Andrea Indini's Blog, page 184

March 19, 2013

Via alla partita per il Quirinale, Bersani finge di aprire al Pdl: "Ma non sarà il Cav a scegliere"

Silvio Berlusconi è stato chiaro: "La presidenza della Repubblica non deve andare alla sinistra". Dopo il colpo di mano di Pier Luigi Bersani, che alla prima prova del parlamento, si è portato a casa i presidenti di Camera e Senato, la partita per il prossimo inquilino del Colle si preannuncia infuocata. Alla minaccia del Cavaliere di portare il centrodestra in piazza qualora la sinistra occupasse anche il Quirinale, il Pd sembra accennare timide apertura. "Anche altre forze politiche devono concorrere", ha spiegato Davide Zoggia ai microfoni di Agorà.


"Il problema esiste. Non è un'invenzione di Berlusconi". Mentre con un occhio guarda alla complicata partita che lo porterà davanti a Giorgio Napolitano con la lista dei ministri, con l'altro Bersani tiene sotto controllo l'imminente elezione del nuovo presidente della Repubblica. Due partite che sono inestricabilmente legate e che rischiano di far implodere la già difficile situazione a Palazzo Madama. Secondo un retroscena pubblicato da Repubblica, il leader piddì avrebbe capito che il centrosinistra non può permettersi "un'occupazione militare delle cariche istituzionali", tanto più dopo che non è nemmeno riuscito a vincere le elezioni. Proprio per questo sul nuovo inquilino del Colle occorre "cercare una soluzione anche con il Pdl". "Non su un nome loro, ovviamente - è il ragionamento di Bersani - ma si deve provare a condividere una proposta". Una mossa che tende quindi a escludere Gianni Letta, sul cui nome aveva converso gran parte del centrodestra, per favorire la "riserva" Giuliano Amato. Questa volta il nome del Dottor Sottile viene portato avanti da una certa sinistra mentre nel 2006 era stato il Cavaliere a sentenziare: "È il migliore di tutti". Sebbene possa avere i consensi sufficienti per portare Amato al Colle, Bersani non se la sente di voltare le spalle ai Cinque Stelle ai quali ha già tirato un brutto scherzo a Montecitorio sul sui scranno ha messo la Sel Laura Boldrini. La partita è spinosa. E, quindi, si avanzano nomi su nomi. In via del Nazareno si parla di Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Giuseppe De Rita e Romano Prodi. E, ovviamente, Massimo D'Alema che, oltre al benestare della sinistra estrema, godrebbe qualche consenso anche tra le schiere del centrodestra. "Per il Quirinale serve una personalità super partes - ha avvertito il senatore del Pdl Gaetano Quagliariello - i nomi circolati sinora, Mario Monti compreso, non lo sono".


Per Zanda il successore di Napolitano al Quirinale dovrà essere "un presidente democratico, assolutamente equidistante e rispettoso dello Stato di diritto e del ruolo che la Costituzione gli assegna". Insomma, un presidente che deve sottostare allo screening dei democrat. "Quella tra 'moderati' e 'non moderati' - ha osservato l'esponente piddì - è una divisione che non conosco: nella difesa della Costituzione il presidente della Repubblica deve essere radicale". In realtà, le aperture dei big del Pd suonano sibilline e rischiano di rivelarsi una vera e propria trappola. Non a caso Berlusconi sente aria di golpe. Anche ieri pomeriggio, incontrando i neo eletti per nominare i capigruppo di Camera e Sanato, ha detto chiaramente che Bersani punta a governare con i voti del Movimento 5 Stelle facendo fuori il Pdl che, alla scorse elezioni, ha portato a casa quasi 10 milioni di voti. L'occupazione militare delle istituzioni è già in atto. E la mano tesa di Bersani al centrodestra suona più come un bluff.


La partita per il Quirinale si fa tesa. Si allarga la rosa dei nomi. In pole position Amato, Prodi e D'Alema. Bersani apre al Pdl: "Sì al dialogo". Ma c'è puzza di bluff





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Pier Luigi Bersani durante le votazioni per il nuovo Presidente della Camera
Il Cav: "Se la sinistra prende il Colle daremo battaglia"
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Published on March 19, 2013 03:13

March 18, 2013

"Sono caduti in una trappola". Grillo "perdona" i dissidenti?

Nessuna resa dei conti tra i Cinque Stelle. Almeno per ora. Ieri pomeriggio il senatore Giuseppe Vacciano aveva messo sul tavolo le dimissioni: "Sono pronto a lasciare se la base vuole, non certo perché lo dice Grillo il cui parere vale esattamente quanto vale quello di chiunque altro all’interno del movimento". Vacciano è uno dei "dissidenti" - in tutto una decina - che hanno votato Pietro Grasso per la presidenza di Palazzo Madama, in dissenso con il diktat del guru pentastellato. Sul destino dei dissidenti grillini decideranno i colleghi parlamentari. Se nelle prime ore si parlava già di epurazioni ed espulsioni, Beppe Grillo è stato costretto a frenare vedendo acuirsi le polemiche sui social network.


