine definitivo all'immigrazione incontrollata, ma di fatto obbliga il governo a difendere i confini del Paese. In caso contrario sarebbe venuta meno l'operazione, che Salvini ha portato avanti da quanto è arrivato al Viminale, di bloccare le operazioni delle organizzazioni non governative. Il "Global Compact" obbliga, infatti, chi lo sottoscrive ad "assicurare che l'assistenza di natura umanitaria non sia considerata illegale". Il ché rende legale qualsiasi intervento in mare di quelle Ong che negli anni passati ci hanno riempiti di clandestini infrangendo un'infinità di leggi. "Ora - ha annunciato all'AdnKronos il presidente dei senatori di Fratelli d'Italia, Luca Ciriani - chiediamo il blocco navale davanti alle coste della Libia, l'unica misura di bloccare gli sbarchi e il traffico umano degli scafisti".





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immigrazione
Fratelli d'Italia (FdI)
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Published on February 27, 2019 10:33

February 25, 2019

Minacce a Salvini e raid a sedi leghiste. L'ipotesi: "Dietro c'è un'unica regia"

Andrea Indini








Insulti, bombe, minacce: è partita la caccia a Salvini



"Lega m***a".Scritte offensive sui vetri di un locale

A Forlì spuntano altre minacce di morte a Salvini. Si muove il ministero di Giustizia: presentata una denuncia. Calderoli: "Clima preoccupante"


Anche a Forlì sono apparse minacce al ministro dell'Interno Matteo Salvini. le hanno scritte, con la vernice, a una fermata degli autobus e hanno la stessa sigla degli insulti che sono state fatte nei giorni scorsi a Modena e a Parma. Il sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, ha immediatamente presentato una denuncia contro ignoti nella speranza che si possa risalire agli autori al più presto. Ma il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, fa già un passo in più chiedendosi se non "c'è un regia unica" dietro alle minacce a Salvini e ai continui attentati alle sedi della Lega.


Tre raid nel giro di poche ore. Sabato, a Modena, è apparsa l'ennesima scritta contro il ministro dell'Interno. "Salvini muori male", ha vergato qualche anarchico segnando la minaccia con il classico simbolo degli insurrezionalisti. Soltanto poche ore prima, a Parma, su un muro si invitava a sparare al leader leghista e a "mirare bene". Oggi, poi, è stata la volta di Forlì. Non si può derubricare le tre incursioni anarchiche a semplici episodi di vandalismo. Dietro, infatti, c'è molto di più: c'è un odio che rischia di genera violenza e far scorrere sangue. Le preoccupazioni sono tutt'altro che campate per aria. Perché, alle scritte ingiuriose contro Salvini, bisogna aggiungere gli innumerevoli assalti contro le sedi leghiste. Tanto per citarne qualcuno: a ottobre dell'anno scorso gli anarchici fecero esplodere due esplosivi in tre giorni a Trento. A gennaio, invece, un ordigno incendiò la saracinesca di una delle sedi di Milano e un petardo esplose davanti a un presidio nel Salernitano. La lista si fa ancora più lunga se a questi elenco aggiungiamo anche gli attacchi ai gazebo che, da Trento a Torino passando per Monza, continuano ad aumentare.


"È evidente - spiega Morrone - che il terreno per violenti e sovversivi lo sta concimando il clima avvelenato contro il leader della Lega alimentato dalle accuse infondate che gli sono rivolte, dalla disinformazione e dalla demonizzazione pregiudiziale". Calderoli invita ad accertare che non ci sia "una regia unica dietro a questi attentati e alle minacce e Salvini". Il fatto che tutte le scritte apparse negli ultimi giorni presentino la stessa sigla lascia pensare che dietro a questa escalation di violenza ci sia un disegno ben preciso. L'auspicio del sottosegretario alla Giustizia è che "il confronto politico, anche aspro, sia riportato nell'ambito del rispetto reciproco per evitare che si ripropongano nel paese situazioni che vorremmo relegate ai testi di storia". La sinistra, invece, continua ad accusare Salvini e più in generale la Lega di fomentare il clima d'odio. La verità è un altrà: legittimando le minacce verbali e invitando continuamente alla disobbedienza civile, i progressisti stanno armando le frange più violente. Ben sapendo che dalle scritte sui muri agli attacchi fisici il passo è davvero breve.





