Andrea Indini's Blog, page 192
January 10, 2013
Due attivisti gay nelle liste di Monti: il Prof è sempre più vicino a Bersani
Ancora una volta è stato Silvio Berlusconi a sparigliare i giochi. È bastata una dichiarazione sulle coppie di fatto per riaprire l'acceso dibattito sui matrimoni omosessuali. Dibattito che, da sempre, divide non solo il centrodestra dal centrosinistra, ma che trasversalmente ha più volto contrapposto esponenti di uno stesso partito. Al di là delle dichiarazioni del Cavaliere, adesso, sembra proprio che la partita possa essere giocata su una maggioranza più eterogenea che potrebbe venire crearsi alle Camere dopo le elezioni. Per esempio, in lista con Mario Mont, leader salutato con favore dalla stessa Cei, spuntano due renziani, entrambi omosessuali dichiarati, entrambi disposti a lottare per il riconoscimento delle unioni civili: l'imprenditore e direttore del sito Gay.it Alessio De Giorgi e il presidente del laboratorio politico di "Officine democratiche" Giuliano Gasparotti.
"Ho accettato la candidatura in Toscana, al Senato, per la lista Monti - ha spiegato De Giorgi sul suo profilo Facebook - l’ho fatto con convinzione, sapendo che l’agenda Monti conteneva gran parte delle proposte che erano nel programma per le primarie di Matteo Renzi salvo che per la parte sui diritti civili, che io stesso avevo contribuito a costruire ed a scrivere, lacuna che viene però coperta dalla scelta che è stata fatta sul mio nome che non è certamente un nome neutro o leggero su questi temi". De Giorgio, che nel 2002, grazie alla doppia cittadinanza italo-francese del compagno, firmò il pacs al consolato di Francia, è stato membro della prima Assemblea nazionale del Partito democratico ed era intervenuto all’ultima Leopolda di Renzi. Insomma, la scelta fatta su De Giorgi e Gasparotti sembra improntata sul pluralismo. D'altra parte era stato lo stesso Monti a spiegare che, almeno sui temi etici, lascerà libertà di coscienza. "Se entrerò al Senato lo farò con le mie idee, la mia storia, le mie passioni, non cambiando una virgola di quanto ho pensato in questi anni", ha spiegato De Giorgi sottolineando che resterà, comunque, "un uomo di centrosinistra". Proprio per questo, ci ha tenuto a sottolineare il cambio di rotta per una formazione politica di centro che decide di candidare "un omosessuale che si è speso sul tema dei diritti civili". Monti ha deciso di puntare anche su un altro renziano doc. Come spiega l'Huffington Post, la scelta di Gasparotti, 38enne napoletano residente a Firenze, è stata una scelta piuttosto complessa. Dopo una lunga militanza tra le fila dei Ds prima e dei democrat poi, ha infatti deciso di chiudere con un partito che definisce tutt'altro che pluralista. Anche lui, come De Giorgi, è ben posizionato nella lista Monti: quasi sicuramente dovrebbe riuscire ad entrare in Parlamento.
Come è ovvio, la spinta per il riconoscimento dei matrimoni gay o per una discussione sui diritti alle coppie di fatto non arriverebbe solo dal centro. Se, però, i centristi si aprono al dibattito, troveranno sicuramente terreno fertile a sinistra. Nelle file del Pd, a combattere per l'istituzione di una legge sulle unioni civili, ci saranno sicuramente Paola Concia, Sergio Lo Giudice e Ivan Scalfarotto. "Sono contento che nel prossimo Parlamento ci saranno anche altri deputati e senatori gay - ha spiegato Scalfarotto - perché questo significa che ci potremo occupare della questione dei diritti a 360 gradi". Nel Sel, invece, oltre al leader Nichi Vendola, ci sarà Alessandro Zan che a Padova "inventò" una sorta di riconoscimento anagrafico basato su vincoli affettivi della coppia. Infine, tra le schiere di Massimo Donadi, c'è Franco Grillini che non nasconde di sognare che, prima o poi, venga nominato un ministro gay. Insomma, non si sa ancora se la mossa di Monti di candidare i due renziani nelle sue liste sia dettata da scelte propagandistiche o programmatiche, ma sicuramente avvicinano ancora di più il Professore alla sinistra.
Il Prof arruola due renziani: omosessuali dichiarati, si preparano a portare in parlamento la battaglia per l'istituzione di una legge sulle unioni civili. Una mossa programmatica o propagandistica? Certo è che Monti è sempre più vicino alla sinistra...
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Andrea Indini
Quel patto scellerato tra Monti e Bersani
Visto da fuori è un continuo scambio di battute taglienti. Visto da dentro, invece, è il gioco delle parti tra due esponenti politici che si studiano per stringere un accordo che li permetta di governare insieme. Nelle ultime ore le avance di Pierluigi Bersani nei confronti di Mario Monti si sono infittite. Tanto che nel centrodestra il Professore è già stato soprannominato "premier stampella". Le stoccate a Nichi Vendola, le tirate d'orecchi alla Cgil e l'elegia del Grande Centro non fanno altro che confermare che, sotto banco, è in corso un pericoloso avvicinamento tra Monti e il segretario piddì.
