Andrea Indini's Blog, page 95
May 13, 2019
Il cardinale spegne la legalità
Il "Robin Hood" del Papa non aiuta i poveri, ma solo gli abusivi che occupano le case
Andrea Indini


L'elemosiniere del Papa soccorre gli abusivi

Saldatura tra Vaticano ed movimenti per la casa

Il business di Spin Time Labs: dagli affitti alle serate in...Url redirect: http://blog.ilgiornale.it/indini/2019... perché il cardinale
ha spento così la legalità
Sea Watch verso la Libia. Salvini: "Sarà fermata con ogni mezzo"

L'ong tedesca si prepara allo scontro: naviga verso l'area Sar e punta a intralciare le operazioni dei libici. Ma Salvini è pronto a fermare la Sea Watch
La Sea Watch 3 sta navigando verso la Libia. Salpata sabato sera dal porto di Marsiglia per raggiungere l'area Search and rescue (Sar) e "tornare alla sua missione di soccorso nel Mediterraneo centrale", l'imbarcazione della ong tedesca si prepara all'ennesimo scontro con Matteo Salvini. Che, però, non intende mollare di un millimetro nemmeno questa volta. "Non pensino di aiutare scafisti, imbarcare immigrati e dirigersi verso l'Italia - è l'avvertimento del ministro dell'Interno - verranno fermati, con ogni mezzo lecito consentito".
È ormai questione di ore. La Sea Watch 3 è pronta a riprendere le operazioni di soccorso in mare dei migranti che rischiano la vita nel Mediterraneo cercando di raggiungere le coste europee. Non appena il tribunale all'Aja ha deciso che "il codice olandese che ha introdotto nuove norme di sicurezza a bordo delle navi non può essere attuato senza un periodo di transizione", l'imbarcazione è tornata in mare. E così, dopo essere rimasta ancorata in porto per un mese intero, punta ancora a intralciare le attività di salvataggio operata nell'area Sar dalla Marina militare libica per poi portare i clandestini nei porti italiani. Già nelle scorse ore su Twitter l'equipaggio della ong tedesca ha subito puntato il dito contro i marinai di Tripoli. "L'equipaggio del nostro aereo da ricognizione Moonbird è stato testimone di un disperato tentativo: naufraghi che hanno cercato di fuggire da un'intercettazione e cattura da parte della cosiddetta guardia costiera libica scappando a nuoto", si legge nel tweet che mostra i migranti che provano a fuggire a nuoto (guarda qui).
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In sinergia con la Mare Jonio, l'imbarcazione del progetto "Mediterranea Saving Humans" messo in piedi dai centri sociali italiani, la Sea Watch vuole sfidare nuovamente le direttive italiane che hanno portato alla chiusura totale dei porti a tutte le ong. "L'Europa - è l'accusa mossa dal capo missione Philipp Hahn - sta lasciando annegare le persone come deterrente per coloro che rimangono intrapollati in Libia nei campi di detenzione in condizioni disumane e che non possono far altro che scegliere tra tortura e morte e il Mediterraneo. Finché l'Ue negherà loro un passaggio sicuro e non ottempererà all'obbligo di soccorso in mare - ha continuato - faremo ciò che è nelle nostre possibilità per salvare quante più vite possibile". A dargli man forte si è poi messa anche Neeske Beckmann, coordinatrice delle operazioni di Moonbird che ha accusato Bruxelles di "coordinare una sistematica violazione del diritto internazionale". Quello che l'ong vorrebbe è l'apertura di un corridoio per far passare chiunque voglia raggiungere il Vecchio Continente. Un'opzione che in Italia Salvini respinge categoricamente. "Non pensino di aiutare scafisti, imbarcare immigrati e dirigersi verso l'Italia perché verranno fermati, con ogni mezzo lecito consentito". E, poi, aggiunge: "L'avviso è rivolto anche ai nostalgici dei 'porti aperti' presenti in Parlamento".
Tag:
sea watch
ong
immigrazione
Persone:
Matteo Salvini
May 12, 2019
Salvini: "O salviamo l'Ue o i nostri figli vivranno in uno stato islamico"

