Andrea Indini's Blog, page 90
July 5, 2019
Sea Eye, Salvini inchioda Berlino: "L'Italia non è l'hotspot della Ue"

La lettera di Salvini a Seehofer
L'ong tedesca recupera 65 migranti in Libia e fa rotta verso l'Italia. Salvini dispone il blocco: "Li prenda la Germania"
Un'altra ong ha recuperato illegalmente altri 65 immigrati clandestini al largo della Libia e si prepara a ingaggiare un nuovo braccio di ferro con le autorità italiane. Si tratta della Sea Eye, un'altra organizzazione non governativa tedesca, proprio come la Sea Watch. Questa mattina ha lanciato ai governi di Malta, Italia e Libia un appello per la presa in carico dei migranti. Ma l'operazione della "Alan Kurdi", questo il nome dell'imbarcazione messa in mare, non ha seguito il diritto internazionale. Tanto che il Viminale ha già predisto il divieto di ingresso in acque territoriali italiane e Matteo Salvini ha scritto al suo omologo tedesco Horst Seehofer per invitarlo a farsi carico del problema.
Lo schema è lo stesso usato dalla Sea Watch 3, capitanata da carola Rackete, per anticipare l'intervento della Guardia costiera libica e portare gli immigrati in Europa. Secondo quanto riferito dalla Sea Eye, il gommone "soccorso" questa mattina aveva un motore funzionante e sufficiente carburante, ma gli occupanti non avevano a disposizione telefoni satellitari o Gps. "Senza alcuna conoscenza nautica e senza telefoni, il loro destino era segnato", ha giustificato Gorden Isler della "Alan Kurdi", battezzata in ricordo del bambino siriano trovato morto nel 2015 su una spiaggia turca e la cui foto fece il giro del mondo. Si è così riaperto il teatrino sul "porto sicuro" verso cui far rotta. L'ong punta ad attraccare in Italia o, alla peggio, a Malta. Ma da Roma è già arrivato un secco "no". "La nave potrà fare rotta verso la Tunisia o verso la Germania", sbottano al ministero dell'Interno che, nelle ultime settimane, sono stati alle prese con l'assalto della Sea Watch al porto di Lampedusa. Anche in questo caso, la posizione del governo italiano coincide perfettamente con quella di Malta, "due Paesi che stanno subendo, ormai da anni, l'indifferenza e l'incapacità dell'Unione europea".
I porti italiani restano, dunque, chiusi. Il Viminale ha subito predisposto il divieto di ingresso in acque territoriali italiane, mentre Salvini ha scritto a Seehofer invitandolo apertamente ad assumere le necessarie iniziative "con urgenza" (leggi il documento). "Dall'evolversi della situazione - gli ha fatto notare - si tratta dell’oramai consueto modus operandi esercitato dalle imbarcazioni di ong nel Mediterraneo che, conducendo operazioni in aree marittime di competenza di altri Paesi, si dirigono successivamente per lo sbarco verso le coste italiane". Contro questa strategia il leader leghista ha iniziato a battersi da quando è arrivato al Viminale, senza però avere aulcun supporto da Bruxelles e dagli altri Stati membri dell'Unione europea. Come sempre, infatti, l'Italia è stata e continua ad essere lasciata sola nel risolvere l'emergenza dell'immigrazione clandestina. "Pur continuando a rispettare la normativa sovranazionale e a difendere responsabilmente le frontiere europee a beneficio di tutti gli Stati Membri dell'Unione - scrive il ministro dell'Interno - non intendiamo più essere l'unico hotspot d'Europa".