"È un minuetto triste. E l’epilogo è già scritto: Monti e Bersani vogliono solo allearsi. Sembrano sfidarsi, ma è solo cinema". In una lunga intervista ad Avvenire, il segretario del Pdl Angelino Alfano si dice pronto a "denunciare agli italiani un patto scellerato". Un conto sono le dichiarazioni a mezzo stampa, un conto sono gli accordi sotto banco. Non importa, infatti, che il Professore continui a schierarsi anteticamente alla sinistra che "blocca le riforme e la crescita del Paese". Negli ultimi giorni si sta, infatti, delineando una sorta di agenda Monti-Bersani incentrata sulla pressione fiscale: se il Professore propone la patrimoniale per stangare i ricchi, il leader democrat accarezza l'idea di una nuova manovra lacrime e sangue per il 2013. Lo slogan di Vendola è chiaro: "I super ricchi, vadano all'inferno". E insieme a loro trascineranno pure tutti gli italiani. Il centrosinistra è, infatti, disposto a concedere molto alla politica economica del Professore, in cambio i centristi si piegheranno all’agenda imposta dallo stesso leader del Sel. Dagli scambi di ieri è, infatti, apparso chiaro che i due poli si stanno studiando: se Monti continua a lanciare avvertimenti sul pericolo della sinistra radicale, Bersani non perde l'occasione per spiegare che vuole un accordo con il Professore senza dover trattare con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. "Se vinciamo - ha assicurato Enrico Letta - chiederemo a Monti di sostenere Bersani". Il disegno, insomma, è semplice.
Il Pdl assicura battaglia. "Ci opporremo a un patto che fa male al Paese, a un patto di potere, a un’intesa moralmente inaccettabile perchè fondata sulle poltrone e non sulla politica", ha assicurato Alfano nelle ultime ore. Mentre tra i montiani e la sinistra fanno eco parole come patrimoniale, manovra economica e aliquote più pesanti, il centrodestra mette a punto un piano per ridurre la pressione fiscale e rilanciare l'occupazione. Dopo aver promesso di eliminare l'Imu sulla prima casa, Silvio Berlusconi ha proposto di non far pagare le tasse alle aziende che assumono. I sondaggi di Alessandra Ghisleri sembrano dar ragione al Cavaliere: il Pdl si attesta significativamente sopra il 30%, mentre l'asse Pd-Sel è sotto il 40%. Sono separati da pochi punti. E per il centrodestra la tendenza è a crescere. Bersani lo sa ed è corso ai ripari. L'inciucio col Professore salverebbe da una parte la coalizione centrista che, se non sfonda la soglia del 10%, rischia di non ottenere seggi in parlamento, dall'altra permetterebbe al Partito democratico di governare agilmente.
Sembrano sfidarsi, ma fanno solo cinema: ecco cosa c'è dietro le (finte) schermaglie tra il Prof e il leader del Pd
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Andrea Indini
Il segretario del Pd Pierluigi Bersani e il presidente del Consiglio Mario Monti
January 9, 2013
Il Pd pensa già all'inciucio: "Chiederemo a Monti di sostenere Bersani"
Ancor prima di aver in mano il risultato delle elezioni, i democratici brigano già per fare un inciucio e riuscire a governare. Al quartier generale di via del Nazareno si sta, infatti, facendo strada l'ipotesi di un accordo con i centristi che sostengono l'agenda Monti. Nonostante il Professore abbia più volte fatto presente che non intende scendere a patti con quella sinistra, radicale (il Sel di Nichi Vendola) e sindacalizzata (la Cgil di Susanna Camusso), che "blocca le riforme" e ritarda la crescita del Paese, i vertici del piddì stanno cercando di agganciare i montiani per una Große Koalition alla tedesca che gli permetta di governare nonostante lo stallo a Palazzo Madama.
"Se nessuno prevale, è chiaro che si apre la strada ai compromessi". In un lungo colloquio con il Corriere della Sera, l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi non esclude una coalizione tra il centrosinistra e i montiani. "Dipenderà - spiega - dalla campagna elettorale, se sarà o no particolarmente sanguinosa". I big del piddì sono già all'opera per tessere una sorta di inciucio preventivo che agganci i partiti che sostengono l'agenda Monti alle prossime elezioni. Dal canto suo, il Professore ha però avvertito che bisogna dare un netto taglio a una certa sinistra. "Una parte della sinistra pone molta attenzione in teoria all’aspetto disuguaglianze - ha spiegato ieri Monti, ospite di TgCom24 - ma spesso soffoca i meccanismi per la crescita, che sono basati su efficienza produttitvità e competitività". Il messaggio per Pierluigi Bersani è sin troppo chiaro: deve scegliere se ascoltare la sinistra radicale e continuare a battere la strada dell'alleanza con Vendola oppure aprirsi al centro e portare avanti il piano economico tracciato da Monti. Un aut aut che non è affatto piaciuto al leader piddì che, lasciando la direzione del partito, ha finto di non capire quale sia la sinistra che frena: "Quando sono stato ministro ho fatto molte riforme, anche più di quelle che ho visto approvare nell’ultimo anno". Tuttavia, a stretto giro, le bordate di Vendola contro il premier uscente hanno chiarito piuttosto bene gli intenti bellicosi del Sel: "C'è bisogno di dare al Paese un governo di cambiamento che faccia della giustizia sociale e della redistribuzione ricchezza un segno distintivo della propria azione".
