Andrea Indini's Blog, page 93

June 5, 2019

Docenti universitari, avvocati e magistrati: ecco i fan rossi dell'immigrazione

Andrea Indini




Dai tribunali di Firenze e Bologna al Tar della Toscana, ecco chi sono gli ultrà dell'accoglienza che combattono Salvini a suon di sentenze


"Quei magistrati avrebbero dovuto astenersi". Al ministero dell'Interno non nascondo l'insofferenza nei confronti delle recenti incursioni da parte di certe toghe rosse contro le direttive firmate Matteo Salvini. Ma fanno anche sapere che non sono disposti a rimanere inermi dinnanzi a una simile ingerenza. Nei prossimi giorni, infatti, il Viminale impugnerà la sentenza del Tar di Firenze contro le cosiddette "zone rosse" e riformulerà l'ordinanza per allontanare balordi e sbandati da alcune aree cittadine. Non solo. Verrà anche presentato il ricorso contro le sentenze dei tribunali di Bologna e Firenze che, facendo carta straccia del decreto Sicurezza, hanno permesso l'iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo.


"Intendiamo rivolgerci all'Avvocatura dello Stato per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi, lasciando il fascicolo ad altri", fanno sapere dal Viminale ricordando che questi stessi giudici avevano assunto in passato posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini. Idee che sono state espresse pubblicamente o attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come Diritto, immigrazione e cittadinanza o con avvocati dell'Associazione studi giuridici per l'immigrazione (Asgi) che hanno difeso i migranti contro il Viminale. Tra le toghe rosse contro cui Salvini punta il dito c'è Luciana Breggia, la presidente della sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale del Tribunale di Firenze. Come avevamo già scritto nei giorni scorsi, è lei la relatrice della sentenza che ha escluso il ministero dal giudizio sull'iscrizione anagrafica di un immigrato.


Da certi magistrati la propria militanza politica viene manifestata alla luce del sole. La Breggia, per esempio, durante un dibattito pubblico organizzato a Firenze l'8 aprile, ha censurato l'uso della parola "clandestini". In un'altra occasione, invece, ha partecipato alla presentazione del libro L'attualità del male, la Libia del male è verità processuale, scrotto dell'avvocato dell'Asgi Maurizio Veglio, lo stesso legale che ha assistito l'immigrato che ha fatto ricorso contro il Viminale sull'iscrizione anagrafica e a cui la Breggia ha dato ragione. Durante l'incontro il magistrato, che è anche coordinatrice della onlus "Rete per l'ospitalità nel mondo", era seduta accanto a Alessandra Sciurba, la portavoce dell'ong di Luca Casarini & Co. "Mediterranea Saving Humans", e al professore Emilio Santoro che, in una recente intervista, ha definito l'attuale esecutivo "il governo della paura".


Santoro è docente ordinario di Filosofia del diritto e Diritto degli stranieri proprio nel polo delle Scienze sociali dell'università di Firenze dove ha sede la redazione della rivista online Diritto, immigrazione e cittadinanza con cui collaborano sia il presidente della seconda sezione del Tar della Toscana, Rosaria Trizzino, che ieri ha bocciato le zone rosse anti balordi, e il presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna, Matilde Betti, che il 27 marzo 2019 non ha accolto il ricorso del Viminale contro la decisione del giudice monocratico del capoluogo emiliano che disponeva l'iscrizione nel registro anagrafico di due immigrati. Uno di questi era difeso da un altro avvocato dell'Asgi, Nazzarena Zorzella, che per anni ha co-diretto Diritto, immigrazione e cittadinanza e che ora è nel comitato editoriale dove siede anche la Betti. Un impegno pubblico che sfocia nella militanza politica. Tanto che in più di un'occasione Salvini li ha invitati a smettere la toga e ad affrontare le urne: "Se qualche giudice vuole fare politica e cambiare le leggi per aiutare gli immigrati lasci il tribunale e si candidi con la sinistra".





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Published on June 05, 2019 08:14

La resistenza delle toghe rosse per sabotare le mosse di Salvini

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Andrea Indini




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Published on June 05, 2019 04:07

June 3, 2019

L'ultimatum di Conte a Salvini e Di Maio: ​"Basta provocazioni o mi dimetto"

Andrea Indini




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Il premier avverte Salvini e Di Maio: "Non sono qui per galleggiare". E minaccia le dimissioni: "Di Maio e Salvini dicano in fretta se vogliono andare avanti"


Mentre all'interno della stessa maggioranza in tanti si interrogano sul futuro e la durata dell'esecutivo, Giuseppe Conte prova a serrare le fila per rinsaldare il patto tra Lega e Movimento 5 Stelle. E così, prima dell'ennesimo vertice sul decreto "Sblocca cantieri", tiene una conferenza stampa a un anno dalla nascita di quello che lui stesso ancora oggi continua a definire "governo del cambiamento". Un discorso "agli italiani" che, almeno nel suo intento serve a "fare chiarezza". "Non ho mai giurato altra fedeltà all'infuori di quello ala nazione, un giuramento che è stato e sarà sempre il faro del mio ruolo", mette in chiaro il premier invitando i due alleati a smettarla con "i proclami da campagna elettorale" e ad andare avanti a segnire il contratto. "Altrimenti - avverte - io rimetto il mio mandato".