"L’elezione di Grasso è stata una trappola, il M5S non deve cadere in queste trappole. In gioco non c’è Grasso, ma il rispetto delle regole del movimento". Questa mattina, in un nuovo intervento sul blog, Grillo sembra perdonare i dissidenti che hanno contribuito all'elezione dell’ex procuratore antimafia. Per questa volta, i grillini si prendono solo un bugìffetto sulla guancia e un richiamo a rispettare le regole del "codice di comportamento degli eletti". Per il comico genovese, Laura Boldrini e Pietro Grasso non sono scelte di alto profilo, ma "foglie di fico". Non cita i parlamentari a Cinque Stelle. Del resto la reprimenda dopo la spaccatura al Senato, l'aveva già "tuonata" sabato notte. Oggi è tornato alla carica smorzando i toni e graziando chi ha votato Grasso. La questione dovrebbe essere affrontata in un’assemblea congiunta di Camera e Senato: se gli eletti lo decideranno a maggioranza, si potrà sottoporre l’espulsione dal M5S dei "dissidenti" a un voto online dei militanti. Molto probabilmente non ci sarà alcuna epurazione. Ci sarà un’assemblea dei gruppi di Camera e Senato sul "caso di coscienza", ma non è stata fissata ancora una data precisa. Il messaggio lanciato da Grillo (e Casaleggio) dal blog vale come avvertimento in vista della fiducia al governo Bersani e dell'elezione della presidenza della Repubblica. Tutti i grillini si affrettano ad assicurare che al Pd non verrà data nessuna fiducia:"La scelta tra Schifani e Grasso era una scelta impossibile. Si trattava di decidere tra la peste bubbonica e un forte raffreddore". Quindi il perdono del capo: "I giochi erano già fatti per mettere in difficoltà il MoVimento 5 Stelle. Qualcuno, anche in buona fede, ci è cascato. Lo schema si ripeterà in futuro. Berlusconi proporrà persone irricevibili, il pdmenoelle delle foglie di fico. Il M5S non deve cadere in queste trappole".


La ferita resta aperta, comunque. La spaccatura a Palazzo Madama è un cattivo inizio di legislatura. E Grillo lo sa bene: la "diversità" di un movimento duro e puro si è dissolta alla prima prova dell'aula. È lo scotto che i Cinque Stelle pagano per non avere un leader in parlamento. Lo stesso Vacciano fa presente, in una lunga intervista alla Stampa, ricorda a Grillo che il suo parere "vale esattamente quanto vale quello di chiunque altro all’interno del movimento". La scelta di Grasso, che Vacciano rifarebbe se si ritrovasse nella stessa condizione, ha scatenato in rete un dibattito fortissimo. Molti sono convinti che la scelta di non mantenere la distanza dalla casta sia stata sbagliata. "C'è differenza tra un voto destinato a una carica istituzionale rappresentativa e un voto destinato a chi deve governare - ha spiegato Vacciano - questo secondo voto, se dovessi rimanere in carica da me non lo avranno mai".


La retromarcia di Grillo potrebbe essere dettata dalla mal parata del web che non ha affatto gradito i diktat e le minacce di epurazione. Mentre su Facebook viene aperta una pagina per sostenere il senatore "dissidente", su forum e sui blog il guru pentatsellato viene accusato di atteggiamenti antidemocratici. Su Facebook la senatrice Elena Fattori, che ammette di aver votato Grasso, è convinta di essersi adeguata alle "indicazioni dell’assemblea e della mia coscienza". A Palazzo Madama, tuttavia, il capogruppo Vito Crimi le tenta tutte per spegnere l'incendio che rischia di bruciare il M5S: "Abbiamo creato un precedente pericoloso. Questa non è democrazia, è anarchia. Avevamo promesso tutti di seguire le decisioni della maggioranza e così non è stato". In una intervista a Repubblica, fa sapere che chiederà a ciascun senatore di dichiarare il proprio voto sul ballottaggio che ha portato Pietro Grasso alla presidenza del Senato. "Chiederò loro se si rendono conto della gravità di quanto è accaduto... - ha fatto sapere Crimi - se fossi al loro posto io rimetterei il mandato nelle mani dei miei elettori". Il fatto è che gli elettori non sono poi così d'accordo con le purghe staliniste tanto care a Grillo.


Resa dei conti tra i Cinque Stelle. Il web si schiera coi dissidenti. Vacciano avverte Grillo: "Il suo parere vale uno". E il comico frena: "D'ora in poi rispettate il codice"





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Andrea Indini



Grillo attacca il Pd. Ma i suoi gli dicono "vaffa"Epurati anche in rete. Via 2.200 ribelliQuando Grillo voleva candidati liberi di esprimersi
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Published on March 18, 2013 09:36

Quando Grillo diceva: "Ogni candidato deve esprimersi liberamente"

Adesso Beppe Grillo sventola il codice del Movimento 5 Stelle. Adesso che i suoi sono ben comodi sugli scranni dei palazzi romani, si preoccupa di creare una gerarchia interna a quello che, molto velocemente, si sta trasformando in un partito. Eppure solo qualche anno fa, il guru pentastellato andava sbraitando contro quelle forze politiche che in Aula votano compatte seguendo le indicazioni dei capigruppi. Contro di loro puntava il dito e inveiva: "Non siete nulla, solo pulsante e distitivo".


Probabilmente non ci sarà alcuna espulsione. Probabilmente il manipolo di dissidenti che hanno tradito la fiducia di Grillo per dare una mano a Pier Luigi Bersani a far salire Pietro Grasso alla presidenza del Senato se la caveranno con un semplice buffetto sulla guancia. Tuttavia, la prima frattura nel Movimento 5 Stelle ha fatto imbufalire Grillo che, nelle ultime ore, ha duramente attaccato i neo eletti invitandoli a votare compatti secondo le istruzioni dei due capigruppo, Roberta Lombardi alla Camera e Vito Crimi al Senato. "Il M5S non deve cadere in queste trappole. Comunque, il problema non è Grasso", ha spiegato il comico genovese sul blog ricordando che in gioco c'è il rispetto delle regole del movimento. "Non si può disattendere un contratto - ha contonuato - chi lo ha firmato deve mantenere la parola per una questione di coerenza e di rispetto verso gli elettori". In realtà, Grillo non può proprio fare battaglie sulla coerenza. Basta dare un'occhiata a quanto diceva l'11 agosto del 2011 per capire che, prima che i Cinque Stelle entrassero in parlamento, era profondamento contrario al voto compatto. "La libertà di ogni candidato di potersi esprimere liberamente in parlamento senza chiedere il permesso a nessun capo bastone sarà la sua vera forza", scriveva in un comunicato stampa. Allora, era più facile fare la ramanzina ai partiti che sedevano alle Camere. Allora, poteva benissimo dire che il M5S vuole che "i cittadini si facciano Stato, non che si sostituiscano ai partiti con un altro partito". Allora, gli bastava dire che "i partiti sono morti, organizzazioni del passato" e che i movimenti sono il futuro per eccitare le folle dal "vaffa" facile facile. Adesso è tutta un'altra storia: deve tenere a bada 109 deputati e 54 senatori che pensano con la propria testa, che possono cedere alle lusinghe del Partito democratico, che rischiano di abbandonare il carrozzone pentastellato. Il fatto che Grillo non sia fisicamente presente in Aula, rende la partita ancora più scomoda.


