Andrea Indini's Blog, page 188

February 11, 2013

Sanremo, Berlusconi: "Se diventa festival dell'Unità italiani non pagheranno il canone"

Ci sono tutti i presupposti perché Sanremo, il Festival della canzone italiana, si trasformi in una Festa dell'Unità che celebri la sinistra e gli tiri la volata alle prossime elezioni. Domani debutteranno sul palco dell'Ariston Fabio Fazio e Luciana Littizzetto. Il duo, già rodato a Che tempo che fa, sta preparando una kermesse politicamente scorretta. Vale a dire: un festival smaccatamente rosso. "Se il festival di Sanremo diventa la festa dell’Unità - ha commentato Silvio Berlusconi - credo che il 50% degli italiani non pagherà più il canone".


Ad aprire il Festival di Sanremo ci penserà il Coro dell'Armata Rosssa, l'orchestra erede di quella creata da Stalin nel 1928. Tutto qui? Macché. Il menù è piuttosto infarcito. Ce n'è per tutti i gusti, se si è elettori di sinistra. D'altra parte è stato lo stesso Fazio ad annunciarlo: "La politica è nell'aria, e quindi entrerà anche all'Ariston". A farlo ci penseranno sicuramente Maurizio Crozza, che sul palco "avrà carta bianca", e Carla Bruni, che negli ultimi anni, dall'Eliseo, non ha mai mancato di attaccare duramente la politica nostrana e, anzi, si è impegnata in prima persona per garantire la libertà dell'ex terrorista Cesare Battisti sulle assolate spiagge di Rio de Janeiro. E ancora: le freddure della Littizzetto, il politicamente (s)corretto di Fazio, la minaccia di un'incursione di Beppe Grillo. Insomma, si preannuncia un vero e proprio Festival dell'Unità. Il tutto a ridosso dalle elezioni più contese degli ultimi vent'anni. Con il centrodestra che, grazie alla rimonta di Berlusconi, ha azzerato Mario Monti e ha riacciuffato la sinistra guidata da Pier Luigi Bersani. I vertici di viale Mazzini, dal canto loro, non hanno voluto posticipare la kermesse di una settimana. "Se il Festival diventa la Festa dell’Unità credo che il 50% degli italiani non pagherà il canone", ha avvertito Berlusconi a Uno Mattina criticando apertamente la legge sulla par condicio.


Berlusconi non è affatto preoccupato di dover "competere" con un Festival troppo rosso. Sa bene che tra gli elettori una conduzione spiccatamente votata a sinistra sortirebbe l'effetto contrario fortificando il voto al centrodestra. Non è nemmeno preoccupato per lo show di Crozza. "È molto simpatico - ha commentato l'ex presidente del Consiglio - è molto bravo e poi attacca tutti quanti". Infatti, non sarà Crozza la vera "bomba" del Festival. Sul palco dell'Ariston saliranno Stefano Olivari e Federico Novaro, la coppia omosessuale che in un video su Repubblica Tv ha annunciato l'intenzione di andarsi a sposare a New York perché le leggi italiane ancora non riconoscono pari diritti alle nozze gay. Per sostenere la causa, i due potrebbero anche baciarsi in diretta. "La televisione pubblica è di tutti e si può parlare di tutti - ha commentato Fazio - il rispetto per il pubblico passa anche per questo, non siamo noi a dover dire quello che è 'sì' e quello che è 'no'". Anche il Cavaliere sarebbe ben felice di andarci. "Potrei presentare una mia canzone", ha detto l'ex premier. Oppure potrebbe presentare la kermesse: "Sarei meglio di Fazio. E poi, ho visto quanto gli danno...".


All'Ariston il duo Fazio-Littizetto. Crozza avrà carta bianca. Sul palco pure due omosessuali. Il Cav: "Se Sanremo sarà di parte, metà italiani non pagherà il canone"






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Andrea Indini


Fabio Fazio e Luciana Litizzetto
Crozza guida l'Armata Rossa di SanremoSpeciale: Sanremo 2013
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Published on February 11, 2013 06:20

Il Financial Times contro Berlusconi minaccia l'ostilità dei mercati

"Un nuovo mandato di Berlusconi sarebbe un disastro per l’italia". Dalla City la finanza tira un gancio a Silvio Berlusconi e un assist a Mario Monti. Visti i sondaggi e il crollo della lista "Scelta civica" nelle preferenze degli italiani, il Financial Times dà una manolo al Professore ed entrano a gamba tesa nella campagna elettorale invitando espressamente gli italiani a dire "no" al cavaliere. Per convincerli, il quotidiano inglese passa alle minacce: "Gli investitori sarebbero molto ostili a comprare debito italiano, e ciò costituirebbe una minaccia per la sostenibilità finanziaria".


L’Italia dovrebbe solo dire no a Silvio titola così l'editoriale del Financial Times in cui l'eventuale vittoria di Berlusconi alle prossime elezioni politiche è vista come "un disastro per l’Italia". A ridosso del voto, il quotidiano della City offre un assist al Professore la cui coalizione continua a scendere nei sondaggi. Non è certo la prima volta che il Financial Times si schiera contro Berlusconi, facendosi portavoce dei poteri forti dell'Eurozona che vorrebbero nuovamente sorvolare il voto degli italiani e garantire un bis di Monti a Palazzo Chigi. A ritmo serrato continuano, infatti, a piovere da Bruxelles e dai quartieri generali della finanza segnali molto chiari a sostegno dell'agenda Monti. Un'agenda che, come più volte denunciato da Berlusconi, favorirebbe in primis la linea economica dettata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Lo stesso Monti sta usando lo "spauracchio" dell'Europa per convincere gli italiani a votarlo. "In Europa ne hanno avuto abbastanza di un’Italia che rischia, per incapacità di decidere, di mettere a rischio se stessa, l’Eurozona e l’Europa - ha detto ieri - è verissimo che l’Europa non voglia Berlusconi".