A chiedergli una presa di posizione netta, dopo la batosta alle elezioni europee, sono stati i pentastellati che non sopportano più il "dilagare" di Matteo Salvini. Dopo mesi di liti, colpi bassi e continue crisi che hanno esposto il governo a rischi senza precedenti, Conte rivendica la propria indipendenza ("Non sono mai stato iscritto al Movimento 5 Stelle") e alza la voce minacciando che, se non dovesse cambiare il modo di lavorare, è pronto a rimettere il proprio mandato nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo fa ricordando ai due alleati di governo che "leale collaborazione significa che ciascun ministro si concentra sul proprio senza prevaricare" e che "se si hanno questioni politiche da sollevare non si lanciano segnali ambigui sui giornali, ma se ne parla innanzitutto con il presidente del Consiglio". Una ramanzina netta che molto probabilmente non servirà a placare le incuriosi di entrambi i partiti. "Chiedo a entrambe le forze politiche, di operare una chiara scelta e di dirmi, dirci se hanno intenzione di osservare ancora il contratto di governo ovvero se preferiscono riconsiderare questa decisione". Ed è sventolando quel pezzo di carta firmato ormai un anno fa, dopo un estenuante braccio di ferro, che spera di riuscire a riportare la calma in un esecutivo ormai incapace di trovare la sintesi su nessuno dei dossier più importanti.


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Quello che succederà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, è un mistero. Il governo, d'altra parte, è appeso a un filo. Lo stesso Conte dice di non essere certo della sua durata. "Non dipende solo da me...", mette le mani avanti. Perché, pur difendendo quanto fatto sin qui e pur assicurando che il successo del Carroccio alle europee non avrà ricadute sui numeri in parlamento, non può tirarsi indietro dall'ammettere che esiste un problema tra il leader leghista e Luigi Di Maio. "Se indugiamo sulle freddure a mezzo social e le veline a mezzo stampa - spiega - non possiamo lavorare". E incalza: "Le polemiche sterili e le discussioni inutili sottraggono energie preziose e distolgono dagli obiettivi". Ma ormai le spine dell'esecutivo vanno dalle politiche sulla sicurezza alla giustizia, dalle misure per contrastare l'immigrazione clandestina ai provvedimenti economici. Ed è proprio su quest'ultimo punto, con la manovra economica in (lenta) elaborazione, che Conte mette un particolare accento ricordando "l'equilibrio dei conti" non ci viene imposto "solo da regole europee" ma anche dal fatto che "siamo costretti a finanziare il nostro debito sul mercato". Da qui i due consigli (probabilmente non richiesti) ai due alleati: "per conservare la fiducia degli investitori" è bene parlare con una voce sola e, prima di iniziare battaglie con Bruxelles, è bene ricordarsi che "le regole europee rimangono in vigore fino a quando non riusciremo a cambiarle".


Ora dalle parole l'esecutivo gialloverde è chiamato a passare ai fatti. Salvini ha già in mente quali sono le misure da mettere in cima alla lista. "L'Italia dei Sì è la strada giusta", mette in chiaro su Facebook. Ed elenca: la flat tax e il taglio delle tasse, la riforma della giustizia, il decreto Sicurezza bis, l'autonomia regionale, il rilancio degli investimenti, e l'apertura di tutti i cantieri fermi, la revisione dei vincoli europei e il superamento dell'austerità e della precarietà. "Noi siamo pronti - assicura - vogliamo andare avanti e non abbiamo tempo da perdere, la Lega c'è". Ora non resta che vedere se anche Di Maio è d'accordo. E soprattutto se ha le stesse priorità del leader del Carroccio. E se il grillino vorrebbe vedersi già domani, da via Bellerio fanno sapere che Salvini sarà a Roma giovedì e venerdì. Quindi potrà vederli solo in quei giorni.