Dopo la tirata d'orecchi di sabato notte, oggi il comico genovese è tornato a mettere in chiaro il regolamento. "Se il gruppo dei senatori del M5S avesse deciso di votare a maggioranza Grasso e tutti si fossero attenuti alla scelta, non vi sarebbe stato alcun caso - ha ribadito - in gioco non c’è Grasso, ma il rispetto delle regole del M5S". Nel "Codice di comportamento degli eletti in parlamento", che è stato sottoscritto liberamente da tutti i candidati, al punto Trasparenza è infatti scritto: "Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S". Insomma, una volta che il movimento ha deciso chi non è d'accordo deve zittire la propria coscienza. I Cinque Stelle non tutelano la libertà del singolo. Anche se nell'agosto del 2011, ero lo stesso Grillo a dire: "Oggi i parlamentari sono soltanto dei peones ce schiacciano un pulsante se il capo, che li ha nominati, lo chiede. Non sono nulla, solo pulsante e distintivo". Proprio come i parlamentari del M5S.


Grillo invita i suoi a votare seguendo le indicazioni del movimento. Ma nel 2011: "I candidati non devono sottostare ai capi bastone"





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Andrea Indini


Vito Crimi mentre vota per l'elezione del presidente del Senato
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Published on March 18, 2013 07:00

March 15, 2013

I grillini in piccionaia tra slogan e ideologia: non "salutano" il Papa

"Si può entrare in Aula con una cravatta che rechi una scritta?". Un giovane parlamentare del Movimento 5 Stelle interroga Roberta Lombardi mentre aspettano di entrare, insieme a tutti gli altri neo eletti grillini, a Montecitorio. "Penso di sì - risponde la capogruppo dei Cinque Stelle - il dressing code dice giacca e cravatta". La scritta, per nulla elegante, è "No carbone". Il primo giorno di parlamento dei seguaci di Beppe Grillo è un cliché che mischia l'ideologia grillina agli slogan antagonisti: dalle spille "No Tav" agli auto scatti su mezzi pubblici, dagli slogan contro gli sprechi della casta agli inseparabili pc con cui trasmettere il verbo della democrazia trasparente. "La storia ha inizio", ha commentato il comico genovese.


"Scusi per l’Aula dove devo andare?". Emozionati, ma per nulla intimoriti, i 109 deputati e i 54 senatori neo eletti fanno il loro primo ingresso in Aula. Sono arrivati i "marziani", come li definiscono i parlamentari più "esperti". Molti di loro hanno scelto di rendersi riconoscibili appuntando al bavero della giacca o, per le donne, al foulard che portano al collo, una spilletta del Movimento 5 Stelle. Alla fine non c'è stata alcuna "marcia" dal Colosseo a Montecitorio. I grillini si sono limitati a una disciplinata fila davanti ai "cancelli", mezz’ora prima dell’inizio: alla Camera come al Senato sono entrati in fila, ordinati, in abiti adeguati alla solennità del momento, con i capigruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi ad aprire gli schieramenti. La maggior parte avevano con sé l’inseparabile valigetta porta computer a tracolla. "È un bel momento - ha sottolineato la Lombardi - e il primo giorno che i cittadini possono esprimere il loro voto in Parlamento ed esprimersi per il loro presidente di Camera e Senato". Come negli ultimi giorni, i senatori si sono dati appuntamento nell’aula della commissione Industria di Palazzo Madama e lì si sono scambiati le prime impressioni e le ultime indicazioni sul comportamento da tenere in Aula. "Ho un nodo allo stomaco", ha detto uno. "Che responsabilità...", ha fatto eco un altro. "A piedi verso Palazzo Madama - ha commentato il capogruppo pentastellato Vito Crimi - la gente che ci incrocia e ci incoraggia a tener duro e a non mollare adesso non ha prezzo".


I neo eletti ci tengono a segnare la differenza rispetto agli esponenti degli altri partiti sottolineando che stanno arrivando nei palazzi romani non in auto blu, ma con autobus e metro. La piemontese Laura Castelli si fa fotografare in piedi in autobus: "Il 170 è troppo comodo per andare a Montecitorio...". Il campano Angelo Tofalo, invece, immortala il tabellone della metropolitana di Roma. Anche le Camere si trasformano in un vero e proprio set fotografico. Smartphone e iPad alla mano i parlamentari hanno continuato a postare gli scatti sui social network. Tra questi anche l'immagine di un apriscatole, con a fianco una spilletta del Movimento 5 Stelle e i tesserini parlamentari dei senatori Maurizio Buccarella, Barbara Lezzi e Daniela Donno. Un chiaro riferimento alla dichiarazione più volte ripetuta da Grillo in campagna elettorale: "Gli eletti 5 Stelle apriranno il parlamento come una scatola di tonno". In realtà, al primo giorno di "scuola", sembrerebbe che i Cinque Stelle stiano trasformando il parlamento in un (pessimo) reality. Non a caso, nella tribuna di Montecitorio, è stato avvistato anche l'ex Gf Rocco Casalino, adesso portavoce pentastellato.