Sabato prossimo, a Milano, il maxi raduno sovranista. Macron lavora a un polo anti populista. Il dibattito nel Ppe sulle alleanze
Fra due settimane sapremo il nuovo colore del parlamento di Strasburgo. Mai come oggi le elezioni europee potrebbero rompere l'argine e aprire le porte del potere ai movimenti sovranisti e partiti di destra che al primo punto del proprio programma hanno la ferma volontà di cambiare questa Unione europea che fino a oggi ha prodotto troppi disastri. "Stavolta siamo noi il primo partito in Europa", ha detto ieri sera Matteo Salvini chiudendo un comizio elettorale ad Albenga. Il leader del Carroccio è pronto a guidare una vasta coalizione che va dai francesi di Rassemblement National ai tedeschi di Alternative für Deutschland. "O l'Europa la salviamo adesso o ai figli lasciamo uno stato islamico fondato sulla paura e sulla precarietà".
La sfida dei sovranisti
"Questa volta - ha rimarcato Salvini - saranno gli altri a venire a Milano". L'appuntamento è per sabato prossimo, alle 15 in piazza del Duomo a Milano. Chi in via Bellerio sta organizzando la manifestazione conta di far arrivare almeno 100mila persone. Oltre a Salvini e a Marine Le Pen, saranno presenti tutte le principali forze sovraniste che hanno aderito al gruppo a cui ha aderito anche la Lega: Europa delle Nazioni e della Libertà. "Se la Lega vince in Europa, per i signori di Bruxelles la pacchia è finita", ha continuato a ripetere il ministro dell'Interno passando da una piazza all'altra. Anche se negli ultimi giorni hanno registrato un leggero calo, tutti i sondaggisti sono concordi nel piazzare il Carroccio in una forbice tra il 31 e il 33% dei consensi. "Il 26 maggio ci riprendiamo il nostro Paese", ha detto ieri pomeriggio ad Alessandria. Poi da Albenga ha lanciato l'ultimatum agli elettori italiani: "O l'Europa la salviamo adesso o ai figli lasciamo uno stato islamico fondato sulla paura e sulla precarietà. E io voglio una generazione che sia invece libera e orgogliosa".
Le alleanze dei socialisti
Tutto dipenderà dalle alleanze che saranno strette l'indomani del voto. "La mia competizione non è con il centrodestra, ma con la sinistra, col Pd", spiegava nei giorni scorsi lo stesso Salvini nel corso di una manifestazione a Catanzaro. "I miei avversari stanno a sinistra, non stanno in casa mia". E a sinistra si stanno già organizzando per mettere in piedi un'alleanza che vada da Emmanuel Macron ad Alexīs Tsipras per "costruire un'Europa anti sovranista". Dopo aver annunciato nei giorni scorsi l'adesione al manifesto "Per un Rinascimento Europeo", ieri Matteo Renzi ha pubblicato un video a sostegno di En Marche!. Martedì prossimo, come riporta Repubblica, Nicola Zingaretti ospiterà a Roma Franz Timmermans, il candidato dei socialisti alla poltrona che oggi occupa Jean-Claude Juncker. Ma l'idea di Macron è superare l'Alde per aprire a forze come il Pd, gli spagnoli di Ciudadanos, i belgi del Mouvement Réformateur dell'ex premier Michel e i tedeschi dell'Fdp.
Il dibattito tra i popolari
Anche tra i popolari il dibattito sulle alleanze è tutto aperto. A infiammarlo è Viktor Orbàn, possibile ago della bilancia del futuro assetto europeo. A inizio maggio il premier ungherese, sospeso dal Ppe per aver espresso le proprie critiche nei confronti di questa Unione europea, ha portato Salvini a Roeszke, al confine con la Serbia, per fargli vedere come difende la frontiera dagli ingressi clandestini dei migranti. Il leghista lo vorrebbe con la Lega nel gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà, ma lui per il momento tentenna. Chi è fortemente contrario a un'alleanza tra popolari e sovranisti è sicuramente Angela Merkel, mentre per Silvio Berlusconi bisogna assolutamente "lasciare l'alleanza con la sinistra, che ha portato questa Europa ad essere l'Europa non dei popoli ma dei burocrati di Bruxelles, dei ragionieri, dell'austerità". "Il Ppe deve convergere con i liberali, con i conservatori e anche con i cosiddetti sovranisti", ha spiegato il Cavaliere ipotizzando, in una intervista alla Stampa, un polo che escluderebbe, ovviamente, "solo le forze di estrema destra autoritarie o antisemite".
Tag:
sovranisti
islam
immigrazione
Speciale:
Elezioni Europee 2019 focus
Persone:
Matteo Salvini
May 11, 2019
Sea Watch naviga verso la Libia: "Torniamo a soccorrere i migranti"