Mentre Vendola e Monti si scambiano i convenevoli sulla politica economica da attuare nel prossimo governo, Bersani stringe su Matteo Renzi. I due faranno campagna elettorale in tandem. Nel frattempo, però, i vertici di via del Nazareno prendono contatto con lo staff di Monti per riuscire a stringere un accordo preventivo (leggi: inciucio) per garantire la stabilità a un esecutivo che, invece, rischierebbe di nascere zoppo. "Puntiamo a vincere le elezioni e dopo chiederemo al centro e ai montiani di sostenere il governo Bersani", ha detto il vicesegretario piddì Enrico Letta convinto di riuscire a stringere un'intesa partendo dai temi del lavoro e dell’occupazione. In via del Nazareno nessuno è disposto ad ammetterlo, ma l'operazione "Rivoluzione civile" di Antonio Ingroia e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo rischiano di portargli via non pochi voti. Per questo, è già attiva una vera e propria campagna per lavorare ai fianchi i centristi. "È ufficiale - cinguetta il segretario del Pdl, Angelino Alfano, su Twitter - da oggi Monti è la stampella di Bersani". Il risultato? Oltre alla patrimoniale già annunciata nell'agenda Monti, Bersani si prepata a ritoccare le aliquote per i più ricchi e a varare una nuova manovra economica. Per il momento, però, il Professore non vuole parlare di alleanze ("È ancora prematuro"). Lo farà dopo le elezioni. Dopo essersi presentato agli italiani come centrista, scenderà a patti con la sinistra.
Il Pd teme il pareggio come alle elezioni del 2006 e lo stallo politico. Primi segnali di avvicinamento a Monti. Letta: "Se viciamo, gli chiederemo di sostenerci"
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Andrea Indini
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il premier Mario Monti
Lista Monticarlo, zero seggi alla Camera sotto il 10%Bersani sgambetta Monti e riempie le liste di ex Dc
January 8, 2013
Tornano i cattocomunisti: Bersani schiera 4 cattolici per rubare i voti a Monti
Tornano i cattocomunisti. E il leader del Pd Pierluigi Bersani briga per portarli tra le schiere dei democratici indebolendo la base cattolica di Mario Monti e Pier Ferdinando Casini. L'operazione elettorale, già vincente con Giuliano Pisapia a Milano, è stata messa a punto nelle ultime ore dallo stesso leader democrat che ha deciso di puntare su quattro personalità di spicco del mondo cattolico. Da via del Nazareno è stata annunciata la candidatura del presidente Centro nazionale volontariato e organizzatore delle settimane sciali Edo Patriarca, della docente di Storia contemporanea alla Sapienza Emma Fattorini, dell'ex vicepresidente dell’Azione cattolica e direttore dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica Ernesto Preziosi e, infine, della segretaria dell’istituto Luigi Sturzo Flavia Nardelli.
Una presenza che si estended a macchia d'olio. Una presenza che, attraverso la scomunica della Cei, si era già fatta sentire quando Silvio Berlusconi aveva annunciato il proprio impegno a federare nuovamente il centrodestra. Gli esponenti del mondo cattolico non rimpolpano soltanto la lista Monti che vede al suo interno anche il ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant'Egidio). A Todi le sette sigle - Acli, Cisl, Coldiretti, Compagnia delle Opere, Confartigianato, Confcooperative e Mcl - si videro per la prima volta a ottobre del 2011, poi una, seconda volta, un anno dopo, a ottobre scorso. Per giovedì prossimo era programmato un terzo appuntamento, in vista delle elezioni. L'appuntamento era stato fisato nella sede della Cisl di via Po. Inizialmente invitato, il premier uscente Mario Monti ha nel frattempo dato forfait. Nel frattempo, però, numerosi esponenti della corrente che sognava di "resuscitare" la Balena Bianca si sono già collocati prendendo posto nelle liste che vengono compilate nelle ultime ore. Il presidente delle Acli Andrea Olivero si è candidato con Monti (e altre esponenti del mondo cattolico sono pronti a farlo), mentre il Pd punterà su Giorgio Santini della Cisl. La Compagnia delle opere, invece, ha assunto una posizione più defilata. E dopo concitati contatti tra ieri sera e questa mattina, l’incontro "Todi3", a quanto si apprende, è saltato. Potrebbe, al più, svolgersi una cena a porte chiuse tra esponenti delle sette sigle fondatrici del Forum di Todi.
Oltre a Santini, Bersani ha appunto "siglato" l'accordo anche con altri quattro cattolici di peso. Esternamente, Bersani ha pescato la Nardelli, intellettuale dell'area cattolica che, lo scorso luglio, era stata proposta come consigliere di amministrazione della Rai da dipietristi e finiani. La segretaria dell’istituto Luigi Sturzo sarà capolista a Montecitorio in Sicilia orientale e rientra nel disegno del Pd per controbattere i centristi che sostengono il Professore. L'alleanza con Nichi Vendola rischia, infatti, di penalizzare i democrat che si spostano pesantemente a sinistra e perdono l'ala più moderata. Sulla stessa linea anche l'investitura di Patriarca che sulla riforma del mercato del lavoro firmata dall'ex ministro del Welfare Elsa Fornero aveva contrastato le tesi del responsabile economico piddì Stefano Fassina. Nel 2009, pochi giorni prima della morte di Eluana Englaro, la Fattorini, invece, firmò su Repubblica una proposta di testamento biologico che si rifaceva al modello adottato dai vescovi tedeschi.
La candidatura dei quattro esponenti cattolici va a comporre un puzzle molto più ampio che ha visto, nelle ultime settimane, arruolare prima l'ex pm antimafia Piero Grasso, poi il vicedirettore del Corriere della Sera Massimo Mucchetti, quindi il direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli. Il giornalista Corradino Mineo, siciliano, guiderà invece la lista per Palazzo Madama. Insomma, per controbilanciare la deriva radicale imposta da Vendola, Bersani sta tentando il tutto per tutto per non rimanerne schiacciato.