Secondo il quotidiano della City, in caso di vittoria Berlusconi ignorerebbe le promesse elettorali per concentrarsi sui problemi giudiziari, mentre gli investitori sarebbero molto più prudenti nell’acquisto di titoli italiani, mettendo così a rischio la sostenibilità fiscale del Paese. "Sulla scena europea - ha spiegato il Financial Times - Berlusconi sarebbe considerato un partner inaffidabile e l’Italia sarebbe emarginata". "Quando gli italiani si recheranno alle urne, tra due settimane, dovrebbero mandare un messaggio chiaro a Berlusconi sul fatto che non è gradito il suo ritorno per uscire dalla sua crisi economica, Roma ha bisogno di leader credibili, non di tornare a un passato screditato", ha concluso il giornale britannico paventando un nuovo assalto dei mercati e degli speculatori al debito italiano. Anche Monti sta usando lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi per far leva sui timori degli elettori: appena il differenziale supera la soglia dei 290 punti base, il Cavaliere finisce sotto accusa. Ai microfoni di Uno Mattina, però, Berlusconi ha spiegato chiaramente che lo spread non deve fare paura perché "è la differenza tra quello che deve pagare la Banca d’Italia su titoli di prima emissione e quello che paga la banca tedesca". Secondo Berlusconi,  i mercati non reagiranno male al rimborso dell’Imu sulla prima casa dal momento che una simile misura può solo innescare un circolo virtuoso sull’economia. Ad ogni modo, ha precisato il leader del Pdl, "i mercati vanno per la loro strada, non gliene importa niente di quello che succede al governo" e la prova sta nel fatto che Monti ha continuato a pagare sul debito gli stessi interessi che pagava il precedente governo. Ai microfoni di In Onda, il Cavaliere ha infine ironizzato sulle parole di Monti: "Io sono un uomo potentissimo, faccio paura all’Europa, ma andiamo!".


Il quotidiano della City minaccia un altro assalto ai nostri titoli di Stato: "Con Berlusconi al governo i mercati sarebbero ostili". Ma il Cav: "Lo spread non ci preoccupa"






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Andrea Indini


Il premier dimissionario Mario Monti incontra i giovani milanesi al Teatro Carcano
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Published on February 11, 2013 01:14

February 8, 2013

Attacco a Giulia Ichino, il web attacca Bersani: "È solo invidia sociale"

Il Partito democratico mette all'indice Giulia Ichino. Il Partito democratico le rinfaccia di essere stata assunta dalla Mondadori, dodici anni or sono. Il Partito democratico la accusa di aver un posto fisso solo grazie al suo cognome, solo grazie al padre. Lo stesso odio che incita la sinistra a impugnare i forconi contro i super ricchi, a quali Nichi Vendola augura di finire all'inferno, ha spinto ieri la precaria Chiara Di Domenico ad attaccare la figlia dell'ex deputato piddì, ora passato al fianco di Mario Monti. Un attacco che, nelle ultime ore, è divenuto un vero e proprio boomerang per lo stesso Pier Luigi Bersani.


Su Twitter si fa largo l'hashtag #precarila7. Il web non perdona al Pd il discorso pronunciato dalla Di Domenico all’iniziativa Le parole dell’Italia giusta. Introdotta da una clip di Tutta la vita davanti, il film cliché di Paolo Virzì sullo sfruttamento del lavoro precario nei call center, la 37enne ha snocciolato i nomi e i cognomi di quei "figli di papà che ottengono sempre un posto di lavoro passando avanti agli altri". Su tutti nomina "la figlia di Pietro Ichino del Pd ora passato con Monti. Giulia Ichino, 23 anni, ha un ruolo nella Mondatori come editor e redattore interno. La verità è scandalosa ma lo status quo è osceno". Al termine del suo intervento, Bersani si è addirittura alzato dal suo posto ed è andato ad abbracciarla. Un gesto che non ha fatto altro che peggiorare quello che apparso come un durissimo attacco ad personam nei confronti di una professionista che, a 34 anni e già madre di un figlio, è responsabile della narrativa italiana delle edizioni Mondadori e si occupa di tutte le collane di novità nell’ambito della fiction italiana. Come si legge nel suo curriculum, ha lavorato e lavora con decine di autori, comeda Margaret Mazzantini, Andrea Camilleri, Paolo Giordano e Niccolò Ammaniti. Il fatto che la Ichino si sia dovuta difendere pubblicando il proprio cv per dimostrare che il suo posto di lavoro se l'è sudato, è il segno dell'asprezza della campagno d'odio lanciata da quello che in molti su Twitter hanno ribattezzato il Partito Dell'invidia sociale.