"Siamo appena entrati in aula per la prima seduta! Operazione 'fiato sul collo' già iniziata - ha commentato l'onorevole Simone Valente - abbiamo occupato le ultime due file in alto in modo da controllare tutto". Una volta entrati a Montecitorio, i deputati del M5S hanno infatti occupato i posti che prima appartenevano a parte del Pdl e dei futuristi di Gianfranco Fini. Nella prima seduta non c’è assegnazione predefinata dei posti che verranno assegnati successivamente dall’ufficio di presidenza. Una nursery è stata allestita al piano della tribuna stampa per la deputata Loredana Lupo che ha un bimbo di pochi mesi. Anche a Palazzo Madama, invece, hanno ottenuto di prendere posto negli ultimi banchi, in fondo al centro, per "controllare" i colleghi nel nome della trasparenza. Tra questi anche il piemontese Marco Scibona che si distingue per la cravatta con la scritta "No Tav". Le file dei Cinque Stelle sono rimaste immobili e sedute quando il presidente di turno Emilio Colombo ha citato il papa Francesco e tutti i senatori si sono alzati in piedi per applaudire. Qualche grillino ha addirittura manifestato anche gesti di insofferenza scuotendo le mani. Il gesto è il primo messaggio di rottura - condita da una fortissima dose di ideologia e cattiva educazione - nei confronti di un sistema che vorrebbero ribaltare. In realtà, ogni singolo movimento sembra essere studiato a tavolino per prendere le distanze dagli altri partiti e finire sulle pagine dei quotidiani. A partire dai bicchieri. Come si usava alle feste in casa, i Cinque Stelle hanno fatto una scelta low cost per ristorarsi durante le lunghe assemblee di queste ore: bicchieri di plastica col nome scritto in pennarello. La Lombardi si è addirittura messa in fila per bere dalla "fontanella" da cui scorre a Montecitorio l'acqua "pubblica" dell’antichissimo condotto di Trevi. Anche questa, una scelta testimoniata dalle pagine Facebook dei neoeletti. Con tanto di dibattito in proposito. Il convinto ecologista Paolo Bernini ha subito trovato il punto debole della strategia: "Scempio di plastica a Montecitorio". E un sostenitore ha suggerito: "E se ciascuno si portasse la sua borraccia?".


Grillo battezza i neo eletti: "La storia ha inizio". Il M5S occupa le ultime file delle Camere: è l'operazione "fiato sul collo". Viaggio tra i grillini alla prova del parlamento





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Andrea Indini

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Published on March 15, 2013 09:06

March 14, 2013

Adesso i grillini chiudono al Pd: "Alle presidenze delle Camere voteremo i nostri candidati"

Il Movimento 5 Stelle annuncia battaglia sui regolamenti delle Camere per stringere i tempi e "riportare al centro il Parlamento dopo anni di immobilismo". Nel video congiunto - ormai un’abitudine, quella dei "grillini" di sostituire filmati autoprodotti ai consueti comunicati - diffuso in rete per fare il punto della situazione, i capigruppo pro tempore dei Cinque Stelle Roberta Lombardi e Vito Crimi confermano che per le presidenze di Montecitorio e Palazzo Madama punteranno su candidati propri. Insomma, dialogo chiuso coi "pontieri" democratici che nelle ultime ore hanno provato a trovare la quadra con la nutrita delegazione pentastellata. Tuttavia, la strada per Marta Grande, che inizialmente sembrava strappare i consensi anche ai big di via del Nazareno, sembra in salita dopo l'ammissione di non avere in tasca alcuna laurea valida per l’ordinamento italiano.


La Lombardi seduta mentre Crimi sta in piedi, alle sue spalle, appoggiato alla spalliera dello scranno. Lo sfondo è quello di velluto rosso con lo stemma della Camera di un’Aula di commissione a Montecitorio. I capigruppo designati hanno confermato che per le presidenze delle Camere il Movimento 5 Stelle punterà su propri candidati. Le "rose" di candidature per la presidenza dei due rami del Parlamento sarebbero composte da sette nomi per il Senato e dieci per la Camera. È satato Crimi a spiegare la procedura interna per individuare il candidato. Una sorta di "doppio turno", come lo definisce lui stesso nel video congiunto diffuso su interne. "Ci riuniremo al Senato e voteremo un nostro candidato presidente, a voto palese - ha spiegato - poi dopo avere 'graticolati' - cioè sottoposti al fuoco di fila di domande per testarne doti e preparazione - quelli che hanno più voti, ne sceglieremo uno e quello sarà il nostro candidato fino alla fine". Il Pd non vuole darsi per vinto. E spera di riuscire a "convincere" il fronte grillino a trovare una "scelta condivisa" che permetta di mettere insieme uno straccio di governo capace di camminare sulle proprie gambe. "Fino all’ultimo - hanno fatto sapere dal quartier generale democratico - lavoreremo non per l’autosufficienza, ma per una larga assunzione di responsabilità".


per il momento, insomma, Cinque Stelle non scenderanno a compromessi con Pier Luigi Bersani. Nei corridoi dei palazzi romani vanno ripetendo in continuazione che le poltrone non sono merce di scambio. Sfumano sempre di più le possibilità di un accordo in vista di un governo con i democratici, anche se la super favorita dei grillini, la 25enne Marta Grande, è finita nel tritacarne mediatico per i suoi titoli di studio. Sem brerebbe che la neo deputata, che al momento della certificazione dei titoli di studio aveva dichiarato di aver conseguito un pezzo di carta all'Università dell'Alabama e di essere sulla buona strada per conseguirne anche uno in Cina, non sappia come avvalersi delle proprie lauree, almeno non Italia. Pare, infatti, che i titoli accademici sfoggiati all'atto d'iscrizione a Montecitorio, non abbiano alcun valore. Dopo i clamorosi falsi di Oscar Giannino, la brutta abitudine della lauree "false" contagia anche la grillina che vorrebbe calcare le orme di Nilde Jotti.


Il M5S annuncia battaglia. I capigruppo puntano sui propri uomini e sbarrano il passo ai "pontieri" democratici. Ma scoppia il caso delle lauree (false?) di Marta Grande





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Andrea Indini



Risiko poltrone: il Pd punta al Senato
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Published on March 14, 2013 08:37

Se la povertà del papa è una grandezza che rilancia l'umano

"Voi sapete che il Papa è vescovo di Roma, ma sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, siamo qui". Siamo qui, appunto, in un presente che, con la rinuncia di Joseph Ratzinger e l'elezione di Jorge Bergoglio, riporta al centro del cuore umano la Chiesa, non come istituzione ma come luogo vivo di fede. Papa Francesco esce dal Conclave abbracciando il popolo cattolico e chiedendo di pregare per lui e per il Pontificato che ha appena iniziato. Santo Padre Papa da nemmeno di un giorno e già emergono con forza le prime caratteristiche del suo carattere, la semplicità e la decisione.