Il leader piddì stringe accordi con l'ala progressista dei cattolici per controbilanciare Vendola e portar via voti a centristi e montiani
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Andrea Indini
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani
January 7, 2013
Vendola e l'odio atavico contro i super ricchi: "Che vadano al diavolo..."
C'è ancora una sinistra che odia visceralmente i ricchi. È una sinistra, viva e vegeta, che in Francia è addirittura al governo e che in Italia mira a conquistare la presidenza del Consiglio, grazie all'appoggio del Pd di Pierluigi Bersani. In piena campagna elettorale il leader del Sel Nichi Vendola esce allo scoperto e attacca apertamente i super ricchi: "Che vadano al diavolo...".
Un grande panfilo bianco ancorato in un mare scintillante. A caratteri cubitali la scritta: "Anche i ricchi piangano". Correva l'anno 2007: l'Unione di Romano Prodi e Rifondazione comunista di Fausto Bertinotti facevano la campagna di affissioni e inserzioni sui giornali per bocciare la Finanziaria siglata dall'allora governo Berlusconi e attaccare frontalmente le classi più agiate del Belpaese. "La nostra filosofia è rispettare il programma - spiegava l'ufficio stampa di Rifondazione - difendere i più deboli e risarcire chi più ha pagato i disastri del governo Berlusconi". Stavolta la questione non è quella di far piangere nessuno. Ma, alla base, l'odio e il razzismo sociale che trasudano dalle parole del governatore della Puglia non cambiano affatto. Dallo studio di Uno Mattina, Vendola ha, infatti, usato parole molto severe commentando la vicenda di Gerard Depardieu che, ieri, ha ricevuto il pressaporto russo dopo essere entrato in contrasto con il governo francese per l'eccessiva pressione fiscale. Allargando il discorso Vendola ha apertamente difeso le maxi aliquote, che hanno fatto fuggire l’attore francese in Russia, e ha rinnovato il proprio odio per le persone più agiate: "I super ricchi devono andare al diavolo, e Putin ha le sembianze del diavolo".
Le parole di Vendola dimostrano con chiarezza che la sinistra italiana non è affatto cambiata. Sebbene Bersani stia cercando di dare al Partito democratico un'improntra riformatrice, il rinnovato asse con l'ala radicale della sinistra dimostra che la linea da seguire è sempre la stessa. Il diktat è tassare i risparmi degli italiani. E non solo quelli dei super ricchi, come li definisce Vendola. Che sia la prima casa o le rendite finanziarie, non importa. "Monti ha avuto il coraggio relativo di bussare alle porte dei soliti noti - ha continuato Vendola - quando si è trattato di chiedere un contributo ai più ricchi ha detto che era 'tecnicamente complicato' perché è tecnicamente di destra e ritiene che ontologicamente i sacrifici tocchino sempre ai più deboli". Insomma, per il leader del Sel la selva di tasse introdotte dal Professore in tredici mesi di governo non sono sufficienti. Non è infatti un mistero che, appena Berlusconi ha proposto di tagliare l'Imu sulla prima casa e ha dimostrato dove andare a reperire il mancato introito, la sinistra (il Pd, in primis) ha espresso il parere contrario. Non solo. Sia Vendola sia Bersani, oltre all'imposta sull'abitazione, avevano chiesto ai tecnici di applicare una patrimoniale per andare a riappianare i conti. Almeno questo, Monti ce lo ha risparmiato. E la sinistra radicale è andata su tutte le furie. Tanto che Vendola ha ritirato fuori il vecchio odio sociale: "Monti è un vecchio classico vecchio politico e tagliare le ali porta la politica in una palude dove vincono sempre quelli della razza padrona".
Non soddisfatto delle tasse introdotte da Monti, il leader del Sel sogna la ghigliottina per la "razza padrona". E annuncia: "I super ricchi devono andare al diavolo"
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Andrea Indini
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani con il leader di Sel Nichi Vendola
Vendola contro Monti: "Vecchio travestito da nuovo"
December 31, 2012
Le contraddizioni di Monti
A lezione di politica da Mario Monti si impara a prendere una posizione e, subito dopo, a l'esatto opposto. Tanto che la coalizione che ha in mente il Professore punta a lasciarsi alle spalle "il vecchio schema politico che contrappone la destra e la sinistra", senza collocarsi però nello spettro politico e, tantomeno, facendosi incasellare nel Grande Centro. Purtroppo lo fa andando a elemosinare i voti di quelli che, per tradizione o convenienza, vengono comunemente definiti centristi. La formazione punta, inoltre, ad assumere un "carattere laico e pluralista" a tutela dei valori della libertà e della dignità della persona. Purtroppo, però, lo fa delegando ai singoli che dovranno muoversi secondo coscienza. Infine lo schieramento di Monti mira a costruire "un nuovo stilenel confronto politico e nella gestione pubblica" ascoltando la società civile. In un anno di governo tecnico, però, il Professore si è dimostrato sordo alle esigenze delle parti sociali e più in generale ai bisogni degli italiani.