"Quando sono stata assunta, nel 2002, mio padre non era un uomo politico conosciuto - ha spiegato la Ichino - avessi voluto spinte, avrei studiato nel campo di famiglia, Legge". Intervistata dal Corriere della Sera e da Replica, ha così raccontato di quano ha iniziato a lavorare alla Mondadori dal momento che era stata appena aperta la collana Sis. Ha iniziato facendo la correttrice di bozze per un anno, quindi è stata presa per una sostituzione maternità, infine è arrivata l’assunzione. Insomma, la normale trafila per arrivare al posto fisso. "Certi riferimenti sono stati sgradevoli, anche perché mi faccio un discreto mazzo - ha continuato a spiegare la donna - non mi piace questo vittimismo che sconfina in un pubblico attacco disinformato". Dalla sua parte si è schierato il popolo di internet che ha aspramente condannato l'invettiva ad personam della Di Domenico e stigmatizzato il comportamento di Bersani. "Pd - si legge in un post su Twitter - dopo l'attacco folle a Giulia Ichino, sono ormai solo le iniziali di una bestemmia". E ancora: "Era già una brutta campagna elettorale, l'attacco a Giulia Ichino la rende orrida. Quando rosica la sinistra spara su qualcuno, al solito".


L'episodio la dice lunga sul dna del Pd e, più in generale, sulla sinistra italiana. Bersani e compagni vedono ancora il successo nel lavoro con sospetto, trattano le ricchezze personali come una colpa da cui essere mondati e perseguitano chi ha raggiunge una posizione con le proprie forze. La campagna d'odio che, da anni, stanno portando è avanti è quella tesa a neutralizzare Silvio Berlusconi. Ci hanno provato sui media progressisti pubblicando fotografie rubate, intercettazioni e gossip di ogni sorta per minarne la credibilità, ci hanno provato nelle aule giudiziarie per colpire economicamente le aziende di famiglia e ci hanno provato in parlamento per farlo fuori politicamente. "Queste elezioni sono come quelle del 1994 in cui si deve fare una scelta di campo - spiegava nei giorni scorsi il Cavaliere - o con una sinistra dell’invidia e dell’odio che pensa che lo stato sia un moloch con i cittadini al suo servizio oppure stare dalla nostra parte e cioè con chi difende i valori della vita ed ha una concezione dello Stato antitetica alla loro".


La sparata contro la figlia di Ichino rientra nella campagna d'odio della sinistra: chi ha successo nella vita è visto con sospetto






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Andrea Indini

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Published on February 08, 2013 10:59

Ecco la priorità di Bersani per convincere gli anti Cav: "Legge su conflitto d'interessi"

In ogni campagna elettorale la proposta che ricompatta il popolo degli anti berlusconiani è sempre la stessa: una legge contro il conflitto d'interessi. Lo avevano promesso a suo tempo sia Romano Prodi sia Walter Veltroni, lo promette a questo giro Pier Luigi Bersani. Un mantra ancestrale per rinsaldare l'antico patto che unisce la sinistra nell'odio comune contro Silvio Berlusconi. Uno slogan facile facile che, a dispetto di una Rai politicizzata a sinistra, dipinge il Cavaliere come il grande manovratore delle reti italiane. Il miraggio di una legge che uccide il libero mercato e imbrogli il leader del Pdl è l'asso nella manica che questa mattina ha calato il segretario del piddì in un messaggio all’associazione Articolo 21.


È solo una questione di priorità. Per ogni nuovo governo è così. Lo è stato per Mario Monti che, appena si è insediato a Palazzo Chigi, si è inventato l'Imu per andare a tassare i beni immobiliari. Lo stesso è per Silvio Berlusconi che, ieri, ha chiarito che tra i primi provvedimenti che intende approvare in caso di vittoria ci sono l'abolizione dell'Imu sulla prima casa, il rimborso dei soldi versati nella rata dell'anno scorso e le misure per favori l'ingresso dei giovani nel mondo dei lavori. Lo stesso è per Bersani assicurando che "un provvedimento sul conflitto di interessi sarà tra le prime leggi da approvare". La mossa di Bersani è tesa a ricompattare il popolo degli anti Cav che, complice lo scandalo su Mps, ha abbandonato Bersani per abbracciare le proposte del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e di Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. È, infatti, bastato l'appello del segretario piddì per mettere d'accordo tutti quanti. Il leader del Fli Gianfranco Fini ha subito sottoscritto un patto comune su conflitto interessi, antitrust, autonomia della televisione pubblica e libertà della rete chiedendo che "la legislazione italiana raggiunga gli standard europei nel campo delle garanzie per una corretta e pluralistica comunicazione giornalistica". All’iniziativa hanno subito aderito candidati dei diversi schieramenti politici. Tra questi Corradino Mineo (Pd), Andrea Olivero (lista Monti),Massimo Donadi, Franco Latorre, Flavia Perina, Fabio Granata e Ilaria Cucchi. In "totale sintonia" con Bersani, anche Bruno Tabacci: "Questa volta non succederà come nel 1996, la legge sul conflitto di interessi si farà e sarà uno dei primi provvedimenti del nuovo Parlamento".