Nel briefing con i giornalisti, il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi ci ha tenuto a raccontare che, questa mattina, papa Francesco ha preso le sue valigie alla Casa del Clero e "ha pagato il conto, per dare il buon esempio". Un'attenzione che riscalda il cuore e colpisce profondamente. Un gesto semplice che la dice lunga su dove guarda il Santo Padre. "I diritti umani sono violati non solo dal terrorismo, la repressione e le uccisioni - amava dire papa Francesco quando era ancora cardinale di Buenos Aires - ma anche dall’esistenza di condizioni di estrema povertà e di condizioni economiche ingiuste, che sono all’origine delle grandi diseguaglianze". Da subito, quello che è salito al soglio di San Pietro è un papa povero, di una povertà che lo avvicina maggiormente al popolo che guida. Nella cappella Sistina ha ricevuto l’atto di omaggio da parte dei cardinali stando in piedi e senza sedersi sul seggio che era stato preparato davanti all’altare. E ancora: non appena condotto nella Stanza delle Lacrime, infatti, la sala dove il neo Pontefice abbandona una volta per tutte la talare rossa da cardinale per indossare la veste bianca da Pontefice, c’è stato un braccio di ferro con il Maestro delle Celebrazioni liturgiche. Monsignor Guido Marini avrebbe, infatti, proposto al neo papa di indossare, sopra la veste bianca, la mozzetta di velluto rosso bordata di ermellino e la croce d’oro. "Questa la mette lei - avrebbe detto Papa Francesco con piglio deciso - io mi tengo questa, la croce di quando sono divenuto vescovo, una croce di ferro". La stessa scena si è ripetuta questa mattina, mentre Papa Bergoglio si accingeva a raggiungere la basilica di Santa Maria Maggiore, luogo di culto mariano, dove ha voluto compiere una preghiera per ringraziare la Madonna. "Lasciate la basilica aperta - ha chiesto ai suoi collaboratori - sono un pellegrino e voglio andare a pregare da pellegrino tra gli altri pellegrini". Poco prima che lasciasse la basilica, è stato, infatti, avvicinato da una giovane coppia di sposi che hanno chiesto la benedizione per la donna incinta e il piccolo di cinque mesi.


Dopo l’elezione, papa Francesco è tornato alla Casa Santa Marta nel pulmino utilizzato per la navetta con la Cappella Sistina insieme ai confratelli, anziché utilizzare la berlina d’ordinanza targata SCV1 (Stato della Città del Vaticano) che spetta al Pontefice romano. "Così come era venuto è voluto tornare con tutti gli altri cardinali", ha raccontato Lombardi sottolineando la "forma estremanente semplice" del nuovo Pontefice che oggi si è dimostrato insofferente anche alle rigide misure di sicurezza. "Non mi servono le guardie, non sono un indifeso", ha protestato. Parole però, in questo caso, ovviamente vane. L’era di un Papa che possa andare in giro liberamente per le vie di Roma e magari essere avvicinato dalla gente non è ancora arrivata. Tuttavia, se queste sono le premesse, molto c’è da aspettarsi in quanto a sorprese dal primo Pontefice sudamericano della storia.


Il motto episcopale di Jorge Mario Bergoglio è la frase latina "miserando atque eligendo", che descrive l’atteggiamento di Gesù verso il pubblicano che "guardò con misericordia e scelse". È l'esperienza della misericordia, è l'esperienza di Cristo verso i peccati dell'uomo. E la povertà scelta da papa Francesco indica che il centro di tutto non è il successore di San Pietro, ma quello che il successore di San Pietro indica.


Riufiuta la berlina per tornare in pulmino coi cardinali, rifiuta la croce d'oro per tenere la sua di ferro e rifiuta il servizio di sicurezza per incontrare i fedeli: un papa povero


Speciale: Papa Francesco - Bergoglio


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Andrea Indini


Papa Francesco I si affaccia alla loggia
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Published on March 14, 2013 07:10

March 13, 2013

Il Pd strizza l'occhio a Grillo: "Pronti ad arrestare il Cav"

La sinistra si appresta a chiudere il cerchio. Se da una parte le procure brigano per decapitare il centrodestra prima delle elezioni attraverso un fuoco incrociato di condanne, minacce e agguati giudiziari, dall'altro il fronte giustizialista serra le fila in parlamento. Dda un po' di giorni non si fa che parlare dell'arresto di Silvio Berlusconi. Altro che nomina dei presidenti delle Camere, altro che elezione del nuovo capo dello Stato. La sinistra, uscita con le ossa rotte dalle elezioni politiche, sta tessendo gli accordi giusti per mettere le manette al Cavaliere. Basterà che i magistrati avanzino una richiesta di arresto: la trappola mortale è già pronta. "È un dibattito indecente - ha tuonato l'avvocato Niccolò Ghedini - si cerca da parte di qualcuno di aizzare alcuni magistrati a prendere provvedimenti che altrimenti non prenderebbero".