Come è ormai di consuetudine, il premier dimissionario affida a Twitter un cinguettio per lanciare l'ultimo post dell'anno sul blog Agenda Monti, "Un movimento civico, popolare, responsabile". "Abbiamo deciso di offrire alle italiane e agli italiani la possibilità di dare il proprio voto ad una formazione politica diversa da quelle che hanno animato il ventennio della seconda repubblica, i cui risultati sono oggi di fronte agli occhi di tutti", spiega il Professore individuando la nuova formazione in un movimento che nasce dall’unione tra l’associazionismo civico e la politica più responsabile e che, raccolgliendo "il testimone dell’esperienza di governo" dei tecnici, intenda proseguirne il lavoro. Quello che Monti ha in mente, è appunto un movimento popolare teso a superare "il vecchio schema politico che contrappone una destra conservatrice o liberista a una sinistra progressista o statalista". Di centro, appunto. Le parole del Professore si allineano, infatti, ai sermoni più volte conclamati dal leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. Eppure no, Monti non ama definirsi né "di centro" né "moderato". Non vuol finire nel grande calderone. Eppure, a ben guardare, nell'Armata Brancaleone - come l'ha definita nei giorni scorsi anche Silvio Berlusconi - sono confluiti proprio i centristi, gli orfani dello scudocrociato e buona parte del centrosinistra cattolico. Difficile girare intorno alle parole, ma dire che Pier Ferdinando Casini, Andrea Riccardi o Luca Cordero di Montezemolo non sono centristi, è quantomeno fuorviante. Certo, dentro all'accozzaglia, confluiranno anche esponenti politici che rischiano di scomparire dallo scenario politico (un esempio su tutti: Gianfranco Fini e i transfughi futuristi).
Monti, però, non intende collocarsi "al centro". Vuole essere super partes, abbracciare tutti gli italiani senza collocarsi politicamente in modo da "costituirsi come elemento di spinta per la trasformazione dell’Italia, in contrapposizione alle forze conservatrici, prone ad interessi particolari, a protezioni corporative o addirittura dichiaratamente anti-europeiste". Anche in questo caso, però la "nuova forza politica" che ha in mente il Professore è costretta a scendere ai patti con figure che calcano i palazzi romani da diversi anni. Non saranno certo Casini e Fini la fonte viva del rinnovamento montiano.
Proprio per riuscire a tenere insieme diverse anime, il premier dimissionario non può che puntare sul "carattere laico e pluralista della nuova formazione" senza, tuttavia, prendere una posizione netta rispetto a quei temi etici che, molto spesso, dividono trasversalmente non solo il parlamento, ma anche le forze politiche. "Laddove, su singole questioni di rilievo etico, si determinassero diversità di valutazione - spiega lo stesso Monti - ci si impegnerà a cercare insieme la soluzione più coerente con i valori della Costituzione, nella comune promozione della dignità della persona, ferma restando la libertà di coscienza". Insomma, il confronto e lo scontro sono solo posticipati. E questa è, in tutto e per tutto, una logica fortemente centrista che rimanda la sintesi per non scontentare e non chiarire, sin dall'inizio, la posizione che la formazione è decisa ad assumere.
Infine, nei propositi per l'anno nuovo, Monti spera in un nuovo stile nel confronto politico e nella gestione della cosa pubblica. "Se gli italiani ci affideranno il compito di governare il Paese, ci impegneremo a svolgere questo servizio secondo un modello di comportamento politico-amministrativo rigoroso", spiega il Professore in assoluta antitesi rispetto al silenzio dietro cui si è trincerato in conferenza stampa quando i media gli hanno chiesto conto delle accuse rivolte al ministro dell'Economia Vittorio Grilli sull'acquisto di un appartamento ai Parioli al di sotto dei prezzi di mercato. Lo stesso silenzio dietro cui si è trincerato il Professore per tredici mesi mentre la società civile chiedeva politiche meno austere e l'abbassamento delle tasse. Adesso, però, Monti si dice pronto ad aprirsi "al più libero contributo della società civile".
Il Prof rifugge il centro, ma cerca i voti di Fini Casini; promette la difesa dei valori, ma non si esprime sui temi etici; cerca l'appoggio della società civile, ma per tredici mesi le ha voltato le spalle
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Andrea Indini
December 28, 2012
Monti getta la maschera: "Guiderò io la coalizione centrista"
Non ha in mente un vero e proprio partito, piuttosto una federazione delle forze centriste che possano portarlo nuovamente sullo scranno di Palazzo Chigi. Così, per mera opportunità, il premier dimissionario Mario Monti ha deciso di correre al Senato con una lista unica, mentre alla Camera si presenterà con una coalizione di liste. "Non immaginiamo alleanze con gli uni o gli altri - ha spiegato il Professore - questa è una operazione di rinnovamento nel profondo della politica italiana che deve avere un giorno vocazione maggioritaria". Tuttavia, per provare ad essere rieletto premier, si è visto costretto ad allearsi con Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Luca Cordero di Montezemolo.