La Sea Watch annuncia ripresa operazioni in mare: lascia il porto di Marsiglia e naviga verso la Libia. La sfida a Salvini
La Sea Watch 3 è di nuovo in mare. "Dopo il blocco pretestuoso dell'Olanda - ha annunciato su Twitter la ong fondata a Berlino a fine del 2014 da Harald Höppner - l'imbarcazione ha lasciato da poco il porto di Marsiglia e naviga verso l'area Sar per tornare alla sua missione di soccorso nel Mediterraneo centrale". Si riapre un nuovo potenziale fronte di scontro nel Mediterraneo. Dopo il blitz della Mare Jonio, la nave armata dai centri sociali italiani, il ministro dell'Interno Matteo Salvini dovrà, infatti, fare i conti con un'altra organizzazione non governativa pronta a infrangere la direttiva sulla chiusura dei porti.
Nei giorni scorsi l'ong tedesca aveva già annunciato che avrebbe rimesso in mare quanto prima la Sea Watch 3. Vantandosi di aver "vinto in tribunale all'Aja", dal momento che è stato deciso che "il codice olandese che ha introdotto nuove norme di sicurezza a bordo delle navi, che ha costretto la Sea Watch 3 in porto per un mese, non può essere attuato senza un periodo di transizione", sono immediatamente passati dalle parole ai fatti. "Al momento un (migrante) su dieci muore cercando di scappare attraverso il Mediterraneo. Questo ricade anche nella responsabilità del governo olandese, che ha illegamente bloccato i soccorsi il mese scorso", ha denunciato annuciando che l'imbarcazione avrebbe fatto rotta verso la zona Sar "per impedire ulteriori morti". Una presa di posizione che arriva nel giorno in cui sono stati recuperati dalle autorità tunisine tre corpi delle vittime del naufragio avvenuto a 40 chilometri da Sfax. I dati del Viminale, tuttavia, sbugiardano il teorema dell'ong tedesca. Dal primo gennaio a oggi sono infatti sbarcate un migliaio di persone contro le quasi 10mila dello stesso periodo di un anno fa. Non solo. Nel 2019 è stato recuperato un cadavere e sono stati contati dall'Unhcr 402 dispersi contro i 23 morti accertati del 2018, anno in cui la stima di decessi e dispersi ha toccato quota 2.277. "Nel 2016, quando al governo c'era in centrosinistra - fanno poi notare dal ministero dell'Interno - ci furono 390 morti accertati e 5.096 dispersi". I numeri non solo dimostrano che la cura Salvini ha pressoché azzerato gli sbarchi, ma ha anche drastimanente ridotto le vittime dei naufragi.
Negli ultimi giorni sono diverse le ong che stanno tornando nel Mediterraneo per sfidare le operazioni di soccorso della Marina libica. Oltre alla Mare Jonio dell'italiana Mediterranea Saving Humans, c'è infatti anche Open Arms. Ma per Medici Senza Frontiere (Msf Sea) non è abbastanza: "C'è ancora molta strada da fare per assicurare che la lacuna nella ricerca e salvataggio nel Mediterraneo Centrale sia colmata e che i sopravvissuti siano portati in porti sicuri in conformità con la legge internazionale". E, in vista dell'arrivo dell'estate, con l'aumentare delle partenze, i buonisti di professioni sono già pronti a muoversi per andare a recuperare i clandestini anche davanti alle coste libiche. Ma in mattinata Salvini è già stato chiaro: "Se qualcuno rimpiange i porti aperti che portavano in Italia più clandestini e facevano morire in mare più persone, sappia che avrà nel sottoscritto un avversario irriducibile".
Tag:
sea watch
immigrazione
ong
Persone:
Matteo Salvini
May 9, 2019
"Non mi piego". L'editore di AltaForte va lo stesso al Salone del Libro