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Published on June 03, 2019 11:49

May 30, 2019

La giudice fan di ong e immigrati che contesta rimpatri e porti chiusi

Andrea Indini




Firenze è una delle città con il più alto numero di rifugiati d'Italia. A presiedere la sezione che decide è un magistrato fan dell'accoglienza


È stata relatrice di una sentenza contro il ministero dell'Interno, va in giro per l'Italia a denunciare la "deumanizzazione delle migrazioni", partecipa ai dibattiti con le ong, che infrangono le leggi per riempire l'Italia di clandestini, e sponsorizza libri schierati contro i respingimenti degli irregolari e la chiusura dei porti. Il magistrato in questione si chiama Luciana Breggia e a Firenze è presidente della sezione specializzata per l'immigrazione e la protezione internazionale del tribunale toscano. "La democrazia è bellissima - commenta Matteo Salvini - invito questo giudice a candidarsi alle prossime elezioni per cambiare le leggi che non condivide".


Firenze è una delle città con il più alto numero di rifugiati d'Italia. A presiedere una delle 26 sezioni italiane, istituite alla fine di luglio del 2017 dall'allora ministro Marco Minniti per decidere se un immigrato ha diritto o meno alla protezione internazionale, è proprio la Breggia, ultrà dell'accoglienza che non fa mistero di non sposare le politiche portate avanti da Salvini per contrastare l'immigrazione clandestina. E così succede che, nel secondo semestre 2017, su 41 ricorsi presentati dai richiedenti asilo la sezione da lei presieduta ne ha accolti 35. Un numero a dir poco impressionante: più dell'85%. Nel 2018-2019 non si è ancora pronunciata su alcun ricorso, ma è plausibile che il trend sia pressoché lo stesso. "Dietro quelle pratiche, quei fascicoli, c'è la storia umana del nostro tempo - ha spiegato il magistrato in una recente intervista - non sono numeri, ma persone e spesso dietro a queste persone ci sono altre persone in bilico, in pericolo".


Lo scorso 15 maggio la Breggia ha emesso una sentenza con cui ha negato al ministero dell'Interno la possibilità di impugnare una decisione del tribunale di Firenze che aveva precedentemente disposto l'immediata iscrizione all'anagrafe del Comune di Scandicci di un richiedente asilo somalo. "Ogni richiedente asilo, una volta che abbia presentato la domanda di protezione internazionale - aveva deciso lo scorso marzo il giudice Carlo Carvisiglia - deve intendersi comunque regolarmente soggiornante, in quanto ha il diritto di soggiornare nel territorio dello Stato durante l'esame della domanda di asilo". La sentenza della Breggia ha, quindi, tolto al Viminale la possibilità di opporsi alla sentenza e ha lasciato ai sindaci la completa autonomia di decidere contrastando, in questo modo, quello che al ministero definiscono "un orientamento giurisprudenziale consolidato". "Il rischio - fanno sapere dallo staff di Salvini - è avere interpretazioni difformi sul territorio e su un tema delicato come quello anagrafico".


La Breggia on si limita a schierarsi contro Salvini soltanto in Aula, ma "occupa" anche presentazioni e dibattiti e rilascia interviste per dimostrare tutta la propria avversione nei confronti delle misure prese dal governo Conte. In un'occasione è stata relatrice alla presentazione del libro L'attualità del male, la Libia dei lager è verità processuale di Maurizio Veglio, avvocato membro dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi). Al tavolo con lei c'era anche Alessandra Sciurba, la portavoce della ong di Luca Casarini & Co., "Mediterranea Saving Humans". A marzo, in una lunga chiacchierata con Famiglia Cristiana, ha raccontato di girare "molto per le scuole" d'Italia per sensibilizzare su certi temi e di scrivere di "quegli uomini ridotti in condizione di schiavi". Nelle occasioni pubbliche non si fa mai problemi a dirsi contraria ai Centri di accoglienza straordinaria che difinisce "limbo di insicurezza". "Ci sono casi di richiedenti asilo che sono letteralmente impazziti durante la lunga attesa, anche a causa delle gravi situazioni dei familiari rimasti in loco - è la sua idea - storie di vite spezzate, di famiglie distrutte, storie di enorme sofferenza".


Per la Breggia "le leggi, che costituiscono il diritto, non sempre vanno nella direzione della giustizia". È forse sulla base di questa convinzione che si oppone quotidianamente, in Aula e non solo, a quelli che ritiene provvedimenti ingiusti. Un'ingerenza che Salvini trova inaccettabile: "Mi aspetto che un magistrato applichi le norme, anziché interpretarle". Da qui l'invito a "candidarsi alle prossime elezioni per cambiare le leggi che non condivide".