"Oggi nasce una nuova formazione politica". Dopo oltre quattro ore, il vertice tra il Professore e le forze centriste si conclude con l'archiviazione dell’idea di scegliere, come modalità operativa della aggregazione centrista, un nuovo partito da presentare a entrambe le Camere. "Non ho mai pensato di creare un nuovo partito, non sono l’uomo della provvidenza", ha spiegato lo stesso Monti che, nei giorni scorsi, aveva sollecitato l'opzione di creare una lista unica anche a Montecitorio. Ci sarà dunque una sola lista, che si richiamerà a Monti, al Senato e più liste alla Camera (una dell’Udc e una civica) così da accantonare i personalismi della politica e, al tempo stesso, rispettare diverse storie. L'idea, di per sé, è piuttosto semplice: aggregare le forze di centro in modo da essere alternative al bipolarismo tra destra e sinistra e creare un terzo polo, appunto, che raccolga il consenso di movimenti, spicchi della società civile e individui singoli che si riconoscono nell'agenda presentata settimana scorsa dal Professore. A Enrico Bondi ha affidato una sorta di due diligence per valutare i candidati. Tuttavia, alcuni nomi è lo stesso Monti a snocciolarli: oltre agli scontatissimi centristi (Pier Ferdinando Casini, Benedetto Della Vedova, Linda Lanzillotta e Nicola Rossi), si sono già schierati il piddì Pietro Ichino, il ciellino Mario Mauro, i vertici di ItaliaFutura (all'incontro erano presenti Carlo Calenda e Andrea Romano), il presidente della Provincia Autonoma di Trento Lorenzo Dellai e il presidente delle Acli Andrea Olivero. Dei tecnici, invece, erano presenti Corrado Passera, Andrea Riccardi, Ezio Moavero Milanesi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà.
Durante il vertice di oggi pomeriggio i centristi hanno preparato uno statuto che permetterà la coesistenza tra forze politiche, associazioni, movimenti e individui. E sta tutto qui il "trucchetto" del Professore che potrà contare su una macchina ben oliata per fare la campagna elettorale senza partecipare ai comizi, su cui ammette di non aver molta pratica. "La mia terzietà nell'esercizio dei poteri dell'ordinaria amministrazione non verrà assolutamente messa in gioco", ha continuato Monti, convinto di aver dimostrato in questi mesi di "essere fuori dalla pressione degli interessi di parte". Dribblando abilmente l'endorsement fatto nelle ultime ore dal Vaticano e la marcata componente cattolica presente tra i suoi sostenitori, il premier ci ha tenuto a sottolineare che si tratta di movimento teso a persone credenti e non credenti. "Credo che le questioni etiche siano fondamentali, non le considero meno importanti delle situazioni dell'economia ma non è su queste questioni che si articola questa formazione e questo impegno", ha aggiungen rimandando alla coscienza personale e alle sedi parlamentari il confronto.
Dopo un vertice di quattro ore con le principali forze centriste, Monti scioglie definitivamente le riserve e si pone a capo della coalizione che tra gli altri raggruppa Fini, Casini, Montezemolo, Ichino e Mauro. Ma il Prof non si candiderà: "Iniziativa per rompere le barriere"
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Grasso in campo con Bersani: "Riformeremo noi la giustizia"
Come se ancora ce ne fosse bisogno, la candidatura del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso tra le file del Partito democratico ha suscitato poderose polemiche contro la magistratura e ha risollevato il dubbio dell'imparzialità delle toghe nostrane. Anche l'Anm ha chiesto a gran voce una regolamentazione più certa per porre una linea di separazione tra giustizia e politica. Tanto che, non appena il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha presentato la "salita" in politica del magistrato con parole di elogio sperticato, Grasso ha subito annunciato "graduale riforma della giustizia".
Negli ultimi giorni sono ben quattro i magistrati che hanno deciso di impegnarsi politicamente. Anche Grasso si è lasciato tentare dal parlamento. Lo ha fatto con il piddì e non, come pensavano i più, al fianco di Mario Monti. "Il Pd vuole essere una infrastruttura per la riscossa civica del paese perché la politica da sola non arriva e ci vogliono energie civiche", ha spiegato Bersani annunciando la candidatura del procuratore nazionale antimafia come capolista alle politiche. In caso di una vittoria della sinistra, i sondaggisti lo vedono già alla poltrona di Guardasigilli. Una vera e propria operazione di marketing politico. "Abbiamo scelto di mettere due parole, moralità e lavoro, davanti alla legislatura e la legalità come priorità assoluta per il nostro Paese", ha continuato il leader democrat presentando Grasso come il fiore all'occhiello della sua lista, garanzia di una decisa lotta per la legalità e contro la criminalità organizzata. Un'operazione che è iniziata il 17 dicembre al brindisi di fine anno con il capo dello stato Giorgio Napolitano e che punta a mettere le mani sul dicastero di via Arenula per avviare una riforma della giustizia che, si può immaginare, andrà in tutt'altra direzione rispetto a quella per cui ha, a lungo, combattuto anche Silvio Berlusconi.
"Io non salgo e non scendo. Mi sposto, dopo aver fatto il magistrato per 43 anni - ha spiegato il magistrato - perché penso che le idee camminare sulle spalle di tutti. E possono cambiare il Paese. Qui ho trovato una casa". Nei progetti di Grasso c'è appunto la riforma della giustizia. Una riforma che vada a "rivoluzionare" il sistema attuale "in maniera graduale". Ovviamente, il piano generale non è stato presentato. Ma qualche punto sì: si va dal voto di scambio alla corruzione, per approdare infine al falso in bilancio. Sulla responsabilità civile delle toghe non una parola. Così come non sono stati affatto affrontati problemi come il sovraffollamento delle carceri, l'eccessiva lungaggine dei processi, l'abuso delle misure cautelari in carcere o la divisione delle carriere. Problemi che non hanno mai interessato i democratici. Qualora la riforma della giustizia arrivasse in parlamento, Grasso potrebbe contare il sostegno anche di altrri magistrati che nelle ultime settimane si sono affacciati sulla politica. "Se fossi in Parlamento con Ingroia non posso che augurarmi di seguire la stessa strada il cui obiettivo è quello di migliorare il Paese - ha fatto notare lo stesso Grasso - ci sono delle cose, trasversali, che si possono fare per migliorare il Paese".