Già per i 53 immigrati portati a forza dalla Sea Watch in Italia, Berlino non aveva mosso un dito. Anzi proprio Seehofer si era messo di traverso quando alcuni sindaci tedeschi si erano offerti a fare la propria parte e accoglierli. Ora Salvini si aspetta che non faccia altrettanto con la "Alan Kurdi". "Assicurate alle persone a bordo il rapido sbarco in apposito luogo", scrive Salvini nella lettera sottolineando che il luogo non potrà essere l'Italia, "neppure ai fini di una prima accoglienza, in vista di una successiva, ipotetica operazione di redistribuzione" dei 65 clandestini a bordo della stessa nave "verso altri Stati". Come ricorda lo stesso vicepremier leghista, il quadro normativo in vigore prevede che lo Stato di bandiera sia responsabile delle operazioni in mare e dell'individuazione di un approdo per la nave. "Qualsiasi eventuale deterioramento della situazione a bordo - fa quindi notare - non potrà non ricadere nell'esclusiva responsabilità dello Stato di bandiera e del Comandante e dell’equipaggio della Alan Kurdi". La Germania è avvisata.
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July 3, 2019
La gip che apre i porti alle ong
Ecco perché la decisione del gip Vella è un rischio per tutto il Paese
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Andrea Indini

Il gip di Agrigento Alessandra Vella (foto da AgrigentoNotizie.it)
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Carola Rackete
Alessandra Vella
Il colpo di spugna del gip su Carola rafforza gli ultrà dell'immigrazione

La decisione del gip Vella è una resa alla pirateria, un assist alle ong che sono tornate in mare. Esultano i buonisti e gli scafisti
È la resa alla pirateria, alle ong che favoriscono l'immigrazione clandestina, ai comandanti disobbedienti che calpestano le nostre leggi. Il gip Alessandra Vella ha rimesso in libertà Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3 che ha forzato il blocco dei porti italiani per far sbarcare a Lampedusa 40 migranti recuperati al largo della Libia. Un colpo di spugna che rafforza i talebani dell'immigrazione e gli ultrà dell'accoglienza perché, oltre a non convalidare l'arresto, il magistrato ha anche escluso il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, ritenendo che la scelta della capitana sia giustificata dall'avere agito "all'adempimento di un dovere", quello di salvare vite umane in mare. E, mentre Matteo Salvini accusa la giudice di agire per interessi politici, i fan delle ong scendono in piazza a festeggiare.
L'intero caso Sea Watch è un precedente pericolosissimo che di fatto arma tutte le altre ong che in queste ore stanno tornando a solcare il Mar Mediterraneo. Dopo un anno di lotta all'immigrazione clandestina, segnata dagli ottimi risultati incassati con la chiusura dei porti italiani, il blitz della Rackete e il buonismo delle toghe sono il lasciapassare per nuove incursioni contro l'Italia. Tanto che la stessa ong tedesca ha fatto sapere che, pur avendo la Sea Watch 3 sotto sequestro nel porto di Licata, è pronta a mettere in mare un'altra imbarcazioni. E non sono gli unici. Nei giorni scorsi la "Alan Kurdi" della tedesca Sea Eye e la "Open Arms" dalla spagnola Proactiva Open Arms hanno ripreso a pattugliare le acque davanti alla Libia e hanno già effettuato la prima operazione di recupero. A queste si è aggiunta, ieri, anche Mediterranea Saving Humans che, non potendo usare la Mare Jonio, ha deciso rimesso in mare la propria barca di appoggio, la "Alex". La decisione del gip Vella è per tutti questi talebani dell'accoglienza un via libera a calpestare le nostre leggi, un invito a venire in Italia con la certezza che, per quanto Salvini chiuda i porti o stringa le corde, troveranno sempre un magistrato pronto a perdonar loro qualsiasi tipo di reato.
Mentre le ong organizzano nuove scorribande, i buonisti di sinistra stappano bottiglie di champagna inneggiando alla nuova eroina. In prima fila c'è Gad Lerner che su Repubblica parla di "disfatta della politica di Salvini" e ringrazia il gip Vella per aver "restituito al nostro Paese una onorabilità che rischiava di perdere di fronte ai suoi partner europei". Su Twitter Fabio Fazio scrive che "non si possono arrestare le conquiste di una intera Civiltà che proprio il mare ha costruito e fatto crescere". Vauro si dice orgoglioso di essere italiano "nonostante epidemia di cinismo sadico". A Massimo Cacciari, invece, la decisione del gip non basta e all'Adnkronos confida che "ormai siamo alla vigilia della totale barbarie". Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando arriva addirittura a chiedere ai magistrati di accertare se il ministro dell'Interno "ha commesso un illecito nell'impedire l'adempimento del dovere. È la fiera dell'anti salvinismo più bieco, dove emerge tutto l'odio della sinistra per il leader leghista. Si mettono tutti in coda per pestare duro. Ci sono anche tutti i dem che la scorsa settimana sono saliti sulla Sea Watch 3 a scattarsi qualche selfie. I clandestini, che non sono ancora partiti per l'Italia, ringraziano. E con loro anche gli scafisti che sognano un'estate ricca di partenze.