Il candidato del Pd Piero Grasso assicura che il provvedimento verrà formulato addirittura entro i primi cento giorni di governo. Quello che ha in mente la sinistra, lo si capisce piuttosto bene dalle parole dell'ex procuratore nazionale anti mafia, è una legge cucita su misura per colpire Berlusconi. "Chi fa politica deve fare il bene degli altri, non il proprio - ha tuonato Grasso - è intollerabile, ad esempio, che gli avvocati di Berlusconi al mattino lo difendano nelle aule di udienza e di pomeriggio propongano norme ad personam nelle aule parlamentari, sempre a spese dei contribuenti". Insomma, mentre l'Italia affonda in una spirale recessiva e patisce il peso eccessivo della pressione fiscale, la sinistra mette al primo posto la revisione della legge Gasparri e una riorganizzazione della televisione pubblica. Un proposito che suono alquanto ridicolo se lanciato in piena campagna elettorale quando è sotto gli occhi di tutti come la stragrande maggioranza dei talk show siano ad appannaggio della sinistra. Lo stesso Festival di Sanremo, che andrà in onda a ridosso delle elezioni, sarà okkupato da ospito fazioni che, dal palco dell'Ariston, faranno comizi in favore dell'asse Bersani-Vendola.


Mentre la sinistra occupa Sanremo, Bersani invoca il conflitto d'interessi per ricompattare gli anti Cav. Altro che misure per abbassare le tasse, ecco le priorità del Pd






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Andrea Indini

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Published on February 08, 2013 07:56

February 7, 2013

Bersani offre a Monti la presidenza del Senato

Montiani e sinistra fanno i conti senza l'oste. Il piano è semplice: sovvertire la volontà popolare. All'indomani del voto, infatti, stringeranno un accordo di sopravvivenza per tenere lontano Silvio Berlusconi e il centrodestra da Palazzo Chigi. Nonostante l'asse Pdl-Lega Nord è in continua rimonta, Pier Luigi Bersani è convinto di potercela ancora fare, anche se di un soffio. E, a quel punto, si vedrà costretto a "inciuciare" con Mario Monti per garantirsi una maggioranza solida a Palazzo Madama e non soccombere ai ricatti dei franchi tiratori e delle frange estremiste.


Da giorni gli italiani assistono a un triste valzer tra il Professore e il segretario piddì. Schermaglie e abboccamenti, intervallati dalle tirate di orecchie di Nichi Vendola, tese a costruire la futura stampella. È già tutto pronto. Tanto che Francesco Verderami sul Corriere della Sera traccia una bozza di organigramma del futuro governo Bersani-Monti. Va da sé, rispetto alla scorsa estate, la situazione politica è un tantino cambiata: il Pdl non è più al 10% ma ha più che raddoppiato i consensi tra gli elettori; Monti è ai minimi storici dopo che la sua cura ha trascinato il sistema Italia in un vortice recessivo; il Pd continua a perdere colpi, indebolito dallo scandalo Mps e dall'ingresso in politica di Antonio Ingroia. Per questo i "pizzini" che girano tra i palazzi romani non parlano di un governo monocolore, ma di un inevitabile "inciucio". Sia Bersani sia Monti vogliono tenere lontano Berlusconi dalla vittoria e garantire anche al Senato la governabilità. E così scendono a patti.


Le caselle si stanno mettendo in ordine. I montiani sono in sofferenza. Pier Ferdinando Casini vede il suo Udc brancolare nel buio. Il Fli di Gianfranco Casini è dato per "non pervenuto" da sondaggisti e analisti. E al premier uscente non resta che nrigare per uno scranno, più o meno di prestigio, per non rimanere col cerino in mano. Per il momento, però, non vuole sbilanciarsi su un suo eventuale ruolo di ministro in un governo targato Berlusconi. "Da qui ad allora c’è ancora un secolo. Quindi sono temi prematuri". In realtà, la trattativa è già in corso. E, sebbene Monti agogni al dicastero di via XX Settembre, accorre Vendola a spegnere i suoi entusiasmi: "Monti ministro dell’Economia? Del governo Berlusconi...". Tuttavia, i ben informati dicono che, in caso di vittoria, Bersani sarebbe disposto a offrire a Monti la prima scelta. "Un conto è se il segretario del Pd sarà obbligato all'alleanza con Monti per non essere riuscito a ottenere l'autosufficienza al Senato - spiega Verderami sul Corsera - altra cosa è se, pur avendo i numeri, proporrà al Professore un patto di programma". E in questo caso ci sarebbe l'offerta della presidenza del Senato, trampolito per un potenziale candidatura al Quirinale.


Secondo fonti vicine alla lista "Scelta Civica",  Monti potrebbe indicare alcuni nomi come ministri. Le personalità potrebbero essere quelle di Irene Tinagli e Andrea Olivero. Anche ieri, del resto, il premier ha invitato Bersani a scegliere una posizione riformista, ottenendo per tutta risposta un niet del segretario Pd alla possibilità di marginalizzare Vendola: "Non ci penso neanche. Abbiamo un patto chiarissimo, ognuno può leggerlo. È un patto di centrosinistra, si parte da lì e nessuno pensa di rompere questo patto". A parole Bersani dice che non vuole tradire il patto fatto con gli elettori, in concreto è già al lavoro per accontentare il Professore che potrebbe, infatti, occupare un incarico istituzionale. E qui il pensiero va, appunto, al Colle o alla guida del Senato. D'altra parte, le caselle del ministero dell'Economia e della Farnesina sono già occupate. Al primo dovrà andare una personalità marcatamente di sinistra e in forte discontinuità con il programma proposto da Berlusconi per il rilancio del Paese. Al dicastero degli Esteri, invece, ecco rispuntare Massimo D'Alema che, ancora una volta, riuscirà a rimanere a galla.