Bersani presenta la candidatura di Grasso: "Con lui riscossa civica". Il procuratore nazionale antimafia: "Lascio la toga per aiutare far crescere l'Italia"
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Torna l'incubo dello stallo: a Palazzo Madama si rischia il pareggio
Mentre la "salita" in politica di Mario Monti incassa il sostegno del Vaticano, dietro le quinte prosegue il lavoro del Professore e dei suoi più stretti collaboratori in vista della creazione di una lista elettorale. Anche se il premier dimissionario non ha ancora deciso se convenga far confluire in essa anche i partiti che lo sostengono (l'Udc e il Fli) anche alla Camera - al Senato la scelta appare obbligata - o se convenga mantenere le diverse identità. Mentre infatti i centristi attendono di definire un vertice con Monti, si fa sempre più strada la preoccupazione di un Senato letteralmente immobilizzato dal risultato elettorale.
Un Senato immobile, completamente bloccato e, pertanto, inutile. Era già successo con Romano Prodi. Rischia di succedere nuovamente nella prossima tornata elettorale. Se, infatti, i sondaggisti danno per scontato il raggiungimento della maggioranza della Camera da parte del Pd, su Palazzo Madama si addensa lo spettro del 2006. Anche per questo motivo, lo staff di Monti non ha ancora sciolto il nodo del numero delle liste. È vero, come spiega Pietro Ichino, che stanno "lavorando" all’ipotesi di una lista unica anche a Montecitorio e non solo al Senato dove la legge elettorale "costringe" a questa scelta. Ed è altrettanto vero che, come spiega sempre il giuslavorista, questa soluzione consentirebbe al professore di "passare al vaglio" i candidati in modo da evitare "riciclati". Visto che nelle scheda ci sarà l’indicazione per l’agenda Monti e il professore intende preservare l'originalità di un’offerta politica rivolta soprattutto alla società civile. Ma l’ipotesi della lista unica presenta anche diversi svantaggi. "Con il Porcellum avere più liste alla Camera significa avere più deputati", spiega una fonte che sta lavorando al dossier.
In quest'ottica diventa fondamentale la partita in Lombardia, dove vengono assegnati ben 49 seggi di Palazzo Madama. In base al censimento del 2011 verranno, infatti, attribuiti due scranni in più ai lumbard a scapito della Campania e della Sicilia. Al Corriere della Sera Alessandra Ghisleri di Euromedia researchha spiegato chiaramente che la corsa a governatore della Regione dei tre candidati (Robertoo Maroni, Gabriele Albertini, e Umberto Ambrosoli) potrebbe influenzare il voto dei collegi del Senato per le politiche. Una sorta di effetto trascinamento che la Ghisleri quantifica attorno al 5% dell'elettorato. E qui si gioca tutto sulle alleanze. Da settimane intercorrono contatti tra i vertici del Pdl e il quartier generale di via Bellerio per riuscire ad arrivare a una accordo elettorale che da una parte sigli il sostegno a Maroni nella corsa al Pirellone, dall'altra ricompatti l'asse Pdl-Lega alle politiche. "C'è una discussione, ci sono posizioni diverse - ha spiegato il leader del Carroccio in una intervista al Tg1 - ma io ho ricevuto pieno mandato dal consiglio federale di decidere cosa che farò nei prossimi giorni nell’esclusivo interesse della Lega". Qualora dovesse essere sottoscritto l'accordo, la Lombardia potrebbe facilmente venire assegnata al centrodestra. Nel caso contrario, la Lombardia finirebbe nelle mani della sinistra.
A complicare la situazione è appunto il Grande Centro che sostiene il bis del Professore a Palazzo Chigo. La lista Monti potrebbe infatti diventare l'ago della bilancia nei confronti del centrosinistra. La "salita in campo" del premier dimissionario potrebbe infatti tornare utile al segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Anche in questo caso, però, gioca un ruolo fondamentale l'alleanza con il Sel di Nichi Vendola. In via del Nazareno aumenta il numero dei filo montiani insofferenti a una deriva radicale del partito. Il piddì è diviso in due e Bersani deve decidere se porsi nel solco della discontinuità nei confronti delle politiche del Professore (come chiede il governatore della Puglia) oppure se accettare l'agenda Monti. Quando nei prossimi giorni sarà conclusa la partita delle alleanze - nel centrodestra come nel centrosinistra - sarà (forse) più chiaro il "risultato" delle politiche. Anche se di certo, in questi casi, c'è davvero poco e niente.
A Palazzo Madama si teme lo stesso scenario del 2006 quando Prodi ottenne la maggioranza per una manciata di senatori. Saranno fondamentali le alleanze e la partita in Lombardia
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Andrea Indini

Silvio Berlusconi con il leader della Lega Roberto Maroni
December 27, 2012
Un 2013 di tasse e gabelle: una stangata da 1.500 euro a famiglia
Analizzando la curva discendente dei consumi, il Codacons non ha usato mezzi termini. Se il 2012 ci ha riportato indietro di dieci anni, il 2013 è destinato ad essere ancora peggio. "Il calo delle vendite di Natale - ha spiegato il presidente del Codacons Carlo Rienzi - è il segno evidente di una politica economica sbagliata che finora ha preferito aumentare la pressione fiscale anziché salvaguardare le tasche delle famiglie". Per Rienzi è evidente come, in assenza di una inversione di tendenza, il 2013 si candidi ad essere come l'annus horribilis sul fronte dei consumi. Purtroppo basta dare un'occhiata alle scadenze delle prossime bollette per capire che l'anno che sta arrivando sarà davvero caro.