Al Salone vince la censura: fuori Altaforte

Adesso basta con i proclami da anni '70
Dopo l'indagine dei pm per apologia di fascismo, il blitz degli organizzatori: la casa editrice AltaForte cacciata dal Salone. Ma Polacchi li sfida e si presenta lo stesso
"Altaforte non si piega alla logica del pensiero unico". Francesco Polacchi sfida il Salone del Libro e fa carta straccia della rescissione del contratto. Ieri sera, poco dopo mezzanotte, lo hanno obbligato a smontare lo stand (guarda il video). Alle 10 di questa mattina, nel giorno dell'apertura della manifestazione al Lingotto, si presenterà per spiegare la posizione di AltaForte in merito agli ultimi fatti. "Se avete a cuore la Libertà, la Libertà d'espressione, vi aspetto - ha scritto su Facebook - i libri non possono e non devono conoscere censura".
L'esposto presentato dalla Appendino e da Chiamparino ha "armato" la procura di Torino che ieri ha aperto un procedimento penale per apologia di fascismo su Polacchi. Non contenti i due amministratori, in qualità di soci fondatori del Salone del Libro, hanno anche chiesto agli organizzatori di espellere la casa editrice vicina a CasaPound. La sua partecipazione alla kermesse torinese ha sollevato polemiche e rinunce di scrittori e intellettuali dopo che Polacchi, che pubblica il nuovo libro-intervista a Matteo Salvini, si è proclamato "fascista" per radio, additando l'antifascismo come "vero male di questo Paese". Non appena è scoppiato lo scontro, lo stand della casa editrice è stato sfrattato dall'Oval. È stato, infatti, considerato troppo vicino alla Sala Oro, dove si tengono gli incontri principali del Salone del Libro. Gli organizzatori hanno deciso di spostarlo vicino allo stand del Ministero della Difesa "per motivi di sicurezza". Poi, dopo le pressioni del Movimento 5 Stelle e del Partito democratico, hanno stralciato il contratto con la casa editrice sovranista.
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Comune e Regione hanno scelto la linea della tolleranza zero. E, se in un primo momento hanno evitato di chiedere l'esclusione di AltaForte dal Salone e, per il timore di possibili ricorsi, poi è arrivato l'affondo, con la richiesta ufficiale agli organizzatori di rescindere il contratto con la casa editrice. "Questo alla luce della situazione che si è venuta a creare - hanno rimarcato Chiamparino e Appendino -, che rende impossibile lo svolgimento della prevista lezione agli studenti di Halina Birenbaum, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, e alla forti criticità e preoccupazioni espresse dagli espositori in relazione alla presenza e al posizionamento dello stand di Altaforte. È necessario tutelare il Salone del libro, la sua immagine, la sua impronta democratica e il sereno svolgimento di una manifestazione seguita da molte decine di migliaia di persone". Polacchi ha ironizzato ringraziando "i vari Raimo, Zerocalcare, Wu Ming e tutti quelli che si sono sfilati", pensando di fargli "un torto" e che invece gli hanno fatto pubblicità, ma ha anche voluto dimostrare plasticamente che non si piega davanti all'estromissione dal Solone.
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Tag:
altaforte
Salone del Libro
Speciale:
Torino focus
Persone:
Francesco Polacchi
May 7, 2019
I fascisti del libro
Rivolta radical chic contro l'editore sovranista. Così la cultura mainstream vuole soffocare il pensiero di destra
Andrea Indini

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May 5, 2019
Sicurezza, Salvini zittisce Di Maio: "I reati sono in costante calo"