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July 2, 2019
Migranti, Sea Watch attacca: metterà in mare un'altra nave

La Sea Watch 3 è sotto sequestro ed è stata portata al porto di Licata. Ma la Ong è pronta a tornare a recuperare i migranti con un'altra nave
La nave Sea Watch 3 sta lasciando Lampedusa, quando i vertici dell'ong tedesca lanciano una nuova sfida allo Stato italiano e all'Unione europea. In risposta alla decisione della procura di Agrigento di mettere sotto sequestro l'imbarcazione, dopo che la comandante Carola Rackete ha fatto sbarcare con la forza i migranti recuperati al largo delle coste libiche, vogliono infatti mettere in mare, al più presto, un altro natante "per la ricerca e il soccorso di migranti in difficoltà nel Mediterraneo".
A distanza di un anno, da quando Matteo Salvini ha chiuso i porti italiani, le ong stanno riprendendo l'assalto delle nostre coste. Nei giorni scorsi, la nave "Alan Kurdi" della tedesca Sea Eye e la "Open Arms" dalla spagnola Proactiva Open Arms hanno infatti ripreso a pattugliare il Mar Mediterraneo e hanno già effettuato la prima operazione di recupero che gli ha permesso di portare una quarantina di immigrati a Lampedusa. In queste ore, poi, si è aggiunta anche Mediterranea Saving Humans che, non potendo usare la Mare Jonio, da settimane sotto sequestro al porto di Licata, ha deciso di rimettere in mare la propria barca di appoggio, la "Alex", che, pur non essendo attrezzata per le operazioni di "search and rescue", raggiungerà l'area "Search and rescue" (Sar) libica per affincare le altre imbarcazioni che si trovano sul posto.
Lo stop dei giudici non sembra fermare nemmeno la Sea Watch. Questa mattina la grossa imbarcazione da 600 tonnellate, capitanata nei giorni scorsi dalla comandante Rackete, ha mollato gli ormeggi e, scortata dalle motovedette della Guardia di Finanza, ha raggiunto il porto di Licata (in provincia di Agrigento) dove resterà sotto sequestro per consentire ulteriori accertamenti tecnici della procura. "Continueremo a fare in modo che siano rispettati i diritti umani nel Mediterraneo, se necessario con una nuova nave se la nostra (Sea Watch 3, ndr) resta ancora sotto sequestro", ha detto Ruben Neugebauer, uno dei responsabili dell'organizzazione, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Berlino. La Sea Watch e le altre organizzazioni non governative hanno raccolto "oltre un milione" di euro per coprire le spese legali di Rackete. "Ora - ha dichiarato Neugebauer - abbiamo l'appoggio finanziario necessario per continuare a lavorare".
Al Viminale l'imput è di mantenere la linea dura. "Open Arms è una nave spagnola e se cercherà di entrare nelle acque italiane avrà lo stesso trattamento della Sea Watch", ha messo in chiaro Salvini. Lo stesso discorso vale anche per tutte le altre ong che si sono rimesse i mare. Per questo è al vaglio anche un pacchetto di emendamenti al decreto Sicurezza bis per stringere ulteriormente i cordoni. "Dobbiamo fare in modo che le navi che provocano il nostro Paese, compromettendo anche la sicurezza delle nostre forze dell'ordine com'è accaduto in questi giorni, restino in dotazione allo Stato italiano", ha spiegato il leader leghista nelle scorse ore. "Se entri nelle nostre acque violando la legge - ha proseguito - perdi definitivamente l'imbarcazione, senza attenuanti e multe che incidono ben poco". Se poi le forze armate, la capitaneria o i corpi di polizia lo vorranno, il vice premier è anche disposto a dar a loro le navi confiscate.