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Published on May 30, 2019 06:24

"Migranti morti in mare? Colpa della Marina". Ed è scontro tra ong e Salvini

Andrea Indini




Le ong riferiscono di una bimba morta su un barcone e accusano la Marina: "Non è intervenuta in tempo". Ma la notizia è falsa. L'ira di Salvini: "Difendo i nostri uomini"


La morsa a tenaglia delle organizzazioni non governative è già in atto. L'attacco è alle autorità italiane e, in particolar modo, alla nostra Marina militare. La accusano di essere la causa della morte delle bimba di 5 anni che si trovava a bordo di un barcone in avaria a poche miglia dalle coste libiche. "Sappiamo chi poteva salvarla e non l'ha fatto - denunciano su twitter i vertici di Mediterranea Saving Humans - la nave P490 'Cigala Fulgosi' è sempre stata a poca distanza, ma ha aspettato". Accuse che sono state rilanciate in rete anche da Sea Watch e da Alarm Phone ma che si sono rivelate campate per aria e assolutamente false. "Sono infondate e diffamatorie le accuse contro i nostri uomini - ha commentato Matteo Salvini - anche in questo caso, come sempre e rispettando legge e morale, hanno soccorso chiunque fosse a rischio".


Le pressioni sull'Italia sono iniziate ieri pomeriggio quando da un barcone "in grave difficoltà" è partito l'sos. Questa mattina è arrivata la notizia della morte di una bambina che si trovava a bordo. E, proprio mentre la Marina italiana salvava un'ottantina di immigrati in pericolo, le ong l'hanno messa sotto accusa per non essere intervenuta prima. "La nave P490 dell'Italian Navy stava monitorando la situazione da ieri mattina e sarebbe potuta intervenire un giorno prima", ha accusato Alarm Phone su Twitter. "La nave P490 'Cigala Fulgosi' è sempre stata a poca distanza, ma ha aspettato", ha subito fatto eco Mediterranea Saving Humans spiccando, poi, un vero e proprio atto d'accusa contro i nostri militari: "Sappiamo chi poteva salvare la bambina e non l'ha fatto". Peccato che, a salvataggio ultimato, è risultata tutta una montatura. "Non c'è nessuna vittima", fanno sapere dalla nave "Cigala Fulgosi" che è attualmente impegnata nell'operazione "Mare Sicuro" insieme ad altre unità aeronavali della Difesa.


Morte in diretta di un naufrago: nel #Mediterraneo si muore così.


Almeno una persona è annegata lo scorso 23 maggio.


In area, una nave della Marina che nonostante il nostro MayDay ha atteso l'intervento dei libici.@fabiotonacci https://t.co/qgqMfBV4uL


— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 30 maggio 2019


La fake news della bambina morta a bordo del barcone in avaria è solo l'occasione per rilanciare le accuse che nelle ultime ore la Sea Watch sta sollevando contro la Marina Militare italiana. In un video, subito rilanciato da Repubblica, viene ripresa da un loro elicottero la morte di un immigrato che lo scorso 23 maggio è affogato nell'area "Search and Rescue" di responsabilità dei libici (guarda il video). Come oggi contro la nave P490 "Cigala Fulgosi", l'ong tedesca punta il dito contro il pattugliatore d'altura P492 "Bettica". "Abbiamo riprovato diverse volte a rimetterci in contatto con la Bettica, abbiamo usato anche le frequenze dell'aviazione - è l'accusa - ci hanno sentito e risposto da Malta, ma non dalla Bettica che pure era molto più vicina". Secondo la loro ricostruzione ci sarebbero "52 minuti di buco" dal momento in cui viene lanciato il mayday a quando il pattugliatore risponde. "Quell'uomo, e altri che potrebbero essere annegati nell'attesa, potevano essere salvati?", si chiede Repubblica. Per Luca Casarini, poi, "le autorità italiane che dicono 'devono intervenire i libici' stanno commettendo una grave violazione dei diritti umani". "Non si capisce perché la nave italiana, che ha anche mandato un elicottero a sorvolare il barcone, non sia intervenuta - è l'accusa dell'ex tuta bianca del G8 di Genova che ha armato la Mare Jonio - la situazione è agghiacciante e il risultato è che le persone muoiono nel Mediterraneo".


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La bufala della bimba morta e le conseguenti accuse mosse dalle ong hanno mandato su tutte le furie la Marina che ogni giorno opera nel Mediterraneo per salvare le vite degli immigrati che si trovano in difficoltà. Al fianco dei nostri militari si è subito schierato Salvini che ha bollato come "infondate e diffamatorie" le accuse mosse dai fan dell'accoglienza. Anche nel caso del barcone salvato questa mattina, secondo quanto ricostruito dal ministero dell'Interno, sono state soccorse tutte le persone che erano in pericolo "rispettando legge e morale". Per il leader leghista è, dunque, "incredibile" che venga dato credito a "provocazioni e illazioni delle solite ong a cui finalmente abbiamo tagliato il business" e che, ha ricordato, "sono sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina". "Difendiamo l’onore della Marina", ha, infine, concluso ribadendo l'indisponibilità dei porti italiani per accogliere i clandestini.