L'appello di Giorgio Napolitano sembra già caduto nel vuoto: nemmeno ventiquattr'ore dopo la nota del Quirinale che intendeva ristabilire i termini di un rapporto costruttivo tra politica e magistratura, riparte lo scontro sulla giustizia e sul futuro di Berlusconi. Laddove non arrivano le toghe, ci pensa la sinistra. Nonostante il capo dello Stato abbia invitato apertamente il Csm a "garantire a Berlusconi la partecipazione politica", in parlamento c'è chi già pensa a come mettere fuori gioco il leader del Pdl. E, al solo parlare di "richiesta di arresto", al solo sentire tintinnare di manette, al solo sognare una cella chiusa a chiave, c'è a chi viene l'acquolina in bocca. Ed ecco che si compatta il nuovo fronte dei manettari. Gli elettori non aveva fatto in tempo a liberarsi di Antonio Ingroia e Antonio Di Pietro che, subito, si è formato un nuovo fronte. I primi a passare alle minacce sono stati i grillini con il capogruppo al Senato Vito Crimi che ha assicurato che il Movimento 5 Stelle è pronto a votare sia per l'arresto sia per l’ineleggibilità di Berlusconi nella Giunta per le elezioni. Il Partito democratico non ha fatto passare molte ore e ha raccolto l'appello dei grillini. "Se gli atti fossero fondati penso proprio che il partito voterebbe a favore di un’eventuale richiesta di arresto del Cavaliere", ha spiegato Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria nazionale piddì. "Dovremmo vedere le carte - ha puntualizzato in una intervista a Sky Tg24 - noi abbiamo un atteggiamento rispettoso di atti della magistratura che fossero corretti".


Per coronare il sogno di una vita e accontentare il popolo degli anti Cav, i democrat sono pronti a stringere un accordo con i Cinque Stelle. Ieri pomeriggio i "pontieri" del Pd hanno incontrato la delegazione grillina. Ufficilamente hanno parlato di governabilità e poltrone. Che l’oggetto del confronto, l’unico accettato da M5S, fosse lo scranno più alto di Montecitorio si è capito dalle parole del capogruppo Roberta Lombardi che ieri sera ha chiarito che il movimento di Beppe Grillo è "il primo alla Camera in termini di voti anche se non di seggi". In realtà, i dem guardano all’obiettivo più alto: l’avvio di un confronto che potrebbe aprire varchi per un governo di minoranza. E, tra i punti di contatto, c'è proprio la foga manettara di mettere Berlusconi al gabbio. Insomma, mentre Napolitano dirama una nota in cui sprona le forze politiche ad occuparsi della crisi economica, il Pd alza lo scontro aspettando che qualche magistrato gli consenta di vincere a tavolino. Una prepotenza che ha agitato i big del Pdl. In via dell'Umiltà molti hanno accusato i democratici di essere "usciti allo scoperto". "Migliavacca - ha tuonato Daniela Santanchè - getta la maschera e sotto c’è il compagno bolscevico che ha orrore delle libertà borghesi e degli accordi con le forze socialdemocratiche". Il centrodestra è deciso, però, a non soccombere davanti ai soprusi delle toghe. Tanto che Michaela Biancofiore lancia un secco avvertimento: "Siamo pronti a scatenare l'inferno".


Dopo le minacce dei Cinque Stelle, anche i democrat fanno tintinnare le manette. Il Pdl: "Il Pd esce allo scoperto"





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Andrea Indini


Il pm Ilda Boccassini in aula per l'udienza del processo Ruby
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Published on March 13, 2013 09:26

March 12, 2013

Assalto giudiziario, Napolitano al Csm: "Garantire a Berlusconi la partecipazione politica"

"Occorre evitare tensioni destabilizzanti per il nostro sistema democratico". Al termine di una giornata concitata sono le parole del capo dello Stato Giorgio Napolitano, pronunciate davanti al comitato di presidenza del Csm, a provare a spegnere l'escalation di accuse tra il Pdl e la magistratura che, nelle ultime settimane, ha alzato i toni dello scontro muovendo contro Silvio Berlusconi un violentissimo attacco giudiziario. Dopo aver ricevuto la delegazione del Pdl al Quirinale, il presidente della Repubblica ha chiamato a raccolta il Csm per sollecitare che al Cavaliere venga garantito la partecipazione politica.


"È in corso un tentativo di eliminazione per via giudiziaria del leader del centrodestra che milioni di elettori hanno nuovamente scelto con un consenso che ha prodotto un sostanziale pareggio alle ultime elezioni". Insieme ai presidenti uscenti dei gruppi parlamentari del Pdl, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, Alfano ha condiviso col presidente della Repubblica le preoccupazioni per "i rischi che sta correndo la democrazia italiana". Dopo aver ricordato che il capo dello Stato che non può interferire con la magistratura, Napolitano ha espresso "vivo rammarico" per il riaccendersi di tensioni e contrapposizioni tra politica e giustizia: "Rammarico, in particolare, per quanto è accaduto ieri ed è sfociato in una manifestazione politica senza precedenti all’interno del Palazzo di Giustizia". Da qui l'appello a un comune senso di responsabilità perché "non appaia messa in questione né la libertà di espressione di ogni dissenso né l’autonomia e l’indipendenza della magistratura". Appello che Napolitano si è affrettato a rivolgere a tutta la magistratura convocando, immediatamente il comitato di presidenza del Csm che ha ricevuto in serata. "Con fermezza ho sollecitato il rispetto di rigorose norme di comportamento da parte di quanti sono chiamati a indagare e giudicare, guardandosi dall’attribuirsi missioni improprie e osservando scrupolosamente i principi del giusto processo", ha spiegato il capo dello Stato condividendo la preoccupazione di veder garantito che il Cavaliere possa partecipare alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento. Tuttavia, a detta di Napolitano, il centrodestra non deve prendere in considerazione "l’aberrante ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori gioco" il leader del Pdl.


Provato dall’acuirsi dei problemi alla vista e da quello che non ha remore a definire un vero e proprio "assedio" della magistratura, il tentativo di "un golpe" messo in atto dai pm, Berlusconi ha osservato da lontano la delegazione del Pdl in missione al Quirinale continuando a confidare nella saggezza del capo dello Stato. L'accerchiamento giudiziario è sotto gli occhi di tutti: la procura di Milano ha alzato a tal punto lo scontro da mettere in discussione la diagnosi di medici di fama internazionale, i pm di Napoli hanno costruito un teorema per inguaiare ulteriormente il Cavaliere, l’Anm e il Csm sono più vole intervenuti nella polemica politica esercitando un’influenza sui magistrati che giudicano i processi. Quello che si delinea è un allarme che non colpisce solo Berlusconi, ma che rischia di interrompere la vita politica del Paese. Almeno per il momento, il Cavaliere invita i suoi alla prudenza. Non si tratta di una vera e propria frenata sulla minaccia dell’Aventino, lanciata ieri da Alfano, ma l’invito a attendere le prossime mosse di Napolitano. E la stoccata ai giudici pronunciata questa sera davanti al Csm sembra andare proprio in questa direzione.