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I pirati dei centri sociali tornano in mare: la "Alex" in cerca di migranti

Dopo il questro della Mare Jonio, Mediterranea Saving Humans mette in mare un'altra barca: si dirigono verso la Sar libica per recuperare altri migranti
I pirati dei centri sociali tornano in mare. Dopo il sequestro della Mare Jonio, bloccata al porto di Licata sulla stessa banchina a cui era attraccata la Sea Watch prima del dissequestro, la ong italiana "Mediterranea Saving Humans" è pronta a sfidare nuovamente il ministro dell'Interno Matteo Salvini. "Siamo partiti, torniamo in mare", annunciano con toni trionfalistici Luca Casarini e compagni mentre la loro barca di appoggio, la Alex, sta già navigando verso l'area Safe and rescue (Sar) della Libia. L'obiettivo (dichiarato) è andare a recuperare altri clandestini per portarli nei porti italiani tentando il blitz come Carola Rackete per mettere nuovamente in difficoltà il Viminale.
"Non è sequestrando una nave che si possono fermare Mediterranea e la sua missione". La sfida di "Mediterranea Saving Humans", l'ong nata nell'estate del 2018, quando Casarini ha radunato attorno a sé alcuni esponenti dei centri sociali veneti e dell'associazionismo rosso, torna a farsi sentire proprio mentre il governo è alle prese con il violentissimo attaccato di Sea Watch alla sovranità nazionale. Non è l'unica organizzazione non governativa ad aver ripreso il largo: subito dopo l'assalto della capitana, la nave "Alan Kurdi" della tedesca Sea Eye e la "Open Arms" dalla spagnola Proactiva Open Arms hanno infatti ripreso a pattugliare il Mar Mediterraneo alla ricerca di migranti da recuperare prima che vengano avvistati dalla Guardia costiera libica. Entrambe le imbarcazioni sono, infatti, ben visibili sul sito MarineTraffic e una di queste, la Open Arms, ha già intercettato un primo barcone con una quarantina di disperati a bordo.
L'assalto è, insomma, ripreso. Ed è, in un certo qual modo, la "vittoria" della Sea Watch che, con il suo ultimo blitz, è riuscita a sfondare (anche fisicamente) il blocco imposto dal Viminale. La comandante e l'equipaggio ne pagheranno le conseguenze (anche penali) ma nel frattempo i talebani sono tornati a solcare i nostri mari. La "Mediterranea Saving Humans" non può più contare sulla Mare Jonio né sui comandanti, che la dirigevano e che, proprio come la Rackete, ora sono indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sono così partiti con quella che fino a ieri era la loro barca di appoggio, la Alex. "Stiamo navigando per portare avanti la nostra missione", spiega la ong stessa che, oltre a "prestare il primo soccorso", si ripropone di "monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani in un mare che i governi europei hanno trasformato in un cimitero deserto". Un'azione politica, dunque, finanziata da Banca Etica, che per i centri sociali aveva aperto una prima linea di credito di 465mila euro, e dai buonisti che continuano a versargli soldi in beneficenza.
L'obiettivo della "Alex", che non è attrezzata per le operazioni di "search and rescue", è raggiungere la cosiddetta Sar libica e affiancare Open Arms e Sea Eye nelle operazioni di recupero. "È una zona controllata da milizie colluse coi trafficanti di esseri umani, legittimati dalle politiche italiane e dell'Unione europea", dicono. Ma la verità è un'altra. Perché, esattamente come la Sea Watch, se ne infischiano di riportare i clandestini nel porto sicuro più vicino (la Tunisia) e tirano dritto verso l'Italia. Per finanziare l'ennesima operazione buonista, l'ong italiana ha aperto sul proprio sito un nuovo crowdfunding che scadrà fra un paio di settimane. Ad oggi sono stati già raccolti 812.817 euro e 50 centesimi. Ma stare in mare costa. E Casarini continuerà a crcare fondi per finanziare la sua personale battaglia contro Salvini.