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Published on May 30, 2019 04:19

May 29, 2019

Salvini arma Conte contro l'Onu: "Dichiari irricevibili le critiche all'Italia"

Andrea Indini




La lettera di Salvini a Conte

Dopo la lettera delle Nazioni Unite contro il governo, Salvini richiede un intervento ufficiale di Conte. E pretende di sapere quanto versa l'Italia all'Onu


"Serve una dura presa di posizione di tutto il governo". Matteo Salvini ha ufficilamente scritto al premier Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi per chiedere che respingano al mittente le contestazioni avanzate da sei rapporteurs delle Nazioni Unite formalizzate lo scorso 15 maggio contro il decreto Sicurezza bis. Per il ministro dell'Interno le osservazioni sono indebite invasioni di campo, costruite ad arte in periodo pre elettorale per smontare quella che, tra le altre cose, era solo una bozza e non il decreto deliberato dal Consiglio dei ministri. "Non possiamo essere sottoposti, da parte delle Nazioni Unite, a un giudizio su asserite violazioni dei diritti umani quando proprio il nostro Paese ha esercitato una fortissima azione in Libia", si legge nel documento che coglie l'occasione per chiedere l'ammontare del contributo italiano al bilancio dell'Onu.


La lettera dell'Onu, inviata lo scorso 15 maggio alla Farnesina (leggi qui la versione integrale), è un attacco violentimo al governo italiano e, in modo particolare, a Salvini. Nel documento, che è stato subito strumentalizzato dall'ong "Mediterranea Saving Humans", il titolare del Viminale viene accusato, senza troppi giri di parole, di mettere "a rischio i loro diritti umani, inclusi i richiedenti asilo", di fomentare "il clima di ostilità e xenofobia" e di violare "le convenzioni internazionali". Accuse su cui il vice premier non è disposto a soprassedere. Da qui la richiesta ufficiale a Conte di valutare "la possibilità di assumere un'iniziativa forte ed unitaria che si traduca, nelle forme più opportune, nel ritenere irricevibile la richiesta e di conseguenza astenersi dal fornire un riscontro" ai rilievi avanzati dai sei ultrà dell'immigrazione schierati contro il decreto Sicurezza bis (qui il documento del Viminale).


Che l'attacco delle Nazioni Unite fosse ideologico lo avevamo già dismostrato pubblicando nei giorni scorsi l'elenco dei sei firmatari. Si tratta di veri e propri professionisti dell'immigrazione, sostenitori dei porti aperti e delle ong, ed ex esponenti del Partito democratico. Per questo, nella lettera inviata a Conte, Salvini non si fa problemi a bollare come pretestuose le argomentazioni adotte contro il governo, a maggior ragione "biasimevoli" per il fatto che vengono mosse "censure", peraltro "in un momento politico particolarmente sensibile" come quello immediatamente pre elettorale, nei confronti di un decreto che all'epoca era "ancora in fase di elaborazione" e non era stato nemmeno sottoposto all'esame del Consiglio dei ministri.


Salvini parla anche della "scorrettezza procedurale" riscontrata nella modalità di comunicazione del testo della lettera che è stato, infatti, fatto filtrare sui quotidiani prima ancora che arrivasse al governo gialloverde. Anche questo spinge il vice premier a ritenere che ci si trova davanti a "un'indebita ingerenza nell'attività politica e normativa" dell'esecutivo italiano. Un vero e proprio blitz dettato da "preconcette impostazioni ideologiche e dalla vicinanza a posizioni care ad ambienti e realtà insofferenti al nuovo corso impresso" dal Viminale per contrastare l'immigrazione clandestina.


All'Onu Salvini ricorda indirettamente che "non accettabile" essere accusati di violazioni dei diritti umani quando proprio l'Italia si è schierata in prima linea per riportare la pace in Libia. Un impegno, quello italiano, che si è concretizzatosi, tra le altre cose, "nell'attivazione di specifici corridoi umanitari verso l'Italia". Anche per questo motivo gli uffici del Viminale, d'intesa con la Farnesina, hanno già predisposto "un'articolata risposta alla richiesta di chiarimenti, pronta per essere trasmessa" ai sei firmatari del documento. E, in alternativa alla possibilità di assumere un'iniziativa forte ed unitaria che si traduca nel ritenere irricevibile la richiesta Onu, "solo una dura presa di posizione del governo, che stigmatizzi l'operato dei firmatari, potrebbe accompagnare - conclude il leader del Carroccio - una risposta volta a ribadire con forza la linea strategica assunta nella politica migratoria del Paese".