Berlusconi è consapevole del fatto che la vera partita, quella con "ricadute" dirette sul suo futuro ruolo nella scena politica, si gioca al Quirinale. Non solo nella fase delle consultazioni e della formazione di un nuovo governo, ma soprattutto in vista dell’elezione del nuovo capo dello Stato. La speranza del centrodestra è poter trovare la "sponda" nel futuro presidente dell Repubblica. Una sorta di "garanzia" che metta al riparo l’ex premier da nuovi e vecchi attacchi giudiziari. Ma nel Pdl c’è anche chi torna ad avanzare l’ipotesi (anche se remota) di una nomina a senatore a vita per il Cavaliere. Da qui l’invito a non spingersi troppo in là, nonostante sia forte in queste ore il pressing dei "falchi" che vorrebbero salire subito sull’Aventino e presidiare le piazze contro l’attentato alla democrazia. "Il rischio è che ci isoliamo da soli - avrebbe spiegato Berlusconi - attendiamo prima le mosse di Napolitano, non offriamo pretesti al Pd per gridare allo scandalo e avere la scusa di non coinvolgerci nelle trattative". La minaccia di non partecipare alle prime sedute del Parlamento resta valida, ma si concretizzerebbe solo qualora non dovessero arrivare le risposte che il Cavaliere e il Pdl si attendono. O anche in presenza di un accordo tra Pier Luigi Bersani e Movimento 5 Stelle in chiave anti-berlusconiana.


Alfano sale al Colle per chiedere di fermare l'attacco giudiziario. Napolitano convoca il Csm e lancia un avvertimento alle toghe: "Chi giudica osservi il giusto processo"





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Andrea Indini


Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
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Published on March 12, 2013 15:01

March 11, 2013

I parlamentari del Pdl davanti al tribunale di Milano. Alfano: "Intervenga il Colle"

Dalla sede dell’Unione del Commercio, dove si è tenuta la riunione con il segretario Angelino Alfano, i 150 parlamentari del Pdl hanno raggiunto a piedi il tribunale di Milano. Una marcia verso il palazzo di Giustizia per manifestare contro l'assalto giudiziario nei confronti del Cavaliere. Una manifestazioni "silenziosa" interrotta solo dalle note dell'Inno di Mameli, intonate davanti alla scalinata del Tribunale. Durissimo il messaggio lanciato dall'ex guardasigilli: "Noi abbiamo un interlocutore di cui ci fidiamo, è il presidente della Repubblica. A lui affidiamo la nostra preoccupazione per questa emergenza democratica". Adesso toccherà a Giorgio Napolitano trovare una soluzione. In un crescendo di agguati e colpi bassi, la procura di Milano ha preso nuovamente di mira Silvio Berlusconi: l'obiettivo dei pm è quello di decapitare il centrodestra, attraverso un fuoco incrociato di condanne, prima di tornare alle urne. Nonostante il Cavaliere abbia bloccato la protesta anti giudici, il Pdl non è disposto a rimanere a guardare (immobile) mentre la magistratura porta avanti l'attacco finale. Così martedì, prima di far scattare una protesta decisiva, Alfano salirà al Colle insieme ai capigruppo uscenti del Senato, Maurizio Gasparri, e della Camera, Fabrizio Cicchitto, per mettere alle strette il capo dello Stato.


Il Pdl fa quadrato attorno a Berlusconi. L'attacco giudiziario ha valicato qualsiasi regola democratica e ha spinto il Pdl a riunire i propri parlamentari per decidere come reagire all'emergenza giudiziaria e ai nuovi assalti della magistratura rossa. Mentre a Milano il pm Ilda Boccassini chiede e ottiene la visita fiscale per trascinare il Cavaliere al processo Ruby, a Napoli la procura pretende il giudizio immediato nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta compravendita di senatori. Nel corso del suo intervento alla riunione con i parlamentati del Pdl, Alfano ha ripercorso - punto per punto - i vari capi di imputazione chiarendo in primis anche il caso del senatore Sergio De Gregorio che, secondo i pm partenopei, avrebbe ricevuto 3 milioni di euro per lasciare l’Italia dei Valori e passare al Pdl causando, in questo modo, la caduta del governo: "Prodi non è caduto per De Gregorio ma a seguito dell’arresto della moglie di Mastella". L'ex Guardasigilli è passato, poi, ad analizzare la questione abnorme che ha portato a una condanna a quattro anni nel processo Mediaset: "Colui che paga centinaia di milioni di euro in tasse, avrebbe evaso per tre milioni di euro che, nel mondo berlusconiano, rappresentano ben poca cosa". Paradossale anche la questione che ha portato a una condanna a un anno senza condizionale per concorso in violazione del segreto istruttorio nel processo Unipol: "Proprio a Berlusconi che è stato ed è la più grande vittima di fughe di notizie e di rivelazioni di fatti personali". Tutto questo fino ad arrivare al processo Ruby dove ci sarebbe una concussione senza concusso e una induzione alla prostituzione senza prostituzione. A questo proposito l'ex ministro Mariastella Gelmini ha criticato la visita fiscale imposta a Berlusconi, che da giorni è ricoverato all'ospedale San Raffaele, ricordando che qualsiasi cittadino ha diritto alla tutela della sua salute. "Sarebbe come se la magistratura sottintendesse la complicità dell’ospedale in una impossibile truffa alla giustizia - ha tuonato la Gelmini - questo atteggiamento è arrogante e intollerabile".