Tra alimentari, biglietti dei treni, rc auto, bollette, bolli e servizi postali e bancari, pedaggi, tariffa rifiuti e ricadute dell’Imu gli aumenti saranno a dir poco insostenibili. Secondo le previsioni di Adusbef e Federconsumatori, quella in arrivo nel 2013 sarà una stangata "drammatica" e si aggirerà intorno ai 1.500 euro a famiglia. Si inizia, subito, con il canone Rai. L'ultimo atto del ministero dello Sviluppo economico - quello guidato da Corrado Passera, tanto per intenderci - è stato, infatti, di alzare ancora un po' l'importo della tassa più invisa da tutti gli italiani. L’abbonamento annuale per il 2013 salirà a 113,50 euro, con un aggravio di 1,50 euro rispetto al 2012. Gli italiani avranno tempo fino al 31 gennaio per pagare il canone. Ad aumentare non sarà solo l'imposta sulla tivù pubblica. Anche le tariffe postali nascondono una brutta sorpresa. Nella delibera pubblicata alla vigilia di Natale, l'Agcom ha comunicato che, a partire dal prossimo primo gennaio, verranno ritoccate - ovviamente all'insù - le tariffe per le spedizioni. Tanto per fare qualche esempio: per la posta prioritaria il costo di un invio fino a 20 grammi salirà da 60 a 70 centesimi (+15%), mentre il prezzo di una lettera fino a 20 grammi salirà da 1,40 euro a 1,90 euro (+35%). Per una spedizione extra-standard, invece, l'incremento sarà del 40%: il prezzo passerà da 1,50 euro a 2,10 euro. I rincari non risparmieranno nemmeno i correntisti del Bancoposta.
La stangata non risparmierà la casa. Replicando alla promessa di Silvio Berlusconi di abolire l'imposta sulla prima abitazione già al primo Consiglio dei ministri, il premier dimissionario Mario Monti ha già fatto sapere che non ha alcuna intenzione di togliere l'Imu. "Secondo noi la casa è un bene sacro, non si tocca perché è un pilastro su cui costruire il futuro - ha spiegato Silvio Berlusconi ai microfoni di Uno Mattina - con l'Imu noi siamo al secondo posto in Europa per le tasse sulla casa". Purtroppo i contribuenti italiani non dovranno far fronte soltanto a questa spesa. La vera batosta sarà infatti la Tares, la nuova gabella sui rifiuti che, a partire dal 2013, sostituirà la Tarsu e la Tia. L'incremento, che dovrebbe essere tra il 10% e il 14%, si è reso necessario per andare ad appianare i conti delle municipalizzate sono in rosso. Tuttavia, il prelievo non solo consentirà di coprire i costi della raccolta, ma dovrà anche finanziare altri servizi comunali. E ancora: saliranno anche i prezzi degli alimentari (+5%), l’assicurazione auto (+5%,), le tariffe professionali e artigianali e le
tariffe aeroportuali (dopo il rinnovo dei contratti di programma di Sea a Milano e Adr a Roma). La stangata non lascerà immuni le bollette di luce e gas, anche se in modo più contenuto rispetto al 2012, e dell’acqua, la cui tariffa sarà presto aggiornata dall’Authority per l’energia. Stando ai dati della Cgia di Mestre, oltre al caro prezzi e all’aumento delle tasse, ad alleggerire i portafogli delle famiglie italiane hanno contribuito anche gli aumenti registrati dalle tariffe dei servizi pubblici. Nel dettaglio, dal 2002 al 2012, l’acqua è aumentata del 71,8%, il gas del 59,2%, i rifiuti del 56,3%, i trasporti ferroviari del 47,8%, i pedaggi autostradali del 47,6%, i trasporti urbani del 46,2% e l’energia elettrica del 41,8%. "Tutti questi aumenti insostenibili - sostengono Adusbef e Federconsumatori - determineranno nuove e pesantissime ricadute sulle condizioni di vita delle famiglie e sull’intera economia che dovrà continuare a fare i conti con una profonda e prolungata crisi dei consumi".
Come se non bastasse questa pioggia di aumenti e rincari, l'agenda Monti tanto osannata dall'opinione pubblica e dai media progressisti non farebbe che peggiorare la situazione. Nel manifesto presentato settimana scorsa, il Professore continua infatti sulla linea dei sacrifici. Se di facciata si impegna, "non appena le condizioni generali lo consentiranno", a ridurre la pressione fiscale, Monti prevede di trasferire "il carico corrispondente sui grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio", ovvero la patrimoniale e il rincaro dell'Iva sui beni di lusso. Già quest'anno la pressione fiscale è schizzata al 53,9% (nel 2011 era al 48%). E nel 2013 rischia di peggiorare ulteriormente.
Rincari su canone Rai, bollette e Poste: il 2013 sarà l'annus horribilis delle tasse. Presto arriverà anche la nuova tassa sui rifiuti. E Monti si rifiuta di eliminare l'Imu
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Andrea Indini

Una ragioniera lavora ad un modello 730 nell'ufficio di un commercialistaLe ideone di Monti: imposte, polizia fiscale, precariatoL'ultimo atto dei tecnici: un nuovo ritocco al canoneCrescita e consumi: sull'agenda solo pagine bianchePatrimoniale, ecco chi paga
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