Il report della direzione centrale della polizia
I grillini cavalcano l'allarme sicurezza: "Si occupi meno di migranti e più di mafia". Ma Salvini li smentisce con i dati della Polizia: i reati calano del 15%
L'emergenza sicurezza, uno degli storici cavalli di battaglia dalla Lega, entra in modo dirompente nella campagna elettorale. E viene usato proprio contro Matteo Salvini che in questi giorni si trova a dover gestire un'esclation di violenze nelle strade del Paese. Da una parte l'opposizione lo attacca accusandolo di essere "più attento ai selfie" che "alle morti in strada", dall'altra gli alleati di governo entrano in scivolata gettando benzina sul fuoco. Alle polemiche il ministro dell'Interno replica mostrando il report della direzione centrale della Polizia che rileva "un calo costante dei crimini in Italia" (guarda qui).
"Una cosa è certa - scriveva ieri Luigi Di Maio sui social - occorrono più uomini sul terreno. Più controlli, più prevenzione, che passa anche per un forte sostegno a chi è impegnato nel sociale per salvare i ragazzi dalle famiglie di camorra e dai quartieri in difficoltà". A dargli man forte si erano subito messi il presidente della Camera Roberto Fico e il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra. "Piuttosto che terrorizzare sui migranti o visitare muri - tuonavano i grillini - il titolare Viminale si occupasse di contrasto alla mafia". Le due anime dell'esecutivo non sono nuove a tensioni e prese di distanza, ma i recenti fatti di cronaca hanno fomentato le scontro di governo su uno dei temi da sempre più cari al leader del Carroccio: la sicurezza, appunto. Tanto che Salvini ha subito ribattuto punto per punto. "Ho fatto più comitati per l'ordine e la sicurezza a Napoli che in tutte le altre città Italiane - ha spiegato durante un appuntamento elettorale a Firenze - ci sono stato quattro volte. Ho mandato 136 poliziotti, stiamo accendendo telecamere e abbiamo permesso al sindaco di assumere 53 nuovi agenti della polizia locale".
I numeri danno ragione a Salvini. I delitti commessi nel nostro Paese sono calati del 15% nel raffronto tra il 2018 e il 2019. Se si spulciano i dati della direzione centrale della Polizia criminale (leggi qui), solo gli omicidi sono diminuiti del 12,2%. I tentati omicidi, poi, sono calati del 16,2%, mentre si è registrato il 32,1% in meno di violenze sessuali. In netta diminuzione anche le rapine (-20,9%) e i furti (-15,1%). "La stima dei reati - fanno notare fonti del Viminale - vede un calo nell'ultimo anno, che non a caso ha visto il rafforzamento degli organici di polizia su tutto il territorio nazionale, mentre è di questi mesi la riorganizzazione delle Questure ed è già stato finanziato il piano straordinario di assunzioni". Salvini sa bene che questo è solo l'inizio. "È chiaro che la camorra è una brutta bestia e servirà del tempo per sconfiggerla", ammette rinnovando il proprio impegno per "arrestare mafiosi, assassini, spacciatori e delinquenti in genere". E conta che l'assunzione e l'entrata in servizio di migliaia di personale in divisa, così come è stato previsto nell'ultima finanziaria, "possano portare numeri ancora migliori".
Tag:
sicurezza
Persone:
Matteo Salvini
Gli islamisti sui bus di Parigi: autista caccia donna con la gonna corta