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July 1, 2019
"Barriere nei punti più critici". Ecco il piano per blindare il confine a Est

Non un muro di 243 km, ma barriere per bloccare i sentieri più battuti lungo il confine sloveno. Al vaglio del Viminale anche l'uso di droni e l'apertura di un hotspot
Non sarà un muro di 243 chilometri. È impossibile da progettare, figuiramoci da costruire. L'ipotesi - perché ancora di un'ipotesi si tratta - è di costruire "barriere nei punti più critici", senza quindi blindare l'intero confine italo-sloveno. Della fattibilità di questo piano, che ricalca il modello attuato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump lungo la frontiera messicana, il governatore del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, ne parlerà mercoledì prossimo in un incontro con il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sull'emergenza immigrazione nell'Est Italia. Sul tavolo del Viminale per fermare gli ingressi illegali, però, non c'è solo l'ipotesi di costruire un "muro", ma anche la sospensione del Trattato di Schengen e l'apertura di un nuovo hotspot.
I primi passi per un maggiore presidio del territorio sono già stati fatti l'anno scorso quando Salvini ha deciso di rafforzare la presenza di forze dell'ordine lungo il confine e di implementare i controlli. Da oggi, poi, sono iniziati i pattugliamenti misti tra la Polizia di frontiera italiana e le forze dell'ordine slovene. Come anticipavamo già nei giorni scorsi, l'obiettivo del Viminale è tenere sotto controllo la fascia confinaria delle provincie di Trieste e Gorizia, sul versante italiano, e di Koper e Nova Gorica, su quello sloveno. Lì ci sono sentieri generalmente poco battuti da cui continuano a permeare immigrati clandestini (guarda il video) che puntano a raggiungere il nostro Paese. "Si parla di un' ottantina di persone al giorno ma è un numero difficile da stabilire - spiega Fedriga in una intervista a Libero - ci sono giorni in cui ne arrivano 100, altri in cui non ne arriva nessuno". Si tratta soprattutto di afgani e pachistani che decidono di percorrere la rotta balcanica per entrare in Europa. Nei giorni scorsi dal governo sloveno avevano fatto trapelare che si aspettano "un'intensificazione dei flussi" già "nei prossimi mesi". D'altra parte, come spiegava Fausto Biloslavo sul Giornale, in Bosnia sono bloccati almeno 6mila immigrati che da un momento all'altro potrebbero decidere di riprendere il cammino verso il Belpese.
Qualora i pattugliamenti misti non dovessero bastare, Salvini e Fedriga sono disposti a mettere sul tavolo tutte le opzioni possibili. Già ora le stanno vagliando per non farsi cogliere impreparati. Quella di costruire un "muro" lungo il confine a Est è sicuramente una di queste. Ma non si tratterà di una struttura che blinda tutti i 243 chilometri che dividono l'Italia dalla Slovenia. "Su quel numero c'è stata molta licenza poetica da parte del giornalista", ha spiegato lo stesso governatore a In mezz'ora in più anticipando che l'idea è piuttosto di costruire "barriere nei punti più critici". Proprio come stanno facendo Trump al confine tra gli Stati Uniti e il Messico o Viktor Orban al confine tra l'Ungheria e la Serbia. "Sarebbe solo l'extrema ratio", ha poi puntualizzato. Prima, infatti, puntano a fermare gli ingressi con gli uomini sul campo. Saranno supportati dalle nuove tecnologie come i visori notturni, che ne faciliteranno il lavoro anche al buio (guarda il video), e i droni, che permetteranno loro di avere una visione complettiva dell'intera area e stanare chi si nasconde tra i boschi.