A fronte di tutte queste ragioni, una volta sciolta la riunione in corso Venezia, i parlamentari hanno marciato verso il Palazzo di Giustizia. Disposti sulla scalinata dell'ingresso principale, deputati e senatori azzurri hanno contestato l'accanimento della procura milanese nei confronti del Cavaliere. "Non avremmo voluto venire qui, in tribunale, ma l’aggravarsi della situazione ci ha imposto questa scelta", ha spiegato Alfano rimettendo la situazione nelle mani di Napolitano e invocando un suo intervento immediato. Dopo avere intonato l’inno nazionale e avere spiegato le ragioni della protesta, i parlamentari del Pdl hanno lasciato la scalinata e sono entrati all’interno del tribunale. Il coordinatore lombardo Mario Mantovani ha sottolineato che la manifestazione è stata decisa nonostante la contrarietà del Cavaliere. Una presenza pacifica che, però, non è piaciuta all'Anm che ha alzato nuovamente i toni dello scontro rifiutando ogni implicazione politica delle toghe. Subito dopo i parlamentari hanno lasciato il tribunale per raggiungere l'ospedale San Raffaele e portare il proprio appoggio a Berlusconi. Appoggio che, però, è stato trasmesso dai medici dal momento che, per non affaticare il Cavaliere, non gli hanno permesso alcuna visita.


Il segretario del Pdl ha accusato i magistrati di voler dare una mano alla sinistra "eliminando per via giudiziaria Berlusconi" proprio mentre sono in corso le trattative istituzionali per formare il governo. Proprio per evitare questo vergognoso epilogo, come ha spiegato Cicchitto, il Pdl sarebbe ben disposto ad appoggiare un governo - anche di natura tecnica - con il Pd, ma solo a patto che venga "sciolto il nodo dell’attacco giudiziario". Se l'aggressione non dovesse fermarsi, il centrodestra sarebbe pronto a non partecipare alle prime sedute del parlamento. Proposta che verrà riferita martedì direttamente a Napolitano. Nel frattempo, il centrodestra è già pronto a tornare tra la gente riavviando la macchina della campagna elettorare. Berlusconi intende, infatti, fare un giro d’Italia permanente fino alle prossime elezioni. Il primo appuntamento è previsto per il 23 marzo, a Roma.


Alfano accusa: "Emergenza democratica". I 150 parlamentari del centrodestra a Milano. Oggi saliranno al Colle





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Protesta al TribunaleAlfano: "Pd accecato"Il Pdl in tribunaleLite Brunetta-Barbacetto
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Published on March 11, 2013 14:04

Nuovo fronte giustizialista, M5S manda un segnale al Pd: "Sì al carcere per il Cav"

Nuovi accoliti nelle fila del partito dei giustizialisti. Dopo che gli elettori hanno sbarrato la strada ad Antonio Di Pietro e ad Antonio Ingroia, ecco che a far tintinnare le manette ci pensano i seguaci di Beppe Grillo. Mentre il tribunale di Milano muove un nuovo, violentissimo attacco a Silvio Berlusconi scatenando l'indignazione del centrodestra e obbligando Giorgio Napolitano a prendere una posizione, il Movimento 5 Stelle promette guerra dicendosi pronto a votare una eventuale richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del Cavaliere.


Una promessa che fa venire l'acqualina in bocca agli anti Cav. Una minaccia che fa spuntare un sorriso a trentadue denti a Pier Luigi Bersani che, negli ultimi giorni, è in balia di inestricabili preoccupazioni. Una presa di posizione che avvicina inesorabilmente i grillini alla sinistra giustizialista. Conversando con i cronisti, il capogruppo in pectore dei Cinque Stelle, Vito Crimi ha detto chiaramente che il movimento sarebbe ben felice di votare a favore dell'arresto di Berlusconi: "È una domanda retorica: sì ovviamente". Che tra le fila del seguaci del comico genovese ci fossero numerosi militanti dell'area antagonista e massimalista della sinistra non è certo un mistero. Appena ne avranno l'occasione, i grillini dal "vaffa" facile lo dimostreranno al Paese. Le parole di Crimi, d'altra parte, grondano dello stesso odio che, per anni, abbiamo dovuto sopportare dagli anti berlusconiani alla Marco Travaglio. Non è certo un caso se, nel primo giorno di scuola dei neo parlamentari pentastellati, Crimi si sia preso la briga di avvertire il centrodestra che il Movimento 5 stelle è pronto a votare per l’ineleggibilità di Berlusconi nella Giunta per le elezioni. E non intendono certo fermarsi qui. "Subito dopo - ha detto conversando a Palazzo Madama - per l’ineleggibilità di Berlusconi in quanto concessionario di servizio pubblico". Insomma, la dichiarazione di guerra è stata lanciata. Adesso starà a Bersani raccoglierla: un'intesa con i Cinque Stelle in chiave anti Cav permetterebbe ai democratici di raggiungere il sogno ancestrale di far fuori il leader del Pdl.


L'accerchiamento è quasi definitivo. Se da una parte la magistratura mette in atto un fuoco incrociato di condanne per decapitare il centrodestra prima del ritorno alle urne, Pd e grillini dialogano per trovare il modo più efficace per mettere fuori gioco Berlusconi. L'exploit del Cavaliere alle elezioni politiche hanno infranto i sogni di gloria di Bersani che già si vedeva a Palazzo Chigi. Il solo modo per governare è riuscire a trovare dei punti di incontro con il M5S. E l'impegno a eliminare (fisicamente) l'ex premier potrebbe essere uno di questi. A questo scopo, oggi pomeriggio, Crimi si è schierato totalmente a favore della magistratura milanese. "Dovrebbero avere maggior rispetto verso un potere dello Stato come quello giudiziario, anche se ha le sue criticità - ha concluso il capogruppo dei Cinque Stelle a Palazzo Madama - attaccarlo in questo modo come fa il Pdl è indegno".


Dopo l'addio a Di Pietro e Ingroia, il fronte dei parlamentari manettari trova sponda nei grillini. Crimi minaccia il Cav: "Pronti a votare arresto e inegibilità"





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Andrea Indini


I capogruppo M5S Roberta Lombardi e Vito Crimi
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Published on March 11, 2013 11:05

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