Interi quartieri in mano agli integralisti che molestano le donne. E l'azienda di trasporti pubblici assume gli islamisti per difendere i mezzi dalle sassaiole
La gonna è troppo corta e l'autista dell'autobus vieta a una ragazza di salire. L'inquietante episodio non si è drammaticamente consumato in un oscuro Paese dove è in vigore la sharia, ma a Parigi dove la guida dei mezzi pubblici che attraversano le banlieue è stata affidata a islamisti per accattivarsi il favore delle periferie multietniche ed evitare le sassaiole da parte dei più facinorosi. E così accade che uno di questi integralisti si sia rifiutato di far salire la figlia 29enne del poeta algerino Kamel Bencheikh. "Pensa a vestirti come si deve", le ha detto. E ha richiuso le porte.
L'episodio risale a martedì scorso e non ha destato l'allarme che avrebbe dovuto. Anzi, sulla stampa francese è quasi passato sotto traccia e dal governo, il cui ministro dei Trasporti, Elisabeth Borne, ha presieduto a lungo la società dei trasporti pubblici di Parigi (Ratp), non sono state spese parole di conforto per quanto ha dovuto subire Élise. Solo alcuni membri dei Républicains hanno protestato per quanto denunciato su Facebook da Bencheikh. La figlia si trovava, insieme a un'amica, "alla fermata Botzaris vicino al parco delle Buttes Chaumont", nel XIX arrondissement. Erano da poco passate le undici di sera. "Quando (l'autobus, ndr) è arrivato - racconta il poeta algerino - l'autista si è fermato, le ha guardate, ed è ripartito senza aprire le porte". Le ragazze non si sono date per vinte e si sono messe a correre finché lo hanno raggiunto pochi metri più avanti, quando si è dovuto fermare perché il semaforo era diventato rosso. E, quando hanno chiesto all'autista perché non le avesse fatte salire, quello le ha gelate: "Pensate a vestirvi come si deve".
Il racconto di Élise non lascia molti dubbi. L'autista, "un maghrebino" dalla barba lunga, viene definito come un "islamista". La Ratp lo avrebbe già identificato e avrebbe anche già fatto partire un'indagine interna per capire se davvero non ha fatto salire le due donne sull'autobus perché indossavano abiti ritenuti inopportuni dall'islam salafita. "Questo individuo, che guida un autobus pagato dalle mie tasse, ha impedito a mia figlia, titolare di un passe Navigo (l'abbonamento ai mezzi pubblici di Parigi, ndr) valido e dunque in regola, di salire... soltanto perché indossava una gonna", ha scritto Bencheikh in un post su Facebook che, però, è stato immediatamente censurato e ora non è più visibile.
L'episodio di martedì scorso non è un caso isolato. Nella periferia nord-orientale di Parigi, come riporta il Corriere della Sera, le intimidazione sono all'ordine del giorno. Gli islamici più radicalizzati prendono di mira le donne: talvolta le aggrediscono verbalmente, altre volte le attaccano anche fisicamente. In un reportage pubblicato nel 2017 da Le Parisien, la giornalista Cécile Beaulieu aveva già raccontato che a Chapelle-Pajol "gruppi di dieci uomini soli, venditori ambulanti, spacciatori, migranti e trafficanti dettano legge nelle strade, molestando le donne". "Centinaia di metri quadrati di asfalto abbandonati a soli uomini, dove le donne non sono più accettate", denunciava. Le banlieue in mano agli uomini, per lo più arabi e africani, sono diverse. E a farne le spese sono sempre le donne. "Gli è proibito entrare nei caffè, nei bar e nei ristoranti - scriveva la Beaulieu - e non possono stare sui marciapiedi, vicino alla fermata della metro e nelle piazze". L'inchiesta, purtroppo, è caduta nel vuoto e nessuno ha mosso un dito in questi anni per risolvere la situazione.
L'emergenza ha radici che affondano nei disordini degli anni Novanta. In questi quartieri difficili gli autobus e le fermate della Ratp vengono da sempre vandalizzati e presi a sassate. Per questo, negli ultimi anni, l'azienda dei trasporti pubblici ha deciso di scendere a patti con i ras delle banlieue assumendo tra i propri dipendenti anche personaggi legati ad ambienti islamisti. È il caso di Samy Amimour, uno dei jihadisti che ha insanguinato il Teatro Bataclan. Dal 2010 al 2012, prima di andare in Siria a combattere con lo Stato islamico, era stato un autista della Ratp. Nel libro Mahomet au volant, la charia au tournant, come ricorda Libero, Ghislaine Dumesnil aveva accusato i sindacati francesi di aver permesso che musulmani radicalizzati si infiltrassero nell'azienda dei trasporti, che i depositi degli autobus si trasformassero in sale di preghiera e che le autiste venissero sempre più discriminate dai colleghi di fede islamica.
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islam
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Ansar al-Sharia
Luoghi:
Parigi
May 3, 2019
Salvini smaschera la Caritas: "Accogliete solo per fare quattrini?"