Pur di non far andare al governo Berlusconi, la sinistra è disposta a scendere a patti coi centristi. Bersani è già al lavoro per siglare l'accordo: a Monti offrirà un ruolo istituzionale






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Andrea Indini



L'inciucio sinistra-Monti: è già un tutti contro tuttiIl miglior alleato di Monti? È sempre stato Bersani
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Published on February 07, 2013 04:12

February 6, 2013

Ecco come voterà la sinistra giustizialista

L'intellighenzia rossa non vota il Partito democratico. La stampa giustizialista non appoggia Pier Luigi Bersani. Gli intellettuali di sinistra stanno molto più a sinistra della sinistra. Così, qualora ci fosse ancora qualche dubbio, eccoli armarsi di carta e penna e fare sulle colonne di MicroMega un vero e proprio endorsement per il partito che intendono votare (nel segreto delle urne). Molti in campo per Rivoluzione Civile, la lista civile di Antonio Ingroia, e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Piuttosto nutrita anche la lista dei supporter di Nichi Vendola, mentre delude la fede democratica. Nessuna simpatia per Silvio Berlusconi o Mario Monti. Il centrodestra? Non è nemmeno contemplato.


Si tratta di un gioco per gli addetti ai lavori. Non che sapere cosa voterà la sinistra giustizialista aiuti a chiudere occhio la notte o serva a pagare le bollette, ma di sicuro spiega molte prese di posizione che, presentate come anelito di libertà, si traducono in cieca militanza partigiana. Come riporta Dagospia, in venticinque tra giornalisti, artisti e intellettuali hanno deciso di firmare l'endorsement nel numero di MicroMega che sarà in edicola da domani.
 Lidia Ravera, Roberto Esposito, Daniele Vicari (il regista di Diaz), Luciano Gallino, Marco D'Eramo e Giorgio Parisi sosterranno Vendola, al cui fianco si è schierata (via Twitter) anche Sabina Guzzanti.
 Al Sel, però, non andrà il maggior sostegno di MicroMega che invece appoggerà Rivoluzione Civile. Con una furbizia: il voto disgiunto. "Considerata l'impossibilità, fatte salve due o tre regioni tra cui la Campania, di raggiungere l'8 percento al Senato - spiega Dagospia - molti sostenitori di Ingroia lo voteranno soltanto alla Camera". A Montecitorio lo sbarramento è, infatti, al 4%. Proprio per questo, a Palazzo Madama, il voto andrà ai grillini. "Come si sarà capito - spiega il direttore di MicroMega, Paolo Flores D'Arcais - voterò Rivoluzione civile. Certamente alla Camera, mentre al Senato, se nella mia regione ci fosse assoluta certezza che non potrà raggiungere il quorum, voterò M5S".


Marco Travaglio, vicedirettore del Fatto Quotidiano, voterà Rivoluzione Civile alla Camera e Movimento 5 Stelle al Senato. Così Travaglio. "È il mio modo di intendere il 'voto utile' - spiega il giornalista - visto che nel mio Piemonte difficilmente la lista di Ingroia supererà lo sbarramento dell'8% necessario per entrare in Senato". Tra le altre motivazioni Travaglio ha deciso di "premiare" Ingroia e Grillo perché "garantiscono un'opposizione radicale al berlusconismo e all'ammucchiata Pd-Sel-Monti prossima ventura". Sulla stessa lunghezza d'onda buona parte della redazione del Fatto. Come aveva già anticipato nell'articolo Votare Ingroia al Senato è inutile?, Andrea Scanzi non esclude di votare Ingroia alla Camera, anche se dalle colonne di MicroMega sembra più propenso a votare il Movimento 5 Stelle in entrambe le Camere. "Con gli attivisti 5 Stelle in parlamento ci sarà un'opposizione reale che non farà sconti - spiega - l'esatto contrario dei Violante".


Quello che emerge immediatamente gli endorsement di MicroMega è che all'intellighenzia rossa non piace Bersani. Sono infatti pochi i sostenitori del Partito democratico. Tra questi troviamo Corrado Augias, Nando dalla Chiesa e Pino Corrias. Quest'ultimo, dopo aver lodato Zingaretti, scaglia una bordata (non l'unica) contro Rivoluzione Civile. Toni Negri, invece, appoggerà i Marxisti per Tabacci.


Tutti i voti degli intellettuali di sinistra. Per Vendola ci sono Lidia Ravera e Sabina Guzzanti. Augias, Dalla Chiesa e Corrias col piddì






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Andrea Indini


Marco Travaglio durante un monologo a teatro
Speciale: Elezioni Politiche 2013
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Published on February 06, 2013 06:52

Monti: "Io ministro in un governo riformista? Non lo escludo"

Sulla carta Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola sono ancora alleati. Sulla carta Mario Monti si porta ancora dietro rimasugli "centrini" che arrivano a mala pena al 10 per cento. Eppure i due candidati premier (il leader piddì e il Professore) stanno tessendo un'impresentabile alleanza che, pur di neutralizzare la rimonta di Silvio Berlusconi, prova a mettere insieme la sinistra radicale e i centristi. In un gioco delle parti che, giorno dopo giorno, ingombra quotidiani e telegiornali, Bersani e Monti si misurano a distanza ma convergono su un possibile governo "riformista". Tanto che il Professore si dice disposto ad accettarelo scranno in un ministero pur di rimanere all'esecutivo.