All'attavità di controllo e constrato, la Lega sta già pensando di affiancare anche l'apertura di un nuovo hotspot per i rimpatri. I soli centri che Fedriga è disposto a concedere sono quelli in cui gli immigrati non possono uscire e, quindi, "dileguarsi in clandestinità". Il modello che ha in mente è il centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gradisca d'Isonzo. "Ma anche qui lo sforzo maggiore deve farlo l'Europa - mette in chiaro nell'intervista a Libero - deve applicare quegli accordi bilaterali con Paesi come il Pakistan che al momento non riconoscono i propri cittadini che entrano illegalmente da noi". All'incontro di venerdì prossimo Salvini potrebbe già mettere sul piatto un po' di risorse per finanziare i rimpatri. È la risposta migliore all'immobilismo di Bruxelles che decide sistematicamente di non affrontare l'emergenza immigrazione.
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June 29, 2019
Il Viminale smonta la capitana: "Nessun migrante stava male"

Rackete ha forzato il blocco delle motovedette invocando lo "stato di necessità" per i 40 migranti a bordo. In realtà stavano tutti bene: così il Viminale smonta le sue bugie
Quello che ha raccontato Carola Rackete quando è scesa dalla Sea Watch 3 non corrisponde affatto alla verità. Per giustificare la folle manovra, che ha portato l'imbarcazione dell'ong tedesca nel porto di Lampedusa speronando una motovedetta della Guardia di Finanza, la capitana ha invocato lo "stato di necessità" per i quarantun immigrati clandestini che si trovavano a bordo. In realtà, come confermano fonti del Viminale al Giornale.it, nessuno di loro stava male. "Resta quindi da capire a cosa si riferisse l'ong per giustificare l'attracco non autorizzato", ci spiegano.
La situazione è precipitata la notte scorsa quando la Rackete ha deciso di forzare il blocco delle motovedette. Intorno all'1.50 la nave della ong tedesca, battente bandiera olandese, è entrata nel porto commerciale di Lampedusa (guarda il video). Subito dopo è salita a bordo la Guardia di Finanza e, intorno alle 3 di notte, la capitana è stata portata via in stato d'arresto co l'accusa di violazione dell'articolo 1100 del codice della navigazione, che richiama il comportamento del comandante o dell'ufficiale che commetta atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale, ed è punibile con la reclusione da tre a dieci anni. "Entrare nel porto di Lampedusa anche senza le autorizzazioni è stata una decisione dell'equipaggio della Sea Watch e non solo della capitana", ha detto l'avvocato dell'ong tedesca, Leonardo Marino. "Siamo orgogliosi del nostro capitano, ha agito nel modo giusto. Ha insistito sulla legge del mare e ha portato la gente al sicuro", ha fatto eco il ceo della Sea Watch, Johannes Bayer.
Nelle prossime ore gli inquirenti accerteranno sicuramente cosa è successo durante le procedure di attracco, quando la motovedetta della Guardia di finanza si è accostata al molo mentre la nave della ong continuava ad avvicinarsi all'unità militare fino a speronarla. Nel frattempo, però, il Viminale ha già accertato che lo "stato di necessità" invocato dalla Rackete non aveva alcuna fondamenta. "Nessuno dei 41 immigrati scesi dalla Sea Watch presenta malattie o problemi particolari come scabbia o disidratazione", fanno sapere fonti del Viminale asicurando, tra le altre cose, che tutte le persone che si trovavno a bordo "sono stati rifocillati" e "hanno passato una notte serena". Per nessuno di loro è stato, dunque, disposto alcun accertamento specifico né il trasferimento in elisoccorso verso l'ospedale di Palermo. La notizia non sembra sorprendere il ministero dell'Interno che probabilmente si aspettava che lo stato di salute degli extracomunitari non fosse al centro delle preoccupazioni della capitana. I malati e i bambini con i loro accompagnatori erano stati già fatti scendere a terra nei giorni scori con il via libera del governo italiano. "Resta quindi da capire a quale 'stato di necessita" si riferisse la ong - si chiedono le stesse fonti - per giustificare l'attracco non autorizzato con speronamento della motovedetta della Guardia di Finanza".