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Published on May 29, 2019 08:59

May 28, 2019

Flat tax al 15%, debito, lavoro: Salvini vuole riscrivere le regole Ue

Andrea Indini




Il leader leghista lavora a un piano da 30 miliardi per ridurre le tasse a imprese e famiglie. E a Bruxelles dice: "Non è più il tempo delle letterine"


Non lo spaventano né la lettera, che la Commissione europea sta per inviargli, né le nuove turbolenze sui mercati, che hanno portato lo spread a un nuovo rialzo. Matteo Salvini, forte del 34,3% incassato dalla Lega alle elezioni europee, alza la posta in gioco e chiede a Bruxelles di riscrivere tutte le regole che disciplinano quei vincoli che, a detta dei sovranisti, imbavagliano la crescita dei Paesi. "Si sono registrati 300 miliardi di euro di debito in più seguendo le norme, i vincoli negli anni del rigore, dell'europeismo spinto, del montismo e del renzismo", ha denunciato in diretta Facebook invocando "una conferenza" a livello comunitaio "che metta intorno al tavolo tutti i protagonisti della nuova Europa".


La Commissione europea sta già lavorando alla lettera da inviare all'Italia. In quelle pagine chiederà al governo gialloverde di chiarire la posizione sul debito dopo aver violato nel 2018 la regola di riduzione. Il documento potrebbe arrivare sul tavolo del ministro dell'Economia, Giovanni Tria, già questa settimana. Ma Salvini sembra non curarsene troppo. "Ai signori di Bruxelles dico che è finito il tempo delle letterine e dei richiami, del 'sei stato cattivo e finisci dietro la lavagna'...", ha replicato in diretta Facebook rilanciando addirittura la posta in gioco chiedendo "la convocazione di una grande conferenza europea su lavoro, crescita, investimenti, sulla garanzia del debito e sul ruolo delle banche centrali e della Bce". Il suo obiettivo è, appunto, quello di riscrivere tutte le regole. A partire da quella che negli anni passati hanno inchiodato l'Italia al tetto del 3%. "Il numero magico non è il 3, il 2 o il 4 per cento, è il tasso di disoccupazione: finché non scende al 5% abbiamo il diritto di investire", ha rimarcato facendo spallucce ai dem che gli rinfacciavano i ribassi in Borsa e l'ennesimo rialzo del differenziale tra Btp decennali e Bund tedeschi. "Lo spread - gli ha fatto notare - aumenta perché qualcuno ha convenienza che gli italiani siano vincolati alle regole vecchie".


Quella che Salvini ha in mente è una vera e peopria rivoluzione. Ma gli ostacoli per attuarla sono molteplici. E non sono solo politici. Ma a chi in queste ore lo criticava per aver ingaggiato un altro braccio di ferro con la Commissione europea, ha ricordato che negli anni del rigore, quelli in cui governavano i professori e il Partito democratico, "il debito pubblico è cresciuto da 1989 miliardi a 2.321 miliardi del 2018" e "l'Italia ha accumulato 300 miliardi di euro di debito in più" per seguire "le norme di vincoli di bilancio imposto da Bruxelles". Ora è, appunto, arrivato il momento di rimettere al centro il lavoro. Per farlo, però, il governo gialloverde ha bisogno di soldi, molti soldi, e quindi di sforare quei tetti imposti da Bruxelles. Gli serviranno, infatti, almeno 30 miliardi di euro per coprire la riduzione fiscale che ha in mente: una tassa piatta sui redditi delle imprese e delle famiglie almeno fino a 50mila euro. Un piano ardito che il leader del Carroccio intende portare alla conferenza europea sul lavoro. "La nostra proposta sarà che i parametri europei non siano solo quelli freddi della finanza, che non funzionano: mettiamo al centro la disoccupazione".


Salvini è determinato ad andare avanti a testa bassa. Ora che il Movimento 5 Stelle è drammaticamente sceso al 17%, non è più intenzionato a lasciarsi imbrigliare dai vincoli del contratto siglato con Luigi Di Maio un anno fa. E, così, dopo aver blindato Edoardo Rixi, a cui i giustizialisti grillini vorrebbero far fare la stessa fine di Armando Siri, e aver accelerato sul decreto Sicurezza bis, ha messo in chiaro che la flat tax va incardinata quanto prima. Dopo il voto di domenica non ha infatti alcuna intenzione di chiedere "mezza poltrona o mezzo ministro in più" ma di "lavorare velocemente" mettendo in cima all'agenda la riduzione delle tasse. "Se tra un anno saremo stati bravi e cocciuti da fare il contrario di quello che ci ha chiesto l'Europa - ha pronosticato - il debito sarà calato e il pil sarà aumentato".