Per il premier dimissionario è ancora prematuro pensare a un ruolo da ministro in un governo guidato da qualcun altro dopo le elezioni. "Da qui ad allora c’è circa un secolo. Sono temi prematuri", ha detto prima di visitare la cooperativa Ceod, che si occupa di disabilità, a Padova. Tuttavia, la dichiarazione del Professore lascia intendere molto più di quello che in realtà ha solo pensato. Sebbene Bersani lo abbia ribattezzato come "un Berlusconi con il loden", i punti di contatto con Monti sono sempre maggiori. Il programma economico dei "montiani" limato all'ultimo dallo stesso Pietro Ichino per accontentare la sinistra radicale, le stoccate per nulla sobrie del Professore per demonizzare il centrodestra, il viaggio di Bersani in Germania per raccogliere i diktat della cancelliera Angela Merkel e le proposte di dialogo che i due leader si lanciano a distanza sono solo alcuni esempi di una trattativa in corso. Trattativa in cui prende parte lo stesso Vendola che, per non soccombere all'avanzata di Antonio Ingroia, prova a opporsi all'alleanza coi centrini che rischierebbe di sbilanciare la coalizione.


"Con Monti siamo pronti a collaborare", ha osservato ieri Bersani da Berlino dove ha incontrato anche il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Non è certo un mistero che la Merkel veda un nuovo governo Berlusconi come uno spauracchio. Ne è a conoscienza lo stesso Cavaliere che nelle ultime ore ha fatto circolare su Facebook un divertente "meme" per ironizzare sulla cancelliera tedesca: "Restituiremo Monti alla Germania". La "mossa" di Bersani nel quartier generale di "Scelta civica" è stata subito letta anche come una manovra per mandare un messaggio chiaro a Ingroia che continua ad attaccre il Partito democratico. Il risiko delle alleanze possibili post voto si snoda oggi attraverso una nuova serie di segnali a distanza tra i protagonisti, non senza "letture autentiche" di quelle frasi di ieri che hanno fatto i titoli dei quotidiani di oggi. Sondaggi alla mano, tuttavia, il Professore sa bene che l'idea di "salire" in politica è stata un vero e proprio flop e, nel caso in cui dovesse scendere a patti coi democratici, non potrà aspirare a un bis a Palazzo Chigi ma, al massimo, a un dicastero.


La coalizione del Prof è in continuo calo nei sondaggi. In caso di alleanza con la sinistra, però, potrebbe aspirare al massimo a un dicastero






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Andrea Indini

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Published on February 06, 2013 05:41

February 5, 2013

Il Pd punta sullo statalismo, ma Renzi imbarazza Bersani: "Togliere l'Imu? Si può fare"

Mentre Silvio Berlusconi sta incentrando tutta la campagna elettorale sulla necessità di abbassare la pressione fiscale, la ricetta di Pier Luigi Bersani è tutta incentrata su nuovi investimenti al settore pubblico. Quello presentato dal leader piddì è un piano in tre anni del peso di 7 miliardi e mezzo per rifinanziare le scuole e gli ospedali. Ma, ancora una volta, è Matteo Renzi a ricentrare il punto che sta più a cuore agli italiani impoveriti dalla recessione economica: le tasse. "La proposta di Berlusconi di eliminare l’Imu sulla prima casa - ha spiegato - è fattibile".


Il Partito democratico non ci sta a incentrare la campagna elettorale sul fronte delle tasse. Di abbassarle, la sinistra, non ce l'ha mai avuto in mente. D'altra parte, come dimostra uno studio fatto dalla Cgia di Mestre, la pressione è scesa ogni qual volta è andato al governo il centrodestra. Sin dalle prima battute di campagna elettorale lo stesso Berlusconi ha incentrato la propria ricetta per rilanciare il sistema Italia puntando sulla riduzione delle tasse: l'eliminazione l'Imu sulla prima casa, l'abolizione dell'Irap, la detassazione per le imprese che assumono i giovani e il condono tombale. Il Pd, invece, punta ancora una volta sulle opere pubbliche. Ieri sera, negli studi di PiazzaPulita, Bersani ha illustrato un piano per "ristrutturare scuole e ospedali" e finanziare progetti ambientali con la copertura che dovrebbe arrivare da "un allentamento del patto di stabilità con gli enti locali, con nuovi fondi strutturali e con la diminuzione delle spese per la difesa". Opere che "devono partire entro sei mesi" per creare lavoro.