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La sinistra italiana odia l'Italia e spalleggia i pirati di Sea Watch
Pur di andare contro Salvini, la sinistra sale sulla Sea Watch e difende la capitana che sperona la Gdf. E così fa solo il male del nostro Paese
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spalleggia i pirati di Sea Watch
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June 28, 2019
I tedeschi difendono Carola e insultano i "plebei" italiani

Il quotidiano Bild si schiera con la capitana della Sea Watch, attacca Salvini e definisce gli italiani "plebaglia"
Ora scende in campo pure la stampa tedesca. Nel braccio di ferro tra la Sea Watch e Matteo Salvini non poteva, infatti, mancare l'entrata a gamba tesa della solita Bild. A questo giro, per attaccare il nostro governo, è finita per insultare tutti gli italiani. Non che sia la prima volta. Ma le parole che ha scelto per trattare l'argomento sono violentissime. Ci ha difiniti "Pöbel". Che significa, grosso modo, plebe, pleabaglia, marmaglia. E non si è limitata a questo. Nell'articolo firmato da Albert Link e Nicholas Scharlak ha anche difeso a spada tratta l'ong, che da anni ci scarica immigrati clandestini sulle nostre coste, e la capitana Carola Rackete che ha forzato il blocco del Viminale entrando illegalmente nelle acque territoriali italiane e facendo carta straccia delle nostre leggi.
La Sea Watch è un'organizzazione non governativa tedesca con sede a Berlino e ad Amburgo. La stessa comandante è tedesca. Eppure la cancelliera Angela Merkel si è guardata bene dall'intervenire in questo durissimo attacco al nostro Paese. Solo il ministro dell'Interno Horst Seehofer è intervenuto. Ma lo ha fatto per mettere a tacere quei sindaci progressisti che si erano offerti di ospitare i 43 immigrati clandestini caricati a bordo della nave guidata dalla Rackete. Non una parola è stata spesa per condannare la forzatura del blocco né un solo minuto è stato speso, a livello europeo, per cercare di risolvere la situazione. E, mentre lo stallo continua, ci troviamo pure a doverci sorbire le invettive della Bild. Nell'articolo Pöbel-Attacke gegen deutsche Kapitänin (L'attacco della plebaglia alla capitana tedesca) il quotidiano se la prende, in primis, con Salvini accusandolo di stare tanto sui social e di lavorare poco e lo accusa di attaccare i migranti per ottenere il consenso degli italiani.
Di per sé l'articolo della Bild è un riassunto dell'estenuante braccio di ferro a cui la Rackete sta obbligando il governo italiano. Ovviamente, non si tratta di un resoconto oggettivo. Basti pensare che le fonti a cui attinge il quotidiano tedesco sono Repubblica e Roberto Saviano. Dei reati commessi dal capitano della Sea Watch 3 non c'è la benché minima ombra. Anzi, arriva addirittura a incensarla per il suo impegno in mare. E nel farlo ricorda i motivi che l'hanno spinta a farlo: "Sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto, ho sentito l'obbligo morale di aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità". Per i due giornalisti tedeschi, che non hanno mancato di criticare Salvini per "la linea dura contro i rifugiati" e "la chiusura dei porti alle navi di soccorso", le sue ragioni (come anche quelle della stessa ong) vanno prese sul serio e difese.
Dal canto suo Salvini ha risposto a questo attacco verbale con una emoticon su Twitter. E ha invitato i tedeschi a riprendersi le loro Ong e a lasciar in pace l'Italia e gli italiani. Resta nero su bianco quel "Pöbel" nel titolo. Un termine a dir poco dispregiativo che dovrebbe indignare anche quei progressisti italiani che in questi giorni si sono schierati al fianco della capitana tedesca. Da Berlino ci vedono come della "plebablia", ma sono loro le vere canaglie che ancora una volta ci stanno scaricando addosso un'emergenza tutta europea e lo stanno facendo infrangendo un'infinità di leggi (italiane e internazionali).