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Published on May 28, 2019 06:43

May 27, 2019

Migranti, la rivincita di Salvini: la Lega trionfa nelle terre dell'accoglienza

Andrea Indini



Mimmo Lucano

Per mesi Riace ha attaccato Salvini difendendo il modello Riace finito sotto inchiesta. Alle europee gli abitanti hanno però votato in massa la Lega


Per la sinistra, i buonisti delle Ong e la frangia terzomondista della Chiesa Riace è un "modello" planetario delle politiche di accoglienza e integrazione degli immigrati. Per Matteo Salvini è l'esempio di come i progressisti abbiano creato, intorno all'immigrazione clandestina, un vero e proprio business che va contro le leggi dello Stato. Una convinzione, quella del vice premier leghista, che è stata corroborata dall'inchiesta "Xenia" che l'anno scorso aveva scoperchiato il sistema messo in piedi da Mimmo Lucano per far entrare gli stranieri illegalmente nel nostro Paese. Per mesi i vari Roberto Saviano, Laura Boldrini e compagnia cantante hanno sempre difeso il sindaco ultrà dell'accoglienza, ma ieri gli elettori di Riace e di Lampedusa hanno mandato agli ultrà dell'accoglienza un segnale netto votando in massa per la Lega.


Ieri, a Riace, non si votava soltanto per eleggere i deputati da mandare all'Europarlamento di Strasburgo. Il Comune è andato alle urne anche per rinnovare il primo cittadino. Dopo tre legislature, segnate da violenti scontri per sostenere a tutti i costi l'accoglienza degli immigrati e soprattutto da pesanti inchieste che hanno portato almeno una trentina di persone agli arresti, Lucano non si è potuto ripresentare alla guida del Comune. Ha comunque corso come candidato consigliere nella lista "Il Cielo Sopra Riace", che ha come candidato sindaco Maria Spanò, suo ex assessore. Una sfida dai contorni inediti, quella di Lucano, ancora sottoposto al divieto di dimora a Riace dopo il suo coinvolgimento nelle indagini della procura di Locri sulle irregolarità nella gestione dei progetti per l'accoglienza. Nei giorni scorsi la sinistra ha organizzato marce per sostenerlo, la Sapienza lo ha invitato a parlare davanti agli studenti e il Tar ha addirittura ripristinato il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) facendo così tornare a scorrere nelle casse del municipio i finanziamenti pubblici destinati all'accoglienza.


Lucano, che è stato rinviato a giudizio proprio nelle scorse settimane, si è dovuto recare davanti ad un funzionario dell'ufficio elettorale del Comune di Stignano, centro che dista pochi chilometri da Riace, per formalizzare gli adempimenti burocratici legati alla sua candidatura a consigliere comunale. "Riace ha potuto trasmettere al mondo un messaggio di umanità che resterà per sempre. Questo è quello che ci rende orgogliosi", ha detto l'ex sindaco nei giorni scorsi quando dopo otto mesi era rientrato in paese. "Sono qui - ha continuato - anche per chiedere scusa degli errori che ho potuto fare, perché operando si può sbagliare". In realtà, Lucano non ha mai fatto mea culpa per aver violato un'infinità di leggi per far arrivare in Italia gli immigrati che non aveva le carte in regola restare.


Per Lucano è stata una doppia scoppola. Alle comunali i riacesi hanno bocciato la Spanò (qui i risultati) e premiato Antonio Trifoli, un simpatizzante della Lega nella cui lista c'era anche il dirigente cittadino dei salviniani, Claudio Falchi. D'altra parte, qualche giorno fa, parlando proprio delle "disavventure" giudiziarie di Lucano, Salvini aveva fatto notare ai cronisti che quando va in Calabria la gente gli chiede "più lavoro, non più immigrati". E anche per le europee dal piccolo paese della Locride il messaggio è arrivato chiaro: la Lega ha, infatti, incassato il 30,75% (qui i risultati). Una percentuale impressionante che, però, impallidisce se confrontata con quanto il partito del ministro dell'Interno ha incassato a Lampedusa. Nell isola "frontiera d'Europa", evocativo simbolo degli sbarchi, il Carroccio ha, infatti, incassato quasi il 46% delle preferenze doppiando il Pd che si è fermato al 21%. Dei 1.361 consensi espressi, ben 410 sono andati al vice premier leghista. "È il segno che la richiesta di un'immigrazione limitata e controllata non è solo un capriccio di Salvini - ha rivendicato il capitano - ma la chiedono gli italiani ed è una delle prime battaglie che andremo a vincere nella nuova Europa". Con buona pace di Lucano che per mesi è andato in giro a dire che era il male assoluto.