"Noi stiamo scommettendo di vincere sulla serietà perché il Paese è nei guai e io non farò un altro mestiere - ha sottolineato Bersani - sono capace anch’io di prendermi un titolo sui giornali dicendo che restituirò i soldi dei viaggi di nozze ma non lo intendo fare". Una linea sulla quale si trova perfettamente d’accordo anche Renzi. "Il Pd ora è in testa - è l’invito del sindaco di Firenze - non si azzuffi su Balotelli ma mostri come immaginiamo il futuro sulla scuola, sui giovani, a quel punto Berlusconi sembrerà una sorta di Superpippo". Entrambi, però, non intendono aprire alla possibilità di abbassare la pressione fiscale, preferiscono "investire" una pioggia di soldi in opere senza nemmeno porsi il problema della razionalizzazione dei costi e degli sprechi della pubblica amministrazione mettendo mano, per esempio, ai buchi nella sanità fatti dalle Regioni rosse. Renzi si limita a dire che a lproposta di Berlusconi di eliminare l’Imu sulla prima casa è "fattibile" creando, così, un certo imbarazzo tra democratici e montiani. "Il centrosinistra - è il monito di Renzi - è in vantaggio e queste elezioni possiamo perderle solo noi se ci facciamo prendere dalla paura, bisogna invece non inseguire Berlusconi ma mostrare come governeremo noi il Paese tra venti giorni". Il fatto è che non si tratta di inseguire il Cavaliere ma andare al cuore dei problemi e delle preoccupazioni che affliggono gli italiani. Berlusconi lo fa, la sinistra no. E i sondaggi premiano il leader del Pdl che, dopo la proposta di rimborsare i soldi dell'Imu, si è portato a un passo dal centrosinistra.


Al Cav che vuole abbassare la pressione fiscale, Bersani risponde proponendo più investimenti nel pubblico. Ma Renzi apre: "Togliere l'Imu si può..."






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Il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani
Renzi: "Togliere l'Imu è possibile"
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Published on February 05, 2013 00:17

February 4, 2013

Prima della idea choc sull'Imu, il Cav già a un passo dalla sinistra

La rimonta è davvero a un passo. Silvio Berlusconi sorride soddisfatto, annunciando di avere qualche cartuccia ancora da sparare prima che finisca la campagna elettorale, mentre la sinistra sente con maggiore insistenza l'odore della sconfitta. Ad ogni sondaggio che viene preparato il quartier generale di via del Nazareno suda freddo: nel giro di poche settimane il Cavaliere ha quasi azzerato il divario tra il centrodestra e la coalizione capitanata da Pier Luigi Bersani. Secondo un sondaggio Tecnè, effettuato per Sky Tg24 prima che l'ex premier lanciasse la proposta di rimborsare i soldi dell'Imu agli italiani, la coalizione guidata da Berlusconi (28,9%) è a soli quattro punti da quella di Bersani (32,9%). Secondo diversi analisti, però, la restituzione della tassa sulla casa e il condono potrebbero pesare un paio di punti percentuali.


L'incubo degli anti berlusconiani è sempre più concreto. I democratici che, fino a qualche settimana fa, si sentivano già la vittoria in tasca. Tanto che, lo scorso agosto, già facevano circolare "pizzini" per mettersi d'accordo su come spartirsi le poltrone. Allora, una gola profonda del Partito democratico aveva "cantato" a un cronista del Foglio l'organigramma del futuro esecutivo: Bersani a Palazzo Chgi (con delega al dicastero dell'Economia), Massimo D'Alema ed Enrico Letta ministri, Walter Veltroni alla presidenza di Montecitorio. Nel giro di pochi mesi, però, Bersani e compagni si sono bruciati quasi dieci punti di distacco. Lo scandalo Mps e l'eccezionale campagna elettorale del Cavaliere stanno definitivamente convincendo gli italiani (e in particolar modo gli elettori più indecisi) che alle prossime elezioni, mai come prima, si troveranno dinnanzi una vera e propria scelta di campo. Dopo tredici mesi di politiche di austerity e di tasse, Berlusconi ha proposto agli elettori misure chiare tese a rilanciare il sistema Italia. Dall'abolizione dell'imposta sulla prima casa al rimborso dell'Imu versata nel 2012, dalla detassazione per le imprese che assumono i giovani alle politiche sociali per le famiglie meno abbienti: il piano economico del Cavaliere si impone in netta antitesi rispetto alle politiche messe in campo fino a oggi da Mario Monti e rispetto al programma sottoscritto da Bersani e Vendola.


Secondo il sondaggio Tecnè, la coalizione di centrosinistra formata, da Pd, Sel e Centro democratico, si aggira intorno al 32,9% registrando un calo dell'1,4% rispetto al precedente ribasso incassato in seguito allo scandalo del Monte dei Paschi di Siena. In continua salita è, invece, la coalizione di Berlusconi che registra un ulteriore balzo in avanti dello 0,3% e si porta al 28,9 per cento. Per la sinistra il margine di vantaggio è sempre più ridotto (appena 4 punti percentuali) e non tiene ancora conto della proposta lanciata ieri da Berlusconi. Il rimborso dell'Imu potrebbe spostare ulteriormente il voto a favore del Pdl. Sebbene l'idea sia stata subito bocciata dalla sinistra e dai montiani, analisti e sondaggisti concordano sulla portata della mossa del Cavaliere. "Senz'altro funzionerà", assicura l'istituto Piepoli. Sebbene sia ancora presto per dare numeri precisi, la restituzione dell'Imu potrebbe valere 2 punti percentuali. Se così fosse, gli incubi notturni di Bersani potrebbero anche diventare realtà.