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Published on February 25, 2019 07:04

M5s, Di Maio resiste (col trucco). Ma c'è chi vuole la sua testa

Andrea Indini




Dopo l'ennesimo flop elettorale, il M5s implode. Di Maio: "Avanti con la riorganizzazione". Ma la sua leadership è messa in discussione


Dopo le devastanti elezioni in Abruzzo, dove è andata in fumo la metà dei voti, anche la Sardegna dà un'altra, pesantissima bastonata al Movimento 5 Stelle. Che arriva a perdere due elettori su tre. Una disfatta senza precedenti che adesso mette in discussione la leadership di Luigi Di Maio e il suo futuro di capo politico dei pentastellati. "Se ora, oltre i sondaggi, abbiamo anche verificato con elezioni regionali, che per quanto di altro livello, ci danno il polso di una indubbia e incontestabile perdita di consensi", spiega all'AdnKronos la senatrice "ribelle" Paola Nugnes chiedendo ai vertici di "rimettere la palla al centro".


Ospite a L'aria che tira su La7, il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, cerca di ridimensionare il flop sardo. "Credo che il Movimento 5 stelle sia ancora molto forte a livello nazionale", dice. E assicura: "Alle prossime elezioni europee cresceremo rispetto a questi dati, senza ombra di dubbio, e non saremo tanto sotto rispetto alle elezioni politiche". I dati, però, parlano chiaro: per i pentastellati le elezioni regionali sono una vera maledizione e rischiano di essere un amaro antipasto per le europee del 26 maggio. Una débâcle che ha radici profonde. Come fa notare il Messaggero, infatti, il 4 marzo 2018 raccolsero il 17% in Lombardia e il 27% nel Lazio. Lo stesso giorno in cui, a livello nazionale, trionfarono con il 32,5%. Malissimo andò anche alle regionali che si svolsero in Molise e in Friuli qualche settimana dopo. Ora, se dovessero confermarsi i flop incassati in Abruzzo e in Sardegno, anche nei prossimi appuntamenti in Piemonte e Basilicata i grillini dovranno fare i conti con altre due batoste.


Per evitare che lo stesso crollo venga registrato anche alle europee, la base è in fermento e vuole la testa di Di Maio. "Serve una riflessione profonda, che porti a decisioni importanti", commenta ai microfoni dell'AdnKronos Luca Piras, il docente universitario escluso dalle primarie online del Movimento 5 Stelle. Tra le cause del crollo ci sarebbe, a suo dire, "un'eccessiva influenza dei portavoce rispetto alle istanze degli attivisti" che ha creato "un allontanamento" dei vertici dagli attivisti e vertice. "E - prosegue - in questo allontanamento si sono frapposti i portavoce, che invece di portare la voce l'hanno filtrata". Per rispondere a questa crisi, Di Maio sta pensando a una profonda riorganizzazione a livello territoriale e nazionale, a partire da un'apertura alle liste civiche. "Tra domani e dopo domani - promette - ci saranno novità importanti". Il suo obiettivo è, appunto, rendere il partito "più capillare" e metterlo in condizione di "rispondere meglio alle esigenze dei cittadini". Ma per molti non è abbastanza. Ieri, in una intervista al Fatto Quotidiano, Davide Casaleggio ha preso le distanze sul restyling del partito. E persino per Beppe Grillo ha espresso forti criticità rispetto al capo politico che lui stesso ha nominato. "Con Luigi bisogna avere un po' di pazienza - ha detto nei giorni scorsi - ha 32 anni e ha ministeri impegnativi".


Le voci più critiche arrivano da quei "ribelli" che sono entrati in rotta di collisione coi vertici ormai da diversi mesi. "La leadership di Di Maio va rimessa in discussione", tuona la Nugnes secondo cui non basta "una riorganizzazione calata dall'alto" per salvare le sorti del Movimento. "Ci vuole una riflessione collettiva che porti ad una discussione profonda con proposte da valutare tutti insieme". Se per Di Stefano "è giusto ragionare su come cambiare il percorso che facciamo a livello locale", per la base più critica qualsiasi ripartenza deve inevitabilmente passare da una rottura col passato e, quindi, dalle dimissioni di Di Maio. Per i più allineati, invece, il partito non ha "bisogno di picconatori ma di visione e proposte". E alla Nugnes il deputato Sergio Battelli lancia una sfida: "Si candidi lei per guidare il M5S".





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Movimento 5 Stelle (M5S)






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Published on February 25, 2019 04:29

Andrea Indini's Blog

Andrea Indini
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