Giornali tedeschi insultano gli Italiani e il governo... Riprendetevi le vostre ONG e lasciateci in pace pic.twitter.com/LtlqXR01Px
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 28 giugno 2019
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Salvini blinda il confine a Est: pattugliamenti per fermare i clandestini

Da lunedì partiranno i servizi di pattugliamento misto: polizia italiana e slovena sul campo per fermare gli ingressi illegali
I fronti aperti sono diversi. E Matteo Salvini si prepara a combatterli contemporaneamente. Mentre a Lampedusa è alle prese con il caso della Sea Watch, ha dato il via libera a intensificare i controlli lungo il confine italosloveno dove, attraversi sentieri generalmente poco battuti, continuano a permeare immigrati clandestini (guarda il video). A partire da lunedì prossimo, come annunciato oggi dal Viminale, partiranno quindi i servizi di pattugliamento misto tra la Polizia di frontiera italiana e le forze dell'ordine slovene. L'obiettivo è, appunto, tenere sotto controllo la fascia confinaria delle provincie di Trieste e Gorizia, sul versante italiano, e di Koper e Nova Gorica, su quello sloveno.
Nei giorni scorsi Salvini aveva già fatto trapelare qualcosa. "Se non si riuscisse a interrompere il flusso d'ingresso via terra dalle frontiere orientali non escludiamo alcun tipo di intervento compreso quello di barriere fisiche". Nelle ultime settimane si erano, infatti, moltiplicati i gruppi di immigrati clandestini beccati dalle nostre forze dell'ordine dopo aver varcato illegalmente il confine. Sono tutti disperati che battono la rotta balcanica per raggiungere il nostro Paese e poi spingersi nel cuore dell'Europa. Per il momento si tratta di numeri ancora contenuto ma, come spiegava nei giorni scorsi Fausto Biloslavo sul Giornale, in Bosnia sono bloccati almeno 6mila immigrati che da un momento all'altro potrebbero decidere di riprendere il cammino verso il Belpese. "Ci aspettiamo un'intensificazione dei flussi nei prossimi mesi", confermano dal governo sloveno. Per evitare un'altra ondata, come era stato nel 2015, al Viminale si sono messi subito a lavorare a un piano d'azione che servirà a blindare la frontiera est e che prevede, in casi estremi, anche di usare grate metalliche, filospinato, droni e hotspot.
"Passiamo dalle parole ai fatti", spiega Salvini che in queste ore è impiegato a gestire l'assalto del capitano della Sea Watch, Carola Rackete. "Dopo aver chiuso i porti, riducendo gli sbarchi dell'85 per cento rispetto a un anno fa, ora sigilliamo le frontiere a est - spiega - dimostra la serietà delle nostre intenzioni: collaborare con altri paesi europei per fermare l'immigrazione clandestina è possibile". Presto il titolare del Viminale incontrerò il governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, per studiare "ulteriori soluzioni". Nel frattempo, però, il personale della Polizia di frontiera italiana e slovena inizieranno già a operare sul territorio per evitare nuovi ingressi illegali. "Il protocollo sottoscritto nei giorni scorsi tra i direttori dell'Immigrazione e delle Frontiere dei due paesi - fanno sapere al Giornale.it fonti del Viminale - si fonda sulle positive esperienze di analoghe forme di cooperazione transfrontaliere già avviate dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, con le Autorità di Polizia di altri paesi confinari quali l'Austria, la Svizzera e la Francia". L'accordo consentirà di rafforzare attività di contrasto all'immigrazione irregolare lungo la cosiddetta "rotta balcanica" che, da qualche tempo, è interessata da una ripresa dei flussi migratori che, attraverso la Bosnia Herzegovina, la Croazia e la Slovenia, giungono appunto in Friuli-Venezia Giulia.
Per il momento il Viminale proverà a bloccare gli ingressi attraverso i servizi di pattugliamento misto, ma non è detto che in futuro non possa adottare misure più dure. Come appunto l'ipotesi di mettere in piedi una "barriera fisica" lungo il confine. D'altra parte è stato lo stesso Salvini a rivelare che ha già "dato mandato agli uffici di studiare tutte le soluzioni legalmente consentite". Il modello a cui guarda è il "muro" costruito dal premier ungherese Viktor Orbàn per arginare la stessa rotta balcanica. Il messaggio che è partito dal ministero dell'Interno è, dunque, chiaro. E l'obiettivo è ottenere gli stessi risultati incassati con la chiusura dei porti.
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