Le distanze sono nettamente maggiori nelle rilevazioni statistiche di Emg divulgate dal TgLa7 di Enrico Mentana. Rispetto alla scorsa settimana la distanza si accorcia ma resta comunque 8 punti. I sondaggi indicano infatti che il centosinistra è ancora in vantaggio con il 35,9% ma perde lo -0,9% rispetto la scorsa settimana. In particolare, in calo risulterebbe tutta la coalizione: il Pd sarebbe al 30,2% (-0,5%), Sel al 4,6% (-0,1%) mentre altri partiti alleati arriverebbero all’1,1% (-0,3%). La coalizione guidata da Mario Monti risulta invece in lieve crescita al 14,6%, con Scelta civica con Monti che sale al 10,1% mentre Udc e Fli sono in calo, rispettivamente al 2,8% (-0,3%) e all’1,7% (-0,1%).


Il centrodestra totalizzerebbe invece il 27,9% (-0,1%) con il Pdl che perde lo 0,4% rispetto la scorsa settimana e scende al 19,6%, la Lega Nord-Lista Lavoro e Libertà al 4,8%, La Destra all’1,1% (-0,5%), Fratelli d’Italia allo 0,8%  e tutti gli altri partiti di centrodestra (Grande Sud, Mpa, Intesa Popolare, Mir, Pensionati, Liberi per l’Italia Equa) che otterrebbero nel complesso l’1,6% (?,6%). Non irrilevante la crescita del Movimento 5 Stelle che recupera l’1% e arriva al 14,5% mentre la coalizione capeggiata da Antonio Ingroia di Rivoluzione civile flette al 4,6% (-0,4%), con un’astensione al 25,9%, le schede bianche al 2,2% e gli indecisi all’8,2%.  Infine altri partiti tra cui Fare, per fermare il declino (che guadagna lo 0,4% e sarebbe all’1,4%), Amnistia Giustizia e Libertà (0,4%), e altre formazioni (0,7%) costituirebbero una fetta del 2,5%. 


Secondo l'ultimo sondaggio Tecnè, che risale a sabato scorso, il distacco era del 4%. Bersani trema...






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Andrea Indini

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Published on February 04, 2013 07:55

February 3, 2013

Grillo contestato a Parma, la protesta delle famiglie: "Con Pizzarotti è stangata"

Torna a Parma, città simbolo dell'exploit a cinque stelle alle ultime elezioni amministrative. Torna a Parma e viene contestato perché l'amministrazione guidata da Federico Pizzarotti non solo non funziona, ma ha fatto alzare sensibilmente il costo della vita. E, così anziché trovarsi davanti ai soliti militanti in adorazione e pronti ad applaudiri e sostenere qualsiasi insulto, Beppe Grillo è stato contestato in quella che lui stesso considera la Stalingrado del Movimento 5 Stelle.


Ieri sera erano in circa cinquemila, tutti stipati in piazza Garibaldi per il comizio finale della giornata emiliano-romagnola dello "Tsunami tour". Una tappa che aveva un sapore diverso. Perché, mentre nel resto d'Italia, Grillo e compagni vanno avanti a suon di slogan e anti politica, Parma è ormai la città simbolo del Movimento 5 Stelle dal momento che, dalla scorsa primavera, è guidata dal grillino Pizzarotti. Qui, dunque, il comico non potrebbe buttarla solo sull'anti politica perché la gestione a cinque stelle è sotto gli occhi di tutti. Eppure lo fa. "Viviamo in un momento di stallo e se la prendono con Pizzarotti - tuona il guru del M5S - la procura sta indagando sulla gestione passata di Parma e dicono che la causa del buco è di Pizzarotti. Qui è finito il giochino degli appalti truccati". I cittadini non apprezzano. Come non apprezzano le politiche sociali messe in campo dal primo cittadino. Fra le persone presenti in piazza erano presenti anche un centinaio di aderenti al Comitato Famiglie Parma che, "armati" di passeggini vuoti, hanno contestato la decisione dell’amministrazione Pizzarotti di alzare le tariffe di asili nido e materne e di cancellare il quoziente Parma che permetteva sconti ai nuclei con più figli.


A loro, che hanno esposto lo striscione "Asili e materne tariffe alle stelle", Grillo ha risposto dal palco: "Pizzarotti ha aumentato le rette ai più ricchi per aiutare le famiglie più povere. In passato invece di aiutare le scuole hanno fatto un ponte del...". "Non è vero che gli aumenti hanno colpito solo le famiglie più ricche - ha replicato Giuliana Marcon, portavoce del comitato - una famiglia con reddito Isee di 32mila euro, cioè tutte quelle dove lavorano marito e moglie ed ha un casa di proprietà, dovrà pagare per due figli al nido 1.300 euro al mese". Ci sono, infatti diverse famiglie numerose che, vista la cancellazione del quoziente Parma, sono già state costrette a togliere uno dei propri figli dal nido perché non se lo possono più permettere. "Il 60% delle famiglie di Parma hanno votato Pizzarotti", ha aggiunto Alfredo Caltabiano, del comitato nazionale delle famiglie numerose, rivendicando il diritto di fare sentire la propria voce. "Vogliamo parlare con Grillo per fargli presente che il quoziente Parma è equo - ha concluso - il contrario di quanto dice il comune di Parma che lo ha tolto". Ma Grillo non è abituato ad ascoltare le critiche.


Lo Tsunami Tour arriva a Parma: Grillo punta ancora sull'anti politica, ma la piazza lo inchioda sulle politiche di Pizzarotti contro le famiglie






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Andrea Indini



Grillo e Pizzarotti contestati a Parma
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Published on February 03, 2013 23:48

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Andrea Indini
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