Foto di repertorio
Il Viminale taglia i fondi e la Caritas non partecipa più ai bandi per l'accoglienza dei migranti. Salvini: "Lo fate solo per soldi"
Non appena Matteo Salvini ha deciso di tagliare i fondi per l'accoglienza, in molti si sono tirati indietro dal business per spartirsi i disperati che sbarcano sulle nostre coste. Tra questi c'è anche la Caritas italiana che da settimane ha deciso di non partecipare più ai bandi per l'accoglienza diffusa. "Viste le limitazioni imposte all'accoglienza dal decreto Salvini è l’unica strada rimasta", ha lamentato in una intervista al Corriere del Veneto monsignor Corrado Pizziolo, presidente dell'istituto di carità dei vescovi, spiegando, senza troppi giri di parole, che senza un adeguato sovvenzionamento dalle case pubbliche, la Chiesa non è più "disposta a sostituirsi allo Stato". Una giustificazione che ha dato al leader leghista l'assist per smascherare l'ente diocesano: "Se siete generosi accogliete con meno soldi. O accogliete per far quattrini?".
Le prime a disertare i bandi sono state le cooperative. Già il mese scorso si contavano decine di appalti andati a vuoto. Uno dopo l'altro hanno smascheratono la finta carità di certi enti che con gli immigrati puntava soltanto a far soldi. Nessuno si è infatti fatto problemi a dire che il passo indietro è una ritorsione alla sforbiciata ai costi per l'accoglienza voluta da Salvini per stroncare il business dell'immigrazione. Il taglio è stato netto: si è passati dai 35 ai 21-26 euro. E così a Genova, Savona, Lecce, Treviso, Ferrara, Reggio Emilia e Viterbo le cooperative che fino a ieri svolgevano le attività di accoglienza e integrazione hanno appunto smesso di presentarsi alle gare che, una dopo l'altra, finiscono per andare deserte. Un caso eclatante è stato quello di Reggio Emilia dove a inizio aprile Reti temporanee di imprese, che avevano in mano la gestione straordinaria di quasi tremila richiedenti asilo, si sono tirate indietro.
Dopo le cooperative è stata la volta della Caritas. Stesso discorso. "Le risorse non sono sufficienti", hanno lamentato nei giorni scorsi a Treviso e a Vittorio Veneto. La decisione di chiamarsi fuori non è locale ma avvallata da presidente dell'istituto. "La scelta che coinvolge le Caritas di tutta Italia - ha spiegato al Corriere Veneto monsignor Pizziolo - è indotta dalla nuova normativa, che ha avuto due effetti: ha ridotto all'osso le risorse per l'accoglienza e ne ha ristretto le maglie, imponendo criteri più stringenti". Nel frattempo, per prendere tempo, le Prefetture stanno rinviando i bandi e prorogando i termini di presentazione alle gare, come successo a Siena e Bologna. In altri casi, invece, è stato deciso di riportare i migranti nelle caserme. Le ragioni della scelta della Caritas, come anche delle cooperative rosse, non sono affatto economiche ma prettamente politiche. Ed è lo stesso monsignor Pizziolo ad ammetterlo: "Alcune Caritas non si sentono più di partecipare ai bandi, non solo per il taglio dei finanziamenti ma anche perché non vogliono avallare scelte che non condividono".
Da Roma non è partita alcuna direttiva ufficiale. Tanto che ci sono ancora molte diocesi, come quelle di Trento e di Bolzano, che vanno avanti a partecipare ai bandi. Ma i casi di chi si tira indietro sono destinati ad aumentare. Nei mesi scorsi lo stesso Salvini profetizzava: "La mangiatoia è finita. Chi speculava con margini altissimi per fare 'integrazione', spesso con scarsi risultati, dovrà cambiare mestiere". E così è stato. Il velo dell'ipocrisia è stato abbassato una volta per tutte.
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immigrazione
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Caritas
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Matteo Salvini
Il muro di Orban contro il muro d'Europa
Gli ultrà europeisti contro ilmuro anti migranti fatto costruire in Ungheria. Ma Orban rischia di essere l'ago della bilancia in grado di abbattere un altro muro: quello dell'élite europea
Andrea Indini

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