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Published on May 27, 2019 08:58

Ecco come Salvini ha asfaltato buonisti, vescovi e radical chic

L'exploit della Lega a Riace, Lampedusa e Capalbio è la sconfitta della sinistra radical chic che gridava al fascismo. Così Salvini li ha sconfitti






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Andrea Indini







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Published on May 27, 2019 05:39

Migranti, la rivincita di Salvini: a Riace il Carroccio vola oltre il 30%

Andrea Indini



Mimmo Lucano

Per mesi Riace ha attaccato Salvini difendendo il modello Riace finito sotto inchiesta. Alle europee gli abitanti hanno però votato in massa la Lega


Per la sinistra, i buonisti delle Ong e la frangia terzomondista della Chiesa Riace è un "modello" planetario delle politiche di accoglienza e integrazione degli immigrati. Per Matteo Salvini è l'esempio di come i progressisti abbiano creato, intorno all'immigrazione clandestina, un vero e proprio business che va contro le leggi dello Stato. Una convinzione, quella del vice premier leghista, che è stata corroborata dall'inchiesta "Xenia" che l'anno scorso aveva scoperchiato il sistema messo in piedi da Mimmo Lucano per far entrare gli stranieri illegalmente nel nostro Paese. Per mesi i vari Roberto Saviano, Laura Boldrini e compagnia cantante hanno sempre difeso il sindaco ultrà dell'accoglienza, ma ieri gli elettori di Riace gli hanno mandato un segnale netto votando in massa per la Lega.


Ieri, a Riace, non si votata soltanto per eleggere i deputati da mandare all'Europarlamento di Strasburgo. Il Comune è andato alle urne anche per rinnovare il primo cittadino. Dopo tre legislature, segnate da violenti scontri per sostenere a tutti i costi l'accoglienza degli immigrati e soprattutto da pesanti inchieste che hanno portato almeno una trentina di persone agli arresti, Lucano non si è potuto ripresentare alla guida del Comune. Ha comunque corso come candidato consigliere nella lista "Il Cielo Sopra Riace", che ha come candidato sindaco Maria Spanò, suo ex assessore. Una sfida dai contorni inediti, quella di Lucano, ancora sottoposto al divieto di dimora a Riace dopo il suo coinvolgimento nelle indagini della procura di Locri sulle irregolarità nella gestione dei progetti per l'accoglienza. Nei giorni scorsi la sinistra ha organizzato marce per sostenerlo, la Sapienza lo ha invitato a parlare davanti agli studenti e il Tar ha addirittura ripristinato il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) facendo così tornare a scorrere nelle casse del municipio i finanziamenti pubblici destinati all'accoglienza.


Lucano, che è stato rinviato a giudizio proprio nelle scorse settimane, si è dovuto recare davanti ad un funzionario dell'ufficio elettorale del Comune di Stignano, centro che dista pochi chilometri da Riace, per formalizzare gli adempimenti burocratici legati alla sua candidatura a consigliere comunale. "Riace ha potuto trasmettere al mondo un messaggio di umanità che resterà per sempre. Questo è quello che ci rende orgogliosi", ha detto l'ex sindaco nei giorni scorsi quando dopo otto mesi era rientrato in paese. "Sono qui - ha continuato - anche per chiedere scusa degli errori che ho potuto fare, perché operando si può sbagliare". In realtà, Lucano non ha mai fatto mea culpa per aver violato un'infinità di leggi per far arrivare in Italia gli immigrati che non aveva le carte in regola restare.


Lo spoglio per il Comune inizierà nel pomeriggio (qui i risultati), ma un'indicazione gli abitanti di Riace l'hanno già data. Ieri alle elezioni europee hanno, infatti, votato in massa la Lega. D'altra parte, qualche giorno fa, parlando proprio delle "disavventure" giudiziarie di Lucano, Salvini aveva fatto notare ai cronisti: "Quando vado in Calabria la gente mi chiede più lavoro, non più immigrati". E, infatti, ieri il 30,75 degli abitanti di Riace ha votato il Carroccio (qui i risultati). Con buona pace di Lucano che per mesi è andato in giro a dire che il ministro dell'Interno è il male assoluto.





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Published on May 27, 2019 01:04

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